IT201800005212A1 - Dispositivo distanziatore livellante - Google Patents

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Description

DESCRIZIONE
del Brevetto Italiano per Invenzione Industriale dal titolo:
“DISPOSITIVO DISTANZIATORE LIVELLANTE”
CAMPO TECNICO
La presente invenzione riguarda un dispositivo distanziatore livellante per la posa in opera di manufatti lastriformi, quali piastrelle, lastre di pietra naturale o simili, per il rivestimento di superfici, quali superfici calpestabili, pavimenti, rivestimenti di pareti o soffitti e simili.
TECNICA PREESISTENTE
Nel settore della posa in opera delle piastrelle per il rivestimento di superfici, quali pavimentazioni, pareti e simili, è noto l’impiego di dispositivi distanziatori che, oltre a distanziare le piastrelle, ne permettono la disposizione planare, ovvero sono tali da porre la superficie in vista delle piastrelle sostanzialmente complanare; tali dispositivi sono comunemente detti dispositivi distanziatori livellanti.
I dispositivi distanziatori livellanti di tipo noto comprendono generalmente una base, posizionabile al di sotto della superficie di posa di almeno due (tre o quattro) piastrelle adiacenti, da cui si erge almeno un elemento separatore, atto a contattare, tramite le sue fiancate laterali, i fianchi affacciati delle due (tre o quattro) piastrelle da disporre accostate sulla superficie di posa definendo l’ampiezza della fuga interposta tra le piastrelle.
Il dispositivo distanziatore livellante, poi, è dotato di mezzi pressori cooperanti con una porzione emersa dell’elemento separatore che emerge al di sopra del piano definito dalla superficie in vista delle piastrelle. I mezzi pressori sono essenzialmente dotati di una superficie planare rivolta verso la base che è atta a premere le superfici in vista di tutti i manufatti sostenuti dalla medesima base verso la base stessa in modo da livellare le superfici in vista.
Tra i dispositivi distanziatori livellanti di tipo noto ne esistono varie tipologie, una di queste tipologie prevede che l’elemento pressore sia sostanzialmente un cuneo che scorre sulla superficie in vista dei manufatti, una ulteriore tipologia di tali i dispositivi distanziatori livellanti è quella dei cosiddetti dispositivi distanziatori livellanti a vite e prevede che l’elemento pressore sia essenzialmente costituito da una manopola dotata di una madrevite la quale è atta ad essere avvitata ad uno stelo filettato (o simile) associato alla porzione emersa dell’elemento separatore. Una volta che l’elemento pressore è stato avvitato sullo stelo filettato e ha svolto il suo compito di livellare le piastrelle, avendo atteso che il collante su cui sono posate le superfici di posa delle piastrelle si sia consolidato, è sufficiente separare - ad esempio grazie a linee di frattura prestabilite opportunamente realizzate tra l’elemento separatore e la base – l’elemento separatore dalla base che rimarrà immersa nel collante a scomparsa sotto la superficie di posa delle piastrelle. I dispositivi distanziatori livellanti, in particolare quelli a vite, presentano l’inconveniente che lo sfregamento esercitato dall’elemento pressore sulla superficie in vista delle piastrelle, nelle ultime fasi di serraggio, può rovinare la superficie in vista delle piastrelle, graffiandole. Inoltre lo sfregamento tra le piastrelle e l’elemento pressore si può scaricare sotto forma di forza centrifuga sulle piastrelle stesse che vengono, quindi, allargate in modo irregolare in corrispondenza del dispositivo stesso allargando o deformando la fuga tra le piastrelle, di fatto rendendo inefficace la funzione di distanziatore del dispositivo stesso.
Per ovviare a tali inconvenienti è noto l’impiego di una ghiera infilabile sullo stelo filettato del dispositivo posto in opera (ovvero con la base già posta al di sotto delle piastrelle) e in appoggio sulla superficie in vista delle piastrelle, la quale ghiera è atta ad essere interposta tra la superficie di posa delle piastrelle e la manopola, in modo che la manopola strisci, nelle ultime fasi del serraggio della manopola, sulla ghiera stessa e questa rimanga ferma solidalmente alla superficie in vista delle piastrelle mediante un collegamento prismatico realizzato tra un foro passante opportunamente sagomato della ghiera e l’elemento separatore. Tale ghiera, tuttavia, comporta un tempo morto di inserimento sui dispositivi distanziatori livellanti in opera e un onere aggiuntivo per il personale addetto alla posa, che talvolta nel trascura volutamente l’utilizzo.
Inoltre, tale ghiera dotata di foro passante sagomato con funzione anti-rotazione occlude la vista della fuga in corrispondenza del dispositivo con l’impossibilità per il personale addetto alla posa di verificare se in corrispondenza del dispositivo non sia emerso collante in esubero dovuto all’esercizio della pressione sull’elemento pressore e, quindi, di porvi rimedio prima del consolidamento del collante.
Ancora, tale ghiera ove non impedisse la visuale sulla fuga in corrispondenza del dispositivo, ovvero qualora non presentasse un foro passante anti-rotazionale, ma presentasse un allargato foro passante (ad esempio circolare) necessiterebbe l’impiego di appendici esterne atte ad essere afferrate da una seconda mano dell’addetto alla posa, che mentre con la prima mano avvita l’elemento pressore, con tale seconda mano deve tenere ferma la ghiera rispetto alla manopola.
Uno scopo della presente invenzione è quello di superare i menzionati inconvenienti della tecnica nota, nell’ambito di una soluzione semplice, razionale e dal costo contenuto.
Tali scopi sono raggiunti dalle caratteristiche dell’invenzione riportate nella rivendicazione indipendente. Le rivendicazioni dipendenti delineano aspetti preferiti e/o particolarmente vantaggiosi dell’invenzione.
ESPOSIZIONE DELL’INVENZIONE
L’invenzione, particolarmente, rende disponibile un dispositivo distanziatore livellante per la posa in opera di manufatti lastriformi per il rivestimento di superfici che comprende:
- una base, posizionabile posteriormente ad una superfice di posa (ovvero affacciata al di sotto) di almeno due manufatti lastriformi adiacenti e affiancati rispetto una direzione di affiancamento;
- un elemento separatore che si erge da detta base in squadro con essa ed è atto ad infilarsi tra fianchi laterali affacciati di detti due manufatti lastriformi affiancati; - uno stelo filettato che si erge dall’elemento separatore con asse di avvitamento ortogonale alla base;
- un elemento pressore avvitabile allo stelo filettato e
- una ghiera di protezione anti-strisciamento atta ad essere interposta tra l’elemento pressore e la base, in cui la ghiera di protezione comprende una prima superficie rivolta verso l’elemento pressore e configurata per andare in contatto con esso e una contrapposta seconda superficie rivolta verso la base (e adatta ad andare in contatto con una superficie in vista dei manufatti lastriformi), in cui la seconda superficie (ovvero l’interfaccia tra la seconda superficie e la superficie in vista dei manufatti lastriformi) presenta un coefficiente di attrito radente maggiore di un coefficiente di attrito radente della prima superficie (ovvero dell’interfaccia tra la prima superficie e l’elemento pressore).
Grazie a tale soluzione, la ghiera di protezione è configurata per non arrestare la sua rotazione – una volta che la sua seconda superficie viene a contatto con la superficie in vista delle piastrelle – senza strisciare sulla superficie in vista delle piastrelle, permettendo - invece – la rotazione reciproca di strisciamento tra l’elemento pressore e la prima superficie della stessa. In pratica, la ghiera di protezione per effetto della differente configurazione della prima superficie rispetto alla seconda superficie impedisce all’elemento pressore di sfregare e rovinare la superficie in vista delle piastrelle.
Seconda un aspetto dell’invenzione, la seconda superficie può essere realizzata in un materiale elastomerico, ad esempio in gomma.
Grazie a tale soluzione, l’effetto anti-sfregamento della ghiera di protezione può essere incrementato e reso ancor più efficace, permettendo una salvaguardia efficiente della superficie in vista delle piastrelle.
Secondo un aspetto dell’invenzione, la ghiera di protezione può essere realizzata in un corpo monolitico ottenuto per stampaggio di materie plastiche, più preferibilmente, la ghiera di protezione può essere realizzata in un corpo monolitico ottenuto per co-stampaggio di materie plastiche, in cui la prima superficie può essere realizzata in un primo materiale plastico e la seconda superficie può essere realizzata in un secondo materiale plastico differente dal primo materiale plastico. Grazie a tale soluzione, l’ottenimento della ghiera di protezione secondo l’invenzione può avvenire in modo semplice senza richiedere interventi di assemblaggio né per il produttore né per l’utilizzatore finale.
In una alternativa forma di realizzazione, la seconda superficie (che potrebbe essere ottenuta mediante lo stesso materiale con cui è realizzata la prima superficie o differente materiale, come sopra descritto) può essere configurata in modo da presentare una rugosità superficiale maggiore di una rugosità superficiale della prima superficie destinata ad andare in contatto con l’elemento pressore.
Grazie a tale soluzione, si può ottenere l’effetto anti-strisciamento suddetto sulla superficie in vista delle piastrelle, specie se queste non sono particolarmente delicate.
Secondo un aspetto dell’invenzione, la ghiera di protezione potrebbe comprendere un foro passante atto ad essere infilato con gioco sullo stelo filettato e sull’elemento separatore.
Preferibilmente, il foro passante può avere una forma circolare con diametro maggiore della ampiezza massima dell’elemento separatore.
Grazie a tale soluzione, la ghiera di protezione non occlude alla vista la zona di inserimento tra le piastrelle dell’elemento separatore e, quindi ne permette la vista permettendo di verificare e rimuovere eventuale risalita di collante prima del consolidamento di quest’ultimo.
Secondo un ulteriore aspetto dell’invenzione, la ghiera di protezione può essere associata in modo girevole (in reciproco strisciamento), rispetto ad un asse di rotazione coincidente con l’asse di avvitamento, ad una estremità dell’elemento pressore rivolta verso la base.
Preferibilmente, tra la ghiera di protezione e l’elemento pressore possono essere definiti mezzi di vincolo atti a vincolare assialmente la ghiera di protezione e l’elemento pressore, ad esempio i mezzi di vicolo possono comprendere organi di aggancio a scatto configurati per vincolare assialmente, in modo removibile, la ghiera di protezione e l’elemento pressore lasciando libera la rotazione reciproca tra di essi rispetto all’asse di rotazione.
Grazie a tale soluzione, la ghiera di protezione può essere preventivamente ancorata all’elemento pressore con evidente vantaggio per l’addetto alla posa delle piastrelle che potrà, in tal modo, risparmiare tempo e assicurarsi che la ghiera di protezione sia sempre nella corretta posizione operativa.
BREVE DESCRIZIONE DEI DISEGNI
Ulteriori caratteristiche e vantaggi dell’invenzione risulteranno evidenti dalla lettura della descrizione seguente fornita a titolo esemplificativo e non limitativo, con l’ausilio delle figure illustrate nelle tavole allegate.
La figura 1 è una vista assonometrica in esploso di un dispositivo distanziatore livellante.
La figura 2 è una vista frontale di figura 1.
La figura 3 è una vista in sezione lungo la traccia di sezione III-III di figura 2.
La figura 4 è una vista in alzato laterale di figura 1.
La figura 5 è una vista del dispositivo distanziatore livellante di figura 1 con la ghiera di protezione vincolata all’elemento pressore.
La figura 6 è una vista del dispositivo distanziatore livellante di figura 6 con l’elemento pressore avvitato sullo stelo filettato.
La figura 7 è una vista in pianta dall’alto della ghiera di protezione del dispositivo distanziatore livellante secondo il trovato.
La figura 8 è una vista in sezione lungo la traccia di sezione VIII-VIII di figura 7. La figura 9 è una vista assonometrica dal basso di una ghiera di protezione secondo una alternativa forma di realizzazione vincolata all’elemento pressore. La figura 10 è una vista assonometrica dall’alto della ghiera di protezione di figura 9.
La figura 11 è una vista in pianta dall’alto della ghiera di protezione di figura 9. La figura 12 è una vista in sezione lungo la traccia di sezione XII-XII di figura 11. La figura 13 è una vista assonometrica dall’alto di una ulteriore alternativa forma di realizzazione di una ghiera di protezione secondo l’invenzione.
La figura 14 è una vista in pianta dall’alto della ghiera di protezione di figura 13. La figura 15 è una vista in sezione lungo la traccia di sezione XV-XV di figura 14. Le figure 16a-16d rappresentano una sequenza di funzionamento del dispositivo distanziatore livellante secondo l’invenzione.
La figura 17a è una vista schematica in pianta di un primo possibile schema di posa di manufatti lastriformi, cosiddetto “ a sorella”.
La figura 17b è una vista schematica in pianta di un secondo possibile schema di posa di manufatti lastriformi, cosiddetto “sfalsato”.
La figura 17c è una vista schematica in pianta di un terzo possibile schema di posa di manufatti lastriformi, cosiddetto “complesso”.
MODO MIGLIORE PER ATTUARE L’INVENZIONE
Con particolare riferimento a tali figure, si è indicato globalmente con 10 un dispositivo distanziatore livellante atto ad agevolare la posa in opera di manufatti lastriformi, quali piastrelle e simili, indicate globalmente con la lettera P, e atti al rivestimento di superfici, ovvero pavimentazioni, pareti, soffitti e simili.
Ciascuna piastrella P atta ad essere posata a rivestimento di una superficie presenta una ampia superficie di posa P1, ad esempio inferiore, e una contrapposta ampia superficie in vista P2, ad esempio superiore, preferibilmente di forma omologa (ad esempio poligonale, preferibilmente quadrangolare) rispetto alla superficie di posa P1.
Ciascuna piastrella P comprende, poi, una pluralità di fianchi laterali P3, generalmente in squadro con la superficie di posa P1 e la superficie in vista P2, che delimitano lateralmente la piastrella stessa.
Il dispositivo 10 comprende una base 20 la quale è atta in uso ad essere posta posteriormente alla superficie di posa P1 delle piastrelle P (mostrate solo schematicamente nelle figure 16a-16d).
La base 20 nell’esempio illustrato presenta una forma allargata, ad esempio poligonale, circolare o di forma irregolare, definente una superficie inferiore 21, ad esempio piana o a “V”, atta ad essere disposta distante dalla superficie di posa P1 delle piastrelle P in esercizio, ed una contrapposta superficie superiore 22, ad esempio piana, atta ad essere disposta prossimale alla superficie di posa P1 delle piastrelle P e, ad esempio, a contatto con essa. La superficie superiore 22 della base 20 è in pratica destinata a ricevere in appoggio una porzione della superficie di posa di una o più piastrelle P (affiancate tra loro).
La base 20 è atta ad essere immersa in uno strato di collante disposto su un massetto che è destinato ad essere rivestito dalle piastrelle P, con la superficie inferiore 21 rivolta verso il massetto stesso e la superficie superiore 22 rivolta verso le sovrastanti piastrelle P.
In talune situazioni di posa, è possibile prevedere che la base 20 possa essere disposta in appoggio su una superficie piana di fissaggio, quale un travetto o simile, e ad essa fissata.
In pratica, la base 20 viene posizionata al di sotto di almeno due (o più) piastrelle adiacenti come meglio apparirà nel seguito.
La base 20 nell’esempio raffigurato è definita da un corpo monolitico, ad esempio realizzato in una materia plastica (ottenuto per stampaggio ad iniezione), che presenta una forma (in pianta) sostanzialmente poligonale.
La base 20, nell’esempio raffigurato, presenta una forma (in pianta) irregolare, ad esempio sostanzialmente ottagonale, allungata lungo un asse longitudinale.
La base 20 presenta una forma simmetrica rispetto ad un piano centrale ortogonale alla base stessa, ad esempio rispetto ad un piano ortogonale all’asse longitudinale della stessa.
Nell’esempio raffigurato, la base 20 comprende, in corrispondenza delle proprie estremità assiali, una coppia di rebbi allungati parallelamente all’asse longitudinale della base stessa definenti tra di essi un incavo o asola centrale, ad esempio passante da parte a parte dello spessore della base.
In pratica, tale incavo o asola centrale definisce un volume vuoto riempibile, in uso, dal collante, per il trattenimento della superficie di posa P1 delle piastrelle P. La base 20 può presentare, ad esempio, uno spessore in corrispondenza del piano centrale (di simmetria ortogonale all’asse longitudinale della stessa) che è maggiore rispetto ad uno spessore della stessa in corrispondenza delle estremità assiali (contrapposte) e, ad esempio decrescente dal piano centrale verso le estremità assiali.
In pratica, tale gradiente di spessore della base agevola l’addetto alla posa in opera delle piastrelle P ad infilare la base 20 al di sotto della superficie di posa P2 delle piastrelle P stesse quando queste sono già in appoggio sullo strato di collante.
Il dispositivo 10 comprende, inoltre, un elemento separatore 30 che si erge a squadro dalla base 20, ad esempio in corrispondenza dell’asse centrale (di simmetria) della stessa, il quale è atto, in uso, ad infilarsi tra fianchi P3 affacciati di almeno due (o più) piastrelle P da affiancare in opera lungo una direzione di affiancamento indicata nelle figure con la lettera A e contattare gli stessi definendo la larghezza dell’interspazio (o fuga) tra le piastrelle P affiancate.
In pratica, l’elemento separatore 30 si erge (verticalmente) dalla superficie superiore 22 della base in squadro con essa.
L’elemento separatore 30 è un corpo parallelepipedo piastriforme, ad esempio, a base rettangolare (molto stretta e lunga, con asse longitudinale ortogonale all’asse longitudinale della base 20 o, comunque, giacente sul piano centrale della base stessa) che definisce una parete di separazione sottile (e ampia) che suddivide la superficie superiore 22 della base 20 in due contrapposte porzioni (uguali e simmetriche rispetto all’elemento separatore stesso nell’esempio).
L’elemento separatore 30 comprende, quindi, almeno due contrapposte facce 31 planari e parallele (tra loro), la cui distanza reciproca definisce lo spessore dell’elemento separatore 30 e, quindi, l’ampiezza della fuga tra le piastrelle P da esso separate.
Ciascuna faccia 31 è ortogonale alla superficie superiore 22 della base 20.
In pratica, ciascuna piastrella P che appoggia su una delle due porzioni della superficie superiore 22 della base 20 è atta a contattare una delle facce 31 dell’elemento separatore 30.
Non si esclude che l’elemento separatore 30 possa presentare anche un distanziatore angolare disposto in squadro rispetto alle facce 31 dell’elemento separatore stesso.
Ad esempio, il distanziatore angolare può essere definito in pezzo unico con l’elemento separatore 30 (ad esempio mediante interposizione di una linea di frattura facilitata, per poter rimuovere il distanziatore angolare all’occorrenza), il quale nella fattispecie può presentare una sezione trasversale sostanzialmente a croce o a “T” (ad esempio sempre a parete sottile), in modo da suddividere la superficie superiore 22 della base 20, rispettivamente, in quattro o tre contrapposte porzioni, su cui sono posizionabili rispettive quattro o tre piastrelle P.
Inoltre, l’elemento separatore 30 presenta un’altezza (intesa come la dimensione lungo una direzione ortogonale alla base 20) maggiore dello spessore delle piastrelle P da posare, in modo che la sommità dell’elemento separatore 30, una volta che le piastrelle P sono in appoggio (con la propria superficie di posa P1) sulla superficie superiore 22 della base 20, sporga superiormente (abbondantemente) rispetto al piano da livellare definito dalla superficie in vista P2 delle piastrelle P.
L’elemento separatore 30 presenta una estremità inferiore 32 preferibilmente unita alla base 20 e una contrapposta estremità libera 33 distale dalla base 20.
L’estremità libera 33 può presentare ad esempio pareti superiori spioventi dal centro verso le contrapposte estremità longitudinali e, ad esempio, uno spessore maggiorato rispetto al resto dell’elemento separatore 30.
Preferibilmente, l’elemento separatore 30 è realizzato in corpo unico (monolitico) con la base 20, ovvero per esempio ottenuto mediante stampaggio di materia plastica unitamente alla base stessa.
Inoltre, l’elemento separatore 30 presenta una linea o sezione a frattura prestabilita 34 atta, in uso, ad essere disposta inferiormente al livello della superficie in vista delle piastrelle P da distanziare e livellare, ad esempio sostanzialmente allo stesso livello della superficie superiore 22 della base 20 o, come nell’esempio, di poco più in alto.
Ad esempio, la linea o sezione a frattura prestabilita 34 è realizzata sull’elemento separatore 30 in prossimità della base 20, ad esempio leggermente al di sopra del livello definito dalla superficie superiore 22.
Non si esclude che la linea o sezione a frattura prestabilita 34 possa essere realizzata in corrispondenza della linea di giunzione tra la base 20 e l’elemento separatore 30.
In pratica, l’elemento separatore 30, ovvero la sua estremità inferiore 32, è unito alla base 20 mediante tale linea o sezione a frattura prestabilita 34, la quale ad esempio definisce una linea di frattura sostanzialmente parallela alla superficie superiore 22 della base 20 stessa.
Grazie a tale linea o sezione a frattura prestabilita 34 tutta la porzione emergente del dispositivo 10, comprendente l’elemento separatore 30, può essere facilmente rimossa, una volta che le piastrelle P siano poste in opera ed il collante che le sostiene si sia consolidato, mentre la porzione immersa nel collante, ovvero la base 20 (e una piccola porzione di piede dell’elemento separatore 30), rimane intrappolata (a perdere) nel collante stesso al di sotto della superficie di posa delle piastrelle P livellate.
La linea o sezione a frattura prestabilita 34 si sviluppa longitudinalmente in direzione parallela alla superficie superiore 22 (e al piano centrale) lungo l’intera lunghezza dell’elemento separatore 30.
Ad, esempio, l’elemento separatore 30 può prevedere una o più finestrelle 35, passanti o cieche, di alleggerimento, ad esempio in zone dell’elemento separatore poste al di sotto della superficie in vista P2 (minima) delle piastrelle P da posare con il dispositivo 10.
Il dispositivo 10 comprende poi uno stelo filettato 40, ad esempio dotato di un filetto maschio 41, il quale si erge perpendicolarmente alla base 20, preferibilmente dalla estremità libera 33 dell’elemento separatore 30, prolungando assialmente lo stesso.
In pratica l’asse di avvitamento, indicato con la lettera B nelle figure, è ortogonale alla superficie superiore 22 della base 20.
Il filetto maschio 41 si estende, ad esempio, sostanzialmente per l’intera lunghezza dello stelo filettato 40 e, ad esempio, è a passo costante.
Lo stelo filettato 40 nell’esempio presenta una lunghezza sostanzialmente doppia rispetto all’altezza dell’elemento separatore 30.
Preferibilmente, lo stelo filettato 40 è realizzato in corpo unico (monolitico) con l’elemento separatore 30 (e la base 20), ovvero per esempio ottenuto mediante stampaggio di materia plastica unitamente alla base stessa.
Il dispositivo 10 comprende, poi, un elemento pressore 50 il quale è atto ad essere avvitato sullo stelo filettato 40.
L’elemento pressore 50 comprende una manopola 51 presentante una forma globalmente a tazza o coppa rovesciata, ovvero una forma concava (con concavità rivolta verso la base 20 in esercizio).
La manopola 51 si sviluppa, ad esempio, attorno ad un asse centrale C, atto ad essere posto coassiale allo stelo filettato 40 quando l’elemento pressore 50 viene avvitato su di esso, come meglio verrà descritto nel seguito.
La manopola 51 presenta, nell’esempio, una forma sostanzialmente troncoconica o a cupola, ovvero presenta una estremità (inferiore) allargata e una contrapposta sommità rastremata.
Non si esclude che la manopola 51 possa presentare qualsivoglia altra forma, come ad esempio cilindrica, a farfalla, a maniglia, o altra idonea forma atta ad essere abbrancata da una mano di un addetto alla posa per l’avvitamento della stessa.
Nell’esempio, l’estremità (inferiore) allargata della manopola 51 definisce una bocca o cavità di ingresso 510, ad esempio sostanzialmente circolare (coassiale con l’asse centrale C della manopola stessa).
La cavità di ingresso 510 presenta, ad esempio, un diametro interno maggiore del diametro esterno del filetto maschio 41 dello stelo filettato 40, in modo che quest’ultimo si possa infilare assialmente con abbondante gioco radiale all’interno della cavità di ingresso 510 della manopola 51.
Più preferibilmente, la cavità di ingresso 510 presenta diametro interno sostanzialmente pari o di poso superiore all’ampiezza (lunghezza massima) dell’elemento separatore 30, in modo che quest’ultimo si possa infilare assialmente con gioco radiale all’interno della cavità di ingresso 510 della manopola 51 stessa, quando l’elemento pressore 50 è avvitato sullo stelo filettato 40.
Nell’esempio illustrato, la manopola 51 comprende un mantello interno sostanzialmente liscio e un mantello esterno sagomato.
Il mantello esterno della manopola 51, ad esempio, comprende rilievi 511 (o creste), ad esempio in numero di 4, per facilitare l’impugnatura e l’azionamento in rotazione per l’avvitamento della manopola stessa.
Ciascun rilievo 511 presenta, ad esempio, una forma sostanzialmente triangolare, preferibilmente con un lato ortogonale alla cavità di ingresso 510 della manopola 51.
Inoltre, la manopola 51 può presentare una o più finestre 512, ad esempio passanti o trasparenti, realizzate in corrispondenza della parete che congiunge la estremità (inferiore) allargata della manopola 51 con la sua sommità rastremata. Ad esempio, ciascuna finestra 512 è realizzata in corrispondenza di un interspazio (o incavo) tra due rilievi 511 attigui.
Ciascuna finestra 512, nell’esempio, è passante dal mantello esterno al mantello interno in modo continuo e formando una rampa decrescente e raccordata e, preferibilmente, presenta una forma sostanzialmente ogivale (arrotondata e allungata), allargata verso l’estremità (inferiore) allargata della manopola 51.
La manopola 51, inoltre, presenta una estremità planare 513 atta ad essere rivolta verso la base 20 (parallela ad essa) quando l’elemento pressore 50 è avvitato sullo stelo filettato 40 e perpendicolare all’asse centrale C della manopola 51. L’estremità planare 513 di fatto delimita perimetralmente (e a tutto sviluppo) la cavità di ingresso 510 della manopola 51.
L’estremità planare 513 è ad esempio sostanzialmente conformata come una corona circolare, preferibilmente definita dalla base di uno codolo cilindrico coassiale all’asse centrale C e derivantesi inferiormente dalla porzione a calotta (troncoconica) della manopola 51.
Nell’esempio, l’estremità planare 513 è definita da una coppia di corone circolari concentriche, ad esempio definite ciascuna dalla base di un codolo cilindrico coassiale all’asse centrale C, come sopra descritto.
In pratica, l’estremità planare 513 è atta ad essere rivolta in uso verso la base 20 (o verso le piastrelle P in appoggio sulla base 20) e definisce una superficie anulare perfettamente planare perpendicolare all’asse centrale C della manopola 51. La manopola 51 comprende, ad esempio in corrispondenza o in prossimità della estremità planare 513, un gradino anulare 514 aggettantesi radialmente verso l’esterno della manopola stessa, ad esempio del mantello esterno della stessa e (anche) dei rilievi 511.
Il gradino anulare 514, ad esempio, presenta forma sostanzialmente circolare (almeno il suo perimetro esterno) ed è coassiale all’asse centrale C (e alla cavità di ingresso 510).
Il gradino anulare 514 definisce, quindi, una superficie cilindrica (esterna) concentrica con l’asse centrale C della manopola 51.
Inoltre, il gradino anulare 514 definisce una superficie anulare inferiore concentrica con l’asse centrale C della manopola 51, e ad esempio ortogonale ad esso, e una contrapposta superficie anulare superiore, ad esempio anch’essa planare e parallela alla estremità planare 513 (e posta ad un livello superiore ovvero più vicina alla sommità della manopola 51).
L’elemento pressore 50 comprende, particolarmente, una madrevite 515 (filetto femmina) configurata per accoppiarsi (con un accoppiamento elicoidale) con il filetto maschio 41 dello stelo filettato 40.
La madrevite 515 presenta, ad esempio, un asse di avvitamento coincidente con l’asse centrale C della manopola 51.
La madrevite 515 è ad esempio realizzata in corrispondenza (o prossimità) della sommità rastremata della manopola 51
Ad esempio, la madrevite 515 è definita in corrispondenza di un codolo superiore 516 che si erge dalla sommità della manopola 51, ad esempio di forma sostanzialmente troncoconica (o cilindrica o prismatica).
La madrevite 515 passa assialmente da parte a parte tale codolo superiore 516 e, ad esempio, in corrispondenza della sua estremità interna (ovvero quella che sfocia all’interno del mantello interno della manopola 51) è dotata di una conicità di invito per agevolare l’inserimento assiale e l’allineamento dello stelo filettato 41 con la madrevite 515.
La madrevite 515 è, vantaggiosamente, definita da un’elica continua, preferibilmente di una pluralità di spire.
L’elemento pressore 50 nell’esempio raffigurato è definito, complessivamente, da un corpo monolitico, ad esempio realizzato in una materia plastica (ottenuto per stampaggio ad iniezione).
Il dispositivo 10 comprende, inoltre, una ghiera di protezione 60, la quale è atta ad essere assialmente interposta – in esercizio – tra la base 20 e l’elemento pressore 50, ovvero tra l’elemento pressore 50 e la superficie in vista P2 delle piastrelle P in appoggio sulla base 20.
In dettaglio, l’elemento pressore 50 è girevole (durante la sua rotazione di avvitamento attorno all’asse di avvitamento B), in esercizio, rispetto alla ghiera di protezione 60, la quale viene mantenuta ferma (come meglio apparirà nel seguito) rispetto alla superficie in vista P2 delle piastrelle P.
La ghiera di protezione 60, nella fattispecie, comprende un corpo piastriforme 61, ad esempio a spessore sottile, preferibilmente di forma anulare (o di forma qualunque a seconda delle esigenze) dotato di una faccia superiore (rivolta verso l’elemento pressore 50, quando in uso) e una contrapposta faccia inferiore (rivolta verso la base 20, quando in uso).
La ghiera di protezione 60, ovvero il corpo piastriforme 61 della stessa, comprende - in corrispondenza della sua faccia superiore - una prima superficie 610 (superiore) destinata ad essere rivolta verso l’elemento pressore 50, quando in uso, e - in corrispondenza della sua faccia inferiore - una contrapposta seconda superficie 611 (inferiore), la quale è destinata ad essere rivolta verso la base 20 (ovvero affacciata sulla superficie superiore 22 della base stessa), quando in uso (ovvero quando la ghiera di protezione 60 è interposta assialmente tra la base 20 e l’elemento pressore 50 stessi).
Più in particolare, la seconda superficie 611 della ghiera di protezione 60 è destinata ad essere rivolta verso la superficie in vista P2 delle piastrelle P affiancate e in appoggio sulla superficie superiore 22 della base 20 ed è configurata per andare in contatto con la superficie in vista P2 delle piastrelle P stesse.
La prima superficie 610 e la seconda superficie 611 sono, ad esempio, singolarmente planari e sostanzialmente parallele tra loro; preferibilmente la prima superficie 610 e la seconda superficie 611, in uso, sono sostanzialmente ortogonali all’asse di avvitamento B della madrevite 515 sullo stelo filettato 40.
Ad esempio, la prima superficie 610 è sostanzialmente anulare di forma circolare. La prima superficie 610 è atta ad andare in contatto (di strisciamento, ad esempio lungo una traiettoria di strisciamento circolare) con la superficie planare 513 dell’elemento pressore 50, durante la rotazione di avvitamento dell’elemento pressore 50 sullo stelo filettato 40.
Nell’esempio, la ghiera di protezione 60 presenta una prima superficie 610 per ciascuna superficie planare 513 prevista nell’elemento pressore 50.
La prima superficie 610 (planare) potrebbe interessare (occupare) l’intera area della faccia superiore (anulare) della ghiera di protezione 60 o solamente una porzione (anulare o anulare a tratti) della stessa.
La ghiera di protezione 60 potrebbe prevedere uno o più rilievi o scassi di centraggio 612 posti in corrispondenza della faccia superiore (contornanti la prima superficie 610, ad esempio in modo concentrico ad essa), ad esempio di forma anulare o comunque atti a definire una pista anulare, impegnabili dall’elemento pressore 50, ad esempio per guidarne la rotazione reciproca.
Ad esempio, la seconda superficie 611 può essere sostanzialmente anulare, ad esempio di forma circolare (o qualunque).
In alternativa, la seconda superficie 611 può essere definita da una pluralità di porzioni di superfici planari discrete (distinte tra loro) e complanari e/o porzioni di superfici puntuali discrete (distinte tra loro) e complanari che formano complessivamente una superficie planare.
La seconda superficie 611 è atta ad andare in contatto (sostanzialmente di adesione) con la superficie in vista P2 delle piastrelle P che si trovano in appoggio sulla (superficie superiore 22 della) base 20 (e rimanervi sostanzialmente frenata/aderente durante la rotazione di avvitamento dell’elemento pressore 50 sullo stelo filettato 40).
La seconda superficie 611, in uso, è atta ad andare a contatto con la superficie in vista P2 delle piastrelle P rimanendo sostanzialmente solidale ad essa (ferma, senza strisciamento) durante la rotazione di avvitamento dell’elemento pressore 50 sullo stelo filettato 40.
La seconda superficie 611 (planare) potrebbe interessare (occupare) l’intera area della faccia inferiore (anulare) della ghiera di protezione 60 o solamente una porzione (anulare o anulare a tratti o comunque distribuita) della stessa.
In pratica, la seconda superficie 611 della ghiera di protezione 60 è definita dalla porzione della faccia inferiore della ghiera di protezione 60 più distale dalla faccia superiore della ghiera di protezione stessa, sulla quale la ghiera di protezione 60 appoggia quando è appoggiata sulla faccia inferiore stessa.
Particolarmente, la seconda superficie 611 presenta un coefficiente di attrito radente (statico o dinamico) maggiore del coefficiente di attrito radente (rispettivamente statico o dinamico) della prima superficie 610.
In altre parole, la ghiera di protezione 60 (ovvero la prima superficie 610 e la seconda superficie 611 della stessa) - e, ad esempio, l’elemento pressore 50 (ovvero la sua estremità planare 513 - è configurata in modo che la seconda superficie 611 a contatto con la superficie in vista P2 delle piastrelle P (qualunque esse siano) abbia un coefficiente di attrito radente maggiore del coefficiente di attrito radente (rispettivamente statico o dinamico) della prima superficie 610 a contatto con la estremità planare 513 dell’elemento pressore 50.
In altre parole, la seconda superficie 611 e la prima superficie 610 quando sono a contatto con una identica superficie (di riferimento), ad esempio con la estremità planare 513, generano con tale superficie (di riferimento) un coefficiente di attrito radente (ovvero una forza resistente allo sfregamento) differente ed in particolare, la seconda superficie 611 a contatto con tale superficie (di riferimento) genera con essa un coefficiente di attrito radente (ovvero una forza resistente allo sfregamento) maggiore rispetto alla prima superficie 610 quando a contatto con la stessa superficie (di riferimento).
In pratica, la seconda superficie 611 e la prima superficie 610 a parità di condizioni di contatto con una identica superficie (di riferimento), che potrebbe essere definita dalla estremità planare 513), generano con essa una differente forza resistente allo sfregamento, tale per cui la forza resistente allo sfregamento esercitata dalla seconda superficie 611 è maggiore della forza resistente allo sfregamento esercitata dalla prima superficie 610.
Ovvero, la seconda superficie 611 è configurata in modo da esercitare una reazione vincolare di strisciamento (in opposizione ad un momento torcente che ne vorrebbe causare una rotazione attorno ad un asse ortogonale alla seconda superficie stessa) sulla superficie in vista P2 delle piastrelle P (qualunque esse siano) maggiore (in modulo) di una reazione vincolare di strisciamento (in opposizione ad un momento torcente che ne vorrebbe causare una rotazione attorno ad un asse ortogonale alla seconda superficie stessa) che la prima superficie 610 esercita sulla estremità planare 513 dell’elemento pressore 50.
Non si esclude che la seconda superficie 611 possa essere adesiva, ad esempio mediante collante (del tipo attacca-stacca) o mediante effetto ventosa o simile. In una preferita forma di attuazione, la prima superficie 610 è realizzata in una materia (plastica) differente dalla materia (plastica) di cui è realizzata la seconda superficie 611.
Preferibilmente, la prima superficie 610 è realizzata in un primo materiale sostanzialmente rigido (indeformabile), ad esempio è realizzato in plastica (o al limite in metallo).
Vantaggiosamente, la seconda superficie 611 è realizzata in un secondo materiale resiliente e/o adesivo e/o cedevole, ad esempio è realizzata in un materiale elastomerico, come ad esempio la gomma (preferibilmente gomma rigida) o il silicone o un altro analogo materiale.
In tal caso, la ghiera di protezione 60 potrebbe essere ottenuta, in modo vantaggioso, in un unico corpo mediante co-stampaggio di materie plastiche.
Ad esempio, la ghiera di protezione 60 potrebbe essere ottenuta dall’unione (indissolubile e stabile) di un primo corpo portante (fatto del primo materiale suddetto), che definisce – tra le altre cose – anche la prima superficie 610, e uno o più secondi corpi funzionali (fatti del secondo materiale suddetto), che definisce la seconda superficie 611.
Ad esempio, la seconda superficie 611 potrebbe essere definita dalla superficie inferiore di uno o più secondi corpi funzionali (aventi uno spessore definito), di forma anulare o qualunque, che presentano una superficie superiore (opposta alla superficie inferiore) a diretto contatto di adesione stabile ad una porzione superficiale di interfaccia del primo corpo portante della ghiera di protezione 60 (in corrispondenza della faccia inferiore della ghiera di protezione 60 stessa).
Ad esempio, nel primo corpo portante della ghiera di protezione 60, in corrispondenza della sua faccia inferiore, può essere definita una sede concava (con concavità rivolta verso il basso), ad esempio anulare, entro cui è accolta (e adesa stabilmente) una porzione di radice del primo corpo funzionale, il quale emerge assialmente dalla sede concava in modo da fare emergere rispetto ad essa la seconda superficie 611 da esso definito (vd. figura 8).
Non si esclude che i secondi corpi funzionali siano realizzati da una pluralità di piedini, ad esempi di forma semisferica o prismatici o altra forma qualunque che definiscano, nel complesso, un (unico) piano di appoggio tale da costituire la seconda superficie 611.
Ancora, non si esclude che – come mostrato nelle figure 9-15 – il secondo corpo funzionale della ghiera di protezione 60 sia definito da un corpo anulare dotato di un diametro esterno sostanzialmente pari al diametro esterno del primo corpo portante e un diametro interno ad esempio sostanzialmente pari ad un diametro interno del primo corpo portante stesso, in cui anche il primo corpo portante è di forma sostanzialmente anulare.
In una alternativa forma di realizzazione, è possibile prevedere che la seconda superficie 611 possa essere associata in modo removibile alla ghiera di protezione 60.
Ad esempio, la ghiera di protezione 60 potrebbe essere ottenuta dall’unione risolvibile di un primo corpo portante (fatto del primo materiale suddetto), che definisce – tra le altre cose – anche la prima superficie 610, e uno o più secondi corpi funzionali (fatti del secondo materiale suddetto), che definisce la seconda superficie 611.
Ad esempio, la seconda superficie 611 potrebbe essere definita dalla superficie inferiore di uno o più secondi corpi (aventi uno spessore definito), di forma anulare o qualunque, che presentano una superficie superiore (opposta alla superficie inferiore) fissata (ad esempio a diretto contatto) ad una porzione superficiale di interfaccia del primo corpo portante della ghiera di protezione 60 (in corrispondenza della faccia inferiore della ghiera di protezione 60 stessa).
Ad esempio, nel primo corpo portante della ghiera di protezione 60, in corrispondenza della sua faccia inferiore, può essere definita una sede concava (con concavità rivolta verso il basso), ad esempio anulare, entro cui è accolta - ad esempio mediante interferenza o a scatto - una porzione di radice del primo corpo funzionale, il quale emerge assialmente dalla sede concava in modo da fare emergere rispetto ad essa la seconda superficie 611 da esso definito.
Ad esempio, il secondo corpo funzionale potrebbe essere realizzato da un anello resiliente del tipo di un “O-ring”.
Non si esclude che – anche in tale forma di realizzazione – i secondi corpi funzionali possano essere realizzati da una pluralità di piedini associati a scatto o comunque fissati in modo removibile, ad esempi di forma semisferica o prismatici o altra forma qualunque che definiscano, nel complesso, un (unico) piano di appoggio tale da costituire la seconda superficie 611.
Ancora, in alternativa a quanto sopra descritto, è possibile prevedere che la prima superficie 610 possa essere realizzata in una materia plastica uguale (o ancora differente) alla materia plastica di cui è realizzata la seconda superficie 611. In tal caso, la differenza tra il coefficiente di attrito radente tra la prima superficie 610 è la seconda superficie 611 può essere realizzata mediante una differente configurazione della rugosità superficiale tra la prima superficie 610 e la seconda superficie 611 stesse.
In particolare, la ghiera di protezione 60 – che potrebbe essere ottenuta in un unico corpo monolitico mediante stampaggio di una (unica) materia plastica - potrebbe essere configurata in modo che la seconda superficie 611 presenti una rugosità superficiale maggiore della rugosità superficiale della prima superficie 610 destinata ad andare in contatto con l’elemento pressore 50.
La ghiera di protezione 60 comprende, poi, un foro passante 62 (passante in direzione assiale), ad esempio centrale (ovvero coassiale con la prima superficie 610), il quale attraversa da parte a parte il corpo piastriforme 61 ed è aperto in corrispondenza della faccia superiore e della contrapposta faccia inferiore della ghiera di protezione 60.
In una preferita forma di realizzazione mostrata nelle figure 1-12, il foro passante 62 ha una forma circolare con diametro (interno) maggiore della lunghezza massima dell’elemento separatore 30, il quale può quindi infilarsi (con il suo stelo filettato 40) assialmente (con gioco radiale) nel foro passante 62 della ghiera di protezione 60.
In una alternativa forma di realizzazione il foro passante 62 può presentare una forma qualunque con diametro minimo comunque maggiore della lunghezza massima dell’elemento separatore 30.
Ancora, in alternativa (come mostrato nelle figure 13-15), il foro passante 62 presenta una forma allungata come una feritoia con asse longitudinale radiale rispetto all’asse centrale della ghiera di protezione 60 e preferibilmente, attraversa il centro della ghiera di protezione 60. In pratica, tale foro passante 62 conformato come una feritoia è centrata sull’asse della ghiera di protezione 60.
Nell’esempio, tale foro passante 62 conformato come una feritoia è stretto e lungo, con una lunghezza di poco superiore alla lunghezza dell’elemento separatore 30 e con una larghezza di poco superiore (ad esempio meno di 2 volte) lo spessore dell’elemento separatore 30.
Tale foro passante 62 conformato come una feritoia è, pertanto, configurato per infilarsi (con gioco) sull’elemento separatore 30 (e determinare con esso un collegamento prismatico).
In pratica, l’elemento separatore 30 può essere infilato assialmente all’interno della foro passante 62 conformato come una feritoia e, una volta che l’elemento separatore 30 è in impegno all’interno del tale foro passante 62 conformato come una feritoia, viene impedita la rotazione reciproca (a meno di piccole oscillazioni dovute alle tolleranze in gioco e al necessario gioco che permette il comodo inserimento dell’elemento separatore 30 nella feritoia 61) tra la ghiera di protezione 60 e l’elemento separatore stesso.
In tal caso tale foro passante 62 conformato come una feritoia, ad esempio, presenta fianchi laterali sostanzialmente rettilinei e paralleli tra i quali è accolto sostanzialmente a misura (con ridotto gioco laterale) l’elemento separatore 30.
Tale foro passante 62 conformato come una feritoia comprende presenta una dimensione tale per cui anche lo stelo filettato 40 può esservi infilato (con abbondante gioco) assialmente all’interno.
Preferibilmente, la ghiera di protezione 60 è associata in modo girevole all’elemento pressore 50, ad esempio rispetto ad un asse di rotazione E coincidente con l’asse di avvitamento della madrevite 51 dell’elemento pressore stesso.
La ghiera di protezione 60 è atta ad essere associata alla estremità planare 513 dell’elemento pressore 50, ovvero alla estremità dello stesso affacciata verso la base 20, in modo da interporsi tra la base 20 e tale estremità planare 513 (e, in uso, tra la superficie in vista delle piastrelle P e l’estremità planare 503 stessa) quando l’elemento pressore 50 è avvitato sullo stelo filettato 40.
Preferibilmente, come mostrato nelle figure 1-8 e 16a-d, tra la ghiera di protezione 60 e l’elemento pressore 50 sono definiti mezzi di vincolo atti a vincolare assialmente la ghiera di protezione 60 e l’elemento pressore 50, consentendone la (libera) rotazione reciproca rispetto all’asse di rotazione E (coincidente con l’asse di avvitamento quando la ghiera di protezione 60 è vincolata all’elemento pressore 50).
I mezzi di vincolo sono ad esempio un aggancio a scatto configurato per vincolare assialmente, in modo removibile o semipermanente, la ghiera di protezione 60 e l’elemento pressore 50 e lasciando, come detto, libera la rotazione reciproca tra di essi rispetto all’asse di reciproca rotazione.
Nella fattispecie, la ghiera di protezione 60 comprende una pluralità di denti di aggancio 63 sporgenti, ad esempio in direzione assiale dalla parte opposta rispetto alla seconda superficie 611 e allineati lungo una circonferenza immaginaria coassiale rispetto alla ghiera di protezione 60 stessa e, ad esempio, avente un diametro sostanzialmente maggiore del diametro esterno del gradino anulare 514 dell’elemento pressore 50.
Ciascun dente di aggancio 63 presenta una gamba 630 saliente dalla ghiera di protezione 60 (ovvero dalla sua faccia superiore), una cui estremità si deriva, ad esempio in corpo unico con essa, da una porzione periferica della ghiera di protezione stessa e la cui estremità opposta libera comprende una testa di aggancio 631 conformata sostanzialmente ad arpione rivolto verso l’asse di rotazione E della ghiera di protezione 60 e definente una superficie di aggancio 6322, sostanzialmente planare, rivolta verso la faccia superiore (ovvero la prima superficie 611) della ghiera di protezione stessa.
La superficie di aggancio 632 dista dalla faccia superiore (ovvero la prima superficie 611) della ghiera di protezione 60 di una altezza sostanzialmente pari o di poco superiore alla altezza del gradino anulare 514.
Il dente di aggancio 63, ad esempio la sua gamba 630, è elasticamente cedevole, preferibilmente in direzione radiale, in modo da potersi agganciare a scatto all’elemento pressore 50, ovvero al suo gradino anulare 514.
Il dente di aggancio 63, ad esempio la sua gamba 630, presenta nella direzione della sua larghezza circonferenziale una conformazione arcuata (di un settore circolare) con concavità rivolta verso l’asse centrale della ghiera di protezione 60. La testa di aggancio 631 definisce inoltre una superficie opposta alla superficie di aggancio 632 che può essere inclinata rispetto alla prima superficie 610 di un angolo acuto di invito, tale da impartire una spinta radiale (verso l’esterno della ghiera di protezione 60) al dente di aggancio 63 a seguito di una spinta assiale di compressione sulla testa di aggancio 631 del dente di aggancio stesso.
In pratica, l’aggancio a scatto tra l’elemento pressore 50 e la ghiera di protezione 60 è definito dall’aggancio tra i denti di aggancio 63 e il gradino anulare 514. I denti di aggancio 63 divaricandosi radialmente, a seguito di una reciproca traslazione assiale di avvicinamento tra l’elemento pressore 50 e la ghiera di protezione 60, permettono l’ingresso del gradino anulare 514 tra i denti di aggancio stessi, in pratica portando la estremità planare 513 dell’elemento pressore 50 a contatto (di strisciamento circonferenziale) con la prima superficie della ghiera di protezione 60, ed eventualmente la superficie di aggancio 632 dei denti di aggancio 63 a contatto (di strisciamento circonferenziale) con la contrapposta superficie anulare superiore del gradino anulare 514.
Le gambe 630 dei denti di aggancio 63, complessivamente, possono definire una superficie cilindrica (a tratti) coassiale con la ghiera di protezione 60 ed entro cui ruota il bordo perimetrale del gradino anulare 514.
Non si esclude che i mezzi di vincolo che vincolano reciprocamente in direzione assiale la ghiera di protezione 60 e l’elemento pressore 50, lasciando libera la reciproca rotazione, possano essere differenti da quelli illustrati, ad esempio di tipo ad interferenza o altro collegamento idoneo, sia semi-permanente che removibile o, al limite, permanente, a seconda delle esigenze costruttive.
Ancora, è possibile prevedere – in una forma di realizzazione maggiormente semplificata – che tali mezzi di vincolo non siano presenti, come mostrato ad esempio nelle forma di attuazione mostrate nelle figure 9-15. In tal caso, la ghiera di protezione 60 può essere interposta di volta in volta tra l’elemento pressore 50 e la superficie in vista P2 delle piastrelle P, ad esempio in appoggio con la sua seconda superficie 611 sulle superficie in vista P2 delle piastrelle P stesse. Anche in tal caso, tuttavia, è possibile prevedere che la ghiera di protezione 60 presenti rilievi o scassi di centraggio 612 posti in corrispondenza della faccia superiore (contornanti la prima superficie 610, ad esempio in modo concentrico ad essa), ad esempio di forma anulare o comunque atti a definire una pista anulare, impegnabili dall’elemento pressore 50, ad esempio per guidarne la rotazione reciproca, una volta che la prima superficie 610 si porta a contatto con la estremità planare 513 dell’elemento pressore 50.
Alla luce di quanto sopra descritto, il funzionamento del dispositivo 10 è il seguente.
Per rivestire una superficie con una pluralità di piastrelle P è sufficiente stendervi sopra uno strato di collante e, successivamente, è possibile posarvi le piastrelle P.
In pratica, laddove deve essere disposta la prima piastrella P è sufficiente posizionare un primo dispositivo 10, la cui base 20 è destinata, ad esempio, ad essere posta sotto a due bordi di rispettive piastrelle P, un bordo e due spigoli di tre rispettive piastrelle P o quattro spigoli di rispettive quattro piastrelle P, a seconda dello schema di posa desiderato.
Una volta posizionata la base 20 è sufficiente posizionare le piastrelle P in modo che una porzione del fianco laterale P3 sia a contatto rispettivamente ad una delle facce 31 dell’elemento separatore 30.
In questo modo è assicurata la disposizione a squadro e l’equidistanza tra le piastrelle P che circondano il dispositivo 10. Quando ad esempio le piastrelle P presentano dimensioni particolarmente grandi, allora è possibile posizionare un dispositivo 10 anche in corrispondenza di una zona mediana del fianco laterale P3 della piastrella stessa.
Non si esclude che ad esempio si operi posando prima una piastrella P e successivamente in corrispondenza dello spigolo o di un fianco laterale P3 della stessa si inserisca sotto ad essa una porzione di base 20 del dispositivo 10.
Una volta posizionate le varie basi 20 con i rispettivi elementi separatori 30 (ed eventuali distanziali angolari) come sopra descritto, fin quando il collante è comunque ancora non del tutto consolidato si procede a calzare ed avvitare un elemento pressore 50 in un rispettivo stelo filettato 40, in modo che l’elemento pressore scendendo gradualmente verso la superficie in vista P2 delle piastrelle in appoggio sulla base 20 prema su di esse , localmente nei vari punti (mediani o di spigolo), permette il perfetto livellamento delle superfici in vista P2 delle piastrelle stesse interessate dallo stesso dispositivo 10
In pratica, ad esempio dopo aver unito tra loro, mediante i mezzi di vincolo, la ghiera di protezione 60 e l’elemento pressore 50, è sufficiente infilare assialmente l’estremità libera dello stelo filettato 40 del foro passante 62 e, da essa, entro la cavità di ingresso 510 dell’elemento pressore 50 fino a che il filetto maschio 41 imbocca la madrevite 51.
Successivamente, al fine di avvicinare velocemente la seconda superficie 611 della ghiera di protezione 60 alla superficie in vista delle piastrelle P è sufficiente imprimere un momento torcente (destrorso) sul codolo superiore 516 (tramite due dita) in modo che la madrevite 51 impegni il filetto maschio 41 dello stelo filettato 40 e, preferibilmente in modo spontaneo, l’elemento pressore 50 si avviti in modo rapido sullo stelo filettato 40.
La corsa assiale (spontanea) dell’elemento pressore 50 si interrompe quando la seconda superficie 611 della ghiera di protezione 60 raggiunge la superficie in vista P2 di una o più delle piastrelle P ad essa sovrapposta assialmente.
A questo punto l’addetto alla posa, azionando in rotazione l’elemento pressore 50, ad esempio impugnando con le dita i rilievi 511, avvita quest’ultimo sullo stelo filettato 40 in modo da esercitare una pressione graduale, opportunamente tarata e controllabile, sulla superficie in vista P2 di tutte le piastrelle P su cui appoggia la seconda superficie 611 della ghiera di protezione 60.
Durante tale rotazione di avvitamento/serraggio, la ghiera di protezione 60 rimane ferma (solidale alle piastrelle P e/o allo stelo filettato 40 e all’elemento separatore 30) pur potendo scorrere assialmente.
In pratica, la seconda superficie 611 definisce una superficie di appoggio aderente (anti-strisciamento) alla superficie in vista P2 delle piastrelle P su cui è in appoggio che impedisce alla ghiera di protezione 60 di poter ruotare seppure soggetta ad un momento torcente dovuto al contatto di strisciamento tra la estremità planare 513 dell’elemento pressore 50 e la prima superficie 610 della ghiera di protezione 60.
In pratica, la differenza di coefficiente di attrito tra la prima superficie 610 e la seconda superficie 611 della ghiera di protezione 60 è tale da consentire la rotazione reciproca (rispetto all’asse di avvitamento B) dell’elemento pressore 50 e la ghiera di protezione 60, seppure in contatto di strisciamento reciproco per mezzo della prima superficie 611, ma al contempo impedire la rotazione reciproca (rispetto all’asse di avvitamento B)) tra la ghiera di protezione 60 e la superficie in vista P2 delle piastrelle P in appoggio sulla base 20 e a contatto con la seconda superficie 611 della ghiera di protezione 60.
La estremità planare 513 dell’elemento pressore 50 striscia invece, durante la rotazione di avvitamento che permette il serraggio dell’elemento pressore 50 e – quindi – il livellamento delle piastrelle P, sulla prima superficie 610 della ghiera di protezione 60, di fatto non interferendo con la superficie in vista P2 delle piastrelle P stesse.
Infine, quando il collante si è consolidato ed è in presa sulla superficie di posa delle piastrelle P, si procede con il rompere, ad esempio con un calcio, l’elemento separatore 30 lungo la linea o sezione a frattura prestabilita 34, rimuovendo così lo stesso elemento separatore 30, con l’elemento pressore 50 avvitato allo stelo filettato 40, per poter procedere a stuccare le fughe tra le piastrelle P senza che la base 20 risulti visibile sulla superficie finita.
Per poter riutilizzare gli elementi pressori 50, con le relative ghiere di protezione 60, è sufficiente rimuovere lo stelo filettato 40 dall’impegno con la madrevite 51 ad esempio imprimere un momento torcente (sinistrorso) sul codolo superiore 516 (tramite due dita) in modo che la madrevite 51 si sviti dal filetto maschio 41 dello stelo filettato 40 in modo rapido (e spontaneo).
L’invenzione così concepita è suscettibile di numerose modifiche e varianti tutte rientranti nell’ambito del concetto inventivo.
Inoltre tutti i dettagli sono sostituibili da altri elementi tecnicamente equivalenti. In pratica i materiali impiegati, nonché le forme e le dimensioni contingenti, potranno essere qualsiasi a seconda delle esigenze senza per questo uscire dall’ambito di protezione delle seguenti rivendicazioni.

Claims (11)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Un dispositivo (10) distanziatore livellante per la posa in opera di manufatti lastriformi (P) per il rivestimento di superfici che comprende: - una base (20), posizionabile posteriormente ad una superfice di posa di almeno due manufatti lastriformi (P) adiacenti e affiancati rispetto una direzione di affiancamento (A); - un elemento separatore (30) che si erge da detta base (20) in squadro con essa ed è atto ad infilarsi tra fianchi laterali affacciati di detti due manufatti lastriformi (P) affiancati; - uno stelo filettato (40) che si erge dall’elemento separatore (30) con asse di avvitamento (B) ortogonale alla base (20); - un elemento pressore (50) avvitabile allo stelo filettato (40) e - una ghiera di protezione (60) anti-strisciamento atta ad essere interposta tra l’elemento pressore (50) e la base (20), in cui la ghiera di protezione (60) comprende una prima superficie (610) rivolta verso l’elemento pressore (50) e configurata per andare in contatto con esso e una contrapposta seconda superficie (611) rivolta verso la base (20), in cui la seconda superficie (611) presenta un coefficiente di attrito radente maggiore di un coefficiente di attrito radente della prima superficie (610).
  2. 2. Il dispositivo (10) secondo la rivendicazione 1, in cui la seconda superficie (611) è realizzata in un materiale elastomerico.
  3. 3. Il dispositivo (10) secondo la rivendicazione 2, in cui il materiale elastomerico è gomma.
  4. 4. Il dispositivo (10) secondo la rivendicazione 1, in cui la ghiera di protezione (60) è realizzata in un corpo monolitico ottenuto per stampaggio di materie plastiche.
  5. 5. Il dispositivo (10) secondo la rivendicazione 1, la ghiera di protezione (60) è realizzata in un corpo monolitico ottenuto per co-stampaggio di materie plastiche, in cui la prima superficie (610) è realizzata in un primo materiale plastico e la seconda superficie (611) è realizzata in un secondo materiale plastico differente dal primo materiale plastico.
  6. 6. Il dispositivo (10) secondo la rivendicazione 1, in cui la seconda superficie (611) presenta una rugosità superficiale maggiore di una rugosità superficiale della prima superficie (610) destinata ad andare in contatto con l’elemento pressore (50).
  7. 7. Il dispositivo (10) secondo la rivendicazione 1, in cui la ghiera di protezione (60) comprende un foro passante (62) atto ad essere infilato con gioco sullo stelo filettato (40) e sull’elemento separatore (30).
  8. 8. Il dispositivo (10) secondo la rivendicazione 7, in cui il foro passante (62) ha una forma circolare con diametro maggiore della ampiezza massima dell’elemento separatore (30).
  9. 9. Il dispositivo (10) secondo la rivendicazione 1, in cui la ghiera di protezione (60) è associata in modo girevole, rispetto ad un asse di rotazione (E) coincidente con l’asse di avvitamento (B), ad una estremità dell’elemento pressore (50) rivolta verso la base (20).
  10. 10. Il dispositivo (10) secondo la rivendicazione 9, in cui tra la ghiera di protezione (60) e l’elemento pressore (50) sono definiti mezzi di vincolo atti a vincolare assialmente la ghiera di protezione (60) e l’elemento pressore (50).
  11. 11. Il dispositivo (10) secondo la rivendicazione 10, in cui i mezzi di vicolo comprendono organi di aggancio (63) a scatto configurati per vincolare assialmente, in modo removibile, la ghiera di protezione (60) e l’elemento pressore (50) lasciando libera la rotazione reciproca tra di essi rispetto all’asse di rotazione (E).
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