IT8922139A1 - Dispositivo a vite per l'ancoraggio di protesi alle ossa, metodo per l'applicazione di tale dispositivo e relativa attrezzatura - Google Patents

Dispositivo a vite per l'ancoraggio di protesi alle ossa, metodo per l'applicazione di tale dispositivo e relativa attrezzatura Download PDF

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Description

DESCRIZIONE
La presente invenzione riguarda i mezzi di ancoraggio di protesi alle ossa e pi? particolarmente i dispositivi a vite per realizzare tale ancoraggio.
L'invenzione riguarda anche un metodo per l'applicazione del suddetto dispositivo a vite, nonch? la relativa attrezzatura per effettuare tale applicazione.
Come ? noto, dal punto di vista delle caratteristiche meccaniche, il tessuto osseo pu? essere suddiviso in due distinte zone: la zona corticale con modulo elastico da 1000 a 1200 dN/mm e la zona spugnosa, di tessuto osseo trabecolare, contenente midollo o grasso, con modulo elastico grosso ?modo tra 20 a 400 dN/mm .
Dovendo attualmente eseguire un impianto in un qualsiasi osso, si utilizzano le note viti ossee aventi un gambo sostanzialmente cilindrico e costituite da un metallo biocompatibile, come il titanio, l'acciaio inossidabile austenitico, il tantallio, il niobio o lo zirconio. Tali viti richiedono la preventiva effettuazione di una relativa foratura, pure sostanzialmente cilindrica, da praticarsi nell'osso. Se le viti sono del tipo autofi 1 ettante , esse vengono inserite direttamente nella cavit? cosi ottenuta, che ha sempre un diametro minore o al massimo uguale a quello di nocciolo della vite. Nel caso di viti non autof il ettant i , ? necessario formare nella parete laterale della foratura, mediante un maschiatore, la relativa madrevite.
Le viti finora note o sfruttano per l'ancoraggio le caratteristiche meccaniche della trabecolatura, per cui hanno una filettatura a passo piuttosto ampio (passo rapido), del tipo adatto per materiali piuttosto teneri, oppure sfruttano le caratter i st i -che meccaniche della corticale dal lato opposto al punto di penetrazione della vite, grazie ad una fiIettatura avente un passo significativamente minore di quello del caso precedente e adatto ad assicurare una buona presa meccanica In materiali duri, ma non adatta per far presa nel tessuto osseo trabecolare .
A sua volta la parte corticale dell'osso, per la sua sottigliezza, non pu? generalmente ospitare che una spira di un filetto a passo rapido. Inoltre, per la sua relativa fragilit?, questo tessuto ? inadatto ad accogliere un filetto "grosso".
Ci? vale soprattutto per la corticale che si trova dalla parte da cui viene inserita la vite autofilettante o il maschiatore. Infatti, come gi? detto, la filettatura della vite o del maschiatore ha un diametro maggiore di quello della foratura gi? predisposta. Inoltre il collo della vite (cio? la parte terminale cilindrica della vite a cui va fissata la protesi, che normalmente non ? filettata ma entra nella corticale) ha un diametro inferiore a quello della filettatura. Come risultato, l'inserimento della vite autofi Iettante, o del maschiatore, nel foro preventivamente predisposto, comporta una asportazione ossea iniziale della corticale attorno al collo della vite, in particolare della sua parte pi? esterna. Alla corticale ossea superficiale, per un certo tratto intorno all'Impianto, viene inflitto un danno chirurgico*. Il danno ? direttamente proporzionale alle dimensioni del dente del filetto della vite autofi1ettante o del maschiatore. La parte di corticale che si stacca non si riforma. Ci? rappresenta un grave inconveniente, dato che la corticale ? la zona pi? resistente dell'osso e la pi? adatta a sopportare i carichi, soprattutto i carichi perpendicolari all'-asse della vite.
La cavit? destinata ad accogliere l'impianto viene eseguita con utensili rotanti montanti su trapani a controllo manuale.
La forma e le dimensioni della cavit? ottenuta dipendono da parecchi fattori, e in particolare dalle caratteristiche:
a) dell?osso da forare;
b) dell'attrezzatura perforante;
c) della mano dell'operatore che controlla l'attrezzatura perforante.
Esaminiamo in dettaglio questi tre fattori: a) L'osso che deve essere forato ? libero di muoversi. Esso presenta una superficie liscia e umida, e perci? scivolosa. Inoltre la superficie ? rotondeggiante. Ancora, la struttura ossea ? anisotropa, per cui la resistenza offerta alla superficie del tagliente ? diversa durante lo svolgimento dell 'operazione di foratura.
b) Il sistema perforante ? costituito da una punta da trapano, o fresa, di diversa forma: a punta di lancia con corpo cilindrico pieno, a punta svasata con corpo fresato in verticale per raccolta truciolo, a punta svasata con corpo scanalato elicoidalmente per raccolta truciolo.
Non risulta che siano stati fatti studi per determinare il miglior angolo di taglio adatto all'osso, n? per ottenere un buon sistema di scarico del truciolo osseo che si impasta con il sangue e tende a coagulare. Come ? noto, quando la punta perforante viene innestata nel trapano essa viene trattenuta da un meccanismo ad azione rapida, costituito da un collo cavo che accoglie la relativa parte della fresa, che risulta cosi bloccata nei movimenti assiali, mentre radialmente la fresa ha un certo gioco. Pertanto il movimento rotatorio della fresa non avviene attorno ad un asse fisso, ma attorno ad un asse che pu? subire delle piccole oscillazioni e degli spostamenti perpendicolarmente a se stesso. Il meccanismo che imprime il movimento alla punta pud anch'esso spostarsi leggermente a causa di giochi meccanici intrinseci al meccanismo stesso. Per la combinazione di tutte queste cause si ottiene un movimento fresa che chiameremo di "sfarfallamento".
c) La mano dell'operatore che impugna il trapano ? soggetta al controllo muscolare che varia da operatore a operatore e che, nello stesso operatore, pu? variare nel tempo.
Prima di venire a contatto con l'osso, la punta gira libera, descrivendo in corrispondenza di ogni sua sezione trasversale un cerchio periferico di diametro superiore a quello che la fresa ha in quella stessa sezione trasversale,e ci? per effetto dello sfarfallamento suddetto.
Inoltre, quando l'apice della fresa viene in contatto con l'osso, per quanto l'operatore faccia attenzione, l'asse della fresa non sar? in generale esattamente perpendicolare alla superficie dell'osso. Pertanto, nonostante la presenza di un invito (preventivamente eseguito nella superficie dell'osso), quando l'operatore esercita una certa forza sulla fresa per effettuare la foratura, si manifester? sulla fresa una reazione non assiale che ? scomponibile in una componente di forza diretta perpendicolarmente all'asse della fresa, che ne provoca la flessione, e 1n una seconda componente diretta secondo l'asse della fresa stessa. La forza flettente suddetta avr? due effetti: 11 primo consiste nell'annullamento del giochi radiali del meccanismo che trattiene la punta, per cui 11 suddetto cerchio periferico diverr? il massimo possibile; il secondo effetto subentra a giochi annullati e consiste nella deformazione per flessione della punta, con ulteriore aumento del diametro del cerchio periferico.
Dopo il primo iniziale affondamento della punta nell'osso avremo quindi una cavit? di diametro indeterminato, certamente superiore a quello della fresa, e di una certa profondit?, poniamo di un millimetro o due. Come si comprende, le variabili in gioco sono diverse e in pratica non controllabili, per cui l'avanzamento della fresa in questo primo tratto avverr? secondo una direzione "prevalente" che ? sostanzialmente quella dell'asse teorico della fresa. E' tuttavia evidente che, date le premesse, l'imprecisione sar? piuttosto elevata. In pratica, nel suo primo tratto, la cavit? si potr? considerare come una serie di cerchi sovrapposti di diametro variabile, e probabilmente irregolari, leggermente disassati tra loro, a formare una cavit? estendentesi prevalentemente in una certa direzione.
Applicando alla fresa una ulteriore pressione, la faremo avanzare nell'osso. Ora divengono sensibili due nuovi fattori che influenzano l'operazione: l'accumulo di truciolo che tende a coagulare, e la presenza della parte di cavit? gi? scavata.
La presenza di truciolo aumenta l'attrito, per cui si genera calore, e provoca nuove piccole asportazioni di materiale osseo dalle pareti della cavit?. L'attrito pu? aumentare fino a provocare l'arresto del motore del trapano.
Il truciolo deve quindi essere rimosso da qualsiasi tipo di fresa, 1n primo luogo per evitare il riscaldamento della fresa, secondariamente per permettere l'avanzamento della stessa. Per far questo ? per? necessario estrarre la fresa dal foro. Ogni volta che si compie questa operazione si provoca inevitabilmente l'asportazione di nuovo materiale dalle pareti del foro gi? scavato.
La parte di foro gi? scavata assolve in effetti l'importante funzione di fare da guida per il corpo cilindrico della fresa, tale corpo potendo essere tagliente o parzialmente tagliente nelle frese con scarico elicoidale, o non tagliente nelle frese senza scarico o con scarico verticale.
Se il corpo della fresa ? tagliente o parzialmente tagliente,ogni cambiamento di direzione della fresa stessa produrr? asportazione di materiale. Ne risulta l?ampliamento della cavit?,riducendone cos? la funzione di guida. Come detto, al termine dell'operazione la cavit? risulter? formata da una serie di cerchi sovrapposti di diametro variabile entro un certo campo e leggermente disassati tra loro, a formare una cavit? che ? quindi piuttosto irregolare. Per forza di cose la cavit? avr? un diametro maggiore all'imbocco e minore all'altra estremit?.
Se il corpo della fresa non ? tagliente, la cavit? gi? scavata ha una funzione di guida la cui efficacia aumenta man mano che si scende in profondit?. Non si creda per? che ci? permetta di ottenere una maggior precisione nell'esecuzione della cavit?. Infatti tutti i motivi che rendono la cavit? iniziale pi? larga del voluto (dallo sfarfallamento della fresa alla non ortogonalit? fra fresa e piano osseo) restano. Anzi, ad essi se ne aggiunge uno che le frese a corpo elicoidale non presentano. Infatti le frese a superficie laterale cilindrica non hanno spazi di scarico dei trucioli. Bisogna quindi estrarre la fresa molto pi? spesso, per pulirla, provocando in definitiva un maggior allargamento della cavit?. Il movimento di penetrazione della fresa ? in realt? di tipo elicoidale nel senso della rotazione del trapano, essendo tale movimento una combinazione di avanzamento e di rotazione.
Al termine di una operazione di foratura ossea in vivo, condotta con le usuali tecniche chirurgiche, avremo quindi una cavit? all1 incirca troncoconica, di dimensioni diametrali sconosciute ma certamente superiori a quelle della fresa usata.
Oa verifiche effettuate si ? potuto appurare che la maggiorazione ? dell'ordine del decimi di millimetro, con una ampia variabilit?.
Se vogliamo, in prima approssimazione, immaginare il tipo di cavit? ottenuta, dobbiamo pensare ad una pila di dischi con diametri leggermente maggiori in alto e minori verso l'apice. I dischi non saranno coassiali, i loro centri formando grossomodo un disegno ad elica molto irregolare. Se immaginiamo un asse ideale passante per il centro dei due dischi estremi, i centri dei dischi intermedi non saranno in genere disposti su tale asse, ma si troveranno in un certo intorno rispetto all'asse.
Se disegnatilo un cerchio avente il diametro nominale dell'impianto e centrato sull'asse suddetto, e sovrapposto ad esso di segna mo un altro cerchio avente il diametro, misurato, di una certa sezione trasversale della cavit? ottenuta, con centro nella sua reale posizione eccentrica rispetto all'asse, possiamo notare sia i punti di contatto, se ve ne sono, che le massime distanze tra i due cerchi. Ripetendo l'operazione per un certo numero di sezioni trasversali, possi amo determinare, con precisione, quanti sono i punti di contatto tra impianto e cavit?, come pure la superficie e la profondit? delle zone non aderenti. Ci? ci permette di comprendere che anche con un diametro effettivo costantemente maggiore del diametro nominale della fresa ci possono essere una serie di punti di contatto distribuiti casualmente sulla superficie della cavit?.
Se, per eseguire un controllo, infiliamo una fresa nella cavit? ottenuta, la fresa pu? apparire stabile anche se tocca le pareti 1n pochi punti che non ne assicurano l'effettiva stabilit?. Se invece, ,come in realt? normalmente avviene, la fresa presenta un certo gioco, vuol dire che sicuramente non esiste un sufficiente numero di punti di contatto. Pertanto, eseguendo una maschiatura della cavit?, il filetto risulter? completo, come profondit?, solo nei suddetti punti di contatto, mentre il resto della filettatura risulter? impressa solo parzialmente o sar? del tutto mancante.
A questo punto ci possiamo chiedere: se dovessimo eseguire un foro in un muro, per infilarci un tassello a espansione, useremmo un trapano con una punta non bloccata nel mandrino e sfarfallante? Ebbene nell'osso le si fa tranquillamente. Non solo, ma pretendiamo di fare delle previsioni certe sulla guarigione, partendo da queste basi aleatorie. Ma la natura ci aiuta, e fortunatamente, nonostante tutto, l'osso riesce a guarire in modo sufficiente in un buon 80% del casi.
Ci? per? non significa che disponiamo di informazioni sufficienti per garantire la guarigione, dato che non sappiamo come e soprattutto quando l'osso si ricostruir?.
E' possibile intervenire sulla tecnologia operatoria in modo da ottenere cavit? con precisioni dell'ordine di quelle ottenibili con le lavorazioni meccaniche degli stessi impianti da Inserire nella cavit?? Certamente si!
Quali sono questi livelli di precisione? Senza ricorrere a procedure troppo complesse e assai costose, la presente invenzione consente di ottenere precisioni di 0.02 mm come tolleranze sulle di mensionl generali, mentre le irregolarit? delle superilei, per una serie di ragioni che abbiamo gi? visto, sono possibili, anzi ottimali, precisioni intorno a O.Olmm.
La ragione di tutta questa ricerca di precisione ? di ridurre il pi? possibile, in teoria a zero, la quantit? di tessuto osseo che deve riformarsi attorno al11impianto.
Il problema del giochi, sia fra fresa e mandrino, che intrinseci alla testina del trapano, non ? risolvibile se non cambiando completamente la tecnologia attuale. Ci? comporta per? costi elevatissimi.
Abbiamo visto che la mobilit? dell'impianto rispetto alle pareti della cavit? che lo accoglie, ? una evenienza negativa per la riparazione della lesione ossea.
Lo scopo deve essere quindi quello di ottenere un accoppiamento privo di mobilit?. Questa necessit? ? attualmente soddisfatta ricorrendo ad inserimenti pi? o meno forzati dell'impianto nella cavit?.
Ne consegue la compressione del tessuto osseo di contatto. Tale compressione rappresenta il prezzo pagato da tutte le note modalit? di inserimento, che prevedono una iniziale immobilit? dell'impianto. In particolare, le lame o i cilindri attualmente usati a tale scopo vengono inseriti con piccoli colpi di martello. Si realizza cosi un incastro, fra osso e impianto, a causa della compressione reciproca di alcune zone del 11impianto con corrispondenti zone della parete alveolare.
Impianti formati da diversi elementi (disk-implant) si servono della trazione fra elementi a vite e corpi prismatici per ottenere aree di aderenza osso impianto che forniscono l'iniziale necessaria stabilit?.
La vite ha riscosso un considerevole successo poich? consente di ottenere con facilit? un ottimo collegamento rigido immediato fra impianto e osso. Questa soluzione presenta per? alcuni aspetti negativi che sono riconducibili a due fondamentali cause: il trauma prodotto dal filetto elicoidale nel tessuto, e la trasmissione all'osso, attraverso la filettatura, di carichi perpendicolari all'asse della vite.
Naturalmente c'? chi ha cercato di risolvere entrambi tali problemi eliminando la filettatura e proponendo impianti di sagoma cilindrica che a loro volta hanno per? scarsa stabilit? iniziale, costringono a fori pi? grandi, richiedono creste ossee pi? alte, dispongono di minore superficie Jaterale a parit? di dimensioni.
In realt? la soluzione del problema non ? raggiungere una stabilit? che permetta un qualsiasi livello di riparazione ossea, ma ? di mettere l'osso nelle migliori condizioni per la guarigione.
Attualmente la madrevite nell'osso si ottiene in due modi sostanzialmente differenti: per maschiatura di tipo meccanico (vedi Branemark); con sistemi di tipo automaschiante (vedi Tramonte).
La maschiatura meccanica ? possibile appunto per viti che richiedono madreviti leggermente pi? larghe per consentire l'avvitamento; ci? fa si che con le viti tipo Branemark ? Impossibile raggiungere la massima congruenza fra filettatura e osso.
Le viti con filettatura tipo autofiIettante modello Tramonte possono raggiungere la situazione di massima congruenza fra filettatura e osso, ma attraverso un inserimento compressivo che in molti casi causa danni tali da annullare i vantaggi.
L'inserimento della vite autofilettante o del maschiatore nella cavit? predisposta provoca nell'-osso degli effetti locali e degli effetti generali, che illustreremo qui di seguito:
I- Effetti-locaii
Sono provocati dalle seguenti azioni:
(a) Azione-di-taglio
L'azione di taglio del filetto separa il tessuto, danneggiando la matrice ossea calcificata, il collagene, la sostanza fondamentale, le cellule, i vasi e i nervi. All'inizio dell'operazione di maschiatura, come pure nel caso di vite autofiIettante, l'azione di taglio provoca infiammazione e perdita di sangue. L'azione lesiva sui tessuti determina la liberazione di sostanze infiammatorie (H.W. HAM - Istologia, USES 1969). (b) Azione-di-compressione-al1'interfaccia
Il proseguimento dell'operazione di maschiatura o di inserimento della vite autofiIettante provoca la divaricazione del tessuto da parte del filetto. Se la maschiatura ha inizio in superficie e non esiste un elemento di contrasto a contatto di tale superficie, si verifica perci? la rottura per sollevamento della corticale superficiale, con conseguente sconvolgimento dell'architettura nella zona circostante. In particolare ? lo strappo delle connessioni vascolari a pregiudicare seriamente la riparazione ossea in tale zona. Nella compagine del tessuto, la divaricazfone necessaria all'avanzamento del filetto ? ottenuta tramite compressione del tessuto in corrispondenza dell'interfaccia. Il volume di tessuto osseo corrispondente al volume del filetto del maschiatore o della vite autofilettante, sotto la spinta di avanzamento, viene fratturato e dislocato ai lati del filetto che avanza. Poich? al di sotto della corticale l'osso ? spugnoso, la sua parte solida formata da sali di calcio riempie tutto lo spazio circostante disponibile, mentre la sua parte liquida viene spinta nella zona trabecolare piO periferica.
Se il filetto ha un passo tale per cui le zone di tessuto osseo spugnoso compresse interagiscono, si ha una situazione particolarmente negativa dovuta ad una sommatoria di effetti nocivi che complicano la guarigione. Nello stabilire il passo della filettatura della vite autofi1ettante o del maschiatore e le dimensioni del relativo nocciolo, come pure le dimensioni della cavit? da praticare nell'osso, va pertanto tenuto conto di questo importante aspetto.
(c) Azione-dei-calore
Come ? noto, il calore che si sviluppa nell'osso durante la perforazione del foro in cui successivamente introdurre la vite autofiIettante od il maschiatore, ? la principale causa di formazione di connettivo fibroso cicatriziale, anzich? di nuovo tessuto osseo, nella successiva fase di riparazione delia lesione chirurgica. Per tale ragione, per praticare la detta perforazione ? opportuno usare i noti strumenti rotanti con raffreddamento interno tramite soluzione fisiologica che, oltre a raffreddare la fresa, asporta anche i trucioli d'osso, alloggiandoli nelle apposite scanalature. Un altro metodo per ridurre il calore prodotto consiste nel limitare il regime di rotazione della resa al numero di giri minimo che consente di praticare la perforazione.
Analogamente, anche la maschiatura o l?introduzione della vite autofi1ettante dovr? essere molto lenta, in modo che i fenomeni che avvengono devono poter essere considerati di tipo statico e le forze applicate devono essere appena maggiori di quelle di equilibrio. E' essenziale limitare l'attrito per non incrementare eccessivamente la temperatura che va mantenuta praticamente al di sotto di 44?C.
La velocit? di maschiatura o di inserimento della vite autofil et tante sar? la minima che .permette l'avvitamento nell?osso, per cui tale operazione non potr? che avvenire manualmente.
L'uso di maschiatori od avvitatori motorizzati non consente infatti un agevole controllo della velocit? e quindi del calore indotto.
In conclusione, allo stato attuale della tecnica, come conseguenza della sommatoria degli effetti locali sopra descritti, si ha come risultato che il tessuto osseo spugnoso danneggiato viene sostituito con tessuto cicatriziale molle, che non ? adatto ad assicurare un efficace ancoraggio alla vite.
Il- Effetti -generai i
Come ? noto, gli spazi trabecolari non sono vuoti, come del resto nessuna parte delle ossa. Il sistema da essi costituito pud essere considerato come un sistema idraulico chiuso, per cui l'inserimento di un volume aggiuntivo ? possibile sono con un aumento del volume complessivo. Pertanto, se secondo la tecnica nota la perforazione suddetta corrisponde al massimo al volume del nocciolo della vite, l'inserimento della vite autofi Iettante o del maschiatore provoca un aumento di volume che ? almeno pari al volume dei filetti. Ci? produce un aumento della pressione interna dell'osso che pu? facilmente risultare superiore al limite di rottura dell'osso stesso e causare fratture che generalmente non avvengono nell'interfaccia, dove si hanno i fenomeni locali sopra descritti, ma partono dalla corticale esterna, in corrispondenza della foratura. Si dovr? quindi evitare l'aumento eccessivo della pressione interna al sistema.
Esiste un secondo effetto che produce un incremento di pressione. Esso ? generato dall'inserimento della vite autofiIettante o di un maschiatore di tipo noto. Essi infatti fin dall'inizio della loro introduzione occludono il foro praticato nell'osso, dal quale fuoriesce del sangue. Tale sangue viene quindi sospinto verto il fondo del foro, contribuendo ad aumentare ulteriormente la pressione interna dell'osso, per cui il suddetto rischio di fratture aumenta.
La presente invenzione si propone di superare gli inconvenienti suddetti delle viti ossee note, realizzando sia un dispositivo a vite per l'ancoraggio di protesi alle ossa, che un metodo per l'applicazione di tale dispositivo, nonch? la relativa attrezzatura per effettuare tale applicazione, in modo da consentire la riparazione del tessuto osseo attorno alla vite (per sostituzione strisciante), la vite risultando cosi saldamente e permanentemente fissata all'osso. Per ottenere la guarigione per sostituzione strisciante, modalit? di riparazione ossea essenzialmente identica al rimaneggiamento osseo, ? necessario che in corrispondenza della superficie dell'impianto a vite secondo la presente invenzione sia presente una quantit? minima di coagulo ematico. Infatti il coagulo ematico si trasforma in osso lamellare maturo molto lentamente (6-12 mesi nell'uomo), con un processo autolimitante. Quest?ultima caratteristica comporta che l'ossificazione del coagulo pu? non avvenire completamente, dando luogo alla formazione di tessuto fibroso inadatto a rapportare i carichi.
E* altres? necessario, per consentire la sostituzione strisciante, che non vengano distrutte le canalizzazioni vascolari dell'osso lamellare necrotico, perci? le pressioni che si eserciteranno nell'avvitamento dovranno essere minime. La presente invenzione si propone in primo luogo di ottenere la sostanziale eliminazione del coagulo ematico fra osso calcificato e impianto, mediante il conseguimento della massima congruenza o adesione possibile fra l'osso e le varie parti della vite, senza che si abbiano pressioni tali da danneggiare irreparabilmente l'osso lamellare.
In particolare, ? essenziale ottenere una cavit? avente un grado di precisione sostanzialmente superiore (di un ordine di grandezza) a quella attualmente ottenibile con le tecniche note, in modo da ridurre al minimo 11 tessuto osseo che deve riformarsi. Pure la vite dovr? avere una conformazione tale da ridurre al minimo il tessuto osseo che si deve riformare.
Perch? la guarigione avvenga per trasformazione del tessuto osseo lamellare necrotico mediante le modalit? della sostituzione strisciante, che permette la conservazione delle caratteristiche meccaniche peculiari dell'osso lamellare, e che avviene in 6-12 settimane, ? inoltre essenziale che si evitino i fenomeni sopra accennati. In tal caso, anche durante il periodo di guarigione, durante il quale per ovvie ragioni si cercher? di non caricare la vite, questa ultima potr? sopportare piccoli carichi che accidentalmente, ma quasi inevitabilmente, possono agire sulla stessa, senza che si manifestino conseguenze negative.
Il dispositivo a vite secondo la presente invenzione comprende un collo ed un gambo filettato, ed S caratterizzato dal fatto che il gambo filettato della vite presenta un nocciolo nel complesso troncoconico; che il collo della vite ? cilindrico ed ha un diametro uguale o appena maggiore del diametro massimo della filettatura suddetta; e che tale filettatura ? di due tipi diversi: una prima filettatura a passo rapido atta all'ancoraggio nel tessuto osseo trabecolare ed estendentesi lungo la parte del gambo destinata a venire in contatto con tale tessuto trabecolare, ed una seconda filettatura, che pu? anche essere del tipo autofi1ettante, destinata ad ancorarsi nella parte corticale opposta a quella d'inserimento della vite, tale seconda filettatura avendo un numero di principi multiplo di quello della prima filettatura.
La vite con nocciolo o fusto troncoconico, grazie alla sua stessa forma geometrica, se abbinata ad una cavit? pure nel complesso troncoconica, di adeguata precisione, permette di ridurre praticamente a zero la quantit? di tessuto osseo che deve riformarsi, e quindi di ottenere la massima congruenza tra vite e cavit?.
Inoltre, grazie al doppio tipo di filettatura, la vite sopra descritta la si ancora efficacemente sia nel tessuto osseo trabecolare che nella corticale.
Il fatto che il collo della vite abbia un diametro maggiore della sua filettatura obbliga a prevedere una foratura avente un primo tratto, che interessa in pratica la sola corticale, di diametro sostanzialmente uguale a quello del detto collo. Pertanto, nel1'inserire la vite autofilettante o il maschiatore, non viene rovinata la corticale.
Nel caso in cui a contatto della superficie della corticale, in corrispondenza della quale viene inserita la vite, vi ? un mezzo di fissazione o simile, che agisce da mezzo di contrasto (per esempio, nel caso di viti per uso ortopedico, una protesi o un mezzo di sintesi ossea appoggiato contro la superficie), la vite secondo l'invenzione potr? presentare, in corrispondenza della superficie laterale del collo della vite, una terza filettatura, dello stesso tipo della suddetta seconda filettatura.
In tal modo si ottiene un ancoraggio anche in corrispondenza della corticale attraversata dal collo della vite, ottenendosi il miglior ancoraggio possibile, della vite all'osso.
Si ? potuto verificare che l'esistenza del suddetto mezzo di contrasto a contatto delle superfici della detta corticale contrasta l'azione di sollevamento e d1 distruzione della parte pi? esterna della corticale stessa, ci? che si avrebbe invece all'atto della penetrazione della suddetta terza filettatura autofi Iettante nel caso d1 assenza di tale mezzo di contrasto. Una situazione di questo tipo si verifica ad esempio quando si deve applicare una placca per la sintesi d1 fratture ossee.
Per ottenere il miglior risultato dall'impiego del dispositivo a vite secondo l'invenzione ? necessario seguire un particolare metodo di applicazione dello stesso dispositivo, metodo che consenta di ottenere una cavit? avente dimensioni sostanzialmente pi? precise di quello ottenibili con le tecniche note e tali da ridurre al minimo la quantit? di tessuto osseo che si deve riformare. La maschiatura della cavit? ottenuta sar? poi eseguita mediante un maschlatore secondo l'invenzione stessa. In particolare, il metodo di applicazione del? dispositivo a vite secondo l'invenzione consiste nel:
praticare nell'osso, nella posizione in cui va inserito il suddetto dispositivo a vite, una foratura di precisione, tale foratura comprendendo: un primo tratto pi? esterno cilindrico, atto ad accogliere il collo della vite, di diametro uguale o preferibilmente leggermente minore di quello del collo non filettato della vite, o leggermente pi? grande del diametro massimo del collo nel caso che quest'ultimo sia filettato; un secondo tratto troncoconico pi? interno di dimensioni trasversali uguali o preferibilmente minori di quelle di nocciolo della prima parte di gambo della vite avente il suddetto primo tipo di filettatura a passo rapido; ed un terzo tratto estendentesi per tutta la restante lunghezza del gambo della vite, tale terzo tratto essendo relativo al suddetto secondo tipo di filettatura della vite ed avendo dimensioni trasversali leggermente maggiori di quelle di nocciolo della parte di gambo della vite avente il suddetto secondo tipo di filettatura;
maschiare il secondo tratto suddetto della foratura in modo da ottenere in esso una madrevite atta ad accogliere la prima filettatura suddetta della vite;
nel caso che la suddetta seconda filettatura della vite non sia del tipo autofiIettante, maschiare 11 detto terzo tratto per ottenere in esso una madrevite atta ad accogliere tale seconda filettatura della vite;
avvitare completamente la detta vite nella foratura gi? maschiata.
Grazie al metodo di applicazione sopra descritto ? possibile ottenere la massima congruenza tra vite e osso.
La foratura suddetta, praticata in un osso, potr? anche, se del caso, essere passante.
La presente invenzione riguarda pure una fresa ed un alesatore per ottenere la foratura di precisione suddetta, nonch? un metodo di foratura di precisione che utilizza la fresa e l'alesatore suddetti.
In particolare la fresa secondo l'invenzione ? del tipo raffreddato mediante liquido sterile, che ha pure la funzione di asportare il truciolo d'osso formatosi, ed ? caratterizzata dal fatto di avere forma a "torta nuziale" capovolta.
Con questo termine, che visualizza immediatamente la forma della fresa, si vuole intendere che essa ? costituita da pi? corpi cilindrici coassiali, solidali tra loro e aventi diametro decrescente andando verso l'apice della fresa stessa.
L'alesatore manuale secondo l'invenzione ha forma e dimensioni che consentono di ottenere la foratura finale voluta, pronta da maschiare, ed ? caratterizzato dal fatto di avere un angolo di spoglia adatto per il taglio di tessuto osseo, e di presentare dei mezzi per convogliare nella cavit? praticata nell'osso dei liquidi nutritivi per l'osso. Tali liquidi hanno lo scopo di ridurre la necrosi ossea.
I mezzi per convogliare liquidi nutritivi possono semplicemente essere costituiti da un canale coassiale che attraversa tutto l'alesatore e che comunica con delle aperture laterali previste tra i taglienti dell'alesatore.
II metodo per eseguire la foratura di precisione suddetta per l'inserimento di un dispositivo a vite secondo la presente invenzione consistente nel: praticare con - la fresa a "torta nuziale" capovolta, una cavit? a gradini di dimensioni diametrali nel complesso inferiori a quelle della cavit? finale voluta; ed alesare manualmente mediante 11 suddetto alesatore la cavit? a gradini per ottenere la foratura di precisione voluta, pronta per essere maschlata.
SI ? potuto verificare che i migliori risultati si ottengono quando sia il collo (non filettato) che il nocciolo della prima parte di gambo della vite hanno dimensioni diametrali leggermente minori, d1 alcuni micron, di quelle della relativaforatura. In tal caso l'avvitamento della vite risulter? leggermente compressivo. In tal modo si ottiene la massima congruenza tra collo e filetto della vite da una parte e tessuto osseo dall'altra, producendo inoltre un danno minimo all'osso.
Si ? pure rivelato conveniente esercitare una leggera pressione di sovravv1tamento quando la vite raggiunge la posizione finale nella cavit? ottenuta. In tal modo si ottiene anche la massima congruenza tra fusto o nocciolo della vite e la cavit?.
Per ricavare nelle pareti laterali del secondo tratto d1 foratura la madrevite a passo rapido, atta ad accogliere il primo tipo di filettatura della vite, si impiega un maschiatore secondo l'Invenzione, caratterizzato dal fatto di avere una filettatura maschiante di diametro massimo non superiore a quello del collo della vite, e lo stesso numero di principi e lo stesso passo del primo tipo di filettatura della vite, tale filettatura maschiante estendendosi per la stessa lunghezza di detta prima filettatura della vite, la parte terminale del maschiatore corrispondente alla parte della vite avente il secondo tipo di filettatura essendo priva di filetti maschianti ed avendo dimensioni trasversali non superiori a quelle del corrispondente terzo tratto della foratura nel caso che la detta seconda filettatura della vite sia del tipo autofilettante, mentre la detta parte terminale del maschiatore presenta una filettatura maschiante avente lo stesso numero di principi e lo stesso passo della seconda filettatura della vite nel caso che tale seconda filettatura non sia autofiIettante; e dal fatto che il maschiatore presenta almeno un mezzo di scarico per permettere la fuoriuscita dei liquidi contenuti nell?osso. In particolare il mezzo di scarico potr? essere un foro coassiale in comunicazione, tramite canali trasversali, con la superficie laterale di nocciolo del maschiatore. Una variante del maschiatore secondo l'invenzione presenta dei mezzi di scarico costituiti da una o pi? scanalature longitudinali che si estendono per tutta la lunghezza del maschiatore, interrompendone tutti 1 filetti ed interessando pure in parte 11 nocciolo del maschiatore. I bordi esterni d1 ciascuna scanalatura saranno convenientemente arrotondati per ridurre al minimo i danni al tessuto osseo.
La superficie laterale troncoconica di nocciolo della seconda filettatura della vite ? parallela e coassiale, ma preferibilmente interna, rispetto alla superficie laterale troncoconica del nocciolo della prima filettatura.
Considerando una generica sezione trasversale della parte terminale del gambo della vite avente il secondo tipo di filettatura, e la corrispondente sezione trasversale del terzo tratto di foratura, si vede che, a vite inserita, esiste uno spazio anulare tra nocciolo della vite e parete laterale della foratura. Tale spazio funziona da spazio di compensazione che viene riempito almeno in parte dal tessuto osseo corticale deformato plasticamente all'atto dell'introduzione nel terzo tratto di foratura della vite, nel caso che la seconda filettatura sia autofi1ettante, o della parte terminale filettata del maschiatore, nel caso di seconda filettatura della vite non autofi1ettante.
In questo modo si compensa il volume del filetto che penetra nella corticale, per cui non si creano nell'osso aumenti di pressione pericolosi.
Preferibilmente nella relativa parte di gambo della seconda filettatura della vite ? prevista almeno una scanalatura longitudinale che ha la duplice funzione sia di ulteriore spazio di compensazione per eventuali altri aumenti di pressione che dovessero verificarsi, che di zona in cui accogliere eventuali trucioli ossei. Tali aumenti di pressione possono essere generati dai fluidi presenti sotto l'apice della vite e che, non avendo via d'uscita, verrebbero compressi durante l'avvitamento.
La detta scanalatura verticale nella parte terminale della vite funziona pure da dispositivo antisvitamento, poich? in essa si riformer? nuovo tessuto osseo corticale che ostacola lo svitamento.
Pertanto, nel caso che la vite debba essere tolta dopo un certo periodo di tempo, tale scanalatura non dovr? essere prevista.
Per il primo tipo di filettatura della vite non ? indispensabile uno spazio anulare di compensazione come per la seconda filettatura autofi1ettante, e ci? per la diversa natura del tessuto osseo interessato, che ? trabecolare. Come gi? detto, la maschiatura per la formazione delle madrevite atta ad accogliere la prima filettatura della vite provoca il taglio e la dislocazione laterale della parte solida del tessuto osseo spugnoso, che riempie lo spazio adiacente disponibile.
Come pure detto, il mezzo di scarico dei liquidi contenuti nell'osso ha lo scopo di permettere lo scarico sia del sangue fuoriuscente dalla ferita chirurgica, che della parte liquida dislocata a causa della formazione dei filetti della madrevite. Ci? consente il controllo degli effetti locali nei limiti voluti ed evita gli effetti generali negativi illustrati in precedenza.
Si ? visto che il mezzo di scarico pu? essere costituito da scanalature previste nel maschiatore. E' da notare che anche 1 comuni maschiatori per uso meccanico presentano delle scanalature longitudinali di scarico che interrompono i filetti maschianti e interessano pure la parte di nocciolo degli stessi. In tal caso i bordi delle scanalature longitudinali devono essere ben affiliati allo scopo di tagliare il materiale in cui si vuole praticare la relativa madrevite. Tali scanalature hanno lo scopo di permettere la raccolta e l'allontanamento dei trucioli formati dall'azione esercitata dai taglienti di bordo della suddetta scanalatura sulla parete della foratura.
Al contrarlo, nel presente caso, poich? si vuole evitare la formazione di trucioli nell'esecuzione della madrevite a passo rapido, e limitare il sopra descritto effetto di compressione del tessuto trabecolare, i bordi della scanalatura longitudinale saranno arrotondati. Nell'esecuzione della maschiatura con il maschiatore secondo l'invenzione non si ha quindi l'asportazione di tessuto osseo, ma solo l'eliminazione di un equivalente volume di fluidi organici. Il tessuto trabecolare verr? quindi solo tagliato e dislocato senza pressione dai filetti maschiatori. Nel tessuto osseo spugnoso si manifesteranno pertanto puramente i fenomeni di dislocazione della parte solida e liquida sopra descritti, i quali non pregiudicano la riparazione per sostituzione strisciante del nuovo tessuto osseo lamellare nelle zone circostanti danneggiate dalla maschiatura.
A sua volta, il filetto a passo rapido del maschiatore, nel penetrare nel tessuto osseo spugnoso, dovr? danneggiarlo il meno possibile. In particolare, la cresta della prima spira del filetto maschiatore dovr? essere appuntita per consentire un'ottima azione di taglio del tessuto. Una forma di sezione trasversale conveniente per le altre Spine del filetto della vite potr? essere quella trapezia senza spigoli vivi, che pu? essere ottenuta in modo meccanicamente semplice. La forma trapezia consente alle altre spine del filetto della vite di assorbire parte dei carichi esterni perpendicolari all'asse della vite, senza che si manifestino azioni di taglio, ci? che si avrebbe invece nel caso di creste appuntite.
Per la seconda filettatura della vite, che interessa la corticale, i problemi suddetti non sono cosi stringenti, per cui la sezione trasversale del relativo filetto potr? anche convenientemente essere triangolare, ma con la cresta arrotondata, per evitare il pi? possibile azioni di taglio o pericolose concentrazioni del carico.
Analogo discorso pu? farsi per l'eventuale filettatura maschiante della parte terminale del maschiatore, nel caso che la seconda filettatura della vite non sia autofi1ettante.
L'Invenzione risulter? pi? chiaramente comprensibile dalla seguente descrizione di due forme di realizzazione della vite secondo l'invenzione stessa, della foratura per tale vite della fresa e de1l'alesatore per ottenere la precisione voluta della foratura, e del corrispondente maschiatore. In tale descrizione si fari riferimento ai disegni allegati, in cui:
la fig. 1 ? una vista laterale di una vite secondo l'invenzione, particolarmente adatta per odontoiatria, del tipo con seconda filettatura autofilettante;
la fig. 2 ? una sezione longitudinale assiale della foratura atta ad accogliere la vite di fig.
1, prima che tale foratura venga maschiata;
la fig. 3 ? una vista laterale di una prima forma di realizzazione del maschiatore secondo l'invenzione, per maschiare la foratura di fig. 2, il maschiatore avendo la parte terminale non filettata;
la fig. 4 ne ? una sezione trasversale eseguita lungo la linea IV-IV di fig. 3;
la fig. 5 ne ? una sezione trasversale eseguita lungo la linea V-V di fig. 4;
la fig. 6 ? una vista laterale di una seconda forma di realizzazione del maschiatore secondo 1'invenzione ;
la fig. 7 ne ? una sezione trasversale eseguita secondo la linea VII-VII di fig. 6;
la fig. 8 ? una vista laterale di una vite particolarmente adatta per ortopedia;
la fig. 9 ? una vista laterale della fresa a "torta nuziale" capovolta secondo la presente invenzione ;
la fig. 10 ne ? una vista laterale eseguita secondo la linea X-X di fig. 9;
la fig. 11 ne ? una vista dall'alto verso il basso secondo la linea XI-XI di fig. 9;
la fig. 12 ? una vista laterale dell'alesatore secondo la presente invenzione; e
la fig. 13 ne ? una vista dal basso verso l'alto secondo la linea XIII-XIII di fig. 12.
Dalla figura 1 si vede che la vite 10 ? costituita da due parti fondamentali ben distinte, e precisamente un collo cilindrico superiore 12, un gambo filettato 14.
La porzione superiore del collo cilindrico 12 ? destinata a sporgere al di fuori dell'osso, il resto del collo 12 venendo accolto in un'apposita sede prevista nella corticale.
Per il collo 12 della vite ? stata scelta una forma cilindrica piuttosto che troncoconica per far si che il collo stesso, quando caricato, non trasmetta carichi assiali alla relativa corticale mentre potr? trasmettere dei carichi trasversali tramite la sua superficie laterale 13 che ? circondata dalla corticale.
Nella superficie superiore libera del collo cilindrico 12 ? ricavata una cavit? prismatica assiale 16 {indicata tratteggiata in fig. 1) atta a coniugarsi con apposito utensile (brugo la o simile), non mostrato nei disegni, per consentire l'avvitamento della vite nell'osso e per permettere successivamente l'applicazione di protesi odontoiatriche, per esempio un perno-moncone da protesizzare secondo la metodica insegnata dal dr. Vrespa (Cenacolo Gruppo Italiano Studi Impiantar!, Bologna Novembre 1987). In fondo alla cavit? prismatica 16 ? previsto un foro coassiale 18 filettato o non (pure rappresentato tratteggiato in fig. 1), che serve per ancorare alla vite un noto tappo di guarigione (non mostrato) o quanto altro necessario.
La presenza di queste due cavit? 16 e 18 consente l'applicazione di una mesostruttura avvitata o cementata secondo le scelte effettuate e le necessit? del caso.
Il gambo filettato 14 ? coassiale al collo 12 ed in un sol pezzo con esso, ed ? raccordato al collo 12 mediante un breve raccordo troncoconico 20. Il gambo 14 ? a sua volta formato da due parti coassiali 22 e 24 ricavate in un sol pezzo e aventi due tipi diversi di filettatura. In particolare, la parte superiore 22 del gambo 14 ha una prima filettatura cilindrica ad un principio, a passo rapido, 26, adatta per l'ancoraggio nel tessuto osseo spugnoso, il relativo filetto avendo una sezione trasversale di forma trapezia a spigoli arrotondati. La parte inferiore 24 del gambo 14 ha una seconda filettatura 28 avente lo stesso passo della prima filettatura 26, ma a tre principi, e del tipo autofilettante. Il filetto ha una sezione trasversale di forma triangolare a cresta arrotondata.
La seconda filettatura 28, per il fatto d1 avere tre principi, si comporta, dal punto d1 vista dell'ancoraggio, sostanzialmente come una filettatura avente passo pari al 1/3 del passo effettivo, per cui si ottiene cosi una filettatura del tipo adatto all'ancoraggio nella corticale, in particolare nella corticale opposta al lato d'introduzione della vite.
Nella forma di realizzazione illustrata in fig.
1 il collo cilindrico 12 della vite ha un diametro uguale a quello della prima filettatura 26.
Ovviamente le lunghezze delle varie parti componenti la vite saranno tali che, una volta Infissa, 11 collo 12 della vite interesser? la corticale dalla parte d' inf isslone, la parte intermedia 22 del gambo 14, presentante la prima filettatura 26, interesser? il tessuto osseo trabecolare, mentre la parte terminale 24 del gambo 14, presentante la seconda filettatura 28, Interesser? la corticale opposta.
Come si vede dalla fig. 1, la parte 24 del gambo 14 presenta una scanalatura verticale 30 che interrompe la filettatura 28 e ne interessa parzialmente anche il nocciolo 32.
La funzione di tale scanalatura 30 ? gi? stata illustrata in precedenza.
Dalla figura 1 si vede che sia il nocciolo o fusto 34 della parte superiore 22 del gambo 14 che il nocciolo (32) della parte inferiore 24 sono troncoconici , (le relative superfici laterali essendo parallele), tra i due esistendo un piccolo gradino 36.
Descriveremo ora brevemente il metodo di applicazione della vite di fig. 1 e gli attrezzi che servono a tale scopo, con particolare riferimento all'esecuzione della foratura in cui inserire tale vite
La prima operazione consiste nei praticare nell'osso una foratura di precisione conformata come in fig. 2.
Ci? si ottiene mediante l'impiego di frese secondo l'invenzione, del tipo che abbiamo chiamato a "torta nuziale" capovolta. Una di tali frese ? illustrata nelle figure 9, 10 e 11. La fresa 100 ? costituta da un gambo 102 di forma convenzionale, da un tratto distanziatore, o prolunga, 104, e da un tratto d1 fresatura 106. Il gambo 102 ? atto ad accoppiarsi con il meccanismo di collegamento ad azione rapida del trapano. La prolunga 104, di lunghezza opportuna, ha l?unica funzione di permettere di arrivare con la parte di fresatura 106 nel punto voluto, per esempio quando si deve praticare una foratura tra due denti adiacenti ad un dente mancante. Se non c'? questa esigenza, la prolunga 104 pu? mancare.
Come si vede nelle figure da 9 a 11, la parte di fresatura vera e propria ? sostanzialmente costituita da tre corpi di fresatura atti a produrre tre tratti di foratura di sezione circolare e di diverso diametro, decrescente dall'alto verso il basso.
La fresa 100 presenta un foro 108 assiale che ? in comunicazione con le aperture 110 e 112. Ci? permette lo scarico dei liquidi organici durante l'operazione di foratura.
Una volta ottenuta nell'osso, mediante un solo avenzamento della fresa 100, una foratura a gradini, del tipo detto, si allarga tale foratura mediante un alesatore manuale secondo la presente invenzione, per ottenere la foratura di forma troncoconica della precisione voluta. Un alesatore di tale tipo ? rappresentato nelle fig. 12 e 13.
Come detto in precedenza, per ottenere i risultati voluti tale alesatore 140 esso dovr? obbligatoriamente essere manovrato manualmente.
L'alesatore 140 comprende una parte di gambo 142 di sezione esagonale atta ad impegnarsi con apposito utensile per l'effettuazione dell'alesatura della suddetta cavit? a gradini, e di una parte d'alesatura 144, con angolo di spoglia adatto per il taglio di tessuto osseo. La parte d'alesatura 144 si divide a sua volta in due porzioni: una prima porzione 143 atta a produrre un tratto di foratura cilindrico, e una seconda posizione 145 troncoconica.
Nella figura 12 le proporzioni delle lunghezze delle due porzioni suddette sono puramente indicative. In particolare l'alesatore rappresentato non ? esattamente quello che serve per ottenere la foratura illustrata in fig. 2, per la quale la parte d'alesatura dovrebbe essere sostanzialmente *pi? lunga. Analogo discorso vale anche per la fresa delle figure da 9 a 11.
Come gi? detto, l'alesatore 140 presenta pure un canale assiale 146 che lo attraversa completamente e che comunica con aperture laterali 148 previste tra i taglienti. Nel caso specifico delle figure 12 e 13 tali aperture laterali 148 sono quattro, due nella scanalatura 147 e due nella scanalatura opposta 149, Nel canale 146 viene immesso il liquido nutritivo per l'osso, allo scopo di ridurre la necrosi ossea.
Una volta effettuata l'alesatura suddetta, si ottiene una foratura del tipo di quella illustrata in fig. 2.
Il primo tratto 42 della foratura 40 ? cilindrico, e di diametro minore di alcuni micron di quello del collo cilindrico 12 (fig. 1) della vite. L'altezza di tale primo tratto 42 sar? grosso modo parti allo spessore della corticale 50, sufficiente ad accogliere quella parte di collo 12 della vite 10 destinata ad entrare nella corticale 50.
La foratura 40 prosegue con un breve tratto troncoconico di raccordo 44, che collega il primo tratto 42 al secondo tratto troncoconico 46, avente dimensioni diametrali minori di alcuni micron di quelle del nocciolo 34 della prima parte 22 del gambo 14 della vite 10.
La foratura 40 termina con un terzo tratto 48 che non ? altro che il prolungamento, per tutto lo spessore della corticale opposta 54, delle direttrici del secondo tratto 46 della foratura.
Nel caso specifico delle viti odontoiatriche, la corticale superiore 50 sar? rivestita dalla gengiva 55 (si veda la figura 2), per cui anche quest'ultima andr? forata. La foratura comprender? quindi in tal caso anche un tratto gengivale 49.
Una volta eseguita la foratura 40 suddetta, si praticher? nella parete laterale del suo secondo tratto 46 una madrevite (non mostrata nelle figure) atta ad accogliere la filettatura 26 della seconda parte 22 del gambo della vite. Ci? si ottiene mediante il maschiatore 40, rappresentato in figura 3. Allo scopo di aumentare l'aderenza tra vite e nuovo tessuto osseo, la prima parte 22 del gambo 14 della vite 10 e parte del collo 12 vengono normalmente rivestiti, in modo noto, di titanio mediante un trattamento a plasma-spray, che ne aumenta leggermente le dimensioni.
Pertanto le dimensioni del filetto maschiante 62 e del nocciolo 64 della parte 68 del maschiatore 60, come quella dalle parti 46, 42 e 44 della foratura 40, saranno leggermente maggiori di quelle dej_ la vite nuda.
La parte troncoconica inferiore 66 del maschiatore non presenta filettature, ha la stessa lunghezza della corrispondente seconda parte 24 del gambo 14 della vite 10, ed ha al massimo le stesse dimensioni trasversali del nocciolo 32 di tale parte 24 della vite.
Il maschiatore 60 presenta inoltre una parte superiore 70 sostanzialmente analoga al collo 12 della vite 10, tale parte 70 presentando superiormente una sporgenza 72 di forma prismatica atta ad impegnarsi con un apposito attrezzo (non mostrato) per l'inserimento del maschiatore 60.
Il maschiatore presenta una scanalatura longitudinale 74 di forma sostanzialmente trapezia, che si estende per tutto il maschiatore, (si vedano anche le figure 4 e 5) e la cui funzione ? gi? stata illustrata. Si noti che i bordi 73 della scanalatura 74 sono arrotondati, per quanto detto in precedenza .
Nelle figure 6 e 7 ? rappresentata una variante che si ? dimostrata particolarmente conveniente, del maschiatore secondo la presente invenzione.' In particolare l'unica sostanziale differenza rispetto al maschiatore 60 delle figure da 3 a 5 ? che, invece della scanalatura longitudinale 74 (fig. 3) per lo scarico dei liquidi organici, ? previsto un canale circolare assiale 174 che attraversa tutto il maschiatore. Tale canale comunica con l'esterno, oltre che in corrispondenza delle sue due estremit?, anche attraverso le aperture 176 previste nella parte di nocciolo, tra le successive spire del filetto maschiante 162.
Una volta effettuata l'operazione di maschiatura, baster? introdurre nella foratura 40, gi? maschiata, la vite 10, la cui seconda filettatura automasch iante 24 penetrer? stabilmente nella corticale opposta 54 (fig. 3).
Dopo un opportuno lasso di tempo, per il fenomeno della sostituzione strisciante, si riformer? a contatto della vite del nuovo tessuto osseo che assicurer? la stabilit? della stessa nel tempo.
Nella figura 8 ? rappresentata una variante della vite secondo l'invenzione, particolarmente adatta per ortopedia, per esempio per fissare una placca ad un femore. La vite 80, mostrata in fig. 8 gi? inserita nell'osso, differisce dalla vite 10 di fig. 1 unicamente per la presenza di una terza filettatura autofiIettante 23 in corrispondenza della superficie laterale del collo 112 della vite. Ci? ? possibile per la presenza di un elemento di contrasto 82 costituito dalla placca appoggiata sulla superficie della corticale 50 e che impedisce il sollevamento e la distruzione dello strato superficiale delle corticali 50 all'atto dell'inserimento della filettatura autofilettata 23 nella corticale 50.
Ovviamente, nel caso che la terza filettatura 23 non sia autofiIettante, mediante apposito maschiatore (non mostrato) andr? praticata nel primo tratto 42 della foratura 40 una relativa madrevite. In tal caso la foratura in corrispondenza del collo 112 della vite 80 avr? un diametro leggermente maggiore di quello del corrispondente nocciolo 132 della filettatura 23, ma inferiore a quello della superficie cilindrica che inviluppa tale filettatura, e ci? per gli stessi criteri seguiti per la foratura della seconda filettatura 28.
Come si comprende facilmente la vite 80 permette il miglior ancoraggio possibile all'osso.

Claims (14)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Dispositivo a vite (10; 80 ) per l'ancoraggio di protesi alle ossa, comprendente un collo (12;112) ed un gambo filettato (14), caratterizzato dal fatto che il gambo filettato (14) della vite (10,80) presenta un nocciolo (32,34) nel complesso troncoconico; che il collo (12; 112) della vite ? cilindrico ed ha un diametro uguale o appena maggiore del diametro massimo della filettatura suddetta; e che tale filettatura ? di due tipi diversi: una prima filettatura (26) a passo rapido atta all'ancoraggio nel tessuto osseo trabecolare (52) ed estendentesi lungo la parte (22) del gambo (14) destinata a venire in contatto con tale tessuto trabecolare, ed una seconda filettatura (28), che pu? anche essere del tipo autofilettante, destinata ad ancorarsi nella parte corticale (54) opposta a quella d'inserimento della vite, tale seconda filettatura (28) avendo un numero di principi multiplo di quello della prima filettatura (26).
  2. 2. Dispositivo a vite secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che le direttrici formanti il nocciolo (32) della seconda filettatura (28) sono parallele ma interne alle direttrici formanti il nocciolo (34) della prima filettatura
  3. 3. Dispositivo a vite secondo la rivendicazione 1 o 2, caratterizzato dal fatto che il filetto della prima filettatura (26) ha sezione trasversale di forma sostanzialmente trapezia, mentre il filetto della seconda filettatura (28) ha sezione trasversale di forma sostanzialmente triangolare.
  4. 4. Dispositivo a vite secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, caratterizzato dal fatto che la superficie inviluppo della prima filettatura (26) ? cilindrica.
  5. 5. Dispositivo a vite secondo una qualsiasi delle precedenti rivendicazioni, caratterizzato dal fatto che la prima filettatura (26) ? ad un principio e la seconda filettatura (28) ? a tre principi.
  6. 6. Dispositivo a vite secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, caratterizzato dal fatto che in corrispondenza della superficie laterale (23) del collo (112) della vite (80) ? prevista una terza filettatura autofiIettante (128) avente le stesse caratteristiche della seconda filettatura (28).
  7. 7. Metodo di applicazione del dispositivo a vite secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 1 a 6, consistente nel: praticare nell'osso, nella posizione in cui va Inserito il suddetto dispositivo a vite (10;80), una foratura (40) di precisione, tale foratura comprendendo: un primo tratto (42) pi? esterno cilindrico, atto ad accogliere il collo della vite, di diametro uguale o preferibilmente leggermente minore di quello del collo (12) non filettato della vite (10), o leggermente pi? grande del diametro massimo del collo (112) nel caso che quest'ultimo sia filettato; un secondo tratto troncoconico (46) pi? interno, di dimensioni trasversali uguali o preferibilmente leggermente minori di quelle di nocciolo (34) della prima parte (22) del gambo (14) avente 11 suddetto primo tipo (26) di filettatura a passo rapido; ed un terzo tratto estendentesi per tutta la restante lunghezza del gambo (14) della vite, tale terzo tratto (48) essendo relativo al suddetto secondo tipo (28) di filettatura della vite ed avendo dimensioni trasversali leggermente maggiori di quelle di nocciolo (32) della parte (24) di gambo della vite avente il suddetto secondo tipo (28) di filettatura; maschiare il secondo tratto (46) della foratura (40), in modo da ottenere in esso una madrevite atta ad accogliere tale prima filettatura (26) della vi te ( 10 , 80 ) ; nel caso che la suddetta seconda filettatura (28) della vite non sia del tipo autofi Iettante, maschiare il detto terzo tratto (48) della foratura (40) per ottenere in esso una madrevite atta ad accogliere tale seconda filettatura della vite; avvitare completamente la detta vite ( 10 ; 80 ) nella foratura (40) gi? maschiata.
  8. 8. Fresa per tessuto osseo, del tipo raffreddato mediante liquido sterile che ha pure la funzione di asportare il truciolo d'osso formatosi, caratterizzata dal fatto di avere forma a "torta nuziale" capovolta.
  9. 9. Alesatore per ottenere la foratura finale voluta, pronta da maschiare, caratterizzato dal fatto di avere un angolo di spoglia adatto per il taglio di tessuto osseo e di presentare dei mezzi per convogliare nella cavit? praticata nell'osso dei liquidi nutritivi per l'osso.
  10. 10. Alesatore secondo la rivendicazione 9 caratterizzato dal fatto che i mezzi per convogliare i liquidi nutritivi sono costituiti da un canale coassiale (146) che attraversa tutto l'alesatore (140) e che comunica con aperture laterali (148) ricavate tra i taglienti.
  11. 11. Metodo per eseguire in un osso una foratura di precisione per l'inserimento di un dispositivo a vite secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da l a 6, consistente nel: praticare con la fresa (100) secondo la rivendicazione 8 una cavit? a gradini di dimensioni nel complesso inferiori a quelle della foratura finale voluta; e alesare manualmente mediante l'alesatore (HO) secondo la rivendicazione 9 la suddetta cavit? a gradini.
  12. 12. Maschiatore (60) per effettuare la maschiatura di una foratura di precisione (40) eseguita in un osso, caratterizzato dal fatto di avere una filettatura maschiante (62) di diametro massimo non superiore a quello del collo (12;112) della vite (10;80), tale filettatura avendo lo stesso numero di principi e lo stesso passo della prima filettatura (26) della vite (10;80), tale filettatura maschiante (62) estendendosi per la stessa lunghezza (22) di detta prima filettatura (26) della vite, la parte terminale (66) del maschiatore (60) - di lunghezza (22) sostanzialmente uguale alla seconda filettatura (24) della vite C 10 ; 80 ) - essendo priva di filetti maschianti ed avendo dimensioni trasversali non superiori a quelle del corrispondente terzo tratto terminale (48) della foratura (40) nel caso che la detta seconda filettatura (28) della vite sia del tipo autofi Iettante, mentre la detta parte terminale del maschiatore presenta una filettatura maschiante avente lo stesso numero di principi e lo stesso passo della seconda filettatura della vite nel caso che tale seconda filettatura non sia autofi Iettante ; e dal fatto che il maschiatore (60) presenta almeno un mezzo di scarico (74; 174) dei liquidi organici.
  13. 13. Maschiatore secondo la rivendicazione 12, caratterizzato dal fatto che il mezzo di scarico dei liquidi organici ? una scanalatura longitudinale (74) che si estende per tutta la lunghezza del maschiatore (60), interrompendone tutti i filetti (62) ed interessando pure parte del nocciolo (64), i bordi esterni (73) della detta scanalatura essendo arrotondati.
  14. 14. Maschiatore secondo la rivendicazione 12, caratterizzato dal fatto che il mezzo di scarico dei liquidi organici ? un canale coassiale (174) che attraversa tutto il maschiatore (160) e comunica con aperture (176) previste nella parte di nocciolo (164) del maschiatore.
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