ITMI962449A1 - Dispensatore di ossigeno per lampade a scarica ad alta pressione - Google Patents

Dispensatore di ossigeno per lampade a scarica ad alta pressione Download PDF

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Description

DESCRIZIONE dell’invenzione industriale dal titolo: “DISPENSATORE DI OSSIGENO PER LAMPADE A SCARICA AD ALTA PRESSIONE”
La presente invenzione si riferisce a un dispensatore di ossigeno per lampade a scarica ad alta pressione. Le lampade a scarica ad alta pressione generalmente hanno una struttura che comprende un involucro esterno di vetro che può essere mantenuto evacuato o riempito di un gas inerte, generalmente azoto; all’interno dell’involucro è presente un tubo di scarica trasparente, che può essere di quarzo o di ceramica traslucida, generalmente allumina. Questo tubo viene in genere definito nel settore “bruciatore”. L’involucro esterno protegge il bruciatore dalla diffusione verso l’interno dei gas atmosferici che si avrebbe nel caso di un bruciatore non protetto, date le alte temperature raggiunte dalla sua superficie durante il funzionamento della lampada.
I gas di riempimento del bruciatore variano a seconda delle lampade, ma generalmente comprendono almeno un gas nobile e, in funzione del tipo di lampada, piccole aggiunte di vapori di sodio, vapori di mercurio o alogenuri metallici (generalmente ioduri). Due elettrodi metallici sono inseriti alle estremità del bruciatore: quando si applica una differenza di potenziale agli elettrodi nella miscela gassosa che riempie il bruciatore si forma un plasma che emette reazioni di lunghezza d’onda nel campo del visibile e dell’ultravioletto (UV). Alcune lampade hanno anche sulla superficie interna dell’involucro esterno uno strato sottile di cosiddetti fosfori, la cui funzione è quella di convertire almeno una parte della radiazione UV in luce visibile. Altre lampade hanno uno strato di polveri ceramiche, generalmente ossido di zirconio (ZT02), sulle due estremità del bruciatore, che aiutano a mantenere la temperatura di lavoro nel bruciatore.
I produttori di lampade hanno trovato che piccole quantità di ossigeno presenti nell’involucro esterno possono essere vantaggiose per il funzionamento della lampada.
H brevetto US N° 4.918.352 descrive una lampada che ha nell’involucro esterno un’aggiunta di ossigeno gassoso o un dispensatore di ossigeno che rilascia tale gas a causa del calore emesso dalla lampada quando questa è accesa. Secondo questo brevetto questo accorgimento serve a ossidare la superficie dei conduttori elettrici presenti nell’involucro, così da prevenire la perdita del sodio dal gas di riempimento del bruciatore.
E’ inoltre noto dal brevetto US N° 4.499.396 il vantaggio di avere nell’involucro esterno della lampada un’atmosfera leggermente ossidante dovuta alla presenza di tracce di ossigeno; in questo modo si previene la riduzione e l’annerimento dei fosfori che avrebbe il risultato di diminuire nel tempo la luminosità della lampada. L’annerimento dei fosfori può avvenire a causa degli idrocarburi presenti nell’involucro esterno. Gli idrocarburi nella lampada possono derivare da varie fonti Gli idrocarburi possono essere introdotti nell’involucro esterno come contaminanti di componenti della lampada, per esempio i conduttori di corrente; possono derivare dall’olio delle pompe da vuoto utilizzate per evacuare l’involucro; o possono essere un residuo dei leganti organici impiegati nelle paste usate per depositare alcuni rivestimenti, come quelli di Zr02 all’estremità del bruciatore o quelli di fosfori sulle superfìci interne dell’involucro. Alla temperatura di lavoro della lampada gli idrocarburi si decompongono generando carbone ebe si deposita suU’involucro esterno e/o sul bruciatore sotto forma di strato nero. Questo strato nero non influenza solo il mantenimento nel tempo della luminosità della lampada, ma anche la temperatura nel bruciatore dando luogo a un cambiamento del colore della lampada. Poiché questi depositi si formano già durante le prime ore di operazione della lampada, è desiderabile poter prevenire la loro formazione in un momento il più possibile precoce della vita della lampada stessa.
Un riempimento di ossigeno gassoso nell’involucro esterno subito dopo la produzione della lampada non permette però la verifica dell’ermeticità dell’involucro con il metodo comunemente usato dai produttori di lampade, consistente nel generare una scarica elettrica, detta “glow discharge”, nell’involucro stesso. Di conseguenza sarebbe vantaggioso disporre di un dispensatore di ossigeno che rilasci questo gas solo dopo l’effettuazione della verifica dell’ermeticità dell’involucro. Purtroppo i brevetti USA citati non insegnano l’uso di alcun composto di ossigeno utile allo scopo.
APL Engineered Materials, Ine., Illinois, USA propone nel suo catalogo tecnico- commerciale l’uso nelle lampade del perossido di bario, Ba02. Il Ba02 è introdotto nell’involucro esterno della lampada in un dispositivo composto da un contenitore di acciaio inossidabile con un coperchietto poroso. Secondo il catalogo della ditta APL, questo dispositivo mantiene una atmosfera leggermente ossidante nell’involucro. Ciò è detto essere particolarmente vantaggioso per lampade sensibili alla contaminazione da idrocarburi, come le lampade con un rivestimento di fosfori II dispositivo deve essere posto nella lampada in una posizione tale da ricevere calore dal bruciatore; in seguito al riscaldamento, il Ba02 rilascia ossigeno che reagisce con gli idrocarburi secondo le seguenti reazioni:
L’uso di Ba02 pone però alcuni problemi tecnici
In primo luogo Ba02 reagisce con l’idrogeno, generalmente presente nelle lampade, secondo la reazione:
L’uso di Ba02 nelle lampade era stato originariamente proposto dal brevetto US N° 3.519.864 proprio allo scopo di assorbire idrogeno che ha effetti negativi sul voltaggio necessario a far avvenire la scarica nel bruciatore. Il Ba(OH)2 così formato può, a sua volta, decomporsi secondo la reazione:
che è del tutto indesiderabile.
Inoltre, le reazioni (I), (HI) e (IV) possono avvenire simultaneamente rendendo così difficile un dosaggio esatto del Ba02. Questo dosaggio è reso ancora più complicato dal fatto che la velocità di queste reazioni dipende in modi diversi dalla temperatura. Per superare questo problema, il catalogo commerciale della ditta APL indica che il contenitore di Ba02 deve essere posizionato all’interno della lampada in modo tale che il Ba02 venga mantenuto ad ima temperatura compresa tra circa 250 e 325°C. Questa condizione però è tutt’altro che facile da realizzare, poiché il profilo di temperatura all’interno delle lampade dipende in modo complesso da fattori come la posizione di lavoro (orizzontale, verticale o posizioni intermedie) o da dimensioni e materiali costituenti degli alloggiamenti delle lampade. Infine, il rilascio di ossigeno da parte di Ba02 avviene con velocità elevate solo a temperature superiori a 500°C, cosicché la temperatura massima di 325°C consigliata nel catalogo APL non consente di avere un rilascio veloce di ossigeno nelle prime fasi di vita della lampada.
Scopo della presente invenzione è di fornire un dispensatore di ossigeno per lampade a scarica ad alta pressione che rilasci ossigeno velocemente a temperature relativamente basse.
Questo scopo viene raggiunto dalla presente invenzione con un dispensatore di ossigeno per lampade a scarica ad alta pressione comprendente un contenitore metallico capace di trattenere materiali solidi ma pervio al passaggio di gas, al cui interno è inserito ossido di argento, Ag20.
L’uso dell’Ag20 offre una serie di vantaggi rispetto all’uso del Ba02.
In primo luogo il rilascio di ossigeno inizia a temperature di circa 300°C. Come conseguenza è possibile completare il ciclo produttivo della lampada senza rilascio di ossigeno. E’ quindi possibile verificare poi l’ermeticità dell’involucro tramite il metodo della “glow discharge” come usuale. D’altra parte l’Ag20 ha un rilascio di ossigeno accelerato a temperature di circa 340°C, e un rilascio molto veloce a temperature di circa 400°C, come descritto nel seguito. Esiste così un campo di temperature relativamente ampio a temperature abbastanza basse, tra circa 340 e 400°C, in cui Ag20 è efficace per l’emissione di ossigeno. Questo permette di posizionare il dispensatore in punti molto diversi della lampada, in particolare in zone in cui il dispensatore può ricevere calore dal bruciatore ma senza interferire con remissione luminosa dallo stesso. Il dispensatore di ossigeno può essere posizionato vicino a ima estremità del bruciatore o parallelamente ad esso, per esempio montato su un conduttore di corrente. La libertà di posizionamento del dispensai ore di ossigeno è ulteriormente aumentata dal fatto che l’ossigeno può essere rilasciato per mezzo di una operazione di attivazione successiva al completamento della produzione della lampada, ma prima dell’accensione della stessa. L’attivazione può essere effettuata riscaldando il dispensatore con una sorgente di calore esterna, per esempio per mezzo di radiofrequenze, laser, o altri mezzi riscaldanti adatti
Un ulteriore vantaggio di un dispensatore di ossigeno a base di Ag20 è che può essere mantenuto all’aria e a temperatura ambiente per un tempo relativamente lungo, per esempio 10 giorni, senza apparenti effetti negativi sul funzionamento delle lampade in cui viene successivamente impiegato.
Infine, l’argento metallico residuo della reazione (V) è totalmente inerte nell’atmosfera gassosa della lampada, contrariamente, per esempio, ai prodotti delle reazioni (EH) e (IV).
L’invenzione verrà descritta in dettaglio nel seguito in riferimento alle figure in cui:
in Fig. 1 è mostrato un possibile dispensatore di ossigeno secondo l’invenzione;
in Fig. 2 è mostrato un altro possibile dispensatore secondo l’invenzione; in Fig. 3 è mostrato ancora un altro possibile dispensatore secondo l’invenzione;
in Fig. 4 è mostrato un ulteriore dispensatore secondo l’invenzione;
in Fig. 5 sono riportate due curve che mostrano le caratteristiche di rilascio di ossigeno di un dispensatore dell’invenzione e di un dispensatore della tecnica nota.
La quantità totale di Ag20 non è critica, e dipende dalle dimensioni della lampada, dal processo di produzione della stessa e dalla presenza o meno di depositi di Zr02 o fosfori che, come descritto nell’introduzione, possono essere una fonte di contaminazione da idrocarburi. La quantità necessaria per ogni tipo di lampada può essere facilmente determinata per via sperimentale. Una quantità superiore al necessario generalmente non pone problemi alla qualità della lampada, perché l’ossigeno in eccesso viene fissato per esempio dall’ossidazione superficiale dei conduttori di corrente, come descritto nel brevetto US N° 4.918.352 citato. Generalmente la quantità di Ag20 può essere tale che l’ossigeno rilasciato è circa tra 0,5 e 3,3% in volume della miscela gassosa nell’involucro, quando presente; oppure può essere tale da generare inizialmente una pressione di ossigeno nell’involucro compresa tra circa 5 e 20 mbar, quando non è presente un riempimento gassoso.
La forma fisica di Ag20 non è importante per il funzionamento del dispensatore dell’invenzione, e potrebbe essere impiegato in forma di polveri estremamente fini, con grani di dimensioni dell’ordine di nanometri, fino a monocristalli di dimensioni di un millimetro. Per motivi di praticità nelle fasi produttive del dispensatore, però, l’Ag20 viene impiegato preferibilmente in forma di polvere avente una granulometria compresa tra circa 0,1 e 50 pm. Nel caso di dispensatori contenenti piccole quantità di Ag20, o nel caso l’ossido sia impiegato sotto forma di polveri molto fini, è anche possibile aggiungere all ’Ag2O polvere di un materiale inerte, come per esempio allumina, per rendere più semplici le operazioni di dosatura e movimentazione della polvere nella linea di produzione.
Il contenitore può essere realizzato con vari metalli, come per esempio acciaio inossidabile, nichel, titanio; per motivi di facilità di lavorazione, preferito è l’impiego di ferro nichelato o leghe nichel- cromo.
Nel caso in cui nell’involucro esterno della lampada sia presente un getter per idrogeno, come per esempio il composto Zr2Ni, il dispensatore di ossigeno e il getter possono essere integrati. Cosi, l’Ag20 ed il getter possono avere un supporto metallico comune; i due materiali possono, per esempio, essere alloggiati in una cavità comune del supporto, eventualmente anche in miscela. L’uso di un supporto comune, ed eventualmente della miscela, abbassano i costi di produzione del dispensatore di ossigeno e del getter e i costi di assemblaggio delle lampade.
H dispensatore dell’invenzione può avere qualunque forma geometrica; alcuni esempi sono riportati nel seguito, nella descrizione delle figure.
Una prima possibile forma è mostrata in spaccato in Figura 1. In questa forma realizzativa il dispensatore 10 comprende un contenitore cilindrico 11, col fondo chiuso ed aperto superiormente. Nel contenitore è posto l’Ag20 12 che può essere in forma di polvere sciolta o compressa. L’apertura superiore è chiusa da un elemento di ritenzione 13, capace di trattenere le polveri e pervio al passaggio di gas, come per esempio un disco di polveri metalliche sinterizzate. Al contenitore 1 1 è fissato un supporto 14 che serve a posizionare in modo stabile il dispensatore all’interno della lampada.
Una possibile forma alternativa del dispositivo dell’invenzione è mostrata in spaccato in Figura 2; in questo caso il dispensatore 20 è costituito da un contenitore annidare 21, nel cui fondo si inserisce la polvere 22 di Ag20, compressa o meno; anche in questo caso la polvere è mantenuta nella sua sede da un elemento di ritenzione 23 di materiale metallico poroso e al contenitore 20 è fissato un supporto 24.
Un altro tipo ancora di dispositivo secondo l’invenzione è rappresentato in Figura 3; in questo caso il dispensatore 30 è costituito da un contenitore concavo 31, ottenuto per semplice stampaggio a freddo di un foglio metallico; questo contenitore presenta un bordo superiore 32 piano e parallelo al fondo del contenitore; nella concavità del contenitore 3 1 è inserito l’Ag2O 33; la parte superiore del dispensatore è chiusa da un elemento di ritenzione 34 realizzato in questo caso con un foglio metallico continuo, saldato al bordo 32 con una saldatura non continua, come per esempio alcuni punti di saldatura 35, 35’,....; la presenza di una saldatura non continua garantisce che il contenitore sia a tenuta per le polveri, ma permette la fuoriuscita dell’ossigeno dalle sottili aperture 36 (di cui una sola mostrata in figura, con dimensioni accentuate per meglio metterla in evidenza), che rimangono tra il bordo 32 e l’elemento di ritenzione 34 tra un punto e l’altro di saldatura; infine anche in questo caso è necessario un elemento di sostegno per poter fissare il dispensatore all’interno della lampada; questo elemento di sostegno può essere ottenuto semplicemente sagomando opportunamente il bordo superiore 32 e l’elemento di ritenzione 34, cosicché uno di questi presenti una linguetta 37.
Infine, un’altra possibile forma realizzativa del dispensatore delT invenzione è mostrata in Figura 4. In questo caso, il dispensatore 40 ha una forma allungata, e comprende un contenitore 41 ottenuto per formatura a freddo di un nastro metallico di opportuna larghezza; le prime due piegature, localizzate lungo le linee 42, 42’, producono un canale allungato in cui viene inserita la polvere di ossido d’argento 43; il nastro metallico è poi ulteriormente piegato lungo le linee 44, 44’ così da formare due superfici 45, 45’ che prese insieme definiscono una faccia del contenitore. Le piegature sono realizzate in modo tale che tra i bordi delle superfici 45, 45’ rimanga una sottile fenditura 46, che permette una facile fuoriuscita di ossigeno. Questa forma realizzativa consente la produzione del dispensatore dell’invenzione in modo continuo: è possibile infatti produrre “fili” di lunghezza indefinita che possono poi essere tagliati in pezzi della lunghezza desiderata come quello mostrato in Figura 4. Le estremità aperte 47, 47’, che si formano col taglio del filo, da cui potrebbe uscire l’Ag2O, possono essere chiuse con mezzi opportuni (tappi, paste ceramiche,....) o chiuse per compressione, che può essere realizzata durante la stessa fase di taglio del filo.
Naturalmente sono possibili anche altre forme di dispositivo, purché sia realizzata la condizione di avere un contenitore che trattenga le polveri consentendo però il passaggio di gas.
L’invenzione verrà ulteriormente illustrata dai seguenti esempi non limitativi, aventi lo scopo di insegnare agli esperti del ramo come mettere in pratica l’invenzione e di rappresentare il modo migliore considerato per la realizzazione dell’invenzione.
ESEMPIO 1
108 mg di Ag20 sono posti in un contenitore come mostrato in Figura 1, chiuso con un disco di acciaio sinterizzato con una porosità media di circa 1um. 11 contenitore di Ag20 è posto nella camera di misura a tenuta di vuoto di una microbilancia CAHN modello 121. La camera è evacuata fino a una pressione residua di 10-5 mbar. Il campione è riscaldato da temperatura ambiente fino a 400°C con velocità di salita della temperatura di 3°C/min. Il programma termico è controllato da un computer che registra contemporaneamente le variazioni di peso del campione e la temperatura dello stesso misurata da una termocoppia in funzione del tempo. I gas rilasciati sono analizzati da uno spettrometro di massa. I risultati della prova sono riportati in Figura 5. Le variazioni di peso in funzione del tempo sono riportate come curva 1 e i loro valori sono da leggere sull’asse verticale a destra della Figura. I valori di temperatura in funzione del tempo sono riportati come curva T, e sono da leggere sull’asse verticale a sinistra del grafico. La curva 1 mostra una piccola variazione di peso intorno a 150°C che dall’analisi di spettrometria di massa è risultata dovuta a piccole quantità di C02 e H20 rilasciate dal campione. Trascurando questo contributo, e misurando le variazioni di peso del campione tra circa 300 e 400°C, si ottiene una perdita di peso di circa 7,4 mg, corrispondente al 100% della quantità totale di ossigeno che può essere rilasciata dal campione.
ESEMPIO 2 ( COMPARATIVO)
Viene ripetuta la prova dell’esempio 1, impiegando 195 mg di Ba02 al posto dell’Ag20. I risultati della prova sono riportati in Figura 5 come curva 2. Anche in questo caso è presente una piccola variazione di peso intorno a 150°C, dovuta all’emissione di C02 e H20 da parte del campione. A parte questa variazione di peso, il campione non subisce perdite di peso misurabili fino a 400°C.
ESEMPIO 3
Vengono valutate le caratteristiche di alcune lampade ad alogenuri metallici, sia contenenti il dispensatore di ossigeno che senza tale dispensatore. In particolare le prove vengono effettuate sui seguenti tipi di lampade: lampade di riferimento (lampade Ref) senza dispensatore di ossigeno; lampade contenenti dispensatori di ossigeno mantenuti in atmosfera inerte fino al loro inserimento nella lampada (lampade FD); lampade con dispensatori “invecchiati”, esposti per 72 ore all’atmosfera prima del montaggio nella lampada (lampade AD); lampade intenzionalmente contaminate con idrocarburi nell’involucro esterno e non contenenti dispensatori di ossigeno (lampade O); e lampade intenzionalmente contaminate con idrocarburi e contenenti un dispensatore di ossigeno mantenuto in atmosfera inerte fino al montaggio nella lampada (lampade OFD); nelle prove vengono usate alcune lampade per ogni tipo. I dispensatori di ossigeno usati in questi test contengono 115 mg di Ag20. Tutte le lampade contengono inoltre un getter per idrogeno a base di Zr2Ni. Per ogni lampada vengono misurate l’emissione luminosa (data in lumen, lm) e la coordinata x del punto di colore nel diagramma triangolare di colore noto nel settore. Questi dati vengono misurati non appena la lampada ha raggiunto condizioni di operazione stabili, circa 15’ dopo la prima accensione, e dopo ulteriori 100 ore di funzionamento. Poiché il riempimento di gas del bruciatore contiene ioduro di sodio, un aumento della temperatura del bruciatore dovuto alla formazione di deposito nero ha come effetto una maggiore quantità di vapori di sodio nella scarica, e di conseguenza un aumento della coordinata x; cosi un non incremento della coordinata x bassa è indice del fatto che non si forma un deposito nero carbonioso. I risultati delle prove sono riportati in Tabella 1, come emissione luminosa evalore di coordinata x a 0 ore di operazione stabile e dopo 100 ore di operazione stabile; la Tabella riporta anche la percentuale dell’emissione luminosa a 100 ore rispetto a quella a 0 ore, che dà un’indicazione del mantenimento della luminosità della lampada nel tempo.
Dal confronto delle curve in Figura 5 appare evidente che il rilascio di ossigeno da parte di Ag20 inizia a circa 340°C ed è completo a circa 400°C, mentre per trattamento a temperature fino a 400°C il BaO 2 non rilascia quantità misurabili di ossigeno.
Inoltre, confrontando in Tabella 1 i risultati delle lampade Ref con quelli delle lampade FD e AD si nota che i dispensatori di ossigeno garantiscono un migliore mantenimento dell’emissione luminosa, indipendentemente dal fatto che il dispensatore venga precedentemente mantenuto in atmosfera inerte o esposto all’aria. L’influenza dannosa degli idrocarburi è evidente dai valori riportati per le lampade O. Dall’ultima riga di Tabella 1 risulta chiaro che il dispensatore di ossigeno è capace di ovviare agli effetti dannosi degli idrocarburi (lampade OFD). La coordinata x dei punti di colore a 100 ore, che sono più basse nelle lampade con dispensatori di ossigeno, confermano che il deposito di un rivestimento carbonioso è evitato.
Infine, l’analisi di spettrometria di massa dei gas presenti nell’involucro esterno delle lampade dopo 2000 ore di funzionamento ha mostrato che le lampade con dispensatore di ossigeno contengono C02, ma non idrogeno. La capacità del getter per idrogeno non è impedita dal rilascio di ossigeno. La C02 viene lentamente riassorbita dal getter, ma la sua presenza non è dannosa per il funzionamento della lampada.

Claims (11)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Dispensatore di ossigeno per lampade a scarica ad alta pressione comprendente un contenitore metallico capace di trattenere materiali solidi ma pervio al passaggio di gas, al cui interno è inserito ossido di argento, Ag20.
  2. 2. Dispensatore di ossigeno secondo la rivendicazione 1 in cui Ag20 è in forma di polvere.
  3. 3. Dispensatore di ossigeno secondo la rivendicazione 2 in cui la polvere di Ag20 ha granulometria compresa tra 0,1 e 50pm.
  4. 4. Dispensatore di ossigeno secondo la rivendicazione 1 comprendente: - un contenitore cilindrico (11), chiuso sul fondo ed aperto superiormente; - Ag20 (12) nel contenitore; - un elemento di ritenzione (13) che copre l’Ag20 e capace di trattenere polveri ma pervio al passaggio di gas; e - un supporto (14) fissato al contenitore (11).
  5. 5. Dispensatore di ossigeno secondo la rivendicazione 1 comprendente: - un contenitore annidare (21), chiuso sul fondo ed aperto superiormente; - Ag20 (22) nel contenitore; - un elemento di ritenzione (23) che copre l’Ag20 e capace di trattenere polveri ma pervio al passaggio di gas; e - un supporto (24) fissato al contenitore (21).
  6. 6. Dispensatore di ossigeno secondo la rivendicazione 1 comprendente: - un contenitore concavo (3 1) con un bordo superiore piano (32); - Ag20 (33) nella parte concava del contenitore (31) - un elemento di ritenzione (34) realizzato con un foglio metallico continuo, fissato al bordo (32) per mezzo di una saldatura non continua (35, 35’,...); - apertura (36) tra il bordo (32) e l’elemento (34) in corrispondenza delle discontinuità della saldatura; - un elemento di supporto (37).
  7. 7. Dispensatore di ossìgeno secondo la rivendicazione 1 comprendente: - un contenitore (41) di sezione poligonale, ottenuto piegando un nastro metallico lungo coppie di linee parallele (42, 42’) e (44, 44’), una cui faccia è definita da due superfici (45, 45’); - polvere di Ag20 (43) nel contenitore; - una fenditura (46) tra i bordi delle superfici (45, 45’); - mezzi di chiusura delle estremità aperte (47, 47’) del contenitore metallico.
  8. 8. Dispensatore di ossigeno secondo la rivendicazione 1 comprendente inoltre polvere di un materiale inerte.
  9. 9. Dispensatore di ossigeno secondo la rivendicazione 1 comprendente inoltre un materiale getter.
  10. 10. Dispensatore di ossigeno secondo la rivendicazione 7 in cui l’Ag20 e il materiale getter sono posti in posizioni separate del dispensatore.
  11. 11. Dispensatore di ossigeno secondo la rivendicazione 7 in cui PAg20 e il materiale getter sono mescolati.
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