ITTO20090806A1 - Metodo di trattamento di superfici d'acciaio in macchine casearie - Google Patents

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Description

DESCRIZIONE dell'Invenzione Industriale avente per titolo:
"Metodo di trattamento di superfici d'acciaio in macchine casearie"
DESCRIZIONE
La presente invenzione riguarda un metodo di trattamento di superfici d'acciaio per renderle non aderenti per la cagliata e le caseine calde, particolarmente in macchine casearie per la produzione di formaggi a pasta filata, quali mozzarella, provolone, caciocavallo e pizza-cheese.
E' noto nel settore caseario che la cagliata di latte calda, quale si presenta nella lavorazione dei formaggi a pasta filata, tende ad aderire alle superfici metalliche anche se lucidate. Da un lato ciò causa ovvi inconvenienti nel funzionamento delle macchine casearie quali filatrici e formatrici, particolarmente in relazione alle coclee di trasporto e agli stampi di formatura; dall'altro la cagliata aderente rende anche difficile e laborioso il lavaggio delle macchine al termine della giornata. Di conseguenza, in tutte le macchine e linee produttive di formaggio a pasta filata, le parti che vengono a contatto con il prodotto caseario caldo (quali pareti di tramogge e vasche, stampi, coclee di trasporto, sistemi di mescolatura, ecc.), sono attualmente rivestite con una vernice anti-aderente, che di regola è politetrafluoroetilene (PTFE, per esempio il materiale noto commercialmente come Teflon) o altro prodotto affine. Il rivestimento di PTFE costituiva finora la sola soluzione conosciuta, di sperimentata efficacia, che fosse in grado di evitare l'aderenza appiccicosa della cagliata calda sugli organi della macchina. Peraltro, il rivestimento di PTFE o altro composto affine viene anche usato, fuori dell'industria, come anti-aderente in tegami e padelle.
L'uso del rivestimento anti-aderente negli impianti alimentari, e in particolare nelle macchine casearie, presenta però a sua volta diversi inconvenienti e limitazioni. In primo luogo, il rivestimento si deteriora progressivamente, talvolta anche con rapidità, in caso di innesco di lesioni superficiali dello stesso quali rigature del rivestimento a cui seguono sfogliature del materiale. In tali casi, che comportano la fermata della lavorazione, la macchina deve essere smontata e le sue parti devono essere riteflonate. Il costo di tali manutenzioni periodiche, in termini di spese vive e di fermo macchina, è considerevole, tenendo conto che smontare le parti interessate e farne rifare il rivestimento antiaderente da terzi comporta tempi d'attesa di fino a 30 giorni.
Anche per i fabbricanti originali di impianti alimentari, l'esigenza di rivestire di teflon le proprie attrezzature comporta costi supplementari e ritardi nella produzione, perché di regola il rivestimento anti-aderente viene eseguito esternamente da ditte specializzate.
Infine, ma di particolare importanza: benché il PTFE sia chimicamente inerte e risulti attualmente non-tossico a temperature inferiori a 200° celsius, e quindi sia stato finora considerato innocuo per la salute dei consumatori, recentemente sono sorti dubbi sulla sua tossicità e compatibilità alimentare, e sono stati avanzati persino sospetti che possa essere carcinogeno. Sia la Environmental Protection Agency americana che numerose associazioni di consumatori in molti paesi hanno in corso indagini per valutare il grado di tossicità del PTFE e la sua eventuale pericolosità per la salute umana.
E' quindi scopo principale della presente invenzione realizzare un metodo per trattare superfici d'acciaio in modo da renderle anti-aderenti, senza impiego di politetrafluoroetilene, particolarmente in macchine casearie di lavorazione della cagliata calda, ancora più particolarmente su coclee e stampi di dette macchine.
Un altro scopo è di realizzare un metodo di trattamento come detto sopra, che possa essere facilmente attuato con tecnologie facilmente accessibili e adottabili per i costruttori delle macchine casearie.
Ancora un altro scopo è di realizzare un metodo di trattamento come detto sopra, che consenta di abbreviare i tempi di produzione nella fabbricazione degli impianti.
Un ulteriore scopo è realizzare un metodo di trattamento che renda le superfici d'acciaio delle macchine casearie più facilmente e più accuratamente sanificabili.
L'invenzione raggiunge i suddetti e altri scopi e vantaggi, quali risulteranno dalla seguente descrizione, con un metodo di trattamento antiaderente di superfici d'acciaio in macchine casearie secondo la rivendicazione 1 allegata.
L'invenzione riguarda anche parti di macchine, quali coclee, condotti e simili, trattate col metodo sopraddetto.
Nel realizzare l'invenzione, l'inventore è partito dall'osservazione che il grado di appiccicosità della cagliata calda nel contatto con superfici d'acciaio spoglie di rivestimenti si presentava elevato sia su superfici finite con alto grado di lucidatura, sia su superfici sabbiate grossolanamente, ma con variazioni notevoli apparentemente imprevedibili per altri tipi di finitutra intermedi. Da ciò nacque l'intuizione iniziale che potesse esistere una finitura superficiale intrinsecamente anti-aderente rispetto alla pasta filata o cagliata calda, senza necessità di alcun rivestimento di PTFE o altro materiale anti-aderente. Per individuare una finitura che fosse antiaderente per la cagliata calda, e quindi adottabile nelle macchine casearie in luogo del rivestimento di PTFE, l'inventore ha quindi condotto una serie di prove su lamiere d'acciaio inossidabile che erano state trattate con finiture superficiali differenti, nelle condizioni tipiche di lavorazione presenti nella macchine casearie per produzione di formaggi a pasta filata (mozzarelle e simili), e quindi sopratutto in macchine filatrici e formatrici.
Una serie di prove preliminari condotte su acciaio inossidabile AISI 304 e AISI 316, che sono gli acciai tipicamente usati nella costruzione di macchine casearie e alimentari in genere, hanno condotto a escludere una serie di finiture. In particolare, sia la pallinatura eseguita con graniglia d'acciaio che la pallinatura eseguita con microsfere di vetro, quali vengono solitamente usate nel settore caseario per la pallinatura di coclee, vasche e altre parti di macchine, rispettivamente negli intervalli 55-100 micron (pallinatura finissima), 70-110 micron (pallinatura fine), 90-150 micron (pallinatura media), 100-200 micron (pallinatura grossolana), sono risultate inefficaci: l'appiccicosità è risultata elevata per qualunque tipo di pallinatura e per qualunque granulometria.
La cagliata calda ha mostrato un notevole grado di aderenza anche su superfici sottoposte a lucidatura elettrolitica, ossidate, sabbiate con sabbie silicee.
Infine sono stati condotti test sistematici con superfici sabbiate con polvere di corindone, e più particolarmente di corindone bianco. A tale scopo sono stati preparati provini consistenti in lastrine rettangolari d'acciaio inossidabile AISI 304. I provini erano ricavati da lamiera commerciale spessa 3 mm, in dimensioni 300 x 70 mm, con superficie di finitura standard 2B (AISI, UNI 6903-71). I vari provini sono stati trattati con diversi trattamenti di sabbiatura superficiale, come si descriverà nel seguito.
Il corindone bianco è la denominazione commerciale di un materiale consistente essenzialmente in ossido di alluminio (Al2O3) con piccolissime tracce di altri ossidi quali ossidi di silicio, di calcio e di sodio, in percentuale complessiva inferiore a 0.5%. Come noto, la sua durezza in scala Mohs è 9, inferiore solo alla durezza del diamante.
I diversi provini sono stati sabbiati con polvere di varie granulometrie, rispettivamente 80, 100, 120, 150, 180, 220 e 280 mesh, pari a calibri dei granuli di materiale negli intervalli rispettivamente 0.18-0.20 mm, 0.13-0.15 mm, 0.11-0.13 mm, 0.08-0.11 mm, 0.06-0.09 mm, 0.05-0.08 mm, e 0.03-0.06 mm.
La sabbiatura dei provini è stata fatta proiettando aria e polvere di corindone con pressione dell'aria pari a circa 8 bar, da una distanza di circa 50 cm, con lento movimento orbitante dell'ugello di proiezione, spostando man mano il getto sulla superficie in modo da realizzare una velocità di trattamento approssimativamente di 100 cm²/min.
Per ogni test, si è preparata in un calderone una quantità di cagliata mescolata insieme con acqua a una temperatura di 80°, in modo da realizzare le condizioni che si presentano nella fase di lavorazione dei formaggi a pasta filata che è nota come "filatura".
Come noto all'esperto nel ramo, la pasta filata risulta meno appiccicosa quando è acerba, mentre tende ad aderire man mano che "matura", cioè man mano che la sua acidità cresce colla scissione progressiva del lattosio, è stata scelta una cagliata ottenuta per fermentazione da fermenti lattici con pH= 5.1 - 5.2, che è un valore tipico della cagliata quando questa viene impastata per la produzione di formaggi a pasta filata.
Nell'esecuzione dei test, si immergevano due provini diversamente sabbiati nel suddetto calderone, agitando con essi la pastafilata. I provini venivano compressi uno contro l'altro, laminando la pasta filata fra di essi, come se fossero due spatole. I due provini venivano poi estratti e allontanati lentamente uno dall'altro. Le due superfici dei provini venivano esaminate per determinare il grado di aderenza della pasta filata nei due casi e consentire il confronto. Il provino risultato più appiccicoso fra i due veniva scartato, e sostituito con un provino di diversa finitura per completare la coppia di provini colla quale eseguire un nuovo test, e così di seguito.
Dopo la sabbiatura, i provini vennero sottoposti a prove di aderenza secondo la procedura di confronto descritta sopra, e cioè sollevando dall'acqua e comprimendo fra due provini un brandello di pasta filata, per poi allontanare uno dall'altro i provini ed esaminare le loro superfici e il comportamento della pasta filata. I risultati delle prove sono riportati nella seguente tabella.
Sabbiatura Sabbiatura Comportamento
1° provino 2° provino alla separazione
80 mesh 120 mesh Pasta filata si fraziona aderendo su entrambi i provini
100 mesh 120 mesh idem
80 mesh 150 mesh pasta filata aderisce su entrambi i provini ma prevalentemente sul 1° provino
100 mesh 150 mesh idem
120 mesh 150 mesh idem
100 mesh 180 mesh pasta filata aderisce interamente sul 1° provino - 2° provino pulito
120 mesh 180 mesh pasta filata aderisce interamente sul 1° provino - 2° provino pulito
150 mesh 180 mesh pasta filata aderisce interamente sul 1° provino - 2° provino pulito
120 mesh 220 mesh pasta filata aderisce su entrambi i provini ma prevalentemente sul 1° provino
150 mesh 220 mesh pasta filata aderisce su entrambi i provini in ugual misura
180 mesh 220 mesh pasta filata aderisce interamente sul 2° provino - 1° provino pulito
120 mesh 280 mesh pasta filata aderisce su entrambi i provini ma prevalentemente sul 1° provino
150 mesh 280 mesh pasta filata aderisce su entrambi i provini in ugual misura
180 mesh 280 mesh pasta filata aderisce interamente sul 2° provino - 1° provino pulito
220 mesh 280 mesh pasta filata aderisce su entrambi i provini, ma prevalentemente sul 2° provino
Dai test esposti nella tabella si ricava il fatto sorprendente che la pasta filata non aderisce a lamiera d'acciaio sabbiata con corindone bianco a 180 mesh.
Dai test si ricava anche che, benché la sabbiatura con polvere a 180 mesh sia quella ottimale, risultati accettabili si hanno in genere per granulometrie comprese fra 170 e 190 mesh.
Le prove sono state ripetute con cagliata ottenuta da coagulazione con acido citrico, pH = 5.8 - 5.9, che è un'altro tipo di cagliata frequentemente impiegata nella produzione di formaggi a mozzarella e simili. I risultati sono sostanzialmente identici a quelli della tabella sopra.
Gli stessi test con pressioni dell'aria di sabbiatura diversi dagli 8 bar menzionati sopra, con risultati che hanno permesso di concludere che l'efficacia della sabbiatura ai fini dell'anti-aderenza varia poco al variare della pressione dell'aria, nell'ambito dei valori usualmente impiegati (da 5 a 10 bar). I valori preferiti sono da 7 a 9 bar, la pressione di 8 bar restando quella ottimale.
Si è osservato che, benché la sabbiatura con corindone venga fatta tipicamente su parti di macchina fabbricate a partire da lamiera lucidata, l'efficacia della sabbiatura secondo l'invenzione è risultata essere indipen dente dalla finitura iniziale della superficie.
Si noti che il motivo essenziale per l'uso del corindone bianco sintetico, anziché corindone naturale, è che esso è privo di ossido di ferro, la cui presenza, come noto, inquinerebbe l'acciaio inossidabile che viene sabbiato, innescando ossidazioni e conseguenti erosioni. L'effetto di antiaderenza risulta però essere intrinseco al corindone in generale.
Si è inoltre osservato che man mano che la sabbia di corindone viene riutilizzata ripetutamente nelle operazioni di sabbiatura successive, l'efficacia anti-aderente della superficie trattata si attenua gradualmente. Si ritiene che ciò sia essenzialmente dovuto al fatto che i granuli di corindone tendono a spezzarsi negli urti reciproci, modificando così progressivamente la granulometria equivalente della polvere. E' quindi raccomandabile utilizzare solo polvere di corindone vergine o polvere riutilizzata non più di due volte.
In alternativa, la sabbia di corindone può essere preferibilmente setacciata dopo ogni utilizzo, per ricavare solo una sabbia rigorosamente classificata alla granulometria desiderata.

Claims (8)

  1. "Metodo di trattamento di superfici d'acciaio in macchine casearie" RIVENDICAZIONI 1. Metodo di trattamento anti-aderente di superfici d'acciaio in macchine casearie, caratterizzato dal fatto che consiste nel sabbiare le superfici d'acciaio con polvere di corindone bianco di granulometria compresa fra 170 e 190 mesh. 2. Metodo di trattamento secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che la granulometria della polvere di corindone bianco è di 180 mesh. 3. Metodo di trattamento secondo la rivendicazione 1 o 2, caratterizzato dal fatto che la polvere di corindone bianco viene soffiata a una pressione di 8 bar. 4. Metodo di trattamento secondo una delle rivendicazioni 1-3, caratterizzato dal fatto che la polvere viene proiettata da una distanza di circa 50 cm dalla superficie trattata. 5. Metodo di trattamento secondo una delle rivendicazioni 1-4, caratterizzato dal fatto che la polvere di corindone è polvere vergine. 6. Metodo di trattamento secondo una delle rivendicazioni 1-4, caratterizzato dal fatto che la polvere di corindone è classificata a una granulometria prestabilita prima della sabbiatura. 7. Parti di macchina casearia trattate con un metodo secondo una delle rivendicazioni 1-6. 8. Coclee per macchina casearia trattate con un metodo secondo una delle rivendicazioni 1-6. "Method for the treatment of steel surfaces in dairy machines" TRANSLATION OF CLAIMS 1. A method for non-stick treatment of steel surfaces in dairy machines, characterized in that it consists in sandblasting the steel surfaces with white corundum sand having a granulometry in the range 170 to 190 mesh.
  2. 2. The method of claim 1, characterized in that the granulometry of the sand of white corundum is 180 mesh.
  3. 3. The method of claim 1 or 2, characterized in that the white corundum sand is blown at a pressure of 8 bar.
  4. 4. The method of any of claims 1 to 3, characterized in that the sand is blown from a distance of about 50 cm from the treated surface.
  5. 5. The method of any of claims 1 to 4, characterized in that the sand of white corundum is virgin.
  6. 6. The method of any of claims 1 to 4, characterized in that the sand of white corundum is classified to a predetermined granulometry before sandblasting.
  7. 7. Parts of dairy machine, treated by a method according to any of claims 1 to 6.
  8. 8. Augers, treated by a method according to any of claims 1 to 6.
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