ITMI20011728A1 - Vettore per l'integrazione sito-specifica di sequenze di dna eterologhe in lieviti metilotrofi - Google Patents

Vettore per l'integrazione sito-specifica di sequenze di dna eterologhe in lieviti metilotrofi Download PDF

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ITMI20011728A1
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Gian Maria Rossolini
Maria Letizia Riccio
Raffaello Pompei
Cesira Galeotti
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Consorzio Per Le Ricerche E Lo
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Description

Domanda di brevetto per invenzione industriale dal titolo:
“Vettore per l’integrazione sito-specifica di sequenze di DNA eterologhe in lieviti metilotrofi”
CAMPO DELL’INVENZIONE
Il campo tecnico della presente invenzione è costituito da vettori utilizzati per la trasformazione di lievito e da quello della produzione di proteine eterologhe ricombinanti.
TECNICA ANTERIORE
I lieviti metilotrofi.
Hansenula polymporpha è un lievito metilotrofo facoltativo, ossia in grado di crescere anche in terreni dove il metanolo rappresenta l’unica fonte di carbonio e di energia.
I lieviti metilotrofi, un numero limitato di specie appartenenti ai quattro generi Hansenula, Pichia, Candida e Torulopsis, sono stati isolati nei primi anni 70 in seguito al grosso interesse, presente in quel momento, ad ottenere biomassa, utilizzabile per l'alimentazione animale, dal metanolo. Fra tutte le specie isolate, soprattutto due, assai correlate tassonomicamente fra loro, H. polymporpha e P. pastoris, sono state intensivamente studiate per quanto riguarda sia le tecniche di fermentazione sia la biochimica e la fisiologia del metabolismo del metanolo. Infatti, i due principali obiettivi di quelle ricerche erano l'ottenimento di possibili applicazioni commerciali e la conoscenza dei meccanismi coinvolti nella biogenesi di importanti organelli cellulari, i perossisomi, che, ubiquitari fra tutti gli eucarioti, dai lieviti aH’uomo, sono però particolarmente abbondanti (e meglio studiabili) in cellule che crescono in presenza di metanolo (Gleeson MA and Sudbery PE, 1988, Yeasts, 4: 1-15).
Alcuni enzimi chiave del metabolismo del metanolo, metanolo- o alcolossidasi che converte il metanolo a formaldeide e perossido d’idrogeno (chiamato MOX o AOX a seconda che ci si riferisca, rispettivamente, ad H. polymorpha o a P. pastorìs), di-idrossiacetone-sintetasi (DHAS) e catalasi (CAT1), sono localizzati all’interno dei perossisomi. Durante la crescita su metanolo, gli enzimi chiave di questa via metabolica, in particolare MOX, DHAS e un enzima citoplasmatico, formato deidrogenasi (FMD), sono prodotti ad alti livelli e arrivano a costituire circa 1/3 delle proteine totali intracellulari (Sudbery PE, 1994, Yeast 10: 1707-1726)
La produzione di questi enzimi è controllata a livello trascrizionale e i promotori dei rispettivi geni, isolati nei lieviti H. polymporpha e P. pastorìs, sono forti e finemente regolati (Gleeson MA and Sudbery PE, 1988).
La presenza di promotori eccezionalmente forti ed anche regolabili, insieme con la capacità di crescere ad alte densità cellulari (circa 150 grammi di peso secco-cellule per litro di terreno di coltura) utilizzando substrati economici quali il metanolo e/o il glicerolo, ha dato impulso, negli ultimi 15 anni, allo studio dei lieviti metilotrofi come sistemi alternativi a quello di Saccharomyces cerevisiae per la produzione su vasta scala di proteine eterologhe (Gellissen G and Hollenberg CP, 1997, Gene 190: 87-97).
Espressione di proteine eterologhe nei lieviti metilotrofi.
I sistemi di espressione realizzati in H. polymporpha e P. pastorìs utilizzano il promotore FMD e, più frequentemente, il promotore MOX (chiamato AOX in Pichia). In entrambi gli organismi, questi promotori sono soggetti ad una forte induzione da parte del metanolo e a repressione da parte del glucosio.
In P. pastorìs l’attività dei promotori è indotta solo in presenza di metanolo e il processo fermentativo richiede perciò 2 passaggi: crescita su glucosio e successivamente induzione con metanolo: la crescita su glucosio reprime infatti l’attività del promotore cosi’ che il prodotto che si vuole esprimere, sintetizzato ad altissimi livelli in presenza di metanolo, non interferisca con la crescita del microorganismo produttore, ossia con il raggiungimento di un buon livello di biomassa, ma venga espresso (quando il glucosio nel terreno di coltura è esaurito e si introduce metanolo) solo dopo che la crescita sia avvenuta.
Al contrario in H. polymporpha è possibile una fermentazione ad un solo passaggio ( one step) in presenza di glicerolo, o anche di una mistura glicerolo/metanolo, così che si ottengono alte rese in tempi più rapidi: in Hansenula, infatti, la crescita in glicerolo provoca una derepressione dei promotori metanolo-inducibili fino ad ottenere non oltre il 20% del massimo livello di induzione, senza quindi interferire con la crescita del microorganismo produttore (Hollenberg CP and Gellissen G, 1997, Current Opinion in Biotechnology 8: 554-560).
Le rese ottenibili in H. polymorpha sono, in effetti, tra le più alte riportate in sistemi basati su lieviti; inoltre, poiché questa specie secerne poche proteine nel mezzo di coltura, il prodotto eterologo secreto rappresenta spesso la maggior parte delle proteine esocellulari.
In un recente lavoro (Mayer A F et al., Biotechnology and Bioengineering (1999) 63: 373-381), gli autori descrivono la costruzione di ceppi ricombinanti di H. polymorpha in grado di secernere concentrazioni eccezionalmente elevate di fitasi attiva nel terreno di coltura (13.5 g/L), dove l'enzima eterologo arriva a costituire oltre il 97% delle proteine totali accumulate.
Un’altra caratteristica vantaggiosa di H. polymorpha, per quanto riguarda i processi fermentativi, è il fatto di essere termotollerante, cioè di essere in grado di crescere bene in un intervallo di temperatura fra 30 e 42°C, con un optimum a 37°C, mentre, sia P. pastoris sia S. cerevisiae, hanno un optimum di crescita di 30°C (Sudbery PE, 1994).
H. polymorpha infatti, è stata usata soprattutto per applicazioni industriali a causa delle sue favorevoli caratteristiche di fermentazione, ossia, in particolare, termotolleranza e fermentazioni one-step, ad alta resa, che non richiedono l'utilizzazione obbligata del metanolo. Molti prodotti ottenuti in H. polymorpha hanno superato con successo gli esami clinici della Food and Drug Administration e un vaccino per l’epatite B prodotto in questo lievito è già stato introdotto sul mercato (Hollenberg CP and Gellissen G., 1997).
Vettori di espressione per Hansenula e Pichia
Non sono noti finora stati isolati plasmidi endogeni da H. polymorpha e P. pastoris : tuttavia, i vettori replicativi utilizzati in questi due lieviti sono mantenuti in uno stato episomiale grazie a sequenze ARS ( autonomous replication sequences) derivate da sequenze genomiche di S. cerevisiae (i geni LEU2 e URA3 di S. cerevisiae, per es., hanno, in misura diversa, attività ARS in Hansenula e Pichia) o isolate dal genoma di Hansenula e Pichia.
I sistemi di espressione in questi due lieviti (basati su vettori sia “replicativi” sia “integrativi”) utilizzano, come ospiti, mutanti auxotrofici per la leucina e l’uracile (quelli di H. polymorpha ), o per Γ istidina (quelli sia H. polymorpha sia di P. pastoris)] corrispondentemente, i vettori utilizzati per la trasformazione trasportano i geni che complementano le rispettive mutazioni ( ura , oritidina 5’-fosfatodeidrogenasi; leu, βisopropilmalato deidrogenasi; his, istidinolo deidrogenasi). Nella maggior parte dei casi, i plasmidi costruiti per trasformare H. polymorpha contengono i geni LEU2 o URA3 di S. cerevisiae : a questo proposito è stato riportato da Bogdanova e coll. (Bogdanova Al. et al. , Yeast, 1995 11: 343-353.) che un vettore di tipo replicativo contenente il gene LEU2 di H. polymorpha ( HLEU2 ) dà o trasformanti molto instabili, o trasformanti stabili, ma eterogenei perché hanno incorporato frammenti diversi del genoma di Hansenula.
In P. pastoris e H. polymorpha sono stati anche costruiti sistemi di selezione dominanti inserendo nel vettore il gene batterico di una aminoglicoside 3’-fosfotransferasi e selezionando i trasformanti per la resistenza all’ antibiotico G418 (Hollenberg CP and Gellissen G, 1997). I trasformanti contenenti plasmidi che si replicano autonomamente richiedono una pressione selettiva costante e, si sono dimostrati mitoticamente instabili nella produzione su larga scala di proteine eterologhe. I ceppi contenenti copie integrate delle cassette di espressione sono risultati, invece, generalmente più stabili anche in assenza di una selezione per il marcatore plasmidico. Inoltre, l’integrazione in copie multiple della cassetta di espressione, aumenta la resa del prodotto eterologo.
In P. pastoris, dove, a differenza di H. polymorpha, esistono due alleli del gene AOX, sono stati costruiti vettori integrativi per l’integrazione omologa nel locus AOX1 (sia “additiva” o inserzionale, sia, come nel caso del sistema Invitrogen, di sostituzione o replacementy, in alternativa, alcuni sistemi prevedono l’integrazione nel locus HIS4. In entrambi i casi l’integrazione in P. pastoris è frequente e stabile ed avviene generalmente in singola copia; tuttavia la sostituzione del gene strutturale AOX1 dà un ceppo che cresce lentamente su metanolo.
Differentemente da quanto avviene in P. pastoris, in H. polymorpha (Faber KN, et al., 1992, Journal of General Microbiology 138: 2405-2416), l’integrazione mirata ottenibile per ricombinazione omologa in un sito bersaglio, avviene con bassa frequenza: frequenze di integrazione al più dell’1-22 % sono state ottenute utilizzando il gene MOX o il gene per l’ammino-ossidasi ed ottenendo un’integrazione di tipo inserzionale che non sostituisce il bersaglio (Faber KN et al., 1992). Al contrario, la frequente integrazione di plasmidi di tipo replicativo, per un meccanismo di ricombinazione non-omologa, è una caratteristica specifica di H. polymorpha, contrapposta ad una bassa frequenza di ricombinazione omologa. L’integrazione che avviene per ricombinazione non omologa non è mirata, ossia coinvolge siti casuali del genoma: questo rappresenta uno svantaggio in quanto parte delle integrazioni possono avvenire in siti non opportuni e quindi essere causa dell’ottenimento di trasformanti poco vitali o instabili e che danno basse rese. Inoltre, essendo i trasformanti ottenuti in seguito ad integrazioni casuali, diversi fra loro per numero, ma soprattutto per localizzazione, delle cassette integrate, la selezione dei cloni migliori è laboriosa ed una loro analisi genetica risulta alquanto complicata se non addirittura impossibile.
E’ inoltre provato che in H. polymorpha il numero di copie di plasmidi integrati viene amplificato (amplificazioni in tandem al locus di integrazione) dopo alcuni cicli alternati di crescita in terreno selettivo e non selettivo (Faber KN et al., 1992; Gatzke R, et al., 1995, Applied Microbiology and Biotechnology 43: 844-849).
In P. pastorìs, un’integrazione multipla (3-18 copie) è stata ottenuta includendo, nel costrutto di espressione, il gene codificante per una amminoglicoside 3’-fosfotrasferasi batterica e selezionando per alti livelli di resistenza al G418 (Scorer CA, et al., 1994, Bio/Technoloav 12: 181-184): anche in questo caso, tuttavia, l’integrazione avviene in siti casuali.
Con una strategia simile, alcuni autori hanno dimostrato che, anche in H. polymorpha, il numero di copie di plasmidi di tipo replicativo integrate nel genoma può dipendere dal marcatore plasmidico usato per la selezione dei trasformanti e, quindi, dalla forza della pressione selettiva. Un esempio della variabilità degli esiti degli eventi integrativi in H. polymorpha, è costituito dall’integrazione del gene URA3 derivato da S. cerevisiae, descritto in Gatzke R et al., 1995. Il gene URA3 è espresso a bassi livelli in H. polymorpha così che, trasformando ceppi Ura' con un vettore replicativo che contiene questo marcatore, il procedimento di selezione dei trasformanti Ura+ favorisce cellule con copie multiple (integratesi in siti casuali) del plasmide.
Altri autori (Agaphonov MO et al. Yeast (1999) 15: 541-551) hanno ottenuto un’integrazione multipla (oltre 100 copie) per ricombinazione non omologa nel modo seguente: utilizzano un vettore replicativo (per la presenza della sequenza HARS36) contenente il gene LEU2 di H. polymorpha deleto nella regione del promotore ( HLEU2-d) per trasformare un ceppo Leu'; il ceppo ricevente utilizzato, però, ha il gene strutturale HLEU2 quasi completamente distrutto, deleto, ed in questo modo l’integrazione del plasmide per ricombinazione omologa (e in singola copia) nel locus HLEU è impedita. Con questa metodica, gli autori ottengono due tipi di trasformanti: 1) trasformanti in grado di crescere lentamente su terreno selettivo, contenenti un alto numero di copie integrate del plasmide (100-120) insufficienti però, come osservano gli stessi autori, a ripristinare la piena prototrofia in un ceppo con il gene HLEU distrutto; oppure, 2) trasformanti in grado di crescere rapidamente in terreno selettivo, ma instabili e che danno presto origine a popolazioni a crescita lenta.
Le ragioni di tale instabilità non sono chiare: in alcuni casi essa è stata imputata al locus di integrazione, in altri casi al tipo o alle dimensioni delle sequenze integrate. Sono state fatte varie ipotesi, ad esempio che ripetizioni ( repeats ) di copie integrate superiori a 100 unità sono instabili, come propone Lopes e coll. (Lopes TS et al.: Yeast (1996) 12: 467-477) in un lavoro in cui viene descritta l’integrazione multipla di plasmidi nel locus dell’rDNA (DNA ribosomìale) di S. cerevisiae. Nei vettori descritti, però il DNA esogeno è affiancato solo ad un’estremità da sequenze di rDNA di lievito (lunghe anche parecchie kilobasi), le quali dirigono l’integrazione dell'intero plasmide sul cromosoma, in posizione adiacente al bersaglio (con una integrazione di tipo inserzionale e non sostitutiva, che si aggiunge al bersaglio e non lo sostituisce). Con questi vettori Lopes e coll, ottengono integranti con un alto numero di copie (fino a 100-200 copie integrate) alcuni dei quali instabili Una delle ipotesi formulate dagli stessi autori è che l’integrazione inserzionale ed in elevato numero di copie di grossi plasmidi (fino a 12 kb) aumenti a tal punto le dimensioni del locus cromosomico da renderlo instabile; la stessa integrazione di sequenze batteriche in elevato numero di copie, contenute nel plasmide integratosi totalmente in questo tipo di evento, potrebbe essere un ulteriore motivo di instabilità.
Il locus ribosomìale è stato utilizzato anche in Kluyveromyces lactis, lievito non metilotrofo, per ottenere integrazione sito specifica (Rossolini GM et al.: Gene, 1992, 119: 75-81).
In H. polymorpha, in cui gli eventi di integrazione sito-specifica sono generalmente a bassa efficienza, Sohn e coll. (Sohn J-N et al.: Applied Microbiology and Biotechnology, 1999, 51: 800-807) hanno presentato dati relativi ad un sistema di integrazione in cui il numero delle copie integrate può essere controllato e la procedura di selezione di integranti multipli semplificata rispetto a sistemi precedenti. Sohn e coll, utilizzano infatti un vettore contenente una HARS telomerica e il gene di una aminoglicoside 3’-fosfotrasferasi batterica ( APH) sotto il controllo di un promotore di H. polymorpha (gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi) deleto in differenti posizioni. La presenza di un marcatore di selezione sotto il controllo di un promotore difettivo comporta una ridotta espressione di APH e, quindi, permette di selezionare rapidamente integranti multipli, con un numero di copie fino a 50, in modo correlato alla crescente concentrazione di G418 usata nel terreno selettivo. In questo sistema, l’integrazione avviene nelle regioni terminali dei cromosomi di Hansenula, in seguito a ricombinazione omologa tra la HARS del vettore e le HARS genomiche (questa HARS telomerica promuove, infatti, questo tipo di integrazione). Gli stessi autori osservano tuttavia che i telomeri sono regioni essenziali per la stabilità e la replicazione dei cromosomi così che un’integrazione plasmidica in multicopia in queste regioni potrebbe causare instabilità sia del cromosoma sia del gene introdotto.
Un approccio simile è stato utilizzato nel sistema costruito in H. polymorpha per l’espressione degli antigeni L ed S del virus dell’epatite B da Janowicz ZA et al. (Yieasf, 1991 , 7:431-443). In questo caso, tuttavia, gli autori non utilizzano un sistema in grado di controllare il numero di copie integrate, ma selezionano i trasformanti contenenti il numero ottimale di copie integrate dei geni per gli antigeni L ed S.
In conclusione, nei lieviti metilotrofi, ed in particolare in H. polymorpha e in P. pastoris, la frequenza di ottenimento di integranti multipli, mediante integrazione sito specifica in alto numero di copie, è piuttosto bassa e poco prevedibile: per questo motivo le procedure finora messe a punto di ottenimento di integranti multipli hanno richiesto finora procedure piuttosto elaborate per la selezione e l'analisi di un numero molto alto di trasformanti, nonché la loro ottimizzazione con cicli di crescita in terreno non selettivo e selettivo.
DESCRIZIONE DELLE FIGURE
Figura 1: Rappresentazione schematica dell’unità di integrazione e del vettore secondo l’invenzione.
La figura mostra il vettore A) contenente l’unità di integrazione B), costituita da una sequenza di DNA eterologa, C), compresa entro due box di integrazione costituiti dalle sequenze codificanti per l'RNA ribosomale 25S. Secondo una realizzazione preferita dell’invenzione, la sequenza di DNA eterologa è costituita da una cassetta di espressione. Il marcatore di selezione è sempre compreso nella sequenza di DNA eterologa.
Figura 2: Mappa di restrizione del vettore plasmidico pRIMY-1.
La figura mostra i principali siti di restrizione utilizzati nella costruzione del vettore. Le zone punteggiate in nero rappresentano le sequenze del 25S rDNA di S. cerevisiae (25S). Il segmento Xba\-Xba\ visibile in figura misura 1.9 kb e comprende la cassetta di espressione composta dal promotore MOX (pMOX, segmento Xba\-Sac\) e dal cDNA del lisozima umano (HLZ)preceduto dalla sequenza segnale della tossina killer di K. lactis (Sacl-Xbal) e seguito dal terminatore di trascrizione (T) derivato dal plasmide 2 pm (segmento Sacl-Xbal). Come illustrato in figura, il taglio con C/al libera la cassetta di integrazione come frammento C/al-C/al di 4.7 kb.
Figura 3: Analisi qualitativa dei trasformanti di H. polymorpha per la capacità di produrre lisozima umano.
Il saggio, detto del lysoplate assay, è stato effettuato su piastre di terreno agarificato YPM in cui è stata incorporata una sospensione diluita 1:100 di cellule di Microccocus luteus come substrato dell’attività litica (la soluzione stock di cellule di M. luteus è preparata in tampone fosfato 70 mM pH 6.3 e le cellule, risospese fino ad ottenere una O.D.6oo di 70-80, sono uccise mediante due cicli di autoclavatura). Sono evidenti, intorno alle colonie trasformate dai vettori dell’invenzione, aloni di lisi cellulare, indicanti la presenza dell’attività batteriolitica del lisozima. Figura 4: Analisi del numero di copie di unità di integrazione secondo l’invenzione, integrate in H. polymorpha.
Uguali quantità (2 pg) del DNA totale estratto dal ceppo LR9 (ceppo ricevente, controllo) e da alcuni trasformanti sono state digerite con BamHI e sottoposte ad elettroforesi in gel di agarosio (0.8% agarosio). Dopo la corsa elettroforetica, il gel è stato trasferito su nitrocellulosa ed ibridato con una sonda costituita dal promotore MOX. Il risultato dell’ibridazione, riportato in figura, è stato poi sottoposto ad analisi densitometrica per stabilire il numero delle copie integrate in ciascun clone trasformante (essendo la banda del ceppo di controllo LR9 considerata equivalente ad una unità). Si confronti lo schema riassuntivo in figura 6.
Figura 5: Analisi della distribuzione dei siti di integrazione in alcuni trasformanti.
La distribuzione dei siti di integrazione è stata analizzata nei trasformanti H1, H11, H13, H17, H18, H20 e H23: il ceppo LR9 è stato inserito come controllo. Campioni di DNA totale, digeriti con BamHI, sono stati risolti in gel di agarosio e trasferiti su nitrocellulosa. In A è mostrato II segnale di ibridazione ottenuto con una sonda costituita dal cDNA del lisozima umano e in B il segnale ottenuto con una sonda costituita dal frammento EcoR\-Bgl\\ del 25S rDNA di S. cerevisiae.
Figura 6: Ricostruzione schematica della distribuzione dei siti di integrazione nei diversi trasformanti.
I risultati mostrati nelle figure 4 e 5 sono stati interpretati e rappresentati schematicamente in questa figura. Le frecce indicano lunghezza e orientazione delle unità integrate; i rettangoli grigi indicano la cassetta per l’espressione del lisozima umano più il gene URA3, mentre i rettangoli tratteggiati, di 2 diverse lunghezze, indicano i 2 “integration boxes" di 0.55 e 1.1 kb. L’analisi comparativa, effettuata tramite densitometro, della intensità delle bande dei trasformanti rispetto a quella presente in LR9 (una copia di pMOX), ha permesso di quantificare il numero di copie dell’unità di integrazione presente in ciascun clone. A) B) e C) rappresentano tre diversi eventi di integrazione: A) orientamento testa-coda; B) orientamento testa-testa; C) orientamento testa-coda con delezione di un integration box.
SOMMARIO
La presente invenzione riguarda un vettore per l’integrazione sitospecifica di sequenze di DNA eterologo in ceppi di lievito metilotrofi. Attraverso l’uso di tale vettore una sequenza di DNA eterologo viene integrata ad alta frequenza, in siti multipli, in quanto il bersaglio di integrazione è costituito da unità ripetute, ed in multicopia nel genoma bersaglio. La sequenza di DNA eterologo comprende un marcatore di selezione, ed in una realizzazione preferita, una cassetta di espressione per un gene eterologo del quale si voglia ottenere la corrispondente proteina ricombinante. La sequenza di DNA eterologo è compresa entro frammenti non contigui dei geni codificanti per l’RNA ribosomiale di lievito, preferibilmente di S. cerevisiae aventi lunghezza minima di 50 bp, inseriti a valle e a monte. Il marcatore di selezione, presente nella sequenza di DNA eterologo è scelto preferibilmente tra i geni LEU2, URA3 e HIS3. Costituiscono inoltre oggetto della presente invenzione cassette di integrazione comprendenti una sequenza di DNA eterologo fiancheggiata da sequenze codificanti per l'RNA ribosomiale, i microorganismi trasformati con i vettori o con le cassette di integrazione così come definite, ed il vettore pRIMY-1 depositato presso la collezione CNMC (Collection Nationale de Cultures de Microorganismes, Institut Pasteur), il 18 luglio 2001 , con numero I-2705.
Costituiscono ulteriori aspetti dell’invenzione un procedimento per l’espressione dì proteine ricombinanti ed un procedimento per l’integrazione di sequenze di DNA eterologhe in lieviti metilotrofi, particolarmente preferiti quelli del genere Hansenula.
DESCRIZIONE DETTAGLIATA DELL’INVENZIONE
Oggetto della presente invenzione è un vettore per l’integrazione sitospecifica di sequenze di DNA eterologo in ceppi di lievito metilotrofi. I lieviti metilotrofi sono particolarmente vantaggiosi per le applicazioni fermentative in quanto sono in grado di crescere utilizzando metanolo o altre fonti semplici di carbonio come unica fonte di carbonio.
Ai lieviti metilotrofi appartengono i generi di lievito: Pichia, Hansenula, Candida, e Torulopsis. Particolarmente preferito per l’applicazione della presente invenzione è il genere Hansenula, in particolare H. polymorpha. In questo lievito, l’attività dei promotori generalmente utilizzati per la produzione di proteine eterologhe, ad esempio MOX, FMD, DHAS (Faber KN et al. ,1995, Yeasts) è repressa da glucosio, fortemente indotta in presenza di metanolo, e parzialmente indotta (derepressa) in presenza di glicerolo o di una miscela glicerolo/metanolo o anche di concentrazioni limitanti di glucosio. Queste caratteristiche fanno sì che in H. polymorpha la fermentazione possa essere effettuata in un solo passaggio (one-step), in presenza di fonti semplici ed economiche di carbonio, ad esempio glicerolo (o metanolo), con l’ottenimento di alte rese di prodotto in tempi più rapidi di quelli richiesti per uno stesso livello di induzione in un altro lievito, quale P. pastoris, che necessita invece di una fermentazione a due passaggi. Inoltre, poiché Hansenula secerne naturalmente nello spazio esocellulare poche proteine, quelle eterologhe ivi direzionate sono generalmente le più abbondanti e più facilmente purificabili.
Un’altra caratteristica di questo genere di lievito, estremamente vantaggiosa nei processi fermentativi, è la termotolleranza. H. polymorpha infatti cresce bene in un intervallo di temperatura compreso fra 30 e 42°C, con un optimum a 37°C, mentre, sia P. pastoris sia S. cerevisiae, crescono bene principalmente intorno ai 30°C.
Gli autori della presente invenzione hanno sorprendentemente trovato che quando il vettore di integrazione per lieviti metilotrofi, che costituisce l’oggetto principale della presente invenzione, e che contiene sequenze ribosomali fiancheggianti a monte e a valle una sequenza di DNA eterologo (unità di integrazione), viene utilizzato per la trasformazione di lievito, tale sequenza eterologa viene integrata ad alta frequenza ed in siti multipli in quanto il locus ribosomiale, e quindi il bersaglio di integrazione, è costituito da unità ripetute.
L’evento di integrazione multipla è seguito da eventi di duplicazione della sequenza integrata in seguito a cicli di crescita in terreno selettivo e non selettivo che aumentano ulteriormente il numero di copie integrate. Tale integrazione è quindi definita inoltre, come integrazione multicopia.
Per sequenza di DNA eterologo è intesa, ai fini della presente invenzione, una qualsiasi sequenza di DNA che si voglia integrare in multicopia e ad alta frequenza nel genoma di lievito, e che sia derivata preferibilmente da organismi diversi dal lievito (eterologa), ma anche dal lievito stesso. Tale sequenza eterologa, fiancheggiata a monte (5’) e a valle (3’) da sequenze codificanti per l’RNA ribosomiale o per suoi frammenti (anche dette integration boxes) e comprendente inoltre un marcatore di selezione opportunamente regolato per l’espressione in lievito tale da consentire la selezione dei cloni trasformati, costituisce un’unità di integrazione.
In una sua realizzazione preferita, la sequenza di DNA eterologo comprende oltre al marcatore di selezione, una cassetta di espressione per un gene eterologo del quale si voglia ottenere la corrispondente proteina ricombinante.
Uno schema dei costituenti dell’unità di integrazione e del vettore di integrazione è presentato in figura 1.
L’unità di integrazione comprendente la sequenza di DNA eterologo secondo l’invenzione, viene integrata stabilmente in siti multipli ed in multicopia nel genoma di lievito, insieme con le sequenze ribosomali fiancheggianti che si sostituiscono a quelle bersaglio nel locus ribosomiale, quando utilizzata secondo metodiche note per la trasformazione di lievito.
Questo tipo di integrazione è pertanto definita sostitutiva, al contrario di quella inserzionale in cui la sequenza eterologa, costituita dall’intero vettore, si aggiunge a fianco del sito bersaglio. L’integrazione sostitutiva è vantaggiosa rispetto a quella inserzionale in quanto il DNA eterologo che viene integrato nel genoma di lievito è solo quello contenuto entro le sequenze di DNA ribosomiale, cosicché si possono escludere le sequenze plasmidiche di origine batterica (origine di replicazione e geni per la resistenza) inutili e forse anche dannose per il lievito.
Secondo la presente invenzione, il vettore messo a punto consente un’integrazione sito-specifica mirata al locus ribosomiale, costituito dall’ rDNA multicistronico di lieviti metilotrofi, preferibilmente di H.
polymorpha.
H. polymorpha è dotata di circa 25 unità ripetute di geni per Γ rDNA, che come in Saccharomyces cerevisiae sono organizzate in gruppo o “cluster” su un unico cromosoma. Nonostante il cluster di rDNA in H. polymorpha sia rappresentato da un numero di unità inferiore a quello di S. cerevisiae (25 rispetto a circa 100 in S. cerevisiae) la frequenza di integrazione della cassetta di integrazione nel sito bersaglio risulta comunque notevolmente aumentata rispetto ad un bersaglio presente solo in singola o duplice copia nel genoma di lievito, quali ad esempio il locus MOX o AOX e l’unità di integrazione, integrandosi in diversi punti del locus ribosomiale subisce una prima “amplificazione”.
In seguito, crescendo i trasformanti contenenti l’unità integrativa in forma stabile alternativamente in terreni minimi e terreni completi, secondo procedure e con terreni selettivi e non selettivi noti al tecnico del ramo, l’unità integrativa viene ulteriormente amplificata per successive duplicazioni in tandem in ciascun sito di integrazione, originando multicopie stabili.
In H. polymorpha ciascuna delle 25 unità è lunga 8.1 kb e codifica per l’RNA, 18S, 5.8S, 25S e 5S.
Sorprendentemente, è stato osservato dagli autori della presente invenzione che, segmenti non contigui di questi geni, derivati da lieviti di specie diverse, aventi lunghezza minima di 50 bp, inseriti a valle e a monte di una sequenza di DNA eterologo sono sufficienti a garantire ricombinazione omologa di tale sequenza nel locus ribosomiale bersaglio, in lieviti metilotrofi. In particolare, nel genere Hansenula, un evento di ricombinazione sito-specifica stabile e ad alta frequenza risulta particolarmente sorprendente.
Particolarmente preferito come sito di bersaglio di integrazione e quindi come sequenze fiancheggianti (integration boxes) la sequenza di DNA eterologo o la cassetta di espressione sul vettore, sono le sequenze codificanti per l’RNA 25S. Il locus ribosomiale è altamente conservato in lievito: ad esempio esiste un’omologia di circa il 90% tra le sequenze ribosomali codificanti per l’RNA 25S di Saccharomyces cerevisiae e Hansenula polymorpha che pure sono tassonomicamente alquanto distanti. Questo alto livello di omologia garantisce un’integrazione mediante ricombinazione omologa dei vettori o delle cassette di integrazione secondo la presente invenzione, in tutti i lieviti finora studiati. Pertanto il vettore o l’unità di integrazione dell’invenzione, possono essere utilizzati in tutti i lieviti, anche non metilotrofi, posto che le sequenze di regolazione specifiche, quali ad es. i promotori, siano sostituiti con sequenze adatte al particolare lievito trasformato.
L’alta frequenza degli eventi integrativi nei siti bersaglio e la successiva duplicazione (amplificazione) delle cassette che lì si integrano, consentono di ottenere un risultato estremamente vantaggioso in particolare nei lieviti del genere Hansenula.
Infatti l’alta frequenza di integrazione, legata al numero di siti bersaglio presenti nel locus ribosomiale, sommata all’evento di duplicazione (amplificazione in tandem) di copie di DNA eterologo, che si ottiene in seguito alla crescita dei cloni trasformanti in terreno ricco e terreno minimo, da una parte aumenta il numero di copie integrate, e dall’altra riduce le procedure a valle della trasformazione e necessarie invece nei vettori deN’arte nota, per selezionare cloni multicopia.
L’evento di integrazione in diversi siti bersaglio nel locus ribosomiale aumenta inoltre la stabilità dei cloni trasformanti e rappresenta pertanto un ulteriore aspetto particolarmente vantaggioso della presente invenzione.
Una alta frequenza di integrazione, quale quella ottenuta con i vettori della presente invenzione rappresenta inoltre un evento del tutto inaspettato in Hansenula: come ampiamente documentato in letteratura infatti, gli eventi integrativi in questo lievito sono generalmente rari ed avvengono a bassa frequenza. E’ infatti noto che l’integrazione in multicopia in Hansenula è in genere associata ad eventi integrativi casuali (non sito-specifici) al contrario che in altri lieviti non metilotrofi. L'evento di integrazione mediato dalle sequenze ribosomiali utilizzate nel vettore secondo l’invenzione riguarda qualsiasi tipo di sequenza di DNA eterologo e non eterologo. Pertanto sono comprese nella presente definizione di sequenza di DNA eterologo sia cassette di espressione definite come sequenze di DNA comprendenti un gene o un cDNA eterologo del quale si voglia ottenere produzione della corrispondente proteina ricombinante che sono quindi opportunamente regolate da sequenze specifiche per il lievito metilotrofo (quali ad es. i promotori), sia una qualsiasi sequenza di DNA eterologo o di lievito che sia utile integrare in multicopia nel genoma di lievito, anche non necessariamente codificante per una proteina.
Il marcatore di selezione, presente nella sequenza di DNA eterologo è scelto preferibilmente tra i geni LEU2, URA3 e HIS3 che consentono di recuperare il fenotipo di prototrofia in ceppi di lievito auxotrofi rispettivamente per leucina, per uracile o per istidina. Altri geni o marcatori di selezione sono comunque utilizzabili nel vettore o unità integrativa secondo l’invenzione, quali i marcatori di selezione dominanti ad esempio quello che conferisce resistenza all’antibiotico G-418 (anche indicato con G-418<R >oppure con aminoglicoside 3’-fosfotrasferasi batterica, APH) o quello per la resistenza alla pleomicina (Hollenberg CP and Gellissen G, 1997). La procedura di selezione dei trasformanti avviene in dipendenza del marcatore scelto, secondo metodi noti al tecnico del ramo. Nella realizzazione preferita, con i marcatori scelti tra i geni LEU2 o URA3 o HIS3, essa avviene su terreno minimo che non contiene il componente verso il quale, mediante trasformazione, si intende ristorare la prototrofia (uracile o leucina o istidina) secondo metodi noti nell’arte. Particolarmente preferiti sono i marcatori di selezione URA3 e LEU2. Il marcatore di selezione è anch’esso regolato da un opportuno promotore e terminatore della trascrizione, che ne regolino la trascrizione nel genere di lievito prescelto.
Nel caso in cui l’unità di integrazione comprenda una cassetta di espressione, aspetto che costituisce una realizzazione preferita della presente invenzione, questa comprende almeno le seguenti regioni funzionali: a) un promotore attivo nei lieviti metilotrofi che ne regoli la trascrizione in modo inducibile o costitutivo; b) una sequenza di DNA eterologa codificante per la proteina, polipeptide o peptide di utilità; c) opportune sequenze di terminazione della trascrizione, quali ad esempio il terminatore della trascrizione derivato dal gene FLP del plasmide 2μιη di S. cerevisiae.
I promotori MOX ed FMD sono, in una realizzazione particolarmente preferita dell’invenzione, i promotori che regolano l’espressione del gene eterologo, perché indotti ad alti livelli dal metanolo. Altri promotori specifici per i lieviti metilotrofi sono comunque utilizzabili, quali ad esempio CAT1 (catalasi-1) e DHAS (diidrossiacetone sintetasi) (Gleeson MA and Sudbery PE, 1988) i cui livelli di induzione da parte del metanolo sono paragonabili a quelli di MOX e FMD.
La proteina o il peptide o l’oligopeptide eterologo vengono preferibilmente espressi in forma secreta, mediante clonaggio di una sequenza segnale preferibilmente di lievito, al 5’ della sequenza di DNA codificante per la proteina di interesse. Tali sequenze segnale (leader peptide) sono preferibilmente scelte tra: quella della tossina killer di K. Lactis e di S. cerevisiae, quella della sequenza leader del fattore MFoc1 (Mating Factor-1) di S. cerevisiae , quella della glucoamilasi di Aspergillus niger e la pre-pro sequenza derivata dal gene della glucoamilasi-1 , GAMI di Schwanniomyces occidentalis (Gellissen G and Hollenberg CP, 1997; Hollenberg CP and Gellissen G, 1997). Particolarmente preferita è la sequenza segnale della tossina killer di K. Lactis (numero di accesso: X00762).
L’integrazione nel sito bersaglio dell’unità di integrazione, avviene preferibilmente mediante trasformazione con la sola cassetta di integrazione, estratta dal vettore intero utilizzando opportuni enzimi di restrizione, scelti in modo tale da non interrompere l’unità integrativa.
Nella sua realizzazione preferita, costituita dal vettore pRIMY-1 depositato presso la collezione CNMC (Collection Nationale de Cultures de Microorganismes, Institut Pasteur), il 18 luglio 2001, con numero I-2705, l’unità integrativa viene estratta mediante restrizione con l’enzima Clal, che taglia in due siti, ai lati delle integration boxes. La cassetta di integrazione può essere opzionalmente purificata dopo la restrizione enzimatica, secondo metodi noti nel settore, ad esempio mediante separazione elettroforetica su gel di agarosio. Alternativamente il vettore può essere utilizzato anche tal quale senza digestione enzimatica o con una digestione che linearizza in un solo punto purché esterno all’unità integrativa.
Nel vettore secondo l’invenzione i frammenti di rDNA ( integration boxes) agli estremi dell’unità di integrazione, sono costituiti da sequenze derivate dal locus codificante per IYDNA di Saccharomyces cerevisiae. Tale locus contiene le sequenze di DNA codificanti per l’RNA 25S, 18S, 5.8S e 5S, tutte ugualmente utilizzabili come “integration boxes”. Segmenti non contigui di questi geni, aventi lunghezza minima di 50 bp, inseriti a valle e a monte di una sequenza di DNA eterologo sono sufficienti a garantire ricombinazione omologa di tale sequenza nel locus ribosomiale bersaglio. Particolarmente preferite sono le sequenze derivate dal gene codificante per l’RNA 25S, ancor più preferibilmente quelle costituite dai frammenti 1-548, EcoR\-Bcl\, di 0.55 kb e dal frammento 1545-2651 , Bgl\\-EcoR\, di 1 ,1 kb, della sequenza identificata con il numero di accesso J01355 in GenBank, poste rispettivamente al 5’ e al 3’ della sequenza di DNA eterologo (vedi fig. 2). Frammenti adiacenti o comprendenti le sequenze identificate o diversi da esse ma comunque derivati dai geni codificanti per l’RNA 25S, 18S, 5.8S e 5S di S. cerevisiae o dì altri lieviti possono comunque essere utilizzate nella presente invenzione.
Indipendentemente dalla realizzazione preferita, altre sequenze aventi funzione analoga (terminatori di trascrizione, promotori, sequenze codificanti per peptidi segnale, geni per la selezione) e derivate sia da lievito che da altri organismi, sono comunque utilizzabili nella cassetta di espressione per l’espressione del gene di interesse o per quello di selezione, secondo quanto noto nello stato deH’arte. Sono quindi comprese nella portata della presente invenzione tutte le unità di integrazione, comprendenti una o più cassette di espressione, genericamente costituite da: una sequenza codificante per un RNA ribosomiale di lievito o per suoi frammenti, inserite secondo metodi noti nello stato dell’arte, a monte e a valle di una cassetta di espressione per il gene, cDNA, o frammento di DNA che si voglia esprimere in forma ricombinante, e dotata di tutte le sequenze di regolazione necessarie per l’espressione, ad esempio: promotore, ribosome-binding-site, opzionalmente una sequenza segnale, fusa nello stesso trame di lettura con il gene di interesse, terminatore per la trascrizione ed altre, note al tecnico del ramo.
Rientrano nella portata della presente invenzione, tutti i vettori, amplificabili in batteri, comprendenti l'unità di integrazione specifica per il locus ribosomiale di lieviti metilotrofi secondo quanto descritto, indipendentemente dal gene di interesse ivi clonato e dalle sequenze esterne all’unità di integrazione, indispensabili per l’amplificazione in batteri.
Nel vettore pRIMY-1 depositato presso la collezione CNMC (Collection Nationale de Cultures de Microorganismes, Institut Pasteur), il 18 luglio 2001 , con numero I-2705, il gene di interesse è rappresentato dalla sequenza codificante per il lisozima umano (num. di accesso in banca dati: M19045, frammento 68-464), fuso in frame con la sequenza per il peptide segnale della tossina di K. Lactis. In questo modo il lisozima ricombinante viene secreto all’esterno della cellula dove può essere facilmente rilevabile e dosabile con un saggio di attività batteriolitica su piastra o “lysoplate assay” (Castanón MJ, et al., 1988, Gene 66: 223-234). Il lisozima umano ricombinante, clonato in questo vettore e secreto in H. polymorpha, rappresenta perciò solo un gene reporter utilizzato per la semplicità di rilevamento del prodotto finale. E’ chiaro però che il lisozima umano prodotto rappresenta solo un esempio di realizzazione particolare tra le tante possibili. Esempi di proteine ricombinanti prodotte mediante l’uso del vettore secondo l’invenzione e quindi comprese nella portata della presente invenzione sono ormoni, enzimi, peptidi, sostanze farmacologicamente attive, vaccini, o generalmente tutte le proteine efficientemente espresse in lievito.
L'invenzione comprende inoltre tutti i vettori amplificabili in batteri e comprendenti l’unità di integrazione per i lieviti metilotrofi così come definita, indipendentemente dal gene di interesse clonato e dalle sequenze esterne alla cassetta di integrazione, indispensabili per l'amplificazione del vettore in batteri, genericamente comprendenti almeno: un’origine di replicazione per E.coli, un gene per la resistenza in E.coli ed una serie di siti unici di clonaggio, polylinkero multicloning site. Secondo un’ulteriore realizzazione dell’invenzione, questa comprende inoltre i microorganismi trasformati con i vettori precedentemente descritti, in particolare batteri quali E. coli , di cui una realizzazione preferita è costituita dal ceppo trasformato con il vettore pRIMY-1 depositato presso la collezione CNMC (Collection Nationale de Cultures de Microorganismes, Institut Pasteur), il 18 luglio 2001 , con numero I-2705, dove il vettore viene mantenuto per attuare le procedure di clonaggio delle sequenze di interesse, ed i lieviti, preferibilmente metilotrofi quali i generi Pichia, Hansenula, Candida e Torulopsis, facilmente trasformabili con i vettori o con l’unità di integrazione della presente invenzione secondo metodiche note al tecnico del ramo. Particolarmente preferiti sono i lieviti metilotrofi del genere Hansenula, in particolare H. polymorpha, trasformati con i vettori o con le unità di integrazione secondo l’invenzione, o con il vettore pRIMY-1 depositato presso la collezione CNMC (Collection Nationale de Cultures de Microorganismes, Institut Pasteur), il 18 luglio 2001 , con numero I-2705. I vettori secondo l’invenzione o l’unità di integrazione purificata, vengono acquisiti da lieviti o batteri mediante trasformazione effettuata secondo metodiche note nello stato deN’arte. In accordo con una realizzazione preferita della presente invenzione, la trasformazione di lievito avviene secondo il metodo descritto da Faber et al. Journal of General Microbiology (1992) 138: 2405-241 6).
Costituisce un ulteriore oggetto della presente invenzione un metodo per l’integrazione omologa (sito-specifica), sostitutiva e multicopia di tali sequenze nel locus ribosomiale dei lieviti metilotrofi: Pichia, Hansenula, Candida, e Torulopsis, dove tale integrazione è stabile per oltre 50-70 generazioni, ed avviene con alta frequenza.
Il procedimento secondo l’invenzione consente un’integrazione dell’unità integrativa a livello delle sequenze di DNA codificanti per l’RNA 25S o 18S o 5.8S o 5S, preferibilmente 25S ed è caratterizzato dal fatto di utilizzare i vettori secondo l’invenzione, contenenti a valle e a monte dell’unità integrativa le sequenze di DNA codificanti per tali rRNA.
In particolare, quando il vettore della presente invenzione è utilizzato per la trasformazione di H. polymorpha con un gene o una sequenza di DNA o un cDNA opportunamente regolato, i ceppi trasformanti possono essere fermentati mediante fermentazione ad un solo passaggio, utilizzando fonti semplici ed economiche di carbonio, quali ad esempio glicerolo e metanolo, con l’ottenimento di alte rese di prodotto in tempi più rapidi di quelli richiesti per uno stesso livello di espressione in un altro lievito, quale P. pastoris, che necessita invece di una fermentazione a due passaggi.
Poiché in una realizzazione preferita dell’invenzione l’unità di integrazione comprende almeno una cassetta di espressione, come sopra definita e contenente il gene di interesse, l'invenzione riguarda inoltre un procedimento per l’espressione di proteine ricombinanti in lieviti metilotrofi, preferibilmente appartenenti al genere Hansenula, ancor più preferibilmente H. polymorpha, caratterizzato dal fatto di utilizzare i vettori o l’unità di integrazione secondo l’invenzione.
Tale procedimento comprende almeno le seguenti fasi: trasformazione dei ceppi di lievito con i vettori o con l’unità integrativa dell'invenzione, selezione dei trasformanti su terreno selettivo, amplificazione dell’unità integrativa mediante crescita alternata su terreni selettivi e non selettivi, selezione dei ceppi migliori per produttività, fermentazione a passaggio unico (one-step) in terreno di coltura noti neH’arte e comprendenti una fonte semplice di carbonio quale glicerolo o di una miscela glicerolo/metanolo, oppure metanolo e da una fase di recupero del brodo di coltura esausto o dei lieviti a seconda che la proteina sia secreta o meno, per la purificazione del prodotto ricombinante. La fase di selezione dei cloni overproduttori può essere effettuata mediante fermentazioni su piccola scala oppure mediante analisi genetiche, per verificare il numero di copie delle unità integratesi nel genoma. La fase di fermentazione è convenientemente effettuata a temperature comprese tra 30°C e 42°C, preferibilmente comprese tra 34°C-39°C, o ancor più preferibilmente compresa tra 36.5°C e 37,5°C. Più in particolare il procedimento per l’espressione di proteine ricombinanti eterologhe, comprende oltre al procedimento di trasformazione del lievito descritto da Faber et al. e brevemente ricordato, i seguenti passaggi:
- preparazione delle cellule competenti alla trasformazione
- trasformazione con il vettore linearizzato o con l’unità di integrazione, eventualmente anche in presenza di DNA carrier
- piastratura su terreno selettivo ed incubazione dei lieviti trasformati ad una temperatura compresa tra 28°C e 32°C, preferibilmente 30°C per almeno 48 ore, preferibilmente 72 ore
- crescita in alternanza su terreni selettivi e non selettivi, a temperatura compresa tra 28°C e 42°C, ancor più preferibilmente compresa tra 36,5°C e 37,5°C
- analisi fenotipica dei trasformanti con migliori caratteristiche di produttività
- fermentazione dei ceppi migliori in singolo passaggio su fonti semplici di carbonio.
La fase di recupero del prodotto ricombinante può alternativamente prevedere il recupero dei lieviti, nel caso in cui la proteina sia prodotta intracellularmente dal lievito, o del surnatante nel caso in cui la proteina sia secreta.
PARTE SPERIMENTALE
Esempio. 1: Costruzione del vettore pRIMY-1.
Il bersaglio di integrazione del vettore o dell’unità integrativa secondo l’invenzione è costituito dall’ rDNA multicistronico di H. polymorpha : in questo lievito sono state identificate circa 25 unità ripetute dei geni per l’rDNA che, come Saccharomyces cerevisiae, sono organizzate in cluster su un unico cromosoma.
Il vettore di integrazione pRIMY-1 depositato presso la collezione CNMC (Collection Nationale de Cultures de Microorganismes, Institut Pasteur), il 18 luglio 2001 , con numero I-2705, è di tipo sostitutivo ( replacement vector) e contiene una cassetta di espressione ed un marker per la selezione clonati all'interno di segmenti di DNA in grado di ricombinarsi con il cromosoma di Hansenula, nel locus dell’ rDNA: l’appaiamento omologo su entrambi i lati del bersaglio cromosomico (doppio Crossing over) fa sì che il DNA esogeno integrandosi sostituisca il segmento cromosomico che serve da bersaglio o target di integrazione.
In H. polymorpha, ciascuna unità di rDNA è lunga 8.1 kb e comprende le sequenze codificanti per l’RNA ribosomiale 18S, 5.8S, 25S e 5S, la cui sequenza è pubblicata in Blandin G, et al., FEBS Letters (2000) 487: 76-81. Nel vettore dell’invenzione, gli integration boxes (le sequenze per la ricombinazione) sono due segmenti non contigui del gene per l’rDNA 25S di S. cerevisiae lunghi, rispettivamente, 0.55 e 1.1 kb e corrispondenti ai frammenti 1-548, EcoR\-Bcl\, di 0.55 kb e dal frammento 1545-2651 , Bgl\\-EcoR\, di 1 ,1 kb, della sequenza identificata con il numero di accesso (GenBank) J01355.
In figura 2 è illustrata la mappa del vettore, pRIMY-1. L’unità di integrazione (cioè la parte del vettore che si integra) contiene una cassetta di espressione ed un gene per la selezione, la cassetta di espressione è costituita dal promotore MOX di H. polymorpha, ceppo DL1 (PMOX nella figura 2; ref. Ledeboer AM, Edens L, Maat J, Visser BJW, Verrips CT, Eckart M, Roggenkamp R and Hollenberg CP: Nucleic Acids Research (1985) 13: 3063-3082), dalla sequenza del cDNA che codifica per la forma matura del lisozima umano fusa in trame con la sequenza segnale della tossina killer di K. lactis (HLZ) e dal terminatore di trascrizione (T) FLP di S. cerevisiae (HLZ e FLP in Baldari C, Murray JAH, Ghiara P, Cesareni G and Galeotti CL EMBO Journal (1987) 6: 229-234). La cassetta di espressione e il marker genetico per la selezione dei trasformanti (il gene UFIA3 di S. cerevisiae, Rose M, Grisafi P and Botsein D, Gene (1984) 29: 113-124) sono fiancheggiati dalle due sequenze del gene per l’rDNA 25S di S. cerevisiae che, come detto precedentemente, costituiscono le regioni in grado di ricombinarsi, con un doppio Crossing over, con le omologhe sequenze nel genoma di Hansenula. Il cDNA del lisozima umano fu incluso in questo costrutto come gene reporter per verificare l’integrazione in multicopia della cassetta di espressione nel genoma di Hansenula : l’attività enzimatica (batteriolitica) del lisozima può essere, infatti, agevolmente valutata mediante metodi rapidi su piastra che facilitano la selezione dei trasformanti.
Il vettore fu costruito, in passaggi successivi, nel ceppo di Escherichia coli DH5a, utilizzando le metodiche descritte per il DNA ricombinante in Sambrook J, Fritsch EF and Maniatis T: Molecular Cloning. A laboratory manual. 2<nd >ed. Cold Spring Harbor Laboratory Press, Cold Spring Harbor, N.Y. 1989; il vettore contiene, quindi, al di fuori dell’unità di integrazione, una origine di replicazione e un gene per la resistenza aN’ampicillina (non illustrati in Fig. 2).
Il vettore pRIMY-1, fu costruito attraverso una serie di passaggi descritti di seguito sinteticamente, seguendo metodiche di ingegneria genetica riportate ad esempio nel manuale sopra citato.
Il gene URA 3 (nt. 3-1166) fu amplificato da Saccharomyces cerevisiae (Accession number: K02207; Rose et al. 1984) mediante PCR, con i seguenti primer:
URA3-for: <5 >GCGGGGATCCTTTTCAATTCAATTCATCAT<3'>; e
URA3-rev: <5>GAGGGATCCTCTAGAGCTTTTTCTTTCCAATTTT<3' >aggiungendo un sito SamHI ad entrambe le estremità del gene e un sito Xba\, più internamente del SamHI, all’estremità 3’; l’amplificato ottenuto (1186 paia di basi) fu digerito con SamHI ed inserito nei siti compatibili Bcl\-Bgl\\ del plasmide pScr25 (Rossolini et al., 1992), all’interno della sequenza del DNA codificante per l’RNA 25S clonato come frammento EcoRI di 2.6 kb del gene per l’rDNA 25S di Saccharomyces cerevisiae (nt. 1-2651 della sequenza J01355), ottenendo il plasmide pScr25-URA3.
Il frammento EcoRI di questo costrutto, contenente i due integration boxes di rDNA (cioè i due segmenti non contigui del gene per l’rDNA 25S, rispettivamente EcoR\-Bcl\ di 0,55 kb e Bgl\\-EcoR\ di 1.1 kb, rispettivamente allegati nel listato sequenze come seqlDI e seqlD2), e all’interno il gene URA3, fu quindi subclonato nel sito EcoRI del plasmide pSP70, (Promega, Madison, Wl) (ottenendo il plasmide pSP70-25S-URA3).
Il promotore MOX di Hansenula polymorpha fu amplificato mediante PCR dal ceppo DL1 noto in letteratura, utilizzando i primer MOXP-for (<5>GGGAAGAACCGCGACATCTC<3>) e MOXP-rev, che introduce un sito aggiuntivo Sacl fGGGAGCTCTTTGTTTTTGTACTTTAG<3’>); l’amplificato, fu clonato nel sito Smal del polylinker del vettore pBluescript SK (Stratagene, La Jolla, CA) per ottenere il plasmide SK-PMOX. La sua sequenza fu determinata ed è allegata nel listato sequenze come seq IDN3. Il frammento Sacl di questo costrutto fu quindi rimosso ed inserito nel sito Sacl del plasmide YlprD1-LYS (Rossolini et al., 1992), a monte della sequenza segnale della tossina killer di Kluyveromyces lactis, ottenendo il plasmide YlprD1-MOX-LYS. Il vettore pRIMY-1 è stato infine ottenuto subclonando il frammento Xba\ di 1.9 kb del plasmide YlprD1-MOX-LYS (contenente il promotore MOX più la cassetta di espressione composta da: sequenza segnale della tossina killer di K. lactis fusa in trame con il cDNA codificante il lisozima umano e terminatore trascrizionale derivato dal plasmide 2μιτι di S. cerevisiae (Rossolini et al., 1992) nel sito Xbal del plasmide pSP70-25S-URA3 (Fig.1).
Esempio 2. Trasformazione del ceppo di H. polymorpha LR9 con il vettore pRIMY-1 ed espressione della proteina ricombinante lisozima.
Terreni di coltura e di crescita utilizzati.
Terreno minimo SD: 0.67% (p/v) Yeast Nitrogen Base w/o aminoacids (Difco) con 2% glucosio (p/v) (SDD) o 1% metanolo (SDM), e supplementato con uracile (50 pg/ml) quando necessario.
Terreno completo YP: 1% (p/v) estratto di lievito (Difco), 2% (p/v) peptone (Difco), con 2% di glucosio (YPD) o 1 % metanolo (YPM).
In alcuni esperimenti di espressione la fonte di carbonio era costituita da glicerolo al 2% oppure da metanolo 1% glicerolo 1%.
Negli esperimenti di misurazione del livello di espressione dell’attività batteriolitica, comportanti crescite in brodo per alcuni giorni, metanolo allo 0.25% fu aggiunto quotidianamente.
L’estrazione dell’unità di integrazione dal vettore fu effettuata mediante digestione con l’enzima C/al. C/al taglia agli estremi degli integration boxes e genera un frammento di 4.7 kb (vedi Fig. 2) che rappresenta l’unità di integrazione, contenente alle estremità gli integration boxes di rDNA e, all’interno di esse, la cassetta di espressione e il gene URA3. L’estrazione dell’unità di integrazione dal vettore fu effettuata per facilitare la ricombinazione a livello delle regioni omologhe sul genoma di lievito. L’unità di integrazione consente l’integrazione mirata di tale unità nel locus cromosomico che contiene i geni per l’rDNA 25S di H. polymorpha.
Circa 5 microgrammi totali del vettore pRIMY-1 furono digeriti con l’enzima C/al ed usati per trasformare il ceppo Ura<' >di H. polymorpha LR9 (Roggenkamp R, Hansen H, Eckart M, Janowicz S and Hollenberg CP, Molecular and General Genetics (1986) 202: 302-308.) secondo la metodica descritta in (Faber KN et al. J. Gen. Microbiol. (1992) 138: 2405-2416, che viene di seguito riportata: una coltura “starter” del ceppo di lievito H. polymorpha LR9 (Ura<‘>), è stata preparata inoculando una singola colonia in 10 mi di terreno YPD ed incubando overnight a 37°C in agitazione a 300 r.p.m. Le cellule di lievito furono rese competenti mediante successiva diluizione della coltura in 100 mi di terreno fresco YPD fino ad una OD6oo di 0.1 e coltivate nelle stesse condizioni fino ad una Οϋεοο di 0.8. Le cellule furono quindi raccolte, lavate in 50 mi di soluzione A [1.0 M sorbitolo, 10 mM bicina, pH 8.35, e 3% (v/v) glicol etilenico] ed infine risospese in 4 mi di soluzione A.
Le cellule competenti di H. polymorpha così ottenute, in aliquote di 0,2 mi, furono usate direttamente per la trasformazione effettuata con 5 pg del vettore linearizzato, insieme con 40 pg di DNA carrier (salmon sperm DNA frammentato e denaturato), in un volume totale di 20 pi furono aggiunti a 0.2 mi di cellule competenti.
La miscela fu posta a 37°C per 5 min., diluita con 1.5 mi di soluzione B [40% PEG4000, 200 mM bicina pH 8.35] ed incubata a 30°C per 60 min. in leggera agitazione. Le cellule furono quindi centrifugate per 5 min. a 3000 g, lavate in 1.5 mi di soluzione C [150 mM NaCI, 10 mM bicina pH 8.35], centrifugate ancora e risospese in 0.2 mi di soluzione C.
La miscela di trasformazione, opportunamente diluita, fu quindi piastrata su terreno minimo SDD e incubata per 3-4 giorni a 30°C.
Dopo 3-8 giorni di crescita a 30°C (i trasformanti di Hansenula furono coltivati inizialmente ad una temperatura inferiore a quella ottimale, di 37°C, per rallentarne la crescita e facilitare la ricombinazione e, quindi, l’integrazione del DNA esogeno) furono ottenuti 50 trasformanti, selezionati direttamente per la capacità di crescere su terreno minimo privo di uracile.
I trasformanti, cioè i cloni divenuti Ura<+ >per aver ricevuto l’unità di integrazione contenente il gene URA3, risultarono stabili, ossia in grado di mantenere il fenotipo Ura<+>, anche dopo crescita per 50-70 generazioni, in terreno completo.
I cloni ottenuti furono inizialmente analizzati, per la produzione della proteina eterologa (lisozima), attraverso la crescita in terreno completo e minimo, contenente metanolo o glucosio come fonte di carbonio e cellule di Micrococcus luteus come substrato per rilevare l’attività batteriolitica (secondo il saggio detto del lysoplate assay Castanón MJ, et al., 1988). Tutti i trasformanti sono risultarono in grado di secernere lisozima attivo, come dimostrato dalla formazione di un alone di lisi attorno alle colonie (vedi figura 3).
Alcuni trasformanti, scelti fra quelli che producevano gli aloni con diametro più grande nel saggio su piastra, furono analizzati allo scopo di quantificarne l’attività litica secreta nel terreno di coltura: dopo una crescita di 4 giorni a 37°C in terreno minimo o completo, contenente metanolo come fonte di carbonio, aliquote dei supernatanti di coltura furono analizzate mediante lysoplate assay e i risultati sono illustrati in tabella 1. La quantità di lisozima prodotta risultò variabile nei diversi cloni analizzati e correlata al numero delle copie integrate di ciascun clone (vedi Analisi genetica, Esempio 3).
Dai risultati ottenuti in questi esperimenti preliminari, fu possibile rilevare che la quantità di lisozima attivo prodotta in questo sistema è superiore a quella precedentemente ottenuta in K. lactis con un vettore integrativo e in S. cerevisiae con un vettore di tipo replicativo (Rossolini GM. et al. Gene, 1992, 119: 75-81). Inoltre, prove analoghe di espressione allestite facendo crescere i cloni ricombinanti di Hansenuìa in presenza di glicerolo, o di una miscela di glicerolo/metanolo, diedero, in termini di produzione di lisozima, risultati comparabili a quelli ottenuti facendo crescere i ceppi in presenza del solo metanolo, dimostrando quindi la possibilità di fermentare i trasformanti di H. polymorpha ottenuti secondo il metodo ed il vettore integrativo dell'invenzione, su fonti semplici di carbonio, con una fermentazione in singolo passaggio.
Le rese dei cloni analizzati furono ulteriormente ottimizzate (di un ordine di grandezza) mediante fermentazione su larga scala.
Questi risultati indicano, dunque, che il sistema messo a punto secondo la presente invenzione, consente di ottenere livelli di produzione della proteina eterologa, superiori a quelli ottenuti nei sistemi ricombinanti di lievito del’arte nota, crescendo le cellule in terreni minimi ed in presenza di fonti di carbonio economiche quali metanolo o glicerolo. Tali rese furono ulteriormente ottimizzate mediante crescita dei trasformanti in fermentatore.
Esempio 3. Analisi genetica dei ceppi trasformanti
Il vettore di integrazione secondo l’invenzione è di tipo sostitutivo (replacement vector) e contiene una cassetta di espressione ed un marker per la selezione clonati all’interno di segmenti di DNA in grado di ricombinarsi con il cromosoma di Hansenula, nel locus dell’rDNA: l’appaiamento omologo su entrambi i lati del bersaglio cromosomico (doppio Crossing over) fa sì che il DNA esogeno integrandosi sostituisca il segmento cromosomico che serve da target di integrazione.
L’analisi degli eventi integrativi occorsi dopo trasformazione fu effettuata su 12 cloni. Per l’analisi, il DNA totale (circa 2 μg) di ciascun trasformante, fu digerito con l’enzima SamHI che, come si vede in figura 2, taglia una sola volta il plasmide pRIMY-1 in corrispondenza dell’unità di integrazione (più precisamente BamH\ riconosce 1 sito unico che è immediatamente a monte del promotore MOX, vedi fig. 2), e che lascia invece integro il sito dell’rDNA di H. polymorpha : il DNA digerito dei vari cloni fu separato per elettroforesi in gel di agarosio, trasferito su nitrocellulosa ed ibridato con opportune sonde. In figura 4 è illustrato il pattern di ibridazione di alcuni dei dodici cloni, ottenuto utilizzando come sonda il promotore MOX. Assumendo come riferimento la posizione e l’intensità del segnale di ibridazione ottenuto con il ceppo LR9, si può osservare che tutti i trasformanti analizzati presentano integrazioni multiple in tandem: queste sono identificabili come bande positive di 4.7 kb, di intensità assai maggiore dell’unica banda presente in LR9 rappresentante il frammento genomico di Hansenula con 1 copia di MOX. L’analisi comparativa, effettuata tramite densitometro, della intensità di tali bande rispetto a quella presente in LR9, permise di quantificare il numero di copie dell’unità di integrazione presente in ciascun clone (vedi figura 6).
Per determinare la distribuzione dei siti di integrazione, gli stessi campioni (digestioni BamH\) furono ibridati con il cDNA del lisozima umano (sonda h-LYS) e con il frammento di 1.1 kb del 25S rDNA (sonda rDNA) di S. cerevisiae. In figura 5 è rappresentata l’analisi compiuta su 8 cloni scelti come rappresentativi delle varie situazioni di integrazione. Poiché il locus di rDNA di Hansenula non contiene siti BamH\, il segnale di ibridazione diffuso (quello a più alto peso molecolare), comigrante con il DNA genomico non digerito e presente, nell'ibridazione con la sonda di rDNA, anche nel ceppo LR9, corrisponde ad eventi integrativi in unità molto distanti di rDNA. In tutti i casi, tranne che nei cloni H13 e H17, è presente una banda più intensa di 4.7 kb, indice di una integrazione multipla in tandem, in orientamento testa-coda. Nei cloni H17, H18 e H23 è inoltre presente una banda di 8.3 kb, verosimilmente attribuibile alla inserzione multipla di copie in orientamento testa-testa. Il clone H13 mostra invece un singolo segnale di ibridazione di 6.1 kb, quando ibridato con la sonda h-LYS, e nessuna banda discreta, quando ibridato con il frammento di 1.1 kb del 25S rDNA: questo suggerisce la presenza di copie multiple in tandem, e in orientazione testa-testa, dell’unità di integrazione che, però, è priva dell integration box di 1.1 kb (vedi schema degli eventi integrativi in Fig. 6). In tutti i cloni sono inoltre presenti bande di minore intensità, di altezza superiore alle 10 kb, verosimilmente spiegabili con eventi integrativi in unità diverse (contigue o alternate) di rDNA. Il numero di copie integrate, calcolato assumendo, come riferimento per una singola copia, il segnale positivo alla sonda MOX presente nel ceppo di controllo LR9, è risultato variabile tra 8 (clone H1) e 45 (clone H5); inoltre, i cloni con il maggior numero di copie integrate contenevano le copie dell’unità di integrazione in orientazione testa-coda. Infine, esperimenti di ibridazione analoghi, ma eseguiti sui cromosomi interi dei vari cloni, hanno ulteriormente confermato che, in tutti i trasformanti, gli eventi integrativi sono avvenuti nel cromosoma contenente i geni per l’rDNA e sono quindi il risultato di eventi di integrazione sito-specifici.
I risultati presentati dimostrano, quindi, che l’unità integrativa del vettore secondo l’invenzione è in grado di dirigere l’integrazione, stabile e in multicopia di una cassetta di espressione, contenente un gene eterologo, in diverse unità dell’rDNA di H. polymorpha.
Inoltre, i trasformanti da noi ottenuti producono tutti, in misura diversa, alte concentrazioni di lisozima attivo nel terreno di coltura e questa produttività è correlata al numero delle copie integrate in ciascun clone, indicando che per ottenere un ceppo produttore non è necessario analizzare un alto numero di cloni e che pertanto gli eventi integrativi in multipla copia diretti dal vettore secondo la presente invenzione, avvengono con alta probabilità.

Claims (39)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Vettore plasmidico per l’integrazione sito-specifica in multicopia di sequenze di DNA eterologhe in un lievito metilotrofo.
  2. 2. Vettore plasmidico secondo la rivendicazione 1 dove tale integrazione è inoltre multipla
  3. 3. Vettore plasmidico secondo la rivendicazione 1 dove tale lievito metilotrofo appartiene al genere Pichia e Hansenula.
  4. 4. Vettore plasmidico secondo la rivendicazione 1 dove tale integrazione sito-specifica avviene nel locus ribosomiale
  5. 5. Vettore plasmidico secondo la rivendicazione 4 dove tale locus ribosomiale è il locus codificante per l’RNA 25S.
  6. 6. Vettore plasmidico secondo la rivendicazione 4 dove la sequenza di DNA eterologo è fiancheggiata da sequenze di DNA codificanti per l’RNA ribosomiale di lievito o per frammenti di tale DNA aventi lunghezza minima di 50 paia di basi.
  7. 7. Vettore plasmidico secondo la rivendicazione 6 dove tale RNA ribosomiale è l’RNA 25S.
  8. 8. Vettore plasmidico secondo la rivendicazione 7 dove tale RNA 25S è l’RNA 25 di S. cerevisiae.
  9. 9. Vettore plasmidico secondo la rivendicazione 8 caratterizzato dal fatto di comprendere i frammenti di 0.55 kb EcoRI-Bcll (seq IDN1) ed il frammento di 1 ,1 kb (seq IDN2) Bglll-EcoRI della sequenza codificante per l’RNA ribosomiale 25S di S. cerevisiae (numero di accesso J01355). .
  10. Vettore secondo le rivendicazioni 1-9 dove tale sequenza di DNA eterologo comprende un marcatore di selezione per il lievito.
  11. 11. Vettore plasmidico secondo la rivendicazione 10 dove tale marcatore di selezione è scelto tra le sequenze codificanti per i geni: URA3; LEU2, HIS3, G-418<R >.
  12. 12. Vettore secondo le rivendicazioni 10 dove tale sequenza di DNA eterologo comprende inoltre una cassetta di espressione.
  13. 13. Vettore secondo la rivendicazione 12 dove tale cassetta di espressione comprende almeno le sequenze di DNA corrispondenti alle seguenti regioni funzionali: - promotore per la trascrizione di sequenze di DNA codificanti proteine eterologhe in lieviti metilotrofi - una sequenza codificante per un gene di interesse - una sequenza di terminazione della trascrizione
  14. 14. Vettore secondo la rivendicazione 13 dove tale promotore è scelto tra: MOX, CAT1, FMD, DHAS.
  15. 15. Vettore secondo la rivendicazione 14 dove il promotore MOX è identificato dalla seq IDN° 3 o da suoi frammenti.
  16. 16. Vettore secondo la rivendicazione 13 comprendente inoltre una sequenza segnale per la secrezione della proteina eterologa.
  17. 17. Vettore plasmidico secondo la rivendicazione 16 dove la sequenza segnale è scelta tra: sequenza segnale della tossina killer di K. Lactis, la sequenza segnale della tossina killer di S. cerevisiae, la sequenza segnale del fattore MFa1 , la sequenza segnale della glucoamilasi di Aspergillus niger e la pre-pro sequenza della glucoamilasi 1 di Schwanniomyces occidentalis
  18. 18. Vetore plasmidico secondo la rivendicazione 13 dove la sequenza di terminazione della trascrizione è il frammento FLP del plasmide 2μιτι
  19. 19. Vettore plasmidico pRIMY-1 per l’integrazione sito-specifica in multicopia di sequenze di DNA eterologhe in un lievito metilotrofo depositato presso la collezione CNMC (Collection Nationale de Cultures de Microorganismes, Institut Pasteur), il 18 luglio 2001, con numero I-2705.
  20. 20. Promotore MOX per l’espressione di proteine ricombinanti in un lievito metilotrofo corrispondente alla seq IDN3.
  21. 21 . Unità di integrazione per lieviti metilotrofi comprendente una sequenza di DNA eterologo fiancheggiata a monte e a valle da sequenze codificanti per l’RNA ribosomiale di lievito o da frammenti di tali sequenze.
  22. 22. Unità di integrazione secondo la rivendicazione 21 caraterizzata dal fatto che tale RNA ribosomiale è l’RNA 25 S di S. cerevisiae (numero di accesso J01355)
  23. 23. Unità di integrazione secondo la rivendicazione 22 caratterizzata dal fato di comprendere frammenti di almeno 50 paia di basi della sequenza J01355
  24. 24. Unità di integrazione secondo la rivendicazione 23 caraterizzata dal fato che tali sequenze corrispondono alle sequenze identificate nel listato sequenze con il numero seq IDN1 e seqlDN2.
  25. 25. Unità di integrazione secondo la rivendicazione 21 caraterizzata dal fato che tale sequenza di DNA eterologo comprende un marcatore di selezione ed una cassetta di espressione.
  26. 26. Microorganismi trasformati con i vettori di cui alle rivendicazioni 1-19 o con le unità di integrazione di cui alle rivendicazioni 21-25
  27. 27. Microorganismo secondo la rivendicazione 26 caratterizzato dal fatto di essere un lievito metilotrofo
  28. 28. Microorganismo secondo la rivendicazione 27 dove tale lievito metilotrofo appartiene al genere Hansenula
  29. 29. Microorganismo secondo la rivendicazione 28 dove tale lievito è Hansenula polymorpha
  30. 30. Microorganismo secondo la rivendicazione 26 caratterizzato dal fatto di essere il batterio E.coli
  31. 31. Procedimento per l’integrazione di sequenze di DNA eterologhe in lieviti metilotrofi, caratterizzato dal fatto di utilizzare i vettori di cui alle rivendicazioni 1-1 o le unità di integrazione secondo le rivendicazioni 21-25
  32. 32. Procedimento secondo la rivendicazione 31 dove tale integrazione avviene mediante ricombinazione omologa nel locus ribosomiale di lieviti metilotrofi.
  33. 33. Procedimento secondo la rivendicazione 32 dove tale locus ribosomiale è quello codificante per l’RNA 25S
  34. 34. Procedimento secondo la rivendicazione 32 dove tale lievito metilotrofo appartiene al genere Pichia e/o Hansenula.
  35. 35. Procedimento secondo la rivendicazione 34 dove il lievito è Hansenula polymorpha
  36. 36. Procedimento per la produzione di proteine ricombinanti eterologhe in un lievito metilotrofo, caratterizzato dal fatto di utilizzare i vettori di cui alle rivendicazioni 12-19 o le unità di integrazione di cui alle rivendicazioni 21-25.
  37. 37. Procedimento secondo la rivendicazione 36 caratterizzato dal fatto che tale lievito metilotrofo è Hansenula polymorpha
  38. 38. Procedimento secondo la rivendicazione 37, caratterizzato dal fatto di comprendere le seguenti fasi: - preparazione delle cellule di lievito competenti alla trasformazione - trasformazione del ceppo di Hansenula polymorpha con i vettori di cui alle rivendicazioni 12-19, opzionalmente anche in presenza di DNA carrier - piastratura su terreno selettivo ed incubazione dei lieviti trasformati ad una temperatura compresa tra 28°C e 32°C, per un tempo compreso tra 60 e 80 ore - crescita in alternanza su terreni selettivi e non selettivi, a temperatura compresa tra 28°C e 42°C - analisi fenotipica dei trasformanti con migliori caratteristiche di produttività - fermentazione in singolo passaggio su fonti semplici di carbonio del trasformante selezionato
  39. 39. Procedimento secondo la rivendicazione 38, caratterizzato dal fatto che i vettori di cui alle rivendicazioni 12-19 vengono digeriti mediante restrizione enzimatica.
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