ITCR20080007A1 - Sacca per autoemotrasfusione con ozono - Google Patents

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ITCR20080007A1
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Alberto Fiameni
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Description

DESCRIZIONE
dell’Invenzione Industriale dal titolo:
“Sacca per autoemotrasfusione con ozono”
DESCRIZIONE
L’invenzione si rivolge al settore della medicina trasfusionale. Più nel dettaglio, l’invenzione riguarda un sacca sterile per contenere sangue umano durante particolari autotrasfusioni, nelle quali si arricchisce il sangue con ozono a scopo curativo.
Nel campo dell’ozonoterapia, il procedimento terapeutico basato sull’autoemotrasfusione consiste sostanzialmente nel prelievo di una certa quantità di sangue dal paziente, nell’esposizione del sangue prelevato (addittivato con anticoagulante) ad una miscela di ossigenoozono in apposito contenitore e nella successiva re-infusione del sangue ozonizzato nel paziente stesso.
Per eseguire tale procedura è necessario un dispositivo comprendente un sistema per il prelievo del sangue, un contenitore idoneo per la raccolta di detto sangue e per l’esposizione della miscela gassosa composta da ossigeno O2 ozono O3, un generatore di ozono medicale e un deflussore del sangue ozonizzato, onde permettere la re-infusione nel donatore/paziente.
Secondo tecnica nota, i contenitori da autoemotrasfusione sono prevalentemente realizzati con sacche in materiale plastico, o in alternativa con flaconi di vetro sotto vuoto.
Tali dispositivi di raccolta presentano alcuni limiti e svantaggi.
Uno dei maggiori prodotti plastici storicamente utilizzato in campo medicale per la realizzazione di sacche per autoemotrasfusione è il cloruro di polivinile. Il PVC puro è un materiale che si presenta rigido e fragile. Al fine di renderlo flessibile e idoneo all’uso si devono aggiungere al PVC prodotti stabilizzanti, lubrificanti e plastificanti, ad esempio ftalici, fino al 45% del peso del prodotto finito. Studi eseguiti, conformi alle regolamentazioni europee: “Normativa Farmacopea”, hanno riscontrato un rilascio, a contatto con Ozono, di vari componenti estere-ftalici sia nel sangue sia nelle varie soluzioni fisiologiche ozonizzate conservate nei suddetti contenitori plastici. Questa complicazione, quasi irrilevante per una singola applicazione, può creare problemi tossicologici nel corso di una terapia prolungata. Si può intuire che le sacche di plastica, anche se autorizzate per la conservazione del sangue e derivati, non sono automaticamente idonee come contenitori per il processo di ozonizzazione del sangue. Se è vero che ΓΟ3reagisce rapidamente e positivamente con i componenti plasmatici, è anche facile ipotizzare che possa reagire dannosamente con la plastica, accelerando e aumentando la degradazione e il rilascio dei vari componenti plastificanti. Da test eseguiti, reperibili in letteratura, risulta che il numero delle micro particelle in plastica rilasciato dalle sacche dopo l’ozonizzazione eccede di gran lunga il valore massimo consentito. Ciò significa che ciascuna autoemoterapia comporta la re-infusione col sangue di micro particelle di plastica.
Svantaggiosamente gli additivi rilasciati dalla plastica hanno un effetto inibitorio sulla proliferazione di linfomonociti umani: l’effetto immunostimolante dell’autoemoterapia viene almeno parzialmente inibito dagli additivi plastici diminuendo nel complesso il desiderabile effetto terapeutico.
Ancor più svantaggiosamente, gli stessi additivi, una volta somministrati, tendono ad accumularsi nel corpo del paziente, generando ulteriori problemi a causa della loro tossicità.
Di seguito si riporta una tabella che mostra i numeri delle particelle di plastica (grandezza espressa in 2, 5, 10, 20 e 25 μηι) presenti in 1 mi di soluzione fisiologica riscontrati durante test di controllo e divulgata dalle seguenti pubblicazioni:
1) Oxygen-Ozone Therapy a Criticai Evaluation - Velio Bocci, Institute of General Phisiology, 2002 ISBN 1-4020-0588-1 , University of Siena, Italy. Kluwer Academic Publishers, The Netherlands;
2) Proposta per un corretto procedimento di autoemoterapia ozonizzata - Rivista Italiana di Ossigeno-Ozono terapia 2:121-128, 2003 Ed. Centauro, Bologna, Italy.
Negli ultimi anni, si è provveduto ad eliminare gli ftalati dalla lavorazione del PVC utilizzato per le sacche: questa nuova formulazione ha superato i test della Normativa Farmacopea, rientrando però di poco nella soglia limite, e quindi non convincendo totalmente il comparto medico.
Per ovviare a questo problema di contaminazione tossica, per il contenimento del sangue ozonizzato si può ricorrere all’uso di flaconi in vetro, chimicamente inattaccabile ed inerte, incappando però in altri svantaggi, non meno importanti. I flaconi in vetro sono infatti maggiormente ingombranti, difficili da smaltire e molto fragili.
Scopo del trovato è di realizzare un contenitore che mantenga la sterilità del sangue in presenza di ozono e che possieda un’inerzia chimica tale da minimizzare la cessione al sangue di sostanze organiche provenienti dal materiale del contenitore stesso.
Tale scopo è raggiunto con una sacca per autoemotrasfusione con ozono caratterizzata dal fatto che comprende pareti aventi una struttura multistrato, in cui sono presenti almeno un primo strato rivolto verso l’interno in etil-vinil-acetato ÈVA, destinato al contatto con il sangue e un secondo strato più esterno costituito da un film plastico impermeabile all’ossigeno.
Nonostante sacche con pareti in ÈVA siano già note ed utilizzate in ambito medico, in particolare per la nutrizione parenterale, e siano prevalentemente impiegate come contenitori di soluzioni o emulsioni infusionali quali amminoacidi, vitamine, lipidi, ecc... , un solo strato di ÈVA non risulta però sufficiente a realizzare sacche per l’autoemotrasfusione con ozono: è noto infatti che detto materiale presenta problemi di interscambio di ossigeno O2 con l’esterno. Essendo molto permeabile all’ossigeno dell’aria, viene infatti utilizzato anche per confezioni alimentari, ad esempio per la conservazione di frutta o verdura.
Si direbbe perciò impossibile utilizzare l’etil-vinil-acetato ÈVA per sacche trasfusionali contenenti miscele gassose di ossigeno e ozono. Si è però superato detto pregiudizio dell’uso di un materiale permeabile all’ossigeno in un’applicazione che deve invece evitare questa proprietà. Ciò è reso possibile dall’accoppiamento dello strato in ÈVA con uno o più film plastici, atti a fungere da barriera all’ossigeno.
Secondo una prima variante del trovato è possibile utilizzare un foglio bi-strato, dove l’EVA è sempre a contatto con il sangue per l’autoemotrasfusione e quindi risulta all’interno della sacca, che è invece totalmente rivestita da un secondo film, in materiale plastico, assolutamente impermeabile all’ossigeno.
Varianti preferite prevedono che tale barriera all’ossigeno sia realizzata, indifferentemente, con Polipropilene PP, o Poliuretano PU o Polietilene a bassa densità PELD o Polivinilcloruro PVC senza ftalati. Altri materiali plastici alternativi noti al tecnico del settore potranno essere utilizzati, purché adatti allo scopo sopracitato.
Secondo ulteriori varianti del trovato le pareti della sacca risultano composte da una struttura tri-strato, in cui ad esempio, l’accoppiata ÈVA - PP è rivestita da un terzo film ancora più esterno in ÈVA, che agevola la saldabilità di ulteriori componenti in ÈVA, come i raccordi di ingresso/uscita, e conferisce una protezione termica supplementare. Secondo un aspetto preferito dell’invenzione detta struttura comprendente una pluralità di strati è prodotta per coestrusione.
Il trovato si rivela quindi molto vantaggioso, adatto all’uso, e con ottime proprietà chimiche e fisiche di assoluta atossicità.
I test di idoneità eseguiti su una sacca con pareti strutturate secondo la presente invenzione hanno riportato tutti valori inferiori a quelli previsti dalla “Farmacopea Ufficiale Italiana” e quindi conformi alle richieste di legge per l’utilizzo al quale è previsto il dispositivo medico in oggetto, ovvero per autoemotrasfusione con ozono.
Per l’esecuzione dei test l’inventore si è attenuto ai seguenti riferimenti normativi:
- European Pharmacopeia ed. 0.5 e successivi aggiornamenti;
- UNI EN ISO 15747:2005 “Contenitori di plastica per iniezioni intravenose”.
Il primo test, detto “Test di rilascio particellare”, ha lo scopo di verificare l’eventuale contaminazione particellare costituita da particelle estranee introdotte dal processo produttivo, non disciolte e mobili involontariamente, presenti all’interno della sacca secondo il trovato. I risultati evidenziano un’assenza di frammenti presenti per mi di capacità nominale della sacca: i soli frammenti presenti sono quelli riscontrati anche sul bianco, ovvero in una soluzione fisiologica presa tale e quale dal suo contenitore consistente in una bottiglia in vetro.
Il secondo test, detto “Test di compatibilità con l’ozono”, ha lo scopo di verificare l’eventuale migrazione di componenti (ftalati, cloruro di vinile, acetato di vinile, acetato di etile, ecc...) nel liquido da infondere al paziente, sia in condizioni standard di operatività che in condizioni estreme, quale margine di sicurezza. Il liquido scelto per simulare il sangue è costituito da 225 mi di fisiologica al 0,9% di NaCI, ozonizzata, addizionata con 25 mi di anticoagulante sodio citrato. I risultati evidenziano innanzitutto assoluta identità tra i risultati ottenuti dai campioni impiegati nelle condizioni standard di operatività e dai campioni impiegati nelle condizioni estreme di sicurezza, sottolineando, quindi, l'affidabilità dei materiali scelti per l’utilizzo previsto; infatti una concentrazione doppia di ozono ed un tempo di contatto doppio non evidenziano un aumento del livello di degradazione del materiale con il quale è prodotto il dispositivo.
Sempre vantaggiosamente, il trovato assicura una procedura medica senza problemi di tossicità e danni al paziente, riduce i rischi settici ed evita qualsiasi interscambio tra le componenti del suo film strutturato e i composti contenuti.
La forma e le dimensioni della sacca assicurano inoltre un minimo ingombro, sia per l'immagazzinamento, sia durante l’uso presso il paziente, e ne garantiscono anche un facile smaltimento dopo l’applicazione, comportando minori spese rispetto, ad esempio, ai flaconi in vetro.
I vantaggi dell’invenzione saranno maggiormente evidenti nel seguito, in cui viene descritta una modalità preferita di realizzazione, a titolo esemplificativo e non limitativo, e con l’aiuto delle figure dove: la Fig. 1 rappresenta, in vista dall'alto, una sacca per autoemotrasfusione con ozono secondo il trovato;
le Fig. 2 e 3 rappresentano due possibili generiche sezioni trasversali delle pareti della sacca, in cui le proporzioni sono alterate per chiarezza di raffigurazione.
Con riferimento alla Fig. 1 , è mostrata una sacca per un set di autoemotrasfusione con ozono, conforme all’invenzione.
Nella fattispecie, è mostrata una sacca S da 500 mi con pareti comprendenti almeno uno strato interno a contatto col sangue in ÈVA, con tre vie d’ingresso/uscita: un primo foro 1 consente l’innesto per un tubo 4 convogliante i! sangue all’interno della sacca; un secondo foro 2 connesso ad un cono vial 5, permette la reinfusione al paziente, tramite un gocciolatore (non illustrato), del suo stesso sangue ozonizzato e mantenuto fluido con anticoagulante secondo tecnica nota. Un terzo foro 3 consente l'inserimento della miscela gassosa di ossigeno-ozono tramite una siringa, attraverso un filtro antibatterico 6.
Riferendosi alla Fig. 2, le pareti della sacca S sono realizzabili ad esempio con una struttura multistrato comprendente i seguenti materiali: per lo strato interno E, a contatto con il sangue B trattato con anticoagulante ed ozono, si utilizza etil-vinil-acetato ÈVA; per lo strato più esterno P, a contatto con l’aria O, si utilizza un film di materiale plastico impermeabile all’ossigeno, ad esempio polipropilene PP.
L’accoppiamento tra lo strato E ed il film plastico P è realizzato, di preferenza, mediante coestrusione.
Lo strato P costituisce un elemento di barriera, a protezione del contenuto della sacca S, atto a bloccare l’interscambio di ossigeno tra interno ed esterno.
La Fig. 3 illustra un’ulteriore struttura pluristrato costituente le pareti della sacca S, in cui è presente, in aggiunta rispetto alla struttura di Fig. 2, uno strato più esterno E’, sempre in etil-vinil-acetato ÈVA.
Lo strato E’ funge da ulteriore barriera contro il possibile rilascio di sostanze tossiche, nel caso ad esempio lo strato intermedio fosse realizzato in PVC con o senza ftalati; da garanzia di maggiore saldabilità delle pareti tra loro e con componenti esterni accessori; da supplementare protezione termica e contro i raggi UV.
Il tri-strato (E, P, E’) presenta le seguenti proprietà fisiche e dimensionali:
densità media = 0,94 g/cm<3>
velocità di trasmissione del vapor acqueo = 1 ,6 g/(m<2>*day) permeabilità all’ossigeno = 2,2 cm<3>/(m<2>*day*bar)
permeabilità al di-ossido di carbonio = 6,0 cm<3>/(m<2*>day<*>bar) trasmissione dei raggi UV = < 1% (200-240 nm)
< 10% (240-290 nm)
< 1% (290-350 nm)
< 20% (350-380 nm)
< 45% (380-400 nm) spessore = 0,35 mm
Si riporta ora, a titolo esemplificativo, una breve descrizione di una procedura medica per autoemotrasfusione ozonizzata, in modo da comprendere meglio le proprietà fisiche richieste ai materiali impiegati.
Si prelevano 225 cc di sangue dal paziente che vengono convogliati all'interno della sacca e mescolati a 25 cc di anticoagulante, ad esempio citrato di sodio, per un totale di 250 cc di composto. Si procede poi rapidamente all’insufflazione di Ο2-Ο3 per mezzo di una siringa, in una quantità pari a quella del sangue e citrato. La concentrazione di ozono viene stabilita in base alle patologie da curare, secondo i dovuti protocolli medici. La sacca così riempita viene mescolata su una bilancia basculante o accuratamente movimentata a mano per circa due minuti, a garantire la corretta miscelazione delle componenti.
Attraverso un tubicino avviene la re-infusione del sangue arricchito al paziente, con l’aiuto del gocciolatore a gravità.
Oltre ai vantaggi pratici, l’uso di questa sacca ha portato notevoli miglioramenti provati sperimentalmente, attenendosi ai test della Normativa Farmacopea, con i dati che di seguito si riportano.
Test di rilascio particellare:
Test di compatibilità con l’ozono:
Come è evidente al tecnico del ramo, l’invenzione è stata descritta con riferimento a sacche per autoemotrasfusione ozonizzata, ma è applicabile più in generale al confezionamento di qualsiasi contenitore per uso medico ospedaliero, atto ad accogliere sangue o soluzioni arricchite con componenti terapeutici aggressivi e reagenti.

Claims (6)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Sacca (S) per autoemotrasfusione con ozono caratterizzata dal fatto che comprende pareti aventi una struttura multistrato, in cui sono presenti almeno un primo strato (E) in etil-vinil-acetato ÈVA rivolto verso l'interno, destinato al contatto con il sangue, e un secondo strato più esterno costituito da un film plastico (P) impermeabile all’ossigeno.
  2. 2. Sacca per autoemotrasfusione con ozono secondo la rivendicazione 1 , caratterizzata dal fatto che detto strato più esterno (P), che non è in contatto col sangue ozonizzato, è realizzato con un film plastico scelto tra: polipropilene PP, poliuretano PU, polietilene a bassa densità PELD, polivinilcloruro PVC senza ftalati.
  3. 3. Sacca per autoemotrasfusione con ozono secondo la rivendicazione 1 , caratterizzata dal fatto che la struttura bi-strato (E, P) è accoppiata ad un terzo strato ancora più esterno (E’), a contatto con aria e luce, realizzato in etil-vinil-acetato ÈVA.
  4. 4. Sacca per autoemotrasfusione con ozono secondo la rivendicazione 3, caratterizzata dal fatto che la struttura tri-strato (E, P, E’) presenta le seguenti proprietà fisiche e dimensionali: - densità media = 0,94 g/cm<3>; - velocità di trasmissione del vapor acqueo = 1 ,6 g/(m<2>*day); - permeabilità all’ossigeno = 2,2 cm<3>/(m<2>*day*bar); - permeabilità al di-ossido di carbonio = 6,0 cm<3>/(m<2>*day*bar); - trasmissione dei raggi UV = < 1% (200-240 nm) < 10% (240-290 nm) < 1% (290-350 nm) < 20% (350-380 nm) < 45% (380-400 nm). - spessore = 0,35 mm
  5. 5. Sacca per autoemotrasfusione con ozono secondo le rivendicazioni precedenti, caratterizzata dal fatto che detta struttura multistrato è ottenuta con processo di coestrusione.
  6. 6. Set per autoemotrasfusione, in particolare per trattamenti arricchiti con ozono, comprendente una sacca (S) secondo una o più delle rivendicazioni precedenti.
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