IT202100018806A1 - Processo di adsorbimento da liquidi - Google Patents

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Description

PROCESSO DI ADSORBIMENTO DA LIQUIDI
DESCRIZIONE
La presente invenzione si riferisce a un processo di adsorbimento di sostanze da liquidi, in particolare, ma non esclusivamente, da eseguire nell'ambito della rimozione di sostanze fluorurate da percolati di discarica.
Ogni tipo di produzione, al momento dell'utilizzo di un prodotto, comporta una frazione utile e una frazione di scarto del prodotto stesso. Mentre viene utilizzata la frazione utile, la frazione di scarto deve in qualche modo essere smaltita. Il problema dello smaltimento dei rifiuti ? un problema vecchissimo, affrontato in vari modi sin dall'antichit?.
Nel mondo pre-industriale, i rifiuti erano soprattutto di natura agricola e venivano per lo pi? smaltiti utilizzandoli per concimare i campi. Prodotti non adatti per questo scopo -in quantit? normalmente limitate- venivano inceneriti o abbandonati in aree disabitate. Le quantit? relativamente modeste di tali rifiuti non portavano a conseguenze particolarmente gravi, se non in caso di rifiuti particolarmente tossici.
L'avvento delle produzioni industriali e la cosiddetta civilt? dei consumi hanno portato a un aumento considerevole dei rifiuti da smaltire e a un peggioramento dei rischi a essi collegati. Nell'ambito di tale smaltimento, l'incenerimento ha perso, almeno per un certo periodo, di attrattivit?, in quanto fonte di fumi, spesso tossici, sempre meno accettati dalle popolazioni che vivevano nelle zone dove tali inceneritori venivano fatti funzionare. Attualmente, gli inceneritori vengono utilizzati soprattutto come termovalorizzatori, ma, nonostante creino meno inquinamento che in passato e producano energia, sono tuttora piuttosto sgraditi agli abitanti delle zone ove sorgono.
In questo quadro storico, si sono affermate nel tempo le cosiddette discariche. Si tratta di aree ben delimitate e confinate, dove si pratica uno scavo e si gettano in esso i rifiuti, che vengono man mano ricoperti di terra e abbandonati. Un tale sistema, permette di evitare problemi di emissioni gassose pericolose e/o sgradevoli, ma prevede col tempo la formazione di un liquido, prodotto dalla decomposizione di alcuni dei rifiuti, soprattutto di matrice organica, e dalle piogge. Bench?, con la raccolta differenziata, la frazione organica dei rifiuti solidi urbani sia notevolmente diminuita venendo smaltita separatamente, cosicch? il materiale deposto in discarica ne presenta molto meno, una parte di essa rimane ancora nel rifiuto e continua a decomporsi, parte delle sostanze inorganiche produce altri liquidi e parte dei materiali di tipo plastico ancora contenuti si decompongono rilasciando liquido. Infine, l'apporto di acque meteoriche ? ineliminabile ed ? tuttora molto importante, tali acque portando in soluzione alcune delle sostanze solide contenute nei rifiuti. Il complesso di questo liquido viene comunemente chiamato percolato.
Per evitare che il percolato passi direttamente nelle falde acquifere filtrando attraverso il terreno, il fondo delle discariche viene generalmente rivestito da teli impermeabili. In ogni caso, il percolato che si forma, e che continua a formarsi anche per decenni dopo che si smetta di conferire rifiuti in una discarica, deve in qualche modo essere rimosso; l'importanza di questa rimozione ? testimoniata dal fatto che chi gestisce una discarica ha degli importanti obblighi (che si potrebbero definire di post-gestione) e che durano circa 30 anni dopo la chiusura. Contenendo il percolato molte sostanze nocive alle falde acquifere, prima di eliminarlo, per esempio versandolo in fogna, esso deve essere opportunamente trattato per rimuovere le sostanze pi? pericolose per la salute, come le sostanze chimiche che consumano ossigeno (quantificate e identificate col parametro del COD). Questo viene fatto, generalmente, in appositi impianti, collegati a una discarica o ai quali comunque si trasporta il percolato, per renderlo innocuo.
Fra le sostanze contenute nel percolato vi sono oggi le sostanze fluorurate, ampiamente diffuse nel commercio e che costituiscono un'ampia frazione del rifiuto in discarica. In particolare, rivestono un peso notevole le cosiddette PFAS (Per- e poli-fluoro alchili). Si tratta di sostanze organiche alchiliche, con una catena di atomi di carbonio contenente fra i 4 e i 16 atomi di carbonio, nelle quali tutti gli atomi di idrogeno sono sostituiti da atomi di fluoro. Tali sostanze contengono generalmente anche un gruppo idrofilico, come il gruppo carbossilico o il gruppo solfonico. Fra le sostanze pi? importanti vi sono quelle con otto atomi di carbonio, come il perfluorottansolfonato e l'acido perfluorottanoico.
I composti perfluorurati hanno svariatissimi usi, almeno sin dagli anni '50 del XX secolo: tensioattivi, rivestimenti a bassa tensione superficiale, sensori, applicazioni biomediche, tinture, lubrificanti, membrane, polimeri, schiume antiincendio, ritardanti di fiamma, stoffe per sedie e divani, pavimenti acrilici e altre. Tali sostanze hanno un impiego massiccio nella realizzazione di superfici antiaderenti, come padelle, carta da forno, contenitori per cibo. Nella maggioranza di queste applicazioni, le sostanze perfluorurate sono accoppiate ad altri materiali. Per questo motivo, salvo che in alcuni specifici casi, come la carta da forno che va eliminata gettandola nella frazione organica, il destino ultimo di questi oggetti ? la frazione indifferenziata; la frazione indifferenziata viene smaltita, a seconda delle localit?, in termovalorizzatore o in discarica. In quest'ultimo caso, ? ovvio che le PFAS finiscano per far parte del percolato.
Due caratteristiche delle PFAS fanno s? che questo fatto costituisca un problema. In primo luogo, come noto, il legame fluoro-carbonio ? molto forte: ammonta a 485 kJ/mole, mentre quella per il legame carbonio-carbonio ? pari a 346 kJ/mole e quella per il legame carbonio-idrogeno ? di 411 kJ/mole. Da questi valori si vede che questi composti sono pi? stabili degli idrocarburi e che ? pi? facile rompere la catena alchilica che li compone che separarne il fluoro. La seconda caratteristica ? la pericolosit? ambientale di questi composti. Diversi studi sono in corso in Italia, gi? dal 2011, soprattutto da parte di enti pubblici. E' stato riscontrato che tali sostanze sono presenti nelle falde acquifere, specialmente in Veneto, dove nella zona di Trissino (provincia di Vicenza) vi sono industrie che producono queste sostanze e la concentrazione di PFAS nelle acque di falda della regione ? maggiore che in altre zone d'Italia. Tuttavia, le acque di falda contengono PFAS non solo in Veneto, ma anche nelle altre regioni d'Italia. Uno studio del Politecnico di Milano in collaborazione con la Richiedente ha messo in evidenza che, bench? queste sostanze non siano ancora sistematicamente e diffusamente ricercate nei percolati, i dati di letteratura esistenti confermano la costante presenza di PFAS in queste matrici; nell?ambito dell?analisi bibliografica svolta, sono stati trovati 12 studi che hanno analizzato questo tema, riportando le concentrazioni di PFAS in un totale di 83 percolati in tutto il mondo. Pare evidente che il percolato delle discariche giochi un ruolo importante in questo fenomeno. La pericolosit? per la salute umana di queste sostanze ? attualmente oggetto di studio, dato che le ricerche epidemiologiche permettono di valutare l'effetto di una sostanza solo nell'arco di molti anni. E', comunque, evidente che ? opportuno rimuovere dal percolato (e da tutti i reflui che le contengono) queste sostanze, onde evitare di rilasciarle nei corsi d?acqua e pertanto aggravarne indirettamente il potenziale accumulo nelle acque potabili, anche perch?, bench? oggi la normativa specifica in merito al trattamento dei rifiuti liquidi non dica ancora nulla a riguardo, ? possibile che si vada verso crescenti restrizioni normative sulla presenza di PFAS nei percolati da trattare negli impianti di depurazione esistenti e negli scarichi degli stessi impianti.
Queste sostanze non sono biodegradabili e sono generalmente resistenti all'ossidazione chimica. Attualmente, un metodo per la rimozione? l'adsorbimento delle sostanze fluorurate con opportuni adsorbenti. Trattandosi di sostanze per lo pi? aprotiche, l'adsorbimento non pu? essere eseguito su sostanze come zeoliti acide o simili e le sostanze pi? efficaci -fra le pochissime che abbiano un effetto positivo- sono i carboni attivi granulari. In generale, le PFAS vengono adsorbite principalmente nei micropori, dato che si tratta di molecole piuttosto corte e si osserva che le sostanze pi? polari, come i solfonati, si adsorbono preferenzialmente.
Tuttavia, stante l'aspecificit? dei carboni attivi come adsorbenti, l'adsorbimento dei composti fluorurati va in competizione con quello di tutte le altre sostanze organiche presenti nei rifiuti in generale, ed in particolare nei percolati di discarica, rappresentate dal COD (Chemical Oxygen Demand) che ne misura la concentrazione e ne quantifica pertanto la presenza. Dato che il COD ? in misura preponderante, si ? generalmente preferito praticare la separazione delle PFAS a valle del trattamento biologico, atto a rimuovere le sostanze organiche biodegradabili, in modo da ridurre al minimo la possibilit? di saturazione dell'adsorbente, cos? da allungarne la vita e da evitare di dover sostituire continuamente il letto di adsorbimento a causa della sua saturazione col COD o, addirittura, da evitare il fallimento della rimozione delle sostanze fluorurate per lo stesso motivo. Tuttavia, le tecniche adottate fino a oggi presentano l'inconveniente che una parte non trascurabile delle sostanze fluorurate vengono assorbite dai fanghi del trattamento biologico. Detti fanghi vengono per lo pi? utilizzati in agricoltura, come fertilizzanti e il fatto che contengano sostanze fluorurate comporta che le stesse vengano cedute al terreno in seguito all'utilizzo dei fanghi e di qui nuovamente in falda. Sicuramente in questo modo la quantit? di fluorurati che potenzialmente finiscono in falda ? minore che in assenza della successiva fase di adsorbimento post-biologico, ma ? altres? chiaro che il problema pu?, almeno in alcuni casi, costituire un problema. La statunitense EPA ha annunciato recentemente la necessit? di maggiori indagini sull'acido perfluoroottanoico.
EP 2 415 716 A1 descrive un processo di adsorbimento di un acido fluorocarbossilico, contenente un gruppo etereo, portando il liquido che lo contiene a contatto con un carbone attivo, possibilmente attivato con vapore. Nel brevetto si parla anche del successivo desorbimento con una miscela azeotropica con acqua per il recupero dell'acido una volta separato dal liquido. Il brevetto suddetto ? molto generale e non dice nulla sulla provenienza del liquido contenente l'acido fluorocarbossilico (dunque non ? riferito esplicitamente al percolato), n? sulla posizione di questa fase di separazione rispetto a eventuali altri trattamenti. Dei carboni attivi viene data l'area superficiale specifica (tra 1180 e 2300 m<2>/g) e alcune sostanze con cui il carbone viene impregnato (MgO e ammine).
US2010/0000947 descrive un trattamento di rimozione di tensioattivi contenenti acido perfluoroottanoico e perfluoroottansolfonato, utilizzando carboni attivi, comprendenti particelle in grado di passare per non meno del 90% in peso da un setaccio da 75 ?m. Il metodo illustrato in questa pubblicazione prevede di portare la concentrazione di sostanze fluorurate nella soluzione da 100-10.000 ppb a non pi? di 3 ppb. L'efficienza massima si ottiene eseguendo il trattamento in due fasi. La soluzione acquosa trattata non viene ulteriormente illustrata, ma non pare si tratti di percolato, pi? probabilmente si tratta di una chiarifica di acque dopo un processo industriale. Nulla si dice sulla porosit? del carbone attivo, limitandosi alle dimensioni delle sue particelle. In particolare, nulla si dice sulla possibile presenza del COD.
WO2007/142 004 e WO2007/142 005 riportano un trattamento di generiche acque reflue con una fase biologica e un successivo trattamento con carboni attivi. Non si parla di percolati, n? di COD.
WO2006/061 408 descrive un metodo per la rimozione di materiale fluorurato da un fluido che comprenda materiale fluorurato e un substrato ossidabile e/o digeribile per via enzimatica, comprendente le seguenti fasi: a) introdurre uno o pi? ossidanti e/o enzimi nel fluido, b) far passare il fluido attraverso una matrice di carbone attivo per rimuovere almeno parte del materiale fluorurato, e c) scaricare il liquido depurato.
CN 102 583 854 parla della rimozione di sostanze fluorurate da acqua di falda. Si utilizzano, fra l'altro, carboni attivi per l'assorbimento delle stesse sostanze.
EP 1 270 513 riguarda un processo per la rimozione di inquinanti da un fluido avente un rapporto BOD/COD minore di 0,2. Per ridurre il COD, si fa passare il liquido attraverso un filtro a carboni attivi, colonizzati con batteri aerobici.
Si ritiene opportuno mettere in evidenza che nessuno dei documenti della tecnica nota precedentemente citati, rintracciati nel corso di una ricerca preventiva al deposito della presente domanda di brevetto, ha illustrato soluzioni che prevedano la rimozione di PFAS con carboni attivi, in presenza di concentrazioni elevate di COD, ma solo la rimozione di PFAS da acque relativamente pulite (anche in quei documenti che parlino di trattamento di scarichi). Questo problema venne affrontato per la prima volta dalla presente Richiedente, con due brevetti italiani.
Il brevetto italiano n? 102018000000485 si riferisce a un processo per la rimozione di sostanze fluorurate da percolati di discarica, comprendente il passaggio del percolato su particelle di carbone attivo granulare. In esso, sono previste due fasi di passaggio su carbone attivo granulare: nella prima fase si utilizza un carbone attivo che presenta un'area superficiale specifica compresa fra 800 e 1.300 m<2>/g, con un indice di iodio compreso fra 800 e 1.200 e nella seconda fase si utilizza un carbone attivo che presenta un'area superficiale specifica compresa fra 950 e 1.550 m<2>/g e un indice di iodio compreso fra 900 e 1.300.
Il brevetto italiano n? 102018000000496 si riferisce anche esso a un processo di rimozione di sostanze fluorurate da percolati di discarica, che prevede di far passare il percolato contenente le sostanze fluorurate su almeno un letto di particelle di carbone attivo granulare. Tale passaggio sulle particelle di carbone attivo granulare avviene a monte di una fase di trattamento biologico del percolato stesso.
In entrambi questi processi, il trattamento su carbone attivo avviene a valle di una fase di filtrazione del percolato su un letto di ghiaia e sabbia quarzifera, che rimuove le sostanze solide che intaserebbero l'adsorbente, riducendone inaccettabilmente la vita utile.
Questi due processi, pur risolvendo (si ha un'efficienza di rimozione superiore al 95%) molti dei problemi riscontrati nei processi secondo la tecnica nota, presentano tuttavia un inconveniente residuo, non banale e non trascurabile: man mano che il percolato passa sull'adsorbente, quest'ultimo si disattiva saturandosi e perde con continuit? la propria capacit? di rimozione e va a un certo punto rigenerato o addirittura sostituito. Questa sostituzione richiede un arresto dell'impianto e conseguentemente del processo, che rallenta il lavoro e obbliga ad accumulare percolato. Oltretutto, non ? impossibile che le due torri di adsorbimento cui si riferisce IT 102018000000485 vadano arrestate in sequenza e non contemporaneamente, allungando cos? in misura problematica i tempi morti, o che una delle due vada scaricata e ricaricata prima dell'effettivo esaurimento del carbone attivo in essa contenuto, se si vuole prevenire un eventuale limite dei valori prefissati allo scarico dell?impianto stesso, o se si vogliono sostituire contemporaneamente tutte e due i riempimenti alla saturazione del primo onde ridurre i tempi morti, sprecando per? cos? di fatto un materiale di un certo pregio e anticipandone la rigenerazione o lo smaltimento.
Problema alla base dell?invenzione ? di proporre un processo di adsorbimento da liquidi, normalmente impiegato nella depurazione dei liquidi stessi, che superi gli inconvenienti menzionati e che consenta di evitare i tempi morti, consentendo nel contempo di sfruttare a pieno il materiale adsorbente. Questo scopo viene raggiunto, in base a un primo aspetto, attraverso un processo di adsorbimento da liquidi per la rimozione di sostanze contenute nei liquidi stessi, comprendente una fase di adsorbimento su un primo adsorbente e una fase di adsorbimento su un secondo adsorbente con caratteristiche generalmente diverse da quelle del primo, caratterizzato da ci? che ciascuna fase di adsorbimento avviene attraverso due colonne in serie e da ci? che prevede le seguenti fasi:
a) il liquido passa attraverso una prima colonna e, a valle di questa, nella seconda colonna del primo adsorbente;
b) il liquido passa attraverso una prima colonna e, a valle di questa, in una seconda colonna del secondo adsorbente;
c) per ciascuno dei due adsorbenti, al momento dell'esaurimento della prima colonna, questa viene scollegata e il liquido passa direttamente nella seconda colonna;
d) la prima colonna viene ricaricata con adsorbente fresco o rigenerato;
e) una volta che la prima colonna sia stata caricata con adsorbente fresco o rigenerato, essa viene riattivata a valle della seconda colonna, e a monte della prima colonna del secondo adsorbente se ? la prima colonna del primo adsorbente, o a monte dello scarico se ? la prima colonna del secondo adsorbente;
f) per ciascuno dei due adsorbenti, al momento dell'esaurimento della seconda colonna, questa viene scollegata e il liquido passa direttamente alla prima colonna;
g) la seconda colonna viene ricaricata con adsorbente fresco o rigenerato;
h) il processo riprende dalla fase a).
In base a un secondo aspetto, la presente invenzione si riferisce a un impianto per l'adsorbimento di sostanze da liquidi, comprendente due unit? di adsorbimento, contenenti ciascuna un adsorbente con diverse caratteristiche, caratterizzato da ci? che ciascuna unit? comprende due colonne di adsorbimento, poste in serie, collegate da mezzi di collegamento e da ci? che sono previsti mezzi per commutare i flussi di alimentazione all'entrata e all'uscita di ciascuna colonna, in modo da poter escludere una colonna per unit? e/o da alimentare come prima colonna l'una o l'altra, a seconda delle necessit?.
Le rivendicazioni subordinate descrivono caratteristiche preferenziali dell?invenzione.
Ulteriori caratteristiche e vantaggi dell?invenzione risultano comunque meglio evidenti dalla seguente descrizione dettagliata di una forma di esecuzione preferita, data a puro titolo esemplificativo e non limitativo ed illustrata nei disegni allegati, nei quali:
fig. 1 ? uno schema a blocchi che illustra il processo secondo la presente invenzione, in una prima condizione di funzionamento;
fig. 2 ? uno schema a blocchi analogo a quello di fig. 1, in una seconda condizione, transitoria, di funzionamento; e
fig. 3 ? uno schema a blocchi, analogo ai due precedenti, in una terza condizione di funzionamento.
La presente invenzione, come si ? visto, si riferisce a un processo e a un impianto per l'adsorbimento di sostanze da liquidi. Preferibilmente, il processo e l'impianto vengono messi in opera per la depurazione di percolati da discariche, in particolare di percolati da discariche contenenti per- e polifluoroalchili (le cosiddette PFAS), ma possono analogamente funzionare in altri processi di adsorbimento da liquidi per la loro depurazione.
L'impianto per mettere in opera il processo secondo la presente invenzione, comprende vantaggiosamente una colonna 1 che riceve dal flusso 2 il liquido da cui devono essere rimosse sostanze per adsorbimento. La colonna 1 contiene ghiaia e sabbia quarzifera, per la rimozione per filtrazione delle sostanze pi? grossolane. Preferibilmente, la densit? apparente di detta sabbia oscilla fra 1.000 e 2.000 kg/m<3>, mentre la sua granulometria varia preferibilmente da 0,8-1,2 a 2,0-5,0. Il fluido lascia la colonna 1 attraverso una conduttura 3.
Sono poi presenti due colonne 4A, 4B, che contengono un adsorbente, identico nelle due colonne 4A, 4B, che presenta una prima area superficiale e, in generale, prime caratteristiche. Nel caso della rimozione di PFAS da percolati di discarica, l'adsorbente ? carbone attivo e l'area superficiale varia da 800 a 1.300 m<2>/g, con un indice di iodio variabile da 800 a 1.200.
Le colonne 4A, 4B possono essere collegate fra loro da una conduttura 5.
Successivamente, si hanno due colonne 6A, 6B, alimentate da una conduttura 7. Le colonne 6A e 6B contengono lo stesso adsorbente, generalmente diverso da quello contenuto nelle colonne 4A, 4B. Esso presenta un'area superficiale e altre caratteristiche normalmente diverse da quelle delle colonne 4A, 4B, ma i due adsorbenti possono essere anche chimicamente differenti. Questa differenza consente di rimuovere in due fasi uno spettro di sostanze pi? ampio. Nel caso della rimozione di PFAS da percolati di discarica, l'adsorbente contenuto nelle colonne 6A e 6B ? carbone attivo che presenta un'area superficiale compresa fra 950 e 1.550 m<2>/g, con un indice di iodio variabile da 900 a 1.300.
Le colonne 6A, 6B possono essere collegate fra loro da una conduttura 8.
Dopo l'adsorbimento, il liquido depurato esce dalla conduttura 9.
Il processo di adsorbimento viene ora descritto in riferimento al processo di depurazione di percolati da discarica con eliminazione di PFAS, ma esso ? analogo per processi di adsorbimento di sostanze da liquidi anche molto diversi da questo.
In primo luogo, si fa riferimento a fig. 1, dove si vede il processo all'inizio, appena l'impianto sia stato avviato. Il percolato da discarica da depurare viene immesso nella conduttura 2 che lo alimenta alla colonna 1. Nella colonna 1 ? presente un letto di ghiaia e sabbia quarzifera che trattengono, tramite filtrazione, solidi eventualmente presenti, nonch? colloidie simili sostanze che intaserebbero in breve tempo il carbone attivo, disattivandolo con largo anticipo rispetto a ci? che sarebbe opportuno. Se non ci fossero sostanze che potrebbero intasare gli adsorbenti, la colonna 1 e la conduttura 2 potrebbero essere omesse, in quanto di per s? non necessarie per la realizzazione dell'invenzione.
Una volta avvenuta la filtrazione, il liquido esce dalla colonna 1, privo di sostanze che intasino i pori del carbone attivo, attraverso la conduttura 3 che alimenta il liquido da sottoporre a rimozione dei PFAS per adsorbimento alla colonna 4A. Nella colonna 4A viene rimosso il maggior quantitativo di COD contenuto nel percolato; anche le PFAS compatibili con l'area superficiale del carbone attivo contenuto nella colonna 4A vengono adsorbite, liberandone man mano il percolato. Una volta terminato il passaggio sull'adsorbente, il liquido esce dalla colonna 4A e, tramite la conduttura 5, viene alimentato alla colonna 4B. I due processi possono avvenire disgiuntamente o contemporaneamente per le 2 coppie di colonne, in funzione del grado di esaurimento del carbone contenuto nel primo carbone di ogni coppia. All'inizio della lavorazione, il liquido che arriva alla colonna 4B dalla conduttura 5 ? praticamente privo di sostanze adsorbibili su quel tipo di carbone attivo e, dunque, passer? sul carbone attivo senza una vera e propria interazione con esso. Man mano che il processo continua, il carbone attivo presente nella colonna 4A comincer? a saturarsi per effetto dell'adsorbimento delle PFAS, cosicch? il suo potere di adsorbimento comincer? a calare e il liquido in uscita dalla colonna 4A entrer? nella colonna 4B tramite il condotto 5 meno pulito e una parte del contenuto in COD e PFAS comincer? ad adsorbirsi anche sulla superficie del carbone attivo della colonna 4B -cos? che viene mantenuto il livello di depurazione-. In ogni caso, una volta terminato il passaggio del liquido sul carbone attivo contenuto nella colonna 4B -comunque depurato-, il liquido esce da essa e, tramite la conduttura 7, viene alimentato alla colonna 6A, dove si ha carbone attivo con area superficiale diversa, che adsorbir? in modo pi? specifico le altre PFAS, scarsamente adsorbite dal passaggio per le prime due colonne. Le sostanze che si adsorbono su quest'altro tipo di carbone attivo vengono cos? anche esse rimosse dal liquido. Il liquido esce poi dalla colonna 6A e, tramite la conduttura 8, viene alimentato alla colonna 6B, dove si ha altro carbone attivo, con le stesse caratteristiche di quello della colonna 6A. Come gi? visto per le colonne 4A, 4B, all'inizio la colonna 6A provvede all'adsorbimento di tutte le sostanze adsorbibili, cosicch? il carbone attivo contenuto nella colonna 6B resta praticamente inalterato, poi si ha man mano la saturazione del carbone attivo contenuto nella colonna 6A, per cui parte dell'adsorbimento avviene ora nella colonna 6B e viene in ogni caso mantenuto uguale il livello di depurazione. Il liquido trattato esce dalla conduttura 9 e passa alle fasi successive, per esempio alla depurazione biologica.
Una volta che la colonna 4A e/o la colonna 6A si siano saturate al livello massimo possibile -cosa che pu? avvenire contemporaneamente o in momenti differenti-, esse vanno escluse dal processo, utilizzando in modo noto i mezzi di commutazione.
La fig. 2 illustra la situazione in cui siano sature tanto la colonna 4A quanto la colonna 6A. Si attivano mezzi per commutare i flussi di alimentazione all'entrata e all'uscita delle colonne. L'alimentazione 2 viene avviata, se previsto, alla filtrazione nella colonna 1 con filtro di sabbia e ghiaia quarzifera. Al termine della filtrazione, il liquido lascia la colonna 1 attraverso la conduttura 3 e viene alimentato alla colonna 4B, che inizia a funzionare a pieno regime, non avendo nessuna rimozione preliminare. Al termine dell'adsorbimento, il liquido lascia la colonna 4B tramite la conduttura 7 e viene alimentata alla colonna 6B. Anche la colonna 6B inizia a lavorare da sola e a pieno regime. Al termine del passaggio attraverso l'adsorbente contenuto nella colonna 6B, il percolato esce tramite la conduttura 9 e va alle fasi successive (per esempio, al trattamento biologico). In questa situazione, pur dovendosi gestire l'impianto a portata ridotta, a causa della minore superficie di adsorbimento utilizzabile, si evita in ogni caso il suo arresto, con notevole vantaggio tecnico ed economico e si mantiene pressocch? costante il livello di depurazione.
Mentre il processo va avanti come appena descritto, le colonne 4A e 6A vengono dunque arrestate e il liquido non passa pi? attraverso di esse. In modo noto, dopo averle svuotate dal liquido ancora in esse contenuto, da esse si rimuove l'adsorbente -nel caso dei PFAS, carboni attivi- che viene rigenerato o eliminato e si riempiono nuovamente le colonne 4A, 6A con carbone attivo fresco o rigenerato, cos? da riportare la colonna alla piena efficienza.
Una volta completato il carico delle colonne 4A e/o 6A con carboni attivi freschi o rigenerati, secondo la presente invenzione non si ritorna alla situazione illustrata in fig. 1, ma si passa a quella illustrata in fig. 3.
Il percolato proveniente dalla discarica continua a essere alimentato alla colonna di filtrazione 1. Al termine della filtrazione, il liquido esce dalla colonna 1 e, attraverso la conduttura 3, viene alimentato alla colonna 4B, che continua ad adsorbire a pieno regime. Una volta terminato il passaggio per la colonna 4B, il liquido viene alimentato, tramite la conduttura 5, alla colonna 4A. Il liquido che entra nella colonna 4A all'inizio ha un contenuto di PFAS piuttosto basso o addirittura nullo, per cui il passaggio attraverso il carbone attivo contenuto nella colonna 4A avviene senza alterare quest'ultimo. Man mano che si satura il carbone attivo contenuto in 4B, l'adsorbimento comincia ad avvenire anche in 4A, che comincia cos? la propria saturazione. Una volta terminato il passaggio dalla colonna 4A, il liquido, mediante la conduttura 7, viene alimentato alla colonna 6B, dove continua l'adsorbimento a pieno regime. Terminato il passaggio in 6B, il liquido, mediante la conduttura 8, viene alimentato alla colonna 6A. All'inizio, come in 4A, il liquido ? pressocch? privo di PFAS, per cui non si ha interazione, poi comincer? ad adsorbirsi un po' di PFAS, aumentando nel tempo, fino a saturazione della colonna 6B. Dopo il passaggio da 6A, il liquido esce dall'impianto attraverso la conduttura 9 e passa alle fasi successive.
Una volta che si siano saturate le colonne 4B e/o 6B, si passa a una situazione speculare a quella di fig. 2, con le colonne 4A e/o 6A attive e le colonne 4B e 6B ferme per scaricare l'adsorbente saturo e caricare al suo posto adsorbente fresco o rigenerato, per passare poi nuovamente a una situazione come quella illustrata in fig. 1.
Il processo secondo la presente invenzione permette di evitare fermi impianto per lo scarico e il carico di adsorbente (le due colonne, rispettivamente 4A e 4B o 6A e 6B, con carboni attivi con caratteristiche uguali non essendo mai contemporaneamente ferme, ma essendocene sempre almeno una in esercizio) e permette di saturare in modo continuo e uniforme tutti i siti attivi del carbone attivo in esse contenuto: il ritorno dalla situazione di fig. 2 a quella di fig.1, senza il passaggio da quella di fig. 3 comporterebbe uno sfruttamento minore degli adsorbenti, con un maggiore impatto sull'ambiente e un aggravio sostanziale dei costi.
In modo particolarmente vantaggioso, si pu? aggiungere al percolato da discarica, al momento dell'immissione nella conduttura 1 o prima di esso, un flocculante. Tale aggiunta allunga notevolmente la vita degli adsorbenti migliorando l?efficacia della colonna di filtrazione 1, con una netta diminuzione dei costi di esercizio, per i consumabili e di rigenerazione. Dunque, si ha una fase preliminare, nella quale, a monte della fase di filtrazione ? prevista l'aggiunta di un agente flocculante. La scelta del particolare agente flocculante dipende dal processo che si mette in opera e dalle sostanze che si trattano. In generale, si sono mostrati efficaci i seguenti flocculanti: 1) FeCl3, 2) una miscela di bentonite, carbone attivo, policloruro di alluminio, flocculante anionico e calce, 3) policloruro di alluminio, e 4) una miscela liquida contenente il 2,5% in peso di polimero amminico e il 17,5% in peso di policloruro di alluminio. Particolarmente preferiti sono i flocculanti a base di policloruro di alluminio, ossia i numeri 3) e 4) dell'elenco appena esposto che danno una maggiore efficienza. Per quanto riguarda il policloruro di alluminio, si preferisce utilizzare una soluzione acquosa al 20% in peso. Le sostanze 3) e 4) si sono dimostrate particolarmente efficienti nella rimozione della torbidit?, nella rimozione del TSS, nella rimozione del COD, sia totale che solubile. Preferibilmente, si impiega un dosaggio da 100 a 200 mg/l di agente flocculante. Altri flocculanti, come, per esempio, un polielettrolita anionico in emulsione (nome commerciale: Dryfloc EM103) non hanno mostrato effetti di allungamento della vita dell'adsorbente. ?, dunque, evidente, che solo alcuni flocculanti hanno un effetto tecnico particolare, non prevedibile a priori per il tecnico del ramo.
In ogni caso, il flocculante non rimuove, o rimuove solo in misura trascurabile, le PFAS dal percolato, per cui non pu? sostituirsi al processo di adsorbimento con carbone attivo.
Il processo secondo la presente invenzione viene condotto non su acque che contengono pochi inquinanti oltre ai PFAS -come le acque di faldama contengono molti inquinanti che competono per l'adsorbimento ed ? un fatto notevole che il processo abbia rendimenti di rimozione cos? elevati.
S?intende comunque che l?invenzione non deve considerarsi limitata alla particolare disposizione illustrata sopra, che costituisce soltanto una forma di esecuzione esemplificativa di essa, ma che diverse varianti sono possibili, tutte alla portata di un tecnico del ramo, senza per questo uscire dall?ambito di protezione dell?invenzione stessa, come definito dalle rivendicazioni che seguono.
ELENCO DEI CARATTERI DI RIFERIMENTO
1 Colonna di filtrazione
2 Conduttura di alimentazione (di 1)
3 Conduttura
4A Colonna di adsorbimento del primo gruppo 4B Colonna di adsorbimento del primo gruppo 5 Conduttura
6A Colonna di adsorbimento del secondo gruppo 6B Colonna di adsorbimento del secondo gruppo 7 Conduttura
8 Conduttura
9 Conduttura di scarico

Claims (14)

RIVENDICAZIONI
1) Processo di adsorbimento da liquidi per la rimozione di sostanze contenute nei liquidi stessi, comprendente una fase di adsorbimento su un primo adsorbente e una fase di adsorbimento su un secondo adsorbente con caratteristiche generalmente diverse dal primo, caratterizzato da ci? che ciascuna fase di adsorbimento avviene attraverso due colonne (4A, 4B; 6A, 6B) in serie e da ci? che prevede le seguenti fasi:
a) il liquido passa attraverso una prima colonna (4A) e, a valle di questa, nella seconda colonna (4B) del primo adsorbente;
b) il liquido passa attraverso una prima colonna (6A) e, a valle di questa, in una seconda colonna (6B) del secondo adsorbente;
c) per ciascuno dei due adsorbenti, al momento dell'esaurimento della prima colonna (4A; 6A), questa viene scollegata e il liquido passa direttamente nella seconda colonna (4B; 6B);
d) la prima colonna (4A; 6A) viene ricaricata con adsorbente fresco o rigenerato senza arrestare il processo depurativo;
e) una volta che la prima colonna (4A; 6A) sia stata caricata con adsorbente fresco o rigenerato, essa viene riattivata a valle della seconda colonna (4B; 6B) e a monte della prima colonna del secondo adsorbente (6B) se ? la prima colonna (4A) del primo adsorbente o a monte dello scarico (9) se ? la prima colonna (6A) del secondo adsorbente;
f) per ciascuno dei due adsorbenti, al momento dell'esaurimento della seconda colonna (4B; 6B), questa viene scollegata e il liquido passa direttamente alla prima colonna (4A; 6A);
g) la seconda colonna viene ricaricata con adsorbente fresco o rigenerato;
h) il processo riprende dalla fase a).
2) Processo come in 1), caratterizzato da ci? che viene messo in opera per la depurazione di percolati da discariche.
3) Processo come in 2), caratterizzato da ci? che detti percolati da discariche contengono per- e poli-fluoroalchili (le cosiddette PFAS).
4) Processo come in una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, caratterizzato da ci? che, a monte delle fasi di adsorbimento, ? prevista una fase di filtrazione su sabbia e ghiaia quarzifera.
5) Processo come in 4), caratterizzato da ci? che a monte della fase di filtrazione ? prevista l'aggiunta di un agente flocculante.
6) Processo come in 5), caratterizzato da ci? che il flocculante ? scelto dal gruppo comprendente: 1) FeCl3, 2) una miscela di bentonite, carbone attivo, policloruro di alluminio, flocculante anionico e calce, 3) policloruro di alluminio, e 4) una miscela liquida contenente il 2,5% in peso di polimero amminico e il 17,5% in peso di policloruro di alluminio.
7) Processo come in 5) o in 6), caratterizzato da ci? che detto flocculante ? a base di policloruro di alluminio, ossia policloruro di alluminio o una miscela liquida contenente il 2,5% in peso di polimero amminico e il 17,5% in peso di policloruro di alluminio.
8) Processo come in una qualsiasi delle rivendicazioni 5) a 7), caratterizzato da ci? che il flocculante viene aggiunto a un dosaggio da 100 a 200 mg/l di flocculante.
9) Impianto per l'adsorbimento di sostanze da liquidi, comprendente due unit? di adsorbimento, contenenti ciascuna un adsorbente con diversa area superficiale, caratterizzato da ci? che ciascuna unit? comprende due colonne (4A, 4B; 6A, 6B) di adsorbimento, poste in serie, collegate da mezzi di collegamento e da ci? che sono previsti mezzi per commutare i flussi di alimentazione all'entrata e all'uscita di ciascuna colonna, in modo da poter escludere una colonna per unit? e/o da alimentare come prima colonna l'una o l'altra, a seconda delle necessit?.
10) Impianto come in 9), caratterizzato da ci? che l'alimentazione (2) ? costituita da percolati da discariche.
11) Impianto come in 10), caratterizzato da ci? che detti percolati da discariche contengono per- e poli-fluoroalchili (le cosiddette PFAS).
12) Impianto come in una qualsiasi delle rivendicazioni 9) a 11), caratterizzato da ci? che nelle prime colonne (4A, 4B) l'adsorbente ? carbone attivo e l'area superficiale varia da 800 a 1.300 m<2>/g, con un indice di iodio variabile da 800 a 1.200.
13) Impianto come in una qualsiasi delle rivendicazioni 9) a 12), caratterizzato da ci? che nelle seconde colonne (6A, 6B) l'adsorbente ? carbone attivo che presenta un'area superficiale compresa fra 950 e 1.550 m<2>/g, con un indice di iodio variabile da 900 a 1.300.
14) Impianto come in una qualsiasi delle rivendicazioni 9) a 13), caratterizzato da ci? che a monte delle colonne di adsorbimento ? prevista una colonna di filtrazione contenente ghiaia e sabbia quarzifera la densit? apparente di detta sabbia oscillando fra 1.000 e 2.000 kg/m<3>, mentre la sua granulometria varia preferibilmente da 0,8-1,2 a 2,0-5,0.
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