IT201800000496A1 - Processo per la rimozione di sostanze fluorurate da percolati di discarica - Google Patents

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Description

PROCESSO DI RIMOZIONE DI SOSTANZE FLUORURATE DA PERCOLATI DI DISCARICA
DESCRIZIONE
La presente invenzione si riferisce a un processo per la rimozione di sostanze fluorurate da percolati provenienti da discarica.
Ogni tipo di produzione, al momento dell'utilizzo di un prodotto, comporta una frazione utile e una frazione di scarto del prodotto stesso. Mentre viene utilizzata la frazione utile, la frazione di scarto deve in qualche modo essere smaltita. Il problema dello smaltimento dei rifiuti è un problema vecchissimo, affrontato in vari modi sin dall'antichità.
Nel mondo pre-industriale, i rifiuti erano soprattutto di natura agricola e venivano per lo più smaltiti utilizzandoli per concimare i campi. Prodotti non adatti per questo scopo -in quantità normalmente limitate- venivano inceneriti o abbandonati in aree disabitate. Le quantità relativamente modeste di tali rifiuti non portavano a conseguenze particolarmente gravi, se non in caso di rifiuti particolarmente tossici.
L'avvento delle produzioni industriali e la cosiddetta civiltà dei consumi hanno portato a un aumento considerevole dei rifiuti da smaltire. Nell'ambito di tale smaltimento, l'incenerimento ha perso, almeno per un certo periodo, di attrattività, in quanto fonte di fumi, spesso tossici, sempre meno accettati dalle popolazioni che vivevano nelle zone dove tali inceneritori venivano fatti funzionare. Attualmente, gli inceneritori vengono utilizzati soprattutto come termovalorizzatori, ma, nonostante creino meno inquinamento che in passato e producano energia, sono tuttora piuttosto sgraditi agli abitanti circostanti.
In questo quadro storico, si sono affermate nel tempo le cosiddette discariche. Si tratta di aree ben delimitate e confinate, dove si pratica uno scavo e si gettano in esso i rifiuti, che vengono man mano ricoperti di terra e abbandonati. Un tale sistema, permette di evitare problemi di emissioni gassose pericolose e/o sgradevoli, ma prevede col tempo la formazione di un liquido, prodotto dalla decomposizione di alcuni dei rifiuti, soprattutto di matrice organica e dalle piogge. Benché, con la raccolta differenziata, la frazione organica dei rifiuti solidi urbani sia notevolmente diminuita venendo smaltita separatamente, cosicché il materiale deposto in discarica ne presenta molto meno, una parte di essa rimane ancora nel rifiuto e continua a decomporsi, parte delle sostanze inorganiche produce altri liquidi e parte dei materiali di tipo plastico ancora contenuti si decompongono rilasciando liquido. Infine, l'apporto di acque meteoriche è ineliminabile ed è tuttora molto importante, tali acque portando in soluzione alcune delle sostanze solide contenute nei rifiuti. Il complesso di questo liquido viene comunemente chiamato percolato.
Per evitare che il percolato passi direttamente nelle falde acquifere filtrando attraverso il terreno, il fondo delle discariche viene generalmente rivestito da teli impermeabili. In ogni caso, il percolato che si forma, e che continua a formarsi anche per decenni dopo che si smetta di conferire rifiuti in una discarica, deve in qualche modo essere rimosso; l'importanza di questa rimozione è testimoniata dal fatto che chi gestisce una discarica ha degli importanti obblighi (che si potrebbero definire di post-gestione) e che durano circa 30 anni dopo la chiusura. Contenendo il percolato molte sostanze nocive alle falde acquifere, prima di eliminarlo, per esempio versandolo in fogna, esso deve essere opportunamente trattato per rimuovere le sostanze più pericolose per la salute, come le sostanze chimiche che consumano ossigeno (quantificate e identificate col parametro del COD). Questo viene fatto, generalmente, in appositi impianti, collegati a una discarica o ai quali comunque si trasporta il percolato, per renderlo innocuo.
Fra le sostanze contenute nel percolato vi sono le sostanze fluorurate, ampiamente diffuse nel commercio e che costituiscono un'ampia frazione del rifiuto in discarica. In particolare, rivestono un peso notevole le cosiddette PFAS (Per- e poli-fluoro alchili). Si tratta di sostanze organiche alchiliche, con una catena di atomi di carbonio contenente fra i 4 e i 16 atomi di carbonio, nelle quali tutti gli atomi di idrogeno sono sostituiti da atomi di fluoro. Tali sostanze contengono generalmente anche un gruppo idrofilico, come il gruppo carbossilico o il gruppo solfonico. Fra le sostanze più importanti vi sono quelle con otto atomi di carbonio, come il perfluorottansolfonato e l'acido perfluorottanoico.
I composti perfluorurati hanno svariatissimi usi, almeno sin dagli anni '50 del XX secolo: tensioattivi, rivestimenti a bassa tensione superficiale, sensori, applicazioni biomediche, tinture, lubrificanti, membrane, polimeri, schiume antiincendio, ritardanti di fiamma, stoffe per sedie e divani, pavimenti acrilici e altre. Tali sostanze hanno un impiego massiccio nella realizzazione di superfici antiaderenti, come padelle, carta da forno, contenitori per cibo. Nella maggioranza di queste applicazioni, le sostanze perfluorurate sono accoppiate ad altri materiali. Per questo motivo, salvo che in alcuni specifici casi, come la carta da forno che va eliminata gettandola nella frazione organica, il destino ultimo di questi oggetti è la frazione indifferenziata; la frazione indifferenziata viene smaltita, a seconda delle località, in termovalorizzatore o in discarica. In quest'ultimo caso, è ovvio che le PFAS finiscano per far parte del percolato.
Due caratteristiche delle PFAS fanno sì che questo fatto costituisca un problema. In primo luogo, come noto, il legame fluoro-carbonio è molto forte: ammonta a 485 kJ/mole, mentre quella per il legame carbonio-carbonio è pari a 346 kJ/mole e quella per il legame carbonio-idrogeno è di 411 kJ/mole. Da questi valori si vede che questi composti sono più stabili degli idrocarburi e che è più facile rompere la catena alchilica che li compone che separarne il fluoro. La seconda caratteristica è la pericolosità ambientale di questi composti. Diversi studi sono in corso in Italia, già dal 2011, soprattutto da parte di enti pubblici. E' stato riscontrato che tali sostanze sono presenti nelle falde acquifere, specialmente in Veneto, dove nella zona di Trissino (provincia di Vicenza) vi sono industrie che producono queste sostanze e la concentrazione di PFAS nelle acque di falda della regione è maggiore che in altre zone d'Italia. Tuttavia, le acque di falda contengono PFAS anche nelle altre regioni d'Italia. Uno studio del Politecnico di Milano in collaborazione con la Richiedente ha messo in evidenza che benché queste sostanze non siano ancora sistematicamente e diffusamente ricercate nei percolati, i dati di letteratura esistenti confermano la costante presenza di PFAS in queste matrici; nell'ambito dell'analisi bibliografica svolta, sono stati trovati 12 studi che hanno analizzato questo tema, riportando le concentrazioni di PFAS in un totale di 83 percolati in tutto il mondo. Pare evidente che il percolato delle discariche giochi un ruolo importante in questo fenomeno. La pericolosità per la salute umana di queste sostanze è attualmente oggetto di studio, dato che le ricerche epidemiologiche permettono di valutare l'effetto di una sostanza solo nell'arco di molti anni. E', comunque, evidente che è opportuno rimuovere dal percolato (e da tutti i reflui che le contengono) queste sostanze, onde evitare di aggravarne indirettamente l'accumulo nelle acque potabili, anche perché, benché oggi la normativa specifica in merito al trattamento dei rifiuti liquidi non dica ancora nulla a riguardo, è possibile che si vada verso crescenti restrizioni normative sulla presenza di PFAS nei percolati da trattare negli impianti di depurazione esistenti e negli scarichi degli stessi impianti.
Attualmente, la rimozione di sostanze fluorurate avviene secondo diversi metodi. In particolare, si pratica l'adsorbimento delle sostanze fluorurate con opportuni adsorbenti. Trattandosi di sostanze per lo più aprotiche, l'adsorbimento non può essere eseguito su sostanze come zeoliti acide o simili e le sostanze più efficaci sono i carboni attivi granulari. In generale, le PFAS vengono adsorbite principalmente nei micropori, dato che si tratta di molecole piuttosto corte e si osserva che le sostanze più polari, come i solfonati, si adsorbono preferenzialmente.
Tuttavia, stante l'aspecificità dei carboni attivi come adsorbenti, l'adsorbimento dei composti fluorurati va in competizione con quello di tutte le altre sostanze organiche presenti nei rifiuti in generale, ed in particolare nei percolati di discarica, rappresentate dal COD (Chemical Oxygen Demand) che ne misura la concentrazione e ne quantifica pertanto la presenza. Dato che il COD è in misura preponderante, si è generalmente preferito praticare la separazione delle PFAS a valle del trattamento biologico, atto a rimuovere le sostanze organiche biodegradabili, in modo da ridurre al minimo la possibilità di saturazione dell'adsorbente, così da allungarne la vita e da evitare di dover sostituire continuamente il letto di adsorbimento a causa della sua saturazione col COD o, addirittura, da evitare il fallimento della rimozione delle sostanze fluorurate per lo stesso motivo. Tuttavia, le tecniche adottate fino a oggi presentano l'inconveniente che una parte non trascurabile delle sostanze fluorurate vengono assorbite dai fanghi del trattamento biologico. Detti fanghi vengono per lo più utilizzati in agricoltura, come fertilizzanti e il fatto che contengano sostanze fluorurate comporta che le stesse vengano cedute al terreno in seguito all'utilizzo dei fanghi e di qui nuovamente in falda. Sicuramente in questo modo la quantità di fluorurati che finiscono in falda è minore che in assenza della successiva fase di adsorbimento postbiologico, ma è altresì chiaro che il problema può, almeno in alcuni casi, costituire un problema. La statunitense EPA ha annunciato recentemente la necessità di maggiori investigazioni sull'acido perfluoroottanoico.
EP 2 415 716 A1 descrive un processo di adsorbimento di un acido fluorocarbossilico, contenente un gruppo etereo, portando il liquido che lo contiene a contatto con un carbone attivo, possibilmente attivato con vapore. Nel brevetto si parla anche del successivo desorbimento con una miscela azeotropica con acqua per il recupero dell'acido una volta separato dal liquido. Il brevetto suddetto è molto generale e non dice nulla sulla provenienza del liquido contenente l'acido fluorocarbossilico (dunque non è riferito esplicitamente al percolato), né sulla posizione di questa fase di separazione rispetto a eventuali altri trattamenti. Dei carboni attivi viene data l'area superficiale specifica (tra 1180 e 2300 m<2>/g) e alcune sostanze con cui il carbone viene impregnato (MgO e ammine).
US2010/0000947 descrive un trattamento di rimozione di tensioattivi contenenti acido perfluoroottanoico e perfluoroottansolfonato, utilizzando carboni attivi, comprendenti particelle in grado di passare per non meno del 90% in peso da un setaccio da 75 μm. Il metodo illustrato in questa pubblicazione prevede di portare la concentrazione di sostanze fluorurate nella soluzione da 100-10.000 ppb a non più di 3 ppb. L'efficienza massima si ottiene eseguendo il trattamento in due fasi. La soluzione acquosa trattata non viene ulteriormente illustrata, ma non pare si tratti di percolato, più probabilmente si tratta di una chiarifica di acque dopo un processo industriale. Nulla si dice sulla porosità del carbone attivo, limitandosi alle dimensioni delle sue particelle. In particolare, nulla si dice sulla possibile presenza del COD.
W02007/142 004 e W02007/142 005 riportano un trattamento di generiche acque reflue con una fase biologica e un successivo trattamento con carboni attivi. Non si parla di percolati, né di COD.
Si ritiene opportuno mettere in evidenza che nessuno dei documenti della tecnica nota, rintracciati nel corso di una ricerca preventiva al deposito della presente domanda di brevetto, ha illustrato soluzioni che prevedano la rimozione di PFAS con carboni attivi, in presenza di concentrazioni elevate di COD, ma solo la rimozione di PFAS da acque relativamente pulite (anche in quei documenti che parlino di trattamento di scarichi).
Problema alla base dell'invenzione è di proporre un processo di rimozione di sostanze fluorurate da percolati di discarica che superi gli inconvenienti menzionati e che consenta di evitare di immettere PFAS nelle falde acquifere, sia attraverso lo scarico, che attraverso i fanghi risultanti dal trattamento di depurazione biologico. Questo scopo viene raggiunto attraverso un processo di rimozione di sostanze fluorurate da percolati di discarica, che prevede di far passare il percolato contenente le sostanze fluorurate su almeno un letto di particelle di carbone attivo granulare, caratterizzato da ciò che tale passaggio sulle particelle di carbone attivo granulare avviene a monte di una fase di trattamento biologico del percolato stesso. In base a un secondo aspetto, lo scopo viene raggiunto da un impianto per la rimozione di sostanze fluorurate da percolati di discarica, comprendente un contenitore di percolato, un serbatoio contenente un letto di sabbia e ghiaia quarzifera e due serbatoi in sequenza, contenenti ciascuno un letto di carbone attivo granulare, caratterizzato da ciò che è disposto a monte di un impianto di trattamento biologico del percolato. Le rivendicazioni subordinate descrivono caratteristiche preferenziali dell'invenzione.
Ulteriori caratteristiche e vantaggi dell'invenzione risultano comunque meglio evidenti dalla seguente descrizione dettagliata di una forma di esecuzione preferita, data a puro titolo esemplificativo e non limitativo ed illustrata nel disegno allegato, nel quale:
fig. 1 è uno schema a blocchi di un impianto che mette in opera un procedimento di rimozione secondo una forma d'esecuzione preferita della presente invenzione.
In base alla forma d'esecuzione della presente invenzione illustrata nella figura, un impianto in grado di mettere in opera il processo secondo l'invenzione comprende un contenitore 1, per l'immagazzinamento del percolato. Può trattarsi di un silo, di un serbatoio, ma anche semplicemente del telo di contenimento della discarica o di qualsiasi altro mezzo atto a contenere il percolato di una o più discariche. Attraverso una conduttura 2, il contenitore 1 è in comunicazione con un serbatoio 3, contenente sabbia e ghiaia quarzifera. A sua volta, il contenitore 3, attraverso la conduttura 4, è in comunicazione con un serbatoio 5, contenente un letto di carboni attivi di un primo tipo. L'uscita 6 dal serbatoio 5 conduce a un serbatoio 7, che contiene altri carboni attivi. Dal serbatoio 7 parte un condotto 8, che funge da scarico dell'impianto e che è normalmente preposto a inviare il percolato, privato delle sostanze fluorurate, a un impianto di trattamento biologico del percolato stesso. La rimozione delle sostanze fluorurate a monte dell'impianto di trattamento biologico può consistere sia in una unità di trattamento preventiva installata nell'impianto di depurazione, sia in una unità a sé stante, installata sullo stesso luogo di produzione del percolato di discarica, ottenendo così un rifiuto liquido già in partenza privo di PFAS.
Il percolato come recuperato dalla discarica, ed eventualmente immagazzinato nel contenitore 1, viene poi inviato, tramite la conduttura 2 al serbatoio 3. Nel serbatoio 3 il percolato viene fatto passare in via preliminare su un letto di sabbia e ghiaia quarzifera, così da effettuare la rimozione di inquinanti solidi in particelle piccole. Questa operazione permette di ridurre al minimo i rischi di intasamento dei siti di adsorbimento presenti sui granuli di carbone attivo a causa dell'ostruzione con eventuali solidi di piccole dimensioni. Preferibilmente, si utilizza una sabbia silicea contenente fra l'85 e l'87% in peso di SiO2, a granelli sferici naturali. La densità apparente preferita oscilla fra 1.000 e 2.000 kg/m<3>, mentre la granulometria varia preferibilmente da 0,8-1, 2 a 2, 0-5,0.
Preferibilmente, e come mostrato in figura, si prevede il passaggio in sequenza del percolato in due letti di particelle di carbone attivo per spingere più a fondo la separazione-rimozione. Detti due letti presentano lo stesso tipo di carbone attivo, oppure presentano due tipi diversi di carbone attivo.
All'uscita dal serbatoio 3, attraverso la conduttura 4, il percolato da trattare entra nel serbatoio 5, dove è presente un primo letto di particelle di carbone attivo granulare. Il carbone attivo granulare adsorbe il COD fino a saturare i pori più grandi, mentre le sostanze fluorurate si adsorbono nei pori più fini e si ottiene la rimozione di una quota sostanziale dei fluorurati. Preferibilmente, nel primo serbatoio 5 si utilizza un carbone attivo che presenta un'area superficiale specifica compresa fra 800 e 1.300 m<2>/g, con un indice di iodio compreso fra 800 e 1.200.
In uscita dal serbatoio 5, il percolato in trattamento viene inviato alla conduttura 6 che lo porta nel serbatoio 7, dove è presente un secondo letto di particelle di carbone attivo granulare. Il carbone attivo contenuto nel serbatoio 7 può essere lo stesso oppure diverso da quello contenuto nel serbatoio 5. Risultati particolarmente vantaggiosi si ottengono con un carbone attivo differente. Se si hanno due diversi tipi di carbone attivo, si ottengono adsorbimenti di molecole di dimensioni e proprietà diverse su ciascun letto, con un migliore rendimento complessivo. In particolare, secondo una forma d'esecuzione alternativa, i migliori risultati si ottengono se nel secondo serbatoio 7 si utilizza un carbone attivo che presenta un'area superficiale specifica compresa fra 950 e 1.550 m<2>/g e un indice di iodio compreso fra 900 e 1.300, così da rimuovere le molecole fluorurate più grandi.
Anche nel serbatoio 7, il carbone attivo adsorbe nei pori più grandi altro COD, saturando tali pori. La saturazione, però, anche in questo caso non impedisce l'accesso ai pori più fini delle sostanze fluorurate, che si adsorbono in percentuale notevole anche dopo la saturazione dei siti di adsorbimento del COD.
Il liquido in uscita dal serbatoio 7 attraverso la conduttura 8 vede notevolmente ridotto il contenuto delle sostanze fluorurate, il processo appena descritto avendo un'efficienza di rimozione del 95% e anche migliore.
La presente invenzione, pur partendo da una soluzione tecnica già in uso per rimuovere sostanze fluorurate da un fluido acquoso, si differenzia dalla tecnica nota, in quanto la maggioranza assoluta dei documenti della tecnica nota prevedono l'impiego di carboni attivi per la rimozione di sostanze fluorurate da acque di falda o simili, dove le sostanze fluorurate sono in contemporanea presenza di poche sostanze estranee in grado di competere (come il COD), cosicché il loro adsorbimento risulta pressocché l'unico possibile. Nei sistemi, come i percolati di discarica presi in considerazione dalla presente invenzione, invece, il liquido da trattare comprende inquinanti di diverse specie -primo fra tutti il COD- che rendono la situazione molto più complessa che nelle acque di falda, rendendo l'adsorbimento delle PFAS molto meno scontata che in suddetti sistemi. Per questo motivo, appare tutt'altro che ovvio ricorrere allo stesso sistema.
Ancora meno ovvio appare il fatto di aver disposto l'adsorbimento delle sostanze fluorurate da parte dei carboni attivi a monte e non a valle dell'impianto di depurazione biologica dei percolati di discarica. Infatti, la percezione generale del tecnico del ramo era, prima della presente invenzione, che l'aspecificità come adsorbenti dei carboni attivi e l'enorme concentrazione di inquinanti nei percolati avrebbe dovuto portare a una saturazione molto rapida di tutti i siti di adsorbimento da parte del COD e degli altri inquinanti, impedendo l'accesso delle PFAS per ingombro sierico e il loro adsorbimento sui carboni attivi a causa della saturazione da parte degli altri inquinanti. Si è, invece, sorprendentemente trovato che il COD saturano sì in un tempo relativamente breve i pori più grandi, ma lasciano libero l'accesso alle sostanze fluorurate che, essendo più piccole, si adsorbono sui pori più piccoli, lasciati liberi dal COD. Si è, così, visto che, disponendo a monte del trattamento biologico l'adsorbimento su carboni attivi, si riesce in ogni caso a far durare i letti di carbone attivo sufficientemente a lungo perché la pratica abbia senso economicamente, col vantaggio di inviare al trattamento biologico un liquido che non contiene praticamente sostanze fluorurate (dunque i fanghi non immetteranno sostanze fluorurate nell'ambiente e potranno essere utilizzati senza problemi in agricoltura come fertilizzanti). Inoltre, il liquido in uscita dal processo e dall'impianto seccondo la presente invenzione conterrà una quota più bassa di altri inquinanti (che rimarranno comunque adsorbiti ai pori più grossi del carbone attivo), cosicché il successivo trattamento biologico potrà avvenire con una migliore resa, in condizioni più blande di quanto avvenga finora.
La presente invenzione permette dunque di non immettere ulteriori sostanze fluorurate nelle acque superficiali, migliorando quindi indirettamente anche la qualità delle acque sotterranee e potabili, e agevolando altresì il trattamento biologico successivo .
S'intende comunque che l'invenzione non deve considerarsi limitata alla particolare disposizione illustrata sopra, che costituisce soltanto una forma di esecuzione esemplificativa di essa, ma che diverse varianti sono possibili, tutte alla portata di un tecnico del ramo, senza per questo uscire dall'ambito di protezione dell'invenzione stessa, come definito dalle rivendicazioni che seguono.
ELENCO DEI CARATTERI DI RIFERIMENTO
1 Contenitore percolato
2 Conduttura
3 Serbatoio sabbia
4 Conduttura
5 Serbatoio carbone attivo
6 Conduttura
7 Serbatoio carbone attivo
8 Scarico

Claims (11)

  1. RIVENDICAZIONI 1) Processo di rimozione di sostanze fluorurate da percolati di discarica, che prevede di far passare il percolato contenente le sostanze fluorurate su almeno un letto (5; 7) di particelle di carbone attivo granulare, caratterizzato da ciò che tale passaggio sulle particelle di carbone attivo granulare avviene a monte di una fase di trattamento biologico del percolato stesso.
  2. 2) Processo come rivendicato nella rivendicazione 1), caratterizzato da ciò che avviene in un'unità di trattamento preventiva, installata nell'impianto di depurazione.
  3. 3) Processo come rivendicato nella rivendicazione 1), caratterizzato da ciò che avviene in un'unità a sé stante, installata sullo stesso luogo di produzione del percolato di discarica.
  4. 4) Processo come rivendicato in una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, caratterizzato da ciò che il percolato viene fatto passare in via preliminare su un letto di sabbia e ghiaia quarzifera.
  5. 5) Processo come rivendicato nella rivendicazione 4), caratterizzato da ciò che densità apparente di detta sabbia oscilla fra 1.000 e 2.000 kg/m<3>, mentre la granulometria varia preferibilmente da 0,8-1, 2 a 2, 0-5,0.
  6. 6) Processo come rivendicato in una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, caratterizzato da ciò che si prevede il passaggio in sequenza del percolato in due letti (5; 7) di particelle di carbone attivo.
  7. 7) Processo come rivendicato nella rivendicazione 6), caratterizzato da ciò che detti due letti (5; 7) presentano lo stesso tipo di carbone attivo.
  8. 8) Processo come rivendicato nella rivendicazione 6), caratterizzato da ciò che detti due letti (5; 7) presentano due tipi diversi di carbone attivo.
  9. 9) Processo come rivendicato nella rivendicazione 8), caratterizzato da ciò che nel primo serbatoio (5) si utilizza un carbone attivo che presenta un'area superficiale specifica compresa fra 800 e 1.300 m<2>/g, con un indice di iodio compreso fra 800 e 1.200.
  10. 10) Processo come rivendicato nelle rivendicazioni 8) o 9), caratterizzato da ciò che nel secondo serbatoio (7) si utilizza un carbone attivo che presenta un'area superficiale specifica compresa fra 950 e 1.550 m<2>/g e un indice di iodio compreso fra 900 e 1.300.
  11. 11) Impianto per la rimozione di sostanze fluorurate da percolati di discarica, comprendente un contenitore (1) di percolato, un serbatoio (3) contenente un letto di sabbia e ghiaia quarzifera e due serbatoi (5; 7) in sequenza, contenenti ciascuno un letto di carbone attivo granulare, caratterizzato da ciò che è disposto a monte di un impianto di trattamento biologico del percolato.
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