IT201800007873A1 - Metodo per la lavorazione di lamine e giunti elastici sottili, in particolare per la realizzazione di oscillatori meccanici monolitici - Google Patents

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Gerardo Giordano
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Description

METODO PER LA LAVORAZIONE DI LAMINE E GIUNTI ELASTICI SOTTILI, IN
PARTICOLARE PER LA REALIZZAZIONE DI OSCILLATORI MECCANICI
MONOLITICI
La presente invenzione riguarda un metodo per la realizzazione di lamine e giunti elastici sottili mediante asportazione di materiale da un unico blocco di materiale, ovvero per la realizzazione di manufatti costituiti da uno o più lamine sottili e/o giunti elastici sottili collegati tra loro senza soluzione di continuità mediante asportazione di materiale con processi basati su fresatura [1].
Esempio di possibile applicazione di tale metodologia a manufatti complessi è la realizzazione di un sensore meccanico monolitico per la misura di spostamenti lineare ed angolare di elevata sensibilità e larga banda di misura in bassa frequenza basato su configurazione pendolo ripiegato per applicazioni di monitoraggio e controllo [2] [3] [4] [5] [6].
Stato dell’arte
Attualmente non esiste una procedura che consenta la realizzazione di lamine e giunti elastici sottili tramite asportazione di materiale, ovvero che permetta di ricavare tali componenti con processi basati su sola fresatura.
Infatti, ad esempio, la procedura di realizzazione per fresatura di un giunto sottile (dell’ordine dei 100 micron o meno di spessore) comporta l’asportazione del materiale prima da un lato e, successivamente, dall’altro lato. L’asportazione del materiale per la realizzazione della prima faccia può essere effettuata seguendo le procedure di fresatura standard non essendo il giunto ancora formato, agendo la fresa su una struttura solida e resistente alla pressione della fresa stessa. L’asportazione del materiale per la realizzazione della seconda faccia è, invece, una lavorazione particolarmente delicata, dal momento che durante l’operazione di fresatura l’utensile esercita una pressione su un giunto sottile in via di realizzazione, che diviene sempre più debole strutturalmente man mano che la lavorazione procede, deformandosi, nel migliore dei casi in modo elastico, e comunque in modo non controllabile. Il giunto viene, infatti, sottoposto ad importanti stress meccanici, che possono portare lo stesso in zona di deformazione plastica e/o a rottura già per spessori dell’ordine delle centinaia di micron, con modifica non controllata delle caratteristiche meccaniche di partenza del materiale stesso. Non meno importante è poi la considerazione che una deformazione, ancorché elastica, del giunto durante la fase di realizzazione difficilmente consente di conseguire le specifiche di progetto con le usuali procedure di lavorazione meccanica per fresatura. Infatti, il giunto diventando più sottile durante la fresatura si deforma sotto la pressione della fresa stessa, che, controllata numericamente sulla base di pre-impostazioni, asporta in modo non controllato il materiale, con un risultato finale generalmente non conforme a quello di progetto, quando non intervenga addirittura la rottura o la deformazione permanente del giunto stesso.
Per questi motivi, oggi la lavorazione di lamine e giunti elastici sottili viene effettuata con tecnica WEDM [7], che permette l’asportazione del materiale senza stress meccanico per il pezzo lavorato consentendo la realizzazione di lamine e giunti elastici sottili fino a 50 micron, ma non garantendo le caratteristiche meccaniche di partenza del materiale, dal momento che comunque la lavorazione prevede il passaggio di una scarica elettrica attraverso il materiale in lavorazione.
Analogo discorso vale per le lamine sottili, dove per lamina si intende, nella presente descrizione, un elemento oblungo che ha una prima estremità connessa ad un corpo e una estremità libera, ad esempio opposta a detta prima estremità.
Più in dettaglio, la WEDM utilizza come utensile un filo in materiale conduttivo, che attraverso un foro viene teso nel materiale, necessariamente buon conduttore, e traslato fino al contatto col materiale stesso al fine di ottenere il taglio.
Il processo si basa sulla capacità termomeccanica delle scariche elettriche di erodere i materiali, e consiste nell'avvicinare l'utensile da taglio (elettrodo) al materiale da lavorare, immergendo materiale ed elettrodo in un dielettrico liquido, che ha anche la funzione di provvedere al raffreddamento del materiale durante la lavorazione. Sull’utensile viene quindi applicato un potenziale elettrico negativo rispetto al materiale lavorato. Quando la distanza dell’utensile rispetto al materiale è sufficientemente piccola da generare una scarica attraverso il dielettrico, viene generato un canale di plasma (arco) che fonde la superficie del materiale asportando nei punti in cui è prevista l’effettuazione del taglio.
Durante il taglio l'utensile viene fatto avanzare al procedere dell'erosione, in modo da mantenere una distanza predefinita con il materiale in lavorazione. La lavorazione non genera trucioli, ma sfridi che assumono l'aspetto di polvere e vengono dispersi nel dielettrico.
Questa tecnica presenta tre importanti vantaggi:
a. possibilità di lavorazione di metalli molto duri (acciai speciali, acciai rapidi, metalli duri, ecc.), o induriti con trattamenti termici o chimici (temprati, carburati, ecc.), non richiedendo che l'utensile (filo) abbia una durezza e una resistenza meccanica maggiori del materiale lavorato;
b. possibilità di realizzare tagli e fori impossibili per le altre tecniche convenzionali (spigoli netti, nervature e cavità con forme o profili complessi); c. possibilità di lavorare superfici di lamine molto sottili, dal momento che il passaggio del filo non esercita pressione sulla superfice da lavorare, non sottoponendo a sforzo il materiale durante la lavorazione.
Uno svantaggio dell’elettroerosione, invece, è quello di poter effettuare solo lavorazioni assiali, in quanto è sempre necessaria la presenza del filo conduttore. Questa tipologia di lavorazione indebolisce in molti casi il pezzo in lavorazione, perché alcune parti lungo l’asse di erosione potrebbero essere invece vantaggiosamente mantenute con lo scopo di conferire maggiore rigidità strutturale generale e/o locale. Inoltre, nel caso di realizzazioni che prevedano giunti posizionati su facce opposte di un pezzo, la tipologia di lavorazione rende molto difficile la realizzazione di giunti non posizionati in modo simmetrico sulle facce stesse.
La lavorazione per fresatura meccanica ha, invece, una modalità completamente diversa, dal momento che opera per asportazione meccanica di materiale mediante l'azione di utensili da taglio a geometria definita, denominati frese, montate su macchine utensili (fresatrici). L’azione di fresatura prevede la rotazione dell'utensile ed il movimento relativo tra questo e il materiale da lavorare: durante la rotazione i taglienti della fresa asportano materiale dal pezzo quando questo viene a trovarsi a contatto con la fresa a seguito di una traslazione tra il pezzo da lavorare e la fresa stessa. La fresatura meccanica consente la produzione di pezzi con tolleranze inferiori al micron con finitura superficiale anche a specchio (fino a 100 nanometri).
Elemento rilevante, però, e limite dell’azione di fresatura è che la fresa deve necessariamente esercitare una pressione sulla superficie su cui agisce per l’asportazione del materiale.
In generale, il processo di fresatura prevede una fase di sgrossatura ed una fase di finitura. Con la sgrossatura viene asportato materiale dal pezzo in lavorazione nel modo più rapido e quindi più economico possibile, lasciando un sufficiente strato di metallo da asportare nella successiva fase di finitura. In questa seconda fase si asportano le parti eccedenti per raggiungere le dimensioni previste, in modo da rispettare dimensioni e tolleranze di progetto, includendo quelle relative al grado di rugosità delle superfici.
Le lavorazioni in fresatura sono attualmente effettuate con macchine CNC (Computer Numerical Control), dotate di teste (frese) orientabili con assi inclinabili in grado di ruotare giroscopicamente lungo due assi, che consentono l’orientamento delle frese rispetto a tutti i piani di lavoro, proprietà rilevante per la realizzazione di oggetti con forme anche molto complesse. La fresatura con tecnologia CNC consente la creazione di superfici molto lisce ad altissima precisione (dell’ordine di 100 nanometri), in modo rapido, automatizzato e ad un costo estremamente contenuto, ma non consente la realizzazione di lamine e giunti elastici sottili (dell’ordine dei 100 micron) mediante applicazione diretta.
Nella tabella seguente sono sintetizzate le principali differenze fra le due tecniche.
In sintesi, allo stato attuale la realizzazione di lamine e giunti elastici sottili viene fatta necessariamente mediante la tecnica WEDM utilizzando solo materiali conduttori, non essendo possibile alcuna lavorazione per fresatura per lamine e giunti elastici sottili di spessore inferiore a qualche centinaio di micron.
Una evidente dimostrazione di quanto affermato è data dal fatto che i sensori monolitici basati sull’architettura pendolo ripiegato, stato dell’arte della sensoristica meccanica internazionale, sono tutti realizzati con tecnica mista: fresatura per la realizzazione del corpo monolitico e dei componenti principali, elettroerosione a filo per la realizzazione dei soli giunti meccanici, generalmente di spessore dell’ordine dei 100 micron [1] [2].
È, quindi, sentita la necessità di avere un metodo che permetta:
a. la realizzazione di lamine e giunti elastici sottili di spessore anche inferiore ai 100 micron, ma di qualità superiore in termini di lavorazione superficiale rispetto alla WEDM;
b. la realizzazione di lamine e giunti elastici sottili in materiali anche non conduttivi, superando una delle più importanti limitazioni presentate dalla tecnica WEDM.
E’ sentita inoltre la necessità di sviluppare procedure di lavorazione completamente automatiche, con incremento della velocità di lavorazione ed abbattimento dei costi di produzione, automazione completa, oltre ad ulteriori possibilità di lavorazione quali ad esempio la realizzazione di fori non passanti, filettature, lamine sottili (< 100�m) senza deformazioni o modificazioni strutturali (ad esempio dovute al passaggio dell’elettricità nell’elettroerosione), lavorazioni su materiali non conduttivi.
Ancora, è sentita la necessità di realizzare ogni componente meccanico per lavorazione con un unico metodo, sia per i componenti più resistenti, sia per i componenti più delicati (come i giunti sottili).
Scopo e oggetto dell’invenzione
Scopo della presente invenzione è quello di fornire un metodo per la lavorazione meccanica mediante asportazione di materiale da un blocco grezzo con processi basati su fresatura, ad esempio per la realizzazione di lamine e giunti elastici sottili.
È, inoltre, scopo della presente invenzione fornire un metodo che consenta la realizzazione di manufatti da un unico blocco di materiale costituito da uno o più giunti elastici collegati tra loro senza soluzione di continuità mediante asportazione di materiale con processi basati sulla sola fresatura.
Ulteriore scopo specifico della presente invenzione è, infine, quello di fornire un metodo per la realizzazione in fresatura a basso costo di un sensore monolitico basato su Watt’s Linkage, anche in configurazione pendolo ripiegato, da utilizzare come oscillatore meccanico per la realizzazione di sismometri, velocimetri, accelerometri e tiltmetri da utilizzare per monitoraggio e controllo.
È ancora scopo specifico della presente invenzione un elemento di immobilizzazione rimovibile che permetta la lavorazione secondo il metodo dell’invenzione. Questo elemento aiuta la lavorazione nel metodo e fornisce un mezzo di sicurezza per il trasporto del pendolo ripiegato.
È oggetto della presente invenzione un metodo per la realizzazione di lamine o giunti secondo le rivendicazioni allegate.
È ulteriore oggetto specifico della presente invenzione per la realizzazione di un pendolo monolitico ripiegato secondo le allegate rivendicazioni.
È ulteriore oggetto specifico della presente invenzione un elemento di immobilizzazione rimovibile da utilizzare nel metodo dell’invenzione, secondo le allegate rivendicazioni.
L’invenzione verrà ora descritta nel seguito a titolo illustrativo, ma non limitativo, facendo riferimento alle figure dei disegni allegati, in cui:
- La Figura 1 mostra la Fase 1 del metodo di lavorazione secondo la presente descrizione, con un disegno schematico del pezzo preparato per la realizzazione del giunto con due fresature passanti lungo la verticale.
- La Figura 2 mostra un disegno schematico della realizzazione al termine della Fase 2 successiva a quella della Figura 1, con evidenza della faccia destra del giunto ellittico.
- La Figura 3 mostra un disegno schematico della realizzazione al termine della Fase 3 successiva a quella della Figura 2, con evidenza della faccia sinistra del giunto ellittico.
- La Figura 4 mostra particolari della Fase 4 di stacco del giunto ellittico e, in particolare, in (a) la posizione della punta del trapano a metà della foratura e in (b) la sezione verticale del foro.
- La Figura 5 mostra il risultato finale della lavorazione della Fase 4, con lo stacco del giunto ellittico: in (a) è riportato il risultato finale della lavorazione; in (c) e (b) sono riportate rispettivamente le sezioni del materiale che evidenziano come, tramite foratura, il giunto sia stato staccato dal resto del materiale.
- La Figura 6 mostra una sezione orizzontale del giunto secondo la lavorazione della Fase 4, con tre possibili tipi di lavorazione differente (a), (b) e (c).
- La Figura 7 mostra il risultato finale della Fase 5 di lavorazione del giunto ellittico realizzato mediante la metodologia secondo la presente descrizione: in (a) è riportata una vista anteriore ed in (b) una vista posteriore del giunto ellittico realizzato mediante la metodologia basata su sola fresatura.
- La Figura 8 mostra la struttura fissa che sorregge il braccio di un pendolo semplice il cui punto di sospensione e rotazione è costituito da un giunto elastico sottile con profilo ellittico.
- La Figura 9 mostra un pezzo semilavorato che viene usato per iniziare il metodo secondo la presente descrizione, al fine di produrre un pendolo ripiegato monolitico.
- La Figura 10 mostra il risultato della preparazione del pezzo da lavorare relativo alla Fase 1 della realizzazione di un pendolo ripiegato monolitico secondo la presente descrizione, evidenziando le scasse in corrispondenza dei giunti da realizzare ed i fori di riferimento praticati per tale fase della lavorazione.
- La Figura 11 mostra il risultato della lavorazione per fresatura finalizzata alla realizzazione delle due facce dei giunti, mostrando anche gli ulteriori fori passanti realizzati ai fini dell’applicazione di piastre esterne di staffaggio e/o a protezione del manufatto ai fini del trasporto o per una eventuale fissaggio su superfici esterne.
- La Figura 12 mostra il risultato della lavorazione per lo stacco dei giunti dal resto del materiale mediante foratura, per la produzione del pendolo ripiegato secondo la presente descrizione. 
- La Figura 13 mostra un particolare del semilavorato della Fig.12. 
- La Figura 14 mostra il risultato della lavorazione della Fase 5, finalizzata all’asporto del materiale non contiguo ai giunti elastici tramite una ulteriore fresatura.
- La Figura 15 mostra il risultato di una lavorazione per l’asportazione di materiale non contiguo ai giunti, propedeutica all’operazione finale di fresatura per l’eliminazione delle parti che mantengono bloccate le parti mobili del pendolo ripiegato (massa centrale, bracci) rispetto alla struttura (telaio). Nella figura è evidente anche la presenza nel pezzo di fori e filettature funzionali all’applicazione di sistemi di readout, fissaggio, ecc., necessari per l’operatività del pendolo ripiegato, ma non legati alla innovativa metodologia di lavorazione per fresatura descritta. Sono messe in evidenza, nelle ellissi tratteggiate, le parti che mantengono bloccate le parti mobili del pendolo ripiegato alla struttura fissa (la faccia posteriore è identica, essendo stata lavorata con la stessa procedura). - La Figura 16 mostra il sistema di staffaggio (o “immobilizzazione rimovibile”) secondo la presente descrizione: la figura evidenzia i fori per il bloccaggio dei due bracci dei pendoli, i fori per il bloccaggio della massa centrale ed i fori per il fissaggio alla struttura fissa.
- La Figura 17 mostra la vista frontale del pendolo ripiegato realizzato per sola fresatura secondo la presente descrizione.
- La Figura 18 mostra la vista prospettica del pendolo ripiegato realizzato per sola fresatura secondo la presente descrizione.
Principio di funzionamento dell’invenzione
La presente descrizione introduce una metodologia di lavorazione meccanica dei materiali finalizzata alla realizzazione di lamine e giunti elastici sottili (anche di spessore inferiore ai 100 micron), che, come sopra illustrato, sono realizzabili nella tecnica anteriore soltanto in materiali conduttori (essenzialmente metalli) mediante tecniche di elettroerosione a filo WEDM (Wired Electrical Discharge Machining) [7] solo in particolari condizioni e con svariati limiti.
La metodologia di lavorazione, che qui si descrive, consente la realizzazione, da un unico blocco di materiale, di lamine e giunti (ad esempio, ma non esclusivamente, elastici) sottili nonché di manufatti complessi, costituiti da uno o più lamine sottili e/o giunti elastici sottili collegati tra loro senza soluzione di continuità, mediante la sola tecnica di fresatura, superando altresì le limitazioni sulla conducibilità del materiale imposte dalla WEDM.
La metodologia di lavorazione di lamine e giunti per fresatura illustrata nella presente descrizione è indipendente dalla tipologia di disegno in cui tali lamine e giunti vengono utilizzati. Ad esempio è indipendente dal disegno dei sensori monolitici basati su Watt’s Linkage. Tuttavia, essa assume una particolare forma per tali sensori monolitici, in particolare basati su Watt’s Linkage, anche in configurazione pendolo ripiegato, da utilizzare come oscillatori meccanici per la realizzazione di sismometri, velocimetri, accelerometri e tiltmetri per applicazioni di monitoraggio sismico di siti, monitoraggio e/o controllo di edifici civili ed industriali (palazzi, dighe, ponti, gallerie), monitoraggio e/o controllo per la realizzazione di sistemi di attenuazione sismica e di piattaforme inerziali, ecc..
L’innovativa metodologia oggetto dell’invenzione sarà descritta dapprima nella sua forma base, a titolo esemplificativo ma non limitativo, finalizzata alla realizzazione di una struttura fissa in lega di alluminio (ad esempio AL6092-T6) che sorregge il braccio di un pendolo semplice il cui punto di sospensione e rotazione è costituito da un giunto elastico sottile con profilo ellittico (ellitticità 16/5) caratterizzato da semiasse maggiore SM = 8 mm; semiasse minore Sm = 2,5 mm; spessore giunto Sg = 0,1 mm; profondità giunto Pg = 5 mm.
È importante sottolineare che, benché la procedura descritta sia finalizzata alla realizzazione di un giunto ellittico sottile, tale procedura è direttamente applicabile anche alla realizzazione di una lamina sottile o di altre lamine, interpretabili come giunti ellittici con ellitticità infinita.
La metodologia prevede l’esecuzione di fasi successive, descritte in dettaglio nel seguito, nella cui descrizione sono messe in evidenza non solo la tipologia e la modalità di lavorazione, ma anche le motivazioni generali.
In Figura 1 è mostrato schematicamente il pezzo da lavorare, preparato per la lavorazione del giunto con due comuni fresature passanti lungo la verticale. È tuttavia da specificare che le fresature di preparazione non devono necessariamente essere passanti.
Le fasi necessarie per la lavorazione meccanica finalizzata alla realizzazione di un giunto ellittico (o di una lamina sottile) sono 6, riportate in dettaglio nel seguito.
Sebbene nella presente descrizione si parlerà sempre di giunto elastico, il metodo della presente descrizione è ugualmente applicabile ad un giunto non elastico.
Fase A.1. Preparazione del materiale.
Nel caso specifico esemplificativo, viene utilizzato un blocco di materiale dello spessore di 1.5 cm, su cui vengono praticate due scasse verticali di larghezza 0.9 cm, lasciando centralmente una barra di materiale della larghezza di 0.51 cm (pendolo), su cui sarà realizzato il giunto ellittico in una fase successiva. Queste misure non sono limitative.
Con la numerazione da 200 a 290 si indicheranno i componenti e le diverse fasi della lavorazione del blocco di materiale grezzo indicato con 210, comprese le sagomature ed il formando giunto ellittico.
Il blocco o pezzo 210 da cui verrà asportato il materiale per fresatura viene lavorato preliminarmente come mostrato in Figura 1, ovvero con una superficie (o prima faccia) frontale 211 (vantaggiosamente piana) e con due scasse passanti 260 (ma in generale sarebbe possibile anche con due scasse non passanti, come all’inizio della lavorazione del pendolo ripiegato monolitico, descritta in seguito). Opposta alla superficie frontale vi è un’altra superficie frontale (o seconda faccia) 212, con delle pareti di raccordo tra le due superfici opposte. Le due scasse definiscono, tra loro, un elemento 220 con una direzione di estensione principale lungo la direzione principale delle scasse, ed una profondità nella direzione ad essa perpendicolare (e perpendicolare alla prima ed alla seconda faccia).
Fase A.2. Fresatura della prima faccia del giunto.
Mediante una fresa di dimensioni adeguate di volta in volta determinate, viene effettuata la fresatura della prima faccia del giunto ellittico con asportazione del materiale fino ad una profondità leggermente maggiore di una profondità di progetto del giunto ellittico. Questa fresatura porta alla realizzazione della faccia destra (ma si potrebbe partire anche da sinistra) del giunto ellittico, mostrata in Figura 2. Una eventuale operazione di finitura su questa faccia va fatta in questa fase. Con 230R si indica il formando giunto ellittico lavorato solo a destra.
Nel caso specifico esemplificativo, dovendo realizzare un giunto di profondità pari a 5 mm, l’asportazione del materiale viene effettuata con una fresa del diametro di 4 mm fino ad una profondità ps leggermente maggiore di 5 mm (ad esempio 5,5 mm). In generale, sebbene non ci sia un limite predefinito, è preferibile che la profondità ps sia più grande della profondità di progetto in una percentuale che va dal 5 al 20 %, ancora più preferibilmente dal 7 al 15 %.
La scelta della maggiorazione dipende dallo spessore del giunto e della punta per la foratura che sarà poi utilizzata; nel caso che si è illustrato sono stati scelti 0.5 mm tenendo conto della precisione elevata di lavorazione delle macchine in uso. Molto dipende inoltre dai trucioli e dalle sbavature che vengono prodotte durante il taglio, a loro volta dipendenti dal tipo di materiale.
Fase A.3. Fresatura della seconda faccia del giunto.
Utilizzando la stessa fresa della fase precedente (ma è possibile anche utilizzarne una differente, ad esempio per realizzare un giunto asimmetrico), viene effettuata la fresatura della seconda faccia 222 del giunto ellittico con asportazione di materiale fino alla stessa profondità raggiunta nella Fase A.2. La Figura 3 mostra la lavorazione della faccia sinistra della lamina, la cui fresatura porta alla realizzazione della faccia sinistra del giunto ellittico e quindi al giunto ellittico pre-finale o “elemento lavorato” 230. Una eventuale operazione di finitura su questa faccia va fatta in questa fase, in cui il giunto è ancora ancorato.
È importante sottolineare che durante la fase di lavorazione, il giunto elastico, ancorché di piccolo spessore, si deforma in modo minimale sotto la pressione dell’utensile, perché la parte posteriore (ovvero la sezione inferiore del giunto) è ancora monolitica con il blocco in lavorazione, la qual cosa consente pertanto una normale operazione di fresatura. Essendo tale pressione legata alla dimensione della fresa utilizzata, quest’ultima deve essere scelta in modo da ridurre a valori trascurabili la deformazione del giunto in fase di lavorazione in relazione alla precisione finale richiesta ed alle caratteristiche meccaniche del materiale utilizzato.
Nel caso specifico esemplificativo, la fresatura della seconda faccia viene effettuata mediante asportazione del materiale effettuata sempre con la fresa di diametro 4 mm fino alla profondità di 5.5 mm, realizzando uno spessore minimo richiesto da progetto fra le due facce pari a 100 micron. Non c’è tuttavia, in generale, una prescrizione sullo spessore del giunto.
Fase A.4. Stacco del giunto.
In questa fase, viene effettuato un foro mediante trapanatura sulla parete di raccordo sopra menzionata, ovvero sulla faccia ortogonale (in generale, non è necessario che sia ortogonale) a quella in lavorazione nelle Fasi 1 e 2. La trapanatura è lungo un’asse parallelo alla prima faccia 211 e alla seconda faccia 212 opposta alla prima faccia, come mostrato in Figura 4. In particolare, la Figura 4 mostra la posizione della punta 290 del trapano a metà della foratura 280.
Questa tipologia di foratura, caratterizzata dal taglio della punta tangente alla sezione del giunto, consente il suo stacco dal resto del materiale. La Figura 4(b) mostra la sezione verticale del foro con la punta inserita. Durante questa fase di lavorazione, il giunto non è sottoposto a stress meccanico perché durante l’avanzamento della punta durante la foratura la parte in lavorazione del giunto 230 è sempre monolitica con il materiale in lavorazione. Pertanto, gli sforzi di taglio gravano sulla struttura che nell’istante prima del taglio è sufficientemente robusta da permettere il taglio stesso senza deformare il giunto, ancorché sottile. Infatti, è importante evidenziare che la punta è tangente al giunto solo dopo aver asportato materiale. In tale situazione, però, non essendoci asportazione di materiale dalla parte costituente il giunto, non sono presenti sforzi di taglio esercitati sul giunto stesso.
Nel caso specifico esemplificativo, il foro 280 viene effettuato mediante trapanatura con punta 290 da 3 mm.
Il risultato di questa fase di lavorazione è mostrato in figura 5(a). Le relative sezioni riportate in figura 5(b) e 5(c) evidenziano come, tramite la foratura, il giunto sia stato staccato dal resto del materiale.
Facendo ora riferimento alla Fig. 6, la trapanatura per staccare il giunto con un foro 280 posteriore al giunto è meglio illustrata secondo lo schema dato. La Fig. 6 mostra in (a) una trapanatura che forma un cerchio 280 tale che la sua circonferenza è tangente al giunto 230, o più precisamente a quella che sarà poi una sua parete o faccia. Questo ovviamente è un caso limite che idealmente non provocherebbe il distacco del giunto, a meno che questo non sia infinitamente sottile nel punto di minore spessore. Per avvicinarsi al distacco completo, la circonferenza deve entrare nella linea della parete suddetta e quindi asportare anche una porzione del materiale della parete, come in (b). Avendo avuto cura di dimensionare lo spessore da (nel nostro esempio pari a 5.5 mm) del giunto nella maniera corretta, questo non comporta perdite strutturali per il giunto, ottenendo uno spessore finale minimo di db (nel nostro esempio pari a 5.0 mm) sufficiente per il corretto funzionamento del giunto. Può anche essere fissato a priori uno spessore finale medio e calcolare db in modo da arrivare con la trapanatura a tale spessore finale medio. È alternativamente possibile effettuare più fori con punte di minore diametro, come in (c) ottenendo uno spessore finale quasi uniformemente uguale a dc, e tale che dc > db. È anche possibile effettuare dapprima la trapanatura come in (a) e subito dopo una trapanatura di rifinitura come in (c). È qui importante specificare che questa trapanatura o limatura di rifinitura deve essere effettuata nella direzione del foro evitando direzioni significativamente incidenti o addirittura perpendicolari all’asse del foro, altrimenti si sottoporrebbe il giunto a degli stress che ne comprometterebbero la tenuta ed il successivo funzionamento.
È possibile ottenere il distacco mediante una trapanatura o più trapanature contigue con punta nella direzione perpendicolare a quella dello scasso del giunto oppure mediante fresatura sempre lungo la direzione perpendicolare a quella dello scasso del giunto. Questa modalità di realizzazione implica però la creazione di un ulteriore scasso nel pezzo, cosa non sempre desiderabile, anche perché in alcuni casi può sollecitare negativamente il giunto.
In generale, nella presente descrizione, la trapanatura è un caso particolare della fresatura, la quale è sempre intesa possibile. Più in generale, si può parlare di foratura, che può essere realizzata con varie tecniche, comprese la trapanatura e la fresatura, e può condurre ad avere un foro circolare o non circolare.
Fase A.5. Asportazione del materiale non contiguo al giunto.
In tale fase viene asportato il rimanente materiale dell’elemento 220 non contiguo al giunto elastico, tramite una ulteriore fresatura. Per materiale non contiguo si intende il materiale che non ha nessuna porzione o superficie in contatto diretto col giunto.
Questa lavorazione ha il solo scopo di lasciare libero il giunto e il braccio del pendolo al fine di ottenere un giunto flessibile. Il giunto finora ottenuto è integro e monolitico col resto della struttura, ma non assolve ancora alla funzione di giunto essendo il braccio ancora monolitico sia con il giunto che con il resto della struttura. Per questa ragione, tale fase deve essere considerata opzionale, perché appunto legata alla funzione della struttura che contiene il giunto.
Nel caso specifico esemplificativo, viene asportato il rimanente materiale non contiguo al giunto elastico tramite una ulteriore fresatura con una fresa di diametro 6 mm.
Fase A.6. Stacco delle parti contigue ai due estremi del giunto.
Questa ultima fase richiede il montaggio di un sistema di staffaggio (più in generale un sistema o mezzi di “immobilizzazione rimovibile”), necessario per evitare la rottura del giunto durante la lavorazione, rottura non dovuta agli effetti degli sforzi di taglio sul giunto ma alla propagazione degli sforzi esercitati sul braccio del pendolo (o su altra parte contigua al giunto nel caso in cui questo non sia un giunto di un pendolo) al giunto stesso per via della monoliticità del pendolo con il giunto stesso. Le Figure 7(a) e 7(b) mostrano il risultato della lavorazione, pendolo semplice con giunto ellittico, con due viste differenti da davanti e da dietro.
Facendo inoltre riferimento alla Figura 8, viene predisposto ed applicato un sistema di staffaggio 240, 250 per garantire assenza di moto relativo tra il pendolo e la struttura al fine di evitare deformazioni o rottura del giunto ellittico 230, durante la lavorazione. Nel caso specifico esemplificativo, viene eseguita una fresatura finale con una fresa da 6 mm per distaccare le parti contigue al giunto ellittico.
Più in generale, tenendo conto della tipologia di questa realizzazione, è fondamentale l’assenza di moto relativo tra il pendolo e la struttura, ottenuta mediante il suddetto adeguato sistema di staffaggio da applicare in tutte le fasi della lavorazione che lo richiedono. Se infatti l’elemento centrale 220 in Fig. 1 non è sufficientemente rigido, allora va bloccato, se invece è rigido, si può procedere fino alla fine del procedimento senza bloccarlo. Va da sé che per giunti sottili, la staffatura è spesso necessaria dopo la creazione della lamina e prima della fresatura delle parti non contigue.
Va qui detto che può in linea di principio essere utilizzato un metodo misto, ovvero fresatura per la creazione della lamina, elettroerosione per il distacco e/o la rimozione delle parti non contigue, anche se meno conveniente dell’utilizzazione della sola tecnica di fresatura.
Applicazione della tecnica alla realizzazione di un pendolo ripiegato monolitico Come sopra spiegato, nella tecnica nota, la lavorazione di un pendolo ripiegato monolitico i cui punti di snodo sono costituiti da giunti elastici dello spessore dell’ordine o inferiore al decimo di millimetro, viene effettuata con procedure miste basate fresatura e lavorazione WEDM. Quest’ultima viene utilizzata in particolare per tutti i tagli passanti sul blocco monolitico, per la creazione di spigoli con raggio di curvatura del diametro dell’utensile (200 - 300 micrometri) e, ovviamente, per la realizzazione degli otto giunti elastici sottili, che caratterizzano questa tipologia di manufatto.
Sfruttando il metodo per la realizzazione di lamine e giunti sottili mediante fresatura descritta nella sezione precedente, viene ora descritta una innovativa metodologia di realizzazione meccanica di pendolo ripiegato per sola fresatura, a conoscenza degli Inventori mai realizzata né descritta in precedenza. In particolare, nell’esempio fornito, peraltro di validità generale non limitata alla specifica realizzazione descritta, gli otto giunti elastici sottili da realizzare hanno le stesse dimensioni e caratteristiche di quelli utilizzati nella descrizione generale della sezione precedente, così come il materiale utilizzato.
La metodologia realizzativa viene descritta anche in questo caso mediante fasi di lavorazione successive, analoghe a quelle descritte precedentemente per la realizzazione del giunto ellittico di un pendolo semplice, ma con importanti differenze dovute alla realizzazione specifica di un pendolo ripiegato, anche se tecnicamente ripercorrenti la stessa metodologia di realizzazione di un singolo giunto elastico sottile.
Per quanto attiene invece il sistema di staffaggio, questo deve essere disegnato ed applicato in modo da garantire assenza di moto relativo tra le varie parti mobili del pendolo ripiegato e la struttura di supporto in modo da evitare deformazioni o rotture dei giunti ellittici durante la lavorazione e/o il successivo trasporto del pendolo. Tale sistema di staffaggio è stato espressamente disegnato per questo scopo ed è, quindi, anch’esso oggetto della presente descrizione.
Fase B.1. Preparazione del materiale.
Con la numerazione da 300 a 395 si indicheranno i componenti e le diverse fasi della lavorazione del blocco di materiale grezzo indicato con 310, comprese le sagomature ed i formandi giunti ellittici.
Il blocco di materiale 310 dal quale ricavare il pendolo ripiegato 300 viene vantaggiosamente lavorato in modo da formare un parallelepipedo con facce opposte (ad esempio 311, 312) parallele, parallelismo opzionale e ottenuto mediante una rettifica delle stesse per fresatura. Sulle superfici di due di queste facce opposte, definite come frontale o prima 311 e posteriore o seconda 312, verranno realizzati gli otto giunti elastici nelle fasi successive.
Facendo riferimento alla Fig. 9, su tali facce 311, 312 vengono realizzati inizialmente dei fori di riferimento 395 per la lavorazione in fresatura e dei fori 391, 392 per ospitare le spine di fissaggio necessarie a bloccare la massa oscillante durante il trasporto. Successivamente le facce 311, 312 vengono opzionalmente lavorate al fine di realizzare delle scasse poco profonde 360p nella posizione di progetto del giunto ed interessanti vantaggiosamente l’intera area del giunto stesso. La funzione di queste scasse, da realizzare vantaggiosamente durante la prima fase della lavorazione, è quella di evitare il contatto tra il profilo esterno dei giunti e le piastre di protezione (disegnate e realizzate come descritto nelle fasi successive), che saranno applicate per proteggere i delicati giunti del pendolo ripiegato sia durante le fasi di trasporto ed installazione sia durante la fase di operazione del pendolo ripiegato. In pratica, i giunti ellittici saranno realizzati leggermente rientrati rispetto alle superfici frontale e posteriore in modo da garantirne la massima sicurezza operativa. A questo punto, facendo riferimento alla Fig.10, si realizzano le coppie di scasse in ciascuna posizione di giunto, in modo che le scasse leggere 360p si trovino nel mezzo, parzialmente rimosse ai lati.
Fase B.2. Fresatura prima e seconda faccia dei giunti.
Questa fase sintetizza ed accorpa le Fasi A.2 e A.3 relative alla realizzazione delle facce di ciascun giunto elastico del pendolo descritto nella sezione precedente. Per ognuna delle due facce del parallelepipedo (frontale 311 ed opposta 312) vengono realizzate prima le facce destre 321 dei giunti e successivamente le facce sinistre 322 (l’inverso essendo ugualmente possibile). Essendo la profondità di progetto del giunto pari a 5 mm, viene effettuata l’asportazione del materiale fino ad una profondità leggermente maggiore di 5 mm (nel caso in esame 5.5 mm) con una fresa del diametro di 4 mm. Anche in questo caso, una eventuale operazione di finitura su questa faccia è preferibile in questa fase, restando valide tutte le considerazioni fatte per le Fasi A.2 e A.3 della precedente descrizione.
È qui da specificare che l’elettroerosione invece non prevede l’asportazione del materiale ad una profondità maggiore a quella di progetto.
In Figura 11 è mostrato il risultato della lavorazione per fresatura relativa a questa fase. Gli ulteriori fori passanti riportati in figura vengono realizzati ai fini dell’applicazione delle piastre di protezione del manufatto ai fini del trasporto o per una eventuale fissaggio del pendolo ripiegato su superfici esterne, come descritto nel seguito.
I fori 385-388 servono per bloccare i bracci del pendolo ripiegato, i fori 391 e 392 servono per bloccare quella che sarà la massa centrale. Questo bloccaggio della massa centrale viene realizzato ad esempio inserendo in questi fori due spine, ed è utile, ad esempio, durante il trasporto del pendolo. I fori 393 e 394 servono, invece, per ancorare il frame del pendolo ad una struttura esterna.
Fase B.3. Stacco dei giunti.
Vengono effettuati otto fori 380 mediante trapanatura sulle facce ortogonali a quella in lavorazione nelle Fasi B.1 e B.2 e paralleli ad esse, 4 fori sulla faccia superiore del parallelepipedo e 4 fori sulla faccia inferiore in corrispondenza dei giunti 330 ed ortogonali ad uno degli assi di simmetria come mostrato in Figura 12 (in generale il giunto ha tre piani di simmetria). I fori vengono effettuati mediante trapanatura con punta da 3 mm con le modalità descritte nella Fase A.4 della descrizione del pendolo semplice. Altri fori di riferimento 395 possono essere praticati in questa fase, come illustrato in figura.
La Figura 13 mostra in maggiore dettaglio la posizione del foro 380 praticato per trapanatura.
Si evidenzia nuovamente che questa tipologia di foratura, caratterizzata dal taglio della punta tangente alla sezione del giunto consente il suo stacco dal resto del materiale. Durante questa fase di lavorazione, il giunto non è sottoposto a stress meccanico perché durante l’avanzamento della punta durante la foratura la parte in lavorazione del giunto è sempre monolitica con il materiale in lavorazione. Pertanto, gli sforzi di taglio gravano sulla struttura che nell’istante prima del taglio è sufficientemente robusta da permettere il taglio stesso senza deformare il giunto, ancorché sottile. Infatti, è importante sottolineare nuovamente che la punta è tangente alla lamina solo dopo aver asportato materiale, ma in tale situazione, non essendoci asportazione di materiale dalla parte costituente il giunto, non sono presenti sforzi di taglio esercitati sul giunto stesso. Valgono le stesse considerazioni fatte a tal fine nella descrizione del metodo per il pendolo semplice.
Il risultato di questa fase di lavorazione per il pendolo ripiegato è mostrato in Figura 14, in cui si vedono i giunti nel loro stato finale 330J.
Fase B.4. Asportazione materiale non contiguo ai giunti.
In tale fase viene asportato il rimanente materiale non contiguo ai giunti elastici tramite una ulteriore fresatura.
Questa lavorazione ha il solo scopo di lasciare liberi i giunti ed i bracci del pendolo e del pendolo invertito al fine di ottenere giunti flessibili. I giunti finora ottenuti sono infatti integri e monolitici col resto della struttura, ma non assolvono ancora alla funzione di giunti elastici essendo i bracci ancora monolitici sia con i giunti che con il resto della struttura. Si ottiene quindi la struttura della Figura 14.
Ulteriori lavorazioni, costituite da fresature e forature convenzionali, finalizzate al posizionamento di componentistica meccanica di raccordo (ai sistemi di readout), portano il pezzo allo stato descritto dalla Figura 15, punto di partenza della fase successiva.
Fase B.5. Stacco delle parti mobili ai due estremi dei giunti.
In questa fase vengono staccate le parti mobili collegate agli estremi delle lamine. La Figura 15 mostra lo stato della lavorazione al termine della Fase B.4, evidenziando con ellissi tratteggiate le parti sulla faccia frontale 311 che mantengono bloccate le parti mobili (bracci, massa centrale) del pendolo ripiegato alla struttura fissa (la faccia posteriore è identica, essendo stata lavorata con la stessa procedura). Lo stacco dei bracci dei pendoli e della massa centrale richiede il montaggio del sistema di staffaggio (o “immobilizzazione rimovibile”) 400 (descritto con la numerazione da 400 a 494), necessario per evitare la rottura dei giunti durante questa lavorazione. Si evidenzia nuovamente che tale rottura non sarebbe dovuta agli effetti degli sforzi di taglio sui giunti ma alla propagazione degli sforzi esercitati dai bracci dei pendoli, sottoposti a spinte dovute al taglio durante la lavorazione, sui giunti stessi per via della monoliticità dei pendoli e della massa centrale con i giunti stessi. In Figura 16 è mostrato il sistema di staffaggio, sviluppato espressamente per questa tipologia di lavorazione ed oggetto anch’esso della presente descrizione. La figura 17 evidenzia il pendolo monolitico 300 WL con i fori per il bloccaggio dei due bracci 300A dei pendoli (385, 386 per un pendolo e 387, 388 per l’altro pendolo), i fori per il bloccaggio 391 e 392 della massa centrale 310M ed i fori 393, 394 per il bloccaggio alla struttura fissa o frame 300F, su cui sono posizionati a registro i fori 485-488, 491-494 della piastra 410 dl sistema di staffaggio 400. La piastra 410 presenta inoltre delle rientranze 461-464 nel profilo perimetrale, che permettono l’accesso per la lavorazione delle parti non contigue evidenziate in tratteggiato nella Fig.15.
I giunti 330J vengono di conseguenza bloccati.
Le figure 17 e 18 mostrano il risultato finale della lavorazione con due viste differenti. Si nota che sono state rimosse le porzioni 370 che creavano un ponte rigido tra la massa centrale ed il frame.
Vantaggi dell’invenzione
La metodologia della presente descrizione apre un campo totalmente nuovo non solo alle lavorazioni meccaniche di lamine e giunti elastici sottili, ma anche di tutta la componentistica meccanica che ne fa uso, consentendo, ad esempio, per la prima volta la realizzazione di sensori meccanici monolitici basati su Watt’s Linkage in configurazione pendolo ripiegato in materiali non metallici ed a basso costo, riportata nel seguito come applicazione diretta.
L’innovativa metodologia proposta presenta due importanti vantaggi:
a. consente la realizzazione di lamine e giunti elastici sottili di spessore anche inferiore ai 100 micron, ma di qualità superiore in termini di lavorazione superficiale rispetto alla WEDM;
b. consente la realizzazione di lamine e giunti elastici sottili in materiali anche non conduttivi, superando una delle più importanti limitazioni presentate dalla tecnica WEDM.
Un vantaggio indiretto è, invece, dato dalla possibilità di sviluppare procedure di lavorazione completamente automatiche, con incremento della velocità di lavorazione ed abbattimento dei costi di produzione, oltre ad ulteriori possibilità di lavorazione ad esempio la realizzazione di fori non passanti, filettature, lamine sottili (< 100 um) senza deformazioni o modificazioni di struttura (ad esempio dovute al passaggio dell’elettricità nell’elettroerosione), lavorazioni su materiali non conduttivi.
Più in dettaglio, la WEDM utilizza come utensile un filo in materiale conduttivo, che attraverso un foro viene teso nel materiale, necessariamente buon conduttore, e traslato fino al contatto col materiale stesso al fine di ottenere il taglio.
Il processo si basa sulla capacità termomeccanica delle scariche elettriche di erodere i materiali, e consiste nell'avvicinare l'utensile da taglio (elettrodo) al materiale da lavorare, immergendo materiale ed elettrodo in un dielettrico liquido, che ha anche la funzione di provvedere al raffreddamento del materiale durante la lavorazione. Sull’utensile viene quindi applicato un potenziale elettrico negativo rispetto al materiale lavorato. Quando la distanza dell’utensile rispetto al materiale è sufficientemente piccola da generare una scarica attraverso il dielettrico, viene generato un canale di plasma (arco) che fonde la superficie del materiale asportando nei punti in cui è prevista l’effettuazione del taglio.
Durante il taglio l'utensile viene fatto avanzare al procedere dell'erosione, in modo da mantenere una distanza predefinita con il materiale in lavorazione. La lavorazione non genera trucioli, ma sfridi che assumono l'aspetto di polvere e vengono dispersi nel dielettrico.
Questa tecnica presenta tre importanti vantaggi:
a. possibilità di lavorazione di metalli molto duri (acciai speciali, acciai rapidi, metalli duri, ecc.), o induriti con trattamenti termici o chimici (temprati, carburati, ecc.), non richiedendo che l'utensile (filo) abbia una durezza e una resistenza meccanica maggiori del materiale lavorato;
b. possibilità di realizzare tagli e fori impossibili per le tecniche convenzionali (spigoli netti, nervature e cavità con forme o profili complessi);
c. possibilità di lavorare superfici di lamine molto sottili, dal momento che il passaggio del filo non esercita pressione sulla superfice da lavorare, non sottoponendo a sforzo il materiale durante la lavorazione.
La lavorazione per fresatura meccanica, ha invece una modalità completamente diversa, dal momento che opera per asportazione meccanica di materiale mediante l'azione di un utensile da taglio a geometria definita. La fresatura consente elevate precisioni di lavorazione e un’ottima finitura superficiale (fino a 100 nanometri), consentendo la produzione di pezzi con tolleranze inferiori al micron e superfici a specchio.
La lavorazione viene effettuata mediante utensili, denominati frese, montate su macchine utensili (fresatrici). La fresatura è basata sulla rotazione dell'utensile e sul movimento relativo tra la fresa rotante e il materiale da lavorare: durante la rotazione i taglienti della fresa asportano il materiale dal pezzo quando questo viene a trovarsi a contatto con la fresa a seguito di una traslazione tra il pezzo da lavorare e la fresa stessa. Elemento rilevante, però, dell’azione di fresatura è che la fresa deve necessariamente esercitare una pressione sulla superficie su cui agisce per l’asportazione del materiale.
In generale, il processo di fresatura prevede una prima fase di sgrossatura ed una di finitura. Con la sgrossatura viene asportato materiale dal pezzo in lavorazione nel modo più rapido e quindi più economico possibile, lasciando un sufficiente strato di metallo da asportare nella successiva fase di finitura. In questa seconda fase si asportano le parti eccedenti per raggiungere le dimensioni previste, in modo da rispettare dimensioni e tolleranze di progetto, includendo quelle relative al grado di rugosità delle superfici.
Le lavorazioni in fresatura sono attualmente effettuate con macchine CNC (Computer Numerical Control), dotate di teste (frese) orientabili con assi inclinabili in grado di ruotare giroscopicamente lungo due assi, consentendo l’orientamento delle frese rispetto a tutti i piani di lavoro, proprietà rilevante per la realizzazione di oggetti con forme anche molto complesse. La fresatura con tecnologia CNC consente la creazione di superfici molto lisce ad altissima precisione (dell’ordine di 100 nanometri), in modo rapido, automatizzato e ad un costo estremamente contenuto, ma non consente la realizzazione di lamine e giunti elastici sottili (dell’ordine dei 100 micron) mediante applicazione diretta.
Nella tabella seguente sono sintetizzate le principali differenze fra le due tecniche.
A ciò va aggiunto il fatto che con il metodo della presente descrizione è possibile lavorare un pezzo creando lamine disassate su facce opposte del pezzo, cosa impossibile con l’elettroerosione. Ad esempio, in tal modo è possibile realizzare giunti sovrapposti con direzioni tra loro perpendicolari, al fine di realizzare, ad esempio, sensori triassiali.
In sintesi, allo stato attuale la realizzazione di lamine e giunti elastici sottili viene fatta necessariamente mediante la tecnica WEDM utilizzando solo materiali conduttori, non essendo possibile alcuna lavorazione per fresatura per lamine e giunti elastici sottili di spessore inferiore a qualche centinaio di micron.
Bibliografia
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[5] Barone, F., Giordano, G., Acernese, F., Low frequency folded pendulum with high mechanical quality factor in vertical configuration, and vertical seismic sensor utilizing such a folded pendulum, International application under the patent cooperation treaty (PCT) WO 2012/147112685 (2012), Patent Numbers: IT 1405600 (Italy), EP2643711 (Europe), AU 201247104 (Australia), JP 5981530 (Japan), RU 2589944 (Russia), 9256000 (USA), Canada pending.
[6] Barone, F., Giordano, G., Acernese, F., Method for the measurement of angular and/or linear displacements utilizing one or more folded pendula, International application under the patent cooperation treaty (PCT) WO 2016/020947 (2016), Patent Number: IT 1425605 (Italy), Europe, Japan, USA, Canada pending.
[7] Sommer, C., Sommer, S., “Wire EDM Handbook”, Advanced Publishing (2000).
In quel che precede sono state descritte le forme preferite di realizzazione e sono state suggerite delle varianti della presente invenzione, ma è da intendersi che gli esperti del ramo potranno apportare modificazioni e cambiamenti senza con ciò uscire dal relativo ambito di protezione, come definito dalle rivendicazioni allegate. In particolare, le singole forme di realizzazione o le singole caratteristiche opzionali possono essere liberamente combinate rispettando il concetto inventivo alla base dell’invenzione.

Claims (15)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Metodo per la realizzazione di una lamina o giunto (230J, 330J) che include un’asportazione di materiale da un pezzo grezzo (210, 310) per fresatura, comprendente l’esecuzione delle seguenti fasi: A. Preparare detto pezzo grezzo (210, 310) in modo tale che: A1. Sia presente una prima faccia (211, 311) ed una seconda faccia (212, 312) opposta a detta prima faccia; A2. siano presenti due scasse (260, 360) attraverso detta prima e seconda faccia (211, 311) in una direzione di attraversamento di detta prima e seconda faccia piana (211, 311), le due scasse definendo tra loro un elemento (220, 320) con una direzione di estensione principale che corre tra le due scasse (260,360) ed avente un primo lato (221, 321) ed un secondo lato (222, 322) che si estendono in detta direzione di estensione principale e in detta direzione di attraversamento; B. Lavorare detto primo lato (221, 321), asportando per fresatura almeno una porzione di materiale di detto elemento (220, 320) lungo detta direzione di attraversamento, a partire da detta prima faccia (211, 311) fino ad una profondità maggiore di una profondità di progetto del giunto elastico o della lamina, e lungo detta direzione di estensione principale; C. Lavorare detto secondo lato (222, 322), allo stesso modo del primo lato (221, 321) nella fase B, ottenendo da detto elemento (220, 320) un elemento lavorato (230, 330); D. Effettuare una foratura di detto pezzo grezzo (210, 310) in una direzione parallela a detta direzione di estensione principale e ad una profondità, in detta direzione di attraversamento, a partire da detta prima faccia (211, 311), maggiore rispetto a detta profondità di progetto, in modo che sia creato uno spazio libero tra detto elemento lavorato (230, 330) e il resto di detto pezzo grezzo (210, 310) in detta direzione di attraversamento; F. rimuovere da detto pezzo grezzo (210,310) almeno una porzione di materiale contiguo a detto elemento lavorato (230,330) fino a staccare detto elemento lavorato (230, 330) da detto pezzo grezzo (210, 310), ottenendo così una lamina o un giunto (230J, 330J).
  2. 2. Metodo secondo la rivendicazione 1, in cui prima di detta fase F, detto elemento lavorato (230, 330) è immobilizzato con mezzi meccanici di immobilizzazione rimovibile (400) atti e configurati per renderlo integrale a detto pezzo grezzo (210), e dopo detta fase F detti mezzi meccanici di immobilizzazione rimovibile (240, 400) sono rimossi.
  3. 3. Metodo secondo la rivendicazione 2, in cui detti mezzi meccanici di immobilizzazione rimovibile comprendono staffe (400), dadi e bulloni.
  4. 4. Metodo secondo una o più delle rivendicazioni da 1 a 3, in cui, tra la fase D e la fase F, viene eseguita una fase E in cui vengono asportate porzioni di materiale non contiguo a detto elemento lavorato (230, 330).
  5. 5. Metodo secondo una o più delle rivendicazioni da 1 a 4, in cui, appena dopo la fase B e/o C, viene effettuata una finitura di detto primo (221,321) e/o secondo lato (222,322) rispettivamente.
  6. 6. Metodo secondo una o più delle rivendicazioni da 1 a 5, in cui detto primo (221, 321) e secondo (222, 322) lato hanno una superficie sostanzialmente perpendicolare a detta prima faccia (211, 311) e/o detta seconda faccia (212,312).
  7. 7. Metodo secondo una o più delle rivendicazioni da 1 a 6, in cui detta lamina o giunto sono elastici.
  8. 8. Metodo secondo una o più delle rivendicazioni da 1 a 7, in cui dette scasse sono passanti e detto primo (221,321) e secondo (222,322) lato sono passanti.
  9. 9. Metodo secondo una o più delle rivendicazioni da 1 a 8, in cui detta direzione di attraversamento è perpendicolare a detta direzione di estensione principale.
  10. 10. Metodo secondo una o più delle rivendicazioni da 1 a 9, in cui della prima (211,311) e seconda (212,312) faccia sono piane e/o parallele.
  11. 11. Metodo per la realizzazione di un pendolo ripiegato monolitico (300WL) da un pezzo grezzo (310) che include una lavorazione per fresatura, comprendente l’esecuzione delle seguenti fasi: LA. Preparare detto pezzo grezzo (310) in modo tale che: LA1. comprenda due facce piane principali (311, 312), opposte; LA2. su dette facce piane principali (311, 312) siano presenti otto coppie di scasse (360) nella direzione sostanzialmente perpendicolare a dette due facce piane principali (311, 312), in ciascuna coppia di scasse (360) essendo definito un elemento (330) con una direzione di estensione principale ed un primo lato (331) ed un secondo lato (332) opposto al primo lato lungo detta direzione di estensione principale, detto primo lato (331) e detto secondo lato (332) avendo una superficie sostanzialmente perpendicolare a dette due facce piane principali (311, 312); LB. In ciascuna coppia di scasse (360), lavorare detto primo lato (331), asportando per fresatura una porzione di materiale di detto elemento (320) lungo detta direzione perpendicolare a partire da una di dette due facce piane principali (311,312) fino ad una profondità superiore ad una profondità di progetto; LC. In ciascuna coppia di scasse (360), lavorare detto secondo lato (322), asportando per fresatura una porzione di materiale di detto elemento (320) lungo detta direzione perpendicolare a partire da una di dette due facce piane principali (311, 312) fino ad una profondità superiore (ps) ad una profondità di progetto, in cui la lavorazione delle fasi LB e LC è atta a formare un elemento lavorato (330) tra ciascuna coppia di scasse (360), ed in cui, successivamente, sono effettuate le seguenti ulteriori fasi: LD. praticare quattro fori (380), in una prima faccia di raccordo di detto pezzo grezzo (310) che connette dette due facce piane principali (311,312), i quattro fori (380) essendo praticati in corrispondenza di detta profondità superiore (ps) parallelamente a rispettivi quattro elementi lavorati (330), in modo tale che detti quattro elementi lavorati (330) siano staccati dal materiale del pezzo grezzo (310) sostanzialmente a detta profondità di progetto; LE. praticare ulteriori quattro fori (380), in una seconda faccia di raccordo di detto pezzo grezzo (310) che connette dette due facce piane principali (311, 312), detta seconda faccia di raccordo essendo opposta a detta prima faccia di raccordo, gli ulteriori quattro fori (380) essendo praticati in corrispondenza di detta profondità superiore (ps) parallelamente a rispettivi ulteriori quattro elementi lavorati (330), in modo tale che detti ulteriori quattro elementi lavorati (330) siano staccati dal materiale del pezzo grezzo (310) sostanzialmente a detta profondità di progetto, ottenendo così corrispondenti giunti (330J); LF. in corrispondenza di due giunti (330J) per faccia, asportare rispettivo materiale di detto pezzo grezzo (310) che non è contiguo a ciascun giunto elastico (330J), in modo che il giunto elastico (330J) sia connesso ad una sua estremità unicamente ad una porzione centrale (386) di detto pezzo grezzo (310) lavorata per funzionare da massa oscillante nel pendolo ripiegato (300WL); LG. applicare su ciascuna delle due facce piane principali (311, 312) un sistema di immobilizzazione (400) di detti giunti elastici (330J) attraverso l’immobilizzazione delle porzioni di detto pezzo grezzo (310) lungo detta direzione di estensione principale tra giunti elastici (330J); e LH. lavorare il pezzo grezzo (310) in modo da staccare detti quattro giunti (330J) e detta porzione centrale (386) dal resto del pezzo grezzo ottenendo così una massa centrale libera (300M), creando altrettanti bracci di pendolo (300A) che connettono detta massa centrale libera (300M) ad un telaio (300F) attraverso i giunti elastici (330J), secondo uno schema di pendolo ripiegato.
  12. 12. Metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 1 a 11, in cui detta profondità superiore è più grande di profondità di progetto in una percentuale che va dal 5 al 20 %.
  13. 13. Metodo secondo la rivendicazione 12, in cui detta profondità superiore è più grande di profondità di progetto in una percentuale che va dal 7 al 15 %.
  14. 14. Elemento di immobilizzazione rimovibile (410) per la realizzazione di un pendolo ripiegato monolitico (300WL) da un pezzo grezzo (310) per fresatura attraverso il metodo secondo una o più delle rivendicazioni da 11 a 13, l’elemento di immobilizzazione rimovibile (410) essendo una piastra con: - almeno un primo foro (493, 494) configurato per una connessione rigida rimovibile al materiale di detto telaio (300F); - almeno un secondo foro (491, 492) configurato per una connessione rigida rimovibile al materiale di detta massa centrale libera (310M); - per ciascun braccio di pendolo (300A), almeno un rispettivo terzo foro (485, 486, 487, 488) configurato per una connessione rigida rimovibile al materiale di un rispettivo braccio di pendolo (300A); in cui sono ulteriormente presenti quattro scasse laterali (461, 462, 463, 464) sagomate in modo da consentire l’accesso per la lavorazione a delle aree di connessione tra il materiale del telaio (300F) e il materiale dei bracci di pendolo (300A) e tra il materiale del telaio (300F) e il materiale della massa libera (300M).
  15. 15. Elemento di immobilizzazione rimovibile (410) secondo la rivendicazione 14, in cui sono presenti almeno due primi fori, almeno due secondi fori, ed almeno due rispettivi terzi fori.    
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