ITVI20130233A1 - Procedimento per la concia del pellame con derivati della triazina - Google Patents

Procedimento per la concia del pellame con derivati della triazina

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ITVI20130233A1
ITVI20130233A1 IT000233A ITVI20130233A ITVI20130233A1 IT VI20130233 A1 ITVI20130233 A1 IT VI20130233A1 IT 000233 A IT000233 A IT 000233A IT VI20130233 A ITVI20130233 A IT VI20130233A IT VI20130233 A1 ITVI20130233 A1 IT VI20130233A1
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collagen
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Valentina Beghetto
Giorgio Pozza
Aurora Zancanaro
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Gruppo Mastrotto S P A
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    • C14SKINS; HIDES; PELTS; LEATHER
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    • C14C3/00Tanning; Compositions for tanning
    • C14C3/02Chemical tanning
    • C14C3/08Chemical tanning by organic agents

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  • General Chemical & Material Sciences (AREA)
  • Organic Chemistry (AREA)
  • Treatment And Processing Of Natural Fur Or Leather (AREA)

Description

PROCEDIMENTO PER LA CONCIA DEL PELLAME CON DERIVATI
DELLA TRIAZINA
La presente invenzione concerne un procedimento per il trattamento di proteine ad alto peso molecolare, in particolare quelle della pelle animale grezza, finalizzato a innalzarne la stabilità idrotermica e la resistenza alla putrefazione, ottenendo un cuoio conciato.
Più nello specifico, l’invenzione descrive un procedimento per la concia del pellame con derivati della triazina, in particolare con i sali del dimetossitriazin-N-metilmorfolinio, quale, ad esempio, il 4-(4,6-dimetossi-1,3,5-triazin-2-il)-4-metilmorfolinio cloruro (DMTMM).
Il processo di concia del pellame consta di molteplici stadi aventi come obiettivo finale la trasformazione della pelle animale, facilmente soggetta ad attacco batterico, in un materiale stabile e resistente alla putrefazione. In preparazione a un generico processo di concia la pelle grezza viene di regola rinverdita, calcinata, depilata, decalcinata e macerata. L’insieme di questi procedimenti, tradizionalmente denominato “riviera”, ha come scopo l’eliminazione dalla pelle delle sostanze indesiderate (sporcizia, grassi, sangue, proteine interfibrillari, acido ialuronico, ecc.) e l’apertura controllata delle fibre dermiche. L’unico componente della pelle utile ai fini della concia è il collagene, la proteina che costituisce il reticolo fibroso del pellame.
A seconda dell’agente conciante utilizzato, la pelle decalcinata e macerata viene di norma sottoposta a uno specifico trattamento che precede lo stadio di concia vero e proprio. Lo scopo è di minimizzare la reattività del sistema collagene-conciante per favorire la penetrazione di quest’ultimo attraverso l’intero spessore del pellame. In alcuni casi notevoli tale trattamento consiste in un’acidificazione, tecnicamente denominata pickling o picklaggio, realizzata in presenza di un elettrolita che innalza la pressione osmotica del bagno. Quest’ultimo effetto è necessario per reprimere il gonfiamento della pelle che avrebbe altrimenti luogo con l’abbassamento del pH al di sotto del punto isoelettrico del collagene. (Trovano largo impiego nel picklaggio l’acido formico e l’acido solforico come regolatori di pH, e il cloruro di sodio come elettrolita osmotico.)
Quando il pellame è impregnato di conciante in condizioni di bassa reattività, si agisce sul pH in senso opposto ottenendo la fissazione della specie conciante alla matrice di collagene. È molto importante che una molecola conciante dimostri, oltre a una elevata affinità verso il substrato organico, anche una buona capacità di penetrazione nelle fibre del derma, per evitare fenomeni di raggrinzimento, sovraconcia superficiale o altri effetti indesiderati.
Nel caso della concia al cromo, dopo un opportuno picklaggio si procede all’aggiunta del sale di cromo e, una volta che il conciante è penetrato nella sezione del pellame, si interviene innalzando il pH del bagno da 2,8 fino a 3,8-4,2* (basifica), ottenendone la fissazione definitiva. La durata complessiva del processo di concia varia a seconda del tipo di pelle trattata fino a un massimo di 20-24 ore.
Nella pratica industriale i valori riportati possono subire lievi modifiche in base al particolare formulato impiegato e alle caratteristiche del cuoio che si intende produrre.
Allo stato attuale esistono diverse tipologie di concia delle pelli; tuttavia quelle che rivestono maggior interesse a livello industriale sono:
a) concia minerale (quasi esclusivamente con sali basici di cromo trivalente; sono utilizzati anche sali di titanio, zirconio e alluminio),
b) concia alle aldeidi,
c) concia ai tannini sintetici (syntan),
d) concia ai tannini vegetali (esclusivamente per cuoio da suola).
Oltre l’85% del cuoio prodotto a livello mondiale è realizzato con la concia al cromo, grazie alla elevata stabilità al calore, all’umidità e alla caratteristica “mano” che impartisce al prodotto finito. In particolare, la stabilità idrotermica è indicata dalla temperatura di gelatinizzazione, Tg, che in questo caso supera agevolmente i 100 °C. Tuttavia, il pellame conciato al cromo è caratterizzato da un’intrinseca colorazione azzurro-grigia dovuta alla presenza del cromo trivalente incorporato nelle fibre, che influenza negativamente la brillantezza delle tinture e limita di conseguenza la gamma di colori realizzabili.
Con la concia alle aldeidi si realizzano cuoi di buone prestazioni ma piuttosto spugnosi, di scarsa pienezza e caratterizzati da una colorazione tendente al giallo. Per queste e altre ragioni, le aldeidi sono molto raramente utilizzate come unico agente di concia, ma vengono opportunamente combinate ad altre sostanze per la realizzazione di conce miste.
I tannini sintetici, pur presentando notevoli vantaggi rispetto ai tannini naturali, danno origine a un cuoio caratterizzato sia da temperatura di gelatinizzazione ridotta sia da difficile tingibilità. La concia con i soli tannini sintetici inoltre richiede, analogamente agli omologhi naturali, elevate quantità di agente conciante; perciò i tannini sintetici, così come le aldeidi, vengono quasi sempre impiegati in conce miste.
I tannini vegetali, qualora impiegati come agenti di prima concia, impartiscono al cuoio una pienezza elevata, al punto di restringerne l’applicazione alla produzione di suole e pelletteria pesante.
Una caratteristica comune a tutti i concianti oggi noti è quella di interagire con il collagene della pelle rimanendo permanentemente incorporati nella sua struttura. Per questa ragione, le metodologie di concia sopra elencate presentano importanti criticità sia da un punto di vista ambientale che tossicologico, dovute prevalentemente allo smaltimento dei reflui (sia solidi che liquidi) e alla presenza nel cuoio di sostanze nocive per la salute. In particolare è noto che in determinate condizioni è possibile, nel cuoio conciato al cromo, lo sviluppo di cromo esavalente, una specie chimica nociva e cancerogena[1]. I concianti aldeidici (THPS, Ossazolidina I e II) da parte loro rilasciano nel tempo quantità apprezzabili di formaldeide (cancerogena), mentre i tannini sintetici possono liberare formaldeide e fenolo (citotossico).
Di conseguenza, negli ultimi anni, sia per effetto delle normative in campo ambientale e per la tutela della salute, sia per una maggiore sensibilizzazione da parte dei consumatori, è sempre più sentita la necessità di disporre di agenti concianti alternativi.
La concia al cromo desta un particolare interesse a livello teorico per via delle ottime caratteristiche che impartisce al cuoio. Nella ricerca di nuove molecole concianti è perciò utile considerare i meccanismi di tale concia nel tentativo di riprodurli in presenza di differenti specie chimiche. Nello specifico, la trasformazione che il collagene subisce con la concia al cromo è dovuta alla reazione tra complessi polinucleari del cromo trivalente e gruppi carbossilici laterali della catena collagenica, con formazione di legami chimici a carattere parzialmente covalente che interconnettono molto stabilmente siti diversi delle molecole di collagene. La forza e l’inerzia termodinamica del legame che si instaura è una delle ragioni per cui la concia al cromo impartisce alla pelle le più elevate temperature di gelatinizzazione (Tg).
In linea con questo modello, una specie chimica avrà proprietà concianti migliori all’aumentare del numero di legami covalenti a ponte che è in grado di formare tra catene di collagene attigue. Ciò chiarisce come il conciante (o un suo derivato prodotto in situ) divenga parte integrante della matrice collagenica e rimanga incorporato nel pellame al termine della reazione di concia.
Tuttavia, i gruppi funzionali terminali e laterali del collagene che solitamente sono coinvolti nella reazione di concia possono reagire tra loro e formare legami stabili anche senza l’impiego di una molecola conciante. Infatti, sfruttando la reattività delle funzionalità carbossiliche e amminiche laterali presenti nel collagene si può supporre di generare un elevato grado di reticolazione intramolecolare attraverso la formazione di legami ammidici. Di conseguenza, la ricerca di nuove specie chimiche che stabilizzino il collagene può estendersi anche ad agenti condensanti che non rimangono permanentemente inglobati nella matrice collagenica.
E una vasta gamma di studi riguardanti la formazione di legami ammidici o esterei ottenuti, rispettivamente, dalla condensazione tra un acido carbossilico e un’ammina o un alcool; questi prodotti sono di grande interesse commerciale poiché trovano spesso impiego nel settore dei farmaci, polimeri, biomolecole, ecc.
Grazie alle rispettive caratteristiche acido-base, un acido carbossilico (RCOOH) e un’ammina (R’NH2) reagiscono formando inizialmente il sale d’ammonio quaternario corrispondente, secondo lo schema:
R-COOH R’-NH2→ R-COO- H3N-R’
La successiva formazione del legame ammidico richiede l’eliminazione di una molecola d’acqua (come mostrato nell’equazione seguente) e perciò, in soluzione acquosa, risulta sfavorita.
R-COO-+H3N-R’ R-CONH-R’ H2O
Per ottenere l’ammide (o l’estere) si impiega generalmente un agente attivante che porti alla formazione di un buon gruppo uscente (acilcloruro, acilazide, acilimidazolo, anidride, ecc.)[2].
Un metodo largamente impiegato per la condensazione di aminoacidi con formazione di legami peptidici prevede l’impiego di carbodiimmidi. Le carbodiimmidi sono molecole organiche aventi caratteristiche basiche grazie alla presenza di due atomi di azoto, che reagiscono con un acido generando l’O-acilisourea, una specie intermedia molto reattiva che in presenza di un’ammina dà origine per amminolisi al legame peptidico desiderato[3].
Una delle carbodiimmidi più impiegate a questo scopo è la dicicloesilcarbodiimmide (DCC), che dà luogo alla formazione di N,N’-dicicloesilurea (DCU) come coprodotto della reazione, la quale deve essere allontanata mediante purificazione al termine della sintesi.
Fino a poco tempo fa, le reazioni di accoppiamento tra ammine e acidi carbossilici in solvente acquoso erano condotte esclusivamente in presenza di carbodiimmidi solubili in acqua, quali ad esempio l’1etil-3-(3-dimetilamminopropil)carbodiimide idrocloruro (EDC), che porta alla formazione dell’1-(3-(dimetilammino)propil)-3-etilurea, a sua volta idrosolubile e quindi facilmente eliminabile al termine della reazione. Un notevole svantaggio nell’impiego dell’EDC risiede nella sua scarsa stabilità, che ne richiede lo stoccaggio a bassa temperatura (ca. -20°C).
Nel 1996 Luyn et al.[4] hanno riportato un primo esempio di impiego dell’EDC in presenza di N-idrossisuccinimmide (NHS) come attivatore per la reticolazione di collagene liofilizzato ottenendo nelle migliori condizioni di reazione un valore massimo di Tg di 82 °C. Tuttavia, per ottenere il valore massimo di Tg sono necessarie elevate concentrazioni di reagenti (fino a cinque volte le moli di EDC rispetto alle moli di COOH presenti nel collagene).
Perciò, in letteratura il sistema EDC/NHS è frequentemente impiegato come co-reagente in presenza di macromolecole dotate di un elevato numero di gruppi amminici in grado di reagire con i gruppi carbossilici del collagene aumentando il grado di reticolazione e di conseguenza la Tg rispetto a quanto ottenuto impiegando esclusivamente il sistema EDC/NHS. Normalmente sono impiegate ammine dendritiche (polimeri di sintesi ottenuti per reazione convergente o divergente) che, reagendo con i gruppi carbossilici del collagene, si inseriscono in modo permanente all’interno della struttura del collagene modificandone le proprietà in modo irreversibile.
Negli ultimi anni, i dendrimeri hanno ricevuto considerevole interesse per via del loro possibile impiego in campo medico come drug delivery systems [5-9].
Ripetendo in modo ciclico una data sequenza di reazioni, si possono ottenere generazioni successive di dendrimeri a crescente peso molecolare e numero di gruppi funzionali terminali (G0, G1, G2, ecc..).
Tuttavia, la reazione di reticolazione tra il collagene e i dendrimeri richiede l’impiego di elevate quantità di EDC/NHS tanto da rendere questa procedura di scarso interesse pratico salvo che per alcune particolari applicazioni mediche nella ricostruzione di tessuti cornei, cartilagini, pelle, ecc.[5].
Tra i vari agenti condensanti noti in letteratura la 2-cloro-4,6-dimetossi-1,3,5-triazina (CDMT) è impiegata in alternativa alle carbodiimidi permettendo di condurre la condensazione di un acido carbossilico con un’ammina in condizioni blande e potendo recuperare agevolmente il prodotto[10]. Più recentemente è stata messa a punto la sintesi del 4-(4,6-dimetossi-1,3,5-triazin-2-il)-4-metilmorfolinio cloruro (DMTMM), che rispetto al CDMT può essere impiegato anche in ambiente acquoso[11].
Un ulteriore vantaggio legato all’impiego del DMTMM consiste nella possibilità di essere rigenerato al termine della reazione. Infatti, il co-prodotto finale della reazione [2-idrossi-4,6-dimetossi-1,3,5-triazina (DMT-OH)] è molto solubile in fase acquosa [12] e può essere allontanato dalle acque madri per concentrazione. Uno studio riporta che circa il 70% di DMT-OH può essere recuperato nel modo descritto e riconvertito in DMTMM[13].
Come per l’EDC/NHS, anche il DMTMM ha trovato in questi ultimi anni largo impiego in campo medico per la ricostruzione di tessuti e per la sintesi di oligonucleotidi utilizzati in campo medico[14].
È importante sottolineare che sia l’EDC/NHS che il DMTMM favoriscono la condensazione ma non rimangono legati chimicamente al substrato al termine della reazione.
In questo contesto viene ad inserirsi la soluzione secondo la presente invenzione, che si propone di trattare proteine ad alto peso molecolare in modo da impartirvi una elevata stabilità idrotermica e un’alta resistenza alla putrefazione.
Questi e altri risultati sono ottenuti secondo la presente invenzione proponendo una serie di condizioni operative per ottenere, da pelle animale grezza, un cuoio conciato con elevata temperatura di gelatinizzazione in presenza di derivati della triazina e, in particolare, in presenza di un suo ben determinato derivato. La stabilizzazione della struttura è dovuta all’aumento del grado di reticolazione del collagene per formazione di nuovi legami ammidici, realizzata in condizioni blande di reazione e senza l’incorporazione del reagente all’interno della struttura proteica.
Scopo della presente invenzione è quindi quello di fornire un procedimento per la concia del pellame con i sali di dimetossitriazin-N-metilmorfolinio, e in particolare con 4-(4,6-dimetossi-1,3,5-triazin-2-il)-4-metilmorfolinio cloruro, che permetta di ottenere i risultati tecnici precedentemente descritti.
Ulteriore scopo dell’invenzione è che detto procedimento per la concia del pellame possa essere realizzato con costi sostanzialmente ridotti rispetto agli attuali procedimenti di concia.
Non ultimo scopo dell’invenzione è quello di proporre un procedimento per la concia del pellame che sia di semplice esecuzione, sicuro e di facile standardizzazione.
Forma pertanto oggetto specifico della presente invenzione un procedimento per la concia del pellame con derivati della triazina secondo la rivendicazione 1 allegata.
Risulta evidente l’efficacia del procedimento della presente invenzione, che consente di ottenere delle pelli con alta resistenza alla putrefazione, elevata stabilità idrotermica e ottima tingibilità grazie al caratteristico colore bianco dovuto all’assenza di colorazioni intrinseche. La metodologia di concia attuata secondo la presente invenzione non presenta problematiche di smaltimento dei residui solidi di lavorazione, né determina la presenza di sostanze nocive per la salute nel prodotto finito, dovuta al rilascio nel tempo di agenti cancerogeni e/o citotossici derivanti dai concianti tradizionali.
Infatti un aspetto unico del presente procedimento è costituito dall’impiego di un reagente conciante che non viene trattenuto all’interno del supporto collagenico, la cui composizione chimica rimane invariata.
L’invenzione verrà descritta nel seguito a titolo illustrativo, ma non limitativo, con particolare riferimento ad alcuni esempi illustrativi.
Esempio 1. Con DMTMM SENZA CONTROLLO pH
In un becker da 50 ml vengono aggiunti ad una soluzione di 42 ÷ 166 mg(da 0,15 a 0,60 mmol) di DMTMM e 25 mL di acqua distillata, 250 mg (corrispondenti a 0,3 mmol di gruppi carbossilici) di collagene in polvere. Il sistema viene posto in agitazione e il pH monitorato ogni 60 minuti. Dopo 4 ore la sospensione viene filtrata su Buchner e lavata con 50 ml di acqua distillata. Il collagene trattato viene quindi analizzato mediante DSC. I risultati sono i seguenti:
0,15 mmol → Tg = 85 °C
0,30 mmol → Tg = 84 °C
0,60 mmol → Tg = 81 °C
Esempio 2. Con DMTMM con controllo pH = 5,5
In un becker da 50 ml vengono aggiunti ad una soluzione di 42 mg (0,15 mmol) di DMTMM, 20 ml di acqua distillata e 5 ml di tampone sodio acetato/acido acetico (pH = 5,5), 250 mg (corrispondenti a 0,3 mmol di gruppi carbossilici) di collagene in polvere. Il sistema viene posto in agitazione e il pH monitorato ogni 30 minuti e corretto eventualmente con aggiunta di tampone o acido acetico in un intervallo da 5,3 a 5,9. Dopo 4 ore la sospensione viene filtrata su Buchner e lavata con 50 ml di acqua distillata. Il collagene trattato viene quindi analizzato mediante DSC.
Risultati ottenuti
→ Tg = 72-75 °C.
Esempio 3. Con EDC/NHS con controllo pH = 5,5
In un becker da 50 ml vengono aggiunti a una soluzione di 115 mg (0,6 mmol) di EDC, 69 mg (0,6 mmol) di NHS e 25 ml di acqua distillata, 250 mg (corrispondenti a 0,3 mmol di gruppi carbossilici) di collagene in polvere. Il sistema viene posto in agitazione e il pH monitorato ogni 30 minuti ed eventualmente corretto con HCl/NaOH. Dopo 4 ore la sospensione viene filtrata e lavata con 50 ml di acqua distillata. Il collagene trattato viene quindi analizzato mediante DSC. Risultato ottenuto
→ Tg = 73 °C.
Esempio 4. CON DMTMM SENZA CONTROLLO pH E DENDRIMERI In un becker da 50 ml vengono aggiunti a una soluzione di 42 mg (0,15 mmol) di DMTMM e 25 ml di acqua distillata, 250 mg (corrispondenti a 0,3 mmoli di gruppi carbossilici) di collagene in polvere e 5 ml di una soluzione acquosa di dendrimero, corrispondente a 0,3 mmol di gruppi amminici (se di dendrimero G.0: 0,075 mmol, se di dendrimero G.1: 0,0375 mmoli). Il sistema viene posto in agitazione e il pH monitorato ogni 60 minuti. Dopo 4 ore la sospensione viene filtrata su Buchner e lavata con 50 ml di acqua distillata. Il collagene trattato viene quindi analizzato mediante DSC.
I risultati ottenuti con i dendrimeri sono di seguito riportati:
1) con 0,15 mmol di DMTMM: (senza controllo di pH) 2G0: Tg = 68 °C
3G0: Tg = 67 °C
4G0: Tg = 67 °C
3G1: Tg = 65 °C
2) con 0,30 mmol di DMTMM: (senza controllo di pH) 4G0: Tg = 70 °C su campione bagnato
4G0: Tg = 82 °C su campione secco
3) con 0,30 mmol di DMTMM: (pH = 5,5)
4G0: Tg = 75 °C
Esempio 5. Con EDC/NHS con controllo pH e dendrimeri In un becker da 50 ml vengono aggiunti a una soluzione di 115 mg (0,6 mmol) di EDC, 69 mg (0,6 mmol) di NHS e 25 ml di acqua distillata, 250 mg (corrispondenti a 0,3 mmol di gruppi carbossilici) di collagene in polvere e 5 ml di una soluzione di dendrimero corrispondente a 0,3 mmoli di gruppi amminici (dendrimero G.0: 0,075mmoli). Il sistema viene posto in agitazione e il pH monitorato ogni 30 minuti ed eventualmente corretto con HCl/NaOH. Dopo 4 ore la sospensione viene filtrata su Buchner e lavata con 50 ml di acqua distillata. Il collagene trattato viene quindi analizzato mediante DSC. Risultati:
2G0: Tg = 79 °C
3G0: Tg = 77 °C
4G0: Tg = 85 °C
Esempio 6. Prova su campioni di pelle
Un pezzo di pelle di circa 100 g rinverdito e calcinato/decalcinato secondo le normali procedure industriali, viene trattato come segue in base al sistema conciante scelto.
Con DMTMM
In un bottalino viene posto un pezzo di pelle decalcinata di circa 100 g in presenza di 100 ml di acqua a temperatura ambiente. Il sistema viene posto in rotazione e successivamente si procede all’aggiunta del DMTMM (varie concentrazioni: dal 22% al 5,5% rispetto al peso trippa) sciolto in 200 ml di acqua. Non si attua alcun controllo di pH né di temperatura. Dopo 4 ore il bagno viene scolato e il sistema lavato per 2 volte con abbondante acqua. Risultato
→ Tg = 83 °C.
Con EDC/NHS
In un bottalino viene posto un pezzo di pelle decalcinata di circa 100 g in presenza di 100 ml di acqua a temperatura ambiente. Il sistema viene posto in rotazione e il pH corretto con acido formico/ammoniaca in un range compreso tra 5,0 e 5,5. Successivamente si procede all’aggiunta di EDC e NHS (14% EDC e 8% NHS rispetto al peso trippa) disciolti in 200 ml di acqua. Il sistema viene riportato in rotazione e a intervalli regolari di 30 minuti si misura ed eventualmente corregge il pH. Dopo 4 ore il bagno viene scolato e il sistema lavato per 2 volte con abbondante acqua. Risultato
→ Tg = 84 °C.
I campioni di pelle vengono quindi pressati e spaccati, riconciati e ingrassati secondo ricette della pratica industriale.
Dalla descrizione effettuata sono chiare le caratteristiche tecniche del procedimento per la concia del pellame con derivati della triazina, così come chiari ne risultano i vantaggi.
Si precisa, infine, che anche se la presente invenzione è stata descritta a titolo illustrativo, ma non limitativo, secondo sue forme preferite di realizzazione, è da intendersi che variazioni e/o modifiche potranno essere apportate dagli esperti nel ramo senza per questo uscire dal relativo ambito di protezione come definito dalle rivendicazioni allegate.

Claims (7)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Procedimento per la concia del pellame con derivati della triazina comprendente almeno le seguenti fasi: - trasformazione di pelle animale grezza in pelle decalcinata, con eliminazione di sostanze indesiderate e apertura controllata delle fibre dermiche; - sistemazione della pelle decalcinata in un recipiente in presenza di acqua a temperatura ambiente; - rotazione di detto recipiente; - ulteriore aggiunta di un derivato della triazina in concentrazione variabile fra 5,5% e 22% e disciolto in acqua; - scolatura e lavaggio con acqua.
  2. 2. Procedimento come alla rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che detto derivato della triazina è costituito dai sali del dimetossitriazin-N-metilmorfolinio.
  3. 3. Procedimento come alla rivendicazione 2, caratterizzato dal fatto che fra detti sali si utilizza il 4-(4,6-dimetossi-1,3,5-triazin-2-il)-4-metilmorfolinio cloruro (DMTMM).
  4. 4. Procedimento per la concia del pellame con derivati della triazina comprendente almeno le seguenti fasi: - trasformazione di pelle animale grezza in pelle decalcinata, con eliminazione di sostanze indesiderate e apertura controllata delle fibre dermiche; - sistemazione della pelle decalcinata in un recipiente in presenza di acqua a temperatura ambiente; - rotazione di detto recipiente; - ulteriore aggiunta di agenti condensanti solubili in acqua in concentrazione variabile dal 5,5% al 22% rispetto al peso trippa e disciolti in acqua; - ulteriore rotazione del recipiente; - misurazione ed eventuale correzione del pH a intervalli di tempo costanti; - scolatura e lavaggio con acqua.
  5. 5. Procedimento come alla rivendicazione 4, caratterizzato dal fatto che detti agenti condensanti sono costituiti da carbodiimmidi solubili in acqua.
  6. 6. Procedimento come alla rivendicazione 5, caratterizzato dal fatto che dette carbodiimmidi solubili in acqua sono costituite da 1-etil-3-(3-dimetilamminopropil) carbodiimide idrocloruro (EDC).
  7. 7. Procedimento come alla rivendicazione 6, caratterizzato dal fatto che detto 1-etil-3-(3-dimetilamminopropil) carbodiimide idrocloruro (EDC) è aggiunto in presenza di N-idrossisuccinimmide (NHS) quale attivatore per il cross-linking di collagene.
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