ITTO20120501A1 - Dispositivo diagnostico con fotorilevatore integrato e sistema diagnostico includente il medesimo - Google Patents

Dispositivo diagnostico con fotorilevatore integrato e sistema diagnostico includente il medesimo Download PDF

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ITTO20120501A1
ITTO20120501A1 IT000501A ITTO20120501A ITTO20120501A1 IT TO20120501 A1 ITTO20120501 A1 IT TO20120501A1 IT 000501 A IT000501 A IT 000501A IT TO20120501 A ITTO20120501 A IT TO20120501A IT TO20120501 A1 ITTO20120501 A1 IT TO20120501A1
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IT
Italy
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layer
diagnostic device
region
diagnostic
photodiode
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IT000501A
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Piero Giorgio Fallica
Clelia Carmen Galati
Lucio Renna
Natalia Maria Rita Spinella
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St Microelectronics Srl
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Description

DESCRIZIONE
“DISPOSITIVO DIAGNOSTICO CON FOTORILEVATORE INTEGRATO E SISTEMA DIAGNOSTICO INCLUDENTE IL MEDESIMOâ€
La presente invenzione si riferisce ad un dispositivo diagnostico con fotorilevatore integrato, e ad un sistema diagnostico includente il medesimo.
Come à ̈ noto, sono oggi disponibili numerosi dispositivi diagnostici per applicazioni biologiche.
In generale, i dispositivi diagnostici includono, ciascuno, un rispettivo saggio (“assay†). A sua volta, il saggio può comprendere un substrato solido, il quale à ̈ tipicamente di tipo piatto (“flat†) ed ha una superficie funzionalizzata in modo da presentare regioni di rilevamento, al cui interno sono immobilizzati recettori, i quali dispongono di marcatori specifici.
In pratica, con “recettore†si intende un qualsiasi membro di una coppia o di una n-upla di elementi che si possono legare (“bind†) tra loro; pertanto, ciascun recettore à ̈ in grado di accoppiarsi, o comunque di reagire, con un rispettivo compagno (“binding mate†), oppure con una rispettiva pluralità di compagni, consentendone la rilevazione. Ad esempio, i recettori possono comprendere biomolecole (DNA, RNA, proteine, antigeni, anticorpi, apteni, zuccheri, ecc.) o specie chimiche, o microrganismi o parti di essi (batteri, virus, spore, cellule, ecc.). I compagni sono anche noti come bersagli (“target†) o molecole bersaglio; inoltre, i recettori sono anche noti come sonde o molecole sonda.
Per quanto concerne i marcatori, ciascuno di essi à ̈ tale per cui, quando il corrispondente recettore si accoppia o interagisce con il proprio compagno, oppure con i propri compagni, può attivarsi, cioà ̈ può accoppiarsi al recettore mediante accoppiamento con il compagno. Dato un qualsiasi recettore, si verifica dunque che, quando esso viene in contatto diretto con un campione da analizzare, al cui interno sono presenti compagni in grado di accoppiarsi/interagire con il recettore, i corrispondenti marcatori possono attivarsi.
In particolare, nei cosiddetti dispositivi diagnostici a fluorescenza, un marcatore attivato, se eccitato con una radiazione luminosa ad una certa lunghezza d’onda ï ¬e, emette una propria radiazione luminosa avente lunghezza d’onda ï ¬fmaggiore della lunghezza d’onda ï ¬e. In generale, tali marcatori sono appunto noti come marcatori a fluorescenza.
Ciò premesso, sono noti tra l’altro i cosiddetti saggi a tre componenti di accoppiamento (“three component binding assay†), i quali utilizzano, ciascuno, una prima immobilizzazione di un primo anticorpo ad un substrato solido, tale primo anticorpo potendo accoppiarsi con un antigene presente in una soluzione campione. L’accoppiamento con l’antigene à ̈ quindi rilevato grazie ad un secondo anticorpo, il quale funge da marcatore e si accoppia ad un epitopo dello stesso antigene. Il secondo anticorpo presenta un’etichetta (“label†) fluorescente attaccata ad esso, pertanto, l’ammontare di fluorescenza à ̈ correlato all’ammontare di antigeni presenti nella soluzione campione.
In pratica, rilevando la radiazione luminosa alla lunghezza d’onda ï ¬f, à ̈ possibile desumere informazioni circa le caratteristiche chimico-fisiche del campione da analizzare, dal momento che l’intensità luminosa rilevata à ̈ funzione della quantità di marcatori attivati nel saggio, e dunque della quantità di molecole o biomolecole rilevate dal saggio. A tal fine, il rilevatore ottico deve essere sensibile alla lunghezza d’onda ï ¬fdella radiazione luminosa emessa dai marcatori.
In maggior dettaglio, al fine di rilevare la radiazione luminosa emessa dai marcatori, à ̈ noto l’impiego di rilevatori ottici, i quali consentono di effettuare una scansione di piccole porzioni di campioni da analizzare, al fine di determinare caratteristiche e/o proprietà dei campioni. Tali rilevatori ottici comprendono solitamente elementi ottici e dispositivi di movimentazione aventi dimensioni particolarmente ridotte, ad esempio dell’ordine di qualche millimetro. Inoltre, sono noti rilevatori ottici in cui i dispositivi di movimentazione sono formati da microsistemi elettromeccanici (“Micro Electromechanical Machine†, MEMS).
Indipendentemente dai dettagli implementativi, tipicamente un generico rilevatore ottico viene accoppiato ad un corrispondente dispositivo diagnostico, al cui interno à ̈ disposto almeno un campione da analizzare, in maniera tale per cui, illuminando con un primo fascio di luce almeno una porzione del campione, il ricevitore ottico riceve un secondo fascio di luce proveniente dal campione stesso e generato, nel caso di dispositivo diagnostico a fluorescenza, per eccitazione del campione mediante incidenza del primo fascio di luce.
Al fine di incrementare la capacità di analisi, ed in particolare al fine di poter rilevare quantità sempre più limitate di marcatori attivati, à ̈ necessario massimizzare l’intensità luminosa del fascio emesso per fluorescenza e/o aumentare la sensibilità del rilevatore ottico.
A titolo esemplificativo, la domanda di brevetto TO2010A000437 depositata il 25 maggio 2010 a nome della Richiedente descrive un dispositivo diagnostico microfluidico accessibile otticamente, dunque accoppiabile ad un rilevatore ottico.
Il dispositivo diagnostico comprende un substrato di materiale semiconduttore, sovrastato da uno strato compatibile, formato ad esempio da ossido di silicio (SiO2).
Il dispositivo diagnostico descritto nella domanda di brevetto TO2010A000437 comprende inoltre uno strato strutturale, formato ad esempio da un fotoresist e disposto al di sopra dello strato compatibile, con cui à ̈ in contatto diretto. All’interno dello strato strutturale sono formati uno o più canali, realizzati mediante rimozione selettiva di una o più porzioni dello strato strutturale, fino a raggiungere e scoprire lo strato compatibile sottostante. Il fondo di ciascun canale à ̈ dunque delimitato dallo strato compatibile, mentre le pareti laterali sono delimitate dallo strato strutturale. Ciascun canale alloggia una o più regioni di rilevamento, in cui sono presenti biomolecole recettori, depositate ad esempio mediante la cosiddetta tecnica di spotting automatizzato (“automated spotting technique†); le regioni di rilevamento sono dunque formate da gocce di materiale biologico, tali gocce avendo dimensioni comprese tra pochi picolitri e qualche microlitro. L’accesso a ciascun canale ed alle corrispondenti regioni di rilevamento à ̈ garantito da un corrispondente foro di ingresso e da un corrispondente foro di uscita, i quali si estendono attraverso il substrato e lo strato compatibile. A proposito dello strato compatibile, esso à ̈ appunto definito compatibile perché non interferisce con le regioni di rilevamento, ed in particolare con i recettori ivi presenti. Eventualmente, lo strato compatibile può essere sostituito da uno strato non compatibile, purché opportunamente passivato; inoltre, lo strato compatibile può essere funzionalizzato, ad esempio mediante aggiunta di gruppi idrossili (gruppi OH), al fine di consentire l’immobilizzazione dei recettori.
Il dispositivo diagnostico descritto nella domanda di brevetto TO2010A000437 comprende inoltre uno strato di copertura (“cover†), formato da una pellicola adesiva e disposto al di sopra dello strato strutturale, con cui à ̈ in contatto diretto, in modo da sigillare superiormente i canali. In uso, la radiazione di eccitazione viene generata al di sopra dello strato di copertura ed incide sulle regioni di rilevamento dopo aver attraversato lo strato di copertura; la radiazione di fluorescenza, generata dai marcatori eccitati, viene a sua volta rilevata mediante un fotorilevatore disposto al di sopra dello strato di copertura, dunque previo attraversamento dello strato di copertura, il quale à ̈ dunque trasparente sia a alla lunghezza d’onda ï ¬e, sia alla lunghezza d’onda ï ¬f.
Lo strato compatibile à ̈ anch’esso trasparente alla lunghezza d’onda ï ¬eed alla lunghezza d’onda ï ¬f. Inoltre, al fine di incrementare l’intensità luminosa del fascio emesso per fluorescenza, lo spessore dello strato compatibile à ̈ dimensionato in modo che il corrispondente spessore ottico sia sostanzialmente pari ad un multiplo intero e dispari della lunghezza d’onda ï ¬edella radiazione di eccitazione, la cui direzione di incidenza sullo strato compatibile à ̈ assunta ortogonale a quest’ultimo. In tal modo, grazie a fenomeni di interferenza costruttiva, si verifica un incremento del campo elettrico associato alla radiazione di eccitazione in corrispondenza delle regioni di rilevamento e, di conseguenza, una massimizzazione della radiazione luminosa emessa dai marcatori eccitati.
Sebbene la geometria adottata nella domanda di brevetto TO2010A000437 preveda che la sorgente ottica, la quale genera la radiazione di eccitazione, ed il rilevatore ottico siano disposti da un medesimo lato rispetto al canale, e dunque rispetto al saggio, sono altresì noti sistemi diagnostici che adottano geometrie differenti.
Ad esempio, sono noti dispositivi diagnostici del tipo descritto nella domanda di brevetto WO2007/144864, in cui à ̈ presente una regione di rilevamento, la quale à ̈ portata da un supporto ed à ̈ interposta tra la sorgente ottica ed il rilevatore ottico.
Inoltre, secondo la domanda di brevetto WO2007/144864, il rilevatore ottico à ̈ un fotodiodo operante in modalità Geiger (“Geiger-mode avalanche photodiode†, GM-APD), anche noto come diodo a valanga a singolo fotone (“Single Photon Avalanche Diode†, SPAD), in quanto capace di rilevare fotoni singoli.
In generale, un fotodiodo SPAD Ã ̈ formato da un fotodiodo a valanga, dunque comprende una giunzione, tipicamente di tipo P+/N, oppure N+/N.
In maggior dettaglio, la giunzione presenta una tensione di breakdown VBed à ̈ polarizzata, in uso, con una tensione di polarizzazione inversa VAsuperiore in modulo alla tensione di breakdown VBdella giunzione, tipicamente superiore del 10-20%. In tal modo, à ̈ sufficiente la generazione di una singola coppia elettrone-lacuna, in seguito all’assorbimento di un fotone incidente sul fotodiodo SPAD, per innescare un processo di ionizzazione che causa una moltiplicazione a valanga dei portatori, con guadagni nell’intorno di 106 e conseguente generazione in tempi rapidi (centinaia di picosecondi) della corrente di valanga. Tale corrente di valanga può essere opportunamente raccolta, tipicamente mediante una circuiteria esterna collegata alla giunzione, ad esempio mediante contatti di anodo e di catodo, e forma un segnale elettrico in uscita del fotodiodo SPAD.
Il guadagno e la probabilità di rilevare un fotone, cioà ̈ la sensibilità del fotodiodo SPAD, sono direttamente proporzionali al valore di tensione di polarizzazione inversa VAapplicata al fotodiodo SPAD. Tuttavia, il fatto che la tensione di polarizzazione inversa VAsia apprezzabilmente superiore alla tensione di breakdown VBfa sì che il processo di ionizzazione a valanga, una volta innescato, si autosostenga. Pertanto, una volta innescato, il fotodiodo SPAD non à ̈ più in grado di rilevare fotoni, con la conseguenza che, in assenza di opportuni rimedi, i fotodiodi SPAD descritti riescono a rilevare l’arrivo di un primo fotone, ma non l’arrivo di fotoni successivi. Per poter rilevare anche tali fotoni, à ̈ necessario spegnere la corrente di valanga generata all’interno del fotodiodo SPAD, arrestando il processo di ionizzazione a valanga. In pratica, occorre abbassare, per un periodo di tempo noto come tempo di hold-off, la tensione effettiva Veai capi della giunzione, tale tensione effettiva Veessendo coincidente con la tensione di polarizzazione inversa VAsolo in assenza di fotoni, cioà ̈ in assenza di corrente all’interno del fotodiodo SPAD. In tal modo, si inibisce il processo di ionizzazione e si spegne la corrente di valanga; successivamente, si ripristinano le condizioni iniziali di polarizzazione della giunzione, in modo che il fotodiodo SPAD sia nuovamente in grado di rilevare fotoni. Al fine di abbassare la tensione effettiva Veai capi della giunzione successivamente all’assorbimento di un fotone, i fotodiodi SPAD adottano i cosiddetti circuiti di spegnimento (“quenching circuits†), siano essi di tipo attivo o passivo.
Indipendentemente dai dettagli implementativi del fotodiodo SPAD, e grazie all’impiego di quest’ultimo, il sistema diagnostico descritto nella domanda di brevetto WO2007/144864 si caratterizza per un’elevata sensibilità, tuttavia esso richiede particolari attenzioni nell’impiego. Infatti, il sistema diagnostico viene operato come mostrato nelle figure 1a e 1b.
In particolare, come mostrato in figura 1a, la sorgente ottica opera in regime impulsato, cioà ̈ genera impulsi della radiazione di eccitazione, ciascun impulso avendo durata ad esempio dell’ordine di pochi microsecondi. A titolo puramente esemplificativo, la figura 1a riporta una tensione di alimentazione della sorgente ottica, dunque à ̈ indicativa anche dell’intensità della radiazione di eccitazione emessa dalla sorgente ottica.
Considerato un singolo impulso della radiazione di eccitazione, ed in caso di presenza di marcatori attivati nella regione di rilevamento, essi vengono eccitati da tale impulso ed emettono radiazione luminosa alla lunghezza d’onda ï ¬f. Riferendosi alla radiazione emessa dai marcatori attivati ed eccitati come al segnale ottico di risposta, esso decade esponenzialmente nel tempo, con costante di tempo compresa tra un microsecondo e qualche millisecondo.
In dettaglio, la geometria del sistema diagnostico descritto nella domanda di brevetto WO2007/144864 à ̈ tale per cui, riferendosi al segnale ottico da rilevare per indicare il segnale ottico che incide sul rilevatore ottico, esso à ̈ formato sia dalla radiazione di eccitazione, sia dal segnale ottico di risposta emesso dai marcatori attivati.
In seguito all’incidere del segnale ottico da rilevare, il rilevatore ottico genera un segnale elettrico del tipo mostrato in figura 1b. In particolare, il segnale elettrico ha una prima porzione ed una seconda porzione, temporalmente successive e rispettivamente corrispondenti ad una prima ed una seconda porzione del segnale ottico da rilevare.
La prima porzione del segnale ottico da rilevare à ̈ dovuta principalmente all’impulso generato dalla sorgente ottica, mentre la seconda porzione à ̈ causata dalla radiazione luminosa emessa dai marcatori attivati ed eccitati ed ha conseguentemente l’andamento di un esponenziale decrescente.
Ciò premesso, durante la prima porzione del segnale ottico da rilevare, quest’ultimo ha un’intensità tale da causare una sorta di accecamento del rilevatore ottico, cioà ̈ ne causa la saturazione. In altre parole, la prima porzione del segnale elettrico si caratterizza per un’elevata intensità, la quale à ̈ sostanzialmente indipendente dal numero di marcatori attivati e dunque non contiene informazioni utili ai fini diagnostici. Pertanto, il rilevatore ottico à ̈ controllato in modo tale per cui solo la seconda porzione del segnale elettrico da esso generato viene effettivamente elaborata a fini diagnostici.
Tale modalità di controllo della sorgente ottica e del rilevatore ottico sfrutta dunque il cosiddetto fenomeno della fluorescenza ritardata e consente di beneficiare dei vantaggi associati all’impiego del fotodiodo SPAD, ed inoltre non richiede di interporre, tra il campione analizzare ed il rilevatore ottico, un filtro ottico a banda stretta avente la funzione di filtrare la radiazione di eccitazione. Tuttavia, al fine di eccitare quanti più marcatori possibili, l’intensità degli impulsi della radiazione di eccitazione à ̈ particolarmente elevata; pertanto, tali impulsi causano, quanto ricevuti dal fotodiodo SPAD, la formazione di un gran numero di portatori elettrici all’interno del corpo semiconduttore che forma il fotodiodo SPAD stesso. A loro volta, i portatori elettrici causano un incremento del cosiddetto rumore di buio (“dark noise†).
In dettaglio, il fotodiodo SPAD opera in maniera tale da determinare, per ciascun intervallo di tempo, un corrispondente conteggio, cioà ̈ un corrispondente numero di fotoni da esso ricevuti durante tale intervallo di tempo. Ciò premesso, i summenzionati portatori elettrici causano un incremento dei cosiddetti conteggi di buio, cioà ̈ dei conteggi che vengono comunque determinati dal fotodiodo SPAD, in assenza del segnale ottico da rilevare. In pratica, i portatori elettrici comportano dunque un incremento del conteggio fornito dal fotodiodo SPAD, rispetto ai fotoni effettivamente ricevuti durante l’intervallo di tempo.
In maggior dettaglio, l’incremento dei conteggi di buio si verifica non solo in coincidenza con la ricezione dell’impulso, cioà ̈ durante la summenzionata prima porzione del segnale ottico da rilevare, ma perdura anche dopo che l’impulso si à ̈ esaurito, cioà ̈ perdura anche durante la summenzionata seconda porzione del segnale ottico da rilevare.
A titolo puramente esemplificativo, le figure 2a-2c mostrano l’andamento nel tempo del segnale elettrico in uscita dal fotodiodo SPAD, nell’ipotesi di assenza di marcatori attivati. Inoltre, le figure 2a e 2b si riferiscono ai casi di impulsi aventi uguale intensità e durate rispettivamente pari a 100ns e 2ns, mentre la figura 2c si riferisce al caso di assenza di impulsi. In pratica, l’andamento mostrato in figura 2c presenta un certo numero di picchi P per unità di tempo, tale numero essendo indicativo del rumore di buio intrinseco del fotodiodo SPAD. Gli andamenti mostrati nelle figure 2b e, soprattutto, 2a mostrano invece un incremento del numero di picchi P per unità di tempo; in ciascuno di questi due casi, tale incremento à ̈ dovuto alla ricezione, da parte del fotodiodo SPAD, di un corrispondente impulso PP generato dalla sorgente ottica.
L’incremento del rumore di buio à ̈ proporzionale all’energia degli impulsi e può dunque essere contenuto mediante limitazione di quest’ultima, ma ciò comporta una riduzione del numero di marcatori attivati che vengono effettivamente eccitati.
Scopo della presente invenzione à ̈ fornire un dispositivo diagnostico che consenta di risolvere almeno in parte gli inconvenienti dell’arte nota.
Secondo l'invenzione, vengono realizzati un dispositivo diagnostico, un sistema diagnostico ed un metodo diagnostico come definiti, rispettivamente, nelle rivendicazioni 1, 8 e 11.
Per una migliore comprensione dell’invenzione, ne vengono ora descritte forme di realizzazione, a puro titolo di esempio non limitativo e con riferimento ai disegni allegati, nei quali:
- la figura 1a mostra un andamento nel tempo di un segnale di pilotaggio di una sorgente ottica, espresso in unità arbitrarie, o, equivalentemente, un andamento nel tempo dell’intensità della radiazione elettromagnetica emessa dalla sorgente ottica.
- la figura 1b mostra un andamento nel tempo di un segnale elettrico generato da un rilevatore ottico, espresso in unità arbitrarie;
- le figure 2a-2c mostrano andamenti nel tempo di segnali elettrici in uscita da un fotodiodo SPAD, rispettivamente in caso di eccitazione con impulsi ottici aventi durate temporali pari a 100ns e 2ns, ed in caso di assenza di eccitazione;
- le figure 3 e 7 mostrano in modo schematico sezioni trasversali di forme di realizzazione del presente dispositivo diagnostico;
- la figura 4 mostra in modo schematico una sezione trasversale di una porzione del dispositivo diagnostico mostrato in figura 3;
- le figure 5 e 8 mostrano andamenti della trasmittanza di strutture ottiche formate all’interno di forme di realizzazione del presente dispositivo diagnostico, in funzione della lunghezza d’onda;
- la figura 6 mostra l’andamento di una componente del campo elettrico all’interno di una porzione di una forma di realizzazione del presente dispositivo diagnostico;
- la figura 9 mostra schematicamente una vista prospettica di una schiera di dispositivi diagnostici, accoppiata ad una sorgente luminosa; e
- la figura 10 mostra uno schema a blocchi di un sistema diagnostico includente la schiera mostrata in figura 9.
La figura 3 mostra un dispositivo diagnostico 1, il quale comprende un fotodiodo SPAD 2, al quale in seguito ci si riferisce, per brevità, come al fotodiodo 2.
In dettaglio, il fotodiodo 2 à ̈ integrato in una piastrina (″chip″) 100 che include un substrato 3 di materiale semiconduttore, di tipo N++ ed avente una superficie inferiore 2a. Inoltre, il fotodiodo 2 include uno strato epitassiale 6. Lo strato epitassiale 6 à ̈ di tipo N- e sovrasta, in contatto diretto, il substrato 3; inoltre, lo strato epitassiale 6 ha una superficie superiore 6a.
Il substrato 3 e lo strato epitassiale 6 formano in pratica un corpo 10 di materiale semiconduttore, il quale ha un asse H, il quale à ̈ perpendicolare alla superficie superiore 6a ed alla superficie inferiore 2a. Inoltre, a titolo puramente esemplificativo, il livello di drogaggio del substrato 3 à ̈ maggiore di tre ordini di grandezza rispetto al livello di drogaggio dello strato epitassiale 6.
Una regione di anodo 12, di tipo P+ e di forma circolare o poligonale (ad esempio, quadrangolare), si affaccia alla superficie superiore 6a e si estende all'interno dello strato epitassiale 6.
Una regione arricchita 14, di tipo N+, si estende nello strato epitassiale 6, al di sotto della ed in contatto diretto con la regione di anodo 12. In vista dall’alto, la regione arricchita 14 presenta una forma circolare o poligonale (ad esempio, quadrangolare). Il livello di drogaggio della regione arricchita 14 à ̈ maggiore del livello di drogaggio dello strato epitassiale 6.
Ai fini pratici, la regione di anodo 12 e la regione arricchita 14 formano una giunzione PN, destinata a ricevere fotoni e a generare la corrente di valanga. La regione arricchita 14 e lo strato epitassiale 6 hanno invece lo scopo di confinare un elevato campo elettrico in prossimità di tale giunzione PN, riducendo la tensione di breakdown VBdella giunzione stessa.
Un anello di guardia 16 di forma circolare, di tipo P, si estende nello strato epitassiale 6; in particolare, l’anello di guardia 16 à ̈ affacciato alla superficie superiore 6a ed à ̈ disposto all’esterno della, e contiguo alla, regione di anodo 12. Tale anello di guardia 16 forma un diodo PN con lo strato epitassiale 6, in modo da prevenire il cosiddetto breakdown di bordo (“edge breakdown†) della regione di anodo 12.
Il fotodiodo 2 comprende inoltre una regione di isolamento laterale 20, disposta esternamente all’anello di guardia 16; inoltre, la regione di isolamento laterale 20 si estende a partire dalla superficie superiore 6a, fino ad estendersi in parte all’interno del substrato 3.
La regione di isolamento laterale 20 comprende una regione di channel stopper 22, la quale à ̈ disposta più esternamente, à ̈ formata di materiale dielettrico (ad esempio, ossido) ed à ̈ in contatto diretto con il substrato 3 e con lo strato epitassiale 6. Inoltre, la regione di isolamento laterale 20 comprende una regione metallica 24, la quale riempie la regione di channel stopper 22, dalla quale à ̈ circondata.
In modo di per sé noto, il fotodiodo 2 comprende inoltre una metallizzazione di anodo (non mostrata), la quale à ̈ in contatto diretto con l’anello di guardia 16, ed una metallizzazione di catodo 26, la quale si estende al di sotto della superficie inferiore 2a del substrato 3. Le metallizzazioni di anodo e di catodo consentono di polarizzare la giunzione PN con una tensione di polarizzazione inversa VAsuperiore, in modulo, alla tensione di breakdown VBdella giunzione PN stessa.
Ai fini pratici, la regione arricchita 14, lo strato epitassiale 6 ed il substrato 3 formano una regione di catodo. Per quanto concerne, invece, la regione di isolamento laterale 20, essa consente, mediante la regione metallica 24, di isolare otticamente il fotodiodo 2 da eventuali altri fotodiodi formati nella medesima piastrina 100. Inoltre, il channel stopper 22 garantisce l’isolamento elettrico del fotodiodo 2 da tali eventuali altri fotodiodi.
Al di sopra della superficie superiore 6a à ̈ disposto un reticolo di Bragg 30, il quale à ̈ formato ad esempio da due coppie di strati di reticolo 32, ciascuna coppia di strati di reticolo 32 essendo formata da un primo ed un secondo strato di reticolo 34, 36, formati da materiali aventi indici di rifrazione differenti. In particolare, il primo ed il secondo strato di reticolo 34, 36 sono rispettivamente formati da un primo ed un secondo materiale, i quali hanno rispettivamente indici di rifrazione n1e n2, nonché spessori w1e w2. Ad esempio, il primo ed il secondo materiale possono essere formati di biossido di silicio SiO2e biossido di titanio TiO2; in generale, il primo ed il secondo materiale sono dielettrici e sono trasparenti alla lunghezza d’onda di fluorescenza λf.
In maggior dettaglio, all’interno di ciascuna coppia di strati di reticolo 32, il primo strato di reticolo 34 sovrasta il secondo strato di reticolo 36, con cui à ̈ a contatto diretto. Si verifica dunque che, riferendosi alla prima coppia di strati di reticolo per indicare la coppia di strati di reticolo più prossima alla superficie superiore 6a, il secondo strato di reticolo della prima coppia di strati di reticolo à ̈ a contatto con la superficie superiore 6a. Inoltre, si ha che n1<n2, per i motivi descritti in seguito.
Al di sopra del reticolo di Bragg 30, ed in particolare al di sopra del primo strato di reticolo della seconda coppia di strati di reticolo, à ̈ disposto uno strato strutturale 40, al cui interno à ̈ formato un canale 42, realizzato rimuovendo selettivamente porzioni dello strato strutturale 40 fino a raggiungere e scoprire il sottostante reticolo di Bragg 30. Pertanto, il canale 42 à ̈ delimitato lateralmente dallo strato strutturale 40; inoltre, il canale 42 à ̈ delimitato inferiormente da una superficie intermedia 34a, la quale à ̈ definita dal primo strato di reticolo della seconda coppia di strati di reticolo.
Al di sopra dello strato strutturale 40 Ã ̈ disposto uno strato di copertura 44, il quale delimita superiormente il canale 42.
Il canale 42 può essere accessibile ad un campione da analizzare di tipo fluido, ad esempio mediante realizzazione di una prima ed una seconda apertura 46, 48 all’interno dello strato di copertura 44. Inoltre, all’interno del canale 42 à ̈ formata almeno una regione di rilevamento 50, di tipo di per sé noto e disposta al di sopra della superficie intermedia 34a, con cui à ̈ a contatto diretto. A titolo puramente esemplificativo, in figura 3 sono mostrate tre regioni di rilevamento 50.
Come mostrato in figura 4, ciascuna regione di rilevamento 50 Ã ̈ formata, ad esempio, da gocce di materiale biologico, al cui interno sono presenti recettori 52, i quali sono ad esempio immobilizzati alla superficie intermedia 34a.
Facendo entrare in contatto le regioni di rilevamento 50 con il campione da analizzare, possono stabilirsi legami tra i recettori 52 e molecole bersaglio MB presenti nel campione da analizzare che fluisce nel canale 42. E’ quindi possibile fare in modo che marcatori 54 di tipo fluorescente (o fosforescente) si attivino, cioà ̈ si accoppino alle molecole bersaglio MB legatesi ai recettori 52, in maniera tale per cui tali marcatori 54 etichettano i recettori 52 stessi. A tal fine, e a titolo puramente esemplificativo, i marcatori 54 possono essere originariamente presenti in un fluido di marcatura, il quale viene fatto fluire nel canale 42 dopo aver fatto fluire nel canale 42 il campione da analizzare.
Al di sopra del dispositivo diagnostico 1 à ̈ disposta una sorgente ottica 60, atta a generare radiazione di eccitazione alla lunghezza d’onda di eccitazione ï ¬e, lo strato di copertura 44 essendo trasparente alla lunghezza d’onda ï ¬e. I marcatori 54 sono del tipo tale per cui, quando attivati ed eccitati da radiazione alla lunghezza d’onda di eccitazione ï ¬e, emettono radiazione ad una lunghezza d’onda di fluorescenza λf, la quale viene rilevata dal sottostante fotodiodo 2. A tal fine, il primo ed il secondo materiale sono trasparenti alla lunghezza d’onda di fluorescenza λf.
Ciò premesso, grazie alla presenza del reticolo di Bragg 30, si verifica un incremento del campo elettrico associato alla radiazione di eccitazione, in corrispondenza della superficie intermedia 34a, e quindi in prossimità delle regioni di rilevamento 50, con conseguente incremento dell’eccitazione dei marcatori e, quindi, della radiazione alla lunghezza d’onda di fluorescenza λf. Ciò à ̈ dovuto a fenomeni di interferenza che si verificano all’interno del reticolo di Bragg 30, in cui gli spessori w1e w2del primo e del secondo strato di reticolo 34, 36 di ciascuna coppia di strati di reticolo 32 sono rispettivamente pari a multipli interi e dispari di λe/(4*n1) e λe/(4*n2), avendo dunque assunto che la radiazione di eccitazione abbia un vettore di propagazione parallelo all’asse H.
Allo stesso tempo, la presenza del reticolo di Bragg 30 comporta una riduzione della frazione di radiazione di eccitazione che oltrepassa la superficie la superficie superiore 6a, la quale, come spiegato in precedenza, può causare un incremento del rumore di buio del fotodiodo 2. Ciò à ̈ dovuto al fatto che, come mostrato a titolo puramente esemplificativo in figura 5, in cui si à ̈ assunto λe=400 nm λf=600 nm, il reticolo di Bragg 30 ha una trasmittanza che ha un minimo in prossimità della lunghezza d’onda di eccitazione λe. Inoltre, la trasmittanza ha un massimo in prossimità della lunghezza d’onda di fluorescenza λf, o comunque si verifica che il rapporto tra la trasmittanza alla lunghezza d’onda di fluorescenza λfed alla lunghezza d’onda di eccitazione λeà ̈ superiore a dieci.
A titolo puramente esemplificativo, la figura 6 mostra qualitativamente l’andamento della componente parallela del campo elettrico associato alla radiazione di eccitazione, cioà ̈ la componente parallela alla superficie intermedia 34a. In particolare, la figura 6 si riferisce ad una forma di realizzazione in cui il reticolo di Bragg 30 à ̈ formato da diciannove coppie di strati di reticolo; inoltre, l’asse delle ascisse mostrato in figura 6 à ̈ espresso in termini dello spessore ottico di onda intera (“Full wave optical thickness†, FWOT).
Sono comunque possibili forme di realizzazione in cui il reticolo di Bragg 30 ha un numero differente di coppie di strati di reticolo.
Sono inoltre possibili forme di realizzazione del tipo mostrato in figura 7, in cui, al posto del reticolo di Bragg 30, sono presenti uno strato riflettente 62 ed una regione addizionale 64.
In particolare, la regione addizionale 64 si estende al di sopra della superficie superiore 6a. Lo strato riflettente 62 si estende al di sopra della regione addizionale 64 e definisce la superficie intermedia 34a. Lo strato riflettente 62 e la regione addizionale 64 hanno spessori rispettivamente pari a w3e w4; inoltre, si ha che w3à ̈ un multiplo intero e dispari di λe/4, al fine di incrementare il campo elettrico associato alla radiazione di eccitazione, in corrispondenza delle regioni di rilevamento 50.
Ad esempio, lo strato riflettente 62 e la regione addizionale 64 possono essere formati, rispettivamente, da biossido di silicio SiO2e da silicio amorfo, quest’ultimo essendo depositato direttamente al di sopra della regione di anodo 12 del fotodiodo 2. La regione addizionale 64 ha un coefficiente di assorbimento alla lunghezza d’onda di eccitazione ï ¬esuperiore al coefficiente di assorbimento alla lunghezza d’onda di fluorescenza ï ¬f.
In pratica, lo strato riflettente 62 e la regione addizionale 64 formano una struttura ottica la cui trasmittanza ha un andamento, in funzione della lunghezza d’onda, del tipo mostrato in figura 8. Tale andamento à ̈ di tipo monotono; inoltre, il valore di trasmittanza alla lunghezza d’onda di eccitazione ï ¬eà ̈ inferiore al valore di trasmittanza alla lunghezza d’onda di fluorescenza ï ¬f, con conseguente riduzione dell’impatto che la radiazione di eccitazione ha sul rumore di buio del fotodiodo 2, rispetto al caso di assenza dello strato riflettente 62 e della regione addizionale 64.
Come mostrato in figura 9, il dispositivo diagnostico 1 può appartenere ad una schiera 220 di dispositivi diagnostici 1, formata nella piastrina 100. La schiera 220 può comprendere un qualsiasi numero di dispositivi diagnostici, a seconda delle necessità.
In pratica, nella piastrina 100 à ̈ formata una matrice planare di fotodiodi SPAD, cresciuti su di un medesimo substrato. Tale matrice planare definisce un cosiddetto fotomoltiplicatore di silicio (“Silicon PhotoMultiplier†, SiPM). In dettaglio, le metallizzazioni di anodo e di catodo dei fotodiodi SPAD sono configurate in modo da poter essere connesse tutte ad un unico generatore di tensione. Pertanto, i fotodiodi SPAD del fotomoltiplicatore SiPM possono essere polarizzati ad una medesima tensione di polarizzazione inversa VA; inoltre, le correnti a valanga generate all’interno dei fotodiodi SPAD sono multiplate insieme, in modo da generare un segnale di uscita del fotomoltiplicatore SiPM pari alla sommatoria dei segnali di uscita dei fotodiodi SPAD. Il fotomoltiplicatore SiPM à ̈ dunque un dispositivo a larga area e alto guadagno, capace di fornire, in media, un segnale elettrico di uscita (corrente) proporzionale al numero di fotoni che incidono sul SiPM. Infatti, ciascun fotodiodo SPAD del fotomoltiplicatore SiPM si comporta come un contatore binario indipendente, ed il segnale di uscita del fotomoltiplicatore SiPM risulta proporzionale al numero di fotodiodi SPAD in cui si à ̈ innescato il processo di ionizzazione a valanga (rilevamento di un fotone), tale numero essendo a sua volta proporzionale al numero di fotoni incidenti.
La schiera 220 può essere utilizzata in un generico sistema diagnostico 500 mostrato in figura 10, in cui la sorgente ottica 60 illumina una schiera 220 di dispositivi diagnostici ed à ̈ controllata da un’unità a microcontrollore 520, la quale à ̈ inoltre collegata alla schiera 220. L’unità a microcontrollore 520 elabora il segnale di uscita della schiera 220 e fornisce un segnale elaborato ad un elaboratore 320, il quale consente di analizzare tale segnale elaborato e di visualizzare le informazioni associate a tale segnale elaborato su uno schermo 330.
I vantaggi che il presente dispositivo diagnostico consente di ottenere emergono chiaramente dalla discussione precedente. In particolare, il presente dispositivo diagnostico consente di beneficiare dell’elevata sensibilità dei fotodiodi SPAD e della cosiddetta fluorescenza ritardata, senza incorrere nell’incremento del rumore di buio causato dagli impulsi della radiazione di eccitazione.
Risulta infine evidente che al dispositivo diagnostico descritto possono essere apportate modifiche e varianti, senza uscire dall’ambito della presente invenzione.
Ad esempio, i marcatori specifici possono essere marcatori a fosforescenza, anziché a fluorescenza. Inoltre, il canale può essere di tipo differente rispetto a quanto mostrato; in particolare, non à ̈ necessario che il canale sia atto a consentire il fluire del campione, cioà ̈ sia di tipo cosiddetto microfluidico.
E’ inoltre possibile, in linea di principio, che il fotodiodo non sia di tipo SPAD, dal momento che una riduzione del rumore di buio si ottiene anche nel caso di fotodiodi differenti. Inoltre, relativamente al fotodiodo SPAD, i tipi di drogaggio della regione di anodo, della regione arricchita, del substrato e dello strato epitassiale possono essere invertiti.
Infine, i meccanismi di accoppiamento dei recettori, delle molecole bersaglio e dei marcatori possono essere differenti rispetto a quanto descritto. Ad esempio, in modo di per sé noto, i marcatori possono essere già presenti nel campione da analizzare, nel qual caso essi sono già legati alle molecole bersaglio, le quali si legano successivamente ai recettori. In generale, comunque, ci si riferisce ai marcatori attivati per riferirsi ai marcatori accoppiati ai recettori mediante accoppiamento alle molecole bersaglio, indipendentemente dai dettagli implementativi che hanno condotto all’accoppiamento.

Claims (11)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Dispositivo diagnostico comprendente: - un fotodiodo (2) formato da un corpo (10) di materiale semiconduttore delimitato da una prima superficie (6a); - una struttura ottica integrata (30) disposta al di sopra della prima superficie e delimitata da una seconda superficie (34a); e - almeno una regione di rilevamento (50), disposta al di sopra della seconda superficie ed atta a ricevere una prima radiazione elettromagnetica avente una prima lunghezza d’onda (ï ¬e), detta regione di rilevamento comprendendo almeno un recettore (52) atto a legarsi ad una corrispondente molecola bersaglio (MB) di un campione da analizzare, detta molecola bersaglio essendo accoppiabile ad un corrispondente marcatore (54), il quale, quando eccitato da detta prima radiazione elettromagnetica, emette una seconda radiazione elettromagnetica avente una seconda lunghezza d’onda (ï ¬f) e rilevabile da detto fotodiodo; ed in cui detta struttura ottica integrata include almeno un primo strato (34,62), il quale definisce detta seconda superficie ed à ̈ formato da un primo materiale avente un primo indice di rifrazione (n1), detto primo strato avendo uno spessore sostanzialmente pari ad un multiplo intero e dispari di un quarto della prima lunghezza d’onda (ï ¬e) diviso per detto primo indice di rifrazione.
  2. 2. Dispositivo diagnostico secondo la rivendicazione 1, in cui detta struttura ottica (30) comprende un secondo strato (36) interposto tra detto primo strato (34), con cui à ̈ a contatto diretto, e detto corpo (10), detto secondo strato essendo formato da un secondo materiale avente un secondo indice di rifrazione (n2), detto secondo strato avendo inoltre uno spessore sostanzialmente pari ad un multiplo intero e dispari di un quarto della prima lunghezza d’onda (ï ¬e) diviso per detto secondo indice di rifrazione; ed in cui detto primo indice di rifrazione à ̈ inferiore a detto secondo indice di rifrazione.
  3. 3. Dispositivo diagnostico secondo la rivendicazione 2, in cui detta struttura ottica definisce un reticolo di Bragg (30).
  4. 4. Dispositivo diagnostico secondo la rivendicazione 1, comprendente inoltre almeno un marcatore (54) accoppiato a detto almeno un recettore (52), ed in cui detta struttura ottica (30) comprende un secondo strato (64) interposto tra detto primo strato (62) e detto corpo (10), detto secondo strato avendo un primo ed un secondo coefficiente di assorbimento, rispettivamente alla prima ed alla seconda lunghezza d’onda (ï ¬e,ï ¬f), detto primo coefficiente di assorbimento essendo superiore a detto secondo coefficiente di assorbimento.
  5. 5. Dispositivo diagnostico secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui detto fotodiodo (2) à ̈ un fotodiodo a valanga operante in modalità Geiger.
  6. 6. Dispositivo diagnostico secondo la rivendicazione 5, in cui detto corpo (10) à ̈ di un primo tipo di conducibilità e forma una regione di catodo, ed in cui detto fotodiodo a valanga operante in modalità Geiger comprende inoltre una regione di anodo (12) di un secondo tipo di conducibilità, estendentesi all’interno di detto corpo al di sopra della regione di catodo ed affacciata a detta prima superficie, dette regioni di anodo e di catodo formando una giunzione avente una tensione di rottura (VB) ed atta ad essere polarizzata ad una tensione di polarizzazione inversa superiore, in modulo, a detta tensione di rottura.
  7. 7. Dispositivo diagnostico secondo la rivendicazione 6, in cui detto corpo (10) comprende un substrato (3), uno strato epitassiale (6) ed una regione arricchita (14), detti substrato, strato epitassiale e regione arricchita essendo del primo tipo di conducibilità, detta regione arricchita estendendosi all’interno di detto strato epitassiale, al di sotto di detta regione di anodo (12), detta regione arricchita avendo un livello di drogaggio superiore al livello di drogaggio dello strato epitassiale (6).
  8. 8. Sistema diagnostico comprendente un primo dispositivo diagnostico secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti ed una sorgente ottica (60) atta a generare detta prima radiazione elettromagnetica e disposta in maniera tale per cui detta regione di rilevamento (50) Ã ̈ interposta tra detta sorgente ottica e detto fotodiodo (2).
  9. 9. Sistema diagnostico secondo la rivendicazione 8, comprendente almeno un secondo dispositivo diagnostico (1), detti primo e secondo dispositivo diagnostico essendo formati in una medesima piastrina (100).
  10. 10. Sistema diagnostico secondo la rivendicazione 9, comprendente inoltre un’unità di elaborazione (320,520) accoppiata elettricamente a detta piastrina (100).
  11. 11. Metodo diagnostico comprendente le fasi di: - predisporre un dispositivo diagnostico (1) secondo la rivendicazione 5; - predisporre una sorgente ottica (60) atta a generare detta prima radiazione elettromagnetica; - polarizzare detta giunzione ad una tensione di polarizzazione inversa superiore, in modulo, a detta tensione di rottura (VB).
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