ITRM20100295A1 - Composizione comprendente un componente ematico e suo uso per il trattamento delle malattie degenerative articolari - Google Patents

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ITRM20100295A1
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Description

Descrizione dell’invenzione: “Composizione comprendente un componente ematico e suo uso per il trattamento della malattia degenerativa articolareâ€
DESCRIZIONE
Questo studio presenta un procedimento per trattare e migliorare strutturalmente le articolazioni affette da malattia degenerativa articolare (PDA). Questa analisi à ̈ incentrata su due gruppi di pazienti (pz). Il primo era composto da ultraottuagenari, mentre il secondo gruppo era composto da pazienti di età compresa fra 45 a 55 anni. Il primo gruppo era ad alto rischio chirurgico ed entrambi i gruppi si erano dimostrati non responsivi alle terapie conservative correntemente adottate.
Alcuni studiosi, fra i quali Davis, Filatov e Cerletti, hanno studiato e sfruttato le proprietà rigenerative della placenta, dell’amnios e di altri tessuti non vitali sin dagli inizi del †̃900. Questi studi pionieristici hanno aperto una nuova via alla rigenerazione tissutale. Più recentemente, le nuove conquiste della biologia relative agli acidi nucleici extracellulari, a fattori di crescita (GF) (come sottoprodotti della risposta al trauma) e alle proteine da shock termico (Hsp) hanno ulteriormente favorito la ricerca.
Fondandoci su tali esperienze, abbiamo sviluppato un gel rigenerativo ottenuto con sangue sottoposto a condizioni di stress e processato, polidesossiribonucleotidi (Pdrn) e una sostanza addensante. Lo scopo era quello di stimolare le cellule staminali native locali con il nostro gel al fine di indurre una riparazione tissutale.
Dal 2003 al 2009 abbiamo trattato 948 pz. Come menzionato, il primo gruppo era composto da 86 pazienti ultraottuagenari con osteoartrite grave (OA) dell’anca e/o del ginocchio e il secondo gruppo era composto da 90 pz giovani (dell’età di circa cinquant’anni) affetti dalla medesima patologia.
I pazienti trattati sono stati valutati clinicamente e radiologicamente con controlli di progressione (follow-up) da 6 a 48 mesi. I risultati mostrano un miglioramento statisticamente significativo per quanto riguarda dolore e mobilità articolare, talvolta accompagnato da un evidente miglioramento radiologico. I controlli di progressione (follow-up) mostrano dati incoraggianti in termini di stabilità clinica nel tempo. Durante lo studio non ci siamo praticamente imbattuti in alcun effetto collaterale, reazione avversa o tossicità.
Attualmente, il trattamento farmacologico della PDA à ̈ palliativo. Presenta tossicità ed effetti collaterali. I pazienti che possono essere sottoposti a chirurgia concludono la sperimentazione con l’impianto di una protesi, seguito da un lungo periodo riabilitativo.
Questo studio suggerisce un nuovo approccio metodologico e un nuovo trattamento della PDA basati sulla rigenerazione e sul ripristino tissutale con conseguente risoluzione clinica della malattia.
Introduzione
La medicina rigenerativa basata sulla terapia cellulare e sull’ingegneria tissutale à ̈ un campo multidisciplinare emergente. Questo tipo di terapia à ̈ volta a conservare, ripristinare o potenziare la funzione di tessuti ed organi (1).
Nel 1910, Davis fu il primo a descrivere l’uso della membrana fetale come materiale di supporto chirurgico nel trapianto cutaneo presso il Johns Hopkins Hospital. Da quel momento, l’impiego della membrana amniotica in chirurgia si à ̈ diffuso, offrendosi quale trattamento di lesioni cutanee e ustioni, ulcere croniche degli arti inferiori gambe, disturbi della superficie oculare (malattia della cornea o della congiuntiva) e prevenzione della formazione di aderenze post-chirurgiche (2).
L’impiego di membrane amniotiche non vitali trattate con sterilizzazione ad alta temperatura si era particolarmente diffuso fra gli anni ’60 e gli anni ’80 del secolo scorso. In tale periodo, le membrane non contenevano cellule vive e le loro proprietà biologiche non erano pertanto note. L’amnios così preparato veniva usato in terapia per ustioni e ulcere croniche degli arti inferiori come medicazione biologica (3,4,5).
Filatov (1875-1956) si dedicò allo studio di quanto accade ai tessuti prima della loro morte o in condizioni di rilevante stress biologico. Egli conservava il tessuto placentare e l’amnios appena raccolti a bassissime temperature per vari giorni prima della loro applicazione. Filatov era convinto che non soltanto il tessuto placentare avesse proprietà riparative, ma che qualsiasi tessuto sottoposto a uno stress estremo prima della morte possedesse tali proprietà. Riteneva che tali attività biologiche fossero potenziate dalla “sofferenza tissutale†, attraverso il rilascio di sostanze bioumorali che chiamò “biostimoline†(6,7).
Cerletti (1877-1963), noto neurologo e “padre dell’elettroshock†, giunse ad una conclusione simile partendo dai suoi esperimenti con l’elettroshock e l’induzione di stress nei maiali. Nei suoi esperimenti, Cerletti sottopose i maiali ad elettroshock ad alta tensione, ne estrasse la materia cerebrale per poi iniettarla in maiali di un altro gruppo. Il secondo gruppo di animali riusciva a tollerare l’elettrostimolazione molto meglio rispetto al gruppo di controllo. Egli notò inoltre che prelevando un campione di estratti di cervello dai maiali sottoposti a elettroshock e iniettandolo in maiali resi comatosi con trattamento di elettroshock, era possibile ripristinare uno stato transitoriamente cosciente. Le prove sperimentali convinsero Cerletti che un tessuto sottoposto a condizioni di stress estremo aumenti la produzione di sostanze, che egli chiamò “acroagonine†, capaci di indurre una potente reazione biologica (8,9).
Negli anni ’80 del secolo scorso, Vishwakarma e Khare riportarono quanto da loro sperimentato con l’impiego di membrane amniotiche non vitali per ripristinare i tessuti articolari danneggiati dall’artrite degenerativa o post-infettiva. 25 dei 28 pazienti sottoposti ad artroplastica presentavano assenza di sintomi con buona escursione e stabilità articolare. Il risultato più rilevante fu, in ogni modo, la rigenerazione strutturale dell’articolazione, come dimostrato dal follow-up durante il controllo a raggi X (10).
Tornando agli anni ’60 del secolo scorso, Di Nicola R. iniziò ad utilizzare membrane amniotiche non vitali, a quel tempo in commercio con la denominazione Amniex®. La preparazione delle membrane amniotiche includeva la sterilizzazione ad alta temperatura. Di Nicola inserì l’Amniex® sotto la cute di pazienti artritici sintomatici, ottenendo un buon risultato clinico. Ben presto registrò l’assenza di effetti collaterali e l’efficacia duratura della terapia in termini di dolore e mobilità. In aggiunta, la completa risoluzione clinica della patologia si associava talvolta ad un miglioramento strutturale delle articolazioni, evidenziato dalle tradizionali tecniche di imaging (visualizzazione).
Nello stesso periodo, e con indicazione terapeutica analoga, gli estratti di placenta furono impiegati a livello clinico per il trattamento di un’ampia gamma di condizioni patologiche del tessuto connettivo, quali il trattamento della distrofia cutanea, di cicatrici e di ulcere cutanee. Gli estratti di placenta erano una miscela di composti polidesossiribonucleotidici (Pdrn) con polimeri di diverse lunghezze, tra 50 e 2000 coppie di basi, e termostabili.
Microambiente extracellulare e rigenerazione tissutale
Ruolo degli acidi nucleici extracellulari
Inizialmente, gli effetti dei Pdrn sulla riparazione delle lesioni vennero associati alle loro proprietà di induzione della formazione di complessi piastrine-fibronectina (11,12).
Diversi ricercatori hanno recentemente dimostrato l’importanza dell’attività dei nucleotidi e nucleosidi extracellulari in grado di indurre la proliferazione e l’attività delle cellule in diversi tessuti. Gli acidi nucleici, i nucleosidi e i nucleotidi derivanti dalla loro frammentazione si diffondono fisiologicamente nell’ambiente extracellulare come risultato della lisi cellulare che segue la morte cellulare, fornendo verosimilmente uno stimolo locale alla rigenerazione tissutale (13-17).
È stato dimostrato in vitro che i nucleotidi e i nucleosidi fungono da promotori della crescita di fibroblasti, osteoblasti e cellule endoteliali (18-23).
Risultati analoghi sono stati ottenuti in vivo in modelli sperimentali usando polidesossiribonucleotidi (Pdm) per stimolare la guarigione di lesioni indotte da radiazione gamma in topi (24).
I pdm sono il prodotto della scissione enzimatica degli acidi nucleici che fa seguito alla morte e alla lisi cellulare. I nucleotidi (come l’ATP) e i nucleosidi, rilasciati per separazione enzimatica, agiscono in vari modi: possono stimolare la sintesi degli acidi nucleici tramite i processi metabolici di recupero e il loro effetto à ̈ mediato dal legame a recettori purinergici (P1-P2).
Thellung (25) ha dimostrato che, se stimolati da una varietà di recettori per i nucleosidi A2 (una sottoclasse di P1), essi inducono la proliferazione di fibroblasti coltivati. Sini e Nakamura (26,27) hanno dimostrato in vitro gli effetti positivi dei Pdrn sulla proliferazione di fibroblasti e osteoblasti e sulla produzione di collagene, con conseguente aumento della crescita dei fibroblasti del 20% circa. Analogamente, studi in vitro e in vivo hanno mostrato il ruolo dei recettori A2, stimolati da nucleosidi, nei processi di guarigione delle lesioni (28).
È stato dimostrato che gli acidi nucleici diffusi nell’ambiente extracellulare agiscono sinergicamente con diversi fattori di crescita, quali PDGF, FGF, EGF, TGF-beta, citochine, produzione di fattori di crescita, e che addirittura influiscono sulle risposte immunologiche (14, 15, 18, 29, 30).
Alcuni ricercatori hanno studiato il processo biologico che, nella rigenerazione ossea, fornisce un segnale osteoinduttivo per il precursore cellulare mesenchimale ospite, inducendo la proliferazione e la differenziazione in osteoblasti attivi. Le molecole principalmente coinvolte in questo processo biologico sono le proteine morfogenetiche ossee (BMP) e altri fattori di crescita, come PDGF, FGF, IGF, e TGF-beta (19, 21, 22,31 ).
Guizzardi ha analizzato l’effetto dei Pdrn sulla crescita degli osteoblasti e sulla produzione della fosfatasi alcalina. Il suo studio ha dimostrato che il processo di polimerizzazione dei Pdrn produce i più alti livelli di nucleotidi e nucleosidi purinici liberi. Queste molecole si legano ai recettori purinergici A2 e, inoltre, possono attivare altri meccanismi, come i processi metabolici di recupero. Il risultato à ̈ un incremento della crescita degli osteoblasti, che raggiunte il livello massimo dopo 6 giorni e diminuisce successivamente alla confluenza delle colture. Il riscontro finale à ̈ un aumento della crescita cellulare pari al 21% (32).
Di recente, in uno studio sperimentale il ricercatore ha valutato anche gli effetti positivi della matrice ossea deproteinizzata termicamente e dei polinucleotidi (Pdrn) sulla rigenerazione ossea nel ratto (33).
Ruolo della necrosi post- traumatica e dell’ipossia
Un trauma chirurgico causa una modificazione del microambiente biologico a sua volta spesso in grado di indurre una trasformazione in senso riparativo. I prodotti della necrosi e della carenza di O2portano ad un aumento della produzione e dell’attivazione di GF locali. Specifici segnali nel microambiente regolano le capacità di autorigenerazione e differenziazione. L’ossigeno à ̈ un importante componente del microambiente cellulare, operando sia quale substrato metabolico che come molecola di segnalazione. È stato dimostrato che l’ossigeno ha una varietà di effetti sulle cellule staminali embrionali e dell’adulto. Acquista sempre maggiore importanza il ruolo dell’ipossia nella regolazione della biologia delle cellule staminali, con particolare attenzione alla crescita, conservazione della pluripotenza, differenziazione e produzione di fattori di crescita (34).
La necrosi post-traumatica e l’ipossia causano un incremento locale dei GF. Alcuni di questi GF, come VEGF, FGF 1-2, TGF-beta1, sono particolarmente significativi. Di fatto, essi sono in grado di promuovere un aumento della permeabilità vascolare e della proliferazione delle cellule endoteliali, la chemiotassi per i fibroblasti, la loro proliferazione, l’angiogenesi e la deposizione di matrice.
Il TGF-beta 1 à ̈ coinvolto nella chemiotassi di granulociti, macrofagi, linfociti, fibroblasti e cellule dei muscoli lisci. Esso à ̈ altresì correlato agli inibitori tissutali della sintesi delle metalloproteinasi (TIMP) e all’inibizione della produzione di metalloproteinasi di matrice.
Più recentemente, il TGF-beta1 à ̈ stato associato alla rigenerazione della cartilagine articolare. Benché il fattore di crescita trasformante beta1 (TGFbeta1) sia noto come potente inibitore della proliferazione nella maggior parte dei tipi cellulari, esso accelera la proliferazione di alcune cellule mesenchimali, come i condrociti articolari e le cellule del nucleo polposo. Tuttavia, l’esatta progressione del ciclo cellulare e i precisi meccanismi molecolari mediante i quali il TGF beta1 stimola la crescita cellulare rimangono da chiarire (35).
Inoltre, con l’aumento della concentrazione locale del fattore base di crescita dei fibroblasti (bFGF), il fattore di crescita dei fibroblasti 2 (FGF2) à ̈ stato associato all’aumentata proliferazione di cellule staminali mesenchimali pluripotenti (MSC) (36).
È stato di recente identificato un nuovo modulatore del fattore inducibile dall’ipossia (HIF) che ha dimostrato effetti sullo stato di differenziazione delle cellule staminali. La biologia delle subunità alfa del fattore inducibile dall’ipossia (HIF-alfa) ne ha ampliato il ruolo nell’angiogenesi alla loro attuale posizione nell’autorigenerazione e nella differenziazione delle cellule staminali (37).
Ruolo delle proteine da shock termico (HSP)
Le proteine da shock termico (HSP) sono una classe di proteine funzionalmente correlate fra loro, la cui espressione aumenta quando le cellule sono esposte ad alte temperature o altro stress (38). Questo aumento della loro espressione à ̈ regolato a livello trascrizionale. La straordinaria modulazione positiva delle proteine da shock termico à ̈ una parte fondamentale della risposta allo shock termico ed à ̈ indotta principalmente dal fattore di shock termico (39).
Il meccanismo mediante il quale lo shock termico (o altri stress ambientali) attiva il fattore di shock termico non à ̈ noto. Tuttavia, alcuni studi suggeriscono che un incremento di proteine danneggiate o anormali induca l’azione delle HSP. Di conseguenza, le proteine da shock termico sono definite anche proteine da stress e la loro modulazione positiva à ̈ talvolta descritta più in generale come facente parte della risposta allo stress (40).
Le proteine da shock termico sono denominate in base al loro peso molecolare. Così, Hsp60, Hsp70 e Hsp90 (le HSP più ampiamente studiate) si riferiscono a famiglie di proteine da shock termico di dimensione rispettivamente dell’ordine di 60, 70 e 90 kilodalton (41). La piccola proteina da 8 kilodalton ubiquitina, che segnala le proteine destinate alla degradazione, ha anch’essa le caratteristiche di una proteina da shock termico (42).
A partire dalla metà degli anni ’80 del secolo scorso, i ricercatori hanno riconosciuto che molte HSP funzionano come chaperoni molecolari e sono, pertanto, implicate in maniera determinante nel ripiegamento proteico, nel traffico intracellulare delle proteine e nella stabilizzazione delle proteine denaturate da calore e altri stress.
La funzione fondamentale delle HSP à ̈ stata espressa come modulazione positiva nello stress. La produzione di livelli elevati di proteine da shock termico può essere innescata dall’esposizione a vari tipi di condizioni di stress ambientale, quali infezione, infiammazione, esercizio fisico, esposizione della cellula a tossine (fra i quali etanolo, arsenico, metalli in tracce e luce ultravioletta), digiuno, ipossia, o privazione di acqua (40).
Funzione di chaperone
Le proteine da shock termico fungono da chaperoni intracellulari per altre proteine. Esse svolgono un ruolo importante nelle interazioni proteina-proteina e nella stabilizzazione, ad esempio favorendo il ripiegamento e l’instaurazione di una conformazione adeguata della proteina, e nella prevenzione dell’aggregazione indesiderata tra proteine. Aiutando a stabilizzare le proteine parzialmente non ripiegate, le HSP favoriscono il trasporto delle proteine attraverso le membrane all’interno della cellula (43, 44).
Funzioni ordinarie di “Housekeeping†(funzioni ausiliarie)
Le proteine da shock termico sono presenti anche in condizioni di non sofferenza, in tal caso limitandosi a monitorare le proteine cellulari. Alcuni esempi del loro ruolo di "controllori" sono il trasporto delle proteine vecchie nel proteosoma della cellula e l’aiuto nel corretto ripiegamento delle proteine appena sintetizzate.
Queste attività fanno parte del sistema riparativo proprio della cellula, chiamato risposta allo stress cellulare o risposta allo shock termico.
Immunità
Le proteine da shock termico extracellulari e legate a membrana, soprattutto la Hsp70, sono implicate nel legame agli antigeni e nella loro presentazione al sistema immunitario (45).
Le funzioni delle HSP, che tipicamente si associano alla risposta e alla tolleranza allo stress, sono ben caratterizzate nelle cellule differenziate, mentre il loro ruolo nelle cellule staminali rimane oscuro.
L’autorigenerazione e la differenziazione delle cellule staminali sono processi strettamente regolati, soggetti a segnali intrinseci ed estrinseci. I chaperoni e cochaperoni molecolari, soprattutto le proteine da shock termico, sono molecole ubiquitarie coinvolte nella modulazione degli stati conformazionali e di complessazione delle proteine. Le cellule staminali mostrano una tolleranza aumentata allo stress e concomitanti livelli elevati di espressione di chaperone (46).
Wang ha osservato che la sovra-espressione di Hsp20 proteggeva le cellule staminali mesenchimali (MSC) dalla morte cellulare innescata da stress ossidativo in vitro. I meccanismi che concorrono agli effetti benefici della Hsp20 sono stati associati ad un’attivazione potenziata di Akt e ad una secrezione aumentata dei fattori di crescita (VEGF, FGF-2, e IGF-1) (47).
Dalla nostra esperienza clinica a un nuovo procedimento di trattamento della PDA
Sulla base di queste esperienze documentate e alla luce delle nuove conoscenze biologiche della medicina rigenerativa, abbiamo iniziato a trattare la PDA o l’osteoartrite (OA) con un nuovo approccio basato su un procedimento di ripristino delle articolazioni anatomiche, usando un gel riparatore efficace come stimolante delle cellule staminali native.
Analogamente ad altri Autori (12), siamo partiti impiegando Pdrn (Placentex Integro® 5,625 mg da Mastelli Officina Biofarmaceutica) nella PDA negli anni ’80 del secolo scorso, registrando, però, una risposta insoddisfacente in termini di riparazione tissutale, rilevabile con modalità cliniche, radiologiche ed ecografiche.
In conclusione, Placentex Integro® sembrava indurre una breve stimolazione del tessuto prima di essere assorbito: l’effetto esibisce un massimo entro 3-5 giorni dall’iniezione e diminuisce rapidamente nei giorni successivi. Questa proprietà farmacodinamica riduce il potenziale utilizzo del farmaco per la riparazione tissutale, la quale, invece, spesso necessita di una stimolazione biologica di maggiore durata per l’attivazione dei meccanismi riparativi innati.
Inoltre, i risultati clinici avevano dimostrato che i Pdrn erano meno efficaci delle membrane dell’amnios (come l’Amniex®).
Abbiamo preso in considerazione tre possibili cause principali di ciò:
1) diffusione rapida, basso assorbimento dei Pdrn e debole stimolazione sulle cellule staminali native, locali, 2) assenza di trauma chirurgico, 3) diversa natura delle sostanze usate nel trattamento.
Abbiamo così pensato che il trattamento dei pazienti con una miscela di sangue e Pdrn avrebbe ridotto il tempo di assorbimento dei Pdrn nell’articolazione. In tale esperimento, lo scopo era quello di prolungare lo stimolo dei Pdrn all’interno dell’area articolare danneggiata. Il sangue degli stessi pazienti à ̈ stata l’ovvia scelta per ragioni di compatibilità ed evitamento degli effetti collaterali.
Quando abbiamo confrontato i risultati delle procedure dei Pdrn da soli con quelli derivati dall’impiego di Pdrn e sangue, quest’ultimo ha comportato: 1) miglioramento in termini di dolore ed escursione articolare, valutato dal 68% dei pazienti come buona riuscita della terapia, e stabilità dopo 12 mesi (rispetto al 43% dei Pdrn da soli), 2) migliori risultati nel lungo termine, così come messo in evidenza dal follow-up 3) riduzione del 40%, del numero medio di infiltrazioni 4) minor numero di fallimenti terapeutici.
Ne abbiamo evinto che il sangue à ̈ servito da supporto meccanico e chimico; in effetti, l’ematoma intrappola i Pdrn con un effetto di rilascio prolungato e, soprattutto, l’emolisi cellulare porta ad un rilascio di prodotti diversi che potrebbero aumentare l’efficacia dei Pdrn, come GF, HSP, citochine, nucleotidi e nucleotidi endogeni.
Razionale e innovazione
Come sopra affermato, abbiamo concepito un nuovo biomateriale (gel riparatore) con le seguenti proprietà:
Compatibilità chimica e fisica
Lungo tempo di assorbimento
Effetto sinergico tra Pdrn, HSP e GF locali su cellule staminali articolari native
Assenza di tossicità e di effetti collaterali
Abbiamo infine prodotto una preparazione in miscela gelificata con sangue sottoposto a condizioni di stress (bassa e alta temperatura) e processato, Pdrn e una sostanza addensante, ottenendo così il gel riparatore.
Per il meccanismo di azione del gel riparatore, abbiamo formulato la seguente ipotesi, coerente con la ricerca biochimica e in vitro e supportata da prove cliniche.
Il gel riparatore consente una prolungata azione stimolatoria da parte di polidesossiribonucleotidi e proteine da shock termico su cellule staminali locali native, inducendo un meccanismo riparativo. Inoltre, la sostanza à ̈ introdotta con una procedura chirurgica minimamente invasiva che porta a necrosi traumatica e ipossia locali. Questo microambiente tissutale che attiva i meccanismi riparativi locali accresce le prestazioni del gel rigenerativo.
Il gel riparatore può fungere da impalcatura per le cellule staminali stimolate.
Gli effetti della riparazione strutturale del nostro gel sui tessuti può essere prodotto dal potenziamento della stimolazione e della proliferazione dei fibroblasti, dall’induzione della produzione di elastina e collagene di tipo II con conseguente aumento della flessibilità della capsula articolare e dei legamenti. Ne consegue un aumento dell’escursione della borsa, che porta a una riduzione della pressione intra-articolare e, di conseguenza, del dolore.
Un altro effetto del gel potrebbe esplicarsi sul tessuto periostale e sugli osteoblasti, cosa che induce a sua volta la proliferazione e la riparazione ossea.
I raggi X hanno talvolta evidenziato un aumento dello strato della matrice cartilaginea.
Materiale e procedimenti
Da gennaio 2003 a giugno 2009 abbiamo trattato la PDA in 948 pazienti, coprendo virtualmente tutte le medie e grandi articolazioni.
Questa analisi si focalizza su due gruppi di pazienti. Il primo gruppo (I) considerato per questo studio era composto da 86 pazienti ultraottuagenari affetti da PDA dell’anca o/e del ginocchio. Il secondo gruppo (II) era composto da 90 pz intorno ai cinquant’anni affetti dalla stessa patologia, la cui eziologia era, però, di altra natura, quali, ad esempio, il trauma, la displasia congenita dell’anca, l’artrite indotta da gravi difetti posturali.
Tutti i pazienti sono stati inviati da chirurghi ortopedici e reumatologi con una diagnosi clinica di PDA o OA in stadio molto avanzato e sintomi di durata maggiore di 6 mesi.
Il primo gruppo di pazienti à ̈ stato giudicato ad alto rischio chirurgico per protesi chirurgica (la maggior parte era ASA III-IV), ed entrambi i gruppi si erano dimostrati non responsivi alle terapie conservative correntemente adottate, e tutti erano non responsivi a FANS e corticosteroidi o avevano sviluppato intolleranza nei confronti di tali medicamenti.
Tutti i pazienti hanno dato il proprio consenso informato prima di iniziare lo studio.
Sono stati esclusi pazienti che erano stati sottoposti a terapia corticosteroidea nel mese precedente, quelli nei quali il valore INR superasse 3,5 e i pazienti affetti da malattie reumatiche acute.
GEL RIPARATORE: PREPARAZIONE E USO
Tutti i pazienti di entrambi i gruppi sono stati sottoposti a trattamento topico con gel riparatore. Il gel riparatore à ̈ preparato con sangue sottoposto a condizioni di stress (bassa e alta temperatura) e processato, Pdrn e una sostanza addensante.
La quantità di gel utilizzata per trattare le articolazioni à ̈ dipesa dal volume dell’articolazione e dallo spessore del grasso sottocutaneo. La quantità media di gel usata in ciascun punto di introduzione à ̈ stata di 95 mg (intervallo di 55-110) per l’anca e 42 mg per il ginocchio (intervallo di 35-60).
In generale, il trattamento à ̈ stato condotto simultaneamente su 2 o 3 aree dell’articolazione precedentemente valutate a livello clinico e radiologico.
Nell’area che necessitava di trattamento à ̈ stata praticata per via iniettiva un’anestesia locale costituita sia da mepivacaina 2% (2 ml) che da naropina 10% (2 ml), 4-5 ml in totale. Un’incisione molto ridotta (5 mm) à ̈ stata praticata al fine di introdurre una pinza emostatica e raggiungere il tessuto sottocutaneo nello spazio periarticolare ove à ̈ stato applicato il gel, quindi l’incisione à ̈ stata suturata.
Il trattamento à ̈ stato ripetuto ad intervalli settimanali. I risultati preliminari sono stati valutati dopo tre procedure.
Abbiamo considerato non responsivi i pazienti che non mostravano miglioramento dopo tre trattamenti.
CRITERI DI VALUTAZIONE DEI RISULTATI
Valutazione clinica
Abbiamo adottato un questionario autosomministrato (WOMAC) per anca e/o ginocchio e due schede cliniche, compilate dal medico, note rispettivamente come punteggio della funzionalità dell’anca secondo Harris e punteggio della funzionalità del ginocchio secondo la Knee Society.
L’indice di osteoartrite della Western Ontario e McMaster Universities (WOMAC) à ̈ una misura autosomministrata dello stato di salute specifico di una patologia. Essa vaglia sintomi clinicamente importanti nelle aree del dolore, rigidità e funzionalità fisica in pazienti affetti da osteoartrite (OA) dell’anca e/o del ginocchio. L’indice consiste in 24 domande (5 per il dolore, 2 per la rigidità e 17 per la funzionalità fisica). Il WOMAC à ̈ uno strumento valido, affidabile e sensibile per la rilevazione di alterazioni clinicamente importanti dello stato di salute a seguito di una varietà di interventi (farmacologici, chirurgici, fisioterapici, ecc.) (48-52).
Il questionario à ̈ stato compilato dai pazienti al riferimento prima del trattamento e quindi durante le visite di controllo.
Alle risposte alle singole domande à ̈ assegnato un punteggio tra 0 (estremo) e 4 (assente). I punteggi delle singole domande sono quindi sommati a dare un punteggio grezzo che varia da 0 (peggiore) a 96 (migliore). Infine, i punteggi grezzi sono normalizzati moltiplicando ciascun punteggio per 100/96. Questo dà un punteggio WOMAC riportato da 0 (peggiore) a 100 (migliore).
Il punteggio della funzionalità dell’anca secondo Harris (HHs) à ̈ creato per valutare lo stato dei pazienti dopo la chirurgia di protesi dell’anca. Le domande sono raggruppate in 5 categorie: dolore, escursione articolare, attività funzionali, esame fisico. Il punteggio varia da 0 (peggiore) a 100 (migliore) (53).
Il punteggio della funzionalità del ginocchio secondo la Knee Society (KSs) à ̈ diviso in un punteggio per il ginocchio che assegna un punteggio solamente all’articolazione del ginocchio stesso e un punteggio funzionale (KSfs) che valuta la capacità del paziente di deambulare e superare scale. Il sistema di punteggio del ginocchio prende in considerazione i seguenti parametri principali dell’articolazione: dolore, stabilità ed escursione articolare, contrattura in flessione, incapacità di elevare l’arto con ginocchio perfettamente esteso e allineamento erroneo. Così, 100 punti verranno ottenuti da un ginocchio bene allineato con assenza di dolore, 125 gradi di movimento e instabilità antero-posteriore e mediolaterale trascurabile. La funzionalità del ginocchio dei pazienti considera solamente l’intervallo di marcia libero, il superamento delle scale e ausilii di deambulazione. Il massimo punteggio funzionale, che à ̈ anch’esso pari a 100, à ̈ ottenuto da un paziente in grado di camminare per una distanza illimitata e di salire e scendere normalmente le scale. Il modulo stesso à ̈ altamente intuitivo: 50 punti sono assegnati al dolore, 25 alla stabilità e 25 all’escursione articolare. La capacità di deambulare à ̈ espressa in blocchi (circa 100 metri). Il superamento delle scale à ̈ considerato normale se il paziente à ̈ in grado di salire e scendere le scale senza appoggiarsi al corrimano, ed à ̈ esso stesso altamente intuitivo: 50 punti sono assegnati al dolore, 25 alla stabilità, e 25 all’escursione articolare (54).
Valutazione radiologica
I pazienti sono stati classificati secondo la scala di Kellgren e Lawrence (K&L) per la valutazione radiologica della PDA.
La scala definisce quattro gradi di patologia per l’OA: Grado I: restringimento dubbio dello spazio articolare e possibile osteofitosi marginale. Grado II: osteofiti definiti, definito restringimento dello spazio articolare. Grado III: molteplici osteofiti minuti, definito restringimento dello spazio articolare, sclerosi e possibile deformità del contorno osseo (pre-anchilosi). Grado IV: osteofiti grandi, marcato restringimento dello spazio articolare, sclerosi grave e deformità del contorno osseo (anchilosi) (55,56).
Le visite di controllo sono state condotte entro 6-12 mesi (breve termine) e 24-48 mesi (lungo termine) con questionari WOMAC, punteggio della funzionalità dell’anca secondo Harris e/ il punteggio della funzionalità del ginocchio secondo la Knee Society, scala di Kellgren e Lawrence (K&L) per la valutazione radiologica.
I dati sono stati espressi come media ± SD e un’analisi statistica à ̈ stata condotta mediante il test t di Student. Le differenze sono state considerate significative al livello di p<0,01. L’analisi statistica à ̈ stata condotta usando il software GraphPad Instat (GraphPad Software, Inc; San Diego, CA, USA).
Risultati
Da gennaio 2003 a giugno 2009 abbiamo trattato due gruppi di pazienti affetti da PDA dell’anca o/e del ginocchio. Il primo gruppo (I) era composto da 86 pazienti, dei quali 49 erano femmine e 37 maschi. L’età media era di 83 (intervallo di 80-91) (Tab. 1). Il numero totale di articolazioni trattate à ̈ stato pari a 123, di cui 63 ginocchia e 60 anche. 74 pazienti sono stati monitorati con visite di controllo, effettuate da 6 a 48 mesi, 43 sono arrivati alla soglia del lungo termine (24-48 mesi). 12 pazienti hanno mancato la visita di controllo (Tab. 2). Il numero totale di procedure terapeutiche effettuate sui 86 pazienti à ̈ stato di 943 e la percentuale di risposta alla procedura terapeutica à ̈ stata del 92%.13 pazienti sono stati trattati in tempi diversi sulla stessa articolazione e 33 pazienti sono stati trattati in più di un’articolazione. In quest’ultimo caso, i risultati sono stati analizzati separatamente. 34 pazienti hanno seguito una fisioterapia.
Il secondo gruppo (II) era composto da 90 pazienti, di cui 51 femmine e 39 maschi. L’età media era di 51 (intervallo di 45-55) (Tab. 1). Il numero totale di articolazioni trattate à ̈ stato 93, delle quali 44 ginocchia e 49 anche. 80 pazienti sono stati monitorati con visite di controllo da 6 a 48 mesi, 52 sono arrivati alla soglia del lungo termine (24-48 mesi). 10 pazienti sono mancati all’analisi di progressione (follow up) (Tab. 2). Il numero totale di procedure terapeutiche eseguite sui 90 pazienti à ̈ stato di 800 e la percentuale di risposta alla procedura terapeutica à ̈ stata del 91%. 11 pazienti sono stati trattati in tempi diversi sulla stessa articolazione e 3 pazienti sono stati trattati in più di un’articolazione. In quest’ultimo caso, i risultati sono stati analizzati separatamente.
63 pazienti hanno seguito una fisioterapia. 21 pazienti sono stati sottoposti ad artroscopia del ginocchio prima di essere trattati. A 8 pz era stata impiantata una protesi durante le visite di controllo o successivamente alla loro conclusione.
Come complicanza, riportiamo unicamente infezioni sottocutanee delle lesioni nell’1,2% di tutti i pazienti.
I risultati dei questionari sono stati espressi come valori medi delle valutazioni di base, a breve e a lungo termine, come mostrato nella Tab. 3. I risultati delle valutazioni radiologiche espressi sulla scala di Kellgren e Lawrence per le visite di controllo di base, a breve e a lungo termine, sono riportati nella Tab.4; figure 1, 2, 3, 4, 5, 6.
I risultati del questionario WOMAC in entrambi i gruppi, rispettivamente per l’anca e il ginocchio, hanno mostrato, dopo il trattamento nel breve termine, un evidente miglioramento clinico in termini di dolore percepito sia a riposo che sotto stress, di mobilità articolare e anche di stabilità. Questi risultati sono confermati nel lungo termine (figure 7, 8).
Il punteggio della funzionalità dell’anca secondo Harris e il punteggio della funzionalità del ginocchio secondo la Knee Society, che sondano con un criterio oggettivo lo stato clinico del paziente, mostrano miglioramenti sostanziali, coerenti con il WOMAC sia nel breve sia nel lungo termine per gruppi I e II (figure 9, 10, 11). In particolare, per il punteggio della funzionalità del ginocchio secondo la Knee Society che valuta le prestazioni funzionali del ginocchio, possiamo osservare che tale parametro migliora con la stessa rapidità dell’esame cinico oggettivo (figura 11).
I pazienti di entrambi i gruppi che avevano una regressione di stadio determinata radiologicamente da G IV a G III secondo la scala K&L hanno mostrato nell’analisi di progressione (follow–up) un punteggio WOMAC medio che à ̈ più alto sia rispetto ai pazienti con regressione di stadio da G III a G II sia, principalmente, rispetto al sottogruppo di pazienti con stadio secondo K&L invariato. Questa evidenza à ̈ statisticamente significativa nel gruppo I tra gli stadi G IV/GIII e il sottogruppo di pazienti invariati (figura 12).
Tabella 1.
Caratteristiche cliniche dei pazienti.
Gruppo I Gruppo II
Pazienti (n= 86); Assenti<*>(n=12) Pazienti (n= 90); Assenti<*>(n=10) Età media (anni) 83 Età media (anni) 51 Maschi/Femmine 37/49 Maschi/Femmine 39/51 Articolazione anca/ginocchio Articolazione anca/ginocchio trattata trattata
<*>Pazienti assenti: sono deceduti durante il trattamento; non hanno risposto al trattamento; mancata presenza all’analisi di progressione (follow up)
Tabella 2.
Pazienti assenti
Gruppo I Gruppo II
Pazienti (n= 86); Assenti (n=12) Pazienti (n= 90); Assenti (n=10) Non responsivi 5 Non responsivi 8 Assenti al follow up 5 Assenti al follow up 2 Deceduti durante il Deceduti durante il
2 0 trattamento trattamento
Tabella 3. Valutazione e classificazione clinica media di riferimento prima e dopo il trattamento.
Gruppo I
Classificazioni Punteggio Punteggio Punteggio medio di base<a>medio a breve medio a lungo termine<b>termine<c>
WOMAC 31,3 75,2 73,7
Anca secondo Harris 22,5 64,4 63,6
Knee Society 35,4 76 74,8 Funzionalità secondo 25,1 54,4 53,7
Knee Society
Gruppo II
Classificazioni Punteggio Punteggio Punteggio medio di base<a>medio a breve medio a lungo termine<b>termine<c>
WOMAC 31 78,5 75,5
Anca secondo Harris 22 67 65
Knee Society 36 76 75 Funzionalità secondo 25 60 58
Knee Society
<a>punteggio di base: prima del trattamento.
<b>punteggio a breve termine: entro 6-12 mesi dal trattamento.
<c>punteggio a lungo termine: entro 24-48 mesi dal trattamento.
Tabella 4. Scala di Kellgren e Lawrence (K&L).
Gruppo I
Punteggio di Punteggio a Punteggio a base<a>breve termine<b>lungo termine<c>54 pazienti GIII 7 pazienti GII 4 pazienti GII 32 pazienti GIV 23 pazienti GIII 14 pazienti GIII
Gruppo II
Punteggio di Punteggio a Punteggio a base<a>breve termine<b>lungo termine<c>50 pazienti GIII 21 pazienti GII 16 pazienti GII 30 pazienti GIV 20 pazienti GIII 14 pazienti GIII
<a>punteggio di base: prima del trattamento.
<b>punteggio a breve termine: entro 6-12 mesi dal trattamento.
<c>punteggio a lungo termine: entro 24-48 mesi dal trattamento.
Figura 1. Anca destra
A) IV grado K&L prima del trattamento
B) III grado K&L dopo il trattamento (visita di controllo a 6 mesi)
Figura 2 Ginocchio sinistro
A) III grado K&L prima del trattamento
B) II grado K&L dopo il trattamento (visita di controllo a 20 mesi)
Figura 3. Anca destra
A) IV grado K&L prima del trattamento
B) III grado K&L dopo il trattamento (visita di controllo a 43 mesi)
Figura 4. Ginocchio destro
condrocalcinosi grave in PDA
A) prima del trattamento
B) dopo il trattamento (visita di controllo a 6 mesi). Era stato trattato principalmente il comparto mediale del ginocchio
Figura 5. Ginocchio sinistro
A) III grado K&L prima del trattamento
B) II grado K&L dopo il trattamento (visita di controllo a 7 mesi)
Figura 6. Ginocchio destro
A) III grado K&L prima del trattamento
B) III grado K&L dopo il trattamento (visita di controllo a 8 mesi). Il miglioramento clinico à ̈ stato più evidente di quello radiologico.
Figura 7
Punteggio WOMAC per l’anca prima e dopo il trattamento a breve e a lungo termine
I dati sono stati espressi come media ± SD. Le differenze sono state considerate significative al livello di p<0,01
â–¡W-bs = punteggio di base WOMAC
â– Ws = punteggio WOMAC (a breve/lungo termine)
Figura 8
Punteggio WOMAC per il ginocchio prima e dopo il trattamento a breve e a lungo termine
I dati sono stati espressi come media ± SD. Le differenze sono state considerate significative al livello di p<0,01
â–¡W-bs = punteggio di base WOMAC
â– Ws = punteggio WOMAC (a breve/lungo termine)
Figura 9
Punteggio della funzionalità dell’anca secondo Harris prima e dopo il trattamento a breve e a lungo termine. I dati sono stati espressi come media ± SD
Le differenze sono state considerate significative al livello di p<0,01
□ HH-bs = Punteggio di base della funzionalità dell’anca secondo Harris
■ HHs = Punteggio della funzionalità dell’anca secondo Harris (a breve/lungo termine)
Figura 10
Punteggio della funzionalità del ginocchio secondo la Knee Society prima e dopo il trattamento a breve e a lungo termine.
I dati sono stati espressi come media ± SD. Le differenze sono state considerate significative al livello di p<0,01
â–¡ KS-bs = Punteggio di base secondo la Knee Society
■ KSs = Punteggio della funzionalità del ginocchio secondo la Knee Society (a breve/lungo termine)
Fig. 11
Punteggio della funzionalità del ginocchio secondo la Knee Society prima e dopo il trattamento a breve e a lungo termine
I dati sono stati espressi come media ± SD. Le differenze sono state considerate significative al livello di p<0,01
□ KS-fbs = Punteggio di base della funzionalità del ginocchio secondo la Knee Society
■ KS fs = Punteggio della funzionalità del ginocchio secondo la Knee Society (a breve/lungo termine)
Fig. 12
Correlazione tra la classificazione WOMAC e la scala di Kellgren e Lawrence. Le colonne rappresentano il rapporto medio Ws/W-bs in relazione sia a regressione di stadio sia a mantenimento della scala di K&L.
I dati sono stati espressi come media ± SD. Le differenze sono state considerate significative al livello di p<0.05
Discussione
La nostra esperienza clinica nell’uso di amnios non vitale e Pdrn nella PDA ha portato allo sviluppo di una nuova sostanza atta a stimolare le cellule staminali articolari native nel tentativo di rigenerare il tessuto consumato.
Abbiamo provato a creare un microambiente rigenerativo durevole sulle cellule staminali locali formato da una tasca creata chirurgicamente ricca di prodotti di necrosi e carente in ossigeno. Questa condizione à ̈ utile per attivare i meccanismi riparativi locali attraverso GF locali e altri attivatori biochimici (VEGF, FGF 1-2, TGF-beta1, HIF alfa, PDGF). La tasca creata chirurgicamente deve essere riempita con un gel riparatore che à ̈ una miscela concentrata di proteine denaturate (HSP) e Pdrn. Questa matrice di gel, attraverso i suoi componenti attivi, à ̈ stata in grado di unire a racolta il TGF-beta 1 e altri GF già circolanti, rendendo superfluo l’inoculo di costosi fattori di crescita sintetici.
Per questi dati sono stati presi in esame due gruppi di pazienti. Un primo gruppo (I) era composto da ultraottuagenari stimati ad alto rischio chirurgico e un secondo gruppo (II) comprendeva pazienti giovani (45 - 55 anni di età). Entrambi i gruppi non erano trattabili con la terapia usuale. Tutti i pazienti sono stati trattati con infiltrazioni periarticolari topiche di gel riparatore.
La raccolta dei dati ha avuto inizio da una valutazione basata su questionari che ha aiutato a tenere traccia delle sensazioni del paziente relativamente all’articolazione e della sua capacità di svolgere la normale attività fisica relativamente al dolore e alla funzionalità utile all’autonomia quotidiana. L’analisi statistica dei risultati mostra un significativo miglioramento del dolore e della mobilità articolare (Tab. 3) e tali miglioramenti sono simili in entrambi i gruppi e piuttosto stabili nel tempo (figure 7, 8 ,9 ,10 ,11 ,12).
Le modificazioni apprezzabili radiologicamente sono state misurate secondo la scala di Kellgren e Lawrence. Nel gruppo (I), 30 pazienti su 74 (41%) della scala di Kellgren e Lawrence hanno cambiato il grado, con direzione verso una regressione dello stadio della patologia: 7 dal grado III al II e 23 dal grado IV al III (Tab 4). Nel gruppo (II) 41 pazienti su 80 (51%) hanno presentato una regressione di stadio della PDA: 21 dal grado III al II e 20 dal grado IV al III (Tab 4). Questi risultati, pur incoraggianti, offrono un quadro soltanto parziale. È impossibile catturare con la tradizionale analisi radiologica ogni minima modificazione che ha un forte significato biologico e clinico, dato che l’impatto si ha perlopiù sul comparto fibrocartilagineo e sul tessuto capsulo-ligamentoso. Tuttavia, i pazienti che hanno esibito una regressione del grado secondo K&L sono sembrati mostrare i risultati clinici migliori durante le visite di controllo a lungo termine. Confrontando i risultati delle scale WOMAC e K&L (figura 12) possiamo notare un’evidente correlazione tra i miglioramenti strutturali e quelli clinici. In più, i pazienti di entrambi i gruppi con miglioramento anatomico maggiore hanno risultati clinici più stabili nel lungo termine.
La domanda che ci si pone à ̈: che cosa di fatto à ̈ causa dei summenzionati miglioramenti clinici e radiologici in entrambi i gruppi di pazienti?
Sembrerebbe che i risultati in termini di riduzione del dolore e miglioramento della funzionalità articolare scaturiscano da un miglioramento relativamente stabile della biomeccanica articolare indotta dal gel sulle aree trattate. L’ipotesi à ̈ che un’azione prolungata di stimolo proliferativo e differenziativo di polidesossiribonucleotidi, Hsp e di altri fattori di crescita sulle cellule blastiche nel territorio periarticolare, insieme alla funzione di impalcatura che il gel potrebbe avere sulle cellule staminali attivate, produca un cambiamento strutturale dell’articolazione. Ciò à ̈ confermato dalla migliorata flessibilità articolare che si accompagna alla riduzione del dolore. Questa flessibilità sembra essere causata da una modificazione tissutale che si traduce in una maggiore cedevolezza del tessuto della borsa legamentosa, che riduce a sua volta la pressione intraarticolare.
La radiologia convenzionale mostra un aumento di spessore dello strato di tessuto molle in 30 casi su 74 e in 51 su 80 rispettivamente nel primo e nel secondo gruppo. Questi pazienti, a loro volta, mostrano migliori risultati complessivi nel lungo termine. In altri casi, la MR mostra che l’intensità del segnale della neomatrice à ̈ simile a quello prodotto dallo strato interarticolare fibrocartilagineo. Inoltre, i limiti della radiologia convenzionale nell’evidenziare le modificazioni strutturali del tessuto molle risultano evidenti quando si confrontino fra loro immagini Rx e MR dello stesso paziente. Riteniamo che le maggiori specificità e sensibilità della MR aumenteranno la percentuale di pazienti che mostrano una regressione di stadio, una volta introdotti criteri standard (figura 13). Data l’assenza ad oggi di un criterio standard per la MR, questi dati non possono essere campionati statisticamente e usati in questo studio, ma solamente mostrati come case report.
L’interpretazione istologica di questo miglioramento articolare radiologico e strutturale espresso come aumento di spessore dello strato radiotrasparente tra le articolazioni maggiori deve essere ancora considerata. A questo proposito, à ̈ nostra intenzione indagare tale questione in un futuro studio sperimentale.
Figura 13
Rx rispetto a MR di un paziente di 53 anni prima e dopo il trattamento. In queste figure comparative, à ̈ mostrato il ginocchio destro di un uomo sottoposto a trattamento con gel riparatore perlopiù sul comparto mediale dell’articolazione.
L’imaging (visualizzazione) a raggi X non varia dal 2005 al 2010 e anche la scala K&L à ̈ stazionaria. Invece, dal confronto delle immagini MR prima e dopo il trattamento, appaiono chiari il recupero di spessore nello strato di tessuto molle e un importante miglioramento del danno osseo, essendo scomparsi l’erosione e il midollo pseudocistico.
Conclusione
Questo studio suggerisce un nuovo approccio al trattamento della PDA basato sulla stimolazione di cellule staminali locali native intesa al ripristino tissutale.
Attualmente il trattamento della PDA Ã ̈ limitato alle seguenti scelte terapeutiche:
FANS, steroidi e analgesici
Trattamento topico, come ultrasuoni, laser, elettroforesi, ecc.
Fisioterapia
Chirurgia (artroscopia, protesi)
Il trattamento chirurgico à ̈ stato lo standard di riferimento per la malattia degenerativa in fase avanzata.
I vantaggi della procedura delineata sono:
minima invasività
accettazione da parte dei pazienti e fiducia nella procedura
possibilità di somministrare contemporaneamente altre terapie
metodo procedurale semplice, applicabile su quasi tutte le aree articolari netto vantaggio economico
nessun effetto collaterale, nessuna tossicità, nessuna importante complicanza.
La nostra procedura costituirebbe una proposta nuova e ancora in via di sviluppo per il trattamento della PDA in qualsiasi stadio della patologia, dall’infiammazione cronica alla degenerazione e anchilosi. Qualora ulteriori analisi confermerassero le nostre scoperte, sarebbe lecito ritenere di essere ad un passo dalla messa a punto di un procedimento terapeutico in grado di migliorare la qualità di vita dei pazienti in termini di funzionalità articolare e riduzione del dolore, e di garantire al sistema sanitario un risparmio in termini economici dell’ordine di milioni. Dato che questa procedura non richiede alcun investimento e potrebbe essere eseguita dalla maggior parte dei medici a fronte di una minima formazione, si delinea la possibilità di una sua rapida diffusione in una popolazione in crescente invecchiamento.
Abbreviazioni
ASA = American Society of Anesthesiologists Classification of Preoperative Risk;
PDA = Artropatia degenerativa;
HH-bs = Punteggio di base della funzionalità dell’anca secondo Harris;
HHs = Punteggio della funzionalità dell’anca secondo Harris (a breve/lungo termine);
KS-bs = Punteggio di base secondo la Knee Society;
KSs = Punteggio della funzionalità del ginocchio secondo la Knee Society (a breve/lungo termine);
KS-fbs = Punteggio della funzionalità del ginocchio secondo la Knee Society; KSfs = Punteggio della funzionalità del ginocchio secondo la Knee Society (a breve/lungo termine);
K&L = scala di Kellgren e Lawrence;
MR = risonanza magnetica;
FANS = farmaci antinfiammatori non steroidei;
OA = osteoartrite;
Pdrn = polidesossiribonucleotidi;
pz = pazienti;
WOMAC = Università di Western Ontario and McMaster;
W-bs = punteggio WOMAC di base;
Ws = punteggio WOMAC (a breve/lungo termine);
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Claims (13)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Componente ematico comprendente almeno un componente cellulare del sangue e almeno una heat shock protein (HSP) ottenibile mediante a) trattamento termico ad una temperatura compresa tra – 10 e - 50 °C per almeno 12-16 ore, seguito da b) trattamento termico ad una temperatura compresa tra 100 e 200 °C per un tempo compreso tra 60 e 200 minuti.
  2. 2. Componente ematico secondo la rivendicazione 1, in cui il componente ematico à ̈ sangue.
  3. 3. Componente ematico secondo la rivendicazione 2 in cui il sangue à ̈ autologo.
  4. 4. Composizione comprendente almeno una heat shock protein (HSP) e un componente ematico secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 1 a 3, in cui detto componente ematico à ̈ in forma fluida.
  5. 5. Composizione secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 1 a 4 comprendente ulteriormente PDRN.
  6. 6. Composizione secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 1 a 5 comprendente ulteriormente un addensante.
  7. 7. Composizione secondo la rivendicazione 6 in cui l’addensante à ̈ scelto nel gruppo consistente di glicerolo, colla di pesce, glicole polietilenico, agar-agar, cellulosa, farina di carrube, alginato di sodio, carragenine, pectine, gomma adragante gomma arabica, gomma tara, gomma konjac, gomma xanthan, gomma gellano, cellulosa microcristallina, metilcellulosa, fosfati, polifosfati e amidi, proteoglicani e acido ialuronico.
  8. 8. Composizione secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 5 a 7 sotto forma di gel.
  9. 9. Composizione secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 4 a 6 comprendente ulteriormente cellule staminali mesenchimali.
  10. 10. Uso del componente ematico secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 1 a 3 oppure della composizione di una qualsiasi delle rivendicazioni 4-9, per la preparazione di un medicamento per il trattamento della patologia degenerativa articolare non autoimmune.
  11. 11. Procedimento per la preparazione della composizione delle rivendicazioni 4-9 comprendente i seguenti stadi: a) diluizione di almeno una heat shock protein (HSP) e/o PDRN con il componente ematico come descritto nella rivendicazione 1; b) eventuale aggiunta di addensante alla composizione ottenuta in a) e successiva miscelazione; c) disposizione della composizione ottenuta in b) in piastre sterili e successivo trattamento per almeno 12-16 ore, ad una temperatura compresa tra – 10 e - 50 °C; d) sterilizzazione a una temperatura compresa tra 100 e 200 °C per un tempo compreso tra 60 e 200 minuti.
  12. 12. Procedimento per la preparazione della composizione della rivendicazione 9 comprendente i seguenti stadi: a) Diluizione di almeno una heat shock protein (HSP) e/o PDRN con il componente ematico come descritto nella rivendicazione 1; b) sterilizzazione a una temperatura compresa tra 100 e 200 °C per un tempo compreso tra 60 e 200 minuti; c) aggiunta di cellule staminali mesenchimali alla composizione ottenuta in b).
  13. 13. Kit formato dalla composizione di una qualsiasi delle rivendicazioni da 1 a 9 e mezzi per la somministrazione intra-articolare e peri-articolare.
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