ITRE20130095A1 - Macchina diagnostica automatica e metodo di funzionamento della stessa - Google Patents

Macchina diagnostica automatica e metodo di funzionamento della stessa

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ITRE20130095A1
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IT
Italy
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insemination
diagnostic
machine
diagnostic plate
plate
Prior art date
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IT000095A
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English (en)
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Fabio Borziani
Stefano Giacomucci
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Spire S R L
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Description

DESCRIZIONE
del Brevetto Italiano per Invenzione Industriale dal titolo:
“MACCHINA DIAGNOSTICA AUTOMATICA E METODO DI FUNZIONAMENTO
DELLA STESSA”
CAMPO TECNICO
La presente invenzione riguarda una macchina diagnostica automatica, più in particolare una macchina diagnostica automatica per la diagnostica di campioni biologici secondo la metodologia denominata Enzyme-Linked ImmunoSorbent Assay (ELISA), ad esempio per la rilevazione di allergie ed intolleranze in campioni biologici.
TECNICA PREESISTENTE
Come è noto il metodo ELISA è un versatile metodo d'analisi immunoenzimatica usato in biochimica per rilevare la presenza di una specie chimica usando uno o più anticorpi, ad uno dei quali è legato un enzima. La sostanza da rilevare può essere un antigene relativo ad un agente patogeno. Il metodo ELISA trova anche ampio uso per accertare la presenza di anticorpi contro un determinato antigene, ad esempio per accertarsi se c'è stata un'esposizione ad un determinato patogeno, nonché per la rilevazione di determinate allergie e/o intolleranze alimentari.
Il metodo consiste essenzialmente nel predisporre una piastra diagnostica dotata di pozzetti sul cui fondo possono essere fissati antigeni specifici per l'anticorpo che si vuole misurare ed un campione biologico, come ad esempio sangue o siero. Innanzitutto, si procede con l’immissione del siero o di un dato liquido biologico nel pozzetto. Il fondo del pozzetto viene saturato con l'anticorpo presente nel campione biologico che va ad interagire con l’antigene fissato al fondo dei pozzetti.
Trascorso un opportuno tempo di incubazione in cui l'anticorpo, se presente, si lega specificamente con l'antigene, si procede al lavaggio del pozzetto con soluzione tampone.
Successivamente, viene dispensato nel pozzetto un anticorpo secondario, che può essere rappresentato da un anticorpo anti-immunoglobuline umane, solitamente ottenuto da animali. L'anticorpo secondario si lega selettivamente all'anticorpo da misurare, se presente, durante un ulteriore periodo di incubazione e successivamente, previo lavaggio del pozzetto, si procede con la dispensazione nel pozzetto di un reagente colorante.
Dopo un determinato tempo di incubazione si deve aggiungere un secondo reagente allo scopo di bloccare la prima reazione e successivamente si procede con la lettura del risultato, ad esempio attraverso uno spettrofotometro.
Attualmente, le macchine per la diagnostica che seguono il metodo ELISA non sono completamente automatizzate, ma richiedono l’intervento umano per diverse delle suddette fasi. Inoltre, essendo i tempi di incubazione per alcune delle suddette fasi particolarmente lunghi, essi comportano un limite notevole nella capacità e nella operatività della macchina.
Inoltre, le macchine per la diagnostica attualmente note necessitano l’esecuzione, da parte del personale addetto al caricamento della macchina e all’esecuzione del test, di calcoli sui tempi di inattività nella macchina in funzione del numero di test che la macchina può eseguire in una sessione di lavoro, nonché dello spazio necessario per i campioni e per le piastre diagnostiche per l’esecuzione di una sessione di lavoro della macchina.
La coordinazione della permanenza all’interno della macchina dei campioni e dell’esecuzioni delle fasi del metodo ELISA, in cui i tempi nelle fasi di incubazione possono variare da pochi minuti (es. 10’) fino anche ad un’ora, è cruciale per la buona riuscita del test e per una buona efficienza della macchina.
Uno scopo della presente invenzione è quello di superare i menzionati inconvenienti della tecnica nota, nell’ambito di una soluzione semplice, razionale e dal costo contenuto.
Uno scopo, quindi, dell’invenzione è quello di rendere disponibile una macchina diagnostica per l’esecuzione della metodologia ELISA che sia completamente automatizzata e che permetta l’ottimizzazione degli spazi nella macchina nonché del numero di test eseguibili nel tempo effettivo di una sessione di lavoro.
Tali scopi sono raggiunti dalle caratteristiche dell’invenzione riportate nella rivendicazione indipendente. Le rivendicazioni dipendenti delineano aspetti preferiti e/o particolarmente vantaggiosi dell’invenzione.
<ESPOSIZIONE DELL>’<INVENZIONE>
L’invenzione, particolarmente, rende disponibile una macchina diagnostica automatica che comprende un involucro scatolare al cui interno è ricavata una prima zona di immagazzinamento di una pluralità di campioni biologici, almeno una seconda zona di immagazzinamento di una pluralità di piastre diagnostiche e almeno una zona di inseminazione dotata di mezzi di inseminazione atti a prelevare una porzione di un campione e iniettarlo su almeno una porzione di una piastra diagnostica.
Secondo l’invenzione la macchina comprende una pluralità di zone di inseminazione, ad esempio in numero di due, tra loro indipendenti e atte ad operare su rispettivi ulteriori campioni e piastre diagnostiche.
Grazie a tale soluzione è possibile ottimizzare le tempistiche delle varie fasi operative della macchina, in pratica rendendo possibile l’esecuzione di un elevato numero di test per ogni sessione di lavoro della macchina e aumentando così la capienza sia dei primi che dei secondi mezzi di immagazzinamento, senza compromettere l’integrità dei campioni biologici da analizzare.
Un aspetto dell’invenzione prevede che ciascuna zona di inseminazione comprende almeno una piattaforma dotata di due orme rispettivamente atta a sostenere in appoggio, durante le fasi di inseminazione della piastra diagnostica, almeno un campione (o ad esempio un serbatoio di liquido come meglio apparirà nel seguito) e almeno una piastra diagnostica.
Ancora, un aspetto dell’invenzione prevede che i mezzi di inseminazione di ciascuna zona di inseminazione comprendano almeno un ago per l’inseminazione, ovvero adatto a prelevare, tramite la sua connessione ad un circuito idraulico di controllo, una prima quantità dosata di liquido e ad erogare una seconda quantità di detto liquido prelevato.
Vantaggiosamente, poi, i mezzi di inseminazione di ciascuna zona di inseminazione comprendono almeno una torretta di movimentazione dell’ago tra una prima posizione, in cui l’ago è sovrapposto in pianta alla seconda orma, ovvero al campione (o al serbatoio) posto sulla piattaforma ed una seconda posizione in cui è sovrapposto in pianta alla prima orma, ovvero alla piastra diagnostica posta su di essa.
Un aspetto ulteriore dell’invenzione prevede che ciascuna zona di inseminazione comprende una stazione di lavaggio dei mezzi di inseminazione.
Grazie a tale soluzione è possibile rendere disponibile velocemente e in modo sicuro per un nuovo campione (e/o un nuovo liquido di reazione) i mezzi di inseminazione, ad esempio l’ago, velocizzando al contempo le fasi inattive della macchina e quindi l’efficienza della macchina stessa. Vantaggiosamente, la stazione di lavaggio comprende almeno una vasca di lavaggio, in cui l’ago è atto ad essere inserito (ed immerso in un liquido di lavaggio contenuto al suo interno) per un ciclo di lavaggio dello stesso, ad esempio per il lavaggio dell’esterno e dell’interno dell’ago stesso.
Grazie a tale soluzione, la fase di lavaggio è particolarmente efficace e veloce.
Un aspetto ancora dell’invenzione prevede che la macchina comprenda mezzi di prelievo e trasporto, i quali sono configurati in modo da prelevare selettivamente un campione e una piastra diagnostica, rispettivamente, almeno da detta prima zona di immagazzinamento e detta seconda zona di inseminazione e trasportare gli stessi almeno ad una delle zone di inseminazione (e viceversa all’occorrenza).
Grazie a tale soluzione, tutte le operazioni di movimentazione dei campioni (e/o dei serbatoi) e delle piastre diagnostiche all’interno dell’involucro scatolare della macchina sono automatizzate e demandate a tali mezzi di prelievo e trasferimento.
Inoltre, i mezzi di prelievo e trasferimento sono configurati in modo da ottimizzare le fasi di carico/scarico delle piattaforme delle (due) zone di inseminazione, in particolare, caricando la piattaforma che via via diviene disponibile e scaricando quella che ha ultimato la fase di inseminazione (o altre fasi che dovessero intervenire sulla piastra diagnostica).
Un ulteriore aspetto dell’invenzione prevede che la macchina comprende uno strumento di lavaggio della piastra diagnostica, utile per l’esecuzione delle fasi di lavaggio (con soluzione tampone) previste dalla metodologia ELISA, e/o uno strumento di rilevazione (ad esempio uno spettrofotometro) responsabile dell’analisi vera e propria e della fornitura dell’esito della stessa.
Un aspetto ulteriore dell’invenzione rende disponibile un metodo per la gestione delle fasi operative per l’esecuzione di test diagnostici su campioni biologici, ad esempio secondo la metodologia ELISA, di una macchina come sopra descritta, dotata di una unità di controllo e comando che ne controlla la strumentazione, che comprende le fasi di:
- disporre di una pluralità di campioni posti in una prima zona di immagazzinamento all’interno dell’involucro scatolare della macchina;
- disporre di una pluralità di piastre diagnostiche posti in una seconda zona di immagazzinamento all’interno dell’involucro scatolare della macchina;
- prelevare, mediante mezzi di prelievo e trasferimento operativamente collegati a detta unità di controllo e comando, almeno un primo campione e una prima piastra diagnostica per portarli ad una prima zona di inseminazione posta all’interno dell’involucro scatolare;
- prelevare, mediante detti mezzi di prelievo e trasferimento, almeno un secondo campione e una seconda piastra diagnostica per portarli ad una ulteriore zona di inseminazione posta all’interno dell’involucro scatolare.
Grazie a tale soluzione è possibile conseguire i risultati e i vantaggi già enunciati per la macchina diagnostica automatica oggetto dell’invenzione e sopra descritta. BREVE DESCRIZIONE DEI DISEGNI
Ulteriori caratteristiche e vantaggi dell’invenzione risulteranno evidenti dalla lettura della descrizione seguente fornita a titolo esemplificativo e non limitativo, con l’ausilio delle figure illustrate nelle tavole allegate. La figura 1 è una vista assonometrica da sinistra di una macchina diagnostica automatica, secondo l’invenzione.
La figura 2 è una vista assonometrica da destra di figura 1. La figura 3 è una vista di figura 1 ove è stato rimosso lo sportello superiore.
La figura 4 è un particolare ingrandito dei mezzi di prelievo e trasferimento, in particolare dell’organo di presa, di figura 3.
La figura 5 è una vista assonometrica di una piastra diagnostica utilizzabile in una macchina diagnostica secondo l’invenzione.
La figura 6 è una vista assonometrica di una rastrelliera di provette utilizzabile in una macchina diagnostica secondo l’invenzione.
La figura 6a è una vista assonometrica di un serbatoio utilizzabile in una macchina diagnostica secondo l’invenzione.
La figura 7 è una vista di figura 2 ove è stato rimosso lo sportello superiore.
La figura 8 è una vista frontale di figura 3.
La figura 9 è una vista dall’alto di figura 3.
<MODO MIGLIORE PER ATTUARE L>’<INVENZIONE>
Con particolare riferimento a tali figure, si è indicato globalmente con 10 una macchina diagnostica automatica, ad esempio per l’esecuzione di test allergologici o simili, secondo la metodologia ELISA.
La macchina diagnostica 10 comprende un involucro scatolare 11, ad esempio dotato di usuali appoggi al suolo.
L’involucro scatolare 11 ad esempio definisce un ripiano 12, sostanzialmente orizzontale, atto a suddividere il volume interno dell’involucro scatolare stesso in due ambienti 13,14 sostanzialmente separati, di cui un ambiente superiore 13 e un ambiente inferiore 14.
L’involucro scatolare 11 comprende almeno uno sportello superiore 15 atto a chiudere l’ambiente superiore 13 e atto ad essere aperto per ispezione/manutenzione della macchina 10.
Ad esempio, lo sportello superiore 15 comprende almeno una porzione otticamente trasparente, in modo che dall’esterno dell’involucro scatolare 11 si possa vedere l’interno dell’ambiente superiore 13.
L’involucro scatolare 11 comprende, inoltre, almeno uno sportello inferiore 16 (nell’esempio in numero di 2) atto a chiudere l’ambiente inferiore 14 e atto ad essere aperto per ispezione/manutenzione della macchina 10, ad esempio di quanto contenuto all’interno dell’ambiente inferiore stesso, che verrà descritto nel seguito.
La macchina 10 comprende, inoltre, una unità di controllo e comando, ad esempio del tipo di un computer (non mostrato nelle figure) dotato di mezzi di memorizzazione e mezzi di elaborazione di dati, informazioni e segnali, il quale ad esempio è posto all’interno dell’involucro scatolare 11, ad esempio in corrispondenza dell’ambiente inferiore 14.
L’involucro scatolare 11 comprende, inoltre, una stazione di carico 17 di almeno un campione biologico da analizzare.
Il campione biologico da analizzare, nell’esempio, è un contenuta quantità di siero o sangue, contenuto in una provetta indicata genericamente con la lettera T.
La provetta T è poi inserita in una rastrelliera 20 porta provette atta a contenere una pluralità di provette T.
Nell’esempio illustrato la rastrelliera 20 è formata da un corpo di supporto 21 dotato di una pluralità di cavità 22 cilindriche aperte superiormente entro ciascuna delle quali è atta ad essere accolta una provetta T.
Il corpo di supporto 21, nell’esempio, comprende una fila di cavità 22, ad esempio in numero di 6 (non si esclude che esse possano essere in numero diverso e poste ad esempio su più file).
Inoltre, ciascuna cavità 22 comprende almeno una feritoia 23 passate attraverso il corpo di supporto 21 in direzione trasversale (orizzontale) ortogonale all’asse di allineamento delle cavità 22.
Il corpo di supporto 21 comprende, inoltre, due scanalature longitudinali 24, ad esempio poste alla base del corpo di supporto stesso, parallele alla direzione di allineamento delle cavità 22.
La stazione di carico 17 è mobile alternativamente tra una posizione estratta (si veda il tratteggio di figura 2), in cui è posta al di fuori dell’involucro scatolare 11 ed in particolare dell’ambiente superiore 13, ed una posizione retratta (si vedano tutte le figure), in cui è posta internamente all’involucro scatolare 11, ovvero all’interno dell’ambiente superiore 13.
La stazione di carico 17 comprende un cassetto 170, il quale è associato mobile, ad esempio scorrevolmente, ad una parete dell’involucro scatolare 11, ad esempio la parete frontale dello stesso al di sopra del ripiano 12.
Il cassetto 170 comprende un pianale 171 sostanzialmente orizzontale, ad esempio posto superiormente al ripiano 12 e ad esso sostanzialmente parallelo, e una parete di tamponamento 172, sostanzialmente in squadro con il pianale 171 e atta ad occludere una apertura di accesso praticata nella parete dell’involucro scatolare 11.
Sulla parete di tamponamento 172, ad esempio, è definita almeno un’impugnatura atta ad agevolare, se necessario, la movimentazione del cassetto 17.
Sul pianale 171 è definita una prima impronta atta all’alloggiamento di almeno una provetta T in appoggio sul pianale stesso.
Nell’esempio la prima impronta è definita da una coppia di perni salienti o fori atti ad infilarsi in omologhi fori o perni realizzati sul fondo del corpo di supporto 21 della rastrelliera 20.
In pratica, la rastrelliera 20 è atta ad essere stabilmente trattenuta in appoggio sul pianale 171 del cassetto 170.
Il cassetto 17 comprende almeno un sensore di presenza (non illustrato) operativamente collegato alla unità di controllo e comando e configurato in modo da rilevare e segnalare la presenza della provetta T sul pianale 171.
Ad esempio, il cassetto 17 comprende una pluralità di sensori di presenza; nell’esempio nello stesso numero delle cavità 22 della rastrelliera 20, i quali sono fissati in porzioni salienti dal pianale 171 poste a lato dell’impronta e sono singolarmente atti, quando la rastrelliera 20 si trova in appoggio sul pianale 171, ad essere allineati con le feritoie 23 lungo la direzione trasversale (orizzontale) ortogonale all’asse di allineamento delle cavità 22.
Ad esempio, ciascun sensore di presenza comprende una fotocellula e un rispettivo elemento ricevente.
Qualora il fascio luminoso emesso dalla fotocellula venga interrotto da una provetta T, il sensore di presenza rileva la presenza della provetta T, la sua posizione nella rastrelliera 20 e genera un segnale corrispondente che invia alla unità di controllo e comando per la sua elaborazione. Nel caso in cui il fascio luminoso non venga interrotto, il sensore di presenza rileva l’assenza della provetta T nella data posizione della rastrelliera 20 e genera un segnale corrispondente che invia alla unità di controllo e comando per la sua elaborazione.
Sul pianale 171 è definita una prima impronta atta all’alloggiamento di almeno una piastra diagnostica 30 in appoggio sul pianale stesso.
La piastra diagnostica 30, ad esempio, comprende un corpo piastriforme 31 (ad esempio a base rettangolare) il quale comprende almeno un pozzetto 32 entro cui è contenuto un antigene specifico di un anticorpo da ricercare in un campione posto in una provetta T.
La piastra diagnostica 30, vantaggiosamente, comprende una pluralità di pozzetti 32, ad esempio equidistanti e posti in file e colonne.
Nell’esempio ciascuna piastra diagnostica 30 comprende 96 pozzetti, non si esclude tuttavia che il numero di pozzetti 32 in una piastra diagnostica 30 possa essere differente da quello illustrato a seconda delle necessità e della tipologia di test da eseguire.
L’involucro scatolare 11, ad esempio in corrispondenza di una parete esterna dello stesso in una zona prossimale al cassetto 17, comprende un lettore ottico 18, ad esempio del tipo atto a leggere codici identificativi, quali codici a barre, RFID o simili codici identificativi.
Il lettore ottico 18 è operativamente collegato all’unità di controllo e comando, in modo che questa possa ricevere ed elaborare le informazioni lette dal lettore ottico.
In pratica, ciascuna provetta T contiene almeno un codice identificativo, ad esempio stampigliato su di essa, il quale codifica una pluralità di informazioni tra cui le informazioni relative all’identità del paziente a cui appartiene il campione biologico e almeno un’informazione relativa alla tipologia di test da eseguire e/o della/e piastra/e diagnostica/che 30 e/o dei pozzetti 32 della/e stessa/e necessarie per la realizzazione del test da eseguire.
Il lettore ottico 18 è atto a leggere tale codice identificativo, qualora la provetta T sia posta in prossimità di esso, e trasferire lo stesso alla unità di controllo e comando.
La macchina 10 comprende, inoltre, un monitor 19, associato all’esterno dell’involucro scatolare 11, ad esempio a lato dello stesso, il quale è operativamente associato all’unità di controllo e comando per la visualizzazione delle fasi di lavoro della macchina 10.
Inoltre, il ripiano 12 comprende un foro passante 120 atto a porre in comunicazione l’ambiente superiore 13 con l’ambiente inferiore 14.
La macchina 10 comprende mezzi di prelievo e trasferimento 40 di almeno una provetta T, i quali sono posti all’interno dell’involucro scatolare 11 e sono operativamente collegati alla unità di controllo e comando che è configurata per comandarne e controllarne la movimentazione.
I mezzi di prelievo e trasferimento 40, particolarmente, sono mobili, con tre gradi di libertà rispetto all’involucro scatolare 11.
I mezzi di prelievo e trasferimento 40, particolarmente, sono posizionati internamente all’ambiente superiore 13.
I mezzi di prelievo e trasferimento 40 comprendono un organo di presa 41 asso-ciato traslabile, lungo tre assi direzionali X,Y (orizzontali) e Z (verticale) tra loro ortogonali, all’interno dell’involucro scatolare 11, ovvero l’ambiente superiore 13 dello stesso.
I mezzi di prelievo e trasferimento 40 comprendono un’incastellatura 42 per la guida della traslazione dell’organo di presa 41, che è associata internamente all’ambiente superiore 13 ed è configurata in modo da poter movimentare l’organo di presa 41 sostanzialmente in tutto il volume dell’ambiente superiore stessa.
In particolare, l’incastellatura 42 comprende un montante 421 verticale (disposto sostanzialmente al centro dell’ambiente superiore 13), per la guida della traslazione lungo una direzione verticale Z, in cui l’organo di presa 41 è associato scorrevolmente a tale montante 421.
L’incastellatura 42 comprende inoltre una traversa 422 orizzontale, per la guida della traslazione dell’organo di presa 41 lungo una prima direzione orizzontale X (parallela all’asse longitudinale della traversa 422 stessa).
Il montante 421, infatti, è associato scorrevolmente alla traversa 422 rispetto all’asse longitudinale della traversa stessa.
La traversa 422 è a sua volta unita scorrevolmente alle opposte estremità a guide di scorrimento 423 fissate alle opposte fiancate laterali dell’involucro scatolare 11 che completano e sostengono l’incastellatura 42, per la traslazione dell’organo di presa 41, nonché della traversa 422 e del montante 421 ad esso associati, lungo una seconda direzione orizzontale Y (ortogonale alla prima direzione orizzontale X).
In pratica, grazie alla traslazione rispetto ai tre assi direzionali X,Y e Z è possibile muovere l’organo di presa 41 in modo che questo, spostandosi all’interno del vo-lume delimitato dall’ambiente superiore 13, si possa portare in qualsiasi punto interno all’ambiente superiore stesso.
I mezzi di prelievo e trasferimento 40 comprendono, inoltre, mezzi motori indi-pendenti, di tipo reversibile atti a movimentare l’organo di presa 41 in entrambi i versi, sia lungo la prima direzione orizzontale X che la seconda direzione orizzontale Y che la direzione verticale Z.
L’organo di presa 41 è, ad esempio, associato scorrevolmente a sbalzo rispetto al montante 421 in modo da sporgere dal lato dello stesso che si affaccia alla parete frontale in cui è presente la stazione di carico 17 (allo sportello superiore 15).
Inoltre, l’organo di presa 41 è girevolmente associato rispetto ad un asse verticale (parallelo alla direzione verticale Z), in modo da poter ruotare almeno di 90° da una parte all’altra rispetto alla posizione in cui si trova affacciato alla stazione di carico 17.
L’organo di presa 41 comprende, nella fattispecie, una mensola 410 di collegamento, la quale è associata scorrevolmente a sbalzo rispetto al montante 421 in modo da sporgere dal lato dello stesso che si affaccia alla parete frontale in cui è presente la stazione di carico 17.
Alla mensola 410 è associato girevolmente (inferiormente), rispetto ad un asse di rotazione verticale, un primo organo di prelievo, ad esempio una forca 411.
La forca 411, ad esempio, comprende due rebbi orizzontali a distanza regolabile e fissa (non si esclude che la distanza tra i rebbi sia variabile a generare una sorta di ganascia). La forca 411 è atta ad essere inserita scorrevolmente, mediante la movimentazione dell’organo di presa 41, all’interno delle scanalature 24 della rastrelliera 20, in modo da prelevare, trasportare e rilasciare la stessa, come meglio verrà descritto nel seguito.
In aggiunta (o in alternativa), alla mensola 410 è associato girevolmente (inferiormente), rispetto ad un asse di rotazione verticale, un secondo organo di prelievo, ad esempio una morsa 412.
La morsa 412, ad esempio, comprende due ganasce orizzontali a distanza regolabile e variabile.
La morsa 412 è atta a stringersi, mediante la movimentazione dell’organo di presa 41 e alla movimentazione delle ganasce orizzontali, sui fianchi laterali di una piastra diagnostica 30, in modo da prelevare, trasportare la stessa, come meglio verrà descritto nel seguito, inoltre la morsa 412 è atta ad allargarsi per rilasciare la piastra diagnostica 30 prelevata e trasportata.
Nell’esempio illustrato, la forca 411 è sostanzialmente sovrapposta alla morsa 412.
La macchina 10 comprende almeno una zona di lavoro 50,60,70,80,90 posta internamente all’involucro scatolare 11, ovvero nell’ambiente superiore 13 dello stesso.
Preferibilmente, la zona di lavoro 50,60,70,80,90 comprende una prima zona di immagazzinamento 50 adibita ad ospitare del campione biologico, ovvero le provette T posizionate nelle apposite rastrelliere 20.
La prima zona di immagazzinamento 50 comprende almeno un primo piano di appoggio 51, il quale ad esempio è fissato ad almeno uno tra il ripiano 12 e una fiancata laterale interna dell’involucro scatolare 11, comunque in prossimità della fiancata laterale dell’involucro scatolare stesso (ad esempio destra nelle figure).
Nell’esempio sono mostrati una pluralità di primi piani di appoggio 51 (ad esempio in numero di 3) sovrapposti l’uno all’altro e ad esempio equidistanti.
Ciascun primo piano di appoggio 51 comprende uno o più perni salienti 52 (nell’esempio una coppia) o fori atti ad infilarsi in omologhi fori o perni realizzati sul fondo del corpo di supporto 21 della rastrelliera 20, in pratica trattenendo ciascuna di esse in modo che le provette T siano posizionate verticalmente.
Ciascun primo piano di appoggio 51 è atto a sostenere una pluralità di rastrelliere 20 affiancate lungo una direzione parallela all’asse longitudinale del primo piano di appoggio 51, ovvero alla seconda direzione orizzontale Y.
Inoltre, ciascuna rastrelliera 20 è posizionata nel primo piano di appoggio 51 in modo che l’asse di allineamento delle provette T (ovvero l’asse delle scanalature 24) sia sostanzialmente ortogonale all’asse longitudinale del primo piano di appoggio 51, ovvero alla seconda direzione orizzontale Y.
La zona di lavoro 50,60,70,80,90 comprende, inoltre, una seconda zona di immagazzinamento 60 adibita ad ospitare almeno una piastra diagnostica 30.
La seconda zona di immagazzinamento 60 comprende almeno un secondo piano di appoggio 61, il quale ad esempio è fissato ad almeno uno tra il ripiano 12 e una fiancata laterale interna dell’involucro scatolare 11, comunque in prossimità della fiancata laterale dell’involucro scatolare stesso (ad esempio sinistra nelle figure), opposta alla fiancata interessata dal primo piano di appoggio 51.
Nell’esempio sono mostrati una pluralità di secondi piani di appoggio 61 (ad esempio in numero di 6) sovrapposti l’uno all’altro e ad esempio equidistanti.
Ciascun secondo piano di appoggio 61 comprende uno o più (nell’esempio in numero di 5) impronte 62 di forma omologa alla piastra diagnostica 30 e atte ad accogliere in appoggio ciascuna una piastra diagnostica stessa.
Il bordo laterale di ciascuna impronta, saliente rispetto al secondo piano di appoggio 61 presenta un incavo adatto a scoprire il fianco della piastra diagnostica in appoggio per agevolare la presa della stessa da parte della morsa 412. Ciascun secondo piano di appoggio 61 è atto a sostenere una pluralità di piastre diagnostiche 30 (in numero di 5 nell’esempio) affiancate lungo una direzione parallela all’asse longitudinale del secondo piano di appoggio 61, ovvero alla seconda direzione orizzontale Y.
Inoltre, ciascuna piastra diagnostica 30 è posizionata nel secondo piano di appoggio 61 in modo che l’asse longitudinale della stessa sia sostanzialmente ortogonale all’asse longitudinale del secondo piano di appoggio 61, ovvero alla seconda direzione orizzontale Y.
In pratica, all’interno dell’ambiente superiore 13 è possibile introdurre una pluralità di piastre, anche da 15 a 45 (preferibilmente 30), e una pluralità di rastrelliere 20, anche da 35 a 45 (preferibilmente 45).
Su almeno uno tra il primo piano di appoggio 51, il secondo piano di appoggio 61 e il ripiano 12 (o altro pianale studiato appositamente) è appoggiabile anche uno o più serbatoi S (come mostrati nella figura 6a), i quali sono atti ad essere afferrati/presi dall’organo di presa 41 (ad esempio mediante la forca 411 o la morsa 412).
Nella fattispecie i serbatoi S comprendono ciascuno un corpo a vasca aperto superiormente e un fondo rastremato, analogo a quello delle rastrelliere 20, dotato di rispettive scanalature atte ad ospitare i rebbi della forca 411 per il prelievo, il trasporto e il rilascio del serbatoio S da parte dell’organo di presa 41.
Inoltre, il fondo di ciascun serbatoio S comprende uno o più (nell’esempio una coppia) di fori ciechi o perni atti ad essere infilati in un perno saliente 52 o foro del primo piano di appoggio 51 e/o del pianale 171.
Nell’esempio illustrato, in cui il test da eseguire con la macchina 10 è un test allergologico, la macchina 10 comprende una pluralità di serbatoi S, ad esempio in numero di 3, in cui un primo serbatoio S è un primo liquido reagente, ad esempio un anticorpo anti-immunoglobuline umane (ad esempio di coniglio), in un secondo serbatoio S è contenuto un secondo liquido reagente, ad esempio un colorante (es. tetrametilbenzidina TMB) e in un terzo serbatoio S è contenuto un terzo liquido reagente, ad esempio di arresto della reazione o stop solution.
Ad esempio, è possibile disporre un serbatoio S per ciascuno dei primi piani di appoggio 51, in ogni caso la unità di controllo e comando è configurata in modo da assegnare e memorizzare una posizione di ciascun serbatoio S nei primi mezzi di immagazzinamento 50.
La zona di lavoro 50,60,70,80,90 comprende, poi, almeno una zona di inseminazione 70, in cui è possibile trasportare, mediante i mezzi di prelievo e trasferimento 40, selettivamente almeno una piastra diagnostica 30 e almeno uno tra un campione biologico (ad esempio una rastrelliera 20) e/o un serbatoio S.
La zona di inseminazione 70 comprende una piattaforma 71 di appoggio in cui è definita una prima orma 711 per l’appoggio di una piastra diagnostica 30, del tutto analoga alle impronte 61 realizzate nel secondo piano di appoggio 60 o a quella definita nel pianale 171.
Inoltre, nella piattaforma 71 è definita, ad esempio ad una quota inferiore rispetto alla prima orma 711, una seconda orma 712 per l’appoggio (e il trattenimento) di una rastrelliera 20 e/o un serbatoio S.
In pratica, la seconda orma 712 comprende uno o più (nell’esempio una coppia) perni salienti o fori atti ad infilarsi in omologhi fori o perni realizzati sul fondo del corpo di supporto 21 di una rastrelliera 20 e (selettivamente) nel fondo di un serbatoio S, in pratica trattenendo ciascuno di essi in modo che le provette T siano posizionate verticalmente e il serbatoio S presenti l’apertura in alto.
La zona di inseminazione 70 comprende, inoltre, mezzi di inseminazione i quali sono atti a prelevare un liquido, ad esempio da una provetta T o da un serbatoio S posto sulla seconda orma 712 della piattaforma 71, ed erogarlo in almeno un pozzetto 32 di una piastra diagnostica 30 posta sulla prima orma 711 della piattaforma 71.
I mezzi di inseminazione comprendono almeno un ago 72, cavo internamente, la cui cavità interna è collegata ad un circuito idraulico (non illustrato) dotato di almeno una pompa e configurato per aspirare liquido attraverso l’ago 72, trattenerlo al suo interno ed erogarlo attraverso lo stesso.
Nell’esempio i mezzi di inseminazione comprendono una coppia di aghi 72 paralleli e disposti con asse longitudinale verticale con l’estremità libera (dotata della bocca di aspirazione ed erogazione) posta in basso.
Ciascun ago 72 è sorretto da una torretta 73 mobile, rispetto a tre gradi di libertà, ovvero mobile lungo tre assi direzionali X,Y (orizzontali) e Z (verticale) tra loro ortogonali, all’interno dell’involucro scatolare 11, ovvero l’ambiente superiore 13 dello stesso.
La torretta 73 è del tutto analoga, seppure di dimensioni minori, alla incastellatura 42 che muove l’organo di presa 41 ed è configurata per muovere ciascun ago 72 alternativamente tra una posizione in cui è sostanzialmente sovrapposto in pianta (in una qualsiasi posizione) alla prima orma 711 e una posizione in cui è sostanzialmente sovrapposto in pianta (in una qualsiasi posizione) alla seconda orma 712, in questo modo ciascun ago 72 può entrare in una provetta T della rastrelliera 20 (o un serbatoio S) in appoggio sulla seconda orma 712, prelevare una quantità dosata di liquido ivi contenuto, spostarsi sopra la prima orma 711, ove è appoggiata una piastra diagnostica 30, posizionarsi su un pozzetto 32 di quest’ultima rilasciare una quantità dosata (anche minore di quella prelevata, in modo da poter riempire più di un pozzetto) all’interno del pozzetto stesso.
La zona di inseminazione 70 comprende, inoltre, mezzi di lavaggio degli aghi 72.
I mezzi di lavaggio comprendono, ad esempio, una vasca di lavaggio 74, la quale è posta a fianco della piattaforma 71. La torretta 73 è configurata per muovere ciascun ago 72 anche in corrispondenza di una posizione in cui è sostanzialmente sovrapposto alla in pianta (e successivamente immerso nella) vasca di lavaggio 74, in modo che ciascun ago 72 possa essere immerso almeno parzialmente all’interno di essa.
All’interno della vasca di lavaggio 74 è contenuto o è iniettato di volta in volta un liquido di lavaggio, il quale può essere aspirato e reimmesso nella vasca di lavaggio stessa, per il lavaggio dell’ago 72 sia all’esterno che all’interno di esso.
La vasca di lavaggio 74 è, inoltre, idraulicamente collegata ad una bacinella di raccolta del liquido di lavaggio usato, la quale ad esempio è contenuta all’interno dell’involucro scatolare 11, ad esempio nell’ambiente inferiore 14.
Vantaggiosamente, all’interno dell’involucro scatolare 11 sono disposte una pluralità di zona di inseminazione 70, nell’esempio preferito in numero di 2 e tra loro indipendenti.
Le zone di inseminazione 70, ad esempio, sono affiancate lungo la seconda direzione orizzontale Y.
Le zone di inseminazione 70, comprensive della piattaforma 71, della torretta 73 degli aghi 72 e della vasca di lavaggio 74, sono tra loro sostanzialmente identiche e sono atte a lavorare in parallelo all’interno dell’involucro scatolare 11, ciascuna operativamente comandata e controllata dalla unità di controllo e comando.
In pratica, l’unità di controllo e comando è configurata in modo da ottimizzare le fasi operative della macchina 10, in modo che ad ogni fase i mezzi di prelievo e trasferimento 40 siano atti a trasferire nella zona di inseminazione 70 che fosse libera almeno una coppia formata da una rastrelliera 20 e la piastra diagnostica 30 associata ad una provetta T della rastrelliera 20 o un serbatoio S e una piastra diagnostica, a seconda della fase operativa da eseguire tra la sequenza di fasi operative da eseguire programmate per l’intero set di provette T poste all’interno della macchina 10.
All’interno dell’involucro scatolare 11, ad esempio nell’ambiente inferiore 14, è inoltre, contenuto un contenitore di raccolta posto al di sotto del foro passante 120 ad esempio allineato in pianta con essa.
I mezzi di prelievo e trasferimento 40 sono configurati in modo da trasferire la piastra diagnostica 30 usata e non più utilizzabile nel contenitore di raccolta rilasciandola nel foro passante 120.
La stazione di lavoro comprende, inoltre, almeno uno strumento di lavaggio di una piastra diagnostica 30, ad esempio un lavatore 80, posto nell’involucro scatolare 11, ovvero nell’ambiente superiore dello stesso.
Il lavatore 80 comprende un corpo scatolare accessibile tramite un portello di accesso entro cui è inseribile una piastra diagnostica 30 con i pozzetti 32 rivolti verso l’alto.
Il lavatore 80 comprende uno o più cannule di lavaggio (ad esempio in numero di 8) collegate ad un opportuno circuito idraulico che è atto a pescare un liquido di lavaggio, ad esempio una soluzione tampone, da un apposito serbatoio, quest’ultimo ad esempio posto nell’ambiente inferiore 14. Il circuito idraulico è operativamente associato alla unità di controllo e comando per l’esecuzione di fasi di lavaggio della piastra diagnostica 30 che venga posta all’interno del lavatore 80.
In pratica, la fase di lavaggio della piastra diagnostica 30 consiste nell’erogazione di liquido di lavaggio in ciascun pozzetto 32, tramite una cannula e l’aspirazione del contenuto, ad esempio ripetendo l’erogazione e l’aspirazione più volte, ad esempio 3 volte.
La stazione di lavoro 50,60,70,80,90 comprende poi almeno uno strumento di rilevazione, ad esempio uno spettrofotometro 90, il quale è anch’esso posto all’interno del corpo scatolare 11, ovvero nell’ambiente superiore 13 dello stesso.
Lo spettrofotometro 90 è atto a ricevere in appoggio una piastra diagnostica 30 ed è operativamente associato alla unità di controllo e comando per avviare una fase di analisi quando la piastra diagnostica 30 è posta nello strumento ed inviare i risultati dell’analisi all’unità di controllo e comando che invierà un opportuno report del test.
I mezzi di trasporto e prelievo 40 sono configurati per prelevare selettivamente la piastra diagnostica 30 da almeno tra la seconda zona di immagazzinamento 60, la zona di inseminazione 70, il lavatore 80 e lo spettrofotometro 90 ed trasportare la stessa ad almeno un altro tra la seconda zona di immagazzinamento 60, la zona di inseminazione 70, il lavatore 80, lo spettrofotometro 90 e il foro passante 120, secondo le fasi operative di funzionamento della macchina 10 descritte di seguito.
Innanzitutto il funzionamento prevede il caricamento della macchina 10 con i campioni biologici (le provette T opportunamente caricate nelle rastrelliere 20) e le piastre diagnostiche 30.
Il caricamento della macchina 10 prevede le seguenti fasi. Innanzitutto, è necessario far passare ogni singola provetta T a fianco del lettore ottico 18, in modo che questo ne legga il codice identificativo.
Attraverso la lettura del codice identificativo la unità di controllo e comando riceve le informazioni identificative della provetta T, in cui sono contenuti i dati identificativi del paziente e almeno una informazione identificativa del tipo di test da eseguire, ad esempio un’informazione identificativa della tipologia di piastra diagnostica 30 da utilizzare per il dato test e del numero di piastre necessarie per l’esecuzione del test sulla provetta T selezionata.
In pratica, nell’unità di controllo e comando, ad esempio nei mezzi di memorizzazione della stessa, è contenuto un database in cui sono memorizzate tutte le tipologie di piastre diagnostiche 30 o porzioni di esse che possono essere scelte dal paziente o dal personale medico che commissiona il test.
Ad esempio, in una prima tipologia di piastra diagnostica 30 è possibile prevedere che sostanzialmente tutti i pozzetti 32 (ad esempio 92 su 96) presentino un antigene differente, ovvero siano tutti eterogenei; oppure in una seconda tipologia di piastra diagnostica 30 è possibile prevedere che la totalità dei pozzetti 32 sia suddivisa in due identici gruppi di eterogenei pozzetti 32, in pratica configurando in una unica piastra diagnostica 30 due semipiastre uguali ciascuna con un numero di pozzetti 32 dimezzato rispetto alla piastra diagnostica completa (es. 41 pozzetti dotati di antigeni differenti); ancora in una terza tipologia di piastra diagnostica 30 è possibile prevedere che la piastra diagnostica 30 sia suddivisa in una pluralità di identici gruppi di pozzetti 32 eterogenei, ad esempio in 11 o 12 gruppi di 8 pozzetti, in cui in ciascun gruppo è formato da 8 pozzetti di differenti antigeni, o simili combinazioni più o meno complicate a seconda delle esigenze. Nel codice identificativo della provetta T è contenuta, quindi, l’informazione sulla/e tipologia/e di piastra/e diagnostica/che 30 (o di porzione di una di esse) e il numero di queste da utilizzare per il test richiesto dal paziente e/o dal personale medico, la quale viene immagazzinata nei mezzi di memorizzazione dell’unità di controllo e comando ed elaborata per generare, in un secondo momento, un segnale visibile a monitor corrispondente alla/e piastra/e diagnostica/che 30 (o porzione di essa) associata alla provetta T da caricare nella stazione di carico 17.
Inoltre, nella unità di controllo e comando sono prememorizzate informazioni relative alla tipologia di test da eseguire, in particolare sono pre-memorizzate informazioni relative alle tempistiche di tutte le fasi operative del test, che verranno di seguito illustrate in dettaglio, e che intervengono su uno o più pozzetti 32 della piastra diagnostica 30 (es. secondo la metodologia ELISA, ovvero inseminazione campione, incubazione, lavaggio, dispensazione anticorpo, incubazione, lavaggio, dispensazione primo reagente colorante, incubazione, dispensazione secondo reagente di arresto della reazione, rilevazione).
Una volta letto il codice identificativo della provetta T essa viene riposta entro una cavità 22 di una rastrelliera 20 appoggiata nell’impronta del pianale 171 della stazione di carico 17, con la stazione di carico stessa in posizione estratta.
Quando la provetta T viene inserita in una cavità, il sensore di presenza ne rileva la posizione nella rastrelliera 20 e genera un segnale relativo a tale posizione che, inviato alla unità di controllo e comando, viene memorizzato come informazione relativa alla posizione nella rastrelliera 20.
Queste operazioni possono essere ripetute fino al completamento della rastrelliera 20, ad esempio per un numero di 6 provette T.
La unità di controllo e comando successivamente assegna una posizione alla rastrelliera 20 nei primi mezzi di immagazzinamento 50, ovvero in una impronta di un primo piano di appoggio 51.
Inoltre, una volta che la rastrelliera 20 nella stazione di carico 17 è completata (o qualora venisse dato un comando dall’operatore di fine caricamento rastrelliera 20 sulla stazione di carico 17), la stazione di carico stessa viene portata in posizione retratta e i mezzi di prelievo e trasferimento 40 ricevono dalla unità di controllo e comando il comando di prelevare, ad esempio tramite la forca 411 dell’organo di presa 41, la rastrelliera 20 dalla stazione di carico e portarla nella posizione ad essa assegnata nel piano di appoggio 51.
Eventuali consensi di conferma possono essere presenti sul primo piano di appoggio 51 che verifichino l’avvenuta consegna della rastrelliera 20 stessa.
L’unità di controllo e comando, nei mezzi di memorizzazione, assegna virtualmente anche una posizione alla/e piastra/e diagnostica/che 30 (o porzione di essa) associata a ciascuna provetta T nei secondi mezzi di immagazzinamento 60, ovvero in una impronta 62 di un secondo piano di appoggio 61.
Tale operazione di caricamento di provette T e di rastrelliere 20 può essere ripetuta fino a che l’unità di controllo e comando non avrà assegnato, virtualmente, tutte le impronte 62 dei secondi piani di appoggio 61, ovvero fino a quando non è esaurito lo spazio di immagazzinamento dei secondi mezzi di immagazzinamento 60, ad esempio senza che sia stata caricata fisicamente ancora alcuna piastra diagnostica 60.
Inoltre, nell’unità di controllo e comando possono essere pre-memorizzate informazioni relative alle tempistiche di ciascun test e fase operativa del test.
La unità di controllo e comando, in funzione di tali informazioni, può arrestare il processo di caricamento delle provette T (e rastrelliere 20) prima di aver esaurito lo spazio di immagazzinamento dei secondi mezzi di immagazzinamento 60, se la tempistica dei test richiesti dalle provette T caricate supera un intervallo temporale limite pre-impostabile, ad esempio che comporterebbe il decadimento dei campioni biologici inattivi.
In pratica, l’unità di controllo e comando comanda l’invio di un segnale di arresto caricamento provette T se l’intervallo temporale, calcolato in base ad informazioni pre-memorizzate nell’unità di controllo e comando relative alla tempistica delle fasi operative del test da eseguire, ovvero l’intervallo di tempo calcolato in base a tali informazioni tra l’inizio del caricamento della prima provetta T posizionata nei primi mezzi di immagazzinamento 50 e l’inizio della prima fase operativa (l’inseminazione della provetta T con il campione biologico, che meglio verrà illustrata nel seguito) dell’ultima provetta T posizionata nei primi mezzi di immagazzinamento 50 supera un preimpostato intervallo temporale limite, ad esempio 2 ore e 30 minuti.
Il numero di piastre diagnostiche 30 può essere anche differente dal numero di provette T, a seconda del test scelto dal paziente e/o dal personale medico per quel determinato campione biologico.
Una volta che la unità di controllo e comando avrà virtualmente assegnato tutte le impronte 62 del secondo piano di appoggio 61 (ha calcolato il superamento virtuale del predeterminato intervallo temporale limite), essa genera un segnale di arresto caricamento provette T, ad esempio visibile a video nel monitor 19.
A questo punto la unità di controllo e comando genera un segnale, ad esempio visibile a video, relativo all’inizio caricamento delle piastre diagnostiche 30.
In pratica, l’unità di controllo e comando mostra a video la tipologia della piastra diagnostica 30 che deve essere caricata sulla stazione di carico 17 (nella posizione estratta) e l’operatore (o al limite un sistema di approvvigionamento automatico di piastre) provvede a caricare la piastra diagnostica 30 richiesta sulla stazione di carico 17.
La piastra diagnostica 30 richiesta è nel gruppo di quelle pre-memorizzate e assegnate a ciascuna provetta T, secondo uno schema qualunque e arbitrariamente impostabile nella unità di controllo e comando.
Una volta riportata la stazione di carico 17 nella posizione retratta, i mezzi di prelievo e trasferimento 40, prelevano la piastra diagnostica 30 dalla stazione di carico 17, ad esempio attraverso la morsa 412 dell’organo di presa 41, e la trasferiscono ai secondi mezzi di immagazzinamento 60, rilasciandola nella posizione ad essa pre-assegnata virtualmente, ad esempio in una pre-assegnata impronta 62 del secondo piano di appoggio 61.
Le fasi suddette vengono ripetute fino al caricamento effettivo dell’ultima piastra diagnostica 30 pre-memorizzata e pre-assegnata virtualmente.
Caricata l’ultima piastra diagnostica 30 o comunque non appena presenti all’interno dell’involucro scatolare 11 almeno una provetta T (una rastrelliera 20) e una piastra diagnostica 30, la unità di controllo e comando può comandare l’avvio della fase di lavoro della macchina 10. La fase di lavoro della macchina 10 comprende le seguenti fasi operative.
Innanzitutto si procede con le fasi di inseminazione delle piastre diagnostiche 30.
I mezzi di prelievo e trasferimento 40 sono comandati dalla unità di controllo e comando per prelevare una provetta T (ad esempio tutta la rastrelliera 20) dai primi mezzi di immagazzinamento 50 e trasferirla in una prima zona di inseminazione 70, ad esempio rilasciandola in appoggio sulla seconda orma 712 della piattaforma 71.
Successivamente, i mezzi di prelievo e trasferimento 40 sono comandati dalla unità di controllo e comando per prelevare una piastra diagnostica 30, associata ad una provetta T della rastrelliera 20 dai secondi mezzi di immagazzinamento 60 e trasferirla nella stessa prima zona di inseminazione 70, ad esempio rilasciandola in appoggio sulla prima orma 711 della piattaforma 71.
Con la rastrelliera 20 e la piastra diagnostica 30 in tale posizione, la torretta 73 della prima zona di inseminazione 70 è comandata dall’unità di controllo e comando per il prelievo, tramite un ago 72, di una prima quantità dosata di campione dalla provetta T selezionata (a cui è associata la piastra diagnostica 30) e il rilascio di una seconda quantità dosata (anche diversa dalla prima quantità dosata) di campione in uno o più pozzetti 32 della piastra diagnostica 30.
La macchina 10 quindi opera una fase di prelievo del campione biologico dalla provetta T e una fase di dispensazione del campione biologico in almeno un pozzetto 32 della piastra diagnostica associata (univocamente) a tale campione biologico.
Successivamente, i mezzi di prelievo e trasferimento 40 sono comandati dall’unità di controllo e comando per prelevare la piastra diagnostica 30 (con il campione dispensato nei pozzetti 32) e trasferirla ai secondi mezzi di immagazzinamento 60, nella sua posizione assegnata, per l’esecuzione di una prima fase di incubazione di un primo tempo predeterminato, ad esempio 60 minuti.
È possibile che su altri pozzetti 32 della stessa piastra diagnostica 30 (in cui non sia stato dispensato un campione biologico proveniente dalla prima provetta T), prima che venga portata ai secondi mezzi di immagazzinamento 60, venga dispensato un secondo (o più) campione biologico proveniente da una seconda provetta T (ad esempio della stessa rastrelliera 20) o di una nuova rastrelliera 20.
Ogni qualvolta che un ago 72, di una qualunque zona di inseminazione 70, deve prelevare e dispensare un nuovo campione biologico, ovvero deve cambiare provetta T, la unità di controllo e comando comanda una fase di lavaggio dell’ago 72, in cui viene posto all’interno della vasca di lavaggio 74 opportunamente riempita di liquido di lavaggio e viene azionato uno o più (nell’esempio 3) cicli di prelievo e dispensazione del liquido di lavaggio all’interno della vasca di lavaggio stessa.
Inoltre, è possibile prevedere che due o più piastre diagnostiche 30 siano associate alla stessa provetta T, pertanto in tal caso, una volta portata la prima piastra diagnostica 30 nella seconda zona di immagazzinamento 60, per l’inizio della fase di incubazione, si procede con il prelevare la seconda piastra diagnostica 30, posizionarla sulla piattaforma 71 e, tramite lo stesso ago 72 (ad esempio senza necessità di aver eseguito una fase di lavaggio dell’ago stesso) si procede con il dispensare il campione biologico anche nei pozzetti 32 della seconda piastra diagnostica 30, per poi portarla nuovamente ai secondi mezzi di immagazzinamento 60 per il rispettivo tempo di incubazione.
La unità di controllo e comando comanda e controlla una pluralità fasi di inseminazione delle piastre diagnostiche 30 come sopra descritte che si susseguono nel tempo, ad esempio nel tempo di incubazione della prima piastra diagnostica 30 inseminata, e in parallelo su entrambe le zone di inseminazione 70.
In pratica, sostanzialmente in simultanea, dopo che è la prima rastrelliera 20 e la prima piastra diagnostica 30 sono state lasciate sulla piattaforma 71 della prima zona di inseminazione 40, la unità di controllo e comando può comandare il prelievo di una seconda rastrelliera 20 e una seconda piastra diagnostica 30, coem descritto sopra, rispettivamente dai primi mezzi di immagazzinamento 50 e dai secondi mezzi di immagazzinamento 60, per il caricamento degli stessi sulla piattaforma 71 della seconda zona di inseminazione 70.
Anche in questo caso la seconda piastra diagnostica 30, una volta inseminata con il campione biologico della provetta T ad essa associata viene prelevata e trasferita nella seconda zona di immagazzinamento 60, ovvero nella sua posizione assegnata, per la fase di incubazione
Le rastrelliere 20, man mano che vengono utilizzati i campioni biologici, vengono invece riposte (mediante i mezzi di prelievo e trasferimento 40) nuovamente nei primi mezzi di immagazzinamento 50, nella loro posizione assegnata.
Trascorso il tempo di incubazione della prima piastra diagnostica 30 lavorata può avere inizio la fase di lavaggio delle piastre diagnostiche 30.
In questa fase una piastra diagnostica 30 alla volta (ad esempio seguendo la sequenza con cui sono state riposte per l’incubazione) viene prelevata dai mezzi di prelievo e trasferimento 40, ad esempio dai secondi mezzi di immagazzinamento 60, e viene posta all’interno del lavatore 80, ove viene lavata con il liquido di lavaggio (ovvero la soluzione tampone).
Il liquido di lavaggio e tutto ciò che viene rimosso dai pozzetti 32 della piastra diagnostica 30 in lavaggio viene raccolto in un serbatoio di liquido di scarto, ad esempio posto nell’ambiente inferiore 14 dell’involucro scatolare 11 e collegato tramite canalizzazioni non visibili al lavatore 80.
A seguito della fase di lavaggio delle piastre diagnostiche 30 si procede con fase di inseminazione dell’anticorpo in una piastra diagnostica 30 lavata.
Ciascuna piastra diagnostica 30 (ad esempio seguendo la sequenza detta in precedenza) viene posizionata nuovamente in una delle zone di inseminazione 70, ad esempio sulla seconda orma 712 della piattaforma 71.
La unità di controllo e comando comanda ai mezzi di prelievo e trasferimento 40 di prelevare il primo serbatoio S, che si trova ad esempio nei primi mezzi di immagazzinamento 50, contenente l’anticorpo anti-immunoglobuline umane e trasferirlo sulla prima orma 711 della piattaforma 71 (libera).
Con la piastra diagnostica 30 e il primo serbatoio S sulla piattaforma 71, gli aghi 72 sono comandati, mediante la torretta 73, dalla unità di controllo e comando per prelevare l’anticorpo dal primo serbatoio S e dispensarlo su almeno uno (preferibilmente ogni) pozzetto 32 della piastra diagnostica 30.
Successivamente, i mezzi di prelievo e trasferimento 40 sono comandati dall’unità di controllo e comando per prelevare ciascuna piastra diagnostica 30 (con l’anticorpo dispensato nei pozzetti 32) dalla rispettiva seconda orma 712 e trasferirla ai secondi mezzi di immagazzinamento 60, nella sua posizione assegnata, per l’esecuzione di una seconda fase di incubazione di un secondo tempo predeterminato, ad esempio 40 minuti.
La unità di controllo e comando comanda e controlla una pluralità di fasi di inseminazione dell’anticorpo in una piastra diagnostica 30 come sopra descritte che si susseguono nel tempo, ad esempio nel tempo di incubazione della prima piastra diagnostica 30 inseminata con l’anticorpo, e ad esempio in parallelo su entrambe le zone di inseminazione 70 con rispettivi primi serbatoi S posti nella rispettiva prima orma 711 delle piatteforme 71.
Alla fine dell’ultima fase di inseminazione dell’anticorpo nell’ultima piastra diagnostica 30 la unità di controllo e comando comanda, per ciascuna zona di inseminazione 70, una fase di lavaggio dell’ago 72 all’interno della vasca di lavaggio 74, come sopra descritta.
Trascorso il tempo di incubazione della prima piastra diagnostica 30 può avere inizio una ulteriore fase di lavaggio delle piastre diagnostiche 30 nel lavatore 80, come sopra descritta.
A seguito della ulteriore fase di lavaggio delle piastre diagnostiche 30 si procede con fase di inseminazione di un primo reagente in una piastra diagnostica 30 lavata.
Ciascuna piastra diagnostica 30 (ad esempio seguendo la sequenza detta in precedenza) viene posizionata nuovamente in una zona di inseminazione 70, ad esempio sulla seconda orma 712 della piattaforma 71.
La unità di controllo e comando comanda ai mezzi di prelievo e trasferimento 40 di prelevare il secondo serbatoio S, che si trova ad esempio nei primi mezzi di immagazzinamento 50, contenente il primo reagente (TMB) e trasferirlo sulla prima orma 711 della piattaforma 71 (libera).
Con la piastra diagnostica 30 e il secondo serbatoio S sulla piattaforma 71 di una zona di inseminazione 70, gli aghi 72 sono comandati, mediante la torretta 73, dalla unità di controllo e comando per prelevare il primo reagente dal secondo serbatoio S e dispensarlo su almeno uno (preferibilmente ogni) pozzetto 32 della piastra diagnostica 30.
Successivamente, i mezzi di prelievo e trasferimento 40 sono comandati dall’unità di controllo e comando per prelevare la piastra diagnostica 30 (con il primo reagente dispensato nei pozzetti 32) e trasferirla ai secondi mezzi di immagazzinamento 60, nella sua posizione assegnata, per l’esecuzione di una terza fase di incubazione di un terzo tempo predeterminato, ad esempio 10 minuti.
La unità di controllo e comando comanda e controlla una pluralità fasi insemina-zione del primo reagente in una piastra diagnostica 30 come sopra descritte che si susseguono nel tempo, ad esempio nel tempo di incubazione della prima piastra diagnostica 30 inseminata con il primo reagente (ed eventualmente oltre), e in parallelo su entrambe le zone di inseminazione 70 con rispettivi secondi serbatoi S posti nella rispettiva prima orma 711 delle piatteforme 71.
Alla fine dell’ultima fase di inseminazione del primo reagente nell’ultima piastra diagnostica 30 la unità di controllo e comando comanda una nuova fase di lavaggio dell’ago 72 all’interno della vasca di lavaggio 74, come sopra descritta.
Trascorso il tempo di incubazione della prima piastra diagnostica 30 lavorata può avere inizio (per essa e via via per le altre) una ulteriore fase di inseminazione di un secondo reagente (stop solution) in ciascuna piastra diagnostica 30.
Ciascuna piastra diagnostica 30 (ad esempio seguendo la sequenza detta in precedenza) viene posizionata nuovamente in una zona di inseminazione 70, ad esempio sulla seconda orma 712 della piattaforma 71.
La unità di controllo e comando comanda ai mezzi di prelievo e trasferimento 40 di prelevare il terzo serbatoio S, che si trova ad esempio nei primi mezzi di immagazzinamento 50, contenente il secondo reagente (stop solution) e trasferirlo sulla prima orma 711 della piattaforma 71 (libera).
Con la piastra diagnostica 30 e il terzo serbatoio S sulla piattaforma 71, gli aghi 72 sono comandati, mediante la torretta 73, dalla unità di controllo e comando per prelevare il secondo reagente dal terzo serbatoio S e dispensarlo su almeno uno (preferibilmente ogni) pozzetto 32 della piastra diagnostica 30.
La unità di controllo e comando comanda e controlla una pluralità fasi insemina-zione del secondo reagente, una per ciascuna piastra diagnostica 30 come sopra descritte che si susseguono nel tempo, ad esempio nel tempo di incubazione della prima piastra diagnostica 30 inseminata con il secondo reagente (ed eventualmente oltre), e in parallelo su entrambe le zone di inseminazione 70 con rispettivi terzi serbatoi S posti nella rispettiva prima orma 711 delle piatteforme 71.
Successivamente, i mezzi di prelievo e trasferimento 40 sono comandati dall’unità di controllo e comando per prelevare la piastra diagnostica 30 (con il secondo reagente dispensato nei pozzetti 32) da ciascuna zona di inseminazione 70 e trasferirla allo spettrofotometro 90.
Lo spettrofotometro 90 esegue l’analisi e invia il risultato alla unità di controllo e comando che lo elabora e lo rende disponibile, sotto forma di report, in modo che sia consultabile dal personale addetto e/o inviato mediante posta elettronica o simile messaggistica.
Una volta che, man mano, ciascuna piastra diagnostica 30 è stata analizzata l’unità di controllo e comando comanda il prelievo della piastra diagnostica 30 dallo spettrofotometro 90 e il rilascio della stessa nel foro passante 120 e da questa al contenitore di raccolta posto al di sotto di esso. L’invenzione così concepita è suscettibile di numerose modifiche e varianti tutte rientranti nell’ambito del concetto inventivo.
Inoltre tutti i dettagli sono sostituibili da altri elementi tecnicamente equivalenti.
In pratica i materiali impiegati, nonché le forme e le dimensioni contingenti, potranno essere qualsiasi a seconda delle esigenze senza per questo uscire dall’ambito di protezione delle seguenti rivendicazioni.

Claims (10)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Macchina (10) diagnostica automatica che comprende un involucro scatolare (11) al cui interno è ricavata una prima zona di immagazzinamento (50) di una pluralità di campioni biologici (T), almeno una seconda zona di immagazzinamento (60) di una pluralità di piastre diagnostiche (30) e almeno una zona di inseminazione (70) dotata di mezzi di inseminazione (72,73) atti a prelevare una porzione di un campione (T) e iniettarlo su almeno una porzione di una piastra diagnostica (30), caratterizzata dal fatto di comprendere una pluralità di zone di inseminazione (70) tra loro indipendenti e atte ad operare su rispettivi ulteriori campioni (T) e piastre diagnostiche (30).
  2. 2. Macchina (10) secondo la rivendicazione 1, in cui ciascuna zona di inseminazione (70) comprende almeno una piattaforma (71) dotata di una prima orma (711) atta a sostenere in appoggio almeno una piastra diagnostica (30) e di una seconda orma (712) atta sostenere in appoggio almeno un campione (T).
  3. 3. Macchina (10) secondo la rivendicazione 1 o 2, in cui i mezzi di inseminazione di ciascuna zona di inseminazione (70) comprendono almeno un ago (72) per l’inseminazione associato ad un circuito idraulico di controllo, in cui l’ago (72) è atto a prelevare una prima quantità dosata di liquido ed erogare una seconda quantità di detto liquido prelevato.
  4. 4. Macchina (10) secondo la rivendicazione 3, in cui i mezzi di inseminazione di ciascuna zona di inseminazione (70) comprendono almeno una torretta (73) di movimentazione di detto ago (72), tra una prima posizione in cui è sovrapposto in pianta ad almeno una tra la prima e la seconda orma (711,712) della piattaforma (71) e una seconda posizione in cui è sovrapposto in pianta all’altro tra la seconda orma e al prima orma (712,711) della piattaforma (71).
  5. 5. Macchina (10) secondo una qualunque delle rivendicazioni precedenti, in cui ciascuna zona di inseminazione comprende una stazione di lavaggio (74) dei mezzi di inseminazione.
  6. 6. Macchina (10) secondo la rivendicazione 5, in cui detta stazione di lavaggio comprende almeno una vasca li lavaggio (74), in cui l’ago (72) è atto ad essere inserito per un ciclo di lavaggio dello stesso.
  7. 7. Macchina (10) secondo una qualunque delle rivendicazioni precedenti, caratterizzata dal fatto di comprendere mezzi di prelievo e trasporto (40) configurati in modo da prelevare selettivamente un campione (T) e una piastra diagnostica (30), rispettivamente, almeno da detta prima zona di immagazzinamento (50) e detta seconda zona di inseminazione (60) e trasportare gli stessi almeno a una di dette zone di inseminazione (70).
  8. 8. Macchina (10) secondo una qualunque delle rivendicazioni precedenti, caratterizzata dal fatto di comprendere almeno uno strumento di lavaggio (80) della piastra diagnostica (30).
  9. 9. Macchina (10) secondo una qualunque delle rivendicazioni precedenti, caratterizzata dal fatto di comprendere almeno uno strumento di rilevazione (90) atto ad analizzare la piastra diagnostica (30).
  10. 10. Metodo per la gestione delle fasi operative di una macchina (10) secondo una qualunque delle rivendicazioni precedenti, mediante una unità di controllo e comando, che comprende le fasi di: - disporre di una pluralità di campioni biologici (T) posti in una prima zona di immagazzinamento (50) all’interno dell’involucro scatolare (11) della macchina (10); - disporre di una pluralità di piastre diagnostiche (30) poste in una seconda zona di immagazzinamento (60) all’interno dell’involucro scatolare (11) della macchina (10); - prelevare, mediante mezzi di prelievo e trasferimento (40) operativamente collegati a detta unità di controllo e comando, almeno un campione (T) e una piastra diagnostica (30) per portarli ad una delle zone di inseminazione (70) poste all’interno dell’involucro scatolare (11); - prelevare, mediante detti mezzi di prelievo e trasferimento (40), almeno un ulteriore campione (T) e una ulteriore piastra diagnostica (30) per portarli ad una ulteriore zona di inseminazione delle zone di inseminazione.
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