ITMI931118A1 - Cellule dendritiche immortalizzate - Google Patents

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ITMI931118A1
ITMI931118A1 IT001118A ITMI931118A ITMI931118A1 IT MI931118 A1 ITMI931118 A1 IT MI931118A1 IT 001118 A IT001118 A IT 001118A IT MI931118 A ITMI931118 A IT MI931118A IT MI931118 A1 ITMI931118 A1 IT MI931118A1
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antigen
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Francesca Granucci
Paola Paglia
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Biotop Sas Di Rita Cassarin
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Description

CELLULE DENDRITICHE IMMORTALIZZATE"
La presente invenzione ha per oggetto cellule dendritiche irrmortalizzate, un processo per la loro produzione da colture primarie e il loro uso per l'attivazione, in vivo o in vitro, di linfociti T in maniera antigene specifica.
Stato della tecnica
La risposta immunitaria comporta un complesso insieme di reazioni che coinvolgono cellule del sistema infiammatorio, linfociti T e B e numerosi tipi di cellule presentanti l'antigene (Antigen Presenting Cells, APC). La somma delle interazioni dirette tra queste popolazioni cellulari altamente specializzate, la produzione di molecole attivatorie o inibenti, la localizzazione del sito dove queste interazioni avvengono portano al formarsi di diversi tipi di risposta alla perturbazione provocata dall'ingresso di un antigene nell'organismo. Si ritiene che i diversi meccanismi di attivazione possono portare, ad esempio, alternativamente ad una risposta umorale o ad una cellulo-mediata, all'instaurarsi o meno della memoria immunologica verso un c?rto antigene, alla formazione di patologie autoimmuni o al sorgere di tolleranza all'antigene stesso.
Il formarsi di diversi tipi di risposta ad un antigene dipende fortemente dal fatto che esiste un'alta variabilit? di condizioni che possalo determinare lo sviluppo della risposta immunitaria. In tessuti quali i noduli o follicoli linfatici esiste un elevato grado di organizzazione spaziale e di rapporti intercellulari che non sono irrilevanti rispetto a processi quali il riconoscimento, processamento e presentazione dell'antigene; questi fenomeni sono estremamente rapidi e si svolgono secondo modelli diversi, ad esempio, nella risposta primaria o secondaria. La susseguente attivazione dei centri germinativi e delle cellule della memoria, quando gi? presenti, ? modulata non solo da complesse interazioni cellula-cellula ma anche dalla struttura dello stroma che le circonda. L'effetto pieiotropico di numerose 1infochine deve essere considerato soprattutto influenzante processi locali: tali molecole sembrerebbero infatti secrete in "sinapsi" formantesi all?interfaccia tra cellule contrapposte e la loro azione sarebbe perci? rilevante soprattutto in situ e nel contesto dei processi di presentazione e riconoscimento dell'antigene.
Considerati collettivamente questi avvenimenti possono giustificare la scarsa efficacia di alcuni approcci terapeutici nello stimolare un'appropriata risposta immunitaria verso alcuni patogeni, o verso cellule tumorali, quando il sistema immunitario non ? in grado di riconoscere, processare e presentare l'antigene nei siti e secondo le modalit? di sviluppo della risposta immunitaria, possono generare fenomeni ncn desiderati come la tolleranza immunologica a certi patogeni, l'insorgere di imnunodeficienze o di fenomeni autoimmunitari.
Le cellule dendritiche (Dendritic Celi, DC) inizialmente descritte da Steinman e Cohn, pur costituendo una sottopopolazicne leucocitaria minore, sono ampiamente distribuite nell?organismo. A livello del sistema immunitario, le DC giocano un ruolo fondamentale nell'iniziare diversi tipi di risposta dato che sono altamente specializzate nell'indurre l'attivazione antigene-specifica e ristretta dal complesso maggiore di istocompatibilita (Major Histoccnpatibility Conplex, MHC) dei linfociti T e il rigetto mediato da linfociti T di organi trapiantati. Le DC effettuano questa loro azione migrando dagli organi periferici, dove normalmente risiedono, agli organi linfoidi dove le cellule T vengano normalmente attivate.
Le DC costituiscono perci? un sistema periferico di rilevamento e cattura dell'antigene estremamente efficace nell'attivare i linfociti T. Il processo di attivazione ? facilitato da alti livelli di espressione di molecole dell'MHC sia di classe I che II cos? come da molecole di adesione quali ICAM-1 (CD54) e LFA-3 (CD58). Le interazioni tra queste molecole ed i rispettivi controrecettori (CD3, CD4 e CD8, CD43, CD2) presenti sulla superficie dei linfociti T inducono l'attivazione e la maturazione funzionale di quest'ultimi (questi recettori seno descritti anche in "Current Protocols in Immunology" John E. Coligan et al Eds, Greene Publishing Associates, Brooklin, NY). Le DC esprimono anche alti livelli di molecole di restrizione meno polimorfiche cane Qa, Tl e CD1; a queste molecole sono stati trovati associati peptidi derivanti da antigeni di origine batterica. Queste caratteristiche sono coerenti ccn la funzione immunosorvegliante delle DC e con la propriet? delle DC di attivare linfociti T anche in assenza di adiuvante. Inoltre l'alto numero di molecole del MHC e di molecole di adesione giustifica la capacit? delle DC di aggregare i linfociti T e di attivarli in maniera specifica.
Le DC sono state caratterizzate e purificate da organi linfoidi e non linfoidi cos? come dal sangue e dai dotti linfatici. A livello dei singoli organi sia la nomenclatura che le caratteristiche morfologiche delle DC presentano una certa eterogeneit?. DC sono presenti nell'epidermide, a livello portale nel fegato, a livello interstiziale in molti organi (con l'esclusione del cervello), nel parenchima polmonare e nella lamina propria dell'intestino. Negli organi linfoidi le DC sono presenti nella milza, nel timo e nelle tonsille. Infine le DC possono essere ritrovate nei vasi linfatici afferenti, ma non in quelli efferenti oltre che nel sangue periferico. In tutti questi siti le DC costituiscono meno dell'uno percento della popolazione leucocitaria totale.
Lo studio delle funzioni fisiologiche delle DC sia in vitro che in vivo ? limitato dall'esigua proporzione di DC riscontrabile nei diversi organi e dalla laboriosit? dei processi di arricchimento. Tali metodiche sono per? estremamente laboriose e richiedono prelievi massioci di tessuti del donatore precludendone l'utilizzo su larga scala. Inoltre questi processi non permettono di ottenere una popolazione del tutto omogenea.
Queste difficolt?, cos? come il fatto che finora non esistono linee cellulari derivate da DC, ha reso difficile lo studio dei meccanismi fisiologici che presiedalo all'attivazione dei linfociti T vergini. Inoltre non ? stato ancora possibile identificare tutte quelle molecole di membrana e solubili prodotte dalle DC in grado di indurre l'espansione clonale antigene specifica dei linfociti T.
Risulta perci? evidente la necessit? di una metodica che permetta di ottenere linee cellulari derivate da DC partendo da colture primarie.
Tentativi infruttuosi in tal senso sono stati effettuati da Komatsubara et al (Microbiol. Inmunol. 32(8) , 869-875, 1988) che hanno inserito gli oncogeni v-src e Ha-ras in cellule dendritiche murine: le cellule trasformanti iimrartalizzate presentavano per? caratteristiche diverse da quelle delle cellule dendritiche.
Somnario dell?invenzione
Si ? ora trovata una metodica per l'ottenimento di linee cellulari aventi le caratteristiche fenotipiche e funzionali di leucociti capaci di presentare antigeni a cellule del sistema immunitario onde instaurare una risposta immunitaria contro l1antigene stesso o l'organismo da cui esso deriva. In particolare l'invenzione riguarda l'ottenimento di linee cellulari derivate da cellule capaci di presentare 1'antigene (Antigen Presenting Cells, qui di seguito chiamate APC), quali ad esempio le cellule dendritiche (Dendritic Cells, qui di seguito chiamate DC) mediante l'introduzione di materiale genetico esogeno o non normalmente espresso all'interno dei leucociti stessi che permetta di ottenere tali linee con alto grado di efficienza.
Le cellule descritte dalla presente invenzione hanno incorporato in esse ed esprimono materiale genetico esogeno. Tale materiale genetico esogeno permette di ottenere linee cellulari direttamente da colture primarie in cui le DC rappresentano una popolazione minoritaria, di renderle capaci di crescere in vitro illimitatamente e, a partire da colture primarie non arricchite in una determinata popolazione, di ottenere tali linee senza la necessit? di altri metodi di selezione.
In particolare, il materiale genetico esogeno che consente l?ottenimento dei risultati sopra citati deriva da vettori retrovirali contenenti l'oncogene v-myc.
Preferibilmente, il vettore retrovirale ? ottenuto per co-transfezicne di due retrovirus, almeno uno dei quali contiene l?oncogene v-myc.
Secondo una realizzazione specifica dell'invenzione il materiale genetico esogeno contiene un oncogene di origine retrovirale fuso ad una porzione codificante per una glicoproteina di origine retrovirale. Nella fattispecie le due proteine sono l'oncogene v-myc e la proteina env derivata dal retrovirus di origine aviaria MH2 (T. Graf e D. Stehelin, Biochim. Biophys. Acta,voi. 516,p. 269-299 (1982) e dal retrovirus murino AKR (R. Risser et al., Ann. Rev. Genet., voi. 17, p. 85-121 (1983) e in "RNA Tumor Viruses", R. Vfeiss et al. (de.), 2nd ed., Gold Spring Harbor et al. (1985)). Pi? in particolare, come schematizzato di Figura 7, i retrovirus MH2 e AKR seno cotrasfettati in macrofagi murini come descritto da Righi et al., Oncogene voi. 4, 223-230 (1989). Si ? ottenuta una linea cellulare che produce un complesso di retrovirus (3RV) capaci a loro volta di immortalizzare cellule dello stesso tipo (Righi et al.,Eur. J. Immunol.,voi. 19,p. 1443-1448).
Medianteinfezione di macrofagi di cervello con questo complesso di retrovirus si ottiene la linea cellulare Nll, la quale a sua volta produce il virus VNII (Righi et al., Oncogene, voi. 6, 103-111, 1991) che ? in grado di immortalizzare macrofagi (L. Pirami et al. Proc. Nati. Acad. Sci USA voi. 88, 7543-7547, 1991). La linea cellulare Nll ? stata depositata ai sensi del Trattato di Budapest presso la European Collection of Animai Celi Cultures, Salisbury, GB, il 12.5.1993, al numero di accesso 93051207.
Il virus VNll pu? essere utilizzato per immortalizzare direttamente le cellule dendritiche oppure pu? essere clonato molecolarmente in un vettore capace di transfettare linee cellulari "packaging" che producono vettori retrovirali a loro volta capaci di transfettare cellule dendritiche.
La transfezione di queste ultime pu? essere ottenuta co-coltivando le cellule dendritiche con cellule "packaging". Esempi di linee cellulari "packaging" impiegabili in accordo con la presente invenzione sono la linea cellulare psi2, descritta in "Experimental Manipulation of gene expression" M. Inouyl (ed), p. 155-173 (1983) ed in: R. Mann et al., Celi, voi. 33, p. 153-159 (1983);un derivato equivalente della linea cellulare psi2, denominato psi am, ? descritto in R. Clone et al., Proc. Nati. Acad. Sci. USA, voi. 81, p. 6349-6353 e depositato presso la American Type Culture Collection (Rockville, MD-USA; deposito N. CRL8859).
Le linee cellulari oggetto della presente invenzione sono state ottenute introducendo il materiale genetico esogeno in cellule ?venti tra le loro propriet?,ma ncn a queste limitate, le funzioni e le caratteristiche di APC e la capacit? di stimolare, in condizioni opportune, cellule del sistema imnunitario quali ad esempio i linfociti T. Un tipo preferito di APC ? costituito dalle cosiddette cellule dendritiche. In accordo con quanto sepra specificato, il materiale genetico esogeno ? stato introdotto in DC che possono stimolare cellule del sistema irrtnunitario, ad esempio linfociti T, quando vi sia associazione di peptidi con molecole presenti sulla superficie delle cellule in cui ? stato introdotto il materiale genetico esogeno. Nella presente invenzione sono ccmprese sia le cellule dendritiche in generale che i loro sottotipi quali le DC follicolari, le DC dei centri germinativi, le DC interstiziali, le DC del sangue periferico, le DC interdigitate degli organi linfoidi, le cosiddette cellule vellutate dei vasi linfatici e le cellule di Langherans.Con questo non si intende che l'organo di provenienza possa costituire una limitazione dell'invenzione stessa.
Il materiale genetico esogeno introdotto in tali cellule, secondo una realizzazione preferita dell'invenzione, oltre a conferire alle cellule dendritiche la capacit? di crescere illimitatamente permettendone perci? la selezione, pu? contenere anche materiale genetico di differenti specie. Questo materiale genetico pu? essere stato modificato in modo da alterarne il prodotto e/o permetterne l'espressione nelle linee cellulari ottenute; queste modificazioni possono quindi permetterne l'espressione costitutivamente o dopo stimolazione. Il prodotto di tale materiale pu? essere qualsiasi polipeptide, in particolare un antigene o un peptide da esso derivato, una linfochina o una proteina di,membrana. Secondo un ulteriore aspetto dell'invenzione, ? altres? possibile introdurre il materiale genetico esogeno di cui sopra in altre APC capaci di stimolare il sistema immunitario cane, ad esempio, i macrofagi. E1 inoltre possibile introdurre tale materiale genetico esogeno in cellule che normalmente non stimolano cellule del sistema iirmunitario ma che possano essere stette modificate o indotte in modo da ottenere tale effetto.
Le linee cellulari oggetto della presente invenzione possiedalo numerosi vantaggi che le rendano particolarmente utili.
Per esempio le linee cellulari dell1invenzione possono essere utilizzate per stimolare ex vivo linfociti T in modo antigene specifico. In questo modo potrebbe essere possibile espandere linfociti T specifici verso antigeni che normalmente non sano in grado di generare una risposta immunitaria o che generano una risposta immunitaria insoddisfacente, come ad esempio certi tumori, oppure verso antigeni che presenterebbero rischi o effetti collaterali se introdotti direttamente nell'organismo ospite. I linfociti T cos? attivati possono essere reintrodotti nell'organismo dal quale sono stati prelevati e possono quindi generare all'interno dell'organismo una risposta immunitaria adeguata.
Un ulteriore esempio ? rappresentato dall'introduzione diretta delle cellule oggetto della presente invenzione nell'organismo allo scopo di stimolare i linfociti T direttamente in vivo. In questo modo pu? essere possibile superare deficienze nell'induzione della risposta immunitaria dovute a difetto di attivazione. L'antigene pu? essere somministrato contestualmente o separatamente o, nel caso di un agente patogeno, pu? essere gi? presente nell'organismo. Un ulteriore vantaggio di queste linee cellulari deriva dal fatto che l'antigene pu? essere aggiunto alle cellule in vitro prima dell'introduzione dell'organismo ospite in modo da limitare la quantit? di antigene necessaria o evitando di introdurre 1'antigene libero.
Un vantaggio ulteriore posseduto da queste linee cellulari consiste nella possibilit? di introduzione di materiale genetico che esprima direttamente l'antigene prescelto all'interno del citoplasma delle cellule in modo da facilitare il legame dei peptidi antigenici con molecole del MHC e facilitare il tipo di induzione desiderata. In questo modo sarebbe pertanto possibile somministrare antigeni di difficile purificazione o la cui somministrazione fosse rischiosa oppure che, se introdotti nell'organismo naturalmente e/o artificialmente (es. nelle vaccinazioni), non riescono ad indurre una risposta immunitaria efficace a causa di difficolt? nella presentazione dell'antigene stesso ai linfociti T. In tale modo pu? essere anche possibile generare una memoria immunologica diretta contro quei patogeni che riescono a sfuggire al controllo della risposta immunitaria. Questo tipo di "vaccinazione cellulare" pu? essere particolarmente rilevante nel caso di patogeni intracellulari quali, ad esempio, i micobatteri o i virus.
Un ulteriore vantaggio di queste linee cellulari ? la possibilit? di introdurre anche un gene che esprima un prodotto in grado di modulare la risposta immunitaria quale ad esempio una citochina; inoltre, grazie alle propriet? migratorie delle cellule dendritiche, la produzione di tale molecola pu? essere indirizzata in siti anatomici particolari come i centri germinativi. A questo vantaggio si aggiunge quello1di poter esprimere tale molecola soprattutto in prossimit? di linfociti T antigene specifici. Inoltre l'espressione di tali molecole pu? essere posta sotto il controllo di un promotore la cui induzione ? regolata da segnali provenienti dall'esterno della cellula, cerne ad esenpio avviene a seguito dall'interazione tra recettori di membrana e liganti.
Le cellule dell1invenzione possono essere rese MHC negative con tecniche note (A. Moretta et al.# Proc. Nat. Acad. Sci. USA 84, 1654, 1987) cos? da poter essere successivamente transfettate con geni MHC prescelti per attivare in maniera antigene specifica e MHC ristretta cellule T del sistema immunitario;
Descrizione delle figure
Figura 1: a) parziale mappa di restrizione del vettore retrovirale MIB-psi-Nll.
b) Analisi mediante Northern blot della linea cellulare CBl in accordo all'invenzione utilizzando un probe specifico per il gene di origine aviaria v-myc-MH2:
A) cellule CBl;
B) controllo positivo.
I trascritti di taglia genomica e subgenomica sono indicati dalle frecce.
Figura 2: a) FACS analisi di cellule CBl (B) colorate con l'anticorpo monoclonale N418 rispetto al loro controllo (A) e con 1'anticorpo monoclonale 33D1 (D) rispetto al controllo (C).
b) analisi iimrunoistochimica delle cellule CBl utilizzando gli anticerpi 2A1 (A) e M342 (C) e comparate con i controlli relativi, rispettivamente (B) e (D).
c) analisi mediante FACS delle cellule CBl (C) utilizzando un monoclonale antil-Ad dopo trattamento con mrGM-CSF conparato con i rispettivi controlli (A) o con cellule CBl non trattate (B).
Figura 3: a) analisi mediante PCR della trascrizione del gene B7/BB1 da splenociti non trattati (A) o trattati (B) con LPS, cellule A20 non trattate (C) o trattate (D) con LPS e da cellule CB1 non trattate (E).
b) analisi mediante Southern blot dei prodotti ottenuti mediante PCR utilizzando un oligonucleotide interno al gene B7/BB1 cane sonda; splenociti attivati con LPS (A); cellule attivate con LPS (B); cellule CBl non attivate (C).
Figura 4: a) saggio MLR;
b) saggio di attivazione di linfociti T antigene specifica.
Figura 5: Induzione di sensibilit? da contatto (SC) mediante cellule CBl modificate con FITC (a) o DNBS (b).
Figura 6: Schema di produzione del vettore retrovirale MIB-psi2-Nll.
Descrizione dettagliata dell1invenzione
A partire da colture primarie in cui le APC, ed in particolare le DC, costituiscono una frazione relativamente bassa, ? possibile incorporare in cellule capaci di presentare antigeni a linfociti T (quali, ad es. le DC in generale e pi? in particolare loro sottopopolazioni quali le cellule dendritiche follicolari, quelle interstiziali, quelle del sangue periferico, le cellule interdigitate degli organi1inioidi e le cellule vellutate dei vasi linfatici afferenti cos? come le cellule di Langerhans) materiale genetico esogeno che sia in grado di permettere l'isolamento di linee cellulari derivate da DC. Le cellule cos? ottenute sono in grado di mantenere le caratteristiche funzionali e fenotipiche proprie delle APC ed in particolare delle DC. Le colture primarie posseno essere ottenute da una sospensione di cellule di milza. In tal modo dopo circa tre settimane ? possibile clonare ed isolare linee cellulari che discendano dalle DC presenti nella coltura primaria originale.
Cerne prima specificato, i vettori retrovirali in accordo all1invenzione possano derivare da una combinazione di diversi retrovirus, compresi retrovirus ibridi generati mediante ricambinazione spontanea in vitro. Un'ulteriore possibilit? censiste in retrovirus in cui i geni abbiano dato origine a prodotti di fusione. Questo tipo di eventi pu? essere ottenuto infettando cellule della linea mieloide con retrovirus diversi secondo la tecnica descritta (E.Blasi et al., Nature 318, 667-669 e M.Righi et al., Oncogene 4, 233-230) secondo i meccanismi descritti in Weiss et al., eds. "RNA Tumor Viruses", 2nd ed. (Cold Spring Harbor Laboratory, 1985). Una limitazione di queste tecniche consiste nell'uso di neteriale genetico non caratterizzato che, una volta introdotto nella cellula bersaglio, pu? a sua volta dare origine ad una progenie virale. Entrantoi questi aspetti costituiscono caratteristiche non desiderate qualora si vogliano utilizzare le linee cellulari ottenute per scopi differenti, particolarmente quando le si voglia introdurre in un organismo ospite.
La presente invenzione ? in grado di soddisfare queste necessit?. In particolare uno dei provirus in grado di codificare per un prodotto capace singolarmente di indurre crescita in vitro di DC ? stato clonato molecolarmente in un derivato del fago lambda. L'inserto, contenente l'intero genoma del virus fiancheggiato da regioni provenienti dal genoma della cellula murina da cui ? stato derivato, ? stato suecessivamente trasferito nel vettore pUC18. Il plasmide cos? ottenuto ? stato quindi transfettato in un derivato della linea cellulare psi2 che conferisce un limitato ecotropismo. Questa linea ? in grado di produrre particelle virali a condizione che sia stata trasformata con un genoma retrovirale contenente in trans informazioni utili per 11encapsidazione. Le particelle virali prodotte sono a loro volta in grado di infettare, limitatamente al loro tropismo, cellule dendritiche inducendone la proliferazione in vitro e permettendo l'isolamento di linee da queste cellule derivate.
Il clonaggio molecolare del provirus permette il superamento dell1ostacolo rappresentato dal tropismo utilizzando tecniche alternative di introduzione di materiale genetico esogeno cane l'elettroporazione, la fusione cellulare mediante protoplasti e la precipitazione mediante calciofosfato.
Ad esempio, le linee cellulari oggetto della presente invenzione possono essere ottenute cocoltivando le colture primarie contenenti le DC in presenza di cellule psi2 producenti il vettore retrovirale oppure introducendo il materiale genetico esogeno in cellule dendritiche.
Il plasmide contenente il profago pu? essere modificato in modo da introdurre materiale genetico proveniente da specie differenti prima della sua introduzione nelle cellule psi2. Tale materiale genetico verr? sua volta introdotto nelle DC presenti nella coltura primaria. Il materiale genetico introdotto pu? essere ad eserrpio costituito da un marker genetico, un enzima che permetta 1?identifreazione o la selezione delle cellule trasformate o un gene in grado di produrre un polipeptide che pu? anche essere secreto all'esterno della cellula. Tale materiale pu? anche contenere regioni regolatorie o in grado di stabilizzare il mRNA prodotto. Un esempio di prodotto che potrebbe essere particolarmente utile esprimere in cellule dendritiche ? costituito in particolare da un antigene o da un peptide da esso derivato, da 1infochine o da una o pi? proteine di membrana.
Tra i cloni che seno stati ottenuti uno in particolare, denominato CB1, ? stato caratterizzato pi? in dettaglio anche mediante l'uso di anticorpi specifici per marker di superficie o intracellulari. Nel caso di linee derivate da cellule dendritiche possono essere utilizzati gli anticorpi N418 (Metlay et al. J.Exp.Med. 171, 1753-1771) 33D1 (Nussweig, MC et al. Proc.Nati.Acad.Sci.USA 79, 161-), M342 (Agger, R. et al J.of Leukoc.Biol. 52, 34-42) and 2A1 (Inaba, K et al. J.Exp.Med. 175, 1157-1167). L'utilizzo di questi anticerpi cos? cane quelli che riconoscono altri marcatori specifici di linee diverse indica che la linea CB1 presenta molte delle caratteristiche riportate per le cellule di Langherans (De Panfilis et al. J.Invest.Dermatol. 93, 60-69) e per le DC (Inaba K. et al. J.Exp.Med. 176, 1693-1702).
La scarsa attivit? di fagocitosi e chemotassi della linea CB1 indica che queste cellule non seno di origine macrofagica ma che possiedono un fenotipo simile a quello delle DC (Steinman, RM et al. J.Exp.Med. 137, 1142-1162).
La forte attivit? stimolatoria delle DC ? stata in parte collegata alla presenza della proteina di membrana B7/BB1 che ? stata identificata su numerosi tipi di APC (Linsley, PS et al., J.Exp.Med. 173, 721-730; Girmi, 03 et al., Proc.Nati.Acad.Csi.USA 88, 6575-; Lindsley, PS et al., Science 257, 792-795) ed ? considerata essenziale nell'indurre la proliferazione di linfociti vergini T in saggi MLR (Mixed Lynphocyte Reaction) e nell'indurre una risposta proliferativa antigene specifica in linfociti che esprimono il marker CD4 (Larsen, CP et al., J.Exp.Med.
176, 1215-1220). E1possibile, ad esempio, misurare la sint?si della molecola B7/BB1 nelle cellule CBl mediante l'analisi basata sulla PCR (Polymerase Chain Reaction) utilizzando oligonucleotidi sintetici senso ed antisenso corrispondenti alla sequenza murina del gene B7/BB1 e confrontando il risultato con quello di splenociti attivati con LPS a con cellule A20. Il risultato indica che soltanto nelle cellule della linea CBl il gene B7/BB1 ? espresso costitutivamente. In alternativa ? possibile utilizzare un anticorpo specifico per l'antigene B7 per misurare, mediante citofluorimetria a flusso, l'espressione della proteina sulla membrana cellulare.
La forte attivit? stimolatoria delle DC in una MLR primaria (Steinman, RM et al. J.Exp.Med 157, 613-617) ? una delle caratteristiche di questo tipo di cellule.La linea cellulare CBl possiede una buona attivit? di stimolo nell'indurre una risposta proliferativa primaria in linfociti T in vitro in una reazione allogenica di tipo MLR.
Un'ulteriore caratteristica funzionale delle DC risiede nella capacit? di stimolare in maniera antigene-specifica sia linfociti T attivati dal primo contatto con l'antigene che linfociti T vergini (Renani, N et al., J.Exp.Med. 169, 1169-1178; de Brujin, MLH et al., Eur.J.Immunol.
22, 2347-2352; Croft, M., J.Exp.Med.1765, 1431-1437).
Le linee cellulari oggetto della presente invenzione possono essere utilizzate per indurre in vivo una risposta primaria antigene-specifica e senza l'ausilio di adiuvanti. Le DC possono essere somministrate in vivo dopo essere state condizionate in vitro mediante esposizione all'antigene. Esse risultano capaci di processare e presentare un antigene nativo come la mioglobina di sperma di balena ad un clone T specifico per questo antigene.
Le DC sono anche in grado di indurre risposte cellulo-mediate quali la sensibilit? a contatto (Sullivan, S et al., Immunol. 137, 2460-2467), il rigetto di trapianti allogenici (Lechler, RI et al. J.Exp.Med. 155, 31-; Larsen, C.P. et al., J.Exp.Med. 172, 1483-), l'attivazione di linfociti T ristretta al MHC (Inaba, K. et al. 172, 631-) e la produzione di anticorpi mediata da linfociti T (Somasse, et al. J.Exp.Med. 175, 15-21). La sensibilit? a contatto (CS) ? in particolare tipo di risposta imminitaria ritardata che avviene quando l'organismo ? immunizzato a livello epicutaneo e riceve successivamente una stimolazione con l'aptene reattivo (Sullivan, S., et al. J.Immunol. 137,2460-2467). E' possibile evidenziare CS anche quando cellule di Langherans o DC sono coniugate in vitro con l'aptene e quindi iniettate in un organismo singenico (Macatonia, S.E., Immunology 59, 509-514). Le cellule CBl poste in presenza di FITC o di DNBS e quindi iniettate s.c. in tcpi singenici nativi sono in grado di indurre una risposta primaria di tipo SC.La risposta ? misurata come inspessimento dell'orecchio del topo in cui le cellule seno state iniettate; 10000 cellule sono sufficienti per indurre una risposta SC. Questa risposta ? antigene specifica perch? cellule CBl non trattate non seno in grado di generare induzione. Pertanto le cellule CBl sono capaci di indurre in vivo l'attivazione dei linfociti T vergini.
Le linee cellulari, ottenibili in accordo all'invenzione, possiedalo numerosi vantaggi che le rendono particolarmente utili.
Ad esempio la linea cellulare CBl pu? essere utilizzata per stimolare ex vivo linfociti T in modo antigene specifico. Un ulteriore esempio ? rappresentato dall'introduzione diretta delle cellule dendritiche oggetto della presente invenzione nell'organismo allo scopo di stimolare i linfociti T direttamente in vivo. L'antigene pu? essere somministrato contestualmente o separatamente o, nel caso di un agente patogeno, pu? essere gi? presente nell'organismo. Un ulteriore vantaggio della linea cellulare CBl deriva dal fatto che 1'antigene pu? essere somministrato direttamente in vitro prima dell'introduzione dell'organismo ospite in modo da limitare la quantit? di antigene necessaria o evitando la necessiti introdurre l'antigene nell'organismo.
Il clonaggio molecolare del provirus offre l'ulteriore vantaggio di poter introdurre modificazioni e quindi di essere utilizzato come vettore retrovirale.
Le linee cellulari dell'invenzione possono essere utilizzate nell'isolamento di componenti o prodotti normalmente non ottenibili a causa della limitata proporzione di APC, in particolare DC, all'interno degli organi dove queste cellule sono state evidenziate.
ESEMPI
I seguenti esempi sono intesi unicamente ad illustrare l'invenzione ed i modi attraverso i quali essa pu? essere realizzata, ma non devono essere intesi come una limitazione dei metodi atti ad ottenere l'invenzione stessa. Allo scopo di senplificare la oonprensione dell'invenzione, nei paragrafi precedenti gli esempi sono riportate alcune delle tecniche ed dei metodi che seno applicati, essenzialmente nello stesso modo, negli esempi stessi.
Le cellule descritte sono ottenibili commercialmente o sono state precedentemente descritte. Le cellule sono generalmente coltivate in RPMI, contenente 2 mM B-Mercaptoetanolo, 10% di siero fetale bovino inattivato al calore e mantenute a 37?C in atmosfera umidificata contenente il 5% di C02.
Tecniche di DNA ricombinante
Quando disponibili, i reagenti sono testati per essere compatibili con tecniche di DNA riccmbinante o sono "analytical grada" in tutti gli altri casi. Se non indicato diversamente, terreni di crescita liquidi e solidi e soluzioni seno preparati in accordo con Maniatis T., Fritsch E.F. and Sambrook J., Molecular Cloning, a Laboratory Manual, Cold Spring Hafbor Laboratory (1982), da qui in poi definito "Maniatis et al. ". Quando non indicato diversamente vetreria e materiale da laboratorio sono preparati e conservati come indicato nella stessa referenza. Tecniche di analisi imnunologica
Quando disponibili, ii reagenti sono ccrpatibili con tecniche di coltura cellulare o sono "analytical grade" in tutti gli altri casi. Se non indicato altrimenti, i terreni per le colture cellulari, le soluzioni tampone e di lavaggio, e le altre tecniche impiegate sono state eseguite in accordo con quanto riportato in Coligan J.E. et al., "Current Protocols in Iimrunology" 1992 (J.Wiley and Sons, Ine.; Media, PA-USA) da qui in poi definito "Coligan et al.". Quando non indicato diversamente vetreria e materiale da laboratorio sono preparati e conservati cane indicato nella stessa referenza.
ESEMPIO 1: costruzione di un vettore retrovirale in grado di indurre crescita in vitro di APC.
Una libreria di DNA genomico della linea cellulare Nll (Righi M. et al-, Eur.J.Inmunol. 19:1443-1448; Righi M. et al. Oncogene 6:103-111) nel plasmide pUCl8 ? stata preparata secondo le tecniche note nell'arte (cfr. Hieter P.H. et al, Celi 22, 197-207 e Maniatis et al). Tecniche per lo screening della libreria e per la preparazione del probe mediante nick-translation seno note e descritte in Maniatis et al. Il prodotto della legazione tra i franmenti di DNA genomico generati mediante digestione con Hind3 e EcoRI ed inseriti nel plasmide pUC18 linearizzato nello stesso modo tato usato per trasformare cellule batteriche del ceppo di E. coli HB101 rese conpetenti per l'incorporazione di materiale genetico esogeno (cfr. Maniatis et al.). Le cellule sono quindi piastrate su terreno solido LB-agar contenente ampicillina ad una diluizione tale che permetta di ottenere singole colonie isolate :tra loro. Dopo crescita a 37?C per 18h le colonie seno trasferite a filtri di nitrocellulosa (Schleicher and Schuell Co.). I filtri sono asciugati, lavati e trattati sotto vuoto a 70?C (cfr. Maniatis et al.). La preibridazione, 1'ibridazione con un probe marcato derivato da un framnento derivato dal gene myc-MH2 contenuto nel plasmide pMH2Hd sono eseguite in accordo con Maniatis et al.
Dopo opportuni lavaggi i filtri sono asciugati ed esposti a film per raggi X che vengono quindi sviluppati dopo 12-24h. Da questo screening le colonie che vengono trovate positive in una identica posizione su filtri ottenuti in duplicato sono isolate e strisciate su piastre di LB-agar contenente ampicillina allo scopo di ottenere colonie sicuramente generate da una singola cellula trasformante. Queste colonie sono quindi soggette ad un secondo ciclo di selezione identico a quanto descritto precedentemente. Praticamente tutte le colonie hanno generato un segnale positivo nel secondo ciclo di screening. Una di queste ? stata prescelta per studi ulteriori e denominata p316 (Figura 7).
L'inserto ? stato completamente sequenziato secondo la tecnica descritta da Sanger utilizzando reagenti ottenibili contnercialmente e seguendo i protocolli del produttore.
ESEMPIO 2 - Ottenimento di una linea producente il vettore retrovirale ???-^?-?11
Brevemente, il genoma del virus VN-11 clonato nel piasmide p316 ? stato co-transfettato assieme al gene neo, derivato dal transposone ??5 e conferente resistenza all'analogo dell'antibiotico neamicina G418, nella linea cellulare^psi. Tale linea ? in grado di formare particelle virali infettive quando trasformata con un materiale genetico esogeno contenente informazioni in trans per 1'inclusione dell'RNA prodotto nella particella virale. I cloni trasformati sono stati dapprima selezionati per la capacit? di crescere in presenza dell'antibiotico G418 e successivamente per la presenza di RNA gencmico codificato dal provirus VN-11 utilizzando un pr?be specifico per il gene v-myc-MH2. Il vettore retrovirale cos? prodotto ? stato denominato MIB-psi2-Nll .
ESEMPIO 3 - Produzione di una linea di cellule dendritiche mediante il vettore retrovirale MIB-J^2-N11.
Una preparazione di cellule di milza ? stata preparata da topi /
DBA/2 (Charles River, Italia) lisando le cellule in cloruro d'ammonio onde eliminare gli eritrociti secondo la tecnica nota (cfr. Coligan et al.)- Le cellule seno state quindi risospese in RPMI 1640 (Sigma) contenente 10% di siero fetale bovino (Gibco), glutamina, streptomicina e penicillina, 0.5 mM B-Mercaptoetanolo e piastrate in piastre di Petri da 35mm ad una concentrazione di 1 milione/mi. L'infezione con il vettore retrovirale MIB-psi2-Nll ? stata effettuata filtrando il sovranante ottenuto dopo 24h di coltura di cellule coniluenti della linea producente il virus e diluendo tale terreno in un rapporto 1:1 oon terreno completo contenente 10ug/ml di Polybrene. Dopo un'ora di incubazione a 37?C in un incubatore umidificatocon atmosfera di C02 al 5%, un volume pari alla met? ? stato aggiunto e regolarmente cambiato due volte la settimana. Durante la prima settimana il terreno destinato alle cellule infettate ? stato supplementato con il 10% di terreno proveniente da colture di cellule L929.6C; questa aggiunta ? stata ridotta al 5% nelle due settimane successive e gradualmente eliminata. Circa dopo 20-30 giorni dall'infezione, numerosi foci isolati di cellule in grado di dividersi sono stati osservati permettendone l'isolamento; questi cloni seno quindi stati trattati con tripsina onde ottenere una sospensione unicellulare e ripiastrati nelle medesime condizioni di coltura. I cloni unicellulare e ripiastrati nelle medesime condizioni di coltura. I cloni cos? ottenuti possono essere ritenuti sufficientemente stabilizzati dopo 5-10 passaggi in vitro. Una volta stabilizzati questi eleni sono stati piastrati in piastre da 96 pozzetti mediante diluizione al punto limite e analizzati morfologicamente.
ESEMPIO 4: analisi citcmorfologica di linee di cellule dendritiche.
Cellule dendritiche clonate seno state fatte crescere in fiaschette da coltura (Nunc) e quindi fissate e processate per microscopia elettronica a scansione o trasmissione secondo metodiche standard. I campioni sono stati analizzati mediante un microscopio a trasmissione Philips EM400 o mediante un microscopio a scansione Philips XL-40. Uno di questi cloni ? stato selezionato per studi ulteriori e denominato CBl.
ESEMPIO 5: analisi immunoistologica di linee di cellule dendritiche.
Il clone denominato CBl ? stato caratterizzato pi? in dettaglio mediante l'uso di antioorpi specifici per marcatori di superficie o intracellulari delle cellule dendritiche quali gli anticorpi N418, 33D1, M342 e 2A1. Questi anticorpi seno stati precedentemente descritti nelle referenze riportate pi? sopra ed ottenuti dagli Autori e sono stati marcati prima dell'uso con biotina utilizzando le tecniche descritte {cfr. Coligan et al.). Brevemente, 1000000 di cellule vengalo incubate a temperature ambiente per 15' in PBS contenente il 10% di siero di topo non immune; successivamente questa soluzione viene sostituita con 1'anticorpo primario marcato con biotina in PBS contenente 0.1% w/v BSA (Sigma) ed il campione viene incubato per 30' a 4?C quindi le cellule vengono lavate tre volte con PBS contenente BSA 0,1% w/v (PBS/BSA) ed incubate per dina/Phycoeritrina (Boehringer) in accordo con le istruzioni del produttore. Le cellule vengono quindi analizzate mediante citofluorimetria flusso laser indotta (FACSort, Beckton e Dickinson); le cellule morte vengono eliminate dall'analisi dei dati pretrattandole con prcpidio ioduro.
ESEMPIO 6:analisi immunoistochimica del clcne CBl.
Per l'analisi di marcatori intracellulari le linee di cellule dendritiche CBl sono state cresciute nelle condizioni precedentemente descritte su vetrini ccprioggetto sterili e quindi fissate in acetone per 2' a temperatura ambiente. Le cellule sono state quindi incubate con il primo anticorpo per Ih a temperatura ambiente in PBS contenente 1% di siero di topo non immune, lavate tre volte con PBS/BSA e quindi incubate con anticorpi di topo marcati con perossidasi e prodotti contro immunoglobuline di ratto (quando ? usato l'anticorpo 2A1) o contro immunoglobuline di criceto (quando ? usato 1'anticorpo M342). Successivamente le cellule sono incubate in presenza di diaminobenzidina onde evidenziarne l'eventuale positivit?.
ESEMPIO 7: Analisi mediante PCR dell'attivit? tracrizionale del gene B7/BB1.
Splenociti, cellule A20 o cellule della linea CBl sono state cresciute nelle condizioni precedentemente descritte in presenza di LPS 10pg/ml (E.coli, B5:055; Sigma). Dopo 72h le cellule sono state raccolte, lavate in PBS e il mRNA poliadenilato ? purificato mediante cromatografia su oligo(ctr) legato a biglie magnetiche utilizzando reagenti e componenti Promega e seguendo le istruzioni del fabbricante. La quantit? di purezza di RNA cos? ottenuta ? stata controllata mediante analisi allo spettrofotometro a 260nm e mediante elettroforesi su gel di agarosio. La sintesi del cDNA ? stata eseguita utilizzando un primer di oligo(dT), trascrittasi inversa di AMV e mediante kit (Prcmega) seguendo le istruzioni del produttore e in accordo con Maniatis et al. La reazione di PCR ? stata eseguita in un volume di 50 ?? contenenti 2,5 ?? di cDNA, 5 ?? di tampone per PCR 10X (Perkin Elmer), l,5mM Mg++ 0,25mM dNTPs, 1.5U Taq DNA polimerasi (Boehringer) e 25pmol di ognuno dei due primer specifici cos? cerne descritti precedentemente (Larsen C.P. et al., J.Exp.Med. 176, 1215-1220). Gli oligomucleotidi seno stati sintetizzati mediante sintesi autcmatica su scala 0,2 pinoli (Applied Biosystem, Mod.391). Le condizioni utilizzate per la reazione PCR (40 cicli) sono: 1' 9545" a 561' a 72(DNA Thermal Cycler, PerkinElmer). I campioni sono stati analizzati mediante elettroforesi su gel di agarosio contenente bromuro d'etidio 0,5 pg/ml e visualizzati su un transilluminatore a UV a 305nm. I prodotti della reazione sono state successivamente analizzati mediante analisi secondo Southern (cfr. Maniatis et al.) utilizzando come sonda un oligcnucleotide interno al gene B7/BB1 carte descritto da Larsen C.P. et al. nella referenza riportata. ESEMPIO 8: analisi della capacit? stimolatoria in vitro della linea CB1.
Il saggio MLR (Mixed Lymphocyte Reaction) ? stato effettuato utilizzando una sospensione di cellule di milza ottenute carte precedentemente descritto da topi allogenici C57HL/6- Cellule della linea CB1 o delle linee macrofagiche MT2/1 e BMB6 e cellule di milza ottenute da topi Balb/c sono state utilizzate cane cellule stimolanti pretrattandole con Mitomicina C, 25 pg/ml, per 20' a 37?C in provette di polistirene. Dopo il lavaggio le cellule stimolanti sono lavate con terreno completo, e piastrate in piastre da 96 pozzetti a fondo piatto a dosi decrescenti contemporeneamente a 300000 cellule/mi di cellule T derivate da topi C57HL/6. Le cellule sono cos? cocoltivate in presenza di terreno completo contenete 2,5 pCi/ml di 3H-TdR. Le cellule T sono state ottenute dalla sospensione di cellule spleniche mediante purificazione su membrana di nylon.Le cellule sono state quindi incubate per 72h nelle condizioni precedentemente descritte, filtrate su filtro di lana vetro e la radioattivit? incorporata misurata mediante conteggio in scintillazione liquida (Betaplate), (LKB-Wallac).
Il saggio di presentazione dell'antigene ? stato effettuato aggiungendo dosi decrescenti, a partire da 0,5 ??, di mioglobina di spenna di balena a 10000 cellule APC (CBl, ??2/1, BMB6 o cellule di milza aderenti a membrana di nylonpurificate da sospensioni di milza ottenute da topi Balb/c cerne sopra descritto) preattivate cesi 100U/ml di IFN-^f o 200 pg/ml di mrGM/CSF. Le APC preattivate sono state quindi cocoltivate ccai 10000 cellule dell1ibridoma murino T-T 13.26.8 (ottenuto dalla Dr. Alexandra Livingstone, Basel Institute for Immunology, Basilea, Svizzera) in piastre da96 pozzetti a fondo piatto. Dopo 24 ore di crescita in terreno Iscove (Sigma) contenente antibiotici, glutamina e B-mercaptoetanolo cerne precedentemente riportato oltre al 5% di siero fetale bovino, 100 ?? di sovranatante da ogni pozzetto vengono trasferiti a piastre da 96 pozzetti contenenti cellule della linea IL-2 dipendente HT.2 ed analizzati per il contenuto di IL-2 secondo la tecnica descritta (cfr. Coligan et al) usando un saggio colorimetrico basato su MIT (Sigma).
L'attivit? fagocitica o chemotattica delle cellule CB1 ? stata comparata a quella della linea macrofagica MT2/1. L'attivit? fagocitica ? stata misurata utilizzando particelle Zymosan opsonizzate o meno con NMS (cfr. Coligan et al.); l'indice di fagocitosi (P.I.) ? stato quindi misurato mediante osservazione al microscopio. L'attivit? chemotattica ? stata valutata come risposta a Formylpeptide (0,1 pM), rMCP (10ng/ml) o PAF (lOnM) secondo le tecniche descritte (cfr.Coligan et al,).
La sintesi di INF nel mezzo di coltura ? stata misurata mediante un ELISA (Genzyme) specifico per TNF murino e seguendo le istruzioni riportate dal produttore. La produzione di IL-1B ? stata monitorata mediante ELISA seguendo la metodica precedentemente descritta (Gnocchi P. et al., Lymphokine and Cytokine Res. 11, 257-263).
ESEMPIO 9: analisi della capacit? della linea cellulare CBl di indurre risposte T dipendenti in vivo.
Cellule CBl sono state derivatizzate con 200ug/ml di FITC (Sigma) o con lmg/ml DNBS (2,4-dinitro benzene sulfonic acid, Eastman Kodak) per 30' a 37?C in accordo con la metodica precedentemente descritta (Macatonia S.E. et al, Immunology 59, 509-514 e Girolimcni G. et al., Dip. di Dermatologia, Universit? di Modena, Italia), 100000 cellule sono state quindi inoculate in un volume di 250 ?? di HBSS (Sigma) dorsalmente s.c. in ogni topo DBA/2, C57HL/6 o C3H/Hen. Dopo 5 giorni, topi iniettati con cellule derivatizzate o con cellule non derivatizzate come controllo sono stati quindi trattati coi 25 pg di FITC o con 15 pg di DNFB (2,4-dinitro -1-fluorobenzene, Sigma) su entrambi i lati di ogni orecchio. Lo spessore dell'orecchio tato misurato con un micrometro immediatamente prima del trattamento e dopo 24, 48 e 72 ore.
La scarsa attivit? di fagocitosi e chemiotassi della linea CBl indica che queste cellule non sono di origine macrofagica ma che possiedono un fenotipo simile a quello descritto per le DC (Steinman, RM et al. J.Exp.Med. 137, 1142-1162).
ESEMPIO 10: possibilit? di ottenere delle varianti di cellule dendritiche MHC (mutanti di delezione nei geni MHC)
Cellule in coltura sono state mutagenizzate mediante irradiazioni g con dosi variabili da 300 a 1000 rad di ma sorgente di Cesio e selezionate negativamente con anticorpi anti molecole MHC di classe I e II e successivo trattamento con ccnplenvento. Seguendo la tecnica descritta da A. Moretta et al., (Proc. Nat. Acad. Sci. 84, 1654-1658, 1987) ? infatti possibile selezionare, mediante citofluorimetria, delle varianti negative (e doppie negative) per 11espressione dei geni dell'MHC che si generano dopo l'irradiazione.
Con questo stesso approccio ? possibile ottenere linee cellulari di cellule dendritiche MHC (negative) che possono essere successivamente transfettate con geni di classe I o di classe II (MHC) desiderati.
Ad esempio ? stato transfettato nelle cellule dendritiche un plasmide contenente il cDNA del gene neo mediante lipofectina: Per questo, sono state piastrate in coltura 1x10 cellule in 2 mi di terreno di coltura alle quali ? stata aggiunta per 16 ore una soluzione contenente 5 pg di DNA in 50 pi di terreno di coltura. Dopo 16 ore vengono aggiunti altri 2 mi di terreno di coltura e l'incubazione continua per altre 48 ore prima di iniziare ma selezione dei transfettanti.
UTILIT?1
La presente invenzione presenta utilit? e applicabilit? industriale nel provvedere un mezzo per ottenere l'attivazione di linfociti T sia in vivo che in vitro in maniera antigene specifica. Per esempio pu? essere possibile prelevare linfociti T dall'organismo e stimolare quelli specifici per un certo antigene per poi reintrodurli nell'organiSITO stesso rendendo l'organismo capace di generare una risposta immunitaria a quell'antigene. Viceversa le linee cellulari descritte nell'invenzione possano essere sensibilizzate con un determinato antigene e quindi introdotte in un omn a ganismo avente un MHC compatibile. In particolare questa invenzione ? rilevante in quei casi dove la purificazione dell'antigene, da utilizzare ad esempio nelle vaccinazioni, ? difficile o costosa, in quei casi dove l'organismo verso il quale si vuole generare una risposta immunitaria ? pericoloso da maneggiare o quando la vaccinazione con lo stesso organismo genera effetti collaterali ed inoltre in quei casi dove normalmente risulta difficile generare una risposta inmunitaria efficace o stabile nel tenpo.

Claims (16)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Cellule dendritiche immortalizzate.
  2. 2. Cellule dendritiche immortalizzate secondo la rivendicazione 1, transfettate da un vettore retrovirale contenente l1oncogene v-myc.
  3. 3 . Cellule dendritiche immortalizzate secondo la rivendicazione 2, in cui il vettore retrovirale deriva da cotrasfezione di due retrovirus, almeno uno dei quali contenente l'oncogene v-myc.
  4. 4. Cellule dendritiche insortalizzate secondo la rivendicazione 2 o 3, in cui l'oncogene v-myc ? fuso ad una porzione codificante per una glicoproteina di origine retrovirale.
  5. 5. Cellule dendritiche secondo la rivendicazione 4, in cui il vettore retrovirale oncogenico ? ottenuto dalla linea cellulare di macrofagi merini Nll depositata presso la ECACC al n? 93051207.
  6. 6. Cellule dendritiche secondo una qualunque delle rivendicazioni precedenti in cui il vettore retrovirale oncogenico deriva da linee cellulari "packaging".
  7. 7. Cellule dendritiche secondo la rivendicazione 6, in cui il vettore retrovirale oncogenico deriva da cellule psi2 transfettate dal virus VNII della linea cellulare Nll.
  8. 8. Cellule dendritiche secondo la rivendicazione 7, in cui il vettore retrovirale oncogenico ? il vettore MIB-psi2-Nll.
  9. 9. Cellule dendritiche secondo una qualunque delle rivendicazioni precedenti in cui le cellule dendritiche seno cellule dendritiche follicolari, interstiziali, del sangue periferico, interdigitate degli organi linfoidi, cellule vellutate dei vasi linfatici afferenti, cellule di Langherans.
  10. 10. Cellule secondo una qualunque delle riendicazioni precedenti.
  11. 11. Un processo per immortalizzare cellule dendritiche che comprende la transfezione di colture primarie di cellule dendritiche con un vettore retrovirale contenente 11 oncogene v-myc .
  12. 12. Un processo secondo la rivendicazione 11, in cui il vettore retrovirale oncogenico ? ottenuto dalla linea cellulare di macrofagi murini Nll depositata presso la BCACC al n? 93051207.
  13. 13. Un processo secondo la rivendicazione 12 in cui la transfezione ? ottenuta per co-coltivazione delle cellule dendritiche con linee cellulari "packaging" transfettate dal virus VNll prodotto dalla linea cellulare Nll.
  14. 14. Un processo secondo la rivendicazione 13 in cui la linea cellulare "packaging" ? la linea psi2.
  15. 15. Uso delle cellule dendritiche delle rivendicazioni 1-10 per attivare in maniera antigene specifica e MHC ristretta, cellule T del sistema immunitario.
  16. 16. Uso delle cellule dendritiche della rivendicazione 10 da transfettare successivamente con geni MHC prescelti per attivare in maniera antigene specifica e MHC ristretta cellule T del sistema immunitario.
IT93MI001118A 1993-05-31 1993-05-31 Cellule dendritiche immortalizzate IT1264516B1 (it)

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