ITMI20110320A1 - Mulino per rifiuti - Google Patents

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ITMI20110320A1
ITMI20110320A1 IT000320A ITMI20110320A ITMI20110320A1 IT MI20110320 A1 ITMI20110320 A1 IT MI20110320A1 IT 000320 A IT000320 A IT 000320A IT MI20110320 A ITMI20110320 A IT MI20110320A IT MI20110320 A1 ITMI20110320 A1 IT MI20110320A1
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IT
Italy
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mill
grinding
waste
volumes
rotor
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IT000320A
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Norbert Eich
Piervittorio Trebucchi
Lorenzo Zubani
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Chrysopoeia Srl
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Description

"Mulino per rifiuti"
La presente invenzione riguarda un mulino per la macinazione di rifiuti, in particolare per la macinazione fine di rifiuti solidi urbani (RSU), rifiuti industriali, speciali ed assimilabili, al fine di trasformarli in CSS (Combustibile Solido Secondario). L’invenzione riguarda inoltre un impianto per lo sfruttamento energetico dei rifiuti.
L’ambito di applicazione preferito dell’invenzione à ̈ quello della macinazione dei rifiuti solidi urbani, cui sarà fatto ampio riferimento nel seguito della trattazione, senza per questo escludere altre possibili applicazioni che abbiano esigenze simili.
Nell’ambito del trattamento dei rifiuti sono noti alcuni differenti apparati di macinazione che sono brevemente descritti di seguito in alcuni loro tratti fondamentali.
Una prima tipologia di impianto à ̈ quella descritta nel brevetto italiano IT1317056. Tale impianto à ̈ stato progettato al fine di portare a termine un metodo di trattamento dei rifiuti piuttosto complesso. Esso à ̈ dunque caratterizzato da una successione di apparati, ciascuno dei quali à ̈ adatto a svolgere una funzione specifica nel quadro del metodo complessivo. In tale impianto, i rifiuti solidi urbani (RSU) vengono trasformati nel cosiddetto Combustibile Solido Secondario o CSS.
Tale impianto di tipo noto, pur apprezzato per la qualità del prodotto finale, non à ̈ però esente da inconvenienti.
Una prima classe di inconvenienti à ̈ quella connessa alla complessità e quindi alla delicatezza del metodo di trattamento dei rifiuti. In particolare un punto debole dell’impianto à ̈ stato individuato nel mulino a lame controrotanti, il cui funzionamento viene facilmente compromesso o impedito da corpi di difficile macinazione. Nel trattamento dei rifiuti solidi urbani, nonostante le recenti normative relative al riciclaggio e al diverso smaltimento di rifiuti speciali, occorre infatti prevedere la presenza di corpi dalla struttura estremamente resistente, tipicamente corpi minerali o corpi metallici amagnetici (quindi non eliminabili con i dispositivi comunemente posti a monte della macinazione, quali i cosiddetti deferrizzatori). La presenza di tali corpi preclude il corretto funzionamento del mulino a lame controrotanti e quindi dell’intero impianto descritto in IT1317056. Ad ogni evenienza di questo tipo si rende dunque necessario il fermo dell’intero impianto e l’intervento del personale di manutenzione per la rimozione dei corpi non macinabili.
Una seconda classe di inconvenienti, legata a questo tipo di impianto, à ̈ quella del dispendio energetico complessivo che si rende necessario per l’intero trattamento. Tale dispendio energetico può essere quantificato in più di 250 Kw per ogni tonnellata di rifiuto trattato. Esso risulta piuttosto elevato, soprattutto considerando il fatto che gli deve essere aggiunta l’ulteriore quota di energia necessaria per asportare, prima di caricare la macchina, tutti i componenti che portano disturbo (tipicamente le masse metalliche e minerali di qualsiasi dimensione) e infine per ridurre la granulometria del materiale. Il CSS in uscita dall’impianto à ̈ infatti composto da pezzi aventi una granulometria dell’ordine di 25-30mm, che risulta eccessiva per l’alimentazione diretta di un bruciatore qualora il CSS non sia abbinato ad una quota preponderante di altro combustibile, tipicamente un combustibile fossile. Allo stato attuale dunque il CSS prodotto dagli impianti di tipo noto, per poter garantire una combustione efficace, deve essere utilizzato in una quota circa compresa tra il 20% e il 35%. In alternativa, tale CSS potrebbe essere ulteriormente sminuzzato, fino ad assumere una granulometria di circa 5-10mm, con un ulteriore aggravio energetico che ridurrebbe ulteriormente l’efficienza energetica complessiva del metodo di trattamento.
A fianco a quelli evidenziati sopra, si à ̈ poi riscontrato un ulteriore inconveniente. La presenza nei RSU di corpi non macinabili determina un elevato assorbimento di energia meccanica che, protraendosi nel tempo fino alla eventuale rimozione dei corpi non macinabili, determina un aumento locale della temperatura. Nella massa di RSU in lavorazione, che permane complessivamente ad una temperatura prossima alla temperatura ambiente, alcuni punti possono dunque raggiungere temperature ben maggiori, anche dell’ordine di centinaia di gradi Celsius. Tali temperature possono facilmente comportare un rammollimento delle frazioni polimeriche presenti nei RSU e, in definitiva, l’occlusione delle griglie di uscita del rifiuto macinato.
Una seconda tipologia di impianto noto, à ̈ quella descritta nel documento brevettuale EP2062645A1. Tale impianto à ̈ stato espressamente sviluppato per il trattamento dei cosiddetti Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE). Esso comprende un mulino costituito da una camera di macinazione all’interno della quale opera un rotore. Il rotore comprende un mozzo al quale sono collegate delle catene. La rotazione del mozzo mette in rotazione le catene che, sottoposte alla forza centrifuga, si dispongono radialmente e spazzano la camera di macinazione. I RAEE, immessi dall’alto, vengono investiti dalle catene e sono sottoposti ad una successione di urti e rimbalzi che ne determinano via via la frantumazione. L’uso di questo tipo di mulino si à ̈ dimostrato piuttosto efficiente solo in relazione ai RAEE per i quali à ̈ stato progettato. Generalmente questi ultimi hanno strutture piuttosto rigide che danno dunque origine ad urti elastici e, a seguito degli impatti più violenti, a fratture elasto-fragili che assorbono una bassa energia di deformazione. Grazie a queste caratteristiche dei RAEE, in breve tempo si ottiene un gran numero di urti ed impatti e quindi una frantumazione efficiente fino a granulometrie accettabili.
L’uso di questo tipo di mulino non si à ̈ invece dimostrato adatto al trattamento di altri tipi di rifiuti, tipicamente dei RSU ed assimilabili (indicati di seguito nel loro complesso come RSU per brevità). Questi ultimi hanno infatti una struttura che, pur non potendo essere facilmente definita, complessivamente dimostra un comportamento molto differente nei confronti degli impatti rispetto ai RAEE. La massa di RSU dimostra infatti un comportamento elasto-plastico o addirittura, in presenza di una significativa frazione umida, visco-plastico. Tali comportamenti originano urti in massima parte anelastici e assorbono una gran quantità di energia di deformazione. In altre parole i RSU, introdotti dall’alto nel mulino, vengono colpiti dalle catene e, senza alcun rimbalzo, aderiscono ad esse entrando semplicemente in rotazione. Gli effetti primari complessivi di tale comportamento dei RSU sono lunghi tempi di permanenza nella camera di macinazione ed elevati dispendi energetici per la frantumazione che avviene per successive lacerazioni da attrito. A fianco a tali inconvenienti ve ne à ̈ almeno un altro, da questi derivato. La lunga permanenza dei RSU nella camera di macinazione e l’elevata quota di energia meccanica da essi assorbita determinano un diffuso aumento della temperatura della massa in lavorazione. Tale aumento di temperatura può facilmente comportare un ramollimento delle frazioni polimeriche presenti nei RSU e, anche in questo caso, l’occlusione delle griglie di uscita del rifiuto macinato.
Scopo della presente invenzione à ̈ pertanto quello di superare almeno parzialmente gli inconvenienti riportati sopra con riferimento alla tecnica nota.
In particolare, un compito della presente invenzione à ̈ quello di rendere disponibile un mulino adatto alla macinazione di svariati tipi di rifiuti. Un altro compito della presente invenzione à ̈ quello di rendere disponibile un mulino che abbia elevata efficienza energetica.
Un altro compito della presente invenzione à ̈ quello di rendere disponibile un mulino di struttura semplice.
Un altro compito della presente invenzione à ̈ quello di rendere disponibile un mulino che consenta un abbattimento della carica batterica presente nella massa in esso trattata.
Un altro compito della presente invenzione à ̈ quello di rendere disponibile un impianto che consenta un facile ed efficiente sfruttamento energetico dei rifiuti, in particolare dei RSU.
Lo scopo e i compiti sopra indicati sono raggiunti da un mulino secondo la rivendicazione 1 e da un impianto secondo la rivendicazione 13.
Le caratteristiche e gli ulteriori vantaggi dell’invenzione risulteranno dalla descrizione, fatta qui di seguito, di alcuni esempi di realizzazione, dati a titolo indicativo e non limitativo con riferimento ai disegni allegati.
- La figura 1 rappresenta una vista in pianta di un mulino secondo l’invenzione;
- La figura 2 rappresenta una vista laterale di un mulino simile a quello di figura 1, in cui per chiarezza à ̈ stata rimossa parte della parete laterale; - La figura 3 rappresenta schematicamente una vista in pianta di un’altra forma di realizzazione del mulino secondo l’invenzione;
- La figura 4 rappresenta schematicamente una vista in pianta di un’altra forma di realizzazione del mulino secondo l’invenzione;
- La figura 5 rappresenta schematicamente una vista in pianta di un’altra forma di realizzazione del mulino secondo l’invenzione;
- La figura 6 rappresenta schematicamente una vista in pianta di un’altra forma di realizzazione del mulino secondo l’invenzione;
- La figura 7 rappresenta una vista in pianta di un mulino simile a quello di figura 1;
- La figura 8 rappresenta una vista in pianta di un mulino simile a quello di figura 1, in cui à ̈ mostrato schematicamente un primo modo di funzionamento dell’invenzione;
- La figura 9 rappresenta una vista in pianta di un mulino simile a quello di figura 1, in cui à ̈ mostrato schematicamente un secondo modo di funzionamento dell’invenzione;
- Le figure da 10.a a 10.f rappresentano schematicamente alcune forme di realizzazione del dettaglio indicato con X in figura 2.
Con riferimento alle figure allegate, con 20 Ã ̈ indicato nel suo complesso un mulino per la macinazione di rifiuti R.
Il mulino 20 comprende almeno una camera di macinazione 22 definita da una parete laterale 24 e da un pavimento 26. Il mulino 20 comprende inoltre almeno due rotori 301e 302girevoli attorno a rispettivi assi X1e X2sostanzialmente verticali. Ciascuno dei rotori 30 comprende un mozzo 32 e una pluralità di catene 34 collegate al mozzo 32 e adatte, durante la rotazione del rotore 30 a spazzare parte della camera di macinazione 22. Come già riportato sopra, ciascuno dei rotori 30 del mulino 20 secondo l’invenzione definisce in modo univoco un’asse di rotazione X. Nella presente trattazione, si sono assunte le seguenti convenzioni. Con “assiale†ci si riferisce alla direzione di una qualsiasi retta parallela all’asse X. Con “radiale†ci si riferisce alla direzione di una qualsiasi semiretta avente origine sull’asse X e ad esso perpendicolare. Con (“tangenziale†) “circonferenziale†ci si riferisce alla direzione di una qualsiasi (retta tangente ad una) circonferenza centrata sull’asse X e posta in un piano ad esso perpendicolare.
Il mulino 20 à ̈ inoltre soggetto all’accelerazione di gravità, indicata in figura 2 con il vettore g. La descrizione che segue si riferisce, salvo esplicite indicazioni contrarie, al mulino 20 in configurazione di utilizzo, in cui cioà ̈ con riferimento all’accelerazione di gravità g sono definiti in modo univoco i comuni concetti di verticale, orizzontale, alto, basso, ecc.
Come à ̈ possibile notare nelle figure allegate (in particolare nelle figure 2 e 7), all’interno della camera di macinazione 22 à ̈ possibile individuare tanti volumi di macinazione 28 quanti sono i rotori 30 presenti nel mulino 20. Il volume di macinazione 28 di uno specifico rotore 30 à ̈ qui definito come il volume, compreso all’interno della camera di macinazione 22, definito interpolando assialmente le circonferenze all’interno delle quali ruotano le catene 34 di quello specifico rotore 30. Tale volume à ̈ per sua natura caratterizzato da simmetria rotazionale attorno al rispettivo asse X. In accordo con le forme di realizzazione illustrate nelle figure allegate, tutte le catene 34 di un singolo rotore 30 hanno lunghezza identica e pertanto i volumi di macinazione 28 assumono la forma di cilindri circolari retti. In accordo con altre forme di realizzazione (non mostrate) essi possono assumere altre forme che vengano ritenute adatte alla gestione del flusso di rifiuti R nel mulino 20.
In accordo con le forme di realizzazione delle allegate figure 1, 3, 4 e da 6 a 9, la camera di macinazione 22 à ̈ ottenuta dalla somma netta dei volumi di macinazione 28 dei singoli rotori 30. In altre parole, non vi à ̈ porzione della pianta della camera di macinazione 22 che non sia riconducibile ad uno dei volumi di macinazione 28 e che non sia dunque interessata dalla rotazione di almeno una catena 34.
In accordo con tali forme di realizzazione, la parete laterale 24 à ̈ dunque sagomata in modo tale da seguire con precisione lo sviluppo dei volumi di macinazione 28 e, quindi, della camera di macinazione 22. Si noti come nelle allegate figure sia mostrata, per maggiore chiarezza, una distanza relativamente ampia tra le estremità radiali delle catene 34 e la parete laterale 24. Nella realtà tale distanza à ̈ decisamente inferiore. Analogamente, nelle allegate figure 2 e 7 à ̈ mostrata, per maggiore chiarezza, una distanza relativamente ampia tra il volume di macinazione 28 e la parete laterale 24 che ne segue il profilo. Nella realtà tale distanza à ̈ decisamente inferiore.
In accordo con la forma di realizzazione di figura 5, invece, la camera di macinazione 22 à ̈ ottenuta dalla somma dei volumi di macinazione 28 dei tre rotori 30 più alcuni volumi di raccordo. In altre parole, vi sono alcune porzioni della pianta della camera di macinazione 22 che non sono riconducibili a nessuno dei volumi di macinazione 28 e che dunque non sono interessate dalla rotazione di alcuna catena 34. Come si può notare infatti i volumi di macinazione 28 del mulino di figura 20 sono in tutto identici a quelli del mulino 20 di figura 4, mentre le rispettive camere di macinazione 22 sono differenti. Mentre la camera di macinazione 22 del mulino 20 di figura 4 ha pianta trilobata che segue i volumi di macinazione 28, la camera di macinazione 22 del mulino 20 di figura 5 ha pianta circolare, più ampia della precedente.
Come si può notare, nelle forme di realizzazione delle figure da 4 a 6, all’interno della camera di macinazione 22 sono posti degli ostacoli 46. Tali ostacoli 46 riempiono gli spazi della camera di macinazione 22 che non appartengono ad alcuno dei volumi di macinazione. Essi possono essere considerati come un proseguimento ideale della parete laterale 24. La presenza degli ostacoli 46 ha una duplice funzione. Innanzitutto gli ostacoli evitano l’accumulo di masse di rifiuti in punti della camera di macinazione 22 che non sono raggiunti da alcuna catena 34. L’accumulo e la conseguente permanenza di rifiuti R non sottoposti all’azione delle catene 34 implicherebbero una riduzione complessiva dell’efficienza del processo. Inoltre gli ostacoli 46 offrono ulteriori superfici e spigoli adatti a generare gli urti necessari alla frantumazione dei rifiuti R.
In accordo con le forme di realizzazione illustrate nelle figure allegate, la parete laterale 24 à ̈ sostanzialmente verticale ed ha forma cilindrica, almeno a tratti, mentre il pavimento 26 à ̈ sostanzialmente orizzontale. In accordo con altre possibili forme di realizzazone, la parete laterale 24 potrebbe ad esempio essere inclinata in modo da assumere un andamento conico a tratti. Tale soluzione potrebbe ad esempio essere utile per tenere conto delle specifiche forme scelte in sede di progetto per i volumi di macinazione 28 dei rotori 30. Inoltre, il pavimento 26 potrebbe non essere piano, potrebbe non essere orizzontale o potrebbe non essere né piano né orizzontale. Il pavimento potrebbe ad esempio assumere un andamento inclinato, anche solo a tratti. Tale soluzione potrebbe essere utile in particolari condizioni per facilitare la fuoriuscita di alcune particolari frazioni dei rifiuti R in lavorazione all’interno del mulino 20.
Come si può apprezzare dalle figure allegate, nel singolo mulino 20, i volumi di macinazione 28 dei diversi rotori 30 sono tra loro attigui a due a due, definendo una zona di tangenza 38 attraverso la quale i due volumi 28 sono in comunicazione l’uno con l’altro. In altre parole, nelle zone di tangenza 38 non vi à ̈ alcun ostacolo fisso che si opponga al passaggio di un corpo dal volume di macinazione 281di un rotore 301al volume di macinazione 282del rotore attiguo 302.
Alla luce di quanto esposto sopra e con particolare riferimento alle figure 8 e 9, à ̈ ora descritto nel dettaglio il funzionamento del mulino 20 secondo l’invenzione. I rifiuti R immessi dall’alto nel mulino 20 cascano per gravità e in modo più o meno casuale entrano in contatto con le catene 34 dei rotori 30. Come già descritto in relazione alla tecnica nota, i RSU sono caratterizzati da un comportamento complessivo che determina l’insorgere di urti sostanzialmente anelastici. A motivo di ciò, dopo pochi urti dovuti al passaggio del rifiuto attraverso le quote di rotazione delle varie catene 34, il rifiuto stesso finisce per appoggiarsi sul pavimento 26 e per essere trascinato in rotazione dalla catena 34 più bassa. A differenza però di quanto avviene nei mulini di tipo noto, il rifiuto che entra in rotazione nel mulino 20 secondo l’invenzione à ̈ sottoposto ad una ulteriore serie di urti che in breve lo sminuzzano fino alla granulometria desiderata. Il moto rotatorio delle catene 34 impone ai rifiuti R una elevata velocità circonferenziale e, di conseguenza, li sottopone ad una forte accelerazione centrifuga. Questo implica che un rifiuto che sia entrato in rotazione assieme ad una catena 34, vada ad appoggiarsi alla parete laterale 24 strisciando lungo essa in direzione circonferenziale fino alla zona di tangenza 38 dove la parete laterale 24 segue un andamento differente da quello del volume di macinazione 28.
A questo punto si possono verificare due differenti fenomeni, in dipendenza dal fatto che la rotazione dei due rotori 30 attigui sia concorde o discorde. Con riferimento specifico a figura 8 si descrive ora il fenomeno che si verifica nella zona di tangenza 38 tra due rotori attigui 30 che ruotano in senso concorde. In tale situazione, i rifiuti messi in rotazione dal rotore di destra e quelli messi in rotazione dal rotore di sinistra entrano in contatto gli uni con gli altri. Infatti le accelerazioni centrifughe che agiscono rispettivamente sugli uni e sugli altri tendono a farli avvicinare. L’urto avviene tra i rifiuti stessi ad una velocità relativa elevatissima, data dalla somma delle velocità tangenziali dei rifiuti provenienti da destra e da sinistra. Tali velocità sono simili in modulo ma opposte in verso. L’effetto di tali urti à ̈ tale da macinare in breve tempo i rifiuti R. L’efficacia di questo fenomeno può trarre giovamento dalla presenza sporadica, all’interno della massa di rifiuti R da trattare, di corpi non macinabili. Questi corpi mantengono infatti una elevata capacità di impatto sugli altri rifiuti, determinandone la frantumazione.
Con riferimento specifico a figura 9 si descrive ora il fenomeno che si verifica nella zona di tangenza 38 tra due rotori attigui 30 che ruotano in senso discorde. In tale situazione, i rifiuti messi in rotazione dal rotore di destra e quelli messi in rotazione dal rotore di sinistra entrano in contatto gli uni con gli altri. Infatti le accelerazioni centrifughe che agiscono rispettivamente sugli uni e sugli altri tendono a farli avvicinare. L’urto avviene tra i rifiuti e la cuspide definita dalla parete laterale 24. Le velocità tangenziali dei rifiuti provenienti da destra e da sinistra sono infatti simili in modulo e concordi in verso. Anche in questo caso l’effetto di tali urti à ̈ tale da macinare in breve tempo i rifiuti. Anche in questo caso, l’efficacia del fenomeno può trarre giovamento dalla presenza sporadica, all’interno della massa di rifiuti R da trattare, di corpi non macinabili. Questi corpi mantengono infatti una elevata capacità di impatto sugli altri rifiuti, determinandone la frantumazione contro la cuspide.
In accordo con alcune forme di realizzazione dell’invenzione, le catene 34 possono essere presenti in numero diverso e possono assumere forme, dimensioni e pesi differenti. Nelle figure da 1 a 6 sono mostrati solo rotori a quattro catene 34, nei quali à ̈ impiegato un solo tipo di catena. In figura 7 sono invece rappresentate schematicamente alcune possibili varianti delle catene 34. Il rotore di sinistra impiega sei catene, mentre quello di destra ne impiega otto. Nulla impedisce naturalmente di impiegare numeri differenti di catene. Come la persona esperta può ben comprendere, una considerazione che occorre fare al momento della scelta del numero di catene 34 per ciascun rotore 30 à ̈ quella del bilanciamento del rotore stesso durante la rotazione, al fine di evitare il più possibile l’insorgenza di vibrazioni che possano risultare fastidiose o addirittura innescare fenomeni di risonanza strutturale.
Il rotore di sinistra di figura 7 comprende inoltre due catene dotate di martelli di estremità 36. Tale soluzione può essere particolarmente utile qualora si voglia dare peso alla catena 34 senza aumentarne a dismisura la dimensione delle maglie. In questo modo se ne possono enfatizzare le caratteristiche inerziali di capacità di impatto sulla massa di rifiuti R e di estensione durante la rotazione, senza rinunciare alla flessibilità intermedia. Rispetto alle quattro catene 34 senza martelli di estremità 36 del rotore di sinistra, il rotore di destra comprende quattro catene più leggere e quattro catene più pesanti.
In accordo con altre forme di realizzazione (non mostrate) in luogo di vere e proprie catene a maglie ad anello, come quelle delle forme di realizzazione illustrate, possono essere impiegati altri elementi flessibili che abbiano un comportamento simile. Al fine di soddisfare specifiche esigenze à ̈ ad esempio possibile impiegare, al posto delle catene propriamente dette, spezzoni di funi, di cavi, di corde o simili. Da ciò si intende come il termine “catene†sia impiegato nella presente trattazione con significato ampio.
Un altro importante parametro di progetto per le catene 34 à ̈ la posizione assiale lungo il mozzo 32. In figura 2 à ̈ possibile vedere schematicamente rappresentate alcune possibili disposizioni assiali. Il rotore di sinistra mostra chiaramente tre catene 34 a tre altezze diverse mentre la quarta catena, a motivo della particolare posizione del mozzo 32, non à ̈ visibile. Il rotore di destra mostra invece tutte quattro le catene, da cui si evince che (in base alla particolare scelta operata in questo caso) una sola catena occupa la posizione più alta, una sola catena occupa la posizione più bassa mentre due catene, diametralmente opposte l’una all’altra, condividono la posizione intermedia.
Il numero di catene 34 per ciascun rotore 30, così come la loro forma, le loro dimensioni, il loro peso, e la loro disposizione assiale, possono essere scelti via via in base alla tipologia di rifiuto R che di volta in volta occorre trattare nel mulino 20.
Le catene 34 sono infatti collegate al rispettivo rotore 30 in modo saldo ma rimovibile. Tale soluzione, oltre alla possibilità di variare i parametri di progetto relativi alle catene 34 impiegate durante la macinazione, consente anche di sostituire facilmente le catene 34 usurate o danneggiate.
In accordo con alcune forme di realizzazione dell’invenzione, la camera di macinazione 22 comprende inoltre griglie 40 adatte a consentire la fuoriuscita dei rifiuti macinati durante il funzionamento del mulino 20. In altre parole, la frazione di rifiuto che à ̈ già stata macinata e che ha raggiunto una granulometria sufficientemente sottile, può uscire dalle griglie 40 durante il funzionamento del mulino 20. Le griglie 40 occupano preferibilmente la parte bassa della parete laterale 24 (come nella forma di realizzazione di figura 2) o parte del pavimento 26 (non mostrato nelle figure).
La fuoriuscita dei rifiuti macinati à ̈ favorita dall’azione del rotore 30 e in particolare delle catene 34 che incessantemente movimentano la massa di rifiuti R in lavorazione e, in particolare, imprimono una accelerazione centrifuga. In accordo con questa dinamica dunque la massa di rifiuti non ancora macinati o non macinabili preme sulla massa di rifiuti già macinati in modo tale da spingerla fuori dalla camera di macinazione 22 attraverso le griglie 40. Alcune possibili forme di realizzazione delle griglie 40 sono illustrate nelle figure 10 allegate.
In figura 7 à ̈ schematicamente riportato l’angolo α lungo il quale si estendono le griglie 40. In accordo con l’invenzione, l’angolo α può essere vantaggiosamente compreso tra 90° e 270°. Un angolo α ampio consente una facile e veloce rimozione dei rifiuti già macinati, riducendone quindi il tempo di permanenza all’interno della camera di macinazione 22.
Si à ̈ accennato prima alla presenza di corpi non macinabili all’interno della massa di rifiuti R in lavorazione. Tale presenza, pur essendo episodica e pur non avendo teoricamente motivo di verificarsi in vista delle specifiche prescrizioni di legge sullo smaltimento dei rifiuti, à ̈ sempre da tenere in considerazione nella progettazione e nell’utilizzo di un apparato per la macinazione dei rifiuti, come il mulino 20 secondo l’invenzione. A questo proposito si à ̈ accennato sopra come la presenza di corpi non macinabili possa, in qualche misura, risultare favorevole alla frantumazione (a motivo degli urti nella zona di tangenza 38 tra i diversi volumi di macinazione 28) e alla fuoriuscita dei rifiuti macinati (a motivo della forza centrifuga che opera sui corpi non macinabili e della spinta che questi generano sulla frazione macinata). Nonostante ciò, l’accumulo di una eccessiva quantità di corpi non macinabili à ̈ da evitare per non occupare volume utile e per non aggravare eccessivamente il carico di lavoro che grava sui rotori 30. In accordo con alcune forme di realizzazione, si veda ad esempio quella di figura 7, il mulino 20 secondo l’invenzione comprende almeno uno sportello 42 adatto alla rimozione periodica dei corpi non macinabili.
Ancora in figura 7 Ã ̈ rappresentato uno dei possibili schemi di motorizzazione del mulino 20. Nel particolare schema, ciascuno dei due rotori 30 Ã ̈ messo in rotazione, tramite una trasmissione a cinghia, da un motore 44 ad esso dedicato.
Naturalmente altri schemi di motorizzazione sono possibili. È ad esempio possibile mettere in rotazione più di un rotore 30 con un singolo motore 44. Tale soluzione potrebbe essere particolarmente vantaggiosa qualora si volesse ottenere la sincronia della rotazione dei diversi rotori 30. Ancora, à ̈ possibile intrerporre tra il motore 44 e il rotore 30 un cambio di velocità, così da poter ottenere per il rotore 30 differenti velocità di rotazione a seconda delle specifiche esigenze di lavorazione.
In accordo con alcune forme di realizzazione, la rimozione dei corpi non macinabili avviene attraverso l’apertura automatica dello sportello 42. L’apertura automatica può ad esempio essere controllata dall’assorbimento di potenza da parte del motore 44: quando questo inizia ad avere consumi che eccedono una soglia predefinita, se ne deduce che le catene 34 stanno trascinando sul fondo 26 una considerevole quantità di corpi non macinabili. Al raggiungimento della potenza di soglia, viene automaticamente aperto lo sportello 42 per pochi secondi, il tempo necessario per consentire l’espulsione per forza centrifuga dei corpi non macinabili. La potenza di soglia può essere definita in sede di progetto dal costruttore del mulino o, più vantaggiosamente, dall’utilizzatore stesso del mulino. In questo modo à ̈ infatti possibile tenere conto delle caratteristiche specifiche delle differenti tipologie di massa che possono essere trattate. La presente invenzione riguarda inoltre un impianto per lo sfruttamento a fini energetici dei rifiuti. L’impianto comprende un mulino 20 in accordo con quanto descritto sopra e un bruciatore adatto alla combustione ottimale del CSS prodotto dal mulino. Il bruciatore à ̈ di tipo in sé ampiamente noto nell’ambito dello sfruttamento energetico dei rifiuti ed in particolare del CSS.
Alla luce di tutto quanto sopra esposto, sarà chiaro alla persona esperta come il mulino 20 e l’impianto secondo l’invenzione consentano di superare gran parte degli inconvenienti riportati sopra con riferimento alla tecnica nota.
In particolare, sarà chiaro come il mulino 20 secondo la presente invenzione sia adatto alla macinazione di svariati tipi di rifiuti. Esso infatti à ̈ particolarmente adatto alla macinazione dei RSU, ma risulta anche adatto ai RAEE e ad altri tipi di rifiuti solidi.
Sarà inoltre chiaro come il mulino 20 secondo la presente invenzione abbia una efficienza energetica decisamente più elevata rispetto ai mulini di tipo noto. Si consideri a questo proposito che un apposito studio condotto dalla richiedente ha quantificato un dispendio energetico tipicamente minore di 80 Kw per ogni tonnellata di rifiuto trasformato da RSU a CSS di granulometria fine (minore di 5 mm).
Inoltre, sarà chiaro come il mulino 20 secondo la presente invenzione abbia una struttura semplice e robusta e che non teme la presenza di corpi non macinabili.
Inoltre sarà anche chiaro come l’impianto secondo la presente invenzione consenta un facile ed efficiente sfruttamento energetico dei rifiuti, in particolare dei RSU.
Infine, la presente invenzione rende disponibile un mulino che consente un abbattimento della carica batterica presente nei RSU in esso trattati. Infatti la permanenza dei RSU nella camera di macinazione e la quota di energia meccanica da essi assorbita determinano un progressivo aumento della loro temperatura, analogamente a quanto già descritto in relazione ai mulini di tipo noto. Nel mulino secondo l’invenzione però, la facile espulsione dei corpi non macinabili e il continuo mescolamento ottenuto dalle catene, limitano drasticamente i picchi di temperatura e, al tempo stesso, distribuiscono il calore nell’intera massa di RSU in lavorazione. La temperatura si attesta diffusamente nell’intervallo 60-80°C circa, senza quindi alcun problema per quanto riguarda il rammollimento delle frazioni termoplastiche e la conseguente occlusione delle griglie. Al contrario, l’effetto che tale riscaldamento ha sui RSU à ̈ quello di un trattamento riconducibile alla pastorizzazione, trattamento nel quale la carica batterica viene drasticamente abbattuta (circa del 90%).
Alle forme di realizzazione del mulino 20 descritte sopra la persona esperta potrà, al fine di soddisfare specifiche esigenze, apportare modifiche e/o sostituzioni di elementi descritti con elementi equivalenti, senza per questo uscire dall’ambito delle rivendicazioni allegate.

Claims (14)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Mulino (20) per la macinazione di rifiuti (R), comprendente: almeno una camera di macinazione (22) definita da una parete laterale (24) e da un pavimento (26), e almeno due rotori (301, 302) girevoli attorno a rispettivi assi X1e X2sostanzialmente verticali, ciascuno dei rotori (301, 302) comprendendo un mozzo (32) e una pluralità di catene (34) collegate al mozzo (32) e adatte, durante la rotazione del rotore (30) a spazzare parte della camera di macinazione (22).
  2. 2. Mulino (20) secondo la rivendicazione 1, in cui per ciascun rotore (30) à ̈ definito un volume di macinazione (28) interpolando assialmente le circonferenze all’interno delle quali ruotano le catene (34) del rotore (30).
  3. 3. Mulino (20) secondo la rivendicazione 2, in cui la camera di macinazione (22) à ̈ ottenuta dalla somma netta dei volumi di macinazione (28) dei singoli rotori (30), cosicché non vi à ̈ porzione della pianta della camera di macinazione (22) che non sia riconducibile ad uno dei volumi di macinazione (28) e che non sia dunque interessata dalla rotazione di almeno una catena (34).
  4. 4. Mulino (20) secondo la rivendicazione 2 o 3, in cui la parete laterale (24) Ã ̈ sagomata in modo tale da seguire con precisione lo sviluppo dei volumi di macinazione (28).
  5. 5. Mulino (20) secondo la rivendicazione 2, in cui la camera di macinazione (22) à ̈ ottenuta dalla somma dei volumi di macinazione (28) dei singoli rotori (30) più alcuni volumi di raccordo, cosicché vi sono alcune porzioni della pianta della camera di macinazione (22) che non sono riconducibili a nessuno dei volumi di macinazione (28) e che non sono interessate dalla rotazione di alcuna catena (34).
  6. 6. Mulino (20) secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 2 a 5, in cui all’interno della camera di macinazione (22) sono posti degli ostacoli (46) adatti a riempire spazi della camera di macinazione (22) che non appartengono ad alcuno dei volumi di macinazione (28).
  7. 7. Mulino (20) secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 2 a 6, in cui i volumi di macinazione (28) dei diversi rotori (30) sono tra loro attigui a due a due, definendo una zona di tangenza (38) attraverso la quale i due volumi (28) sono in comunicazione l’uno con l’altro.
  8. 8. Mulino (20) secondo la rivendicazione precedente, in cui nelle zone di tangenza (38) non vi à ̈ alcun ostacolo fisso che si opponga al passaggio di un corpo da un volume di macinazione (281) di un rotore (301) al volume di macinazione (282) del rotore attiguo (302).
  9. 9. Mulino (20) secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui alcune catene (34) comprendono martelli di estremità (36).
  10. 10. Mulino (20) secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui le catene (34) sono collegate al rispettivo rotore (30) in modo saldo ma rimovibile.
  11. 11. Mulino (20) secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui la camera di macinazione (22) comprende griglie (40) adatte a consentire, durante il funzionamento del mulino (20), la fuoriuscita della frazione di rifiuto già macinata che ha raggiunto una granulometria sufficientemente sottile.
  12. 12. Mulino (20) secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, comprendente inoltre almeno uno sportello (42) adatto alla rimozione periodica dei corpi non macinabili.
  13. 13. Mulino (20) secondo la rivendicazione precedente, comprendente inoltre almeno un motore (44) per mettere in rotazione detti almeno due rotori (301, 302) e in cui l’apertura dello sportello (42) à ̈ controllata automaticamente sulla base dell’assorbimento di potenza da parte del motore (44).
  14. 14. Impianto per lo sfruttamento energetico di rifiuti (R) comprendente un mulino (20) secondo una qualsiasi rivendicazione precedente e un bruciatore adatto alla combustione ottimale del Combustibile Solido Secondario prodotto dal mulino (20).
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