ITVR20130157A1 - Impianto per una coltivazione di microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali. - Google Patents

Impianto per una coltivazione di microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali. Download PDF

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Description

IMPIANTO PER UNA COLTIVAZIONE DI MICRORGANISMI FOTOSINTETICI, COLTURE MISTE DI MICRORGANISMI FOTOSINTETICI E NON-FOTOSINTETICI
E/O CELLULE VEGETALI
DESCRIZIONE
La presente divulgazione si riferisce in generale ad una coltivazione di microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e nonfotosintetici e/o cellule vegetali, e ad un impianto fotobioreattore, o fotobioreattore, per eseguire o attuare tale metodo.
Negli ultimi anni la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica hanno introdotto diverse tipologie di fotobioreattori per la produzione a livello industriale di alghe unicellulari e altri microrganismi fotosintetici o colture miste di microrganismi fotosintetici, e non-fotosintetici. I campi di applicazione di questo tipo di fotobioreattori sono molteplici, ma la spinta principale deriva dalla necessità di produrre biomassa per la produzione di biocombustibili, per l’estrazione di composti di interesse agrario e industriale e per la generazione di servizi come la depurazione delle acque (Ugwu C.U., Aoyagi H., Uchiyama H., 2008. Photobioreactors for mass cultivation of algae. In Bioresour Technol 99: 4021-4028; de Godos I., González C., Becares E., García-Encina P.A., Muñoz R., 2009. Simultaneous nutrients and carbon removal during pretreated swine slurry degradation in a tubular biofilm photobioreactor. In Appl Microbiol Biotechnol 82: 187-194; de Godos I., Vargas V.A., Blanco S., González M.C., Soto R., García-Encina P.A., Becares E., Muñoz R., 2010. A comparative evaluation of microalgae for the degradation of piggery wastewater under photosynthetic oxygenation. In Bioresour Technol 101: 5150-5158).
Alla base della presente divulgazione vi è un riconoscimento da parte dell’inventore della presente divulgazione che le linee di ricerca in questo settore si sono focalizzate principalmente su due obiettivi: (i) sono stati sviluppati ed introdotti sistemi di coltura ed impianti sempre più efficienti, in grado di utilizzare al meglio l’energia luminosa e i nutrienti disponibili, al fine di produrre biomassa in grande quantità e di elevata qualità (senza contaminanti, con un elevato valore nutrizionale o con un elevato potere energetico); (ii) è stata cercata una mediazione tra sistemi di coltura ed impianti altamente efficienti, ma caratterizzati da costi di installazione e di gestione elevati, e sistemi di coltura meno efficienti, ma sostenibili sia dal punto di vista energetico che economico, per quanto riguarda l’installazione la gestione e la manutenzione.
Lo stato dell’arte mette in evidenza come, nel corso degli ultimi anni, siano state proposte numerose tipologie di impianto per cercare di superare le molteplici difficoltà incontrate, tra cui anche quelle relative alla versatilità e alla scalabilità degli impianti di coltura.
Con il termine “versatilità” si intende la possibilità di variare e adattare la geometria dell’impianto a seconda di necessità specifiche contingenti, come la superficie e gli spazi disponibili, oppure di condizioni ambientali variabili, come la temperatura e l’intensità dell’energia luminosa incidente. Con il termine “scalabilità”, invece, si intende la possibilità di aumentare o diminuire a piacimento le dimensioni degli impianti, in particolare la superficie esposta alla radiazione luminosa, in funzione delle necessità e della disponibilità di mezzi economici e materiali tra cui anche la superficie e i volumi.
Nella letteratura scientifica e nello stato dell’arte della materia, si trovano esempi di impianti che hanno risolto il problema della “scalabilità” introducendo il concetto di ”modularità”. Un impianto modulare, infatti, è costituito da unità di base, perfettamente identiche, in grado di funzionare in autonomia, replicate più volte, fino a raggiungere le dimensioni desiderate. La scalabilità verso l’alto di un fotobioreattore modulare avviene, quindi, per addizione delle singole unità di base, o moduli (Janssen M., Tramper J., Mur L.R., Wijffels RH., 2003. Enclosed outdoor photobioreactors: light regime, photosynthetic efficiency, scale-up, and future prospects. In Biotechnol Bioeng 81: 193-210).
Oltre alla versatilità, alla scalabilità e alla modularità, altri parametri da considerare nel confronto tra diversi impianti di produzione, sono: (i) l’energia necessaria per il mantenimento dell’impianto, tipicamente espressa come potenza per unità di volume della coltura presente nell’impianto (W/m<3>); (ii) la densità di coltivazione, espressa come volume di coltura per unità di superficie (L/m<2>).
La letteratura scientifica individua due principali categorie di sistemi per la produzione di organismi fotosintetici: i sistemi aperti, detti anche lagune, e i sistemi chiusi (Lehr F. & Posten C., 2009. Closed photo-bioreactors as tools for biofuel production. In Curr Opin Biotechnol 20: 280-285; Brennan L., Owende P., 2010. Biofuels from microalgae -- A review of technologies for production, processing, and extractions of biofuels and co-products. In Ren Sust Energy Rev 14: 557-577; Greenwell H.C., Laurens L.M., Shields R.J., Lovitt R.W., Flynn K.J., 2010. Placing microalgae on the biofuels priority list: a review of the technological challenges. In J R Soc Interface 7: 703-726).
Tra i sistemi aperti sono state individuate principalmente due tipologie, identificate rispettivamente con i termini di “open pond” e “raceway”. Sostanzialmente il sistema “open pond” consiste in vasche circolari, mentre il “raceway” consiste in trincee ad anello.
I sistemi chiusi, come suggerisce il nome, sono caratterizzati dal fatto che la coltura liquida è racchiusa all’interno di un impianto con nessuno o con pochi punti di contatto con l’esterno, che possono comunque essere protetti da filtri, membrane o setti porosi, camere di compensazione, o altro. Quindi, a differenza dei sistemi aperti, che storicamente sono stati i primi impianti per la coltivazione di organismi fotosintetici ad essere stati sviluppati, tutti i sistemi chiusi consentono di mantenere sotto controllo le contaminazioni e di gestire in modo più efficace i parametri di processo come la concentrazione dei nutrienti, il pH, e la temperatura.
L’elemento che contraddistingue tutti i sistemi chiusi è il collettore di luce, che può essere un collettore solare nel caso di impianti installati in pieno campo, o un collettore di luce artificiale nel caso di sistemi illuminati artificialmente. Il collettore di luce per sua natura, deve essere in grado di isolare la coltura dall’ambiente esterno e contemporaneamente consentire la trasmissione della radiazione fotosinteticamente attiva, detta PAR, dall’acronimo dell’espressione inglese Photosynthetically Active Radiation, agli organismi fotosintetici presenti nel liquido di coltura.
I sistemi chiusi si possono suddividere in diverse tipologie, a seconda del criterio usato per discriminarli. In letteratura si trovano principalmente categorizzazioni basate sulla morfologia del collettore e sulla modalità di miscelazione della coltura liquida. Per quanto riguarda la morfologia del collettore, si possono individuare prevalentemente tre tipologie: fotobioreattori a colonna, fotobioreattori tubolari (tubolare orizzontale, tubolare verticale, tubolare elicoidale) e fotobioreattori a pannello. Per quanto riguarda invece la modalità di miscelazione sono riportate le seguenti tipologie: mescolamento con lame, ricircolo con pompe peristaltiche, “bubbling” ed “airlift”. I metodi di miscelazione basati sul “bubbling” e l’”airlift”, consistono nell’immissione di gas nel fotobioreattore (bollicine disperse nel caso del “bubbling”, bolle con il diametro uguale a quello del tubo nel caso dell’”airlift”), quindi consentono di coniugare un’agitazione continua della coltura con il trasferimento di gas al liquido di coltura.
I sistemi a colonna (generalmente sono in plexiglas o sono costituiti da sacchi di nylon appesi o contenuti in strutture a rete), sono utilizzati soprattutto in laboratorio o in ambienti ristretti (es. incubatori ittici), dove il quantitativo di mezzo di coltura da gestire non è elevato. Infatti il lavoro di gestione manuale è molto gravoso e i costi di installazione e manutenzione sono elevati. In definitiva si può affermare che non sono adatti alla scalabilità in pieno campo. I pannelli verticali (Domande di Brevetto WO2004074423A2 e JP2000139444A), invece sono stati sviluppati e proposti proprio come sistemi da impiegare in pieno campo. I pannelli verticali sono virtualmente sempre associati a sistemi di miscelazione continua di tipo “bubbling” o, eventualmente “airlift”. Tali sistemi garantiscono rese elevate, ma i costi di avviamento dell’impianto sono gravosi perché necessitano di infrastrutture dedicate. Anche la gestione ordinaria e il costo energetico dei pannelli verticali è tipicamente elevato, in quanto per il mescolamento richiedono l’immissione di grandi quantitativi di aria forzata per la miscelazione. (Tredici M.R., 1999. Photobioreactors. In: Enciclopedia of Bioprocess Technology:Fermentation, Biocatalysis and Bioseparation, Vol1 Flickinger M.C. and Drew S.W. (eds). John Wiles Sons, Inc. New York, pp. 395-419; Carvalho A.P., Meireles L.A., Malcata F.X., 2006. Microalgal reactors: a review of enclosed system designs and performances. In Biotechnol Prog 22: 1490-1506. Morweiser M., Kruse O., Hankamer B., Posten C., 2010. Developments and perspectives of photobioreactors for biofuel production. In Appl Microbiol Biotechnol 87: 1291– 1301).
Recentemente, sono stati introdotti altri sistemi che si discostano dalle classificazioni riportate storicamente in letteratura. Ad esempio è stato recentemente brevettato un fotobioreattore che si potrebbe definire a pannello verticale in materiale plastico con miscelazione di tipo “airlift”, con l’eccezione che la miscelazione è coadiuvata da un particolare disegno del materiale plastico, costituito da strutture che impongono al liquido di muoversi in modo vorticoso (Brevetti EP 1169428B1 e EP1326959B1). Un'altra evoluzione del pannello verticale è rappresentata dal sistema di Solix Biofuels, costituito da pannelli verticali in materiale plastico immersi in una laguna riempita d’acqua che sostiene i pannelli stesso (Morweiser M., Kruse O., Hankamer B., Posten C., 2010. Developments and perspectives of photobioreactors for biofuel production. In Appl Microbiol Biotechnol 87: 1291–1301). Anche il fotobioreattore prodotto da Proviron, ProviAPT, si basa su un principio analogo. Infatti, il pannello verticale è sempre sostenuto dall’acqua, che è a sua volta contenuta in una grande involucro chiuso. Riempiendo l’involucro più esterno, grazie alla pressione idrostatica si autosostiene tutto l’impianto (Domanda di Brevetto WO2009040383A1).
Gli esempi di Solix Biofuels e di Proviron rappresentano l’avanguardia dell’innovazione nel settore dei fotobioreattori. Secondo quanto dichiarato dai produttori, entrambi i sistemi consentono di ridurre notevolmente i costi energetici di gestione, ma hanno bisogno entrambi di grandi volumi d’acqua e, nel caso di Solix Biofuels, anche di infrastrutture importanti come una laguna dedicata. (Morweiser M., Kruse O., Hankamer B., Posten C., 2010. Developments and perspectives of photobioreactors for biofuel production. In Appl Microbiol Biotechnol 87: 1291–1301). Tuttavia le rese, non ancora dichiarate, rappresentano un’incognita rispetto a sistemi più collaudati e in prospettiva anche la gestione delle contaminazioni dell’acqua usata come supporto ai pannelli richiede particolare attenzione e può complicare la gestione ordinaria dell’impianto.
I fotobioreattori tubolari, invece, anche se garantiscono rese tipicamente inferiori rispetto ai fotobioreattori a pannello, sono ritenuti i più adatti per la produzione su grande scala di organismi fotosintetici (Eriksen N.T., 2008. The technology of microalgal culturing. In Biotechnol Lett 30: 1525-1536.).
Date le loro importanti caratteristiche tecnologiche, nel tempo sono state generate differenti versioni (Brevetti e Domande di Brevetti EP0310522B1, ES2150389B1, FI2010A000216, WO9961577A1).
I fotobioreattori tubolari tipicamente, ma non sempre, si caratterizzano per avere il collettore di luce costituito da tubi rigidi trasparenti alla PAR in vetro, o in materiale plastico rigido come il polivinilcloruro (pvc) o il plexiglas, di dimensioni variabili e posizionati in diversi modi: affiancati, distesi uno sopra l’altro, affiancati ma su un piano obliquo. In alcuni casi possono essere disposti in modo tale da creare geometrie particolari, come andamenti compresi tra la sinusoide e la greca ad angoli addolciti o posti a spirale (Brevetti IT1277842B1 e IT1277843B1). Generalmente hanno bisogno di strutture di sostegno, che inevitabilmente aumentano i costi di impianto.
Il rimescolamento del mezzo di coltura può avvenire attraverso l'immissione di aria con apposite soffianti o compressori, oppure con l'utilizzo di pompe di ricircolo. Negli esempi descritti in letteratura, le pompe di ricircolo sono caratterizzate da elevata potenza e portata e sono associate sempre a tubolari rigidi (vetro o materiale plastico).
Data l’elevata potenza delle pompe impiegate, i fotobioreattori tubolari sono caratterizzati da notevoli consumi energetici, in quanto le pompe utilizzate hanno elevata portata e pressione. Tipicamente, i consumi energetici riportati in letteratura sono di 600 W/m<3>(Molina Grima E., 2009. Challenges on Microalgae Biofuels. In the Proceedings of the 1st EABA Conference, Firenze June 3rd-4th 2009) o comunque compresi tra 500 W/m<3>e 2000 W/m<3>(Morweiser M., Kruse O., Hankamer B., Posten C., 2010. Developments and perspectives of photobioreactors for biofuel production. In Appl Microbiol Biotechnol 87: 1291– 1301).
Nonostante i limiti appena descritti e quelli dovuti al fatto che nei tubulari alcuni parametri chimico-fisici, come la concentrazione dei nutrienti e i valori di pH tendono a discostarsi dalla condizione ottimale, come anticipato in precedenza, i fotobioreattori tubolari rappresentano la tipologia di impianto più adatta per la produzione in pieno campo, su grande scala, di microrganismi fotosintetici (Eriksen N.T., 2008. The technology of microalgal culturing. In Biotechnol Lett. 30: 1525-1536).
Più in dettaglio, storicamente la progettazione di un efficiente fotobioreattore per la coltivazione di microorganismi fotosintetici o di colture miste costituite da microrganismi fotosintetici e non fotosintetici o di cellule vegetali, ha sempre dovuto tener conto di diversi fattori per armonizzarli. Di seguito sono descritti alcuni dei principali fattori da considerare.
- Consumo energetico e costi contenuti.
I costi di installazione e gestione devono essere contenuti, così come i consumi energetici. Questi due criteri devono essere rispettati soprattutto quando la biomassa ottenuta nel fotobioreattore è destinata alla produzione di energia. Infatti il bilancio energetico deve necessariamente risultare positivo e il costo del prodotto finale (biomassa, biodiesel, bioetanolo, biogas, bioidrogeno) deve essere competitivo sul mercato con i combustibili tradizionali.
- Facilità di installazione, gestione e manutenzione.
Il fotobioreattore deve essere installato e gestito da personale dedicato. Quanto più è sofisticato, tanto più l’installazione, la manutenzione e la gestione diventa complessa e dispendiosa in termini di tempo, aumentando così le possibilità di errore e i costi per il personale dedicato.
- Efficienza di cattura della luce.
Il fotobioreattore deve essere progettato in modo da garantire un rapporto elevato tra la superficie trasparente alla PAR ed il volume del liquido ricircolato al suo interno, affinché la luce (solare o artificiale) possa arrivare alla maggior quantità possibile di cellule fotosintetiche immerse nel mezzo di coltura. Un rapporto superficie/volume elevato consente di ottenere un’elevata densità cellulare, un’elevata produzione volumetrica, un maggiore sfruttamento del liquido di coltura e quindi l’uso di un minor quantitativo d’acqua. In definitiva, un’efficiente cattura della luce ha come conseguenza una maggiore densità cellulare e quindi comporta anche indubbi vantaggi operativi al momento della raccolta. L’efficienza della cattura della luce, deve essere quindi valutata in termini di salute della coltura e densità cellulare raggiunta, non di energia luminosa trasmessa alla coltura. Al contrario, un fotobioreattore configurato in modo tale da trasferire un eccesso di energia luminosa agli organismi coltivati, può provocare la fotoinibizione, con conseguente abbassamento della cinetica di sviluppo e della densità cellulare ottenuta, a parità delle altre condizioni (Wahal S., Viamajala S., 2010. Maximizing algal growth in batch reactors using sequential change in light intensity. In Appl Biochem Biotechnol 161: 511-522).
Una buona efficienza di cattura della luce si può quindi raggiungere combinando materiali differenti (più o meno in grado di trasmettere diverse lunghezze d’onda comprese nella PAR) e diverse geometrie del collettore (dimensioni e disposizione del tubolare), allo scopo di massimizzare l’energia luminosa incidente e ridurre al minimo la fotoinibizione (Molina Grima E., Acién Fernández F. G., García Camacho F., Chisti Y., 1999. Photobioreactors: light regime, mass transfer, and scaleup. In J Biotechnol 70: 231-247).
- Efficienza del trasferimento molecolare tra il liquido di coltura presente nel fotobioreattore e l’atmosfera (degassaggio), e viceversa.
Gli organismi fotosintetici, che comprendono sia eucarioti come le alghe verdi unicellulari o le piante superiori, sia procarioti come i batteri purpurei, i batteri verdi sulfurei e i cianobatteri (detti anche alghe azzurre), sono in grado di utilizzare l’energia luminosa per estrarre elettroni da specifici donatori ed introdurli in catene di trasporto elettronico finemente regolate, ricavando dalla luce l’energia necessaria per le diverse attività metaboliche. Nel caso di organismi fotosintetici ossigenici, il donatore di elettroni è l’acqua (H2O), convertito ad ossigeno molecolare (O2) e protoni (H+) secondo la reazione 2 H2O� O2+ 4H+; nel caso di organismi non ossigenici come i batteri purpurei e i batteri verdi sulfurei, il donatore di elettroni è il solfuro di diidrogeno (H2S), convertito ad acido solforico e protoni (H+).
In particolare, l’energia luminosa attraverso le catene di trasporto elettronico, diverse a seconda del tipo di organismo fotosintetico, è convertita in: (i) gradiente protonico, convertito in energia chimica tramite un apposito enzima, con la sintesi di molecole di Adenosina-5’-Trifosfato (ATP); (ii) e in potere riducente, rappresentato a seconda dell’organismo dalle molecole di Nicotinaamide Adenin Dinucleotide (NAD+) o Nicotinamide Adenin Dinucleotide Fosfato (NADP+) allo stato ridotto (rispettivamente NADH+H+ o NADPH+H+).
Gli organismi fotosintetici ossigenici eucarioti come le alghe verdi e procarioti come i cianobatteri, quando si trovano nella fase di luce e sono presenti in abbondanza l’energia chimica (ATP) e il potere riducente (NADH+ o NADPH+), impiegano queste risorse sintetizzando nuovi composti organici a partire dall’anidride carbonica (CO2). I composti organici ottenuti sono impiegati come fonte di energia per le attività metaboliche basali della cellula nella cosiddetta fase oscura, quando non è presente la luce, non è possibile effettuare la fotosintesi e viene consumato O2per ossidare gli zuccheri prodotti nella fase di luce, liberando CO2(Heldt H.W., 1997. Plant Biochemistry & Molecular Biology. Oxford University Press, New York, USA). Sia per i cianobatteri che per gli organismi fotosintetici eucarioti oltre alla capacità di effettuare la fotosintesi è stato descritto anche un comportamento di tipo mixotrofo o addirittura solamente eterotrofo, che consiste nell’ossidazione di sostanze carboniose eterotrofe, come la melassa, ricavate dall’ambiente circostante; nel caso di mixotrofia quindi, il microorganismo sfrutta sia l'energia luminosa che l'energia chimica, nel caso di eterotrofia verrà utilizzata la sola energia chimica derivante da sostanza organica in generale (Andrade M. and Costa J.A.V., 2007. Mixotrophic cultivation of microalga Spirulina platensis using molasses as organic substrate. In Aquaculture 264: 130-134).
Gli organismi fotosintetici coltivati in un fotobioreattore, quindi, nella fase di luce impiegano l’energia luminosa raccolta nel collettore per effettuare la fotosintesi, liberando O2e consumando contestualmente la CO2disciolta nel liquido di coltura. Durante la fase di luce, all’interno del collettore si assiste, quindi, ad una progressiva diminuzione della concentrazione di CO2e ad un aumento della concentrazione di O2, fino a livelli potenzialmente tossici per le cellule. Nella fase di buio, invece, si assiste ad una diminuzione della concentrazione di O2e ad aumento della concentrazione della CO2.
Storicamente lo scambio gassoso con l'atmosfera doveva essere sempre garantito sia durante la fase di luce per smaltire l'O2prodotto ed arricchire il liquido di coltura con CO2, sia quando avvengono le reazioni ossidative, come nella fase di buio o in presenza di organismi mixotrofi o eterotrofi, per arricchire il liquido di coltura di O2e liberare l’eccesso di CO2, che può portare ad una inibizione della crescita e ad una eccessiva acidificazione del mezzo. Nei fotobioreattori tubolari, lo scambio di gas tra liquido di coltura ed atmosfera avviene solitamente in un serbatoio di degassaggio ed è agevolato e accelerato dall’immissione di aria forzata (airlift) generando bolle di dimensioni differenti a seconda della tipologia di fotobioreattore impiegata (López M.C., Sánchez Edel R., López J.L., Fernández F.G., Sevilla J.M., Rivas J., Guerrero M.G., Grima E.M., 2006. Comparative analysis of the outdoor culture of Haematococcus pluvialis in tubular and bubble column photobioreactors. In J Biotechnol 123: 329-342; Brennan L., Owende P., 2010. Biofuels from microalgae -- A review of technologies for production, processing, and extractions of biofuels and co-products. In Ren Sust Energy Rev 14: 557-577).
- Adeguata nutrizione degli organismi coltivati.
Nella quasi totalità dei casi, gli organismi fotosintetici dal punto di vista metabolico sono foto-autotrofi, in quanto riescono a sintetizzare in modo autonomo i composti organici essenziali per la vita, utilizzando come substrato di partenza composti inorganici come la CO2, gli ioni nitrato e fosfato, il magnesio, il calcio e tracce di microelementi essenziali come il ferro, il cobalto, il manganese e altri elementi. Un’eccezione è data dagli organismi mixotrofi che associano al metabolismo autotrofo anche un metabolismo eterotrofo, che può essere espresso in presenza di substrati carboniosi e dai fotoeterotrofi che richiedono come donatori di elettroni sostanze organiche disponibili nell’ambiente (Rippka R., Deruelles J., Waterbury J., Herdman M., Stanier R., 1979. Generic assignments, strain histories and properties of pure cultures of cyanobacteria. In J Gen Microbiol 111: 1-61; Madigan M.T., Martinko J.M., Parker J., 2003. Brock Biology of Microorganisms. Pearson Education, Inc., New York, USA, Tenth Edition pp. 130-131). In un fotobioreattore le sostanze nutritive devono essere disponibili in quantità sufficiente in ogni punto del collettore di luce, al fine di garantire il mantenimento di un buon stato fisiologico degli organismi fotosintetici presenti al suo interno. Nel caso in cui nel fotobioreattore siano coltivati organismi fotoautotrofi come le alghe verdi unicellulari, la CO2è da considerare una sostanza nutritiva fondamentale e deve essere garantita alla coltura anche tramite l’iniezione di gas arricchito in CO2, nel caso in cui la concentrazione di CO2disciolta spontaneamente nel liquido di coltura sia limitante (Molina E., Fernández J., Acién F.G., Chisti Y., 2001. Tubular photobioreactor design for algal cultures. In J Biotechnol 92: 113-131).
- Efficienza della miscelazione e del ricircolo del mezzo di coltura.
In un fotobioreattore tubolare la miscelazione del mezzo di coltura è un processo ritenuto da sempre indispensabile, che deve garantire: (i) l’avanzamento del mezzo di coltura all’interno dei tubolari verso il serbatoio di degassaggio, (ii) la miscelazione del mezzo di coltura al fine di garantire la migliore diffusione delle sostanze nutritive e di evitare la stratificazione delle temperature; (iii) la miscelazione degli organismi coltivati al fine di evitare la sedimentazione, l’aggregazione e la formazione di biofilm, oltre che favorire il ricambio delle cellule presenti negli strati superficiali, più esposte all’irraggiamento e conseguentemente alla fotoinibizione.
La formazione di biofilm, ossia di strati persistenti di cellule adese e di materiale derivato dal metabolismo cellulare (es. polisaccaridi) alla superficie interna del collettore è un problema particolarmente sentito quando lo scopo del fotobioreattore è quello di produrre in modo efficiente biomassa pregiata. Al contrario, quando lo scopo è quello di fornire un servizio come la rimozione in continuo di contaminanti da acque reflue, la formazione di biofilm può rappresentare un aspetto tecnologico desiderato (de Godos I., González C., Becares E., García-Encina P.A., Muñoz R., 2009. Simultaneous nutrients and carbon removal during pretreated swine slurry degradation in a tubular biofilm photobioreactor. In Appl Microbiol Biotechnol 2: 187-194).
- Controllo della temperatura.
I processi biologici come la crescita dei microorganismi sono caratterizzati da un picco di massima produzione, ciascuno in corrispondenza di una precisa temperatura definita optimum. La produttività è tanto maggiore, quanto la temperatura viene mantenuta nell’intorno dell’optimum che varia a seconda degli organismi fotosintetici coltivati.
- Controllo dell’acidità.
L’acidità può essere controllata tramite iniezione di anidride carbonica pura o di altro gas ricco di anidride carbonica, per mantenere la coltura in condizioni ottimali per la crescita. Questo consente, inoltre, ai microorganismi fotosintetici di avere a disposizione elevati quantitativi di anidride carbonica, punto di partenza della fotosintesi, per ottenere elevate produttività. In alternativa, si possono utilizzare sostanze che fungono da tampone nel mezzo di coltura, in modo da mantenere il pH in un range adatto alla crescita microbica.
- Controllo delle contaminazioni microbiche.
Nei casi in cui la biomassa prodotta all’interno del fotobioreattore sia destinata direttamente all’alimentazione umana o alla produzione di ingredienti per alimenti funzionali, come gli antiossidanti naturali, è fondamentale poter garantire la purezza della coltura ottenuta e gli standard di sicurezza richiesti. A questo scopo è necessario immettere nel fotobioreattore il mezzo di coltura sterile ed evitare il più possibile punti di contatto con l’ambiente esterno, come aperture e sfiatatoi non protetti. È inoltre indispensabile effettuare una pulizia profonda del fotobioreattore alla fine di ogni ciclo di produzione, al fine di evitare contaminazione incrociate tra cicli successivi. Da questo punto di vista, la struttura del fotobioreattore deve essere tale da garantire una pulizia profonda di ogni componente non sostituibile. La presenza di cavità, insenature, tubi interni, geometrie interne complesse rappresentano un grave ostacolo al controllo delle contaminazioni tra cicli di produzione successivi.
Un problema tecnico alla base della presente divulgazione è quello di mettere a disposizione un metodo per coltivare microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non fotosintetici, cellule vegetali che consenta di rispettare una o più delle richieste e delle aspettative sopra riportate in relazione ai fotobioreattori, ed un rispettivo impianto fotobioreattore che possa consentire di attuare tale metodo.
Tale problema tecnico può essere risolto mediante un uso di un impianto secondo la rivendicazione 1, un metodo di coltivazione di coltivazione di microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e nonfotosintetici e/o cellule vegetali secondo la rivendicazione 9, ed un impianto fotobioreattore secondo la rivendicazione 16. Forme di realizzazione particolari dell'oggetto della presente divulgazione sono definite nelle corrispondenti rivendicazioni dipendenti.
In particolare, alla base della presente divulgazione, vi è un riconoscimento da parte dell'inventore della presente divulgazione che è possibile sfruttare incastellature e strutture già esistenti in un altro settore tecnico, e talvolta già dismesse, per coltivare microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali, e che tali incastellature e strutture già esistenti sono particolarmente adatte per tali culture, ed utili per soddisfare le une o più aspettative sopra riportate in relazione alla tecnica nota.
In particolare, l’inventore della presente divulgazione ha riconosciuto che impianti già esistenti per avicoltura ed in particolare includenti un sistema di sollevamento e movimentazione con fili per muovere mangiatoie (contenitori di mangime) e, chiamato nel settore sistema o filo di sollevamento per mangiatoie, può essere adatto per l’applicazione nel campo dei fotobioreattori. Infatti tale sistema di sollevamento e movimentazione è tradizionalmente strutturato per regolare simultaneamente l’altezza delle mangiatoie, ed ancora più in particolare per alzare e abbassare, secondo necessità, una mangiatoia in un impianto per avicoltura.
Ancora più in particolare, l’inventore della presente divulgazione ha osservato che attualmente l’impiego in avicoltura di tali sistemi di sollevamento e movimentazione per mangiatoie è sempre meno utilizzato, in quanto il settore dell’avicoltura si sta orientando sempre di più per un ritorno verso un allevamento avicolo a terra, senza mangiatoie sollevabili.
L’inventore della presente divulgazione ha intuito che tali impianti, ora spesso abbandonati, sono ben utilizzabili - senza grandi cambiamenti - nel settore dei fotobioreattori. Infatti è sufficiente sostituire le mangiatoie con uno o più involucrifotobioreattori per la coltivazione di microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali.
Infatti, in accordo ad alcune forme di realizzazione, il sistema di sollevamento e movimentazione include una pluralità di fili collegati, da un lato, ad una o più mangiatoie e, dall’altro, ad uno o più organo di attuazione. Sostituendo le mangiatoie con gli involucri-fotobioreattori, è possibile collegare gli involucri fotobioreattori ai fili per muovere i fotobioreattori.
Può essere previsto, nell’ambito della presente divulgazione, di utilizzare più fili per sollevare un unico fotobioreattore, oppure un filo per sollevare un singolo corrispondente fotobioreattore. I fili possono essere organizzati e collegati ai fotobioreattori su un solo lato del rispettivo fotobioreattore, oppure su più lati di un fotobioreattore.
In alcune forme di realizzazione, il collegamento tra i fili ed il fotobioreattore può essere indiretto. Per esempio, uno o più fotobioreattori possono essere adagiati su un ripiano o basamento, ed il filo può essere collegato al ripiano o basamento, per muovere quest’ultimo.
In alcune forme di realizzazione, il sistema di sollevamento e movimentazione può essere ulteriormente adattato all’impiego con i fotobioreattori. A tal fine per ottimizzare la resa del sistema, possono essere previsti più ripiani sovrapposti in altezza e supportanti i fotobioreattori, in cui i ripiani sono collegati ai fili.
In accordo ad alcune forme di realizzazione, i fili possono essere movimentati con movimento di va e vieni da un motore o da un pistone idraulico, o da altro organo di attuazione, e determinare di conseguenza una movimentazione o sollevamento alternato dell’uno o più fotobioreattori.
In accordo ad ulteriori forme di realizzazione, il sistema di sollevamento e movimentazione per mangiatoie include una pluralità di fili primari disposti orizzontalmente, a soffitto o poco sotto il soffitto, ed una pluralità di fili secondari disposti sostanzialmente verticali sotto i fili primari e collegati tramite pulegge di rinvio ai fili primari. I fili secondari sono collegati alle mangiatoie. Gli involucri fotobioreattori vengono collegati ai fili secondari. I fili secondari possono essere collegati ciascuno, come sopra detto, ad un corrispondente fotobioreattore, oppure una pluralità di fili secondari possono essere collegati ad un unico fotobioreattore su più lati di quest’ultimo.
In accordo ad alcune forme di realizzazione, i fili primari possono essere movimentati con il suddetto movimento di va e vieni da un motore o da un pistone idraulico, o da altro organo di attuazione. In questo modo, muovendo in senso orizzontale i fili primari, è possibile spostare in senso verticale i fili verticali.
Il movimento di va e vieni in direzione verticale consente di muovere i fotobioreattori alternativamente verso l’alto e verso il basso, determinando per esempio un moto ondoso del fotobioreattore.
In altre parole, gli involucri-fotobioreattori, o sacchi, includenti le colture vengono agganciati ai fili secondari (precedentemente destinati al sollevamento delle mangiatoie) e movimentati come erano precedentemente movimentate le mangiatoie in senso verticale. E’ così possibile alzare ed abbassare, per esempio una porzione di estremità di un fotobioreattore, in modo da muovere le colture all’interno dell’involucro.
L’involucro può essere di qualsiasi forma e dimensione. La forma e dimensione sono selezionate in funzione della coltura. In alcune forme di realizzazione, l’involucro può essere messo in una vasca con acqua per stabilizzare la temperatura. Alternativamente, in alcune forme di realizzazione, è possibile disporre l’uno o più fotobioreattori in rispettivi incavi o solchi o bacini scavati a terra e riempiti di acqua, o dove viene fatta scorrere l’acqua.
Si osserva inoltre che tradizionalmente gli impianti per avicoltura sono accolti in capannoni di grandi dimensioni. Tali capannoni possono quindi accogliere un numero elevato di involucri-fotobioreattori, e consentire una elevata resa nella coltura. Inoltre i capannoni possono essere modificati, per esempio rimuovendo il tetto, o rimuovendo tutte le pareti del capannone, per consentire di esporre gli involucri direttamente alla luce del sole.
In pratica, secondo alcuni aspetti della presente divulgazione il sistema di sollevamento e movimentazione con fili per il sollevamento di mangiatoie può anche essere impiegato all’aria aperta. In questo caso, i fili e gli organi di attuazioni dei fili possono essere montati su incastellature di supporto impiantate a terra, come per esempio le strutture di supporto utilizzate per il supporto di reti antigrandine in agricoltura.
Alternativamente, in alcune forme di realizzazione, il sistema di sollevamento e movimentazione per mangiatoie, in cui le mangiatoie sono sostituite con gli involucri-fotobioreattori, può essere ridotto a dimensioni più piccole e trasportato in un laboratorio o in un simile ambiente chiuso, dove può essere garantita un’asetticità dell’ambiente.
In altre forme di realizzazione, il sistema di sollevamento e movimentazione per mangiatoie, in cui le mangiatoie sono sostituite con gli involucri-fotobioreattori, può essere ridotto a dimensioni più piccole e disposto in autoclave.
Alla base della presente divulgazione, vi è inoltre il riconoscimento che l’impiego di tali sistemi di sollevamento e movimentazione tradizionalmente noti in avicoltura consente di muovere le colture con specifiche modalità che possono favorire ulteriormente la coltura. In particolare, l’inventore della presente divulgazione ha riconosciuto che i microorganismi, in particolare le microalghe, vivono e si sviluppano in condizioni di acqua quasi ferma, definita stagnante.
Di conseguenza, può essere vantaggioso eseguire una coltivazione di microorganismi foto-autotrofi o mixotrofici o eterotrofi in condizioni quasi statiche, come per l’acqua stagnante.
Il sistema di sollevamento e movimentazione sopra descritto può essere utilizzato perfettamente in linea con questa filosofia/principio, vale a dire il principio di mantenere il mezzo di coltura in condizione statica, e muovere il mezzo di coltura occasionalmente o ad intervalli prestabiliti. Per esempio, una movimentazione della coltura può avvenire solo in pochi momenti della giornata, al contrario di una movimentazione continua di tutti i sistemi classici.
A tal fine l’organo di attuazione per muovere i fili primari sarà programmato per muovere occasionalmente o ad intervalli regolari gli involucri-fotobioreattori.
Il movimento occasionale, o discontinuo nel tempo, della coltura può rappresentare il modo migliore per non creare disturbo al naturale sviluppo e crescita dei microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non foto sintetici e/o cellule vegetali coltivati, in quanto statici per la maggior parte del tempo, ma contemporaneamente consentire la corretta produttività della coltura, movimentandola quel tanto che basta per un corretto scambio di nutrienti e gas. Questo comporta, dal punto di vista tecnico-economico, una drastica riduzione dei costi energetici ed economici per la movimentazione del mezzo di coltura, che si combina con i costi già ridotti dall’impiego di impianti già esistenti. In pratica, in accordo alla presente divulgazione, il sistema di sollevamento può essere impostato per regolare il movimento di una coltura, senza, o riducendo al minimo gli, sprechi energetici.
La forza impartita ed il tempo per la movimentazione dipendono prevalentemente dai microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali che sono coltivati.
In accordo ad alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, la maggior parte del tempo, per esempio più del 90%, il mezzo di coltura non è in movimento, vale a dire è in detta condizione statica.
Si osserva inoltre che secondo ulteriori aspetti della presente divulgazione, il metodo ed il relativo impianto fotobioreattore sopra descritti sono organizzati e strutturati per presentare caratteristiche di modularità, elevata versatilità, necessità di limitate infrastrutture dedicate, facilità e basso costo di installazione, di gestione e di manutenzione, limitati consumi energetici di gestione e/o per ulteriori caratteristiche. Infatti, una pluralità di fotobioreattori sono disposti in affiancamento in file e righe, secondo la distribuzione dei fili del sistema di sollevamento e movimentazione, all’interno di un capannone già esistente.
In alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, il suddetto involucro-fotobioreattore è un corpo in materiale plastico trasparente alla PAR, adagiato al suolo, o su un basamento, quale per esempio un telo riflettente (pacciamatura), o una rete, e riempito del mezzo di coltura più adatto al tipo di microrganismo d’interesse, a formare una sorta di materassino di pochi centimetri.
Secondo alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, l'involucro è completamente chiuso, o può avere delle valvole alle estremità, per l’iniezione di gas o di liquidi.
Secondo alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, la movimentazione della coltura può avvenire tramite un moto ondoso, originato da un innalzamento verso l'alto e successivo abbassamento di una o entrambe le estremità, o porzioni di estremità dell’involucro. Alternativamente può essere previsto un sobbalzo dell’involucro.
Ne consegue che, in accordo ad alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, la movimentazione della coltura avviene in maniera indiretta, dal momento che la coltura viene movimentata tramite l'involucrofotobioreattore.
Secondo alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, la coltura non è ricircolata all’interno dell’involucro. Eventualmente viene insufflata anidride carbonica che serve per il controllo del pH della coltura e fornire substrato per la crescita di microrganismi fotosintetici nella fase di luce.
Nel caso in cui sia insufflato gas, ad un’estremità dell’involucro opposta rispetto ad un’estremità di ingresso del gas, è presente una valvola di uscita, in modo che l’involucro non sia in pressione.
Secondo alcune forme della presente divulgazione, l’involucrofotobioreattore è impiegato in combinazione con colture, come per esempio Haematococcus pluvialis, che per arrivare a maturità necessitano di uno stress legato ad un cambiamento di condizioni, come, ad esempio lo stress nutrizionale. In questo caso il fotobioreattore consente di avviare la fase di maturazione dell’alga, interrompendo l’apporto di nutrienti e/o gas, e mantenendo la coltura per la maggior parte del tempo in fase statica.
Più in particolare, l’impianto fotobioreattore secondo la presente divulgazione può essere utilizzato per la coltivazione di uno dei seguenti organismi, o di una loro combinazione: (i) microrganismi fotosintetici, (ii) colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici, (iii) cellule vegetali.
Inoltre, l’impianto fotobioreattore secondo la presente divulgazione può essere utilizzato per la produzione di:
- biomassa microbica per produzione di mangimi, per acquacoltura, per integratori alimentari, come alimento tal quale, prodotto intermedio per la produzione di alimenti;
- fonti energetiche rinnovabili grazie all’utilizzo, ad esempio, della biomassa tal quale, di oli combustibili derivati (biodiesel), dell’idrogeno liberato (bioidrogeno), di gas (biogas) o etanolo (bioetanolo) derivante dalla biomassa coltivata;
- composti derivati come molecole bioattive (antiossidanti naturali, acidi grassi omega3, altro), pigmenti, olio, proteine, polisaccaridi, biopolimeri, bioplastiche;
- servizi come la depurazione di acque reflue, in particolare acque reflue di allevamenti zootecnici, di impianti di depurazione civile o provenienti da digestori anaerobici, la biofissazione dell'anidride carbonica derivante dai gas di scarico della combustione di impianti industriali, di motori a combustione, di centrali per la produzione di energia elettrica e/o termica (cogenerazione, trigenerazione), dalla fermentazione vinaria e nell'industria agroalimentare e dell'anidride carbonica atmosferica.
Altre caratteristiche e modalità di impiego dell’oggetto della presente divulgazione risulteranno evidenti dalla seguente descrizione dettagliata di alcune sue forme di realizzazione, date a scopo esemplificativo e non limitativo.
È anche da intendersi che, nell'ambito della presente divulgazione, rientrano tutte le possibili combinazioni delle singole caratteristiche indicate e descritte con riferimento alla seguente descrizione dettagliata.
Verrà fatto riferimento alle figure dei disegni allegati, in cui:
- la figura 1 è una vista dall'alto di un impianto per avicoltura di tipo noto;
- la figura 2 è una vista dall'alto di un impianto fotobioreattore secondo una forma di realizzazione della presente divulgazione;
- la figura 3 è una vista dall'alto di un particolare di un impianto fotobioreattore secondo una forma di realizzazione della presente divulgazione.
Con riferimento a figura 1, con il numero di riferimento 1 è indicato un impianto per avicoltura di tipo noto.
Con riferimento a figure 2 e 3, con il numero di riferimento 10 è indicato un impianto fotobioreattore secondo alcune forme di realizzazione della presente divulgazione.
In particolare, secondo un aspetto della presente divulgazione, l’impianto fotobioreattore 10 è ottenuto mediante sostituzione di mangiatoie 2 dell’impianto per avicoltura 1 con una pluralità di involucri-fotobioreattori 11. Ciascuno degli involucri-fotobioreattori 11 comprende, per esempio, un sacco in materiale flessibile e trasparente ad una radiazione luminosa fotosinteticamente attiva. Il sacco verrà più dettagliatamente descritto in seguito.
In particolare, l’impianto fotobioreattore 10 include un sistema di sollevamento e movimentazione 30 per muovere gli involucri-fotobioreattori 11 che consente di regolare simultaneamente l’altezza degli involucri-fotobioreattori 11. Il sistema, che è chiamato nel settore dell’avicoltura, sistema di sollevamento per mangiatoia, è collegato normalmente ad soffitto o a pareti di un capannone, e consente di alzare o abbassare una mangiatoia secondo necessità.
Il sistema di sollevamento e movimentazione 30 include, nella forma di realizzazione illustrata, una pluralità di fili primari 14 sostanzialmente orizzontali e affiancati, di cui uno solo mostrato nei disegni, ed una pluralità di fili secondari 12 disposti sostanzialmente verticali e collegati ad una prima estremità tramite pulegge 16 di rinvio ad un rispettivo filo primario 14. I fili primari 14 sono disposti orizzontalmente al di sopra dei fili secondari 12 nell’intera area di un capannone.
Le pulegge 16 sono a loro volta montate ad una barra 17 fissata a soffitto. All’estremità opposta, ciascun filo 12 è collegato ad una barra 13 orizzontale alla quale sono a loro volta fissati gli involucri-fotobioreattori 11.
Si osserva che in una forma di realizzazione, come quella qui illustrata, il filo 12 è fissato ad una porzione terminale 20 di un rispettivo involucri-fotobioreattore 11. Possono essere previsti due fili 12 collegati ciascuno da parti opposte dell’involucro-fotobioreattore 11 ad una rispettiva porzione terminale. I fili 12 possono anche essere collegati sui lati lunghi dell’involucro-fotobioreattore 11.
Ciascun filo primario 14 è un organo di trasmissione chiuso ad anello il quale a sua volta è collegato ad un lato ad un motore 15, ed al lato opposto al motore 15, ad una puleggia di rinvio montata su un supporto fisso 21.
Il filo primario 14 è movimentato con movimento di va e vieni dal motore 15, mediante rotazione in modo alternato secondo un senso di rotazione e nel senso di rotazione opposto del motore 15. In forme di realizzazione alternative, i fili primari 14 possono essere movimentati con movimenti di va e vieni da pistoni idraulici.
In questo modo, muovendo in senso orizzontale i fili principali 14, è possibile spostare in senso verticale i fili secondari 12, che sono collegati a loro volta agli involucri-fotobioreattori 11.
In una forma di realizzazione come quella illustrata, ciascun filo primario 14 è azionato dal rispettivo motore 15. In questo modo, collegando una pluralità di fili secondari 12 in successione ad un medesimo filo primario 14, è possibile azionare la pluralità di fili secondari 12 con un singolo motore 15.
Potranno quindi essere previsti una pluralità di motori 15 affiancati su un lato di un capannone i quali sono destinati a muovere altrettanti fili primari 14 ed altrettante sequenze di involucri-fotobioreattori 11.
E’ da intendersi che la configurazione ed il collegamento dei fili secondari 12 e dei fili primari 14, e delle pulegge di rinvio può essere differente da quella illustrata. Infatti, sono noti vari impianti per avicoltura destinati ad un sollevamento/abbassamento controllato delle mangiatoie per avicoltura, e ciascuno di tali sistemi di sollevamento di mangiatoie può essere adottato.
Per esempio, in una forma di realizzazione non visibile nei disegni, ciascun filo primario 14 può essere collegato a sua volta mediante una puleggia ad un albero di rotazione, disposto ortogonale rispetto al filo primario 14 su un lato del capannone. L’albero di rotazione potrà essere azionato da un unico motore e ruotato alternativamente nei due sensi di rotazione. In questo modo, collegando una pluralità di fili primari 14 al medesimo albero di rotazione potranno essere movimentati gli involucri-fotobioreattori 11 con un singolo motore 15.
In altre forme di realizzazione non illustrate nei disegni, una pluralità di fili 12 sono collegati su un lato di un unico involucro-fotobioreattore 11. In altre forme di realizzazione non illustrate nei disegni, una pluralità di fili 12 sono collegati su più lati di un unico involucro-fotobioreattore 11. In queste ultime forme di realizzazione, possono essere previste più barre 13 e barre 17 disposte ad incrocio per poter disporre e collegare i fili 12 , 14 a più lati del medesimo involucrofotobioreattore 11.
In ciascuno degli involucri-fotobioreattori 11 è accolto un mezzo di coltura (non visibile nei disegni) per coltivare microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali. Secondo un aspetto della presente divulgazione, grazie all’impiego di un impianto per avicoltura come quello illustrato è possibile far assumere a ciascuno degli involucrifotobioreattori 11 una condizione statica e sottoporre gli involucri-fotobioreattori 11 ad un movimento, per esempio ondoso, ad intervalli di tempo limitati, od in modo discontinuo nel tempo interrompendo la condizione statica, al fine di muovere il mezzo di coltura.
Infatti, la suddetta movimentazione del mezzo di coltura si ottiene muovendo gli involucri-fotobioreattori 11 in modo discontinuo nel tempo, per esempio occasionale o a intervalli regolari o secondo un programma prestabilito.
Un leggero moto ondulatorio o di ripetuti sobbalzi può anche essere ottenuto facendo leggermente vibrare gli involucri-fotobioreattori 11 con movimenti alternati e ripetuti dei fili 12.
E’ da notare che il motore 15 può essere associato ad un sistema di controllo elettronico per regolare il movimento degli involucri-fotobioreattori 11. Ne consegue, che sollevando occasionalmente o ad intervalli prestabiliti gli involucrifotobioreattori 11 è possibile ottenere un movimento ondulatorio di ciascuno degli involucri-fotobioreattori 11.
In pratica, in accordo ad alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, la movimentazione prevede l'innalzamento verso l'alto e successivo abbassamento di una estremità di ciascuno degli involucri-fotobioreattori 11.
Si può osservare che l’impiego dell’impianto per avicoltura sopra menzionato consente che ciascuno degli involucri-fotobioreattori 11 può essere normalmente in posizione orizzontale e alzato all’occorrenza. Si può inoltre osservare che la movimentazione avviene in maniera indiretta, essendo effettuata per tramite degli involucri-fotobioreattori 11, ovvero non ci sono corpi a contatto con il mezzo di coltura, quali per esempio pale, giranti di pompe, aste, insufflazione d'aria ecc...
In accordo ad alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, la maggior parte del tempo, per esempio più del 90%, il mezzo di coltura non è in movimento, vale a dire è in detta condizione statica.
In alcune forme di realizzazione, come quelle illustrate nei disegni, ciascuno degli involucri-fotobioreattori 11 è un corpo tubolare a film plastico trasparente al PAR (Photosynthetically Active Radiation), di diverse dimensioni e disposto orizzontalmente rispetto la superficie, caratterizzato dalla completa chiusura (saldatura) rispetto all'ambiente esterno.
In alcune forme di realizzazione, ciascuno degli involucri-fotobioreattori 11 può includere tubi o cannule saldati o comunque fissati all'inizio e/o alle porzioni di estremità degli involucri-fotobioreattori 11 per carico/scarico del mezzo di coltura, fornitura sostanze nutritive (sali minerali, CO2, acidi organici, o altre sostanze organiche) ed eventuale fuoriuscita di gas, eventuale inserimento sistemi di monitoraggio di processo (es. sonde temperatura, sonde pH).
Ognuno degli involucri-fotobioreattori 11 è quindi caratterizzato da una camera di coltura dove si sviluppano i microorganismi foto-autotrofi, o non, in un mezzo di coltura acquoso, sia acqua dolce, che salata o salmastra.
Gli involucri-fotobioreattori 11 possono essere ermeticamente chiusi, senza soluzioni di continuità con l'esterno, sia essere provvisti di tubi, o sfiati, che consentano lo scambio gassoso. Nel primo caso, l'apertura dei tubi alle estremità si ha solo nel momento del carico o scarico e per la fornitura degli elementi nutritivi. Le due modalità operative vengono applicate in maniera diversa in base agli scopi che si vogliono ottenere e alle specie o ceppi di microorganismi utilizzati.
Si rileva inoltre che lunghezza e la larghezza di ogni involucro può variare in funzione di caratteristiche tecnico-biologiche degli organismi coltivati e gli spazi a disposizione, nonché del tipo di movimentazione manuale o meccanica che si vuole eseguire.
In alcune forme di realizzazione, come quelle illustrate nei disegni, gli involucrifotobioreattori 11 possono essere di lunghezza variabile dai 50 cm ai 100 m, ma anche 200 m. Oltre i 5 metri può essere conveniente prevedere una movimentazione meccanica.
La larghezza può variare dai 5 ai 10000 cm, con misura ottimale tra i 40 e i 60 cm.
Secondo alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, ciascuno degli involucri-fotobioreattori 11 è impiegato per la coltivazione della microalga Haematococcus pluvialis. Tale microalga è pertanto inclusa nell'involucro.
In pratica si è riscontrato che l’impianto fotobioreattore 10 secondo la presente divulgazione può essere ottimale per alcune colture come Haematococcus pluvialis le quali arrivano a maturità necessitando di uno stress o cambiamento di condizioni, come, ad esempio lo stress nutrizionale.
In questo caso, l’impianto fotobioreattore 10 consente di avviare la fase di maturazione dell’alga in modo del tutto innovativo, semplicemente interrompendo l’apporto di nutrienti e/o gas, e mantenendo la coltura per la maggior parte del tempo in fase statica.
Nel seguito si illustra un esempio di applicazione con tale microalga Haematococcus pluvialis.
Si è testata in maniera continuativa per un anno la coltivazione di Haematococcus pluvialis, microalga di acqua dolce classificata come alga verde con il fotobioreattore ermeticamente chiuso. Nelle stagioni intermedie, e durante l'inverno, la coltivazione è avvenuta senza l'utilizzo di sistemi di controllo per temperatura, né per pH o altri parametri di processo. Sorprendentemente la produttività è risultata paragonabile ai sistemi classici di coltura, sopra descritti in riferimento alla tecnica nota, in cui il mezzo di coltura viene posto a contatto con mezzi esterni di soffiaggio. La qualità è risultata molto elevata, sia in termini di principi attivi che di purezza da contaminazioni, paragonabile ai più sofisticati sistemi di coltivazione.
Secondo alcuni ulteriori aspetti della presente divulgazione, l’impianto fotobioreattore è compatibile con alcuni fattori critici, qui di seguito elencati.
- Facilità di installazione, gestione e manutenzione.
La facilità di installazione, gestione e manutenzione degli involucri-fotobioreattori 11, oltre che la sua versatilità, è data essenzialmente dall'utilizzo di tubolare plastico flessibile, che può essere facilmente sostituito alle mangiatoie esistenti. L’uso di tubolari plastici flessibili consente di infatti di effettuare l’installazione con l'ausilio di srotolatori, di riparare eventuali perdite con nastro adesivo e, qualora necessario, di sostituirli completamente senza gravi perdite economiche. Possono non essere inoltre presenti serbatoi per degassagio, o pompe con relativi raccordi.
Per quanto riguarda la manutenzione, essa è ridotta quasi a zero. Infatti, una riparazione avviene agilmente come sopra descritto e una pulizia avviene utilizzando acqua con additivi disinfettanti (cloro in generale come per le piscine). Nel caso in cui siano presenti contaminazioni che non si riescono controllare, gli involucri-fotobioreattori 11 possono essere cambiato e smaltito come plastica agricola, nonché sostituito con un altro involucro.
- Consumo energetico e costi di gestione contenuti.
Il costo di installazione e di gestione di un impianto fotobioreattore ed i consumi energetici del presente impianto fotobioreattore 10.
A titolo di esempio non limitativo, al momento dell’installazione può essere conveniente controllare che tutti gli involucri-fotobioreattori 11 siano disposti in modo da avere un medesimo livello di acqua lungo nel sacco. E’ da notare anche che i sacchi possono essere disposti all’interno di vasche o piscine preventivamente disposte all’interno dei capannoni, per controllare la temperature dei sacchi. Alternativamente gli involucri-fotobioreattori 11 possono essere disposti in bacini o incavi ricavati mediante scavo nel terreno. In tali bacini, può essere fatta scorrere l’acqua.
Si osserva inoltre che un consumo energetico è molto contenuto utilizzando il sistema di sollevamento e movimentazione 30 sopra descritto.
- Efficienza di cattura della luce
Gli involucri-fotobioreattori 11 sono, come detto, trasparente alla PAR (sia food grade - vale a dire compatibile con uso alimentare - sia no food grade per coltivazioni energetiche), per cui ciascuno di essi è adatto all’impiego in un fotobioreattore anche per scopi alimentari o no. Quando l’involucro-fotobioreattore 11 (che è conformato a tubolare) è riempito con il mezzo di coltura, il tubolare stesso assume forma tipo a cuscino (a seconda della larghezza), ed è paragonabile ad un fotobioreattore a pannello verticale, posizionato orizzontalmente. Questa forma di realizzazione consente di avere un buon rapporto superficie/volume ed evitare l'auto-ombreggiamento. A titolo di esempio non limitativo, in una specifica applicazione della presente divulgazione l’involucrofotobioreattore è formato da un tubolare di larghezza circa 50 cm e lungo 50 m (25 mq), con un altezza del livello d'acqua di 5 cm. Tale involucro-fotobioreattore contiene 1250 litri, il che vuol dire 50 l/mq di mezzo di coltura. Considerando la semplicità e l’essenzialità del fotobioreattore secondo la presente divulgazione, è sorprendente come questo dato risulti paragonabile con quanto riportato in letteratura per altri tipi di fotobioreattori estremamente elaborati ed efficienti, come i pannelli verticali (come quelli descritti nella domanda di brevetto WO2004/074423A2).
E’ da intendersi che le dimensioni del fotobioreattore e dell’involucro non sono vincolanti nell’ambito della presente divulgazione, e possono essere scelte sulla base di esigenze contingenti. Per esempio, possono essere previsti involucri molto lunghi e stretti, di forma tubolare, oppure involucri larghi e lunghi di forma sostanzialmente a materassino, oppure involucri di più piccole dimensioni, i quali vengono accostati ad altri involucri a formare un affiancamento (anche di grandi dimensioni complessive) di involucri, disposti per esempio in sequenza o in matrice per righe e colonne.
- Efficienza del trasferimento molecolare tra il liquido di coltura presente nel fotobioreattore e l’atmosfera (degassaggio), e viceversa.
Un altro aspetto innovativo del fotobioreattore secondo la presente divulgazione è che non c'è un degassaggio forzato, come nei classici fotobioreattori air-lift, bubbling o tubolari con torri o serbatoi di degasaggio. Sorprendentemente si è riusciti a coltivare l'Haematococcus pluvialis, come sopra descritto con ottimi risultati ugualmente. Il degasaggio avviene in maniera naturale, con lo scambio tra aria-acqua quando si ha la conformazione con fotobioreattore chiuso non ermeticamente. Nel caso in sui il fotobioreattore sia ermeticamente chiuso, il degasaggio praticamente non avviene. Le sostanze che compongono il mezzo di coltura, infatti, consentono di mantenere l'equilibrio per il tempo necessario allo sviluppo e maturazione della coltura.
- Adeguata nutrizione degli organismi coltivati.
Secondo alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, gli elementi nutritivi, tra cui gas arricchito di CO2, oppure CO2in forma liquida, possono essere addizionati al mezzo di coltura dall’operatore sottoforma di sali tal quale o sciolti nel liquido, in base alle specifiche necessità della coltura. Infatti, possono essere installati anche sistemi automatici che dosano l'entrata in circolo degli elementi nutritivi o dei reflui (come nel caso di impianti per la depurazione delle acque) in base alle caratteristiche chimico-fisiche del mezzo di coltura, oppure ad intervalli precisi (definiti da un timer) oppure in base all'esperienza dell'operatore. Questi sistemi di controllo possono essere sempre collegati in remoto. I nutrienti possono essere prelevati da serbatoi appositi posizionati in vicinanza, oppure a distanza e collegati attraverso tubature e pompe.
- Efficienza della miscelazione e del ricircolo del mezzo di coltura.
Secondo alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, una miscelazione può avvenire in maniera indiretta tramite la movimentazione dell’involucro, ovvero non ci sono organi all'interno del lume del fotobioreattore che consentono la movimentazione del mezzo di coltura, in cui tale movimentazione consente un’efficiente miscelazione del mezzo di coltura
- Controllo della temperatura
Nel fotobioreattore secondo la presente divulgazione la temperatura può essere monitorata tramite una o più sonde posizionate a contatto con il mezzo di coltura. Nelle stagioni intermedie, primavere ed autunno, il controllo della temperatura non viene effettuato, in quanto non necessario e con ulteriore riduzione dei costi di gestione. Nel caso in cui se ne presenti la necessità la temperatura è mantenuta nell’intervallo ottimale da un sistema automatico che consente di raffreddare o riscaldare a seconda delle esigenze.
Il condizionamento della temperatura può avvenire spruzzando acqua sui tubolari del collettore di luce, attraverso sistemi simili a quelli utilizzati per l'irrigazione, utilizzando tubi e ugelli, tubi porosi, sprinkler, getti, microgetti e sistemi simili. Oppure può essere fatta scorrere acqua sopra e lateralmente al fotobioreattore. Può essere associato anche un sistema di recupero dell'acqua di climatizzazione utilizzando il film plastico di pacciamatura posizionato sotto il collettore oppure altri sistemi, tipo vasche o bancali da florovivaismo. Si può inoltre mantenere immerso completamente il fotobioreattore in apposite vasche o sistemi a laguna in modo che la temperatura sia controllata come, per esempio, avviene nelle risaie.
Per riscaldare/raffreddare il mezzo di coltura si possono utilizzare anche altri sistemi radianti posti a contatto con i tubolari del collettore. Possono essere previsti anche altri sistemi che emettono calore tramite circuiti elettrici oppure con passaggio di fluido, distesi sotto i tubolari. Per il solo riscaldamento del mezzo di coltura si possono usare anche sistemi a irraggiamento nella regione dell’infrarosso, emessi da apposite lampade.
� Controllo dell’acidità.
Il controllo dell'acidità avviene addizionando sostanza con potere tampone nel mezzo di coltura. Queste consentono di mantenere il pH a livelli accettabili alla coltura per il periodo che serve allo sviluppo della stessa.
In alternativa il controllo dell’acidità avviene tramite una o più sonde posizionate a contatto con il mezzo di coltura. Queste sonde, collegate ad appositi dispositivi controllano l'immissione di CO2nel mezzo (sia gassosa che liquida), al fine di regolarne l’acidità. In oltre il controllo pH può essere effettuato aggiungendo al mezzo di coltura acidi organici o inorganici o sostanze acidificanti che possono contemporaneamente regolare l’acidità del mezzo e rappresentare una fonte nutritiva per i microrganismi coltivati.
- Controllo delle contaminazioni microbiche.
Come sopra anticipato, in alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, ciascun involucro-fotobioreattore 11 è ermeticamente chiuso. L’unico momento in cui c'è un contatto con l'esterno può essere il momento di carico e scarico della coltura. Ne consegue che, con opportuni accorgimenti dell'operatore la probabilità di contaminazione può essere praticamente zero. Nella conformazione non ermeticamente chiusa, i tubi possono essere provvisti di valvole e filtri per evitare un ingresso di microbi nel fotobioreattore. In altre parole, i tubi possono esse protetti da tappi con filtri, setti porosi o altro consenta lo scambio di gas tra l’interno e l’esterno del serbatoio e contemporaneamente ostacoli contaminazioni microbiche. In alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, possono essere previste sonde per il rilevamento di parametri chimico-fisici come l’acidità e la temperatura del mezzo di coltura. Tali sonde possono essere alloggiate in sicurezza, in apposite sedi, all’interno dell’ involucrofotobioreattore 11 fin dall’inizio del ciclo di coltivazione non costituiscono possibili fonti di contaminazione.
L'oggetto della presente divulgazione è stato fin qui descritto con riferimento ad una sua forma di realizzazione. È da intendersi che possano esistere altre forme di realizzazione che afferiscono al medesimo nucleo inventivo, tutte rientranti nell'ambito di protezione delle rivendicazioni qui di seguito esposte.

Claims (21)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Uso di un impianto per avicoltura (1) per trasformare l’impianto di avicoltura (1) in un impianto fotobioreattore (10) e coltivare microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali in cui l’impianto per avicoltura (1) include un sistema di sollevamento e movimentazione (30) di mangiatoie (2), ed in cui alcune o tutte le mangiatoie (2) vengono sostituite con involucri-fotobioreattori (11).
  2. 2. Uso secondo la rivendicazione 1, in cui il sistema di sollevamento e movimentazione (30) include uno o più fili di sollevamento (12, 14) ed in cui detti uno o più dei fili di sollevamento (12, 14) vengono collegati ciascuno ad un rispettivo involucro-fotobioreattore (11) al posto di una mangiatoia (2).
  3. 3. Uso secondo la rivendicazione 1 o 2, in cui il sistema di sollevamento (30) include uno o più fili primari (14) disposti orizzontali ed una pluralità di fili secondari (12) disposti verticali e collegati ad una prima estremità tramite pulegge (16) di rinvio ad un corrispondente filo primario (14).
  4. 4. Uso secondo la rivendicazione 3, in cui ciascun filo secondario (12) è collegato ad una barra (13) alla quale sono a loro volta fissati gli involucri-fotobioreattori (11).
  5. 5. Uso secondo la rivendicazione 3 o 4, in cui il sistema di sollevamento e movimentazione (30) include un organo di attuazione (15) collegato a ciascun filo primario (14) per muovere con un movimento alternato di va e vieni il filo primario (14) in direzione orizzontale e trasmettere conseguentemente un moto alternato di va e vieni al filo secondario (12) in direzione verticale.
  6. 6. Uso secondo la rivendicazione 5, in cui il filo secondario (14) è chiuso ad anello ed è collegato, ad un lato, all’organo di attuazione (15) e, al lato opposto, ad una puleggia di rinvio montata su un supporto fisso (21).
  7. 7. Uso secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti da 3 a 6, in cui un filo secondario (12) è collegato ad una porzione terminale (20), o su più lati, di un rispettivo involucro-fotobioreattore (11) per determinare un moto ondulatorio dell’ involucro-fotobioreattore (11).
  8. 8. Uso secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui in ciascuno degli involucri-fotobioreattori (11) è accolto un mezzo di coltura per coltivare microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e nonfotosintetici e/o cellule vegetali ed in cui è previsto di - mantenere il mezzo di coltura fermo o in condizione statica, e - movimentare occasionalmente o in modo discontinuo nel tempo il mezzo di coltura interrompendo detta condizione statica, in modo da impartire a detti microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-5 fotosintetici e/o cellule vegetali, un movimento, ad intervalli di tempo limitati, od in modo discontinuo nel tempo.
  9. 9. Metodo per coltivare microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali, in cui il metodo prevede di maturare detti microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi 10 fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali in un mezzo di coltura, ed in cui per ottenere la maturazione, è previsto di - predisporre una pluralità di involucri-fotobioreattori (11) includenti microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali, in un mezzo di coltura; 15 - mettere a disposizione un sistema di sollevamento e movimentazione (30) di mangiatoie (2), ed in cui alcune o tutte le mangiatoie (2) vengono sostituite con gli involucri-fotobioreattori (11); - azionare il sistema di sollevamento e movimentazione (30) per muovere in modo controllato gli involucri-fotobioreattori (11). 2010.
  10. Metodo secondo la rivendicazione 9, in cui il sistema di sollevamento e movimentazione include una pluralità di fili di sollevamento (12, 14) di cui uno o più fili (12, 14) sono collegati ad un rispettivo involucro-fotobioreattore (11).
  11. 11. Metodo secondo la rivendicazione 10, in cui in fili includono fili primari (14) disposti orizzontali, ed una pluralità di fili secondari (12) disposti verticali e 25 collegati ad una prima estremità tramite pulegge (16) di rinvio ad un corrispondente filo primario (14), ed in cui ciascuno dei fili di sollevamento secondari (12) viene collegato ad un corrispondente involucro-fotobioreattore (11).
  12. 12. Metodo secondo la rivendicazione 11, in cui un organo di attuazione (15) 30 collegato a ciascun filo primario (14) muove con un movimento alternato di va e vieni il filo primario (14) in direzione orizzontale e trasmette conseguentemente un moto alternato di va e vieni al filo secondario (12) in direzione verticale.
  13. 13. Metodo secondo la rivendicazione 11 o 12, in cui ciascun filo secondario (12) è collegato ad una porzione terminale (20), o a più lati, di un rispettivo involucrofotobioreattore (11) per determinare un moto ondulatorio dell’ involucrofotobioreattore (11).
  14. 14. Metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti da 9 a 13, in cui 5 è previsto di - mantenere gli involucri-fotobioreattori (11) fermi o in condizione statica, e - movimentare occasionalmente o in modo discontinuo nel tempo gli involucrifotobioreattori (11) interrompendo detta condizione statica, in modo da impartire un movimento a detti microrganismi fotosintetici, colture miste di 10 microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali, ad intervalli di tempo limitati, od in modo discontinuo nel tempo.
  15. 15. Metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti da 9 a 14, in cui, detto metodo viene eseguito per la coltivazione della microalga Haematococcus pluvialis, in cui detta microalga viene lasciata maturare in 15 detta condizione statica.
  16. 16. Impianto fotobioreattore (10) per la coltura di microrganismi fotosintetici e/o popolazioni miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o di cellule vegetali, detto impianto fotobioreattore (10) includendo un sistema di sollevamento e movimentazione per mangiatoie (30), ed una pluralità di 20 involucri-fotobioreattori (11) collegati a detto sistema di sollevamento e movimentazione per mangiatoie (30).
  17. 17. Impianto fotobioreattore (10) secondo la rivendicazione 16, in cui il sistema di sollevamento e movimentazione include uno o più fili primari (14) disposti orizzontali ed una pluralità di fili secondari (12) disposti verticali e collegati ad 25 una prima estremità tramite pulegge (16) di rinvio ad un corrispondente filo primario (14).
  18. 18. Impianto fotobioreattore (10) secondo la rivendicazione 15, in cui ciascun filo secondario (12) è collegato ad una barra (13) alla quale sono a loro volta fissati gli involucri-fotobioreattori (11). 3019.
  19. Impianto fotobioreattore (10) secondo la rivendicazione 17 o 18, in cui il sistema di sollevamento e movimentazione (30) include un organo di attuazione (15) collegato a ciascun filo primario (14) per muovere con un movimento alternato di va e vieni il filo primario (14) in direzione orizzontale e trasmettere conseguentemente un moto alternato di va e vieni al filo secondario (12) in direzione verticale.
  20. 20. Impianto fotobioreattore (10) secondo la rivendicazione 19, in cui il filo secondario (14) è chiuso ad anello ed è collegato, ad un lato, all’organo di attuazione (15) e, al lato opposto, ad una puleggia di rinvio montata su un supporto fisso (21).
  21. 21. Impianto fotobioreattore (10) secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti da 16 a 20, in cui gli involucri-fotobioreattori (11) sono disposti secondo un’orientazione orizzontale e ciascun filo secondario (12) è collegato ad una porzione terminale (20), o a più lati, di un rispettivo involucrofotobioreattore (11) per determinare un moto ondulatorio dell’ involucrofotobioreattore (11).
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