ITVR20110134A1 - Fotobioreattore. - Google Patents

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ITVR20110134A1
ITVR20110134A1 IT000134A ITVR20110134A ITVR20110134A1 IT VR20110134 A1 ITVR20110134 A1 IT VR20110134A1 IT 000134 A IT000134 A IT 000134A IT VR20110134 A ITVR20110134 A IT VR20110134A IT VR20110134 A1 ITVR20110134 A1 IT VR20110134A1
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IT
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photobioreactor according
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IT000134A
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Francesco Campostrini
Matteo Castioni
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Algain Energy S R L
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    • C12BIOCHEMISTRY; BEER; SPIRITS; WINE; VINEGAR; MICROBIOLOGY; ENZYMOLOGY; MUTATION OR GENETIC ENGINEERING
    • C12MAPPARATUS FOR ENZYMOLOGY OR MICROBIOLOGY; APPARATUS FOR CULTURING MICROORGANISMS FOR PRODUCING BIOMASS, FOR GROWING CELLS OR FOR OBTAINING FERMENTATION OR METABOLIC PRODUCTS, i.e. BIOREACTORS OR FERMENTERS
    • C12M21/00Bioreactors or fermenters specially adapted for specific uses
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    • CCHEMISTRY; METALLURGY
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    • C12MAPPARATUS FOR ENZYMOLOGY OR MICROBIOLOGY; APPARATUS FOR CULTURING MICROORGANISMS FOR PRODUCING BIOMASS, FOR GROWING CELLS OR FOR OBTAINING FERMENTATION OR METABOLIC PRODUCTS, i.e. BIOREACTORS OR FERMENTERS
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Description

FOTOBIOREATTORE
DESCRIZIONE
La presente divulgazione si riferisce in generale ad un fotobioreattore per una coltivazione di microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non fotosintetici e/o cellule vegetali.
Negli ultimi anni la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica hanno introdotto diverse tipologie di fotobioreattori per la produzione a livello industriale di alghe unicellulari e altri microrganismi fotosintetici o colture miste di microrganismi fotosintetici e non fotosintetici. I campi di applicazione di questo tipo di fotobioreattori sono molteplici, ma la spinta principale deriva dalla necessità di produrre biomassa per la produzione di biocombustibili, per l’estrazione di composti di interesse agrario e industriale e per la generazione di servizi come la depurazione delle acque (Ugwu C.U., Aoyagi H., Uchiyama H., 2008. Photobioreactors for mass cultivation of algae. In Bioresour Technol 99: 4021-4028; de Godos I., González C., Becares E., GarcÃa-Encina P.A., Muñoz R., 2009. Simultaneous nutrients and carbon removal during pretreated swine slurry degradation in a tubular biofilm photobioreactor. In Appl Microbiol Biotechnol 82: 187-194; de Godos I., Vargas V.A., Blanco S., González M.C., Soto R., GarcÃa-Encina P.A., Becares E., Muñoz R., 2010. A comparative evaluation of microalgae for the degradation of piggery wastewater under photosynthetic oxygenation. In Bioresour Technol 101: 5150-5158).
Come emergerà dall’analisi dello stato della tecnica e della letteratura scientifica nel proseguo di questo documento, le linee di ricerca in questo settore si sono focalizzate principalmente su due obiettivi: (i) sono stati sviluppati ed introdotti sistemi di coltura ed impianti sempre più efficienti, in grado di utilizzare al meglio l’energia luminosa e i nutrienti disponibili, al fine di produrre biomassa in grande quantità e di elevata qualità (senza contaminanti, con un elevato valore nutrizionale o con un elevato potere energetico); (i i) à ̈ stata cercata una mediazione tra sistemi di coltura ed impianti altamente efficienti, ma caratterizzati da costi di installazione e di gestione elevati, e sistemi di coltura meno efficienti, ma sostenibili sia dal punto di vista energetico che economico, per quanto riguarda l’installazione la gestione e la manutenzione.
Lo stato dell’arte mette in evidenza come, nel corso degli ultimi anni, siano state proposte numerose tipologie di impianto per cercare di superare le molteplici difficoltà incontrate, tra cui anche quelle relative alla versatilità e alla scalabilità degli impianti di coltura. Con il termine “versatilità†si intende la possibilità di variare e adattare la geometria dell’impianto a seconda di necessità specifiche contingenti, come la superficie e gli spazi disponibili, oppure di condizioni ambientali variabili, come la temperatura e l’intensità dell’energia luminosa incidente. Con il termine “scalabilità†, invece, si intende la possibilità di aumentare o diminuire a piacimento le dimensioni degli impianti, in particolare la superficie esposta alla radiazione luminosa, in funzione delle necessità e della disponibilità di mezzi economici e materiali tra cui anche la superficie e i volumi. Nella letteratura scientifica e nello stato dell’arte della materia, si trovano esempi di impianti che hanno risolto il problema della “scalabilità†introducendo il concetto di †modularità†. Un impianto modulare, infatti, à ̈ costituito da unità di base, perfettamente identiche, in grado di funzionare in autonomia, replicate più volte, fino a raggiungere le dimensioni desiderate. La scalabilità verso l’alto di un fotobioreattore modulare avviene, quindi, per addizione delle singole unità di base, o moduli (Janssen M., Tramper J., Mur L.R., Wijffels RH., 2003. Enclosed outdoor photobioreactors: light regime, photosynthetic efficiency, scale-up, and future prospects. In Biotechnol Bioeng 81: 193-210).
Oltre alla versatilità, alla scalabilità e alla modularità, altri parametri da considerare nel confronto tra diversi impianti di produzione, sono: (i) l’energia necessaria per il mantenimento dell’impianto, tipicamente espressa come potenza per unità di volume della coltura presente nell’impianto (W/m3); (ii) la densità di coltivazione, espressa come volume di coltura per unità di superficie (L/m2).
La letteratura scientifica individua due principali categorie di sistemi per la produzione di organismi fotosintetici: i sistemi aperti, detti anche lagune, e i sistemi chiusi (Lehr F. & Posten C., 2009. Closed photo-bioreactors as tools for biofuel production. In Curr Opin Biotechnol 20: 280-285; Brennan L., Owende P., 2010. Biofuels from microalgae -- A review of technologies for production, processing, and extractions of biofuels and co-products. In Ren Sust Energy Rev 14: 557-577; Greenwell H.C., Laurens L.M., Shields R.J., Lovitt R.W., Flynn K.J., 2010. Placing microalgae on the biofuels priority list: a review of the technological challenges. In J R Soc Interface 7: 703-726).
Tra i sistemi aperti sono state individuate principalmente due tipologie, identificate rispettivamente con i termini di open pond e raceway. Sostanzialmente il sistema open pond consiste in vasche circolari, mentre il raceway consiste in trincee ad anello. Entrambi i sistemi sono a cielo aperto e sono movimentati meccanicamente. Ciò che distingue il sistema raceway dal sistema open pond à ̈ la possibilità di confinare il microrganismo coltivato in settori diversi dell’anello a seconda della fase di sviluppo e delle specifiche richieste nutrizionali. Risulta comunque evidente che sia il sistema opend pond, sia il sistema raceway, richiedono la costruzione di infrastrutture permanenti o semipermanenti, come vasche interrate o superficiali, oltre che l’installazione di mezzi meccanici per la movimentazione, progettati e dimensionati specificatamente per la singola opera che ne limitano enormemente la versatilità d’impiego e la scalabilità. Sebbene i sistemi aperti siano molto convenienti dal punto di vista economico, la letteratura scientifica riporta in modo univoco che queste due tipologie di coltura sono caratterizzate da diversi limiti tra cui: la difficoltà di controllare le condizioni di coltura degli organismi fotosintetici; la difficoltà di controllare contaminazioni microbiche; la difficoltà di controllare i parametri di processo come temperatura e pH, da cui deriva la possibilità di coltivare solo gli organismi fotosintetici che si adattano alle condizioni colturali presenti nel luogo in cui à ̈ installato l’impianto; l’occupazione di elevate superfici di territorio; la bassa produttività del sistema (Ugwu C.U., Aoyagi H., Uchiyama H., 2008. Photobioreactors for mass cultivation of algae. In Bioresour Technol 99: 4021-4028).
I sistemi chiusi, come suggerisce il nome, sono caratterizzati dal fatto che la coltura liquida à ̈ racchiusa all’interno di un impianto con nessuno o con pochi punti di contatto con l’esterno, che possono comunque essere protetti da filtri, membrane o setti porosi, camere di compensazione, o altro. Quindi, a differenza dei sistemi aperti, che storicamente sono stati i primi impianti per la coltivazione di organismi fotosintetici ad essere stati sviluppati, tutti i sistemi chiusi consentono di mantenere sotto controllo le contaminazioni e di gestire in modo più efficace i parametri di processo come la concentrazione dei nutrienti, il pH, la temperatura.
L’elemento che contraddistingue tutti i sistemi chiusi à ̈ il collettore di luce, che può essere un collettore solare nel caso di impianti installati in pieno campo, o un collettore di luce artificiale nel caso di sistemi illuminati artificialmente. Nel proseguo del documento sarà chiamato semplicemente collettore. Il collettore, per sua natura, deve essere in grado di isolare la coltura dall’ambiente esterno e contemporaneamente consentire la trasmissione della radiazione fotosinteticamente attiva, detta PAR, dall’acronimo dell’espressione inglese Photosynthetically Active Radiation, agli organismi fotosintetici presenti nel liquido di coltura.
I sistemi chiusi si possono suddividere in diverse tipologie, a seconda del criterio usato per discriminarli. In letteratura si trovano principalmente delle categorizzazioni basate sulla morfologia del collettore e sulla modalità di miscelazione della coltura liquida. Per quanto riguarda la morfologia del collettore, si possono individuare prevalentemente tre tipologie: fotobioreattori a colonna, fotobioreattori tubolari (tubolare orizzontale, tubolare verticale, tubolare elicoidale) e fotobioreattori a pannello. Per quanto riguarda invece la modalità di miscelazione sono riportate le seguenti tipologie: mescolamento con lame, ricircolo con pompe peristaltiche, bubbling ed airlift. I metodi di miscelazione basati sul bubbling e l’airlift, consistono nell’immissione di gas nel fotobioreattore (bollicine disperse nel caso del bubbling, bolle con il diametro uguale a quello del tubo nel caso dell’airlift), quindi consentono di coniugare l’agitazione della coltura con il trasferimento di gas al liquido di coltura.
I sistemi a colonna (generalmente sono in plexiglas o sono costituiti da sacchi di nylon appesi o contenuti in strutture a rete), sono utilizzati soprattutto in laboratorio o in ambienti ristretti (es. incubatori ittici), dove il quantitativo di mezzo di coltura da gestire non à ̈ elevato. Infatti il lavoro di gestione manuale à ̈ molto gravoso e i costi di installazione e manutenzione sono elevati. In definitiva si può affermare che non sono adatti alla scalabilità in pieno campo. I pannelli verticali (Domande di Brevetto WO2004074423A2 e JP2000139444A), invece sono stati sviluppati e proposti proprio come sistemi da impiegare pieno campo. I pannelli verticali sono virtualmente sempre associati a sistemi di miscelazione di tipo bubbling o, eventualmente airlift. Garantiscono rese elevate, ma i costi di avviamento dell’impianto sono gravosi perché necessitano di infrastrutture dedicate. Anche la gestione ordinaria e il costo energetico dei pannelli verticali à ̈ tipicamente elevato, in quanto per il mescolamento richiedono l’immissione di grandi quantitativi di aria forzata per la miscelazione.
(Tredici M.R., 1999. Photobioreactors. In: Enciclopedia of Bioprocess Technology:Fermentation, Biocatalysis and Bioseparation, Vol1 Flickinger M.C. and Drew S.W. (eds). John Wiles Sons, Inc. New York, pp. 395-419; Carvalho A.P., Meireles L.A., Malcata F.X., 2006. Microalgal reactors: a review of enclosed system designs and performances. In Biotechnol Prog 22: 1490-1506. Morweiser M., Kruse O., Hankamer B., Posten C., 2010. Developments and perspectives of photobioreactors for biofuel production. In Appl Microbiol Biotechnol 87: 1291– 1301).
Recentemente, sono stati introdotti altri sistemi che si discostano dalle classif icazioni r iportate storicamente in letteratura. Ad esempio à ̈ stato recentemente brevettato un fotobioreattore che si potrebbe definire a pannello verticale in materiale plastico con miscelazione di tipo airlift, con l’eccezione che la miscelazione à ̈ coadiuvata da un particolare disegno del materiale plastico, costituito da strutture che impongono al liquido a muoversi in modo vorticoso (Brevetti EP 1169428B1 e EP1326959B1). Un'altra evoluzione del pannello verticale à ̈ rappresentata dal sistema di Solix Biofuels, costituito da pannelli verticali in materiale plastico immersi in una laguna riempita d’acqua che sostiene i pannelli stesso (Morweiser M., Kruse O., Hankamer B., Posten C., 2010. Developments and perspectives of photobioreactors for biofuel production. In Appl Microbiol Biotechnol 87: 1291–1301). Anche il fotobioreattore prodotto da Proviron, ProviAPT, si basa su un principio analogo. Infatti il pannello verticale à ̈ sempre sostenuto dall’acqua, che à ̈ a sua volta contenuta in una grande involucro chiuso. Riempiendo l’involucro più esterno, grazie alla pressione idrostatica si autosostiene tutto l’impianto (Domanda di Brevetto WO2009040383A1).
Gli esempi di Solix Biofuels e di Proviron rappresentano l’avanguardia dell’innovazione nel settore dei fotobioreattori. Secondo quanto dichiarato dai produttori, entrambi i sistemi consentono di ridurre notevolmente i costi energetici di gestione, ma hanno bisogno entrambi di grandi volumi d’acqua e, nel caso di Solix Biofuels, anche di infrastrutture importanti come una laguna dedicata. (Morweiser M., Kruse O., Hankamer B., Posten C., 2010. Developments and perspectives of photobioreactors for biofuel production. In Appl Microbiol Biotechnol 87: 1291–1301). Tuttavia le rese, non ancora dichiarate, rappresentano un’incognita rispetto a sistemi più collaudati e in prospettiva anche la gestione delle contaminazioni dell’acqua usata come supporto ai pannelli richiede particolare attenzione e può complicare la gestione ordinaria dell’impianto.
I fotobioreattori tubolari, invece, anche se garantiscono rese tipicamente inferiori rispetto ai fotobioreattori a pannello, sono ritenuti i più adatti per la produzione su grande scala di organismi fotosintetici (Eriksen N.T., 2008. The technology of microalgal culturing. In Biotechnol Lett 30: 1525-1536.).
Date le loro importanti caratteristiche tecnologiche, nel tempo sono state generate differenti versioni (Brevetti e Domande di Brevetti EP0310522B1, ES2150389B1, FI2010A000216, WO9961577A1).
I fotobioreattori tubolari tipicamente, ma non sempre, si caratterizzano per avere il collettore costituito da tubi rigidi trasparenti alla PAR in vetro, o in materiale plastico rigido come il polivinilcloruro (pvc) o il plexiglas�, di dimensioni variabili e posizionati in diversi modi: affiancati, distesi uno sopra l’altro, affiancati ma su un piano obliquo. In alcuni casi possono essere disposti in modo tale da creare geometrie particolari, come andamenti compresi tra la sinusoide e la greca ad angoli addolciti o posti a spirale (Brevetti IT1277842B1 e IT1277843B1). Generalmente hanno bisogno di strutture di sostegno, che inevitabilmente aumentano i costi di impianto.
Il rimescolamento del mezzo può avvenire attraverso l'immissione di aria con apposite soffianti o compressori, oppure con l'utilizzo di pompe di ricircolo. Negli esempi descritti in letteratura, le pompe di ricircolo sono caratterizzate da elevata potenza e portata e sono associate sempre a tubolari rigidi (vetro o materiale plastico). Data l’elevata potenza delle pompe impiegate, i fotobioreattori tubolari sono caratterizzati da notevoli consumi energetici, in quanto le pompe utilizzate hanno elevata portata e pressione. Tipicamente i consumi energetici riportati in letteratura sono di 600 W/m3 (Molina Grima E., 2009. Challenges on Microalgae Biofuels. In the Proceedings of the 1st EABA Conference, Firenze June 3rd-4th 2009) o comunque compresi tra 500 W/m3 e 2000 W/m3 (Morweiser M., Kruse O., Hankamer B., Posten C. , 2010. Developments and perspectives of photobioreactors for biofuel production. In Appl Microbiol Biotechnol 87: 1291– 1301).
Nonostante i limiti appena descritti e quelli dovuti al fatto che nei tubulari alcuni parametri chimico-fisici, come la concentrazione dei nutrienti e i valori di pH tendono a discostarsi dalla condizione ottimale, come anticipato in precedenza, i fotobioreattori tubolari rappresentano la tipologia di impianto più adatta per la produzione in pieno campo, su grande scala, di microrganismi fotosintetici (Eriksen N.T., 2008. The technology of microalgal culturing. In Biotechnol Lett.30: 1525-1536.).
Più in dettaglio, la progettazione di un efficiente fotobioreattore tubolare per la coltivazione di microorganismi fotosintetici o di colture miste costituite da microrganismi fotosintetici e non fotosintetici o di cellule vegetali, deve tener conto di diversi fattori e deve riuscire ad armonizzarli. Di seguito sono descritti alcuni dei principali fattori da considerare.
- Consumo energetico e costi contenuti.
I costi di installazione e gestione devono essere contenuti, così come i consumi energetici. Questi due criteri devono essere rispettati soprattutto quando la biomassa ottenuta nel fotobioreattore à ̈ destinata alla produzione di energia. Infatti il bilancio energetico deve necessariamente risultare positivo e il costo del prodotto finale (biomassa, biodiesel, bioetanolo, biogas, bioidrogeno) deve essere competitivo sul mercato con i combustibili tradizionali.
- Facilità di installazione, gestione e manutenzione.
Il fotobioreattore deve essere installato e gestito da personale dedicato. Quanto più à ̈ sofisticato, tanto più l’installazione, la manutenzione e la gestione diventa complessa e dispendiosa in termini di tempo, aumentando così le possibilità di errore e i costi per il personale dedicato.
- Efficienza di cattura della luce.
Il fotobioreattore deve essere progettato in modo da garantire un rapporto elevato tra la superficie trasparente alla PAR ed il volume del liquido ricircolato al suo interno, affinché la luce (solare o artificiale) possa arrivare alla maggior quantità possibile di cellule fotosintetiche immerse nel mezzo di coltura. Un rapporto superficie/volume elevato consente di ottenere un’elevata densità cellulare, un’elevata produzione volumetrica, un maggiore sfruttamento del liquido di coltura e quindi l’uso di un minor quantitativo d’acqua. In definitiva un’efficiente cattura della luce ha come conseguenza una maggiore densità cellulare e quindi comporta anche indubbi vantaggi operativi al momento della raccolta. L’efficienza della cattura della luce, deve essere quindi valutata in termini di salute della coltura e densità cellulare raggiunta, non di energia luminosa trasmessa alla coltura. Al contrario, un fotobioreattore configurato in modo tale da trasferire un eccesso di energia luminosa agli organismi coltivati, può provocare la fotoinibizione, con conseguente abbassamento della cinetica di sviluppo e della densità cellulare ottenuta, a parità delle altre condizioni (Wahal S., Viamajala S., 2010. Maximizing algal growth in batch reactors using sequential change in light intensity. In Appl Biochem Biotechnol 161: 511-522). Una buona efficienza di cattura della luce si può quindi raggiungere combinando materiali differenti (più o meno in grado di trasmettere diverse lunghezze d’onda comprese nella PAR) e diverse geometrie del collettore (dimensioni e disposizione del tubolare), allo scopo di massimizzare l’energia luminosa incidente e ridurre al minimo la fotoinibizione (Molina Grima E., Acién Fernández F. G., GarcÃa Camacho F., Chisti Y., 1999. Photobioreactors: light regime, mass transfer, and scaleup. In J Biotechnol 70: 231-247).
- Efficienza del trasferimento molecolare tra il liquido di coltura presente nel fotobioreattore e l’atmosfera (degassaggio), e viceversa.
Gli organismi fotosintetici, che comprendono sia eucarioti come le alghe verdi unicellulari o le piante superiori, sia procarioti come i batteri purpurei, i batteri verdi sulfurei e i cianobatteri (detti anche alghe azzurre), sono in grado di utilizzare l’energia luminosa per estrarre elettroni da specifici donatori ed introdurli in catene di trasporto elettronico finemente regolate, ricavando dalla luce l’energia necessaria per le diverse attività metaboliche. Nel caso di organismi fotosintetici ossigenici, il donatore di elettroni à ̈ l’acqua (H2O), convertito ad ossigeno molecolare (O2) e protoni (H+) secondo la reazione 2 H2O O2 4H+, nel caso di organismi non ossigenici come i batteri purpurei e i batteri verdi sulfurei, il donatore di elettroni à ̈ il solfuro di diidrogeno (H2S), convertito ad acido solforico e protoni (H+). In particolare, l’energia luminosa attraverso le catene di trasporto elettronico, diverse a seconda del tipo di organismo fotosintetico, à ̈ convertita in: (i) gradiente protonico, convertito in energia chimica tramite un apposito enzima, con la sintesi di molecole di Adenosina-5’-Trifosfato (ATP); (ii) e in potere riducente, rappresentato a seconda dell’organismo dalle molecole di Nicotinaamide Adenin Dinucleotide (NAD+) o Nicotinamide Adenin Dinucleotide Fosfato (NADP+) allo stato ridotto (rispettivamente NADH+H+ o NADPH+H+).
Gli organismi fotosintetici ossigenici eucarioti come le alghe verdi e procarioti come i cianobatteri, quando si trovano nella fase di luce e sono presenti in abbondanza l’energia chimica (ATP) e il potere riducente (NADH+ o NADPH+), impiegano queste risorse sintetizzando nuovi composti organici a partire dall’anidride carbonica (CO2). I composti organici ottenuti sono impiegati come fonte di energia per le attività metaboliche basali della cellula nella cosiddetta fase oscura, quando non à ̈ presente la luce, non à ̈ possibile effettuare la fotosintesi e viene consumato O2 per ossidare gli zuccheri prodotti nella fase di luce, liberando CO2 (Heldt H.W., 1997. Plant Biochemistry & Molecular Biology. Oxford University Press, New York, USA). Per i cianobatteri oltre alla capacità di effettuare la fotosintesi à ̈ stato descritto anche un comportamento di tipo mixotrofo, che consiste nell’ossidazione di sostanze carboniose eterotrofe, come la melassa, ricavate dall’ambiente circostante (Andrade M. and Costa J.A.V., 2007. Mixotrophic cultivation of microalga Spirulina platensis using molasses as organic substrate. In Aquaculture 264: 130-134).
Gli organismi fotosintetici coltivati in un fotobioreattore tubolare, quindi, nella fase di luce impiegano l’energia luminosa raccolta nel collettore per effettuare la fotosintesi, liberando O2 e consumando contestualmente la CO2 disciolta nel liquido di coltura. Durante la fase di luce, all’interno del collettore si assiste, quindi, ad una progressiva diminuzione della concentrazione di CO2 e ad un aumento della concentrazione di O2, fino a livelli potenzialmente tossici per le cellule. Nella fase di buio, invece, si assiste ad una diminuzione della concentrazione di O2 e ad aumento della concentrazione della CO2.
Lo scambio gassoso con l'atmosfera deve quindi essere garantito sia durante la fase di luce per smaltire l'O2 prodotto ed arricchire il liquido di coltura con CO2, sia quando avvengono le reazioni ossidative, come nella fase di buio o in presenza di organismi mixotrofi, per arricchire il liquido di coltura di O2 e liberare l’eccesso di CO2. che può portare ad una inibizione della crescita e ad una eccessiva acidificazione del mezzo. Nei fotobioreattori tubolari, lo scambio di gas tra liquido di coltura ed atmosfera avviene solitamente in un serbatoio di degassaggio ed à ̈ agevolato e accelerato dall’immissione di aria forzata (airlift) generando bolle di dimensioni differenti a seconda della tipologia di fotobioreattore impiegata (López M.C., Sánchez Edel R., López J.L., Fernández F.G., Sevilla J.M., Rivas J., Guerrero M.G., Grima E.M., 2006. Comparative analysis of the outdoor culture of Haematococcus pluvialis in tubular and bubble column photobioreactors. In J Biotechnol 123: 329-342; Brennan L., Owende P., 2010. Biofuels from microalgae -- A review of technologies for production, processing, and extractions of biofuels and co-products. In Ren Sust Energy Rev 14: 557-577).
- Adeguata nutrizione degli organismi coltivati.
Nella quasi totalità dei casi, gli organismi fotosintetici dal punto di vista metabolico sono foto-autotrofi, in quanto riescono a sintetizzare in modo autonomo i composti organici essenziali per la vita, utilizzando come substrato di partenza composti inorganici come la CO2, gli ioni nitrato e fosfato, il magnesio, il calcio e tracce di microelementi essenziali come il ferro, il cobalto, il manganese e altri elementi. Un’eccezione à ̈ data dagli organismi mixotrofi che associano al metabolismo autotrofo anche un metabolismo eterotrofo, che può essere espresso in presenza di substrati carboniosi e dai fotoeterotrofi che richiedono come donatori di elettroni sostanze organiche disponibili nell’ambiente (Rippka R., Deruelles J., Waterbury J., Herdman M., Stanier R., 1979. Generic assignments, strain histories and properties of pure cultures of cyanobacteria. In J Gen Microbiol 111: 1-61; Madigan M.T., Martinko J.M., Parker J., 2003. Brock Biology of Microorganisms. Pearson Education, Inc., New York, USA, Tenth Edition pp.130-131). In un fotobioreattore tubolare le sostanze nutritive devono essere disponibili in quantità sufficiente in ogni punto del collettore di luce, al fine di garantire il mantenimento di un buon stato fisiologico degli organismi fotosintetici presenti al suo interno. Nel caso in cui nel fotobioreattore siano coltivati organismi fotoautotrofi come le alghe verdi unicellulari, la CO2 à ̈ da considerare una sostanza nutritiva fondamentale e deve essere garantita alla coltura anche tramite l’iniezione di gas arricchito in CO2, nel caso in cui la concentrazione di CO2 disciolta spontaneamente nel liquido di coltura sia limitante (Molina E., Fernández J., Acién F.G., Chisti Y., 2001. Tubular photobioreactor design for algal cultures. In J Biotechnol 92: 113-131).
- Efficienza della miscelazione e del ricircolo del mezzo di coltura.
In un fotobioreattore tubolare la miscelazione del mezzo di coltura à ̈ un processo indispensabile, che deve garantire: (i) l’avanzamento del mezzo di coltura all’interno dei tubolari verso il serbatoio di degassaggio, (ii) la miscelazione del mezzo di coltura al fine di garantire la migliore diffusione delle sostanze nutritive e di evitare la stratificazione delle temperature; (iii) la miscelazione degli organismi coltivati al fine di evitare la sedimentazione, l’aggregazione e la formazione di biofilm, oltre che favorire il ricambio delle cellule presenti negli strati superficiali, più esposte all’irraggiamento e conseguentemente alla fotoinibizione.
La formazione di biofilm, ossia di strati persistenti di cellule adese e di materiale derivato dal metabolismo cellulare (es. polisaccaridi) alla superficie interna del collettore à ̈ un problema particolarmente sentito quando lo scopo del fotobioreattore à ̈ quello di produrre in modo efficiente biomassa pregiata. Al contrario, quando lo scopo à ̈ quello di fornire un servizio come la rimozione in continuo di contaminanti da acque reflue, la formazione di biofilm può rappresentare un aspetto tecnologico desiderato (de Godos I., González C., Becares E., GarcÃa-Encina P.A., Muñoz R., 2009. Simultaneous nutrients and carbon removal during pretreated swine slurry degradation in a tubular biofilm photobioreactor. In Appl Microbiol Biotechnol 2: 187-194).
- Controllo della temperatura.
I processi biologici come la crescita dei microorganismi sono caratterizzati da un picco di massima produzione, ciascuno in corrispondenza di una precisa temperatura definita optimum. La produttività à ̈ tanto maggiore, quanto la temperatura viene mantenuta nell’intorno dell’optimum che varia a seconda degli organismi fotosintetici coltivati.
- Controllo dell’acidità.
L’acidità può essere controllata tramite iniezione di anidride carbonica pura o di altro gas ricco di anidride carbonica, per mantenere la coltura in condizioni ottimali per la crescita. Questo consente, inoltre, ai microorganismi fotosintetici di avere a disposizione elevati quantitativi di anidride carbonica, punto di partenza della fotosintesi, per ottenere elevate produttività.
- Controllo delle contaminazioni microbiche.
Nei casi in cui la biomassa prodotta all’interno del fotobioreattore sia destinata direttamente all’alimentazione umana o alla produzione di ingredienti per alimenti funzionali, come gli antiossidanti naturali, à ̈ fondamentale poter garantire la purezza della coltura ottenuta e gli standard di sicurezza richiesti. A questo scopo à ̈ necessario immettere nel fotobioreattore il mezzo di coltura sterile ed evitare il più possibile punti di contatto con l’ambiente esterno, come aperture e sfiatatoi non protetti. È inoltre indispensabile effettuare una pulizia profonda del fotobioreattore alla fine di ogni ciclo di produzione, al fine di evitare contaminazione incrociate tra cicli successivi. Da questo punto di vista, la struttura del fotobioreattore deve essere tale da garantire una pulizia profonda di ogni componente non sostituibile. La presenza di cavità, insenature, tubi interni, geometrie interne complesse rappresentano un grave ostacolo al controllo delle contaminazioni tra cicli di produzione successivi.
Scopo della presente divulgazione à ̈ quello di mettere a disposizione un fotobioreattore che à ̈ adatto per una scalabilità a livello industriale, riuscendo, nel contempo a mantenere le prestazioni richieste per una corretta coltivazione di microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non fotosintetici, cellule vegetali.
Per esempio il fotobioreattore secondo la presente divulgazione può presentare caratteristiche di modularità, elevata versatilità, necessità di limitate infrastrutture dedicate, facilità e basso costo di installazione, di gestione e di manutenzione, limitati consumi energetici di gestione e/o per ulteriori caratteristiche.
Più in particolare, il fotobioreattore secondo la presente divulgazione può essere util izzato per la coltivazione di uno dei seguenti organismi, o di una loro combinazione: (i) microrganismi fotosintetici, (ii) colture miste di microrganismi fotosintetici e non fotosintetici, (iii) cellule vegetali.
Inoltre, il fotobioreattore secondo la presente divulgazione può essere utilizzato per la produzione di:
- biomassa microbica per produzione di mangimi, per acquacoltura, per integratori alimentari, come alimento tal quale, prodotto intermedio per la produzione di alimenti;
- fonti energetiche rinnovabili grazie all’utilizzo, ad esempio, della biomassa tal quale, di oli combustibili derivati (biodiesel), dell’idrogeno liberato (bioidrogeno), di gas (biogas) o etanolo (bioetanolo) derivante dalla biomassa coltivata;
- composti derivati come molecole bioattive (antiossidanti naturali, acidi grassi omega3, altro), pigmenti, olio, proteine, polisaccaridi;
- servizi come la depurazione di acque reflue, in particolare acque reflue di allevamenti zootecnici, di impianti di depurazione civile o provenienti da digestori anaerobici, la biofissazione dell'anidride carbonica derivante dai gas di scarico della combustione di impianti industriali, di motori a combustione, di centrali per la produzione di energia elettrica e/o termica (cogenerazione, trigenerazione) e dell'anidride carbonica atmosferica.
Altre caratteristiche e modalità di impiego dell’oggetto della presente divulgazione risulteranno evidenti dalla seguente descrizione dettagliata di una sua forma di realizzazione, data a scopo esemplificativo e non limitativo.
È anche da intendersi che, nell'ambito della presente divulgazione, rientrano tutte le possibili combinazioni delle singole caratteristiche indicate e descritte con riferimento alla seguente descrizione dettagliata.
Verrà fatto riferimento alle figure dei disegni allegati, in cui:
- la figura 1 Ã ̈ una vista schematica in pianta di un fotobioreattore secondo la presente divulgazione in accordo ad una forma di realizzazione;
- la figura 2 Ã ̈ una vista schematica in sezione lungo la linea II-II di figura 1;
- la figura 3 Ã ̈ una vista schematica in sezione lungo la linea III-III di figura 1;
- le figure 4-6 sono viste in pianta di un collettore solare per un fotobioreattore secondo la presente divulgazione.
Con riferimento alle figure allegate, à ̈ descritto un fotobioreattore secondo la presente divulgazione. In particolare, Il fotobioreattore secondo la presente divulgazione à ̈ concepito a moduli di primo e secondo livello.
Ogni modulo di primo livello include:
– un serbatoio di degassaggio di materiale rigido, di forma e volume dimensionati secondo le esigenze dell’impianto specifico;
– un tubo di raccordo di mandata di dimensioni e materiali variabili a seconda dell’applicazione specifica (gomma, pvc, polietilene, altre tipologie di materiale plastico);
– una pompa di ricircolo, con girante in materiale atto a non danneggiare le cellule e a bassa potenza (inferiore a 500 W per m3 di liquido di coltura movimentato);
– un collettore di luce costituito da tubolare a film plastico flessibile ed eventuali tubi di raccordo rigidi intermedi (anche non trasparenti) tra tratti di tubolare plastico flessibile;
– un tubo di raccordo di ritorno che si immette nel serbatoio di degassaggio in un punto tale da garantire la presenza di un dislivello tra il punto di immissione e la superficie del liquido presente nel serbatoio. L’immissione del liquido di coltura nel serbatoio di degassaggio secondo questa modalità, che nel proseguo del documento sarà definita “a cascata†, genera la caduta vorticosa del liquido stesso che facilita lo scambio di gas con l’atmosfera.
Ogni modulo di primo livello à ̈ quindi caratterizzato dal fatto di avere una pompa indipendente, dedicata al ricircolo del liquido di coltura al suo interno e di essere raccordato al serbatoio di degassaggio.
A titolo di esempio non limitativo, in Figure 1-3 sono rappresentati secondo una forma di realizzazione i diversi elementi costitutivi di un fotobioreattore costituito da n moduli di primo livello. La figura 1, in particolare, consente di apprezzare tutti gli elementi presenti: serbatoio di degassaggio a; tubolare a film plastico flessibile b che va a formare il collettore solare del fotobioreattore; tubo di raccordo c in uscita dal collettore solare e in entrata nel serbatoio di degassaggio; pompa di ricircolo d a bassa potenza con girante atta a non danneggiare le cellule; eventuali altre pompe di ricircolo d<n>per gli altri moduli di primo livello; tubo di mandata e che raccorda il serbatoio di degassaggio alle n pompe degli n moduli di primo livello previsti dal fotobioreattore; valvola di chiusura/apertura f per l'isolamento dei singoli moduli o per consentire il passaggio del mezzo a più moduli; eventuali altre valvole di isolamento/collegamento f<n>tra moduli di primo livello.
Il fotobioreattore può quindi essere costituito da uno ad n moduli di primo livello. La modularità dell'impianto varia in funzione delle esigenze che si riscontrano per quanto riguarda le caratteristiche tecnico-biologiche degli organismi coltivati e gli spazi a disposizione. Infatti da questi due fattori dipende il dimensionamento di tutto l’impianto: dimensione del serbatoio, diametro e lunghezza del tubolare a film plastico, delle tubature di raccordo, portata delle pompe.
Il tubolare a film plastico può venire fissato ai tubi rigidi di raccordo attraverso fascette di materiale vario (es plastiche o metalliche), stringitubi, nastri, nastri adesivi, cinture, fasce elastiche, fasce metalliche, cavi, anche con l'ausilio di materiale (ad esempio nylon, silicone, tessuto) da porre tra il tubolare in film plastico e il sistema di fissaggio, per non rovinare il tubolare stesso.
In figura 3 si nota il particolare del tubo di raccordo (c) in entrata al serbatoio di degassaggio (a), con una possibile, ma non limitativa, forma del tubo in grado di garantire l'immissione a cascata del liquido di coltura nel serbatoio di degassaggio. In figura 2 viene rappresentato il tubo di raccordo (e) in uscita dal serbatoio di degassaggio (a), il quale si innesta nella pompa di ricircolo (d), elemento che caratterizza il punto di inizio del modulo di primo livello, che comprende anche il collettore solare (b).
In Figura 4 viene rappresentata una possibile disposizione del collettore solare a serpentina orizzontale al terreno per cui appoggiata allo stesso, che non necessita di strutture di sostegno.
In Figura 5 viene rappresenta una possibile disposizione del collettore solare a serpentina verticale al terreno. In questo caso si necessita di una struttura verticale di sostegno del tubolare, che può essere fatta con una struttura di base in materiale metallico, legnoso, in pali di cemento, o altro, con strutture intermedie di sostegno con fili di ferro, corde e fili vari, nonché con reti di materiale vario e dimensioni varie, eventualmente sorrette da tiranti e coperte da strutture di protezione contro gli agenti meteorici.
In Figura 6 viene rappresenta una possibile disposizione del collettore solare a spirale orizzontale distesa sul terreno.
Il collettore di luce del fotobioreattore secondo l’invenzione può essere posizionato sopra uno strato di pacciamatura sul terreno preferibilmente di materiale plastico riflettente, ad esempio di colore bianco.
Oltre ai moduli di primo livello, ciascuno dei quali si identifica con le singole pompe autonome d a bassa potenza, il fotobioreattore secondo la presente invenzione si può organizzare in moduli di secondo livello. Ciascun modulo di secondo livello si identifica con il serbatoio di degassaggio, che può essere raccordato con tubi rigidi o flessibili a serbatoi di degassaggio contigui e posto in continuità con essi, al fine di scalare verso l’alto le dimensioni dell’intero impianto, pur mantenendo costanti i parametri costruttivi dei moduli di primo e di secondo livello.
I tratti distintivi e innovativi della presente invenzione sono l’aver adottato ed armonizzato in un unico sistema pompe indipendenti a bassa potenza e basso consumo energetico, che garantiscono la modularità di primo livello, e l’uso di tubolare plastico flessibile, per la sua versatilità ed economicità. Inoltre la modularità di primo e di secondo livello, e l’assenza di infrastrutture permanenti o semipermanenti dagli elevati costi d’installazione, conferiscono all’impianto produttivo bassi costi e facilità d’insediamento, di ampliamento e di gestione, nonché la possibilità il recupero dei terreni occupati dall’impianto alla fine dei cicli produttivi programmati. La gestione indipendente dei singoli moduli in un ciclo di produzione consente di aggiungere progressivamente l iquido di coltura nell’impianto in base alle esigenze biologiche delle specie coltivate, mantenendo per buona parte del ciclo di produzione la concentrazione cellulare in un intervallo ottimale per lo sviluppo, limitando, in particolare, il problema dell’ombreggiamento reciproco.
In letteratura à ̈ riportato almeno un tentativo di costruire un fotobioreattore con tubolare flessibile, ma il progetto à ̈ stato abbandonato per passare ad un fotobioreattore costituito da tubi rigidi in quanto i tubolari in materiale plastico flessibile erano caratterizzati da “inadeguata forza meccanica†, che causava perdite (Torzillo G., Pushparaj B., Bocci F., Balloni W., Materassi R., Florenzano G., 1986. Production of Spirulina Biomass in Closed Photobioreactors. In Biomass 11: 61-74; Tredici M.R., (1999). Bioreactors, Photo. In Encyclopedia of Bioprocess Technology: Fermentation, Biocatalysis, and Bioseparation, Vol.1. Flickinger M.C. and Drew S.W. (eds). John Wiley & Sons, Inc. New York, pp. 395-419). Con la presente invenzione, la soluzione del problema data dall’ inadeguata forza meccanica del tubolare plastico flessibile à ̈ stata individuata nell'utilizzo di pompe a bassa potenza. Questa soluzione consente di ottenere altri indubbi benefici, come la riduzione del consumo energetico dell’impianto e la possibilità di movimentare il mezzo di coltura senza danneggiare le cellule degli organismi coltivati. Dopo una stagione di prove in campo à ̈ stato osservato che il flusso del mezzo di coltura generato da pompe a bassa potenza à ̈ sufficiente per consentire il rimescolamento delle cellule e per evitare la formazione di biofilm sulle pareti del tubolare, inoltre la coltura rimane in sospensione, à ̈ produttiva e l’impianto risulta economicamente sostenibile.
Più in dettaglio, il fotobioreattore secondo la presente affronta divulgazione può affrontare i diversi fattori critici precedentemente individuati ed armonizza i singoli aspetti del trovato, come riportato di seguito.
- Facilità di installazione, gestione e manutenzione.
La facilità di installazione, gestione e manutenzione del fotobioreattore, oltre che la sua versatilità à ̈ data essenzialmente dall'utilizzo di tubolare plastico flessibile e dalla modularità dell'impianto, dovuta all’uso di più pompe indipendenti a bassa potenza. L’uso di tubolari plastici flessibili consente di infatti di effettuare l’installazione con l'ausilio di strotolatori, di riparare eventuali perdite con nastro adesivo e, qualora necessario, di sostituirli completamente senza gravi perdite economiche.
Per quanto riguarda la manutenzione, la pulizia può essere effettuata isolando ciascun modulo con apposite valvole e facendo circolare liquido detergente e disinfettante prelevato da appositi serbatoi. Anche il carico del liquido di coltura nel fotobioreattore e la raccolta della biomassa (scarico) grazie alla modularità data dall’uso delle pompe indipendenti à ̈ di facile gestione.
- Consumo energetico e costi di gestione contenuti.
Il costo di installazione e di gestione dell’impianto e i consumi energetici del presente fotobioreattore sono contenuti. A titolo di esempio non limitativo in un’applicazione della presente invenzione, al momento dell’installazione l’unica infrastruttura necessaria à ̈ un supporto semovibile su cui collocare il serbatoio di degassaggio, mentre à ̈ consigliata ma non à ̈ necessaria, la pacciamatura dell’area occupata dal collettore di luce con un film plastico, preferibilmente di colore bianco, per proteggere il collettore dalle asperità del suolo, evitare la crescita di erba e riflettere la luce, rendendo disponibile alla coltura una maggiore quantità di irraggiamento.
Un'altra novità che abbassa notevolmente i costi dell’impianto, sia in fase di installazione che di gestione, à ̈ costituita dall’impiego come collettore di luce di tubolare plastico trasparente alla PAR, che si gonfia ed assume forma cilindrica con l’immissione del liquido di coltura. Il costo del materiale à ̈ molto inferiore ai tubi rigidi solitamente impiegati per i fotobioreattori tubolari. Inoltre il tubolare può essere reperito in rotoli di varie dimensioni, aspetto che ne agevola il trasporto, e può essere facilmente disteso sul terreno utilizzando appositi srotolatori (anche in serie e paralleli). A fine stagione si può prevede la sostituzione totale del tubolare, che porta a non avere costi operativi per pulizia e disinfezione.
Infine, il consumo energetico e quindi anche i costi di gestione sono contenuti anche grazie all’uso di pompe a bassa potenza e indipendenti, che possono essere attivate in successione, onde evitare sprechi. A titolo di esempio non limitativo, in una applicazione della presente invenzione, la movimentazione del mezzo di coltura à ̈ stata effettuata con una potenza di circa 200 W/m3.
- Efficienza di cattura della luce
Il tubolare plastico flessibile che costituisce il collettore di luce à ̈ trasparente alla PAR, per cui à ̈ adatto all’impiego in un fotobioreattore. Quando il lume del tubolare à ̈ riempito con il mezzo di coltura, il tubolare stesso assume forma cilindrica del tutto analoga a quella di un tubo rigido. Questa forma consente di avere un buon rapporto superficie/volume. A titolo di esempio non limitativo, in una specifica applicazione della presente invenzione sono stati caricati nel fotobioreattore dai 40 ai 50 L di mezzo di coltura per m2 di superficie occupata dal collettore solare. Considerando la semplicità e l’essenzialità del fotobioreattore secondo la presente invenzione, à ̈ sorprendente come questo dato risulti paragonabile con quanto riportato in letteratura per altri tipi di fotobioreattori estremamente elaborati ed efficienti, come i pannelli verticali (come quelli descritti nella domanda di brevetto WO2004/074423A2).
Qualora i tubolari siano appoggiati su superficie ricoperta da pacciamatura riflettente, la quantità di luce che interessa le cellule aumenta notevolmente. In una realizzazione preferita, ma non limitativa, della presente invenzione, la sezione longitudinale dei tubolari flessibili che costituiscono il collettore à ̈ disposta parallelamente alla direzione nord-sud (o sud-nord), così che l'irraggiamento sia massimo sia al mattino che alla sera. La disposizione dei tubolari con sezione longitudinale parallela alla direzione est-ovest, à ̈ la realizzazione preferita, ma non limitativa, nel caso in cui per specifiche esigenze di superfici e volumi disponibili o per la disponibilità di occasionali infrastrutture di supporto, sia ritenuto vantaggioso disporre i tubolari flessibili verticalmente, uno sopra l’altro. Nel caso di disposizione a spirale, si ha una situazione intermedia che rappresenta la disposizione ideale per applicazioni specifiche e per le esigenze di alcuni organismi fotosintetici.
- Efficienza del trasferimento molecolare tra il liquido di coltura presente nel fotobioreattore e l’atmosfera (degassaggio), e viceversa.
Un altro aspetto innovativo del fotobioreattore secondo la presente invenzione à ̈ la possibilità di effettuare il degassaggio senza immettere aria forzata (airlift), come avviene nei modelli di fotobioreattore tubolare riportati in letteratura (López M.C., Sánchez Edel R., López J.L., Fernández F.G., Sevilla J.M., Rivas J., Guerrero M.G., Grima E.M., 2006. Comparative analysis of the outdoor culture of Haematococcus pluvialis in tubular and bubble column photobioreactors. In J Biotechnol 123: 329-342; Brennan L., Owende P., 2010. Biofuels from microalgae -- A review of technologies for production, processing, and extractions of biofuels and co-products. In Ren Sust Energy Rev 14: 557-577). Il degassaggio infatti avviene durante la caduta del mezzo di coltura all’interno del serbatoio. Quindi quando sono coltivati organismi fotosintetici ossigenici, durante la fase di luce viene allontanato l’O2 prodotto all’interno del collettore di luce per effetto della fotosintesi, mentre nella fase di buio o negli altri casi in cui avvengono reazioni ossidative (ad esempio in presenza di organismi mixotrofi), viene ceduta all’atmosfera la CO2 e il mezzo di coltura si arricchisce in O2.
All’interno del collettore si può creare un gradiente di concentrazione dei gas disciolti, che può essere monitorato con apposite sonde collegate in remoto ad un punto di raccolta dati. La lunghezza massima dei tubolari deve essere, quindi, dimensionata in base al diametro del tubolare, la potenza della pompa, la specie coltivata, le caratteristiche climatiche della località dove si installa l'impianto. Tuttavia, grazie alla modularità e all’adattabilità strutturale dell'impianto qualora le condizioni cambino repentinamente, à ̈ possibile cambiare alcuni parametri anche durante il ciclo colturale, isolando i singoli moduli, per sostituire i tubolari. In questo modo à ̈ possibile tarare e ottimizzare le condizioni ottimali di coltura, caso per caso.
- Adeguata nutrizione degli organismi coltivati.
Nel fotobioreattore secondo la presente invenzione, gli elementi nutritivi, tra cui gas arricchito di CO2, sono addizionati al mezzo di coltura in modo preferenziale, ma non esclusivo, dall’operatore sottoforma di sali tal quale o sciolti nel liquido, in base alle specifiche necessità della coltura. Infatti, possono essere installati anche sistemi automatici che dosano l'entrata in circolo degli elementi nutritivi o dei reflui (come nel caso di impianti per la depurazione delle acque) in base alle caratteristiche chimico-fisiche del mezzo di coltura, oppure ad intervalli precisi, definiti da un timer. Questi sistemi di controllo possono essere sempre collegati in remoto. I nutrienti possono essere prelevati da serbatoi appositi posizionati in vicinanza del serbatoio di degassaggio oppure a distanza e collegati attraverso tubature e pompe;
- Efficienza della miscelazione e del ricircolo del mezzo di coltura.
Nel fotobioreattore secondo la presente invenzione, l’efficiente miscelazione del mezzo di coltura à ̈ garantito dall’uso di più pompe indipendenti, una per modulo di primo livello. Sorprendentemente questa configurazione, con opportuni accorgimenti messi in atto dall’operatore, impedisce anche la formazione di biofilm sulle pareti del collettore.
- Controllo della temperatura
Nel fotobioreattore secondo la presente invenzione la temperatura à ̈ monitorata tramite una o più sonde posizionate a contatto con il mezzo di coltura, dentro il serbatoio di degassaggio o in linea nel tubolare utilizzando apposi raccordi. La temperatura à ̈ mantenuta nell’intervallo ottimale da un sistema automatico che consente di raffreddare o il riscaldare a seconda delle esigenze.
Il raffreddamento può avvenire spruzzando acqua sui tubolari del collettore di luce, attraverso sistemi simili a quelli utilizzati per l'irrigazione, utilizzando tubi e ugelli, tubi porosi, sprinkler, getti, microgetti e sistemi simili. Può essere associato anche un sistema di recupero dell'acqua spruzzata utilizzando, qualora sia presente, il film plastico di pacciamatura posizionato sotto il collettore.
Un’altra opzione presa in considerazione sia per il raffreddamento che per il riscaldamento del mezzo, si basa su una serpentina metallica posizionata all'interno del serbatoio di degassaggio e collegata, ad esempio, ad una pompa di calore. Per riscaldare/raffreddare il mezzo di coltura si possono utilizzare anche altri sistemi radianti posti a contatto con i tubolari del collettore, oppure intercapedini in cui scorre un liquido trasparente alla PAR a temperature diverse, da posizionare attorno ad alcuni tratti del tubolare. Altri sistemi che si possono adottare nella realizzazione del fotobioreattore secondo il seguente brevetto si basano sulla tecnologia delle batterie alettate collegate al tubolare oppure pannelli o materassini che emettono calore tramite circuiti elettrici oppure con passaggio di fluido, distesi sotto i tubolari. Per il solo riscaldamento del mezzo di coltura si possono usare anche sistemi a irraggiamento nella regione dell’infrarosso, emessi da apposite lampade.
- Controlo dell’acidità.
Il controllo dell’acidità avviene tramite una o più sonde posizionate a contatto con il mezzo di coltura, preferibilmente dentro il serbatoio di degassaggio o in corrispondenza dei raccordi rigidi presenti nel collettore di luce. Queste sonde, collegate ad appositi dispositivi controllano l'immissione di CO2 nel mezzo, al fine di regolarne l’acidità. In alternativa i l controllo pH può essere effettuato aggiungendo al mezzo di coltura acidi organici o inorganici o sostanze acidificanti che possono contemporaneamente regolare l’acidità del mezzo e rappresentare una fonte nutritiva per i microrganismi coltivati.
- Controllo delle contaminazioni microbiche.
Nella forma di realizzazione preferita della presente invenzione, l'unico punto di contatto con l'esterno à ̈ la parte superiore del serbatoio di degassaggio, protetto da tappi con filtri, setti porosi o altro consenta lo scambio di gas tra l’interno e l’esterno del serbatoio e contemporaneamente ostacoli contaminazioni microbiche. L’aggiunta di nutrienti, tra cui eventuale gas arricchito in CO2, avviene solo nella camera di degassaggio tramite dotti con filtri per evitare contaminazioni. Non sono, quindi, presenti cannule forate per l’insufflazione di aria forzata o aperture per lo sfiato dell’aria in sovrapressione, che possono presentare delicati punti di contaminazione. In alcuni punti del fotobioreattore sono alloggiate sonde per il rilevamento di parametri chimico-fisici come l’acidità e la temperatura del mezzo di coltura. Tali sonde, essendo alloggiate in sicurezza, in apposite sedi, fin dall’inizio del ciclo di coltivazione non costituiscono possibili fonti di contaminazione.
L'oggetto della presente divulgazione à ̈ stato fin qui descritto con riferimento ad una sua forma di realizzazione. È da intendersi che possano esistere altre forme di realizzazione che afferiscono al medesimo nucleo inventivo, tutte rientranti nell'ambito di protezione delle rivendicazioni qui di seguito esposte.

Claims (16)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Fotobioreattore per la coltura di microrganismi fotosintetici e/o popolazioni miste di microrganismi fotosintetici e non fotosintetici e/o di cellule vegetali, detto fotobioreattore comprende: - un serbatoio di degassaggio (a); - almeno una pompa di ricircolo (d); - un collettore di luce (b) in tubolare plastico flessibile e trasparente alla radiazione luminosa fotosinteticamente attiva; - almeno una tubatura rigida di raccordo (c).
  2. 2. Fotobioreattore secondo la rivendicazione 1, in cui il tubolare plastico flessibile, eventualmente raccordato a tubature rigide, Ã ̈ disposto secondo schemi diversi e configurazioni ottimizzate caso per caso, a seconda della superficie e/o dello spazio disponibile.
  3. 3. Fotobioreattore secondo le r ivendicazioni 1 e 2, dove le infrastrutture necessarie per l’impianto del fotobioreattore e per disporre il tubolare plastico flessibile ed eventualmente le tubature rigide secondo schemi diversi e configurazioni ottimizzate caso per caso, sono assenti o limitate, come nel caso di semplice pacciamatura con telo riflettente.
  4. 4. Fotobioreattore secondo la rivendicazione 1, in cui un modulo di primo livello, includente una pompa indipendente di bassa potenza e con girante atta a non danneggiare materiale biologico, che alimenta un flusso liquido all'interno di un percorso continuo, comprendente un tubolare plastico flessibile eventualmente raccordato a tubature rigide e si immette nella vasca di degassaggio, à ̈ replicato più volte.
  5. 5. Fotobioreattore secondo la rivendicazione 1 e 4, in cui ciascun elemento, detto modulo di secondo livello, includente uno o più moduli di primo livello raccordati ad una vasca di degassaggio, à ̈ replicabile più volte.
  6. 6. Fotobioreattore secondo le rivendicazioni 1 e 5, in cui ciascun modulo di secondo l ivel lo può essere raccordato tramite tubolare plastico flessibile eventualmente raccordato a tubature rigide.
  7. 7. Fotobioreattore secondo la rivendicazione 1, dove il consumo energetico di gestione à ̈ inferiore a 500 W per ogni m<3>di liquido di coltura.
  8. 8. Fotobioreattore secondo le rivendicazioni 1 e 7, in cui il flusso del liquido à ̈ sufficiente a garantire il mescolamento del materiale biologico e ad impedire l'adesione di biofilms al tubolare plastico flessibile, applicando opportune pratiche di coltura.
  9. 9. Fotobioreattore secondo le rivendicazioni 1 e 4, dove la gestione delle singole pompe indipendenti consente: (i) di aumentare progressivamente il volume di coltura presente all’interno del fotobioreattore, mantenendo la concentrazione cellulare in un intervallo di valori idonei a massimizzare la resa del fotobioreattore, in termini di quantità di biomassa prodotta a parità di radiazione luminosa fotosinteticamente attiva e di sostanze nutritive fornite; (ii) di isolare gli eventuali moduli danneggiati, al fine di intervenire in modo tempestivo per riparare danni lievi o per minimizzare le perdite in caso di danni gravi; (iii) di agevolare il carico e lo scarico della coltura, così come la pulizia di singoli moduli; (iv) di modificare empiricamente le caratteristiche dell’impianto nel corso del ciclo produttivo, sulla base dei dati raccolti, modificando la morfologia del collettore.
  10. 10. Fotobioreattore secondo le rivendicazioni 1 e 4, in cui tra il punto di immissione nel serbatoio e la superficie del liquido contenuto nel serbatoio à ̈ presente un dislivello superiore a 0,05 m, che consente lo scambio di gas tra il liquido e l’atmosfera tramite caduta vorticosa.
  11. 11. Fotobioreattore secondo una qualsiasi delle rivendicazioni 1, 2, 3, 4, 5, 6, 8, 9, 10, in cui il tubolare plastico sottile, trasparente alla luce fotosinteticamente attiva à ̈ di spessore inferiore a 1,5 mm, di diametro variabile ed à ̈ avvolgibile.
  12. 12. Fotobioreattore secondo la rivendicazione 1, comprendente un sistema di monitoraggio costituito da elettrodi, sonde e altri sensori per la misurazione di diversi parametri di processo come la temperatura, il pH e la concentrazione di ossigeno e sali minerali, introdotti nel serbatoio di degassaggio ed eventualmente in corrispondenza delle tubature di raccordo rigide.
  13. 13. Fotobioreattore secondo le rivendicazioni 1 e 12, comprendente un sistema di alimentazione comprendente tubazioni forate, eventualmente provviste di filtri atti a garantire sterilità all'ambiente, per l'introduzione di nuovi mezzi di coltura, elementi nutritivi, gas e soluzioni acide o basiche, collegate al serbatoio di degassaggio ed eventualmente in corrispondenza delle tubature di raccordo rigide. Il sistema di alimentazione può essere manuale o automatico, eventualmente collegato ad un timer o al sistema di monitoraggio.
  14. 14. Fotobioreattore secondo le rivendicazioni 1 e 13, in cui per mezzo di coltura ed elementi nutritivi si considerano sia sali o composti chimici tal quali, sia materiale di origine organica, sia acque reflue o reflui di allevamento o civili o industriali opportunamente trattati o diluiti.
  15. 15. Fotobioreattore secondo le rivendicazioni 1 e 12, in cui à ̈ azionato, in modo manuale o automatico, un meccanismo di raffreddamento per aspersione di acqua a bassa temperatura o immersione nella stessa.
  16. 16. Fotobioreattore secondo la rivendicazione 1 in cui i microorganismi coltivati sono o fotosintetici (fotoautotrofi, fotoeterotrofi, mixotrofi) o popolazioni miste di microrganismi fotosintetici e non fotosintetici o cellule vegetali per la produzione di: - biomassa microbica per produzione di mangimi, per acquacoltura, per integratori alimentari, come alimento tal quale, prodotto intermedio per la produzione di alimenti; - energia rinnovabile, come biogas, biodiesel, bioetanolo, bioidrogeno e utilizzo della biomassa tal quale; - composti derivati come molecole bioattive (antiossidanti naturali, acidi grassi omega3, altro), pigmenti, olio, proteine, polisaccaridi - servizi come la depurazione di acque reflue (in particolare depurazione acque reflue di allevamenti zootecnici e impianti di depurazione civile), la biofissazione dell'anidride carbonica derivante dai gas di scarico della combustione di impianti industriali, di motori a combustione, di centrali per la produzione di energia elettrica e/o termica (cogenerazione, trigenerazione) e dell'anidride carbonica atmosferica.
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