ITVR20130047A1 - Metodo per una coltivazione di microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali, e fotobioreattore per eseguire tale metodo. - Google Patents

Metodo per una coltivazione di microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali, e fotobioreattore per eseguire tale metodo.

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ITVR20130047A1
ITVR20130047A1 IT000047A ITVR20130047A ITVR20130047A1 IT VR20130047 A1 ITVR20130047 A1 IT VR20130047A1 IT 000047 A IT000047 A IT 000047A IT VR20130047 A ITVR20130047 A IT VR20130047A IT VR20130047 A1 ITVR20130047 A1 IT VR20130047A1
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Matteo Castioni
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Francesco Campostrini
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Description

METODO PER UNA COLTIVAZIONE DI MICRORGANISMI FOTOSINTETICI, COLTURE MISTE DI MICRORGANISMI FOTOSINTETICI E NON-FOTOSINTETICI E/O CELLULE VEGETALI, E FOTOBIOREATTORE PER ESEGUIRE TALE
METODO
DESCRIZIONE
La presente divulgazione si riferisce in generale ad un metodo per una coltivazione di microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali, e ad un fotobioreattore per eseguire o attuare tale metodo.
Negli ultimi anni la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica hanno introdotto diverse tipologie di fotobioreattori per la produzione a livello industriale di alghe unicellulari e altri microrganismi fotosintetici o colture miste di microrganismi fotosintetici, e non-fotosintetici. I campi di applicazione di questo tipo di fotobioreattori sono molteplici, ma la spinta principale deriva dalla necessità di produrre biomassa per la produzione di biocombustibili, per l’estrazione di composti di interesse agrario e industriale e per la generazione di servizi come la depurazione delle acque (Ugwu C.U., Aoyagi H., Uchiyama H., 2008. Photobioreactors for mass cultivation of algae. In Bioresour Technol 99: 4021-4028; de Godos I., González C., Becares E., GarcÃa-Encina P.A., Muñoz R., 2009. Simultaneous nutrients and carbon removal during pretreated swine slurry degradation in a tubular biofilm photobioreactor. In Appl Microbiol Biotechnol 82: 187-194; de Godos I., Vargas V.A., Blanco S., González M.C., Soto R., GarcÃa-Encina P.A., Becares E., Muñoz R., 2010. A comparative evaluation of microalgae for the degradation of piggery wastewater under photosynthetic oxygenation. In Bioresour Technol 101: 5150-5158).
Alla base della presente divulgazione vi à ̈ un riconoscimento da parte dell’inventore della presente divulgazione che le linee di ricerca in questo settore si sono focalizzate principalmente su due obiettivi: (i) sono stati sviluppati ed introdotti sistemi di coltura ed impianti sempre più efficienti, in grado di utilizzare al meglio l’energia luminosa e i nutrienti disponibili, al fine di produrre biomassa in grande quantità e di elevata qualità (senza contaminanti, con un elevato valore nutrizionale o con un elevato potere energetico); (ii) à ̈ stata cercata una mediazione tra sistemi di coltura ed impianti altamente efficienti, ma caratterizzati da costi di installazione e di gestione elevati, e sistemi di coltura meno efficienti, ma sostenibili sia dal punto di vista energetico che economico, per quanto riguarda l’installazione la gestione e la manutenzione.
Lo stato dell’arte mette in evidenza come, nel corso degli ultimi anni, siano state proposte numerose tipologie di impianto per cercare di superare le molteplici difficoltà incontrate, tra cui anche quelle relative alla versatilità e alla scalabilità degli impianti di coltura.
Con il termine “versatilità†si intende la possibilità di variare e adattare la geometria dell’impianto a seconda di necessità specifiche contingenti, come la superficie e gli spazi disponibili, oppure di condizioni ambientali variabili, come la temperatura e l’intensità dell’energia luminosa incidente. Con il termine “scalabilità†, invece, si intende la possibilità di aumentare o diminuire a piacimento le dimensioni degli impianti, in particolare la superficie esposta alla radiazione luminosa, in funzione delle necessità e della disponibilità di mezzi economici e materiali tra cui anche la superficie e i volumi.
Nella letteratura scientifica e nello stato dell’arte della materia, si trovano esempi di impianti che hanno risolto il problema della “scalabilità†introducendo il concetto di †modularità†. Un impianto modulare, infatti, à ̈ costituito da unità di base, perfettamente identiche, in grado di funzionare in autonomia, replicate più volte, fino a raggiungere le dimensioni desiderate. La scalabilità verso l’alto di un fotobioreattore modulare avviene, quindi, per addizione delle singole unità di base, o moduli (Janssen M., Tramper J., Mur L.R., Wijffels RH., 2003. Enclosed outdoor photobioreactors: light regime, photosynthetic efficiency, scale-up, and future prospects. In Biotechnol Bioeng 81: 193-210).
Oltre alla versatilità, alla scalabilità e alla modularità, altri parametri da considerare nel confronto tra diversi impianti di produzione, sono: (i) l’energia necessaria per il mantenimento dell’impianto, tipicamente espressa come potenza per unità di volume della coltura presente nell’impianto (W/m3); (ii) la densità di coltivazione, espressa come volume di coltura per unità di superficie (L/m2).
La letteratura scientifica individua due principali categorie di sistemi per la produzione di organismi fotosintetici: i sistemi aperti, detti anche lagune, e i sistemi chiusi (Lehr F. & Posten C., 2009. Closed photo-bioreactors as tools for biofuel production. In Curr Opin Biotechnol 20: 280-285; Brennan L., Owende P., 2010. Biofuels from microalgae -- A review of technologies for production, processing, and extractions of biofuels and co-products. In Ren Sust Energy Rev 14: 557-577; Greenwell H.C., Laurens L.M., Shields R.J., Lovitt R.W., Flynn K.J., 2010. Placing microalgae on the biofuels priority list: a review of the technological challenges. In J R Soc Interface 7: 703-726).
Tra i sistemi aperti sono state individuate principalmente due tipologie, identificate rispettivamente con i termini di open pond e raceway. Sostanzialmente il sistema open pond consiste in vasche circolari, mentre il raceway consiste in trincee ad anello.
I sistemi chiusi, come suggerisce il nome, sono caratterizzati dal fatto che la coltura liquida à ̈ racchiusa all’interno di un impianto con nessuno o con pochi punti di contatto con l’esterno, che possono comunque essere protetti da filtri, membrane o setti porosi, camere di compensazione, o altro. Quindi, a differenza dei sistemi aperti, che storicamente sono stati i primi impianti per la coltivazione di organismi fotosintetici ad essere stati sviluppati, tutti i sistemi chiusi consentono di mantenere sotto controllo le contaminazioni e di gestire in modo più efficace i parametri di processo come la concentrazione dei nutrienti, il pH, e la temperatura.
L’elemento che contraddistingue tutti i sistemi chiusi à ̈ il collettore di luce, che può essere un collettore solare nel caso di impianti installati in pieno campo, o un collettore di luce artificiale nel caso di sistemi illuminati artificialmente. Il collettore di luce per sua natura, deve essere in grado di isolare la coltura dall’ambiente esterno e contemporaneamente consentire la trasmissione della radiazione fotosinteticamente attiva, detta PAR, dall’acronimo dell’espressione inglese Photosynthetically Active Radiation, agli organismi fotosintetici presenti nel liquido di coltura.
I sistemi chiusi si possono suddividere in diverse tipologie, a seconda del criterio usato per discriminarli. In letteratura si trovano principalmente categorizzazioni basate sulla morfologia del collettore e sulla modalità di miscelazione della coltura liquida. Per quanto riguarda la morfologia del collettore, si possono individuare prevalentemente tre tipologie: fotobioreattori a colonna, fotobioreattori tubolari (tubolare orizzontale, tubolare verticale, tubolare elicoidale) e fotobioreattori a pannello. Per quanto riguarda invece la modalità di miscelazione sono riportate le seguenti tipologie: mescolamento con lame, ricircolo con pompe peristaltiche, bubbling ed airlift. I metodi di miscelazione basati sul bubbling e l’airlift, consistono nell’immissione di gas nel fotobioreattore (bollicine disperse nel caso del bubbling, bolle con il diametro uguale a quello del tubo nel caso dell’airlift), quindi consentono di coniugare un’agitazione continua della coltura con il trasferimento di gas al liquido di coltura.
I sistemi a colonna (generalmente sono in plexiglas o sono costituiti da sacchi di nylon appesi o contenuti in strutture a rete), sono utilizzati soprattutto in laboratorio o in ambienti ristretti (es. incubatori ittici), dove il quantitativo di mezzo di coltura da gestire non à ̈ elevato. Infatti il lavoro di gestione manuale à ̈ molto gravoso e i costi di installazione e manutenzione sono elevati. In definitiva si può affermare che non sono adatti alla scalabilità in pieno campo. I pannelli verticali (Domande di Brevetto WO2004074423A2 e JP2000139444A), invece sono stati sviluppati e proposti proprio come sistemi da impiegare pieno campo. I pannelli verticali sono virtualmente sempre associati a sistemi di miscelazione continua di tipo bubbling o, eventualmente airlift. Garantiscono rese elevate, ma i costi di avviamento dell’impianto sono gravosi perché necessitano di infrastrutture dedicate. Anche la gestione ordinaria e il costo energetico dei pannelli verticali à ̈ tipicamente elevato, in quanto per il mescolamento richiedono l’immissione di grandi quantitativi di aria forzata per la miscelazione. (Tredici M.R., 1999. Photobioreactors. In: Enciclopedia of Bioprocess Technology:Fermentation, Biocatalysis and Bioseparation, Vol1 Flickinger M.C. and Drew S.W. (eds). John Wiles Sons, Inc. New York, pp. 395-419; Carvalho A.P., Meireles L.A., Malcata F.X., 2006. Microalgal reactors: a review of enclosed system designs and performances. In Biotechnol Prog 22: 1490-1506. Morweiser M., Kruse O., Hankamer B., Posten C., 2010. Developments and perspectives of photobioreactors for biofuel production. In Appl Microbiol Biotechnol 87: 1291–1301).
Recentemente, sono stati introdotti altri sistemi che si discostano dalle classificazioni riportate storicamente in letteratura. Ad esempio à ̈ stato recentemente brevettato un fotobioreattore che si potrebbe definire a pannello verticale in materiale plastico con miscelazione di tipo airlift, con l’eccezione che la miscelazione à ̈ coadiuvata da un particolare disegno del materiale plastico, costituito da strutture che impongono al liquido a muoversi in modo vorticoso (Brevetti EP 1169428B1 e EP1326959B1). Un'altra evoluzione del pannello verticale à ̈ rappresentata dal sistema di Solix Biofuels, costituito da pannelli verticali in materiale plastico immersi in una laguna riempita d’acqua che sostiene i pannelli stesso (Morweiser M., Kruse O., Hankamer B., Posten C., 2010. Developments and perspectives of photobioreactors for biofuel production. In Appl Microbiol Biotechnol 87: 1291–1301). Anche il fotobioreattore prodotto da Proviron, ProviAPT, si basa su un principio analogo. Infatti, il pannello verticale à ̈ sempre sostenuto dall’acqua, che à ̈ a sua volta contenuta in una grande involucro chiuso. Riempiendo l’involucro più esterno, grazie alla pressione idrostatica si autosostiene tutto l’impianto (Domanda di Brevetto WO2009040383A1).
Gli esempi di Solix Biofuels e di Proviron rappresentano l’avanguardia dell’innovazione nel settore dei fotobioreattori. Secondo quanto dichiarato dai produttori, entrambi i sistemi consentono di ridurre notevolmente i costi energetici di gestione, ma hanno bisogno entrambi di grandi volumi d’acqua e, nel caso di Solix Biofuels, anche di infrastrutture importanti come una laguna dedicata. (Morweiser M., Kruse O., Hankamer B., Posten C., 2010. Developments and perspectives of photobioreactors for biofuel production. In Appl Microbiol Biotechnol 87: 1291–1301). Tuttavia le rese, non ancora dichiarate, rappresentano un’incognita rispetto a sistemi più collaudati e in prospettiva anche la gestione delle contaminazioni dell’acqua usata come supporto ai pannelli richiede particolare attenzione e può complicare la gestione ordinaria dell’impianto.
I fotobioreattori tubolari, invece, anche se garantiscono rese tipicamente inferiori rispetto ai fotobioreattori a pannello, sono ritenuti i più adatti per la produzione su grande scala di organismi fotosintetici (Eriksen N.T., 2008. The technology of microalgal culturing. In Biotechnol Lett 30: 1525-1536.).
Date le loro importanti caratteristiche tecnologiche, nel tempo sono state generate differenti versioni (Brevetti e Domande di Brevetti EP0310522B1, ES2150389B1, FI2010A000216, WO9961577A1).
I fotobioreattori tubolari tipicamente, ma non sempre, si caratterizzano per avere il collettore di luce costituito da tubi rigidi trasparenti alla PAR in vetro, o in materiale plastico rigido come il polivinilcloruro (pvc) o il plexiglas, di dimensioni variabili e posizionati in diversi modi: affiancati, distesi uno sopra l’altro, affiancati ma su un piano obliquo. In alcuni casi possono essere disposti in modo tale da creare geometrie particolari, come andamenti compresi tra la sinusoide e la greca ad angoli addolciti o posti a spirale (Brevetti IT1277842B1 e IT1277843B1). Generalmente hanno bisogno di strutture di sostegno, che inevitabilmente aumentano i costi di impianto.
Il rimescolamento del mezzo di coltura può avvenire attraverso l'immissione di aria con apposite soffianti o compressori, oppure con l'utilizzo di pompe di ricircolo. Negli esempi descritti in letteratura, le pompe di ricircolo sono caratterizzate da elevata potenza e portata e sono associate sempre a tubolari rigidi (vetro o materiale plastico).
Data l’elevata potenza delle pompe impiegate, i fotobioreattori tubolari sono caratterizzati da notevoli consumi energetici, in quanto le pompe utilizzate hanno elevata portata e pressione. Tipicamente, i consumi energetici riportati in letteratura sono di 600 W/m3 (Molina Grima E., 2009. Challenges on Microalgae Biofuels. In the Proceedings of the 1st EABA Conference, Firenze June 3rd-4th 2009) o comunque compresi tra 500 W/m3 e 2000 W/m3 (Morweiser M., Kruse O., Hankamer B., Posten C., 2010. Developments and perspectives of photobioreactors for biofuel production. In Appl Microbiol Biotechnol 87: 1291– 1301).
Nonostante i limiti appena descritti e quelli dovuti al fatto che nei tubulari alcuni parametri chimico-fisici, come la concentrazione dei nutrienti e i valori di pH tendono a discostarsi dalla condizione ottimale, come anticipato in precedenza, i fotobioreattori tubolari rappresentano la tipologia di impianto più adatta per la produzione in pieno campo, su grande scala, di microrganismi fotosintetici (Eriksen N.T., 2008. The technology of microalgal culturing. In Biotechnol Lett. 30: 1525-1536).
Più in dettaglio, storicamente la progettazione di un efficiente fotobioreattore per la coltivazione di microorganismi fotosintetici o di colture miste costituite da microrganismi fotosintetici e non fotosintetici o di cellule vegetali, ha sempre dovuto tener conto di diversi fattori per armonizzarli. Di seguito sono descritti alcuni dei principali fattori da considerare.
- Consumo energetico e costi contenuti.
I costi di installazione e gestione devono essere contenuti, così come i consumi energetici. Questi due criteri devono essere rispettati soprattutto quando la biomassa ottenuta nel fotobioreattore à ̈ destinata alla produzione di energia. Infatti il bilancio energetico deve necessariamente risultare positivo e il costo del prodotto finale (biomassa, biodiesel, bioetanolo, biogas, bioidrogeno) deve essere competitivo sul mercato con i combustibili tradizionali.
- Facilità di installazione, gestione e manutenzione.
Il fotobioreattore deve essere installato e gestito da personale dedicato. Quanto più à ̈ sofisticato, tanto più l’installazione, la manutenzione e la gestione diventa complessa e dispendiosa in termini di tempo, aumentando così le possibilità di errore e i costi per il personale dedicato.
- Efficienza di cattura della luce.
Il fotobioreattore deve essere progettato in modo da garantire un rapporto elevato tra la superficie trasparente alla PAR ed il volume del liquido ricircolato al suo interno, affinché la luce (solare o artificiale) possa arrivare alla maggior quantità possibile di cellule fotosintetiche immerse nel mezzo di coltura. Un rapporto superficie/volume elevato consente di ottenere un’elevata densità cellulare, un’elevata produzione volumetrica, un maggiore sfruttamento del liquido di coltura e quindi l’uso di un minor quantitativo d’acqua. In definitiva, un’efficiente cattura della luce ha come conseguenza una maggiore densità cellulare e quindi comporta anche indubbi vantaggi operativi al momento della raccolta. L’efficienza della cattura della luce, deve essere quindi valutata in termini di salute della coltura e densità cellulare raggiunta, non di energia luminosa trasmessa alla coltura. Al contrario, un fotobioreattore configurato in modo tale da trasferire un eccesso di energia luminosa agli organismi coltivati, può provocare la fotoinibizione, con conseguente abbassamento della cinetica di sviluppo e della densità cellulare ottenuta, a parità delle altre condizioni (Wahal S., Viamajala S., 2010. Maximizing algal growth in batch reactors using sequential change in light intensity. In Appl Biochem Biotechnol 161: 511-522).
Una buona efficienza di cattura della luce si può quindi raggiungere combinando materiali differenti (più o meno in grado di trasmettere diverse lunghezze d’onda comprese nella PAR) e diverse geometrie del collettore (dimensioni e disposizione del tubolare), allo scopo di massimizzare l’energia luminosa incidente e ridurre al minimo la fotoinibizione (Molina Grima E., Acién Fernández F. G., GarcÃa Camacho F., Chisti Y., 1999. Photobioreactors: light regime, mass transfer, and scaleup. In J Biotechnol 70: 231-247).
- Efficienza del trasferimento molecolare tra il liquido di coltura presente nel fotobioreattore e l’atmosfera (degassaggio), e viceversa.
Gli organismi fotosintetici, che comprendono sia eucarioti come le alghe verdi unicellulari o le piante superiori, sia procarioti come i batteri purpurei, i batteri verdi sulfurei e i cianobatteri (detti anche alghe azzurre), sono in grado di utilizzare l’energia luminosa per estrarre elettroni da specifici donatori ed introdurli in catene di trasporto elettronico finemente regolate, ricavando dalla luce l’energia necessaria per le diverse attività metaboliche. Nel caso di organismi fotosintetici ossigenici, il donatore di elettroni à ̈ l’acqua (H2O), convertito ad ossigeno molecolare (O2) e protoni (H+) secondo la reazione 2 H2O O2+ 4H+; nel caso di organismi non ossigenici come i batteri purpurei e i batteri verdi sulfurei, il donatore di elettroni à ̈ il solfuro di diidrogeno (H2S), convertito ad acido solforico e protoni (H+).
In particolare, l’energia luminosa attraverso le catene di trasporto elettronico, diverse a seconda del tipo di organismo fotosintetico, à ̈ convertita in: (i) gradiente protonico, convertito in energia chimica tramite un apposito enzima, con la sintesi di molecole di Adenosina-5’-Trifosfato (ATP); (ii) e in potere riducente, rappresentato a seconda dell’organismo dalle molecole di Nicotinaamide Adenin Dinucleotide (NAD+) o Nicotinamide Adenin Dinucleotide Fosfato (NADP+) allo stato ridotto (rispettivamente NADH+H+ o NADPH+H+).
Gli organismi fotosintetici ossigenici eucarioti come le alghe verdi e procarioti come i cianobatteri, quando si trovano nella fase di luce e sono presenti in abbondanza l’energia chimica (ATP) e il potere riducente (NADH+ o NADPH+), impiegano queste risorse sintetizzando nuovi composti organici a partire dall’anidride carbonica (CO2). I composti organici ottenuti sono impiegati come fonte di energia per le attività metaboliche basali della cellula nella cosiddetta fase oscura, quando non à ̈ presente la luce, non à ̈ possibile effettuare la fotosintesi e viene consumato O2per ossidare gli zuccheri prodotti nella fase di luce, liberando CO2(Heldt H.W., 1997. Plant Biochemistry & Molecular Biology. Oxford University Press, New York, USA). Sia per i cianobatteri che per gli organismi fotosintetici eucarioti oltre alla capacità di effettuare la fotosintesi à ̈ stato descritto anche un comportamento di tipo mixotrofo o addirittura solamente eterotrofo, che consiste nell’ossidazione di sostanze carboniose eterotrofe, come la melassa, ricavate dall’ambiente circostante; nel caso di mixotrofia quindi, il microorganismo sfrutta sia l'energia luminosa che l'energia chimica, nel caso di eterotrofia verrà utilizzata la sole energia chimica derivante da sostanza organica in generale (Andrade M. and Costa J.A.V., 2007. Mixotrophic cultivation of microalga Spirulina platensis using molasses as organic substrate. In Aquaculture 264: 130-134).
Gli organismi fotosintetici coltivati in un fotobioreattore, quindi, nella fase di luce impiegano l’energia luminosa raccolta nel collettore per effettuare la fotosintesi, liberando O2e consumando contestualmente la CO2disciolta nel liquido di coltura. Durante la fase di luce, all’interno del collettore si assiste, quindi, ad una progressiva diminuzione della concentrazione di CO2e ad un aumento della concentrazione di O2, fino a livelli potenzialmente tossici per le cellule. Nella fase di buio, invece, si assiste ad una diminuzione della concentrazione di O2e ad aumento della concentrazione della CO2.
Storicamente lo scambio gassoso con l'atmosfera doveva essere sempre garantito sia durante la fase di luce per smaltire l'O2prodotto ed arricchire il liquido di coltura con CO2, sia quando avvengono le reazioni ossidative, come nella fase di buio o in presenza di organismi mixotrofi o eterotrofi, per arricchire il liquido di coltura di O2e liberare l’eccesso di CO2, che può portare ad una inibizione della crescita e ad una eccessiva acidificazione del mezzo. Nei fotobioreattori tubolari, lo scambio di gas tra liquido di coltura ed atmosfera avviene solitamente in un serbatoio di degassaggio ed à ̈ agevolato e accelerato dall’immissione di aria forzata (airlift) generando bolle di dimensioni differenti a seconda della tipologia di fotobioreattore impiegata (López M.C., Sánchez Edel R., López J.L., Fernández F.G., Sevilla J.M., Rivas J., Guerrero M.G., Grima E.M., 2006. Comparative analysis of the outdoor culture of Haematococcus pluvialis in tubular and bubble column photobioreactors. In J Biotechnol 123: 329-342; Brennan L., Owende P., 2010. Biofuels from microalgae -- A review of technologies for production, processing, and extractions of biofuels and co-products. In Ren Sust Energy Rev 14: 557-577).
- Adeguata nutrizione degli organismi coltivati.
Nella quasi totalità dei casi, gli organismi fotosintetici dal punto di vista metabolico sono foto-autotrofi, in quanto riescono a sintetizzare in modo autonomo i composti organici essenziali per la vita, utilizzando come substrato di partenza composti inorganici come la CO2, gli ioni nitrato e fosfato, il magnesio, il calcio e tracce di microelementi essenziali come il ferro, il cobalto, il manganese e altri elementi. Un’eccezione à ̈ data dagli organismi mixotrofi che associano al metabolismo autotrofo anche un metabolismo eterotrofo, che può essere espresso in presenza di substrati carboniosi e dai fotoeterotrofi che richiedono come donatori di elettroni sostanze organiche disponibili nell’ambiente (Rippka R., Deruelles J., Waterbury J., Herdman M., Stanier R., 1979. Generic assignments, strain histories and properties of pure cultures of cyanobacteria. In J Gen Microbiol 111: 1-61; Madigan M.T., Martinko J.M., Parker J., 2003. Brock Biology of Microorganisms. Pearson Education, Inc., New York, USA, Tenth Edition pp. 130-131). In un fotobioreattore le sostanze nutritive devono essere disponibili in quantità sufficiente in ogni punto del collettore di luce, al fine di garantire il mantenimento di un buon stato fisiologico degli organismi fotosintetici presenti al suo interno. Nel caso in cui nel fotobioreattore siano coltivati organismi fotoautotrofi come le alghe verdi unicellulari, la CO2à ̈ da considerare una sostanza nutritiva fondamentale e deve essere garantita alla coltura anche tramite l’iniezione di gas arricchito in CO2, nel caso in cui la concentrazione di CO2disciolta spontaneamente nel liquido di coltura sia limitante (Molina E., Fernández J., Acién F.G., Chisti Y., 2001. Tubular photobioreactor design for algal cultures. In J Biotechnol 92: 113-131).
- Efficienza della miscelazione e del ricircolo del mezzo di coltura.
In un fotobioreattore tubolare la miscelazione del mezzo di coltura à ̈ un processo ritenuto da sempre indispensabile, che deve garantire: (i) l’avanzamento del mezzo di coltura all’interno dei tubolari verso il serbatoio di degassaggio, (ii) la miscelazione del mezzo di coltura al fine di garantire la migliore diffusione delle sostanze nutritive e di evitare la stratificazione delle temperature; (iii) la miscelazione degli organismi coltivati al fine di evitare la sedimentazione, l’aggregazione e la formazione di biofilm, oltre che favorire il ricambio delle cellule presenti negli strati superficiali, più esposte all’irraggiamento e conseguentemente alla fotoinibizione.
La formazione di biofilm, ossia di strati persistenti di cellule adese e di materiale derivato dal metabolismo cellulare (es. polisaccaridi) alla superficie interna del collettore à ̈ un problema particolarmente sentito quando lo scopo del fotobioreattore à ̈ quello di produrre in modo efficiente biomassa pregiata. Al contrario, quando lo scopo à ̈ quello di fornire un servizio come la rimozione in continuo di contaminanti da acque reflue, la formazione di biofilm può rappresentare un aspetto tecnologico desiderato (de Godos I., González C., Becares E., GarcÃa-Encina P.A., Muñoz R., 2009. Simultaneous nutrients and carbon removal during pretreated swine slurry degradation in a tubular biofilm photobioreactor. In Appl Microbiol Biotechnol 2: 187-194).
- Controllo della temperatura.
I processi biologici come la crescita dei microorganismi sono caratterizzati da un picco di massima produzione, ciascuno in corrispondenza di una precisa temperatura definita optimum. La produttività à ̈ tanto maggiore, quanto la temperatura viene mantenuta nell’intorno dell’optimum che varia a seconda degli organismi fotosintetici coltivati.
- Controllo dell’acidità.
L’acidità può essere controllata tramite iniezione di anidride carbonica pura o di altro gas ricco di anidride carbonica, per mantenere la coltura in condizioni ottimali per la crescita. Questo consente, inoltre, ai microorganismi fotosintetici di avere a disposizione elevati quantitativi di anidride carbonica, punto di partenza della fotosintesi, per ottenere elevate produttività. In alternativa, si possono utilizzare sostanze che fungono da tampone nel mezzo di coltura, in modo da mantenere il pH in un range adatto alla crescita microbica.
- Controllo delle contaminazioni microbiche.
Nei casi in cui la biomassa prodotta all’interno del fotobioreattore sia destinata direttamente all’alimentazione umana o alla produzione di ingredienti per alimenti funzionali, come gli antiossidanti naturali, à ̈ fondamentale poter garantire la purezza della coltura ottenuta e gli standard di sicurezza richiesti. A questo scopo à ̈ necessario immettere nel fotobioreattore il mezzo di coltura sterile ed evitare il più possibile punti di contatto con l’ambiente esterno, come aperture e sfiatatoi non protetti. È inoltre indispensabile effettuare una pulizia profonda del fotobioreattore alla fine di ogni ciclo di produzione, al fine di evitare contaminazione incrociate tra cicli successivi. Da questo punto di vista, la struttura del fotobioreattore deve essere tale da garantire una pulizia profonda di ogni componente non sostituibile. La presenza di cavità, insenature, tubi interni, geometrie interne complesse rappresentano un grave ostacolo al controllo delle contaminazioni tra cicli di produzione successivi.
Un problema tecnico alla base della presente divulgazione à ̈ quello di mettere a disposizione un nuovo metodo per coltivare microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non fotosintetici, cellule vegetali ed un rispettivo fotobioreattore ed un fotobioreattore che possa consentire di attuare tale metodo.
Tale problema tecnico può essere risolto mediante un metodo di coltivazione di coltivazione di microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali secondo la rivendicazione 1 ed un fotobioreattore secondo la rivendicazione 11. Forme di realizzazione particolari dell'oggetto della presente divulgazione sono definite nelle corrispondenti rivendicazioni dipendenti.
In particolare, alla base della presente divulgazione vi à ̈ un riconoscimento da parte dell'inventore della presente divulgazione che, in natura, i microorganismi, in particolare le microalghe, vivono e si sviluppano in condizioni di acqua quasi ferma, definita stagnante.
Di conseguenza, alla base della presente divulgazione vi à ̈ un rovesciamento di un concetto considerato storicamente chiave per la coltivazione di microorganismi foto-autotrofi o mixotrofici o eterotrofi, quale à ̈ la movimentazione continua del mezzo di coltura.
In particolare, in accordo alla presente divulgazione, il mezzo di coltura à ̈ in condizione statica, e viene mosso occasionalmente o ad intervalli prestabiliti. Per esempio, una movimentazione della coltura avviene solo in pochi momenti della giornata, al contrario di una movimentazione continua di tutti i sistemi classici.
Il movimento occasionale, o discontinuo nel tempo, della coltura può rappresentare il modo migliore per non creare disturbo al naturale sviluppo e crescita dei microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non foto sintetici e/o cellule vegetali coltivati, in quanto statici per la maggior parte del tempo, ma contemporaneamente consentire la corretta produttività della coltura, movimentandola quel tanto che basta per un corretto scambio di nutrienti e gas. Questo comporta, dal punto di vista tecnico-economico, una drastica riduzione dei costi energetici ed economici per la movimentazione del mezzo di coltura. In pratica, in accordo alla presente divulgazione, un operatore può decidere quando, e come, muovere una coltura, senza, o riducendo al minimo gli, sprechi energetici.
La forza impartita ed il tempo per la movimentazione dipendono prevalentemente dai microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali che sono coltivati.
In accordo ad alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, la maggior parte del tempo, per esempio più del 90%, il mezzo di coltura non à ̈ in movimento, vale a dire à ̈ in detta condizione statica.
Secondo alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, la coltura à ̈ inserita in un involucro. L'involucro à ̈ un corpo in materiale plastico trasparente alla PAR, adagiato al suolo, o su un basamento, quale per esempio un telo riflettente (pacciamatura), o una rete, e riempito del mezzo di coltura più adatto al tipo di microrganismo d’interesse, a formare una sorta di materassino di pochi centimetri.
Secondo alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, l'involucro à ̈ completamente chiuso, o può avere delle valvole alle estremità, per l’iniezione di gas o di liquidi.
Secondo alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, la movimentazione della coltura può avvenire tramite un moto ondoso, originato da una leggera pressione alle estremità, o porzioni di estremità, dell'involucro, o una movimentazione che prevede l'innalzamento verso l'alto e successivo abbassamento di una o entrambe le estremità, o porzioni di estremità. Alternativamente può essere previsto un sobbalzo dell’involucro. La movimentazione può essere applicata all'involucro chiuso direttamente e manualmente da un operatore, oppure in modo automatico e/o meccanico, tramite un apposito strumento o dispositivo di movimentazione.
Il dispositivo di movimentazione può essere regolato a tempo.
Ne consegue che, in accordo ad alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, la movimentazione della coltura avviene in maniera indiretta, dal momento che la coltura viene movimentata tramite l'involucro.
Secondo alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, la coltura non à ̈ ricircolata all’interno dell’involucro. Eventualmente viene insufflata anidride carbonica che serve per il controllo del pH della coltura e fornire substrato per la crescita di microrganismi fotosintetici nella fase di luce.
Nel caso in cui sia insufflato gas, ad un’estremità dell’involucro opposta rispetto ad un’estremità di ingresso del gas, à ̈ presente una valvola di uscita, in modo che l’involucro non sia in pressione.
Secondo alcune forme della presente divulgazione, il fotobioreattore à ̈ impiegato in combinazione con colture, come per esempio Haematococcus pluvialis, che per arrivare a maturità necessitano di uno stress legato ad un cambiamento di condizioni, come, ad esempio lo stress nutrizionale. In questo caso il fotobioreattore consente di avviare la fase di maturazione dell’alga, interrompendo l’apporto di nutrienti e/o gas, e mantenendo la coltura per la maggior parte del tempo in fase statica.
Secondo ulteriori aspetti della presente divulgazione, il metodo ed il relativo fotobioreattore possono essere organizzati e strutturati per presentare caratteristiche di modularità, elevata versatilità, necessità di limitate infrastrutture dedicate, facilità e basso costo di installazione, di gestione e di manutenzione, limitati consumi energetici di gestione e/o per ulteriori caratteristiche.
Più in particolare, il fotobioreattore secondo la presente divulgazione può essere utilizzato per la coltivazione di uno dei seguenti organismi, o di una loro combinazione: (i) microrganismi fotosintetici, (ii) colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici, (iii) cellule vegetali.
Inoltre, il fotobioreattore secondo la presente divulgazione può essere utilizzato per la produzione di:
- biomassa microbica per produzione di mangimi, per acquacoltura, per integratori alimentari, come alimento tal quale, prodotto intermedio per la produzione di alimenti;
- fonti energetiche rinnovabili grazie all’utilizzo, ad esempio, della biomassa tal quale, di oli combustibili derivati (biodiesel), dell’idrogeno liberato (bioidrogeno), di gas (biogas) o etanolo (bioetanolo) derivante dalla biomassa coltivata;
- composti derivati come molecole bioattive (antiossidanti naturali, acidi grassi omega3, altro), pigmenti, olio, proteine, polisaccaridi, biopolimeri, bioplastiche;
- servizi come la depurazione di acque reflue, in particolare acque reflue di allevamenti zootecnici, di impianti di depurazione civile o provenienti da digestori anaerobici, la biofissazione dell'anidride carbonica derivante dai gas di scarico della combustione di impianti industriali, di motori a combustione, di centrali per la produzione di energia elettrica e/o termica (cogenerazione, trigenerazione), dalla fermentazione vinaria e nell'industria agroalimentare e dell'anidride carbonica atmosferica.
Altre caratteristiche e modalità di impiego dell’oggetto della presente divulgazione risulteranno evidenti dalla seguente descrizione dettagliata di una sua forma di realizzazione, data a scopo esemplificativo e non limitativo.
È anche da intendersi che, nell'ambito della presente divulgazione, rientrano tutte le possibili combinazioni delle singole caratteristiche indicate e descritte con riferimento alla seguente descrizione dettagliata.
Verrà fatto riferimento alle figure dei disegni allegati, in cui:
- la figura 1 Ã ̈ una vista dall'alto di un fotobioreattore secondo la presente divulgazione in accordo ad una forma di realizzazione;
- la figura 2 à ̈ una vista dall'alto di un fotobioreattore secondo un’altra forma di realizzazione della presente divulgazione;
- le figure 3A-3B sono viste laterali di fotobioreattori in accordo ad un’ulteriore forma di realizzazione e in differenti condizioni operative;
- la figura 4 à ̈ una vista laterale di un fotobioreattore in accordo ad un’ulteriore forma di realizzazione della presente divulgazione;
- le figure 5-7 mostrano ulteriori viste di un fotobioreattore in accordo ad un’ulteriore forma di realizzazione della presente divulgazione.
Con riferimento alle figure allegate, con il numero di riferimento 10, 110, 210, 310, 410 à ̈ indicato un fotobioreattore secondo alcune forme di realizzazione della presente divulgazione. In particolare, il fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 secondo alcune forme della presente divulgazione può essere associato in serie ad altri fotobioreattori 10, 110, 210, 310, 410 uguali a formare un parco o gruppo di fotobioreattori.
Nel fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 Ã ̈ accolto un mezzo di coltura (non visibile nei disegni) per coltivare microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali.
Il fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 può essere posizionato in serre o serre-tunnel, sotto strutture che parzialmente ombreggiano come ombrai o tettoie oppure all'aperto, sia in piano campo che in terreni non utilizzabili direttamente per l'agricoltura quali cave dismesse, terreni marginali, zone ex-industriali, sul tetto di capannoni industriali ecc.
Secondo un aspetto della presente divulgazione, il fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 Ã ̈ adatto e strutturato per assumere una condizione statica e per essere sottoposto ad un movimento, per esempio ondoso, ad intervalli di tempo limitati, od in modo discontinuo nel tempo interrompendo la condizione statica, al fine di muovere il mezzo di coltura.
Il fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 comprende un involucro 11 in materiale flessibile e trasparente ad una radiazione luminosa fotosinteticamente attiva. Secondo un aspetto della presente divulgazione, la suddetta movimentazione del mezzo di coltura si ottiene muovendo l'involucro 11 in modo discontinuo nel tempo, per esempio occasionale o a intervalli regolari o secondo un programma prestabilito.
In particolare, come di seguito illustrato, il fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 à ̈ organizzato e strutturato per muovere l’involucro 11.
In particolare, il fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 include uno strato di pacciamatura sul terreno preferibilmente di materiale plastico (non visibile), una apposita struttura di supporto includente una rete sorretta da cavi tiranti, oppure bancali, ad esempio quelli utilizzati in floricoltura, per supportare l’involucro 11.
Per esempio, in una forma di realizzazione della presente divulgazione, come quella illustrata nella figura 1, l'involucro 1 comprende una porzione centrale 12 e due opposte porzioni di estremità 13, 14. L'involucro 11 à ̈ dimensionato per un sollevamento manuale occasionale ad almeno una porzione di estremità 13, 14 per determinare, in modo discontinuo nel tempo, un movimento ondoso.
In altre parole, il movimento può essere ottenuto manualmente. In alcuni periodi della giornata un operatore può alzare ed abbassare una delle porzioni di estremità 13, 14 in modo da creare un moto tipo ondoso del mezzo di coltura. L'operazione può essere ripetuta secondo un programma di movimentazione prefissato, in base alla coltura inclusa nell'involucro 11.
Alternativamente come illustrato in figura 2, l'involucro 11 può essere adagiato su una rete 14 tesa mediante tiranti 15 opportunamente elasticizzati. La rete 14 può essere mossa manualmente da un operatore su un lato per determinare un iniziale sobbalzo dell’involucro, ed un successivo moto ondulatorio o simile movimento dell’involucro 11.
Un leggero moto ondulatorio o di ripetuti sobbalzi può anche essere ottenuto facendo leggermente vibrare la rete 14.
In un'altra forma di realizzazione della presente divulgazione, in combinazione o in alternativa alla forma di realizzazione precedentemente descritta, come per esempio quella illustrata in figure 3A-3B, figura 4, e figure 5-7, il fotobioreattore 210, 310, 410 include mezzi meccanici di movimentazione, indicati generalmente con il numero 16, 117 per muovere, occasionalmente o ad intervalli, detto involucro-collettore di luce 11, per determinare, in modo discontinuo nel tempo, detto movimento ondoso.
In altre parole, il movimento ondoso può essere ottenuto meccanicamente.
Per esempio, un'estremità o entrambe di un basamento 17 del fotobioreattore 210 possono essere collegate tramite dei cavi verticali 18 a un sistema di movimentazione collegato ad un motore elettrico (non illustrato in figure 3A-3B). Il motore elettrico può essere azionato da remoto, tramite un sistema di controllo elettronico, in alcuni momenti della giornata. Per muovere l'involucro 11, si prevede di alzare e abbassare una o entrambe le estremità del basamento 17.
L'effetto che si può ottenere à ̈ un moto tipo ondoso.
Nelle figure 4A-4B, i mezzi meccanici di movimentazione 16 includono un sollevatore 19 collegato ad un estremità del basamento 17. Il basamento 17 à ̈ imperniato all'estremità opposta su un perno 20 ad asse orizzontale.
Sollevando occasionalmente o ad intervalli prestabiliti il basamento 17 Ã ̈ possibile, ottenere un movimento ondulatorio dell'involucro 11.
E’ da notare che il basamento 17 di figure 3A-3B e 4 può essere una rete.
In pratica, in accordo ad alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, la movimentazione prevede l'innalzamento verso l'alto e successivo abbassamento di una o entrambe le estremità di un basamento 17 su cui giace l’involucro 11, o direttamente dell’involucro 11.
Si può osservare che in tutte le forme di realizzazione sopra descritte, per favorire l'ottenimento di un moto tipo ondoso, in una condizione operativa, l'involucro 11 à ̈ in posizione orizzontale. Ne consegue che il fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 secondo la presente divulgazione può essere definitivo come un fotobioreattore a pannelli orizzontali.
Si può inoltre osservare che la movimentazione avviene in maniera indiretta, essendo effettuata per tramite dell’involucro 11, ovvero non ci sono corpi a contatto con il mezzo di coltura, quali per esempio pale, giranti di pompe, aste, insufflazione d'aria ecc...
Con riferimento a figure 5-7, viene mostrato un ulteriore fotobioreattore 410 in accordo ad una forma di realizzazione della presente divulgazione. Il fotobioreattore 410 include una struttura di sollevamento a ponte 116 provvista di un dispositivo pneumatico 117 collegato ad una porzione di estremità dell’involucro 11. Azionando il dispositivo pneumatico 117 à ̈ possibile alzare una porzione di estremità dell’involucro 11, e determinare un moto ondoso della coltura.
In alcune forme di realizzazione, come quelle illustrate nei disegni, l'involucro 11 Ã ̈ un corpo tubolare a film plastico trasparente al PAR (Photosynthetically Active Radiation), di diverse dimensioni e disposto orizzontalmente rispetto la superficie, caratterizzato dalla completa chiusura (saldatura) rispetto all'ambiente esterno.
In alcune forme di realizzazione, come quelle illustrate nei disegni, il fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 include tubi 30 saldati o comunque fissati all'inizio e/o alle porzioni di estremità 13, 14 dell'involucro 11 per carico scarico del mezzo di coltura, fornitura sostanze nutritive (sali minerali, CO2, acidi organici, o altre sostanze organiche) ed eventuale fuoriuscita di gas, eventuale inserimento sistemi di monitoraggio di processo (es. sonde temperatura, sonde pH).
Ogni fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 Ã ̈ quindi caratterizzato da una camera di coltura (involucro 11) dove si sviluppano i microorganismi foto-autotrofi, o non, in un mezzo di coltura acquoso, sia acqua dolce, che salata o salmastra.
Il fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 può funzionare sia ermeticamente chiuso, senza soluzioni di continuità con l'esterno, che con i tubi 30, o sfiati, che consentano lo scambio gassoso. Nel primo caso, l'apertura dei tubi alle estremità si ha solo nel momento del carico o scarico e per la fornitura degli elementi nutritivi. Le due modalità operative vengono applicate in maniera diversa in base agli scopi che si vogliono ottenere e alle specie o ceppi di microorganismi utilizzati.
Si rileva inoltre che lunghezza e la larghezza di ogni involucro può variare in funzione di caratteristiche tecnico-biologiche degli organismi coltivati e gli spazi a disposizione, nonché del tipo di movimentazione manuale o meccanica che si vuole eseguire.
In alcune forme di realizzazione, come quelle illustrate nei disegni, l'involucro 11 può essere di lunghezza variabile dai 50 cm ai 100 m, ma anche 200 m. Oltre i 5 metri può essere conveniente prevedere una movimentazione meccanica.
La larghezza può variare dai 5 ai 10000 cm, con misura ottimale tra i 40 e i 60 cm.
Secondo alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, il fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 à ̈ impiegato per la coltivazione della microalga Haematococcus pluvialis. Tale microalga à ̈ pertanto inclusa nell'involucro 11.
In pratica si à ̈ riscontrato che il fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 secondo la presente divulgazione può essere ottimale per alcune colture come Haematococcus pluvialis le quali arrivano a maturità necessitano di uno stress o cambiamento di condizioni, come, ad esempio lo stress nutrizionale.
In questo caso, il fotobioreattore 10 consente di avviare la fase di maturazione dell’alga in modo del tutto innovativo, semplicemente interrompendo l’apporto di nutrienti e/o gas, e mantenendo la coltura per la maggior parte del tempo in fase statica.
Nel seguito si illustra un esempio di applicazione con tale microalga Haematococcus pluvialis.
Si à ̈ testata in maniera continuativa per un anno la coltivazione di Haematococcus pluvialis, microalga di acqua dolce classificata come alga verde con il fotobioreattore ermeticamente chiuso. Nelle stagioni intermedie, e durante l'inverno, la coltivazione à ̈ avvenuta senza l'utilizzo di sistemi di controllo per temperatura, né per pH o altri parametri di processo. Sorprendentemente la produttività à ̈ risultata paragonabile ai sistemi classici di coltura, sopra descritti in riferimento alla tecnica nota, in cui il mezzo di coltura viene posto a contatto con mezzi esterni. La qualità à ̈ risultata molto elevata, sia in termini di principi attivi che di purezza da contaminazioni, paragonabile ai più sofisticati sistemi di coltivazione.
Secondo alcuni ulteriori aspetti della presente divulgazione, il fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 Ã ̈ compatibile con alcuni fattori critici, qui di seguito elencati.
- Facilità di installazione, gestione e manutenzione.
La facilità di installazione, gestione e manutenzione del fotobioreattore, oltre che la sua versatilità, à ̈ data essenzialmente dall'utilizzo di tubolare plastico flessibile L’uso di tubolari plastici flessibili consente di infatti di effettuare l’installazione con l'ausilio di srotolatori, di riparare eventuali perdite con nastro adesivo e, qualora necessario, di sostituirli completamente senza gravi perdite economiche. Possono non essere inoltre presenti serbatoi per degassagio, o pompe con relativi raccordi.
Per quanto riguarda la manutenzione, essa à ̈ ridotta quasi a zero. Infatti, una riparazione avviene agilmente come sopra descritto e una pulizia avviene utilizzando acqua con additivi disinfettanti (cloro in generale come per le piscine). Nel caso in cui siano presenti contaminazioni che non si riescono controllare, l’involucro 11 può essere cambiato e smaltito come plastica agricola, nonché sostituito con un altro involucro.
- Consumo energetico e costi di gestione contenuti.
Il costo di installazione e di gestione di un impianto includente il fotobioreattore 10, 110, 210 e 310, 410 ed i consumi energetici del presente fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 sono molto bassi.
A titolo di esempio non limitativo in una forma di realizzazione della presente divulgazione, al momento dell’installazione un’attenzione che si deve avere à ̈ di livellare il basamento 17 in modo da avere all'incirca un medesimo livello di acqua lungo tutto il fotobioreattore 10, 110, 210, .
Si osserva inoltre che un consumo energetico à ̈ nullo nel caso di movimentazione manuale a molto contenuto utilizzando i mezzi di movimentazione 16 sopra descritti.
- Efficienza di cattura della luce
L’involucro 11 à ̈, come detto, trasparente alla PAR ed food grade, per cui à ̈ adatto all’impiego in un fotobioreattore anche per scopi alimentari. Quando il lume l’involucro 11 (che à ̈ conformato a tubolare) à ̈ riempito con il mezzo di coltura, il tubolare stesso assume forma tipo a cuscino (a seconda della larghezza), ed à ̈ paragonabile a un fotobioreattore a pannello verticale, posizionato orizzontalmente. Questa forma consente di avere un buon rapporto superficie/volume ed evitare l'auto-ombreggiamento. A titolo di esempio non limitativo, in una specifica applicazione della presente divulgazione il fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 à ̈ formato da un tubolare di larghezza circa 50 cm e lungo 50 m (25 mq), con un altezza del livello d'acqua di 5 cm contiene 1250 litri, il che vuol dire 50 l/mq di mezzo di coltura. Considerando la semplicità e l’essenzialità del fotobioreattore secondo la presente divulgazione, à ̈ sorprendente come questo dato risulti paragonabile con quanto riportato in letteratura per altri tipi di fotobioreattori estremamente elaborati ed efficienti, come i pannelli verticali (come quelli descritti nella domanda di brevetto WO2004/074423A2).
E’ da intendersi che le dimensioni del fotobioreattore e dell’involucro non sono vincolanti nell’ambito della presente divulgazione, e possono essere scelte sulla base di esigenze contingenti. Per esempio, possono essere previsti involucri molto lunghi e stretti, di forma tubolare, oppure involucri larghi e lunghi di forma sostanzialmente a materassino, oppure involucri di più piccole dimensioni, i quali vengono accostati ad altri involucri a formare un affiancamento (anche di grandi dimensioni complessive) di involucri, disposti per esempio in sequenza o in matrice per righe e colonne.
Nel caso di involucri di elevate dimensioni, si possono prevedere mezzi meccanici di movimentazione (per esempio tra loro sincronizzati) posti lungo il rispettivo involucro per alzare localmente l’involucro ed ottenere un movimento completo del mezzo di coltura per l’intero involucro.
Si può valutare di fare più livelli di fotobioreattori, su altezze diverse all'interno per esempio di una serra. Ovviamente dovranno essere sostenuti da opportune strutture. Per specifiche esigenze di coltivazione, infatti, si può valutare di mettere al livello più alto la coltura che fabbisogna di maggiore irraggiamento, e ai livelli più bassi quella che ne fabbisogna di meno. A titolo di esempio non limitativo si considera la coltivazione di Haematococcus pluvialis che nella prima fase di sviluppo (o fase verde) ha bisogno di meno luce, nella fase di maturazione (o fase rossa) ha bisogno di più luce.
- Efficienza del trasferimento molecolare tra il liquido di coltura presente nel fotobioreattore e l’atmosfera (degassaggio), e viceversa.
Un altro aspetto innovativo del fotobioreattore secondo la presente divulgazione à ̈ che non c'à ̈ un degassaggio forzato, come nei classici fotobioreattori air-lift, bubbling o tubolari con torri o serbatoi di degasaggio. Sorprendentemente si à ̈ riusciti a coltivare l'Haematococcus pluvialis, come sopra descritto con ottimi risultati ugualmente. Il degasaggio avviene in maniera naturale, con lo scambio tra aria-acqua quando si ha la conformazione con fotobioreattore chiuso non ermeticamente. Nel caso in sui il fotobioreattore sia ermeticamente chiuso, il degasaggio praticamente non avviene. Le sostanze che compongono il mezzo di coltura infatti, consentono di mantenere l'equilibrio per il tempo necessario allo sviluppo e maturazione della coltura.
- Adeguata nutrizione degli organismi coltivati.
Secondo alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, gli elementi nutritivi, tra cui gas arricchito di CO2, oppure CO2in forma liquida, possono essere addizionati al mezzo di coltura dall’operatore sottoforma di sali tal quale o sciolti nel liquido, in base alle specifiche necessità della coltura. Infatti, possono essere installati anche sistemi automatici che dosano l'entrata in circolo degli elementi nutritivi o dei reflui (come nel caso di impianti per la depurazione delle acque) in base alle caratteristiche chimico-fisiche del mezzo di coltura, oppure ad intervalli precisi (definiti da un timer) oppure in base all'esperienza dell'operatore. Questi sistemi di controllo possono essere sempre collegati in remoto. I nutrienti possono essere prelevati da serbatoi appositi posizionati in vicinanza, oppure a distanza e collegati attraverso tubature e pompe.
- Efficienza della miscelazione e del ricircolo del mezzo di coltura.
Secondo alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, una miscelazione può avvenire in maniera indiretta tramite la movimentazione dell’involucro, ovvero non ci sono organi all'interno del lume del fotobioreattore che consentono la movimentazione del mezzo di coltura, in cui tale movimentazione consente un’efficiente miscelazione del mezzo di coltura
- Controllo della temperatura
Nel fotobioreattore secondo la presente divulgazione la temperatura può essere monitorata tramite una o più sonde posizionate a contatto con il mezzo di coltura, attraverso i tubi 30. Nelle stagioni intermedie, primavere ed autunno, il controllo della temperatura non viene effettuato, in quanto non necessario e con ulteriore riduzione dei costi di gestione. Nel caso in cui se ne presenti la necessità la temperatura à ̈ mantenuta nell’intervallo ottimale da un sistema automatico che consente di raffreddare o riscaldare a seconda delle esigenze.
Il condizionamento della temperatura può avvenire spruzzando acqua sui tubolari del collettore di luce, attraverso sistemi simili a quelli utilizzati per l'irrigazione, utilizzando tubi e ugelli, tubi porosi, sprinkler, getti, microgetti e sistemi simili. Oppure può essere fatta scorrere acqua sopra e lateralmente al fotobioreattore. Può essere associato anche un sistema di recupero dell'acqua di climatizzazione utilizzando il film plastico di pacciamatura posizionato sotto il collettore oppure altri sistemi, tipo vasche o bancali da florovivaismo. Si può inoltre mantenere immerso completamente il fotobioreattore in apposite vasche o sistemi a laguna in modo che la temperatura sia controllata come, per esempio, avviene nelle risaie.
Per riscaldare/raffreddare il mezzo di coltura si possono utilizzare anche altri sistemi radianti posti a contatto con i tubolari del collettore. Altri sistemi che si possono adottare nella realizzazione del fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 che emettono calore tramite circuiti elettrici oppure con passaggio di fluido, distesi sotto i tubolari. Per il solo riscaldamento del mezzo di coltura si possono usare anche sistemi a irraggiamento nella regione dell’infrarosso, emessi da apposite lampade.
- Controllo dell’acidità.
Il controllo dell'acidità avviene addizionando sostanza con potere tampone nel mezzo di coltura. Queste consentono di mantenere il pH a livelli accettabili alla coltura per il periodo che serve allo sviluppo della stessa.
In alternativa il controllo dell’acidità avviene tramite una o più sonde posizionate a contatto con il mezzo di coltura. Queste sonde, collegate ad appositi dispositivi controllano l'immissione di CO2nel mezzo (sia gassosa che liquida), al fine di regolarne l’acidità. In oltre il controllo pH può essere effettuato aggiungendo al mezzo di coltura acidi organici o inorganici o sostanze acidificanti che possono contemporaneamente regolare l’acidità del mezzo e rappresentare una fonte nutritiva per i microrganismi coltivati.
- Controllo delle contaminazioni microbiche.
Come sopra anticipato, in alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, il fotobioreattore 10, 110, 210, 310, 410 à ̈ ermeticamente chiuso. L’unico momento in cui c'à ̈ un contatto con l'esterno può essere il momento di carico e scarico della coltura. Ne consegue che, con opportuni accorgimenti dell'operatore la probabilità di contaminazione può essere praticamente zero. Nella conformazione non ermeticamente chiusa, i tubi 30 possono essere provvisti di valvole e filtri per evitare un ingresso di microbi nel fotobioreattore. In altre parole, i tubi 30 possono esse protetti da tappi con filtri, setti porosi o altro consenta lo scambio di gas tra l’interno e l’esterno del serbatoio e contemporaneamente ostacoli contaminazioni microbiche. In alcune forme di realizzazione della presente divulgazione, possono essere previste sonde per il rilevamento di parametri chimico-fisici come l’acidità e la temperatura del mezzo di coltura. Tali sonde possono essere alloggiate in sicurezza, in apposite sedi, all’interno dell’involucro 11 fin dall’inizio del ciclo di coltivazione non costituiscono possibili fonti di contaminazione.
L'oggetto della presente divulgazione à ̈ stato fin qui descritto con riferimento ad una sua forma di realizzazione. È da intendersi che possano esistere altre forme di realizzazione che afferiscono al medesimo nucleo inventivo, tutte rientranti nell'ambito di protezione delle rivendicazioni qui di seguito esposte.

Claims (23)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Metodo per coltivare microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali, in cui il metodo prevede di maturare detti microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali in un mezzo di coltura, ed in cui per ottenere la maturazione, Ã ̈ previsto di - mantenere il mezzo di coltura fermo o in condizione statica, e - movimentare occasionalmente o in modo discontinuo nel tempo il mezzo di coltura interrompendo detta condizione statica.
  2. 2. Metodo secondo la rivendicazione 1, in cui il mezzo di coltura à ̈ in condizione statica per un periodo di tempo più lungo rispetto al periodo di tempo in cui viene movimentato.
  3. 3. Metodo secondo la rivendicazione 1 o 2, in cui il mezzo di coltura viene mosso in modo da impartire a detti microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o cellule vegetali, un moto ondoso o ondulatorio.
  4. 4. Metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui una forza e tempo di movimentazione del mezzo di coltura à ̈ in funzione di detti microrganismi fotosintetici, colture miste di microrganismi fotosintetici e nonfotosintetici e/o cellule vegetali da coltivare.
  5. 5. Metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui il mezzo di coltura à ̈ incluso in un involucro-collettore di luce (11) in materiale flessibile e trasparente ad una radiazione luminosa fotosinteticamente attiva, ed in cui detto mezzo di coltura viene mosso muovendo detto involucro-collettore di luce (11).
  6. 6. Metodo secondo la rivendicazione 5, in cui l'involucro-collettore di luce (11) viene mosso sollevando e abbassando una porzione di estremità dell’involucrocollettore di luce (11), o sollevando e abbassando una porzione di estremità di un basamento (14, 17) su cui giace detto involucro (11), o facendo sobbalzare detto basamento (14, 17).
  7. 7. Metodo secondo la rivendicazione precedente 5 o 6, in cui l'involucro (11) viene mosso meccanicamente, in modo occasionale o ad intervalli regolari, mediante mezzi di movimentazione (16), o viene mosso manualmente.
  8. 8. Metodo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui la maturazione viene eseguita su una coltura che matura mediante una condizione di stress, ed in cui detta condizione statica viene eseguita per favorire detta condizione di stress.
  9. 9. Metodo secondo la rivendicazione 8, detto metodo venendo eseguito per la coltivazione della microalga Haematococcus pluvialis, in cui detta microalga viene lasciata maturare in detta condizione statica.
  10. 10. Metodo secondo la rivendicazione 8 o 9, in cui detta condizione di stress viene ulteriormente favorita mediante un controllo del nutrimento nel mezzo di coltura.
  11. 11. Fotobioreattore (10, 110, 210, 310, 410) per la coltura di microrganismi fotosintetici e/o popolazioni miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o di cellule vegetali, detto fotobioreattore essendo strutturato per assumere una condizione statica o ferma, e una condizione di movimento, occasionalmente o in modo discontinuo nel tempo, in alternanza a detta condizione statica o ferma.
  12. 12. Fotobioreattore (10, 110, 210, 310, 410) secondo la rivendicazione 11, comprendente un involucro-collettore (11) di luce in materiale flessibile e trasparente ad una radiazione luminosa fotosinteticamente attiva, in cui detto involucro-collettore (11) include detti microrganismi fotosintetici e/o popolazioni miste di microrganismi fotosintetici e non-fotosintetici e/o di cellule vegetali, ed in cui detto involucro-collettore (11) Ã ̈ strutturato e dimensionato per assumere detta condizione statica o ferma, e detta condizione di movimento, in alternanza con detta condizione statica o ferma.
  13. 13. Fotobioreattore (10, 110, 210, 310, 410) secondo la rivendicazione 12, in cui detto involucro-collettore (11) di luce à ̈ strutturato e dimensionato per essere sottoposto ad un movimento ondoso.
  14. 14. Fotobioreattore (10, 110, 210, 310, 410) secondo la rivendicazione 12 o 13, in cui detto involucro-collettore (11) di luce à ̈ posto in posizione orizzontale.
  15. 15. Fotobioreattore (10, 110, 210, 310, 410) secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti da 12 a 14, in cui l'involucro-collettore di luce (11) comprende una porzione centrale (12) e due opposte porzioni di estremità (13, 14), ed à ̈ dimensionato per consentire un sollevamento manuale occasionale ad almeno una porzione di estremità (13, 14) per determinare detto movimento.
  16. 16. Fotobioreattore (10, 110, 210, 310, 410) secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti da 12 a 15, includente mezzi meccanici di movimentazione (16) per muovere, occasionalmente o ad intervalli, detto involucrocollettore di luce, per determinare detto movimento.
  17. 17. Fotobioreattore (10, 110, 210, 310, 410) secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui detti mezzi di movimentazione (16) sono collegati ad almeno un'unità di controllo, detta unità di controllo essendo atta ad impartire un comando di attuazione di detti mezzi di movimentazione (16) secondo un programma prestabilito e/o ad intervalli regolari.
  18. 18. Fotobioreattore (10, 110, 210, 310, 410) secondo la rivendicazione 17, in cui detti mezzi di movimentazione (16) sono atti a sollevare e abbassare una sola porzione di estremità (17) di detto involucro (11), o entrambe dette porzioni di estremità (13, 14) in modo alternato, o di far sobbalzare detto involucro (11).
  19. 19. Fotobioreattore (10, 110, 210, 310, 410) secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti da 12 a 18, includente un basamento (17) per supportare detto involucro (11), ed in cui detto basamento (14, 17) Ã ̈ configurato per essere mosso al fine di muovere detto involucro (11).
  20. 20. Fotobioreattore (10, 110, 210, 310, 410) secondo la rivendicazione 19, in cui detto basamento à ̈ una rete (14).
  21. 21. Fotobioreattore (10, 110, 210, 310, 410) secondo la rivendicazione 20, in cui detta rete à ̈ supportata mediante tiranti (15).
  22. 22. Fotobioreattore (10, 110, 210, 310, 410) secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui detto involucro (11) contiene una coltura che matura mediante una condizione di stress.
  23. 23. Fotobioreattore (10, 110, 210, 310, 410) secondo la rivendicazione 22, in cui detta coltura à ̈ la micro-alga Haematococcus pluvialis.
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