ITUB20155455A1 - Metodo di analisi con matrice di transizione di una sequenza temporale di misure di un segnale caratteristico di un sistema per la diagnosi preventiva del sistema stesso - Google Patents

Metodo di analisi con matrice di transizione di una sequenza temporale di misure di un segnale caratteristico di un sistema per la diagnosi preventiva del sistema stesso Download PDF

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ITUB20155455A1
ITUB20155455A1 ITUB2015A005455A ITUB20155455A ITUB20155455A1 IT UB20155455 A1 ITUB20155455 A1 IT UB20155455A1 IT UB2015A005455 A ITUB2015A005455 A IT UB2015A005455A IT UB20155455 A ITUB20155455 A IT UB20155455A IT UB20155455 A1 ITUB20155455 A1 IT UB20155455A1
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IT
Italy
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characteristic signal
transition matrix
normalized
measurements
temporal sequence
Prior art date
Application number
ITUB2015A005455A
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Inventor
Attilio Brighenti
Chiara Brighenti
Jacopo Biancat
Original Assignee
S A T E Systems And Advanced Tech Engineering S R L
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Description

D E S C R I Z I O N E
"METODO DI ANALISI CON MATRICE DI TRANSIZIONE DI UNA SEQUENZA TEMPORALE DI MISURE DI UN SEGNALE CARATTERISTICO DI UN SISTEMA PER LA DIAGNOSI PREVENTIVA DEL SISTEMA STESSO"
SETTORE DELLA TECNICA
La presente invenzione è relativa ad un metodo di analisi di una sequenza temporale di misure di un segnale caratteristico di un sistema per la diagnosi preventiva del sistema stesso.
ARTE ANTERIORE
Tradizionalmente, nei sistemi complessi (ovvero comprendenti diversi componenti che interagiscono tra di loro) la diagnosi del sistema si limitava ad individuare i guasti nel momento in cui i guasti stessi si verificano (ovvero la diagnosi segnala la presenza di un guasto che deve venire riparato determinando nel frattempo l'arresto del sistema o, nella migliore delle ipotesti, il funzionamento del sistema con prestazioni ridotte).
Recentemente si è cercato di sviluppare una diagnosi predittiva che potesse individuare non la presenza dei guasti, ma la probabilità che un guasto si verifichi nel prossimo futuro; in questo modo è possibile programmare per tempo e con tranquillità un intervento di manutenzione che eviti 1'insorgenza di un guasto e quindi eviti per un tempo relativamente lungo l'arresto del sistema (o comunque un funzionamento del sistema con prestazioni ridotte).
La diagnosi preventiva è particolarmente difficile nei sistemi complessi in cui sono presenti molti sensori (decine, centinaia o addirittura migliaia) che forniscono in tempo più o meno reale altrettante sequenze temporali di misure di corrispondenti segnali caratteristici del sistema.
Infatti, per una vasta gamma di settori scientifici e industriali, vi è la necessità di acquisire una grande quantità di dati per il monitoraggio dei sistemi e processi. L'identificazione di un comportamento nuovo o anomalo e delle sue possibili cause tramite mera visualizzazione dei dati acquisiti risulta estremamente difficile e spesso non fattibile in termini di risorse economiche e di tempo. Per tale ragione, vi è necessità di un sistema di diagnostica che sia in grado di elaborare i dati acquisiti e automaticamente identificare le osservazioni "normali" ed eventuali fenomeni "nuovi".
In letteratura esistono molte tecniche di rivelazione di anomalie alcune delle quali vengono applicate anche sul campo per identificare automaticamente nuovi comportamenti nei parametri di processo; tali tecniche si differenziano dal livello di conoscenza a priori richiesta per il loro utilizzo .
L'approccio più semplice e comune è quello basato sull' utilizzo di una ''soglia", che consiste nel controllare variabili misurabili per superamento ascendente o discendente di limiti fissi. Il principale inconveniente di questa tecnica è la necessità di dover impostare limiti di soglia ampi per evitare falsi allarmi, con la conseguenza che possono essere rilevati solo guasti improvvisi o gradualmente crescenti di lunga durata.
Nel caso sia disponibile maggiore conoscenza a priori del processo, si può utilizzare una diagnostica basata sull' utilizzo di un ''modello". In questo caso il modello di comportamento normale del processo è utilizzato come riferimento per il confronto con il comportamento del processo osservato. Tale approccio risulta molto più affidabile rispetto all'approccio basato sull' utilizzo di una ''soglia", in quanto è possibile rilevare piccole differenze tra i segnali simulati (generati dal modello) e le misure rilevate sul campo.
Tuttavia, la generazione di un modello di comportamento normale del processo non è sempre un compito fattibile e compatibile con le risorse disponibili. Inoltre, le modifiche, a cui spesso un impianto è soggetto durante la sua vita, richiederebbero l'aggiornamento continuo dei parametri del modello o del modello stesso. Anche se esistono metodi e algoritmi che consentono l'identificazione online di alcuni parametri, questo approccio basato sull'utilizzo di un modello richiede un'adeguata fase di preconfigurazione da parte di tecnici di processo durante 1'installazione e la messa in funzione dell'impianto stesso e, in aggiunta, deve essere focalizzato su unità o sotto-sistemi specifici per ottenere la necessaria precisione, tempestività e, perciò, utilità dal sistema diagnostico. In conclusione, un approccio unificato e indipendente dalla conoscenza a priori richiesta di ciò che è considerato un ''comportamento normale" del processo, sarebbe la soluzione ideale per un sistema diagnostico che deve analizzare migliaia di parametri.
Un'alternativa alla diagnostica basata sull'utilizzo di un "modello" è rappresentata dalla diagnostica basata sull'utilizzo di "dati" che risulta applicabile in tutte quelle applicazioni in cui una grande quantità di dati è registrata e memorizzata.
In effetti, i dati stessi, di solito registrati con tempi di campionamento che vanno dal millisecondo ai minuti, contengono le informazioni statiche e dinamiche più rilevanti sullo stato dell'impianto ed il suo comportamento; metodi adeguati consentono l'estrazione di questa conoscenza che può essere presentata ai tecnici sul campo per aiutarli ad individuare possibili condizioni operative indesiderate e pianficare adeguatamente le operazioni di manutenzione.
La diagnostica basata sull'utilizzo dei ''dati'' ha il principale vantaggio che non richiede una conoscenza a priori sul sistema; inoltre l'insieme dei parametri monitorati può essere espanso durante la vita dell'impianto, pertanto è in grado di catturare automaticamente i cambiamenti nella configurazione dell'impianto, mediante l'analisi dei dati stessi.
DESCRIZIONE DELLA INVENZIONE
Scopo della presente invenzione è fornire un metodo di analisi di una sequenza temporale di misure di un segnale caratteristico di un sistema per la diagnosi preventiva del sistema stesso, il quale metodo di analisi permetta di eseguire una diagnosi efficace ed efficiente del sistema e, nello stesso tempo, sia di facile ed economica realizzazione .
Secondo la presente invenzione viene fornito un metodo di analisi di una sequenza temporale di misure di un segnale caratteristico di un sistema per la diagnosi preventiva del sistema stesso, secondo quanto rivendicato dalle rivendicazioni allegate.
BREVE DESCRIZIONE DEI DISEGNI
La presente invenzione verrà ora descritta con riferimento al disegno annesso, che ne illustra un esempio di attuazione non limitativo; in particolare, la figura allegata è una vista schematica di un sistema collegato ad una unità di controllo che implementa un metodo di analisi realizzato in accordo con la presente invenzione.
FORME DI ATTUAZIONE PREFERITE DELL'INVENZIONE
Nella figura allegata, con il numero 1 è indicato nel suo complesso un sistema complesso provvisto di una pluralità di sensori 2, ciascuno dei quali rileva ciclicamente ed in tempo più o meno reale la misura di corrispondenti segnali caratteristici del sistema 1. Di conseguenza, nel tempo ciascun sensore 2 fornisce una sequenza temporale di misure di un corrispondente segnale caratteristico del sistema 1. E' importante osservare che le misure rilevate dai sensori 2 possono indifferentemente essere numeriche (ovvero un numero compreso in un intervallo predeterminato), categoriche (ovvero assumere un valore all'interno di un limitato insieme di valori), o logiche (ovvero O/OFF oppure 1/ON).
Al sistema 1 è collegata una unità 3 di controllo che riceve le misure eseguite da tutti i sensori 2; l'unità 3 di controllo può essere fisicamente disposta vicino al sistema 1 (ovvero può essere parte integrante del sistema 1) e quindi è direttamente cablata con i sensori 2 oppure può anche essere fisicamente disposta lontano (anche molto lontano) dal sistema 1 e quindi comunica a distanza con i sensori 2.
L'unità 3 di controllo esegue delle elaborazioni (dettagliatamente descritte in seguito) per eseguire una diagnosi predittiva del sistema 1 oppure per rilevare relazioni di causa-effetto tra i segnali caratteristici del sistema 1 misurati dai sensori 2.
Durante una fase di calibrazione, l'unità 3 di controllo riceve e registra dai sensori 2 il valore assunto da ciascun segnale caratteristico del sistema in modo da costruire una corrispondente sequenza temporale di misure di calibrazione (ovvero di riferimento). La fase di calibrazione serve a costruire un andamento storico (cioè di calibrazione) del funzionamento del sistema 1, con cui paragonare il funzionamento corrente del sistema 1 al fine di determinare eventuali mutazioni nel segnale caratteristico 1; le mutazioni nel segnale caratteristico 1 costituiscono delle ”novità " del sistema 1, ovvero dei comportamenti nuovi del sistema 1 che in qualche modo si differenziano in modo significativo dal comportamento storico. Ogni qual volta si manifesta una mutazione (ovvero una ''novità") del sistema 1, l'unità 3 di controllo registra e segnale tale mutazione in modo tale che un addetto (umano e/o automatizzato) alla manutenzione possa svolgere delle ulteriori indagini per verificare se la mutazione rientra nella variabilità di comportamento del sistema 1 oppure è il (primo) sintomo di un prossimo guasto o di una eccessiva usura.
Tanto più è lunga la fase di calibrazione, tanto più è affidabile ciascuna sequenza temporale di misure di calibrazione, ovvero tanto più ciascuna sequenza temporale di misure di calibrazione è uno spaccato affidabile del comportamento "normale" del corrispondente segnale caratteristico. Ovviamente, durante la fase di calibrazione il sistema 1 deve essere in condizioni ottimali (cioè del tutto privo di guasti e di usure significative), in modo tale che le sequenze temporali di misure di calibrazione siano un indice del comportamento ottimale (e non di un comportamento anomalo) del sistema 1.
In altre parole, l'unità 3 di controllo analizza le sequenze temporali di misure di tutti i sensori 2 per determinare l'eventuale presenza di mutazioni nel segnale caratteristico 1 e quindi segnalare all'addetto (umano e/o automatizzato) alla manutenzione solo le mutazioni; in questo modo, l'addetto alla manutenzione deve unicamente occuparsi delle eventuali mutazioni nel segnale caratteristico 1 che costituiscono una frazione molto piccola di tutta la mole di dati costituita dalle sequenze temporali di misure di tutti i sensori 2.
Vengono di seguito descritte tre diverse modalità di analisi della sequenza temporale di misure di un segnale caratteristico del sistema 1 per diagnosticare la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico stesso; ciascuna di queste modalità di analisi può venire applicata alla sequenza temporale di misure di ciascun segnale caratteristico del sistema 1 per diagnosticare la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico stesso.
PRIMA MODALITÀ DI ANALISI DELLA SEQUENZA TEMPORALE DI MISURE DI UN SEGNALE CARATTERISTICO PER DETERMINARE MUTAZIONI NEL SEGUALE CARATTERISTICO STESSO
Inizialmente e durante una fase di calibrazione, l'unità 3 di controllo determina periodicamente (ricevendo le letture dal corrispondente sensore 2) il valore assunto dal segnale caratteristico in modo da costruire una sequenza temporale di misure di calibrazione. Di conseguenza, al termine della fase di calibrazione nella memoria della unità 3 di controllo è memorizzata la sequenza temporale di misure di calibrazione sottoforma di una matrice (presentante una successione di coppie formate ciascuna da un misura e dall'istante di tempo in cui è stata eseguita la misura stessa).
Successivamente, l'unità 3 di controllo stabilisce un insieme finito di modelli (pattern) presenti all'interno della sequenza temporale di misure di calibrazione. Generalmente il numero di modelli è ridotto rispetto al numero di misure (dell'ordine massimo di qualche decina anche a fronte di migliaia di misure). Una volta stabiliti i modelli, l'unità 3 di controllo può trasformare la sequenza temporale di misure di calibrazione in una corrispondente sequenza temporale di modelli assegnando alle misure i corrispondenti modelli.
Quindi, l'unità 3 di controllo determina una prima distribuzione di frequenza normalizzata dei modelli all'interno della sequenza temporale di misure di calibrazione; ovvero l'unità 3 di controllo determina per ciascun modello la frequenza normalizzata con cui il modello stesso è presente all'interno della sequenza temporale di misure di calibrazione (cioè quante volte il modello stesso si può trovare all'interno della sequenza temporale di misure di calibrazione). La frequenza di ciascun modello viene normalizzata, ovvero viene espressa in termini relativi (generalmente su scala 0-1 o su scala 0-100) rispetto al numero complessivo di occorrenze dei modelli all'interno della sequenza temporale di misure di calibrazione; in altre parole, il numero di volte con cui ciascun modello si verifica ("occorrenze " del modello)all'interno della sequenza temporale di misure di calibrazione viene diviso per il numero complessivo di volte con cui tutti i modelli presenti all'interno della sequenza temporale di misure di calibrazione si verificano (somma delle "occorrenze " di tutti i modelli).
A questo punto, l'unità 3 di controllo ha terminato la fase di calibrazione e può iniziare ad indagare l'evoluzione del segnale caratteristico per diagnosticare la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico stesso. Quindi, l'unità 3 di controllo determina periodicamente, durante una fase di diagnosi, il valore assunto dal segnale caratteristico del sistema in modo da costruire una sequenza temporale di misure di diagnosi.
Quindi, l'unità 3 di controllo determina una seconda distribuzione di frequenza normalizzata dei modelli all'interno della sequenza temporale di misure di diagnosi; la seconda distribuzione di frequenza normalizzata viene determinata con modalità del tutto identiche rispetto alla prima distribuzione di frequenza normalizzata, in cui il valore di normalizzazione sarà dato dalla somma delle "occorrenze " di tutti i modelli presenti all'interno della sequenza temporale di misure di diagnosi.
Infine, l'unità 3 di controllo confronta la prima distribuzione di frequenza normalizzata (ricavata a partire dalla sequenza temporale di misure di calibrazione e quindi espressione della sequenza temporale di misure di calibrazione stessa) con la seconda distribuzione di frequenza normalizzata (ricavata a partire dalla sequenza temporale di misure di diagnosi e quindi espressione della sequenza temporale di misure di diagnosi stessa) e diagnostica la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico se la seconda distribuzione di frequenza normalizzata è significativamente diversa dalla prima distribuzione di frequenza normalizzata.
Secondo una possibile (ma non vincolante) forma di attuazione, ciascun modello viene determinato assegnando al modello stesso un valore discreto che può venire assunto dal segnale caratteristico; in altre parole, il modello coincide con un valore discreto che può venire assunto dal segnale caratteristico. Di conseguenza, l'unità 3 di controllo identifica ciascuna misura con il modello avente il valore discreto più prossimo alla misura. In questo modo, l'unità 3 di controllo trasforma ciascuna sequenza temporale di misure in una corrispondente sequenza temporale di modelli assegnando alle misure i corrispondenti modelli (ovvero i corrispondenti valori discreti). In questo modo, l'unità 3 di controllo esegue una discretizzazione di ciascuna sequenza temporale di misure che diventa una sequenza temporale di modelli (valori discreti) assegnando a ciascun misura un corrispondente modello; in altre parole, esiste un rapporto uno ad uno tra le misure ed i modelli in quanto ad ogni misura corrisponde un modello e quindi per ciascuna sequenza temporale di misure il numero complessivo di misure è identico al numero complessivo di "occorrenze " di tutti i modelli.
Secondo una preferita (ma non vincolante) forma di attuazione i valori discreti dei modelli presentano una distribuzione non uniforme per essere più concentrati (più densi) dove la sequenza temporale di misure di calibrazione presenta un maggior numero di valori; in questo modo, a parità di numero complessivo di modelli, è possibile ottenere una maggiore fedeltà nel passaggio da misure a modelli. Preferibilmente, valori discreti dei modelli vengono determinati mediante le metodologie SOM (Self-Organizing Map) ben note in letteratura.
Secondo una alternativa forma di attuazione, l'unità 3 di controllo suddivide ciascuna sequenza temporale di misure (sia di calibrazione, sia di diagnosi) in finestre temporali di pari durata (ciascuna delle quali comprende generalmente più misure) e quindi determina ciascun modello assegnando al modello stesso un corrispondente andamento temporale del segnale caratteristico o di un suo valore sintetico (o anche di più valori sintetici) all'interno di una finestra. In questo modo a ciascuna finestra (comprendente generalmente più misure) corrisponde un unico modello e quindi per ciascuna sequenza temporale di misure il numero complessivo di misure è superiore (anche ampiamente superiore) al numero complessivo di modelli.
A titolo di esempio i modelli potrebbero comprendere diversi andamenti temporali del segnale caratteristico; un andamento costante, un andamento lineare crescente, un andamento lineare decrescente, un andamento parabolico, un andamento sinusoidale, un andamento a zig-zag. A titolo di esempio i valori sintetici potrebbero comprendere la deviazione standard (calcolata su tutte le misure di una stessa finestra), il valore medio (calcolato su tutte le misure di una stessa finestra), lo scarto tra minimo e massimo (calcolato su tutte le misure di una stessa finestra).
Una volta stabiliti i modelli, l'unità 3 di controllo identifica ciascuna finestra con il modello avente l'andamento temporale o il valore sintetico più simile all'andamento temporale o al valore sintetico del segnale caratteristico all'interno della finestra stessa. In questo modo, l'unità 3 di controllo trasforma ciascuna sequenza temporale di misure in una corrispondente sequenza temporale di modelli assegnando alle misure i corrispondenti modelli (ovvero i corrispondenti andamenti temporali o i corrispondenti valori discreti). A titolo di esempio, l'andamento temporale di un modello è tanto più simile all'andamento temporale del segnale caratteristico all'interno di una finestra quanto minore è la loro differenza punto a punto.
Secondo una possibile forma di attuazione, l'unità 3 di controllo determina per ciascun modello la differenza di frequenza tra la frequenza nella prima distribuzione di frequenza normalizzata del modello e la frequenza nella seconda distribuzione di frequenza normalizzata dello stesso modello; di conseguenza, l'unità 3 di controllo diagnostica la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico in funzione della differenza di frequenza. Ad esempio, l'unità 3 di controllo diagnostica la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico se la differenza di frequenza massima di tutti i modelli è superiore ad un corrispondente valore di soglia.
Secondo una alternativa ed altrettanto valida forma di attuazione, l'unità 3 di controllo determina una prima distribuzione cumulativa della prima distribuzione di frequenza normalizzata, determina una seconda distribuzione cumulativa della seconda distribuzione di frequenza normalizzata, e determina il massimo scostamento (ovvero la massima differenza esistente) tra la prima distribuzione cumulativa e la seconda distribuzione cumulativa; di conseguenza, l'unità 3 di controllo diagnostica la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico se il massimo scostamento tra la prima distribuzione cumulativa e la seconda distribuzione cumulativa è superiore ad un corrispondente valore di soglia.
Secondo una possibile forma di attuazione, l'unità 3 di controllo esegue una doppia analisi della sequenza temporale di misure di calibrazione per diagnosticare la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico, ovvero l'unità 3 di controllo analizza la sequenza temporale di misure di diagnosi secondo le modalità sopra descritte sia mediante un insieme di primi modelli, sia mediante un insieme di secondi modelli diverso dall'insieme di primi modelli e quindi ottiene due diversi giudizi tra loro diversi ed indipendenti sulla eventuale presenza di mutazioni nel segnale caratteristico. In particolare, 1'insieme di primi modelli prevede di suddividere ciascuna sequenza temporale di misure in finestre temporali di pari durata, di determinare ciascun primo modello assegnando al primo modello stesso un corrispondente andamento temporale del segnale caratteristico all'interno di una finestra e di identificare ciascuna finestra con il primo modello avente l'andamento temporale più simile all'andamento temporale del segnale caratteristico all'interno della finestra stessa; invece, 1'insieme di secondi modelli prevede di determinare ciascun secondo modello assegnando al secondo modello stesso un valore discreto che può venire assunto dal segnale caratteristico del sistema, e di identificare ciascuna misura con il secondo modello avente il valore discreto più prossimo alla misura.
Una volta analizzata la sequenza temporale di misure di diagnosi secondo le modalità sopra descritte sia mediante un insieme di primi modelli, sia mediante un insieme di secondi modelli, l'unità 3 di controllo diagnostica la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico se la valutazione basata sui primi modelli rivela la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico oppure se la valutazione basata sui secondi modelli rivela la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico; in altre parole, i risultati delle due analisi vengono combinati tra loro mediate una logica "OR" che prevede di diagnosticare una mutazione nel segnale caratteristico quando anche solo una delle due analisi segnala la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico.
Secondo una preferita forma di attuazione, la valutazione basata sui primi modelli utilizza un primo valore di soglia (normalizzato, ovvero compreso tra 0 e 1) mentre la valutazione basata sui secondi modelli utilizza un secondo valore di soglia (normalizzato, ovvero compreso tra 0 e 1) che è diversa dal primo valore di soglia (normalmente, ma non obbligatoriamente, il secondo valore di soglia è minore del primo valore di soglia); in questo modo, la combinazione con la logica "OR" permette di rendere la diagnosi delle mutazione nel segnale caratteristico più robusta (ovvero riducendo il numero di mancati riconoscimenti). In particolare, l'analisi basata sui primi modelli è meno precisa (cioè più soggetta a falsi riconoscimenti) e più robusta (cioè meno soggetta a mancati riconoscimenti) rispetto all'analisi basata sui secondi modelli: utilizzando soglie differenziate (cioè una prima soglia per l'analisi basata sui primi modelli diversa rispetto alla seconda soglia per l'analisi basata sui secondi modelli) e combinando i risultati con un logica "OR" è possibile combinare gli aspetti positivi delle due analisi ottenendo un risultato finale che presenta la precisione dell'analisi basata sui primi modelli e la robustezza dell'analisi basata sui secondi modelli.
Secondo una possibile forma di attuazione, l'unità 3 di controllo esegue anche una diversa analisi sulla sequenza temporale di misure di diagnosi che permette di determinare (oltre alla eventuale presenza di mutazioni nel segnale caratteristico come descritto in precedenza) in quali momenti è maggiormente probabile che si siano verificate le mutazioni; in questo modo l'addetto (umano e/o automatizzato) alla manutenzione sa dove concentrarsi per verificare l'andamento del segnale caratteristico senza indagare l'intera evoluzione del segnale caratteristico stesso. In particolare, l'unità 3 di controllo suddivide la sequenza temporale di misure di diagnosi in finestre temporali di pari durata, determina una corrispondente terza distribuzione di frequenza normalizzata dei modelli all'interno di ciascuna finestra della sequenza temporale di misure di diagnosi, confronta la prima distribuzione di frequenza normalizzata con la terza distribuzione di frequenza normalizzata di ciascuna finestra, ed identifica come finestre potenzialmente da indagare le finestre aventi una corrispondente terza distribuzione di frequenza normalizzata significativamente diversa dalla prima distribuzione di frequenza normalizzata. Secondo una possibile forma di attuazione, l'unità 3 di controllo ordina le finestre in funzione della differenza tra la corrispondente terza distribuzione di frequenza normalizzata di ciascuna finestra e la prima distribuzione di frequenza normalizzata; in altre parole, l'unità 3 di controllo assegna un ''voto" alla differenza tra la corrispondente terza distribuzione di frequenza normalizzata di ciascuna finestra e la prima distribuzione di frequenza normalizzata e quindi ordina le finestre in funzione di tale ''voto''.
SECONDA MODALITÀ DI ANALISI DELLA SEQUENZA TEMPORALE DI MISURE DI UN SEGNALE CARATTERISTICO PER DETERMINARE MUTAZIONI NEL SEGNALE CARATTERISTICO STESSO
La seconda modalità di analisi della sequenza temporale di misure di un segnale caratteristico è in parte simile alla sopra descritta prima modalità di analisi, in quanto anche la seconda modalità di analisi prevede di stabilire un insieme finito di modelli presenti all'interno della sequenza temporale di misure di calibrazione, di determinare una prima distribuzione di frequenza normalizzata dei modelli all'interno della sequenza temporale di misure di calibrazione, di determinare una seconda distribuzione di frequenza normalizzata dei modelli all'interno della sequenza temporale di misure di diagnosi, e di confrontare la prima distribuzione di frequenza normalizzata con la seconda distribuzione di frequenza normalizzata per diagnosticare la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico.
Tuttavia, nella seconda modalità di analisi i modelli sono preferibilmente solo valori discreti che possono venire assunti dal segnale caratteristico del sistema e non andamenti temporali del segnale caratteristico o di suoi valori sintetici all'interno di una finestra. In altre parole, la seconda modalità di analisi prevede come unica possibilità di determinare ciascun modello assegnando al modello stesso un valore discreto che può venire assunto dal segnale caratteristico del sistema e quindi di identificare ciascuna misura con il modello avente il valore discreto più prossimo alla misura. Anche in questo caso preferibilmente i valori discreti dei modelli presentano una distribuzione non uniforme per essere più concentrati dove la sequenza temporale di misure di calibrazione presenta un maggior numero di valori.
Nella seconda modalità di analisi, l'unità 3 di controllo suddivide la sequenza temporale di misure di calibrazione in finestre temporali di pari durata e quindi determina una corrispondente prima distribuzione di frequenza normalizzata dei modelli all'interno di ciascuna finestra della sequenza temporale di misure di calibrazione. Successivamente, l'unità 3 di controllo confronta per ciascun modello la frequenza con cui il modello compare in tutte le finestre della sequenza temporale di misure di calibrazione con la frequenza con cui il modello compare nella sequenza temporale di misure di diagnosi. In particolare, l'unità 3 di controllo determina per ciascun modello la corrispondente frequenza minima e la corrispondente frequenza massima con cui il modello compare in tutte le finestre della sequenza temporale di misure di calibrazione; quindi, l'unità 3 di controllo diagnostica la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico se la frequenza con cui un modello compare nella sequenza temporale di misure di diagnosi è esterna all'intervallo delimitato dalla frequenza minima e dalla frequenza massima con cui il modello stesso compare in tutte le finestre della sequenza temporale di misure di calibrazione. In altre parole, la corrispondente frequenza minima e la corrispondente frequenza massima con cui ciascun modello compare in tutte le finestre della sequenza temporale di misure di calibrazione costituisce un intervallo che stabilisce la ”normalità " e quindi se la frequenza con cui un modello compare nella sequenza temporale di misure di diagnosi è esterna a tale intervallo allora viene diagnosticata una mutazione nel segnale caratteristico ,
In altre parole, l'unità 3 di controllo stabilisce un insieme finito di valori discreti (ovvero i modelli) presenti all'interno della sequenza temporale di misure di calibrazione, assegna a ciascuna misura della sequenza temporale di misure di calibrazione il corrispondente valore discreto (ovvero un modello) che è più prossimo alla misura stessa, suddivide la sequenza temporale di misure di calibrazione in finestre temporali di pari durata, determina una prima distribuzione di frequenza normalizzata dei valori discreti (ovvero dei modelli) della sequenza temporale di misure di calibrazione all'interno di ciascuna finestra, determina per ciascun valore discreto (ovvero per ciascun modello) la corrispondente frequenza minima e la corrispondente frequenza massima con cui il valore discreto (ovvero il modello) compare in tutte le finestre della sequenza temporale di misure di calibrazione, assegna a ciascuna misura della sequenza temporale di misure di diagnosi il corrispondente valore discreto (ovvero il modello) che è più prossimo alla misura stessa, determina una seconda distribuzione di frequenza normalizzata dei valori discreti (ovvero i modelli) della sequenza temporale di misure di diagnosi, e diagnostica la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico se la frequenza con cui un valore discreto compare (ovvero un modello) nella sequenza temporale di misure di diagnosi è esterna all'intervallo delimitato dalla frequenza minima e dalla frequenza massima con cui il valore discreto (ovvero il modello) stesso compare in tutte le finestre della sequenza temporale di misure di calibrazione.
Anche nella seconda modalità di analisi, l'unità 3 di controllo può eseguire anche una diversa analisi sulla sequenza temporale di misure di diagnosi che permette di determinare (oltre alla eventuale presenza di mutazioni nel segnale caratteristico come descritto in precedenza) in quali momenti è maggiormente probabile che si siano verificate le mutazioni. In particolare, l'unità 3 di controllo suddivide la sequenza temporale di misure di diagnosi in finestre temporali di pari durata, determina una corrispondente terza distribuzione di frequenza normalizzata dei modelli all'interno di ciascuna finestra della sequenza temporale di misure di diagnosi, confronta la prima distribuzione di frequenza normalizzata con la terza distribuzione di frequenza normalizzata di ciascuna finestra, ed identifica come finestre potenzialmente da indagare le finestre aventi una corrispondente terza distribuzione di frequenza normalizzata significativamente diversa dalla prima distribuzione di frequenza normalizzata.
TERZA MODALITÀ DI ANALISI DELLA SEQUENZA TEMPORALE DI MISURE DI UN SEGNALE CARATTERISTICO PER DETERMINARE MUTAZIONI NEL SEGUALE CARATTERISTICO STESSO
La terza modalità di analisi della sequenza temporale di misure di un segnale caratteristico prevede di determinare periodicamente, durante la fase di calibrazione, il valore assunto dal segnale caratteristico del sistema in modo da costruire la sequenza temporale di misure di calibrazione e, successivamente, di determinare periodicamente, durante la fase di diagnosi, il valore assunto dal segnale caratteristico del sistema in modo da costruire la sequenza temporale di misure di diagnosi.
Quindi, anche la terza modalità di analisi confronta la sequenza temporale di misure di calibrazione con la sequenza temporale di misure di diagnosi per diagnosticare l'eventuale presenza di mutazioni nel segnale caratteristico .
Analogamente a quanto fatto nella prima modalità di analisi, anche la terza modalità di analisi prevede che l'unità 3 di controllo stabilisca un insieme finito di modelli presenti all'interno della sequenza temporale di misure di calibrazione. Tuttavia, una volta stabiliti i modelli l'unità 3 di controllo determina all'interno della sequenza temporale di misure di calibrazione una prima matrice di transizione normalizzata dei modelli che indica per ciascun modello la frequenza di transizione verso tutti i modelli compreso sé stesso (ovvero la matrice di transizione fornisce per ciascun modello quante volte il modello stesso è seguito, dopo un numero di passi k, inizialmente impostato dall'utente, da sé stesso e dagli altri modelli). Analogamente, l'unità 3 di controllo determina all'interno della sequenza temporale di misure di diagnosi una seconda matrice di transizione normalizzata dei modelli che indica per ciascun modello la frequenza di transizione verso tutti i modelli compreso sé stesso. Quindi, l'unità 3 di controllo confronta la prima matrice di transizione normalizzata con la seconda matrice di transizione normalizzata e diagnostica la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico se la seconda matrice di transizione normalizzata è significativamente diversa dalla prima matrice di transizione normalizzata.
Secondo una possibile forma di attuazione, l'unità 3 di controllo determina per ciascuna transizione la differenza di frequenza tra la prima matrice di transizione normalizzata e la seconda matrice di transizione normalizzata e quindi diagnostica la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico in funzione della differenza di frequenza (ad esempio diagnostica la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico se la differenza di frequenza massima è superiore ad un corrispondente valore di soglia).
Secondo una alternativa forma di attuazione, l'unità 3 di controllo determina il numero di nuove transizioni, ovvero il numero di transizioni aventi frequenza non nulla nella seconda matrice di transizione normalizzata e frequenza nulla nella prima matrice di transizione normalizzata; quindi, l'unità 3 di controllo diagnostica la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico in funzione del numero di nuove transizioni (ad esempio se il numero di nuove transizioni è superiore ad un corrispondente valore di soglia).
Nella terza modalità di analisi della sequenza temporale di misure, preferibilmente ciascun modello viene determinato assegnando al modello stesso un valore discreto che può venire assunto dal segnale caratteristico; in altre parole, il modello coincide con un valore discreto che può venire assunto dal segnale caratteristico. Di conseguenza, l'unità 3 di controllo identifica ciascuna misura con il modello avente il valore discreto più prossimo alla misura. Secondo una possibile ed alternativa forma di attuazione, l'unità 3 di controllo suddivide ciascuna sequenza temporale di misure (sia di calibrazione, sia di diagnosi) in finestre temporali di pari durata (ciascuna delle quali comprende generalmente più misure) e quindi determina ciascun modello assegnando al modello stesso un corrispondente andamento temporale del segnale caratteristico o di un suo valore sintetico all'interno di una finestra.
Anche nella seconda modalità di analisi, l'unità 3 di controllo può eseguire una diversa analisi sulla sequenza temporale di misure di diagnosi che permette di determinare (oltre alla eventuale presenza di mutazioni nel segnale caratteristico come descritto in precedenza) in quali momenti è maggiormente probabile che si siano verificate le mutazioni. In particolare, l'unità 3 di controllo suddivide la sequenza temporale di misure di diagnosi in finestre temporali di pari durata, determina all'interno di ciascuna finestra della sequenza temporale di misure di diagnosi una corrispondente terza matrice di transizione normalizzata dei modelli che indica per ciascun modello la frequenza di transizione verso tutti i modelli compreso sé stesso, confronta la prima matrice di transizione normalizzata con la terza matrice di transizione normalizzata di ciascuna finestra, ed identifica come finestre potenzialmente da indagare le finestre aventi una corrispondente terza matrice di transizione significativamente diversa dalla prima matrice di transizione normalizzata.
Secondo una possibile forma di attuazione, l'unità 3 di controllo può ordinare le finestre in funzione della differenza tra la corrispondente terza matrice di transizione normalizzata di ciascuna finestra e la prima matrice di transizione normalizzata.
Secondo una possibile forma di attuazione, l'unità 3 di controllo determina nella terza matrice di transizione normalizzata di ciascuna finestra il numero assoluto di nuove transizioni, ovvero il numero di transizioni aventi frequenza non nulla nella terza matrice di transizione normalizzata e frequenza nulla nella prima matrice di transizione normalizzata, ed identifica come finestre potenzialmente da indagare le finestre aventi il corrispondente numero di nuove transizioni più grande; secondo una alternativa forma di attuazione, l'unità 3 di controllo determina nella terza matrice di transizione normalizzata di ciascuna finestra il numero relativo di nuove transizioni, ovvero il rapporto tra il numero assoluto di nuove transizioni ed il numero complessivo di transizioni in ciascuna finestra, ed identifica come finestre potenzialmente da indagare le finestre aventi il corrispondente numero relativo di nuove transizioni più grande. Secondo una ulteriore forma di attuazione, l'unità 3 di controllo determina nella terza matrice di transizione normalizzata di ciascuna finestra la differenza massima tra la prima matrice di transizione e la terza matrice di transizione, ed identifica come finestre potenzialmente da indagare le finestre aventi la corrispondente differenza massima più grande.
Secondo una possibile forma di attuazione, la fase di calibrazione e la fase di diagnosi sono ben distinte, ovvero avvengono in momenti e situazioni diverse; ad esempio, la fase di calibrazione viene eseguita in un ambiente e/o in condizioni protetti prima di consegnare il sistema 1 all'utilizzatore finale mentre la fase di diagnosi avviene sempre durante il normale funzionamento del sistema 1. L'esecuzione della fase di calibrazione prima di consegnare il sistema 1 all'utilizzatore finale è generalmente possibile con sistemi 1 relativamente piccoli e di costo unitario non troppo elevato (ad esempio un motore per un veicolo, un veicolo...), in cui un singolo sistema 1 è "sacrificabile " per prove e misure e per cui esista la possibilità di effettuare registrazioni delle misure dei sensori durante il funzionamento nominale del sistema 1; tuttavia, l'esecuzione della fase di calibrazione prima di consegnare il sistema 1 all'utilizzatore finale non è sempre possibile in quanto spesso il sistema non può essere messo in funzione per prove e misure specifiche o non si è in grado di individuare con sufficiente affidabilità un intervallo di tempo in cui il comportamento del sistema possa essere considerato nominale, ovvero adatto per la calibrazione.
Quando la fase di calibrazione non è separabile dalla fase di diagnosi (cioè quando non è possibile fare funzionare il sistema 1 solo per eseguire delle prove e delle misure), anche la fase di calibrazione viene eseguita durante il normale funzionamento del sistema 1: appena inizia il normale funzionamento del sistema 1 le prime misure vengono utilizzate per costruire la sequenza temporale di misure di calibrazione e quando la costruzione della sequenza temporale di misure di calibrazione è completa inizia subito (senza sostanziale interruzione di continuità) la costruzione della sequenza temporale di misure di diagnosi; in altre parole, la sequenza temporale di misure di diagnosi è una continuazione senza soluzione di continuità della sequenza temporale di misure di calibrazione. In questo caso, preferibilmente, il termine della sequenza temporale di misure di calibrazione (cioè quando la sequenza temporale di misure di calibrazione è completa) viene stabilito in modo dinamico (cioè il termine non è noto a priori, ma viene deciso mano a mano che la sequenza temporale di misure di diagnosi viene costruita). In particolare, la costruzione della sequenza temporale di misure di calibrazione viene terminata quando le frequenze di transizione della prima matrice di transizione normalizzata sono stabili (cioè la loro variazione aggiungendo un numero significativo di nuove misure alla sequenza temporale di misure di diagnosi è inferiore ad una corrispondente soglia) .
Ovviamente, la costruzione della sequenza temporale di misure di calibrazione deve venire fatta quando il sistema 1 è ''nuovo" (cioè privo di guasti e di usure significative) e deve venire sospesa se viene segnalato un guasto.
MODALITÀ DI ANALISI DELLA SEQUENZA TEMPORALE DI MISURE DI DUE SEGNALI CARATTERISTICI PER DETERMINARE MUTAZIONI NEI SEGUALI CARATTERISTICI STESSI
Nelle modalità di analisi descritte in precedenza, viene sempre considerato un unico segnale caratteristico del sistema 1 alla volta. Secondo una diversa modalità di analisi vengono considerati due segnali caratteristici del sistema 1 che sono tra loro in relazione di causa-effetto (un secondo segnale caratteristico del sistema è in relazione di causa-effetto con un primo segnale quando una variazione del primo segnale determina anche una corrispondente variazione del secondo segnale).
Questa modalità di analisi prevede che l'unità 3 di controllo determini periodicamente il valore assunto dal primo segnale caratteristico del sistema in modo da costruire una prima sequenza temporale di misure e determini periodicamente il valore assunto dal secondo segnale caratteristico del sistema in modo da costruire una seconda sequenza temporale di misure. Quindi, l'unità 3 di controllo determina l'eventuale presenza di deviazioni rispetto allo standard sia nella prima sequenza temporale di misura, sia nella seconda sequenza temporale di misure. Infine, l'unità 3 di controllo diagnostica la presenza di mutazioni in almeno uno dei due segnali caratteristici solo se viene determinata una deviazione rispetto allo standard nella seconda sequenza temporale di misure e non viene determinata una deviazione rispetto allo standard nella prima sequenza temporale di misure.
L'unità 3 di controllo diagnostica una condizione normale dei due segnali caratteristici se non viene determinata una deviazione rispetto allo standard né nella prima sequenza temporale di misure, né nella seconda sequenza temporale di misure. L'unità 3 di controllo diagnostica una condizione di attesa di sviluppi se viene determinata una deviazione rispetto allo standard nella prima sequenza temporale di misure e non viene determinata una deviazione rispetto allo standard nella seconda sequenza temporale di misure. L'unità 3 di controllo diagnostica una condizione di nuovo stato se viene determinata una deviazione rispetto allo standard sia nella prima sequenza temporale di misure, sia nella seconda sequenza temporale di misure.
Per ciascuno dei due segnali caratteristici del sistema 1 (ovvero per il primo segnale caratteristico del sistema 1 e per il secondo segnale caratteristico del sistema), la determinazione di eventuali deviazioni rispetto allo standard in una sequenza temporale di misure può avvenire secondo una qualsiasi delle tre modalità di analisi sopra descritte. Di conseguenza, per ciascuno dei due segnali caratteristici del sistema 1, l'unità 3 di controllo determina periodicamente, durante una fase di calibrazione, il valore assunto dal corrispondente segnale caratteristico in modo da costruire una sequenza temporale di misure di calibrazione, determina periodicamente, durante una fase di diagnosi, il valore assunto dal corrispondente segnale caratteristico in modo da costruire una sequenza temporale di misure di diagnosi, e confronta la sequenza temporale di misure di calibrazione con la sequenza temporale di misure di diagnosi per diagnosticare la presenza di deviazioni rispetto allo standard.
PRIMA MODALITÀ DI ANALISI DELLA SEQUENZA TEMPORALE DI MISURE DI DUE SEGNALI CARATTERISTICI PER DETERMINARE UNA EVENTUALE CORRELAZIONE DI CAUSA-EFFETTO
La correlazione di causa-effetto tra due segnali caratteristici del sistema 1 può venire determinata "a priori" (ovvero "a tavolino ") mediante una analisi della struttura fisica del sistema 1 stesso, oppure può anche venire determinata ”a posteriori" mediante una analisi delle sequenze temporali di misure dei segnali caratteristici del sistema 1.
La conoscenza di correlazioni di causa-effetto tra due segnali caratteristici del sistema 1 è necessaria per potere applicare la sopra descritta modalità di analisi della sequenza temporale di misure di due segnali caratteristici per determinare mutazioni nei segnali caratteristici stessi. Inoltre, la conoscenza di correlazioni di causa-effetto tra due segnali caratteristici del sistema 1 è utile all'addetto (umano e/o automatizzato) alla manutenzione che dovendo valutare una possibile anomalia su un certo segnale caratteristico del sistema 1 può trovare aiuto (ovvero conferma o meno della presenza dell'anomalia) nel guardare altri segnali caratteristici del sistema 1 correlati al segnale caratteristico del sistema 1 sotto esame.
Per determinare "a posteriori" correlazioni di causaeffetto tra due segnali caratteristici del sistema 1, l'unità 3 di controllo verifica per ciascun segnale caratteristico del sistema 1 se il segnale caratteristico stesso può essere in relazione di causa-effetto con ciascuno di tutti gli altri segnali caratteristici del sistema 1; questo tipo di verifica comporta un onere computazionale elevato in quanto ciascun segnale caratteristico viene messo in relazione con tutti gli altri segnali caratteristici. Per ridurre l'onere computazionale, l'unità 3 di controllo potrebbe verificare se ciascun segnale caratteristico del sistema 1 che presenta deviazioni rispetto allo standard (cioè per il quale sono state rilevate delle mutazioni secondo una delle modalità sopra descritte) può essere in relazione di causa-effetto con ciascuno di tutti gli altri segnali caratteristici del sistema 1; in questo modo, la relazione di causa-effetto non viene verificata per tutti i segnali caratteristici del sistema 1, ma solo per i segnali caratteristici del sistema 1 che presentano deviazioni rispetto allo standard.
Secondo una possibile forma di attuazione, l'unità 3 di controllo assegna a ciascuna possibile coppia di segnali caratteristici del sistema 1 un giudizio sulla corrispondente relazione di causa-effetto; il giudizio può essere numerico (ad esempio sulla scala 0-100) oppure può essere qualitativo (ad esempio correlazione forte, media o debole).
Per verificare se due segnali caratteristici del sistema 1 sono tra loro in relazione di causa-effetto, l'unità 3 di controllo determina periodicamente, durante la stessa fase di diagnosi, il valore assunto da un primo segnale caratteristico del sistema 1 (''causa") in modo da costruire una prima sequenza temporale di misure ed il valore assunto da un secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") in modo da costruire una seconda sequenza temporale di misure. Quindi, l'unità 3 di controllo stabilisce se il secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") è in relazione di causa-effetto con il primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa"), ovvero se una variazione del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") determina anche una corrispondente variazione del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto"), confrontando la prima sequenza temporale di misure con la seconda sequenza temporale di misure. In particolare l'unità 3 di controllo stabilisce che il secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") è in relazione di causa-effetto con il primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") se, per un numero di volte in percentuale superiore ad una soglia ThNECdi frequenza, una variazione del primo segnale caratteristico del sistema 1 ('"causa") è seguita da una variazione del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ('"effetto") con uno stesso ritardo TLAGdi tempo tra la variazione del primo segnale caratteristico del sistema 1 ('"causa") e la variazione del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") .
L'unità 3 di controllo stabilisce che il secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto) è in relazione di causa-effetto con il primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") se è verificata la seguente equazione:
NVE NVCTTT<≥ ThNEC>
NVE numero totale di variazioni del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") che avvengono tra variazioni consecutive del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa"), dove solo la prima delle variazioni del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") viene conteggiata tra due variazioni consecutive del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa");
NVCTOTnumero totale di variazioni del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa"); ThNEc soglia di frequenza espressa in percentuale. Inoltre, l'unità 3 di controllo stabilisce che il secondo segnale caratteristico del sistema 1 (''effetto) è in relazione di causa-effetto con il primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") se è verificata anche la seguente equazione:
NVE
——^ > ThNEC
NVhTOT
NVE numero totale di variazioni del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") che avvengono tra variazioni consecutive del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa"), dove solo la prima delle variazioni del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") viene conteggiata tra due variazioni consecutive del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa");
NVETOTnumero totale di variazioni del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto");
ThNEc soglia di frequenza espressa in percentuale. Ed infine, l'unità 3 di controllo stabilisce che il secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto) è in relazione di causa-effetto con il primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") se, per un numero di volte in percentuale superiore alla soglia ThNECdi frequenza, è verificata anche la seguente equazione:
<T>LAG<—>ThTIME< tEFF— tCAU< TLAG+ ThTIMp
TLAGritardo di tempo tra una variazione del primo segnale caratteristico del sistema 1 (''causa") ed una successiva variazione del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto");
ThTIMEsoglia di tempo;
tCAu istante di tempo in cui è avvenuta una variazione del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa").
tEFF istante di tempo in cui è avvenuta una variazione del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") a seguito della variazione del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") avvenuta al tempo
tCAU*
Secondo una preferita forma di attuazione, il ritardo TLAGdi tempo viene stabilito pari al ritardo di tempo più ricorrente tra una variazione del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") ed una successiva variazione del secondo segnale caratteristico del sistema 1
("effetto"). Di conseguenza, il ritardo TLAGdi tempo può venire calcolato come moda tra tutti 1 ritardi di tempo tra una variazione del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") ed una successiva variazione del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto"). In statistica, la moda o norma è il valore che compare più frequentemente (cioè il valore che in una serie di dati compare più volte e, di conseguenza, ha maggiore frequenza), quindi la moda tra tutti i ritardi di tempo tra una variazione del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") ed una successiva variazione del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") è il ritardo di tempo che compare più frequentemente.
Secondo una possibile forma di attuazione, l'unità 3 di controllo determina periodicamente, durante una fase di calibrazione, il valore assunto da una pluralità di segnali caratteristici del sistema 1 in modo da costruire una corrispondente pluralità di sequenze temporali di misure di calibrazione; successivamente, l'unità 3 di controllo determina periodicamente, durante una fase di diagnosi, il valore assunto dalla pluralità di segnali caratteristici del sistema 1 in modo da costruire una corrispondente pluralità di sequenze temporali di misure di diagnosi, A questo punto, l'unità 3 di controllo confronta ciascuna prima sequenza temporale di misure con la corrispondente seconda sequenza temporale di misure per diagnosticare l'eventuale presenza di deviazioni rispetto allo standard per ciascun segnale caratteristico del sistema 1 generando un segnale diagnostico che assume valore "0" in assenza di deviazioni rispetto allo standard e valore ”1" in presenza di deviazioni rispetto allo standard. Infine, l'unità 3 di controllo verifica per ciascun segnale diagnostico relativo a tutti gli altri segnali caratteristici del sistema 1 se esso può essere in relazione di causa-effetto con ciascuno di tutti gli altri segnali diagnostici relativi a tutti gli altri segnali caratteristici del sistema 1; anche in questo caso l'unità 3 di controllo preferibilmente assegna a ciascuna possibile coppia di segnali diagnostici relativi ai segnali caratteristici del sistema 1 un giudizio sulla corrispondente relazione di causa-effetto.
SECONDA MODALITÀ DI ANALISI DELLA SEQUENZA TEMPORALE DI MISURE DI DUE SEGNALI CARATTERISTICI PER DETERMINARE UNA EVENTUALE CORRELAZIONE DI CAUSA-EFFETTO
In alternativa alla sopra descritta prima modalità di analisi della sequenza temporale di misure di due segnali caratteristici del sistema 1 per determinare una eventuale correlazione di causa-effetto, è possibile utilizzare una seconda modalità di analisi che presenta alcune differenza.
Anche operando in accordo con la seconda modalità di analisi, l'unità 3 di controllo determina periodicamente, durante una stessa fase di diagnosi, il valore assunto da un primo segnale caratteristico del sistema 1 (''causa") in modo da costruire una prima sequenza temporale di misure, ed il valore assunto da un secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") in modo da costruire una seconda sequenza temporale di misure. Quindi, l'unità 3 di controllo stabilisce se il secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") è in relazione di causa-effetto con il primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa"), ovvero se una variazione del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") determina anche una corrispondente variazione del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto"), confrontando la prima sequenza temporale di misure con la seconda sequenza temporale di misure. Quindi l'unità 3 di controllo stabilisce che il secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") è in relazione di causa-effetto con il primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") se, per un numero di volte in percentuale superiore ad una soglia (ThfjEc) di frequenza, una variazione del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") è seguita da una variazione del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") entro uno stesso ritardo TÌLTLAGdi tempo tra la variazione del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") e la variazione del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto").
L'unità 3 di controllo stabilisce che il secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") è in relazione di causa-effetto con il primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") se è verificata la seguente equazione :
NVET NVC ≥ ThNECT0T
NVET numero totale di variazioni del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ('"effetto") che avvengono entro lo stesso ritardo (TIITLAG) di tempo tra variazioni consecutive del primo segnale caratteristico del sistema 1 ('"causa"), dove solo la prima delle variazioni del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ('"effetto") viene conteggiata tra due variazioni consecutive del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa");
NVCTOTnumero totale di variazioni del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa");
ThHECsoglia di frequenza espressa in percentuale. Inoltre, l'unità 3 di controllo stabilisce che il secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto) è in relazione di causa-effetto con il primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") se è verificata la seguente equazione:
NVET
NVÈ^T<≥ ThNEC>
NVET numero totale di variazioni del secondo segnale caratteristico del sistema 1 (''effetto") che avvengono entro lo stesso ritardo (TILTLAG) di tempo tra variazioni consecutive del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa"), dove solo la prima delle variazioni del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") viene conteggiata tra due variazioni consecutive del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa");
N VETOTnumero totale di variazioni del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") ;
T13⁄4!EC soglia di frequenza espressa in percentuale. Infine, l'unità 3 di controllo stabilisce che il secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") è in relazione di causa-effetto con il primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") se, per un numero di volte in percentuale superiore alla soglia di frequenza, è verificata la seguente equazione;
<L>EFF<—>tcAU≤ ThTLAG
tCAU istante di tempo in cui è avvenuta una variazione del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa");
tEFF istante di tempo in cui è avvenuta una variazione del secondo segnale caratteristico del sistema 1 ("effetto") a seguito della variazione del primo segnale caratteristico del sistema 1 ("causa") avvenuta al tempo
tCAI!/
ThTLAGritardo di tempo.
Secondo una preferita forma di attuazione, per valutare l'esistenza della relazione di causa-effetto vengono considerate tutte le variazioni del primo segnale caratteristico del sistema 1 e tutte le variazioni del secondo segnale caratteristico del sistema 1; in altre parole, per valutare l'esistenza della relazione di causaeffetto non viene scartata alcuna variazione del primo segnale caratteristico del sistema 1 o del secondo segnale caratteristico del sistema 1. Secondo una alternativa forma di attuazione, per valutare l'esistenza della relazione di causa-effetto, vengono considerate tutte le variazioni del primo segnale caratteristico del sistema 1 e solo le variazioni del secondo segnale caratteristico del sistema 1 che portano il secondo segnale caratteristico del sistema 1 stesso ad assumere uno stesso valore predeterminato; in altre parole, vengono scartate (ovvero ignorate come se non esistessero) le variazioni del secondo segnale caratteristico del sistema 1 che portano il secondo segnale caratteristico del sistema 1 stesso ad assumere un valore diverso dal valore predeterminato. Ad esempio se il valore predeterminato fosse pari a "2", verrebbero considerate solo le variazioni del secondo segnale caratteristico del sistema 1 che portano il secondo segnale caratteristico del sistema 1 stesso ad assumere il valore "2" (cioè le variazioni per le quali alla fine della variazione il secondo segnale caratteristico del sistema 1 assume il valore "2").
Secondo una possibile forma di attuazione, l'unità 3 di controllo determina periodicamente, durante una fase di calibrazione, il valore assunto da una pluralità di segnali caratteristici del sistema 1 in modo da costruire una corrispondente pluralità di sequenze temporali di misure di calibrazione; successivamente, l'unità 3 di controllo determina periodicamente, durante una fase di diagnosi, il valore assunto dalla pluralità di segnali caratteristici del sistema 1 in modo da costruire una corrispondente pluralità di sequenze temporali di misure di diagnosi. A questo punto, l'unità 3 di controllo confronta ciascuna prima sequenza temporale di misure con la corrispondente seconda sequenza temporale di misure per diagnosticare l'eventuale presenza di deviazioni rispetto allo standard per ciascun segnale caratteristico del sistema 1 generando un segnale diagnostico che assume valore "0" in assenza di deviazioni rispetto allo standard e valore "1" in presenza di deviazioni rispetto allo standard. Infine, l'unità 3 di controllo verifica per ciascun segnale diagnostico relativo a tutti gli altri segnali caratteristici del sistema 1 se esso può essere in relazione di causa-effetto con ciascuno di tutti gli altri segnali diagnostici relativi a tutti gli altri segnali caratteristici del sistema 1; anche in questo caso l'unità 3 di controllo preferibilmente assegna a ciascuna possibile coppia di segnali diagnostici relativi ai segnali caratteristici del sistema 1 un giudizio sulla corrispondente relazione di causa-effetto.
CONSIDERAZIONI FINALI
Il sistema 1 può essere di qualsiasi tipo; a solo titolo di esempio, il sistema 1 può essere un motore di un veicolo, un veicolo (terrestre, navale, o aereo), un impianto produttivo, una centrale di produzione di energia elettrica, un satellite artificiale in orbita attorno alla terra, o addirittura un essere vivente animale (tipicamente una persona) o vegetale (ad esempio una piantagione).
I metodi di analisi sopra descritti presentano numerosi vantaggi.
I metodi di analisi sopra descritti sono in grado di analizzare i dati e automaticamente estrarre conoscenza ed in particolare possono individuare nuovi (forse anomali) comportamenti dei parametri monitorati (rilevamento novità) oppure possono individuare relazioni di causa / effetto tra parametri o anomalie (interpretazione comportamento). I tecnici specializzati che analizzano i dati provenienti dal campo possono quindi concentrare l'attenzione su un insieme di dati più ristretto e decidere sul significato del diverso comportamento rilevato, per evitare guasti gravi e/o per migliorare le prestazioni del sistema 1.
In primo luogo, i metodi di analisi sopra descritti permettono di eseguire una diagnosi preventiva di un sistema 1 complesso in modo efficace (cioè individuando i problemi) ed efficiente (cioè una percentuale di segnalazioni errate molto bassa) anche in presenza di molti sensori (decine, centinaia o addirittura migliaia).
Inoltre, i metodi di analisi sopra descritti sono particolarmente semplici ed economici da implementare, in quanto richiedo una potenza di calcolo ed una capacità di immagazzinamento di dati relativamente modeste.

Claims (7)

  1. R IV E N D IC A Z IO N I 1) Metodo di analisi di una sequenza temporale di misure di un segnale caratteristico di un sistema (1) per la diagnosi preventiva del sistema (1) stesso; il metodo di analisi comprende le fasi di; determinare periodicamente, durante una fase di calibrazione, il valore assunto dal segnale caratteristico del sistema (1) in modo da costruire una sequenza temporale di misure di calibrazione; determinare periodicamente, durante una fase di diagnosi, il valore assunto dal segnale caratteristico del sistema (1) in modo da costruire una sequenza temporale di misure di diagnosi; e confrontare la sequenza temporale di misure di calibrazione con la sequenza temporale di misure di diagnosi per diagnosticare l'eventuale presenza di mutazioni nel segnale caratteristico; il metodo di analisi è caratterizzato dal fatto di comprendere le ulteriori fasi di: stabilire un insieme finito di modelli presenti all'interno della sequenza temporale di misure di calibrazione; determinare all'interno della sequenza temporale di misure di calibrazione una prima matrice di transizione normalizzata dei modelli che indica per ciascun modello la frequenza di transizione verso tutti i modelli compreso sé stesso; determinare all'interno della sequenza temporale di misure di diagnosi una seconda matrice di transizione normalizzata dei modelli che indica per ciascun modello la frequenza di transizione verso tutti i modelli compreso sé stesso; confrontare la prima matrice di transizione normalizzata con la seconda matrice di transizione normalizzata; e diagnosticare la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico se la seconda matrice di transizione normalizzata è significativamente diversa dalla prima matrice di transizione normalizzata.
  2. 2) Metodo di analisi secondo la rivendicazione 1 e comprendente le ulteriori fasi di: determinare per ciascuna transizione la differenza di frequenza tra la prima matrice di transizione normalizzata e la seconda matrice di transizione normalizzata; e diagnosticare la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico in funzione della differenza di frequenza.
  3. 3) Metodo di analisi secondo la rivendicazione 2 e comprendente l'ulteriore fase di diagnosticare la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico se la differenza di frequenza massima è superiore ad un primo valore di soglia.
  4. 4) Metodo di analisi secondo la rivendicazione 1 e comprendente le ulteriori fasi di: determinare il numero di nuove transizioni, ovvero il numero di transizioni aventi frequenza non nulla nella seconda matrice di transizione normalizzata e frequenza nulla nella prima matrice di transizione normalizzata; e diagnosticare la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico in funzione del numero di nuove transizioni.
  5. 5) Metodo di analisi secondo la rivendicazione 4 e comprendente l'ulteriore fase di diagnosticare la presenza di mutazioni nel segnale caratteristico se il numero di nuove transizioni è superiore ad un secondo valore di soglia.
  6. 6) Metodo di analisi secondo una delle rivendicazioni da 1 a 5 e comprendente le ulteriori fasi di: suddividere ciascuna sequenza temporale di misure in finestre temporali di pari durata; determinare ciascun modello assegnando al modello stesso un corrispondente andamento temporale del segnale caratteristico o di almeno un suo valore sintetico all'interno di una finestra; ed identificare ciascuna finestra con il modello avente l'andamento temporale o il valore sintetico più simile all'andamento temporale o al valore sintetico del segnale caratteristico all'interno della finestra stessa.
  7. 7) Metodo di analisi secondo la rivendicazione 6, in cui l'andamento temporale di un modello è tanto più simile all'andamento temporale del segnale caratteristico all'interno di una finestra quanto minore è la loro differenza punto a punto, 8) Metodo di analisi secondo una delle rivendicazioni da 1 a 5 e comprendente le ulteriori fasi di: determinare ciascun modello assegnando al modello stesso un valore discreto che può venire assunto dal segnale caratteristico del sistema (1); ed identificare ciascuna misura con il modello avente il valore discreto più prossimo alla misura. 9) Metodo di analisi secondo la rivendicazione 8, in cui i valori discreti dei modelli presentano una distribuzione non uniforme per essere più concentrati dove la sequenza temporale di misure di calibrazione presenta un maggior numero di valori. 10) Metodo di analisi secondo una delle rivendicazioni da 1 a 9, in cui la sequenza temporale di misure di diagnosi è una continuazione senza soluzione di continuità della sequenza temporale di misure di calibrazione. 11) Metodo di analisi secondo una delle rivendicazioni da 1 a 10 e comprendente l'ulteriore fase di stabilire in modo dinamico il termine della sequenza temporale di misure di calibrazione. 12) Metodo di analisi secondo una delle rivendicazioni da 1 a 11 e comprendente l'ulteriore fase di terminare la sequenza temporale di misure di calibrazione quando le frequenze di transizione della prima matrice di transizione normalizzata sono stabili. 13) Metodo di analisi secondo una delle rivendicazioni da 1 a 12 e comprendente le ulteriori fasi di: suddividere la sequenza temporale di misure di diagnosi in finestre temporali di pari durata; determinare all'interno di ciascuna finestra della sequenza temporale di misure di diagnosi una corrispondente terza matrice di transizione normalizzata dei modelli che indica per ciascun modello la frequenza di transizione verso tutti i modelli compreso sé stesso; confrontare la prima matrice di transizione normalizzata con la terza matrice di transizione normalizzata di ciascuna finestra; ed identificare come finestre potenzialmente da indagare le finestre aventi una corrispondente terza matrice di transizione significativamente diversa dalla prima matrice di transizione normalizzata. 14) Metodo di analisi secondo la rivendicazione 13 e comprendente l'ulteriore fase di ordinare le finestre in funzione della differenza tra la corrispondente terza matrice di transizione normalizzata di ciascuna finestra e la prima matrice di transizione normalizzata. 15) Metodo di analisi secondo la rivendicazione 13 o 14 e comprendente le ulteriori fasi di: determinare nella terza matrice di transizione normalizzata di ciascuna finestra il numero assoluto di nuove transizioni, ovvero il numero di transizioni aventi frequenza non nulla nella terza matrice di transizione normalizzata e frequenza nulla nella prima matrice di transizione normalizzata; ed identificare come finestre potenzialmente da indagare le finestre aventi il corrispondente numero di nuove transizioni più grande. 16) Metodo di analisi secondo la rivendicazione 13 o 14 e comprendente le ulteriori fasi di: determinare nella terza matrice di transizione normalizzata di ciascuna finestra il numero assoluto di nuove transizioni, ovvero il numero di transizioni aventi frequenza non nulla nella terza matrice di transizione normalizzata e frequenza nulla nella prima matrice di transizione normalizzata; determinare nella terza matrice di transizione normalizzata di ciascuna finestra il numero relativo di nuove transizioni, ovvero il rapporto tra il numero assoluto di nuove transizioni ed il numero complessivo di transizioni in ciascuna finestra; ed identificare come finestre potenzialmente da indagare le finestre aventi il corrispondente numero relativo di nuove transizioni più grande. 17) Metodo di analisi secondo la rivendicazione 13 o 14 e comprendente le ulteriori fasi di; determinare nella terza matrice di transizione normalizzata di ciascuna finestra la differenza massima tra la prima matrice di transizione e la terza matrice di transizione; ed identificare come finestre potenzialmente da indagare le finestre aventi la corrispondente differenza massima più grande.
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