ITTO20010858A1 - Metodo per la valutazione di valori di campo elettromagnetico generato da una stazione radio base in un ambiente urbano. - Google Patents
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Description
Descrizione dell'invenzione avente per titolo:
"Metodo per la valutazione dei valori di campo elettromagnetico generato da una stazione radio base in ambiente urbano "
Riassunto
Il metodo per la valutazione dei valori di campo elettromagnetico generato da una stazione radio base in ambiente urbano fa uso di algoritmi di ray-tracer per il calcolo dei percorsi ottici e le relazioni di visibilità tra i vari oggetti presenti neH’ambiente. Per accelerare i calcoli utilizza tecniche grafiche che consentono sia la riduzione della profondità dell'albero di visibilità tra trasmettitore e ricevitore, sia la semplificazione del test di visibilità per la determinazione dei percorsi ottici. (Fig. 4).
Testo della descrizione
La presente invenzione si riferisce ai mezzi per la pianificazione di sistemi di telecomunicazioni su portanti radio ed in particolare riguarda un metodo per la valutazione dei valori di campo elettromagnetico generato da una stazione radio base in ambiente urbano.
La valutazione puntuale dei livelli di campo elettromagnetico in prossimità di stazioni radio base al fine di verificare il rispetto dei limiti di legge, rappresenta oggi un aspetto fondamentale nella progettazione della rete radio mobile. Poiché la misurazione in sito dei livelli di campo elettromagnetico è spesso proibitiva in termini di costo ed è inoltre poco selettiva nella valutazione dei contributi irradianti, è sempre più frequente l'utilizzo di strumenti software per la stima dei livelli di campo.
Purtroppo la complessità degli ambienti urbani rende impraticabile la risoluzione del problema attraverso calcoli teorici basati sulle equazioni di Maxwell.
Per questa ragione, vista anche l'approssimazione nella descrizione degli edifici che costituiscono l'ambiente in esame, si ricorre a metodi che approssimano il campo elettromagnetico come somma di contributi di raggi riflessi e diffratti che si propagano in linea retta dalla sorgente.
Un applicativo di valutazione del campo elettromagnetico, come per esempio quello descritto in
opera in generale nel modo seguente: partendo da un data base contenente la mappa vettoriale dell’edificato e da un data base delle sorgenti irradianti, calcola i percorsi ottici del segnale che raggiunge una regione generica dell'ambiente urbano. In seguito, utilizzando i percorsi ottici calcolati tramite modelli di calcolo numerico, è possibile ottenere i valori del campo elettromagnetico da cui può essere effettuata la valutazione di impatto ambientale che sta alla base del progetto di una rete cellulare.
In ambiente urbano il calcolo dei percorsi ottici è la parte preponderante dell'applicativo per quanto riguarda i tempi di calcolo. Infatti, la complessità dell'algoritmo è tale che, anche per analisi di piccole regioni dell'ordine di centinaia di metri, i tempi risultano proibitivi con gli strumenti di calcolo attuali, se non si ricorre a procedimenti di ottimizzazione. Per questa ragione sono state sviluppate diverse tecniche che, introducendo opportune approssimazioni, rendono possibili tali tipi di calcolo in tempi ragionevoli. Esse possono essere suddivise in due categorie denominate:
- algoritmi di forward ray-tracer;
- algoritmi di backward ray-tracer.
Negli algoritmi di forward ray-tracer si considera un numero finito di raggi che vengono irradiati in maniera isotropa dal trasmettitore, e se ne segue la loro propagazione nello spazio tenendo conto delle possibili riflessioni e diffrazioni con gli elementi deH’ambiente. Per stabilire se un raggio raggiunge il ricevitore si considera quest'ultimo situato al centro di una sfera, costituente il volume di cattura, e si valuta se il raggio la interseca. Questo tipo di algoritmo è adatto allo studio della propagazione in un ambiente bidimensionale, mentre in quello tridimensionale è poco efficiente visto il numero elevato di raggi che devono essere irradiati in maniera isotropa nell'angolo solido, indipendentemente dalla direzione in cui vi sono oggetti che possono interagire. Ciò comporta un gran numero di calcoli non necessari.
Diversamente da questi, gli algoritmi di backward ray-tracer calcolano quali sono i raggi che collegano una sorgente di trasmissione con un punto di ricezione, tenendo conto dei raggi che, nel loro cammino, possono essere riflessi e diffratti anche un numero elevato di volte.
In un algoritmo di ray-tracer l’aspetto più pesante dal punto di vista dei tempi di calcolo è il “test di visibilità” tra sorgente e ricevitore, cioè la verifica che non esistano ostacoli che si frappongono e che possono interrompere i raggi. Per svolgere tale test, gli algoritmi più efficienti sono organizzati in modo da effettuare due operazioni principali:
Generazione di una struttura in cui sono memorizzate le relazioni di visibilità tra i vari oggetti in esame, detta “albero di visibilità”;
Calcolo dei percorsi ottici.
La prima operazione costruisce le relazioni di visibilità tra i vari oggetti dell’ambiente urbano in esame. In pratica, definisce quali sono gli oggetti che possono essere raggiunti da un raggio riflesso o diffratto da un altro oggetto. La costruzione dell'albero di visibilità è riconducibile ai problemi di generazione di immagini bidimensionali (2-D) di ambienti tridimensionali (3-D), detta “image synthesis", effettuata mediante elaboratori elettronici. In realtà queste tecniche sono molto raffinate, e per i modelli di propagazione elettromagnetica è sufficiente estrapolarne le parti utili al test di visibilità, come sarà spiegato nel seguito.
La seconda operazione di un algoritmo di ray-tracer consiste nel cercare tutti i possibili cammini ottici tra trasmettitore e ricevitore, sfruttando l’albero di visibilità.
La costruzione dell'albero di visibilità, oggetto della prima operazione, ha una complessità algoritmica che cresce esponenzialmente con il numero delle riflessioni richieste. Per questa ragione, come già accennato, si ricorre a tecniche di elaborazione elettronica delle immagini per accelerare la costruzione e ridurre la complessità dell'albero.
Una prima riduzione del numero delle possibili superfici interagenti con i raggi irradiati dalla sorgente la si ottiene valutando l'angolo formato tra il segmento che unisce la sorgente ad uno dei punti della superficie in esame e la normale a quest'ultima, secondo la tecnica del “back-face culling”, descritta alle pagg. 663-664 del libro “Computer Graphics: Principles and Practice” 2<Λ >edizione, di J. D. Foley e altri. Quando tale angolo supera i novanta gradi la faccia può essere trascurata in quanto è fisicamente impossibile ad un raggio irradiato dalla sorgente avere una riflessione su di essa
Un ulteriore riduzione la si può ottenere individuando le superfici completamente nascoste da altri oggetti. Al fine di valutare ciò, neH’articolo "Efficient ray-tracing technique for three-dimensional analyses of propagation in mobile Communications: application to picocell and microcell scenarios," di M
si presenta una serie di relazioni geometriche per verificare se una superficie ne oscura totalmente un’altra rispetto alla sorgente. L'inconveniente di tale tecnica risiede nel dover definire una gran quantità di relazioni angolari che sono funzione di come le due superfici sono disposte nello spazio (verticale-verticale, verticale-orizzontale, verticale-obliqua, ecc.) e nel dover gestire tutti i casi particolari (superfici che coprono angolarmente la transizione da 0 a 2π).
Per superare tale inconveniente in
acceleration technique using a 3D representation for ray tracer in a urban environment", IEEE Antenna and Propagation Symposium 2000, si suggerisce di utilizzare una rappresentazione prospettica centrata nella sorgente ed implementata tramite le ben note tecniche di elaborazione grafica computerizzata.
Rappresentando le superfici a partire da quelle distanti dalla sorgente, le superfici in primo piano si sovrapporranno alle altre facendole scomparire dall'immagine globale. Le superfici "sopravvissute" saranno quelle considerate dal ray tracer.
Tale tecnica presenta come inconveniente principale quello di introdurre nella rappresentazione prospettica una distorsione dei segmenti, qualora si rappresentino tramite il segmento congiungente gli estremi: si utilizzano infatti delle trasformazioni non lineari e che quindi deformano le superfici.
Il pesante utilizzo poi di funzioni trigonometriche rende particolarmente onerose, in termini computazioniali, le relative elaborazioni.
Ovvia ai suddetti inconvenienti e risolve i problemi tecnici descritti il metodo per la valutazione dei valori di campo elettromagnetico generato da una stazione radio base in ambiente urbano, oggetto della presente invenzione, il quale fornisce una previsione accurata pur richiedendo tempi di elaborazione ridotti da parte dei mezzi di elaborazione dei dati, utilizzati per il calcolo. Ciò è dovuto sia alla riduzione della struttura in cui sono memorizzate le relazioni di visibilità tra i vari oggetti in esame, il cosiddetto albero di visibilità, sia alla semplificazione del test di visibilità per la determinazione dei percorsi ottici.
E' particolare oggetto della presente invenzione un metodo per la valutazione dei valori di campo elettromagnetico generato da una stazione radio base in ambiente urbano, come descritto nella parte caratterizzante della rivendicazione 1 .
Queste ed altre caratteristiche della presente invenzione risulteranno evidenti dalla seguente descrizione di una forma preferita di realizzazione della stessa, data a titolo di esempio non limitativo, e dai disegni annessi in cui:
- la Fig. 1 è una rappresentazione schematica di un ambiente urbano con un trasmettitore, un ricevitore ed alcuni edifici;
- la Fig. 2 è una rappresentazione schematica di un ambiente urbano che illustra la costruzione delle immagini del trasmettitore;
- la Fig. 3 è un esempio di albero di visibilità;
- la Fig. 4 illustra una proiezione secondo una tecnica denominata “z-buffer”; - la Fig. 5 è un esempio di matrici F e Z costruite secondo la tecnica dello zbuffer;
- la Fig. 6 è il diagramma di flusso che descrive il metodo dell'invenzione.
Il metodo di valutazione qui proposto fa uso degli algoritmi di backward ray-tracer, nei quali si tiene conto dei raggi che collegano una sorgente di trasmissione T con un punto di ricezione R, come illustrato nella Fig. 1. In questo caso, il percorso diretto da T a R non è possibile perché è impedito dall’edificio C, mentre sono possibili i percorsi che sfruttano la riflessione sulle superfici degli edifici B, C e D e la diffrazione sullo spigolo dell’edificio A.
Nell’ambiente rappresentato in Fig. 2, la sorgente Tx e il punto di ricezione Rx sono circondati da quattro superfici W-| , W2, W3 e W4. Partendo da Tx, se ne costruisce l’immagine l-1 (W-|) rispetto alla superficie W1 quindi si costruisce l’immagine l2(W3) dell’immagine l-1 (W-|) rispetto alla superficie W3 Quindi si costruisce l’immagine 13^4) dell’immagine l2(W3) rispetto alla superficie W4 e infine si costruisce l’immagine l2(W2) dell’immagine l2(W3) rispetto alla superficie W 2· Partendo a ritroso dal punto di ricezione Rx, si tracciano i raggi verso l’ultima immagine fino al punto di intersezione con la superficie W2, ottenendo il punto di riflessione P-j , quindi da Pi verso la penultima immagine l-1 (W-1) ottenendo P2 , e così via fino a raggiungere la sorgente Tx.
Ogni volta che si traccia un raggio, tra Rx e un punto di riflessione 0 fra due punti di riflessione, occorre verificare che non esistano ostacoli che si frappongono e che possono interrompere il raggio, cioè occorre effettuare il test di visibilità, che, come si è detto, comporta una mole notevole di calcoli se si vuole tener conto di tutti i possibili ostacoli.
Per effettuare il test occorre costruire quello che è stato definito albero di visibilità. Una tipica struttura dell’albero di visibilità tra Tx e Rx è riportata in Fig. 3. Ai fini di maggior comprensione, essa è stata sviluppata fino alla terza riflessione solo per i cammini illustrati nell’ambiente di Fig. 2. In particolare, le immagini I1(Wn) sono associate alla prima riflessione, le immagini l2(Wn) sono associate alla seconda riflessione e le immagini l3(Wn) sono associate alla terza riflessione. Ciascun nodo contiene le coordinate dell’immagine e un riferimento della superficie che l’ha generata.
Come si è detto sopra, la generazione dell’albero di visibilità presenta grande complessità; infatti, il numero di immagini da calcolare per n riflessioni è N*(N- 1)" essendo N il numero d'oggetti dell’ambiente in esame. Per accelerarne l’esecuzione, nel metodo dell’invenzione si utilizza sia la tecnica “back-face culling”, menzionata in precedenza, sia una tecnica di riduzione della profondità dell’albero di visibilità che sfrutta il metodo di proiezione noto come z-buffer.
La tecnica “back-face culling” serve ad escludere tutti gli oggetti che non intersecano il raggio riflesso dalla superficie considerata. Per verificare se un oggetto non costituisce un ostacolo al raggio, basta verificare che sia soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni
l’oggetto non è nel semispazio limitato dal piano della superficie riflettente, esterno all’edificio;
la superficie riflettente non è nel semispazio limitato dal piano della superficie dell’oggetto, esterno all’oggetto stesso.
La tecnica può essere applicata anche nel caso di un raggio proveniente da una sorgente puntiforme, non da una superficie riflettente. In questo caso basta verificare che la sorgente non sia nel semispazio limitato dal piano della superficie dell’oggetto.
Questa tecnica non determina quali oggetti dell'ambiente costituiscono un ostacolo ai raggi, bensì quali sicuramente non lo sono.
La tecnica di proiezione, denominata in precedenza “z-buffer”, si basa sull'idea di proiettare prospetticamente gli oggetti dell'ambiente sul piano della superficie riflettente Wn che ha generato l'immagine lm(<w>n) della sorgente, di cui si vuole studiare la visibilità, come illustrato in Fig. 4. In questa figura, l’oggetto OD viene proiettato su un piano PP, su cui giace la superficie riflettente FQ, parallelo al piano x, y del sistema di riferimento x, y, z, la cui origine è posta nell’immagine I.
Dal punto di vista dell'implementazione, la tecnica dello z-buffer costruisce due matrici, Fe Z, di dimensioni mxn, come illustrato in Fig. 5.
Ciascuna cella della matrice F rappresenta un elemento geometrico del piano PP (Fig. 4) e, quando questo elemento coincide con un elemento della proiezione di un oggetto presente nell’ambiente, vi viene immagazzinato un riferimento univoco, per esempio un numero intero progressivo, corrispondente all’oggetto che ha generato la proiezione.
Analogamente, ciascuna cella della matrice Z contiene la coordinata z del corrispondente elemento dell’oggetto, la cui proiezione è rappresentata nella matrice F.
Più in dettaglio, se si vuole rappresentare un oggetto a forma di poligono su una matrice F, si proiettano prospetticamente i suoi vertici sul piano PP, ottenendo per ognuno le rispettive coordinate cartesiane u, v. Nelle celle fuv di Fsi inserisce il numero che indica il poligono; tale numero viene anche inserito in tutte le celle che uniscono le celle /yV relative ai vertici, poste su segmenti rettilinei, e in ogni cella contenuta nel perimetro appena tracciato in modo da completare la rappresentazione del poligono sulla matrice.
Sugli stessi elementi geometrici del piano di proiezione PP possono ricadere le proiezioni di più di un oggetto dell’ambiente, ma nelle celle corrispondenti della matrice Z vi devono essere solo le coordinate z dell’oggetto più vicino al piano di proiezione. Per cui, dopo aver proiettato prospetticamente un oggetto sul piano che ha generato l'immagine, di cui si sta studiando la visibilità, per ogni elemento geometrico incluso nella proiezione si calcola la coordinata z del punto dell’oggetto che l’ha generata. Se il valore è minore di quello eventualmente già contenuto nella cella, per effetto di una precedente proiezione, allora viene inserito il nuovo valore di z e il numero indicante l’oggetto viene inserito nella corrispondente cella della matrice F.
Infine, per poter tener conto di tutti gli oggetti visti dall’immagine in esame, e solo di quelli, si devono eliminare dalle matrici tutte le celle relative agli elementi geometrici che non appartengono all’area relativa alla superficie FQ, che ha generato il piano di proiezione PP.
Nel metodo dell’invenzione la proiezione z-buffer è utilizzata nella realizzazione dell'albero di visibilità. A tal proposito occorre ipotizzare che tutti gli oggetti dell'ambiente urbano possano essere approssimati mediante unione di facce piane.
Se vale tale ipotesi, allora la descrizione degli edifici può essere fatta attraverso un insieme di poligoni elementari (triangoli, rettangoli).
In questo modo tutti gli oggetti, che possono essere raggiunti da un raggio riflesso da un poligono FQ, coincidono con quelli presenti nel piano di proiezione per un sistema di coordinate in cui:
a) L'origine del sistema di assi coordinati coincide con l'immagine I della sorgente rispetto al piano su cui giace il poligono FQ.
b) Il piano di proiezione ha z pari alla distanza del poligono FQ dall'immagine I.
Pertanto la costruzione dell'albero di visibilità si riconduce a tre passi fondamentali che sono:
Back-face culling per determinare quali facce sono di fronte al piano di riflessione. Rotazione e traslazione del sistema di assi per soddisfare le condizioni a) e b). Proiezione z-buffer.
La tecnica dello z-buffer è utilizzata in maniera innovativa per ridurre di un livello la profondità dell’albero di visibilità. Valutando le distanze contenute nella matrice Z è possibile individuare gli oggetti più vicini al piano di riflessione. Pertanto un punto di ricezione R è in visibilità se la sua coordinata z è minore della coordinata z relativa all’elemento geometrico su cui cade la proiezione di R.
Il metodo di valutazione che fa uso delle tecniche su esposte è rappresentato nel diagramma di flusso di Fig. 6.
Il metodo ha inizio al passo 1 , da cui si va al passo 2, in cui avviene il caricamento dell'ambiente urbano in esame attraverso la creazione di una lista di superfici di oggetti, ciascuna identificata da un numero progressivo, dalle coordinate dei vertici, da una matrice per le operazioni di rotazione e traslazione nel calcolo della visibilità, etc.
Al successivo passo 3 ha inizio la costruzione dell’albero di visibilità, che prevede come prima operazione, effettuata al passo 4, l’esecuzione del back-face culling per ogni elemento della lista delle superfici, in modo da effettuare una prima esclusione di oggetti che sicuramente non sono visibili.
Al passo 5 la lista delle immagini della sorgente viene creata ed inserita nel primo livello dell’albero di visibilità.
Al passo 6 viene inizializzato il numero di riflessioni, ponendolo uguale a 1
Al passo 7 si verifica se il numero di riflessioni è minore di un numero massimo di riflessioni prefissato e, a seconda del risultato, si imboccano strade diverse.
In particolare, se è vero che il numero massimo di riflessioni non è stato ancora raggiunto, risposta “si” alla verifica, si inizializza a 1 una variabile J che varia da 1 al numero di immagini per ogni livello dell’albero di visibilità, passo 8.
Al passo 9 si verifica se la variabile J è minore o uguale al numero di immagini del livello corrente dell'albero di visibilità e, a seconda del risultato, si imboccano strade diverse.
In particolare, se non è vero che J è minore o uguale al numero di immagini, risposta “no” alla verifica, si aumenta di un’unità il numero di riflessioni, passo 10, e si va al livello successivo dell’albero di visibilità, passo 11 , per poi rientrare al passo 7.
Se invece è vero che J è minore o uguale al numero di immagini, risposta “si” alla verifica, si eseguono le operazioni previste dalla tecnica del back-face culling per ogni superficie degli oggetti della lista, passo 12, ottenendo una lista ridotta alle sole superfici che possono essere viste dall'immagine.
Al passo 13 si inizializza a 1 una variabile K, che viene utilizzata al successivo passo 14 per passare in esame tutte le superfici appena individuate, verificando se è minore o uguale al numero delle stesse e, a seconda del risultato, si imboccano strade diverse.
In particolare, se è non vero che K è minore o uguale al numero di superfici, risposta “no” alla verifica, si aumenta di un’unità la variabile J, rappresentativa del numero di immagini, passo 15, per poi rientrare al passo 9.
Se invece è vero che K è minore o uguale al numero di superfici, risposta “si” alla verifica, si effettua al passo 16 la traslazione della superficie in modo da far coincidere l'immagine con l'origine del sistema di riferimento e si effettua al passo 17 la rotazione della stessa superficie in modo da renderla parallela al piano x, y.
Per ogni superficie traslata e ruotata si esegue quindi la proiezione prevista dalla tecnica dello z-buffer, passo 18, e si effettua il test di visibilità dei punti di ricezione attraverso la loro proiezione sul piano dello z-buffer e confronto della coordinata z, passo 19.
Al seguente passo 20 si può pertanto creare il primo tratto del percorso, partendo a ritroso dal punto di ricezione risultato in visibilità dal test precedente, al punto di riflessione di primo livello.
Si incrementa poi di un’unità la variabile K, in modo da prendere in esame la successiva superficie, passo 21 , e si rientra al passo 14.
Quando al passo 7 il numero di riflessioni esaminate ha raggiunto il numero massimo prefissato, risposta “no” alla verifica, si passa all’esecuzione del test di visibilità diretta tra il trasmettitore e i ricevitori, passo 22, e all’esecuzione del test di visibilità per il completamento dei percorsi ottici di cui è già stato calcolato il primo tratto, passo 23.
Al passo 24 il metodo termina.
Come si può notare, la tecnica d'accelerazione grafica z-buffer non è stata utilizzata solo per costruire l'albero di visibilità (passo 18), ma anche per realizzare la prima parte dei percorsi ottici (passo 20) eliminando il confronto di visibilità tra punto di ricezione ed ultimo punto di riflessione. In questo modo si riduce di un livello la profondità dell'albero di visibilità.
E' evidente che quanto descritto e' stato dato a titolo di esempio non limitativo. Varianti e modifiche sono possibili senza per questo uscire dal campo di protezione delle rivendicazioni.
Claims (7)
- Rivendicazioni 1. Metodo per la valutazione dei valori di campo elettromagnetico generato da una stazione radio base in ambiente urbano, in cui si utilizza un algoritmo di “backward ray-tracer" per calcolare quali sono i raggi che collegano una sorgente di trasmissione (T) con un punto di ricezione (R), tenendo conto dei raggi che, nel loro cammino, possono essere riflessi e diffratti dalle superfici degli oggetti dell’ambiente, caratterizzato dal fatto che si utilizza la tecnica del “back-face culling” per escludere tutti gli oggetti che non intersecano i raggi riflessi dalle superfici considerate in combinazione con la tecnica di proiezione dello “z-buffer” per ridurre di un livello la struttura delle relazioni di visibilità tra i vari oggetti in esame, detta “albero di visibilità”.
- 2. Metodo come nella rivendicazione 1 , caratterizzato dal fatto che comprende i seguenti passi: - Inizio (passo 1); - caricamento dell’ambiente urbano attraverso la creazione di una lista di superfici di oggetti, ciascuna identificata da un numero progressivo, dalle coordinate dei vertici, da una matrice per le operazioni di rotazione e traslazione ( passo 2); - inizio della costruzione dell’albero di visibilità (passo 3); - esecuzione del back-face culling per ogni elemento della lista delle superfici, in modo da effettuare una prima esclusione di oggetti che sicuramente non sono visibili (passo 4); - creazione della lista delle immagini della sorgente (T) e suo inserimento nel primo livello di un albero di visibilità (passo 5); - inizializzazione del numero di riflessioni (passo 6); - verifica se il numero di riflessioni è minore di un numero massimo di riflessioni prefissato (passo 7); - se il numero massimo di riflessioni non è stato ancora raggiunto, inizializzazione di una prima variabile (J) che varia da 1 al numero di immagini per ogni livello dell’albero di visibilità (passo 8); - verifica se la prima variabile (J) è minore o uguale al numero di immagini del livello corrente dell’albero di visibilità (passo 9); - se la prima variabile (J) non è minore o uguale al numero di immagini, incremento di un’unità del numero di riflessioni (passo 10); - passaggio al livello successivo dell’albero di visibilità (passo 11), per poi riverificare se il numero di riflessioni è minore del numero massimo di riflessioni prefissato (passo 7); - se invece la prima variabile (J) è minore o uguale al numero di immagini, esecuzione delle operazioni previste dalla tecnica del back-face culling per ogni superficie degli oggetti della lista (passo 12), ottenendo una lista ridotta alle sole superfici che possono essere viste dall'immagine; - inizializzazione di una seconda variabile (K), (passo 13); - verifica se la seconda variabile (K) è minore o uguale al numero delle superfici individuate (passo 14); - se la seconda variabile (K) non è minore o uguale al numero di superfici, incremento di un’unità della prima variabile (J) (passo 15), per poi effettuare di nuovo la verifica se la prima variabile (J) è minore o uguale al numero di immagini del livello corrente dell’albero di visibilità (passo 9); - se la seconda variabile (K) è minore o uguale al numero di superfici, traslazione della superficie in modo da far coincidere l'immagine con l’origine di un sistema di riferimento (x, y, z) (passo 16); - rotazione della stessa superficie in modo da renderla parallela al piano (x, y) di detto sistema di riferimento (passo 17); - per ogni superficie traslata e ruotata, proiezione secondo la tecnica dello z-buffer, (passo 18); - test di visibilità dei punti di ricezione (R) attraverso la loro proiezione su un piano dello z-buffer (PP) e confronto della coordinata (z) (passo 19); - creazione del primo tratto del percorso del raggio, partendo a ritroso dal punto di ricezione (R) risultato in visibilità dal test precedente, al punto di riflessione di primo livello (passo 20); - incremento di un’unità della seconda variabile (K), in modo da prendere in esame la successiva superficie (passo 21), e nuova verifica se la seconda variabile è minore o uguale al numero delle superfici individuate (passo 14); - se il numero di riflessioni esaminate ha raggiunto il numero massimo prefissato (passo 7), esecuzione del test di visibilità diretta tra il trasmettitore (T) e i ricevitori (R) (passo 22) - esecuzione del test di visibilità per il completamento dei percorsi ottici di cui è già stato calcolato il primo tratto (passo 23); - fine (passo 24).
- 3. Metodo come nella rivendicazione 1 , caratterizzato dal fatto che, per effettuare il test di visibilità, si costruisce l’albero di visibilità tra sorgente (T) e punto di ricezione (R), in cui la sorgente è collegata a un primo ordine di nodi rappresentativi delle immagini ((ll(Wn)) associate alla prima riflessione, ogni nodo del primo ordine essendo collegato a più nodi del secondo ordine rappresentativi delle immagini (l2(Wn)) della seconda riflessione e così via, ciascun nodo contenendo le coordinate dell'immagine e un riferimento della superficie che l’ha generata.
- 4. Metodo come nella rivendicazione 1 , caratterizzato dal fatto che, per effettuare la proiezione secondo la tecnica z-buffer, si proiettano prospetticamente gli oggetti dell'ambiente (OD) sul piano (PP) della superficie riflettente (FQ) che ha generato l'immagine (lm(<w>n)) della sorgente (T), di cui si vuole testare la visibilità, detto piano (PP) essendo parallelo al piano (x, y) del sistema di riferimento (x, y, z), la cui origine è posta nell'immagine (I).
- 5. Metodo come nella rivendicazione 1 , caratterizzato dal fatto che, secondo la tecnica dello z-buffer, si costruiscono una prima (F) ed una seconda (Z) matrice di dimensioni mxn, in cui ciascuna cella della prima matrice (F), che rappresenta un elemento geometrico del piano (PP) della superficie riflettente (FQ), contiene un riferimento univoco all’oggetto che ha generato la proiezione, quando questo elemento coincide con un elemento della proiezione di un oggetto presente nell’ambiente.
- 6. Metodo come nella rivendicazione 5, caratterizzato dal fatto che ciascuna cella della seconda matrice (Z) contiene la coordinata (z) del corrispondente elemento dell’oggetto, la cui proiezione è rappresentata nella prima matrice (F).
- 7. Metodo come nella rivendicazione 6, caratterizzato dal fatto che, se sugli stessi elementi geometrici del piano di proiezione (PP) ricadono le proiezioni (OP) di più di un oggetto deN’ambiente (OD), nelle celle corrispondenti della seconda matrice (Z) sono introdotte solo le coordinate (z) minori, che corrispondono a quelle dell’oggetto più vicino al piano di proiezione (PP) e il riferimento univoco all’oggetto viene inserito nella corrispondente cella della prima matrice (F). Metodo come nella rivendicazione 4, caratterizzato dal fatto che si eliminano dalle matrici (F, 2) tutte le celle relative agli elementi geometrici che non appartengono all’area relativa alla superficie (FQ), che ha generato il piano di proiezione (PP).
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