ITMI990666A1 - Uso di lonidamina e suoi derivati nel trattamento di affezioni causate da retrovirus - Google Patents

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Walter Malorni
Anna Maria Giammarioli
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Ist Superiore Sanita
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Description

Nel suo aspetto più generale la presente invenzione si riferisce al settore tecnico della chimica farmaceutica.
In particolare l’invenzione riguarda una nuova applicazione terapeutica dell’acido l-(2,4-diclorobenzil)-lH-indazol-carbossilico, comunemente noto con il nome di lonidamina (LND), nel trattamento di affezioni causate da retrovirus, quali la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS).
La lonidamina è descritta, insieme ad altri acidi 1-benzil-lH-indazolcarbossilici, nel brevetto US 3 895 026 e ad essa sono state attribuite diverse attività farmacologiche, fra le quali un’azione antispermatogenica, un effetto di inibizione dell’ovulazione ed un effetto di inibizione della coagulazione delle proteine seriche in vitro che ne ha suggerito l’impiego in malattie infiammatorie e degenerative. Infine, nel brevetto IT 1211101 è stato proposto l’impiego della lonidamina quale agente antitumorale.
Un'interessante proprietà che è stata descritta in letteratura per la lonidamina (1) è quella di interferire con l’esochinasi mitocondriale e di indurre nei mitocondri uno stato “energizzato” (stadio IV) con una caratteristica condensazione della matrice e delle creste mitocondriali. Ad alto dosaggio la lonidamina determina una morte cellulare (citotossicità) da deplezione di ATP (ischemia), a basso dosaggio rappresenta un modello di “resting” mitocondriale sincrono.
Non è tuttavia mai stata riportata per la lonidamina alcuna attività farmacologica nel campo delle affezioni patologiche causate da retrovirus o da virus in genere.
In quest’ultimo campo tecnico, è invece noto che l’effetto indotto nell’uomo dal virus dell’ immunodeficienza acquisita (HIV) è un processo continuo che porta a disfunzioni immunitarie, progressiva perdita di un tipo di linfociti plasmatici (linfociti-T helper CD4<+>) con conseguente deperimento organico generalizzato, fino ad arrivare all 'instaurarsi di malattie e/o infezioni opportunistiche checostituiscono il quadro clinico della Sindrome da Immuno Deficenza Acquisita o AIDS. Recentemente é stato ipotizzato che i deficit che colpiscono i linfociti T potrebbero essere attribuite ad un’inappropriata attivazione del programma di morte cellulare da parte delle molecole virali (2).
Inoltre sia in pazienti HIV-asintomatici che in pazienti con AIDS conclamato sono state osservate modificazioni nel contenuto di antiossidanti con relativo aumento dei prodotti di ossidazione (3). Queste ed altre evidenze hanno suggerito che i pazienti infetti dal virus HIV siano sottoposti ad uno stress ossidativo cronico.
L’aumentata produzione dei radicali liberi dell’ossigeno nei pazienti HIV-infetti, probabilmente contribuisce all’ instaurarsi dei danni osservati nella fase conclamata, tra cui danno tissutale, sviluppo di cancro e prematuro invecchiamento.
E’ stato inoltre dimostrato (4) che la replicazione del virus HIV aumenta in condizioni di stress ossidativo; infatti le specie reattive dell’ossigeno sono in grado di attivare il fattore di trascrizione virale NF-kB, fattore indispensabile per la replicazione del virus, permettendo il passaggio dalla fase asintomatica della malattia a quella di AIDS conclamato. Infine è noto ormai da anni che lo stress ossidativo é in grado di indurre la morte cellulare programmata.
Il Richiedente ha da alcuni anni intrapreso uno studio sui meccanismi dell’apoptosi in queste condizioni ed ha effettuato numerose ricerche nel tentativo di modulare il processo. Lo studio può essere effettuato in cellule coltivate in vitro e cronicamente infettate con il virus HIV oppure su monociti del sangue periferico di donatori sani infettate successivamente in vitro con HIV.
In questi studi é stato osservato che la possibile modulazione del processo apoptotico coinvolge l’integrità mitocondriale: l’utilizzazione di alcuni farmaci antiossidanti protegge purtroppo solo parzialmente le cellule da apoptosi (e diminuisce la progenie virale) grazie ad un meccanismo che coinvolge l’omeostasi mitocondriale. Questa parzialità sembra dovuta all’eterogeneità degli stadi mitocondriali presenti nelle cellule ed alla presenza di un metabolismo “asincrono”.
II problema alla base della presente invenzione è stato quello di mettere a disposizione un medicamento che potesse modulare il processo apoptotico e rallentare la replicazione virale con conseguenti effetti benefici nel controllo delle infezioni retro virali.
Un tale problema è stato risolto, secondo l’invenzione, utilizzando lonidamina e suoi sali ed esteri farmaceuticamente accettabili nella produzione di un medicamento per il trattamento di affezioni causate da retrovirus, in particolare dell’AIDS.
Il medicamento può essere somministrato per via parenterale o, preferibilmente, per via orale.
I composti della presente invenzione possono essere somministrati da soli o sotto forma di una preparazione farmaceutica tradizionale, la forma della quale, ovviamente, dipende dalla scelta della via di somministrazione. Per esempio, per somministrazione orale, essi possono essere formulati sotto forma di pastiglie, capsule, granuli, polveri, sciroppi o simili, o, per somministrazione parenterale, essi possono essere formulati sotto forma di iniezione, supposte o simili. Queste preparazioni farmaceutiche possono essere prodotte con metodiche tradizionali usando ingredienti generalmente noti nella tecnica, come eccipienti, leganti, agenti disintegranti, lubrificanti, stabilizzanti, correttivi e simili. Anche se il dosaggio può variare in funzione dei sintomi e dell'età del paziente, la natura e la gravità della malattia o disturbo e della via e del tipo di somministrazione, nel caso di una somministrazione orale a un paziente umano adulto, i composti della presente invenzione possono comunemente essere somministrati a una dose giornaliera totale compresa fra 50 e 2000 mg, preferibilmente fra 200 e 1000 mg, vantaggiosamente da 450 a 900 mg, o in uria singola dose, o in dosi suddivise<'>, per esempio da una a tre volte al giorno; nel caso di una iniezione endovenosa, una dose compresa fra 30 e 500 mg, preferibilmente compresa tra 50 e 200 mg, può essere somministrata da una a tre volte al giorno.
A titolo di esempio vengono fomiti due esempi non limitativi di formulazioni farmaceutiche secondo Γ invenzione.
La soluzione è preparata sciogliendo la lonidamina in acqua al pH opportuno e trattata con cloruro di sodio come agente di isotonicità. La soluzione ottenuta viene filtrata in condizioni apirogene, e il filtrato viene travasato in fiale in condizioni asettiche, che successivamente vengono sterilizzate e chiuse alla fiamma.
Si è giunti alla presente invenzione partendo dall’ipotesi che la capacità della lonidamina di interferire con l’esochinasi mitocondriale potesse condurre ad un qualche effetto utile dal punto di vista terapeutico nelle affezioni causate da retrovirus.
Per verificare tale ipotesi si è effettuata tutta una serie di esperimenti, i cui risultati saranno riassunti qui di seguito.
La prima fase del lavoro é stata essenzialmente rivolta a definire le dosi <'>di LND capaci di energizzare i mitocondri portandoli tutti ad uno stesso stadio di attività.
E’ stata scelta la linea cellulare mielomonocitica umana (U937) che nel laboratorio del Richiedente é disponibile anche nella variante cronicamente infettata da HIV. In questa prima fase sono state utilizzate le cellule non infette (U937<*>).
Le cellule leucemiche crescono in sospensione in RPMI 1640, completo di siero fetale di vitello ed hanno una velocità di duplicazione di circa 24 ore; per il trattamento sono state utilizzate fiaschette di plastica da 25 cm^ in cui sono state risospese le cellule ad una densità di 500.000 cellule/ml 24 ore prima del trattamento.
E’ stata preparata una soluzione madre lOmM di Lonidamina sciolta in N-MetilGlucamina (NMG) che é stata mantenuta a 4°C per un tempo non superiore alle due settimane. Durante il trattamento le cellule sono state esposte a quattro diverse concentrazioni di LND ( 0,1, 0,2, 0,4 0,8 mM) per 2, 24 e 48 ore.
Per quantificare e caratterizzare il danno morfofunzionale mitocondriale indotto da LND in cellule leucemiche é stata utilizzata la citometria a flusso che permette di quantizzare, con elevata sensibilità, il numero di cellule con mitocondri depolarizzati all’interno di una determinata popolazione cellulare.
La metodologia consiste nell’utilizzo di sonde fluorescenti, generalmente composti cationici lipofili ad alta affinità per il mitocondrio, quali la rodamina 123 e la carbocianina JC-1, che si localizzano principalmente nel mitocondrio formando degli aggregati in maniera strettamente dipendente dalla carica negativa della membrana mitocondriale.
In particolare JC-1 é una sonda fluorescente recentemente messa a punto (5) che, grazie alla sua metacromasia modifica l’emissione dal rosso al verde in funzione delle condizioni del mitocondrio.
Per valutare la massa mitocondriale é stato utilizzato il composto lipofilo, noncationico/fion-anionico, nonyl acridine orange (NAO) la cui intensità di fluorescenza é strettamente dipendente dalla massa mitocondriale.
Per visualizzare le cellule con alterazioni della permeabilità della membrana citoplasmatica è stato utilizzato lo Ioduro di Propidio.
In questo studio sono state evidenziate delle alterazioni mitocondriali dose/dipendenti indotte dalla LND; in particolare, lo studio condotto per 2 e 24 ore non ha evidenziato alcun tipo di alterazione per la concentrazione 0,1 mM mentre é stato possibile determinare un danno crescente a partire dalla concentrazione 0,2 mM fino ad arrivare alla concentrazione 0,8 mM, alla quale la maggior parte della popolazione cellulare ha mostrato modificazioni delle dimensioni e/o della costituzione interna, verosimilmente riconducibili a iniziali fenomeni apoptotici.
Alle stesse concentrazioni si è resa evidente una progressiva depolarizzazione mitocondriale.
In questa prima fase é stata, inoltre, osservata una relazione tra la presenza della LND e la comparsa di un blocco del ciclo cellulare in fase Gl .
Infine, é stato possibile stabilire che il trattamento con la LND, in maniera dose/dipendente, induce una maggiore citotossicità nelle cellule a più alta attività mitocondri al e: nella popolazione cellulare sopravvissuta al trattamento i mitocondri risultano meno attivi in assenza di modificazioni apprezzabili della loro massa.
E’ stato infine possibile ipotizzare una relazione tra alterazioni del Δψ mitocondriale (potenziale di membrana) e apoptpsi o morte cellulare programmata.
In una seconda fase del lavoro la linea cellulare mielomonocitica cronicamente infettata con HIV (U937<+>) é stata trattata con le dosi di LND risultate non citotossiche ma in grado di stabilizzare i mitocondri ad uno stato ipoenergizzato.
Quindi sono state scelte le dosi comprese tra 0,01 e 0,1 mM di LND somministrate, come descritto precedentemente, per 24 e 48 ore di trattamento.
Alla fine del trattamento sono stati valutati i cambiamenti nell’induzione dell’apoptosi (citotossicità) e. dell 'infettività virale. In questo caso, lavorando con cellule cronicamente infette, non é stato possibile utilizzare per l’analisi la citometria a flusso in quanto le cellule infettate prima dell’analisi, per motivi di sicurezza, vanno disattivate e fissate.
Per la determinazione dell’apoptosi é stato utilizzato il colorante nucleare Hoechst 33258 in grado di evidenziare la frammentazione cromatinica tipicamente osservabile nelle cellule apoptotiche mentre come marker di infettività virale sono state valutate le variazioni della proteina p24, antigene del “core”, quantitativamente predominante nel virione e che aumenta sensibilmente nelle fasi di attiva replicazione virale.
Per la sua determinazione il sumatante cellulare é stato analizzato con il Kit ELISA specifico per la proteina p24 (6).
A) Infezione cronica.
Fin dai primi esperimenti é risultato evidente che la replicazione virale veniva drasticamente ridotta (circa il 50%) utilizzando le dosi 0,05 e 0,1 mM ma l’effetto non permaneva nel tempo.
Dati clinici riportano che la somministrazione della LND in chemioterapia deve essere ripetuta nel tempo in quanto la sostanza tende a precipitare e quindi ad inattivarsi. Gli esperimenti sono quindi stati ripetuti somministrando la LND ogni 24 ore; in questo caso l’inibizione della replicazione rimaneva statisticamente costante nel tempo.
Le cellule infettate cronicamente risultano più sensibili agli stress rispètto alle linee parentali non infettate quindi era possibile che le dosi di LND utilizzate potessero essere citotossiche e che quindi la riduzione virale osservata potesse essere una conseguenza dell’induzione di apoptosi.
L’analisi delle cellule apoptotiche ha evidenziato un leggero incremento di mortalità solo nelle cellule trattate con la dose 0,1 mM mentre la percentuale di apoptosi riscontrata nelle cellule trattate con la dose 0,05 mM risultava analoga a quella riscontrata nei controlli.
Nelle cellule cronicamente infettate il “resting” mitocondriale potrebbe impedire la formazione di radicali dell’ossigeno e quindi rallentare la replicazione virale.
B) Infezione acuta.
Nella terza parte del lavoro lo studio sull’attività antivirale della lonidamina è stato esteso a sistemi cellulari primari di monociti/macrofagi che rappresentano i veri “target” dell’infezione da HIV in vivo.
I monociti, isolati dal sangue periferico di donatori sani, differenziano spontaneamente durante la coltivazione in vitro. Poiché è noto dalla letteratura che il differenziamento macrofagico si associa ad una maggiore suscettibilità all’ infezione da HIV, queste cellule sono state usate subito dopo l’isolamento (monociti giorno 1) oppure dopo 7 giorni di coltura (macrofagi giorno 7) allo scopo di valutare l’effetto della lonidamina anche in relazione al differenziamento cellulare.
Il ceppo virale utilizzato in questi esperimenti è un ceppo monocitotropico (BaL) noto per la sua capacità di replicarsi in cellule primarie di origine macrofagica.
La lonidamina (0.1 mM) è stata aggiunta al momento dell’infezione ed è stata poi riaggiunta per tutta la durata dell’esperimento ad ogni cambio di terreno (ogni 7 giorni). La replicazione virale è stata monitorata dopo 14 giorni dall’infezione mediante analisi della p24.
I risultati ottenuti indicano che la lonidamina è in grado di inibire la replicazione virale del 70-85% rispetto alle colture di controllo non trattate, sia in monociti al giorno 1 che in macrofagi al giorno 7. _ _

Claims (6)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Uso di un composto scelto fra lonidamina e suoi sali ed esteri farmaceuticamente accettabili nella produzione di un medicamento per il trattamento di affezioni causate da retrovirus.
  2. 2. Uso secondo la rivendicazione 1, in cui dette affezioni causate da retrovirus sono costituite dalla Sindrome da Immuno-Deficienza Acquisita (AIDS).
  3. 3. Uso secondo una qualunque delle rivendicazioni 1 e 2, in cui detto trattamento comprende la somministrazione di una dose giornaliera di detto composto pari a 50-2000 mg di lonidamina.
  4. 4. Uso secondo la rivendicazione 3, in cui detta dose giornaliera è di 200-1000 mg.
  5. 5. Uso secondo una qualunque delle precedenti rivendicazioni, in cui detto medicamento è somministrato per via orale.
  6. 6. Uso secondo una qualunque delle precedenti rivendicazioni, in cui detto medicamento è in una confezione che reca un’annotazione indicante l’uso nel trattamento di affezioni causate da retrovirus. Milano, 31 marzo 1999 Il Mandatario (Ferreccio Rinaldo) di Bi - - ~ " ’ *ln «
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