ITMI20131460A1 - Metodo per stabilizzare un interferometro - Google Patents

Metodo per stabilizzare un interferometro

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ITMI20131460A1
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phase shift
along
interferometer
light beam
luminous intensity
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Daniele Bajoni
Matteo Galli
Davide Grassani
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Univ Pavia
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Description

DESCRIZIONE
Della Domanda di Brevetto per Invenzione Industriale dal Titolo:
“Metodo per stabilizzare un interferometro"
La presente invenzione riguarda in generale il settore dei dispositivi per interferometria. In particolare, la presente invenzione riguarda un metodo per stabilizzare un interferometro, ad esempio (ma non esclusivamente) un interferometro di Michelson.
Come noto, un interferometro è uno strumento atto a generare interferenza tra due o più onde elettromagnetiche coerenti tra loro, così da generare frange di interferenza le cui proprietà possono essere studiate per eseguire misure di lunghezze d'onda, di distanze e di spostamenti dello stesso ordine di grandezza della lunghezza d'onda utilizzata o minori della lunghezza d'onda.
Sono noti diversi tipi di interferometro, quali ad esempio l'interferometro di Michelson, l'interferometro di Mach-Zehnder, l'interferometro di Sagnac o l'interferometro di Fabry-Pérot.
In particolare, l'interferometro di Michelson comprende un divisore di fascio ("beam splitter" in inglese) che suddivide una radiazione luminosa coerente incidente ad una certa lunghezza d'onda in due onde di ampiezza sostanzialmente uguale. L'interferometro comprende inoltre due specchi, ciascuno dei quali riflette una rispettiva onda di nuovo sul beam splitter. Il beam splitter ricombina le due onde riflesse, le quali interferiscono tra loro a seconda del loro sfasamento relativo φ.
La risposta dell'interferometro (ossia l'intensità luminosa della radiazione all'uscita del beam splitter in funzione dello sfasamento φ) è di tipo sinusoidale. La sinusoide presenta minimi in caso di interferenza distruttiva tra le due onde (ossia quando il loro sfasamento φ è un multiplo dispari di π) e massimi in caso di interferenza costruttiva tra le due onde (ossia quando il loro sfasamento φ è zero o un multiplo di 2π).
Lo sfasamento φ tra le due onde dipende a sua volta dalla differenza ∆L tra le distanze dei due specchi dal beam splitter secondo la relazione:
dove λ è la lunghezza d'onda. La risposta dell'interferometro in funzione di ∆L è quindi una sinusoide di periodo λ /2.
L'interferometro di Michelson (così come gli altri interferometri noti sopra citati) è utilizzato per diverse applicazioni in ambito di ricerca ed in ambito industriale, quali lo studio delle proprietà della radiazione luminosa, il rilevamento e la misura di spostamenti di oggetti solidali ad uno dei due specchi, la trasduzione delle vibrazioni di uno dei due specchi in un segnale elettrico (microfono), il posizionamento e la movimentazione controllata di un oggetto solidale ad uno dei due specchi, etc.
Molte di queste applicazioni (ad esempio la registrazione olografica, l'interferometria "phase shifting" e il controllo di processi industriali quali la litografia in UV profondo ad alta risoluzione) richiedono una stabilizzazione molto accurata dell'interferometro, ossia richiedono di minimizzare le variazioni che ∆L (e quindi φ) possono subire nel tempo, così da bloccare sostanzialmente l'interferometro ad uno sfasamento desiderato φ*. In genere, infatti, ∆L (e quindi φ) possono subire fluttuazioni a causa di rumore ambientale (ad esempio vibrazioni, variazioni di temperatura, etc.) che inducono oscillazioni o "drift" della posizione di uno o entrambi gli specchi, modificando ∆L e quindi φ.
Per stabilizzare un interferometro, sono noti meccanismi di stabilizzazione retroazionati. Essi tipicamente prevedono di generare un segnale di errore a partire dalle variazioni temporali dell'intensità luminosa della radiazione emessa dall'interferometro e di fornire il segnale di errore ad esempio ad un controllore PID ("Proportional-integral-derivative" in inglese). Il controllore elabora il segnale di errore per generare un comando da fornire ad un attuatore (ad esempio, un attuatore piezoelettrico) che muove uno dei due specchi avvicinandolo o allontanandolo dal beam splitter, in modo da compensare la variazione indesiderata di ∆L.
Questi meccanismi presentano lo svantaggio di consentire la stabilizzazione solo in certe condizioni. In particolare, se lo sfasamento φ* al quale si desidera stabilizzare l'interferometro è in un tratto monotono crescente (o decrescente) della risposta sinusoidale dell'interferometro, un aumento dell'intensità luminosa indica univocamente un aumento (o diminuzione) di φ, mentre una diminuzione dell'intensità luminosa indica univocamente una diminuzione (o un aumento) di φ. Rilevando aumenti e diminuzioni dell'intensità luminosa, è quindi possibile stabilire in modo univoco la compensazione da applicare. Se invece lo sfasamento φ* al quale si desidera stabilizzare l'interferometro è in prossimità di un massimo (o di un minimo) della sinusoide, quando si rileva una diminuzione (o un aumento) dell'intensità luminosa non è possibile stabilire se questo sia dovuto ad un aumento o ad una diminuzione di φ. In questo caso non è quindi possibile stabilire quale compensazione applicare.
Per superare questo inconveniente, è noto di applicare un "dithering" (ossia una modulazione di ampiezza) alla distanza di uno dei due specchi dal beam splitter. L'ampiezza della modulazione è tale per cui la variazione di ∆L sia molto minore di λ /2. Il dithering permette di stimare la derivata prima della risposta dell'interferometro, e quindi di stabilizzare lo sfasamento anche in prossimità dei massimi e dei minimi della sinusoide.
Tuttavia anche questa tecnica presenta alcuni inconvenienti. Innanzitutto, il dithering stesso è equivalente ad un rumore sullo sfasamento φ, che per alcune applicazioni non è accettabile. D'altro canto, il dithering produce variazioni di intensità luminosa la cui ampiezza, a parità di ampiezza della modulazione, diminuisce all'avvicinarsi ai massimi e minimi della risposta dell'interferometro. Questo significa che, in prossimità dei massimi e minimi della risposta dell'interferometro, la capacità di rilevamento delle variazioni dello sfasamento φ e quindi l'efficienza del meccanismo di stabilizzazione sono ridotti. Questa tecnica inoltre non permette di effettuare misure a frequenze maggiori della frequenza del dithering. Inoltre, se l'ampiezza del dithering è abbastanza elevata, essa può dare luogo ad un fenomeno di isteresi nell'attuatore piezoelettrico, che riduce la visibilità delle frange di interferenza.
Alla luce di quanto sopra, scopo della presente invenzione è quello di fornire un metodo per stabilizzare un interferometro, che risolva i problemi sopra menzionati.
Più in particolare, scopo della presente invenzione è quello di fornire un metodo per stabilizzare un interferometro che permetta la stabilizzazione in qualsiasi punto φ* della risposta dell'interferometro con un'efficienza sostanzialmente indipendente dalle caratteristiche della risposta dell'interferometro (in particolare, la sua derivata prima) in quel punto φ*, e che non richieda di muovere alcuno specchio o altro elemento dell'interferometro (ad eccezione naturalmente dei movimenti necessari a compensare gli spostamenti indesiderati per ottenere la stabilizzazione). Nella presente descrizione e nelle rivendicazioni, l'espressione "stabilizzare un interferometro" indicherà l'operazione di stabilizzare lo sfasamento φ tra le due onde coerenti interferenti che si propagano nell'interferometro, ossia compensare eventuali variazioni indesiderate dello sfasamento φ dovute a rumore ambientale così da bloccare lo sfasamento φ ad un valore desiderato φ*.
Gli inventori hanno realizzato che le onde interferenti che si propagano nell'interferometro sono due fasci, tipicamente due fasci gaussiani aventi ciascuno un certo diametro, che interferiscono dando luogo ad un fascio gaussiano di uscita avente sostanzialmente lo stesso diametro dei due fasci interferenti.
Con riferimento ad esempio ad un interferometro di Michelson, gli inventori hanno realizzato che, inclinando uno dei due specchi in modo che formi un certo angolo con il piano perpendicolare alla direzione di propagazione del fascio interferente che incide su di esso, la lunghezza del cammino ottico compiuto dal fascio riflesso da questo specchio cambia in modo sostanzialmente continuo e lineare lungo il fronte d'onda del fascio (ossia lungo una delle direzioni perpendicolari alla direzione di propagazione del fascio). Pertanto, lo sfasamento di questo fascio rispetto all'altro fascio interferente è anch'esso linearmente variabile in modo continuo lungo il fronte d'onda. Il fascio di uscita che risulta dalla sovrapposizione dei due fasci interferenti presenta quindi un'intensità luminosa che ha un profilo spaziale periodico sinusoidale sul suo fronte d'onda. In particolare, il fronte d'onda del fascio di uscita dall'interferometro presenta righe più luminose (che corrispondono ai punti di interferenza costruttiva tra i due fasci interferenti) che si alternano a righe meno luminose (che corrispondono ai punti di interferenza distruttiva tra i due fasci interferenti).
Quando uno dei due specchi si sposta (ad esempio per effetto di rumore ambientale), lo sfasamento tra i due fasci interferenti aumenta o diminuisce di una stessa quantità su tutto il fronte d'onda, producendo una traslazione rigida del profilo sinusoidale dell'intensità luminosa lungo il fronte d'onda del fascio di uscita. La traslazione avviene in un verso in caso di aumento dello sfasamento tra i due fasci interferenti, e nel verso opposto in caso di diminuzione dello sfasamento tra i due fasci interferenti.
Valutando quindi eventuali traslazioni del profilo sinusoidale dell'intensità luminosa lungo il fronte d'onda del fascio di uscita, è possibile stabilire se vi sia stato un aumento oppure una diminuzione dello sfasamento tra i due fasci interferenti, e quindi movimentare uno dei due specchi in modo da compensare questa variazione.
In questo modo, l'interferometro vantaggiosamente può essere stabilizzato in qualsiasi punto della sua funzione di risposta, con un'efficienza sostanzialmente indipendente dalle caratteristiche della risposta dell'interferometro (in particolare, la sua derivata prima) in quel punto. La stabilizzazione è inoltre vantaggiosamente ottenuta senza movimentare alcun componente dell'interferometro e senza la necessità di alcun componente aggiuntivo.
Gli inventori hanno stimato che il metodo di stabilizzazione secondo la presente invenzione consente di controllare lo sfasamento φ dell'interferometro con un'accuratezza sostanzialmente limitata dall'accuratezza dell'attuatore che movimenta uno dei due specchi. Il metodo è inoltre molto stabile nel tempo, ossia consente di stabilizzare l'interferometro ad un certo valore di sfasamento φ* per un periodo molto lungo (giorni). Questo rende l'interferometro stabilizzato secondo la presente invenzione particolarmente adatto per applicazioni che richiedono una stabilizzazione accurata e prolungata, quali metrologia, microscopia di tipo "near field scanning" e misure di ottica quantistica.
Secondo un primo aspetto dell’invenzione, viene fornito un metodo per stabilizzare un interferometro atto a ricevere un fascio luminoso di ingresso, dividere il fascio luminoso di ingresso in due fasci interferenti, propagare i due fasci interferenti lungo due cammini ottici in modo che accumulino uno sfasamento reciproco φ, ed emettere un fascio luminoso di uscita prodotto dall'interferenza dei due fasci interferenti, il metodo comprendendo:
a) configurare i due cammini ottici in modo che lo sfasamento reciproco φ sia variabile lungo una direzione x sostanzialmente perpendicolare alla direzione di propagazione del fascio luminoso di uscita, cosicché il fascio luminoso di uscita presenta un profilo di intensità luminosa I(ϑ,φ) variabile lungo la direzione x;
b) generare un segnale di errore ε indicativo di una traslazione del profilo di intensità luminosa I(ϑ,φ) lungo la direzione x, questa traslazione essendo dovuta ad una variazione δ dello sfasamento reciproco φ rispetto ad uno sfasamento reciproco desiderato φ*; e
c) utilizzare il segnale di errore ε per comandare un attuatore atto a modificare una lunghezza di uno dei due cammini ottici in modo da compensare la variazione δ di sfasamento reciproco φ.
Preferibilmente, nella fase b) il segnale di errore ε è generato calcolando il valore di una funzione di errore ε(δ) ottenuta del profilo di intensità luminosa I(ϑ,φ), la funzione di errore ε(δ) essendo monotona rispetto alla variazione δ dello sfasamento reciproco φ in almeno un intervallo di valori di variazione δ comprendente il valore nullo.
Preferibilmente, la fase a) comprende configurare i due cammini ottici in modo che lo sfasamento reciproco φ sia linearmente variabile lungo la direzione x, cosicché il profilo di intensità luminosa I(ϑ,φ) è variabile in modo periodico lungo la direzione x.
Preferibilmente, la fase a) comprende configurare i due cammini ottici in modo che lungo la direzione x il fascio luminoso di uscita presenti almeno un periodo completo del profilo di intensità luminosa I(ϑ,φ).
Preferibilmente, nella fase b) il segnale di errore ε è generato calcolando il valore della seguente funzione di errore:
in cui I(ϑ,φ) è il profilo di intensità luminosa, G(ϑ,φ*) = sign(cos(ϑ+φ*)), φ è lo sfasamento reciproco, φ* è lo sfasamento reciproco desiderato, δ è la variazione dello sfasamento reciproco rispetto allo sfasamento reciproco desiderato e ϑ è una variabile dipendente dalla coordinata spaziale lungo la direzione x.
Preferibilmente, la fase b) comprende acquisire un'immagine del fascio luminoso di uscita, individuare nell'immagine acquisita un insieme di N pixel allineati lungo la direzione x e generare un vettore VI di N elementi comprendente valori di intensità luminosa (vi1, vi2, … viN) degli N pixel.
Preferibilmente, gli N pixel sono scelti in modo che i valori di intensità luminosa (vi1, vi2, … viN) del vettore VI corrispondano ad almeno un periodo completo del profilo di intensità luminosa I(ϑ,φ).
Preferibilmente, gli N pixel sono scelti in modo che i valori di intensità luminosa (vi1, vi2, … viN) del vettore VI presentino un massimo oppure un minimo in una posizione predefinita del vettore VI.
Preferibilmente, nella fase b) il segnale di errore ε è generato utilizzando il vettore VI per calcolare il valore della funzione di errore ε(δ) in forma discretizzata.
Secondo un secondo aspetto dell'invenzione, viene fornito un sistema comprendente:
- un interferometro atto a ricevere un fascio luminoso di ingresso, dividere il fascio luminoso di ingresso in due fasci interferenti, propagare i due fasci interferenti lungo due cammini ottici in modo che accumulino uno sfasamento reciproco φ, ed emettere un fascio luminoso di uscita prodotto dall'interferenza dei due fasci interferenti, i due cammini ottici essendo configurati in modo che lo sfasamento reciproco φ sia variabile lungo una direzione x sostanzialmente perpendicolare alla direzione di propagazione del fascio luminoso di uscita, cosicché il fascio luminoso di uscita presenta un profilo di intensità luminosa I(ϑ,φ) variabile lungo la direzione x;
- un elaboratore atto a generare un segnale di errore ε indicativo di una traslazione del profilo di intensità luminosa I(ϑ,φ) lungo la direzione x, la traslazione essendo dovuta ad una variazione δ dello sfasamento reciproco φ rispetto ad uno sfasamento reciproco desiderato φ*; e
- un attuatore atto a ricevere il segnale di errore ε per modificare la lunghezza di uno dei cammini ottici in modo da compensare la variazione δ dello sfasamento reciproco φ.
Preferibilmente, i due cammini ottici sono configurati in modo che lo sfasamento reciproco φ sia linearmente variabile lungo la direzione x, cosicché il profilo di intensità luminosa I(ϑ,φ) è variabile in modo periodico lungo la direzione x.
Preferibilmente, i due cammini ottici sono configurati in modo che lungo la direzione x il fascio luminoso di uscita presenti almeno un periodo completo del profilo di intensità luminosa I(ϑ,φ).
L'interferometro può essere un interferometro di Michelson, di Mach-Zehnder, di Sagnac, di Fabry-Pérot, etc.
Nel caso in cui l'interferometro sia un interferometro di Michelson, esso preferibilmente comprende un beam splitter e due specchi, uno dei quali forma un angolo α non nullo con il piano perpendicolare alla direzione di propagazione del fascio interferente incidente su di esso.
L'angolo α è preferibilmente scelto in modo che lungo la direzione x il fascio luminoso di uscita presenti almeno un periodo completo del profilo di intensità luminosa I(ϑ,φ).
Secondo forme di realizzazione vantaggiose, il sistema comprende anche un'ulteriore sorgente laser atta ad emettere un fascio luminoso di misura e l'interferometro è configurato per ricevere il fascio luminoso di misura, dividerlo in due fasci interferenti di misura, propagare i due fasci interferenti di misura lungo due cammini ottici di misura, ed emettere un fascio luminoso di uscita di misura prodotto dall'interferenza dei due fasci interferenti di misura, i due cammini ottici di misura essendo configurati in modo che lo sfasamento reciproco tra i due fasci interferenti di misura sia sostanzialmente costante su tutto il fronte d'onda, cosicché il fascio luminoso di misura in uscita dall'interferometro presenta un'intensità luminosa sostanzialmente uniforme sul suo fronte d'onda.
Preferibilmente, la lunghezza d'onda λRdel fascio luminoso (chiamato nel seguito anche "fascio di riferimento") è diversa dalla lunghezza d'onda λMdel fascio luminoso di misura.
Secondo una prima variante, nel caso in cui l'interferometro sia un interferometro di Michelson comprendente un beam splitter e due specchi, uno dei quali (chiamato nel seguito anche "specchio inclinato") forma un angolo α non nullo con il piano perpendicolare alla direzione di propagazione del fascio interferente di riferimento incidente su di esso, il beam splitter è configurato in modo da emettere uno dei due fasci interferenti di misura in direzione sostanzialmente parallela al fascio interferente di riferimento che incide sullo specchio inclinato. In questo caso, per fare sì che il fascio di misura in uscita dall'interferometro abbia intensità luminosa sostanzialmente uniforme sul suo fronte d'onda, l'interferometro comprende anche una lente interposta tra beam splitter e specchio inclinato, lo specchio inclinato essendo posto sostanzialmente nel piano focale della lente.
Secondo una variante vantaggiosa, nel caso in cui l'interferometro sia un interferometro di Michelson comprendente un beam splitter e due specchi, uno dei quali inclinato, il beam splitter è configurato per emettere fascio interferente di riferimento e fascio interferente di misura incidenti sullo specchio inclinato in due direzioni non parallele. In particolare, il beam splitter è configurato in modo che la direzione di propagazione del fascio interferente di misura sia sostanzialmente perpendicolare alla superficie dello specchio inclinato. Anche in questo caso, questo permette di ottenere un fascio di misura in uscita dall'interferometro con intensità luminosa sostanzialmente uniforme sul suo fronte d'onda.
La presente invenzione diverrà più chiara alla luce della seguente descrizione dettagliata, fornita a titolo esemplificativo e non limitativo, da leggersi con riferimento ai disegni acclusi in cui:
- la Figura 1 mostra schematicamente un sistema comprendente un interferometro secondo una prima forma di realizzazione della presente invenzione;
- la Figura 2 mostra un'immagine del fascio di uscita dell'interferometro di Figura 1;
- la Figura 3 è un grafico qualitativo che mostra l'intensità luminosa del fascio di uscita dell'interferometro lungo il suo fronte d'onda;
- le Figure 4a e 4b sono due grafici relativi al funzionamento dell'interferometro di Figura 1;
- la Figura 5 è un diagramma di flusso del metodo di funzionamento del sistema di Figura 1;
- le Figure 6 e 7 sono grafici sperimentali ottenuti dagli inventori con un sistema del tipo mostrato in Figura 1;
- la Figura 8 mostra schematicamente un sistema comprendente un interferometro secondo una seconda forma di realizzazione della presente invenzione; e
- la Figura 9 è un grafico sperimentale ottenuto dagli inventori con un interferometro del tipo mostrato in Figura 8.
Le Figure non sono in scala.
La Figura 1 mostra schematicamente un sistema 100 comprendente un interferometro 1 secondo una prima forma di realizzazione preferita della presente invenzione. Nella Figura 1 è mostrato un sistema di riferimento cartesiano xyz, al quale si farà riferimento nel corso della presente descrizione.
L'interferometro 1 preferibilmente è un interferometro di Michelson comprende un beam splitter (o divisore di fascio) 2, un primo specchio 3 ed un secondo specchio 4.
Il beam splitter 2 è preferibilmente un beam splitter a cubo o prisma. Secondo forme di realizzazione alternative, il beam splitter 2 è un beam splitter a lamina, come verrà descritto in maggiore dettaglio qui di seguito. Il beam splitter 2 è preferibilmente disposto in modo da suddividere un fascio luminoso di riferimento BRinincidente su di esso lungo una prima direzione x in due fasci interferenti B1R, B2Rsostanzialmente uguali, l'uno (B1R) trasmesso nella prima direzione x e l'altro (B2R) riflesso in una seconda direzione y sostanzialmente perpendicolare alla prima direzione x.
Il primo specchio 3 è disposto su un piano sostanzialmente perpendicolare alla direzione x di propagazione del primo fascio interferente B1R, in modo che il fascio B1Rriflesso si propaghi ancora in direzione x fino al beam splitter 2.
Secondo forme di realizzazione della presente invenzione, il secondo specchio 4 è preferibilmente disposto su un piano non perpendicolare alla direzione y di propagazione del secondo fascio interferente B2R. In particolare, il secondo specchio 4 preferibilmente forma un angolo α non nullo con il piano P perpendicolare alla direzione di propagazione y del fascio B2R(la cui traccia è tratteggiata in Figura 1). Nel seguito della presente descrizione, per semplicità, si ipotizza a titolo di esempio non limitativo che il secondo specchio 4 sia inclinato in modo che l'angolo α che esso forma con il piano P sia compreso nel piano xy.
Il sistema 100 preferibilmente comprende anche una sorgente laser 6 atta ad emettere il suddetto fascio di riferimento BR,ad una certa lunghezza d'onda λR. La lunghezza d'onda di emissione λRdella sorgente laser 6 è preferibilmente nell'infrarosso o nel visibile. Ad esempio, la sorgente laser 6 può essere un laser He:Ne con lunghezza d'onda di emissione λR=632,8 nm. Il sistema 100 comprende inoltre un fotorivelatore 7 atto a rilevare un'immagine del fascio luminoso in uscita dal beam splitter 2, come verrà discusso in maggiore dettaglio qui di seguito. Il fotorivelatore 7 è ad esempio un CCD ("Charge-Coupled Device") o un CMOS ("Complementary Metal-Oxide Semiconductor").
Il sistema 100 comprende inoltre almeno un attuatore cooperante con almeno uno dei due specchi 3 e 4. In particolare, nella forma di realizzazione mostrata in Figura 1, l'interferometro 1 comprende un attuatore 8 cooperante con il primo specchio 3. L'attuatore 8 è preferibilmente configurato per traslare lo specchio 3 lungo la direzione x in modo da modificarne la distanza dal beam splitter 2, come verrà discusso in maggiore dettaglio qui di seguito.
Il sistema 100 comprende inoltre un elaboratore 9 atto ad acquisire una o più immagini rilevate dal fotorivelatore 7 e ad elaborarle per fornire un segnale di controllo all'attuatore 8, come verrà discusso in maggiore dettaglio qui di seguito.
Il funzionamento del sistema 100 verrà ora descritto in maggiore dettaglio. La sorgente laser 6 preferibilmente emette un fascio luminoso di riferimento BRinalla lunghezza d'onda λR. Il fascio di riferimento BRinè preferibilmente un fascio gaussiano avente un certo diametro D. Il diametro D è dell'ordine di alcuni mm, ad esempio 10 mm. Il fascio di riferimento BRinpreferibilmente si propaga lungo la direzione x ed incide sul beam splitter 2, il quale ne trasmette una prima porzione e ne riflette una seconda porzione, creando così un primo fascio interferente B1Rche si propaga lungo la direzione x verso il primo specchio 3 ed un secondo fascio interferente B2Rche si propaga lungo la direzione y verso il secondo specchio 4.
Il primo fascio interferente B1Rviene riflesso dal primo specchio 3 ed incide così nuovamente sul beam splitter 2, che lo riflette lungo la direzione y verso il fotorivelatore 7. Il secondo fascio interferente B2Rviene riflesso invece dal secondo specchio 4 ed incide così nuovamente sul beam splitter 2, che lo trasmette lungo la direzione y verso il fotorivelatore 7. All'uscita del beam splitter 7, quindi, i due fasci interferenti B1Re B2Rinterferiscono tra loro, dando così luogo ad un fascio di riferimento di uscita BRoutche incide sul fotorivelatore 7.
Poiché, come menzionato sopra, lo specchio 4 è inclinato rispetto al piano P perpendicolare alla direzione di propagazione y del secondo fascio interferente B2R, la lunghezza del cammino ottico percorso dal fascio B2Rcambia in modo sostanzialmente continuo e lineare sul suo fronte d'onda, in particolare lungo la direzione x. Pertanto, il suo sfasamento rispetto al primo fascio interferente B1Rè anch'esso linearmente variabile in modo continuo lungo la direzione x. Il fascio di uscita BRoutpresenta quindi un'intensità luminosa che ha un profilo spaziale sinusoidale lungo la direzione x, come mostrato schematicamente nelle Figure 2 e 3. In particolare, l'intensità luminosa del fascio di uscita BRoutlungo la direzione x varia secondo la seguente relazione:
I(ϑ,φ) = b+A·sen(ϑ+φ). [2]
Nell'equazione [2], ϑ è uguale a x , in cui x è la coordinata spaziale Px
lungo la direzione x e Px è il periodo della sinusoide. Inoltre, φ è la fase della sinusoide, che dipende dalla posizione relativa degli specchi 3 e 4 secondo la seguente relazione:
φ=<2π>2·∆L+k, [3]
λR
in cui ∆L è la differenza tra le lunghezze dei due cammini ottici percorsi dai due fasci interferenti B1Re B2R, mentre k è una costante arbitraria che dipende dall'effettiva distanza dello specchio 4 dal beam splitter 2. Nell'equazione [2], inoltre, b è un valore di fondo dovuto all'eventuale non perfetto bilanciamento dei due bracci dell'interferometro 1 (ossia al fatto che i due fasci interferenti B1Re B2Rhanno intensità luminose diverse), mentre A dipende dall'intensità luminosa della sorgente 6.
Il periodo Px dell'intensità luminosa I(ϑ,φ) lungo la direzione x dipende dall'inclinazione dello specchio 4. Il periodo Px in particolare varia in funzione dell'angolo α secondo la seguente relazione:
Px = λR/ sen(2α). [4]
L'angolo α è preferibilmente scelto in modo che il profilo spaziale sinusoidale dell'intensità luminosa del fascio di uscita BRoutlungo la direzione x presenti almeno un periodo intero, ossia Px ≤ D. Sostituendo a Px l'equazione [4], ne deriva α ≥ 0,5·arcsen(λR/D). Ad esempio, assumendo un diametro D del fascio di 10 mm ed una lunghezza d'onda λRdi 632,8 nm (lunghezza d'onda di emissione di un laser He-Ne), il valore minimo dell'angolo α che garantisce la presenza di almeno un periodo completo lungo il diametro D è di circa 32 µrad.
Pertanto, come mostrato nelle Figure 2 e 3, il fronte d'onda del fascio di uscita BRoutpresenta righe intensità luminosa maggiore (che corrispondono ai punti di interferenza costruttiva tra i due fasci interferenti B1Re B2R) che si alternano a righe di intensità luminosa minore (che corrispondono ai punti di interferenza distruttiva tra i due fasci interferenti B1Re B2R). La posizione delle righe lungo la direzione x dipende dallo sfasamento φ, il quale a sua volta dipende dalla differenza tra le lunghezze dei due cammini ottici percorsi dai due fasci interferenti B1Re B2Rsecondo l'equazione [3] di cui sopra. Pertanto, quando ∆L cambia (ad esempio uno dei due specchi 3 o 4 si sposta per effetto di rumore ambientale), il valore di φ cambia e di conseguenza la sinusoide I(ϑ,φ) trasla rigidamente lungo la direzione x.
La traslazione avviene in un verso in caso di aumento di ∆L e nel verso opposto in caso di diminuzione di ∆L. In particolare, come mostrato nella Figura 4a, quando la differenza ∆L aumenta (ad esempio, lo specchio 4 si allontana leggermente dal beam splitter 2), lo sfasamento φ varia di una quantità δ positiva rispetto al valore desiderato φ* e la sinusoide I(ϑ,φ) si sposta di conseguenza in un primo verso lungo la direzione x, indicato in Figura 4a dalla freccia A1. Come mostrato invece nella Figura 4b, quando la differenza ∆L diminuisce (ad esempio, lo specchio 4 si avvicina leggermente al beam splitter 2), lo sfasamento φ varia di una quantità δ negativa rispetto al valore desiderato φ* e la sinusoide I(ϑ,φ) si sposta di conseguenza in un secondo verso lungo la direzione x, indicato in Figura 4b dalla freccia A2. Secondo forme di realizzazione della presente invenzione, viene generata una funzione di errore ε(δ) dipendente dalla variazione δ dello sfasamento φ rispetto al valore desiderato φ*.
A questo scopo, preferibilmente, viene definita la seguente funzione a gradino:
[5]
La funzione G(ϑ,φ*) è mostrata nelle Figure 4a e 4b. Essa ha lo stesso periodo di I(ϑ,φ) e vale 1 su mezzo periodo e -1 sull'altro mezzo periodo. Preferibilmente, la funzione di errore ε(δ) viene definita come
<[6]>
ove φ = φ*+δ (δ essendo la variazione dello sfasamento φ rispetto al valore desiderato φ* dovuta al rumore ambientale).
Dall'equazione [6] si evince che la funzione di errore ε(δ) presenta diversi vantaggi.
Innanzitutto, essa è indipendente dal valore dello sfasamento φ* al quale si desidera stabilizzare l'interferometro 1. Diversamente dalle tecniche di stabilizzazione basate sul dithering di uno dei due specchi, la funzione di errore ε(δ) quindi permette di rilevare scostamenti dell'interferometro 1 dallo sfasamento desiderato φ* con un'efficienza costante e sostanzialmente indipendente dal valore di φ* e dalla sua posizione lungo la risposta dell'interferometro.
Inoltre, vantaggiosamente, la funzione di errore ε(δ) è monotona e lineare in un intorno dello sfasamento φ* al quale si desidera stabilizzare l'interferometro 1 (ossia in un intorno di δ=0).
In particolare, quando δ=0 la posizione relativa tra I(ϑ,φ*)·e G(ϑ,φ*) è tale per cui ε(δ)=0, ossia quando lo sfasamento φ dell'interferometro 1 coincide con il valore desiderato φ*, la funzione di errore ε(δ) è nulla. Quando invece δ>0 (Figura 4a), la posizione relativa tra I(ϑ,φ)·e G(ϑ,φ*) è tale per cui ε(δ)>0, ossia quando lo sfasamento φ dell'interferometro 1 aumenta rispetto al valore desiderato φ*, la funzione di errore ε(δ) è positiva. Quando invece δ<0 (Figura 4b), la posizione relativa tra I(ϑ,φ)·e G(ϑ,φ*) è tale per cui ε(δ)<0, ossia quando lo sfasamento φ dell'interferometro 1 diminuisce rispetto al valore desiderato φ*, la funzione di errore ε(δ) è negativa.
La funzione di errore ε(δ) quindi indica in modo univoco se vi sia stato un aumento o una diminuzione della fase φ rispetto al valore desiderato φ*, e pertanto permette di controllare l'attuatore 8 in modo da aggiustare la posizione dello specchio 3 allontanandolo o avvicinandolo al beam splitter 2, in modo da compensare questo aumento o diminuzione.
Infine, la funzione di errore ε(δ) è indipendente dal valore di fondo b dell'equazione [2]. Essa è quindi applicabile anche nel caso in cui nell'interferometro 1 non vi sia un perfetto bilanciamento dei due rami.
Pertanto, vantaggiosamente, l'interferometro 1 può essere stabilizzato in qualsiasi punto della sua funzione di risposta, con un'efficienza sostanzialmente indipendente dalle caratteristiche della risposta dell'interferometro (in particolare, la sua derivata prima) in quel punto.
Con riferimento al diagramma di flusso della Figura 5, il funzionamento del sistema 100 verrà ora descritto in maggiore dettaglio.
In una prima fase 50, il fotorivelatore 7 rileva un'immagine del fascio di riferimento di uscita BRoutche, come mostrato in Figura 2 e descritto sopra, in direzione x ha un'intensità luminosa variabile in modo sinusoidale secondo l'equazione [2] di qui sopra. Il fotorivelatore 7 in particolare genera, per ogni pixel dell'immagine rilevata, un segnale elettrico la cui ampiezza è proporzionale al livello di grigio del pixel. L'ampiezza del segnale elettrico in particolare è sostanzialmente nulla se il pixel è nero (intensità luminosa minima), mentre assume un livello massimo se il pixel è bianco (intensità luminosa massima). Preferibilmente, il fotorivelatore 7 comprende un convertitore analogico-digitale integrato in esso che converte il segnale elettrico analogico corrispondente a ciascun pixel in un valore digitale di M bit. Alla fase 50 il fotorivelatore 7 quindi genera un insieme di dati che comprendono un valore di livello di grigio (preferibilmente digitalizzato in M bit e compreso tra 0 e 2<M>-1) per ogni pixel dell'immagine acquisita.
Quindi, in una fase 51, l'elaboratore 9 preferibilmente acquisisce dal fotorivelatore 7 questo insieme di dati e lo elabora in modo da estrapolare da esso un singolo periodo dell'intensità luminosa I(ϑ,φ) digitalizzata. In particolare, il fotorivelatore 7 seleziona dall'insieme di dati acquisiti un vettore VI = (vi1, vi2, … viN) di valori di livello di grigio di N pixel di riferimento allineati nella direzione x. Il numero N di pixel è preferibilmente pari ed è scelto in modo che, all'interno del vettore VI, l'intensità luminosa I(ϑ,φ) compia sostanzialmente un intero periodo. La posizione degli N pixel può essere scelta in diversi modi. Ad esempio, essa può essere definita prima di avviare l'algoritmo della Figura 5, indipendentemente dalla posizione dei massimi e minimi della dell'intensità luminosa I(ϑ,φ) negli N pixel. In alternativa, essa può essere stabilita alla prima iterazione della fase 50, in modo che gli N pixel dell'immagine acquisita comprendano un massimo ed un minimo dell'intensità luminosa I(ϑ,φ) in una posizione predefinita. Ad esempio, gli N pixel possono essere scelti dopo la prima iterazione della fase 50, in modo da comprendere un massimo (oppure un minimo) dell'intensità luminosa I(ϑ,φ) sostanzialmente in posizione mediana, in modo che il vettore VI = (vi1, vi2, … viN) sia sostanzialmente simmetrico (ossia vi1 ≅ viN, vi2 ≅ viN-1, etc.)
Quindi, in una fase 52, l'elaboratore 9 preferibilmente calcola un errore ε applicando l'equazione [6] di cui sopra in forma discretizzata al vettore VI = (vi1, vi2, … viN) generato alla fase 51 e ad un vettore VG = (vg1, vg2, … vgN) di N elementi che riproduce in forma discretizzata un singolo periodo della funzione a gradino G(ϑ,φ*) dell'equazione [5], ossia:
[7]
In particolare, ipotizzando che l'attuale sfasamento relativo φ tra i due bracci dell'interferometro 1 che ha dato luogo all'immagine acquisita alla prima iterazione della fase 50 sia lo sfasamento φ* al quale si desidera stabilizzare l'interferometro 1, il vettore GI è scelto in modo che l'errore ε calcolato applicando l'equazione [7] sia nullo. Ad esempio, se - come descritto sopra, il vettore VI = (vi1, vi2, … viN) è simmetrico, il vettore VG = (vg1, vg2, … vgN) è preferibilmente scelto in modo che i suoi primi N/2 elementi siano uguali a 1 ed i suoi restanti N/2 elementi siano uguali a -1. Durate una fase 53, l'elaboratore 9 elabora quindi l'errore ε (ad esempio, attraverso un algoritmo PID) per generare un segnale di controllo da inviare all'attuatore 8. Quindi, durante una fase 54, l'elaboratore 9 invia il segnale di controllo generato alla fase 53 all'attuatore 8, che si conseguenza muove lo specchio 3 avvicinandolo o allontanandolo dal beam splitter 2.
Le fasi 50-54 sopra descritte preferibilmente vengono ripetute in modo periodico. Il periodo di ripetizione è preferibilmente minore dei tempi caratteristici delle fluttuazioni delle posizioni dei due specchi 3 e 4 per effetto del rumore ambientale. Ad esempio, le fluttuazioni termiche tipicamente avvengono su tempi inferiori al secondo (frazioni di secondo). In questo caso, il periodo di ripetizione è preferibilmente scelto di almeno un ordine di grandezza più breve, ossia dell'ordine di decine di millisecondi (ad esempio, 25 millisecondi).
Pertanto, alla prima iterazione dell'algoritmo l'errore ε ed il segnale di controllo generati alle fasi 52 e 53 sono nulli.
Se, per effetto del rumore ambientale, lo sfasamento φ varia (ad esempio perché lo specchio 4 si sposta rispetto alla posizione iniziale), all'iterazione successiva della fase 50 la variazione dell'intensità luminosa I(ϑ,φ) dell'immagine acquisita è traslata lungo la direzione x. Pertanto, nel vettore VI = (vi1, vi2, … viN) la posizione del massimo (o del minimo) risulta cambiata rispetto alla prima iterazione dell'algoritmo di Figura 5. In particolare, se alla prima iterazione della fase 51 il vettore VI = (vi1, vi2, … viN) era simmetrico (ad esempio, presentava un massimo sostanzialmente al centro), se lo sfasamento φ varia di un δ positivo, il massimo si sposta verso una prima estremità del vettore VI = (vi1, vi2, … viN), mentre se lo sfasamento φ varia di un δ negativo, il massimo si sposta verso l'estremità opposta del vettore VI = (vi1, vi2, … viN). Ne consegue che l'errore ε calcolato secondo l'equazione [7], che alla prima iterazione della fase 52 era uguale a zero, è ora positivo o negativo, a seconda dell'estremità del vettore VI = (vi1, vi2, … viN) verso la quale si è spostato il massimo di intensità luminosa. Pertanto, mentre alla prima iterazione della fase 53 il segnale di controllo è nullo (essendo l'errore ε nullo), alle successive iterazioni della fase 53 il segnale di controllo è positivo o negativo, a seconda del segno dell'errore ε, il quale a sua volta dipende dal segno dello scostamento δ dal valore dello sfasamento φ* al quale si desidera stabilizzare l'interferometro 1. In questo modo, lo specchio 3 viene quindi vantaggiosamente spostato dall'attuatore 8 in modo da compensare le variazioni δ dello sfasamento φ e stabilizzare così l'interferometro 1.
L'algoritmo della Figura 5 vantaggiosamente è anche in grado di spostare lo specchio 3 in modo da portare l'interferometro 1 ad uno sfasamento desiderato φ* diverso da quello nel quale attualmente si trova. A questo scopo, anziché generare il vettore VG = (vg1, vg2, … vgN) in modo che l'errore ε calcolato applicando l'equazione [7] al vettore VI = (vi1, vi2, … viN) generato alla prima iterazione dell'algoritmo sia uguale a zero, il vettore VG = (vg1, vg2, … vgN) viene preferibilmente scelto in modo che l'errore ε sia nullo quando nel vettore VI = (vi1, vi2, … viN) il massimo ed il minimo di un periodo sono in una certa posizione che corrisponde ad uno sfasamento φ* desiderato. Secondo queste forme di realizzazione, quindi, il vettore VG = (vg1, vg2, … vgN) comprende sempre un periodo della funzione G(ϑ,φ*), ma il fronte di salita della funzione G(ϑ,φ*) (ossia il passaggio dal valore -1 al valore 1) è traslato rispetto alla posizione mediana del vettore VG in modo da trovarsi in corrispondenza della posizione che il massimo della funzione I(ϑ,φ) assume nel vettore VI quando φ=φ*. In questo caso, quindi, alle varie iterazioni dell'algoritmo di Figura 5 lo specchio 3 viene spostato dall'attuatore 8 nella posizione che dà luogo allo sfasamento φ* selezionato dall'operatore e viene quindi mantenuto stabilmente in questa posizione.
Se si desidera quindi spostare lo specchio 3 in modo da portare l'interferometro 1 ad uno sfasamento φ* e mantenerlo stabile in quella posizione, è sufficiente utilizzare nelle varie iterazioni della fase 52 un vettore VG = (vg1, vg2, … vgN) opportuno. Lo specchio 3 può essere spostato di una distanza massima di λR/2.
L'algoritmo sopra descritto è quindi vantaggioso, in quanto è implementato interamente da un elaboratore, e risulta particolarmente stabile nel tempo. Per verificarne la stabilità, gli inventori hanno realizzato un sistema analogo a quello della Figura 1 ed hanno misurato l'intensità luminosa di uno tra gli N pixel di riferimento, corrispondente a ϑ=π e φ=0 (40 campionamenti al secondo). L'interferometro non era provvisto di alcuna stabilizzazione termica, cosicché era soggetto a fluttuazioni dello sfasamento φ dovute a variazioni di temperatura. Per 48 ore l'interferometro è stato stabilizzato eseguendo l'algoritmo della Figura 5, la cui esecuzione è stata quindi sospesa. I risultati sono mostrati nel grafico di Figura 6. Come visibile dal grafico, l'intensità luminosa del pixel considerato è rimasta sostanzialmente costante fintantoché l'algoritmo di stabilizzazione è rimasto in esecuzione, mentre ha mostrato fluttuazioni considerevoli nel momento in cui l'esecuzione dell'algoritmo è stata sospesa.
Per quantificare la stabilità, i valori di intensità luminosa del pixel rilevati durante l'esecuzione dell'algoritmo sono stati analizzati in modo statistico per ottenere la distribuzione statistica dei valori di δ, ottenuti applicando l'inverso dell'equazione [2]. La distribuzione statistica ottenuta è mostrata nel riquadro della Figura 6. La distribuzione è sostanzialmente gaussiana, con una media di 0°±0,1° ed una larghezza a metà altezza (FWHM) di 0,7°±0,1°. In termini di spostamento ∆L, la precisione della stabilizzazione della posizione relativa dei due spechi dell'interferometro è di 0,8 nm, che corrisponde alla precisione di posizionamento dell'attuatore 8.
Gli inventori hanno misurato anche l'accuratezza di posizionamento dell'interferometro. A questo scopo, gli inventori hanno scelto l'angolo α di inclinazione del secondo specchio 4 dell'interferometro in modo che un periodo della sinusoide dell'intensità luminosa I(ϑ,φ) occupasse N=500 pixel del fotorivelatore 7 (ossia in modo che 360°/500=0,8° fosse confrontabile con la precisione misurata nel test precedente). Gli inventori hanno quindi stabilizzato l'interferometro in una successione di posizioni consecutive, ottenute traslando il vettore VG = (vg1, vg2, … vgN) di un pixel ogni 20 secondi e monitorando l'intensità luminosa di un pixel di riferimento al variare del tempo. I risultati della misura sono mostrati nei grafici della Figura 7. Nel riquadro, è mostrato il grafico complessivo dell'insieme di tutti i dati acquisiti. La figura principale è invece un ingrandimento della porzione del grafico complessivo delimitata dal rettangolo R, posizionata circa a metà ampiezza del grafico complessivo. Dal grafico, risulta che l'accuratezza della stabilizzazione dello sfasamento φ è di circa 0,8°, che corrispondono alla precisione di posizionamento dell'attuatore. Questa accuratezza è indipendente dal valore dello sfasamento φ* al quale si desidera stabilizzare l'interferometro.
La Figura 8 mostra un sistema 100' comprendente un interferometro 1' secondo una seconda forma di realizzazione della presente invenzione.
Il sistema 100' preferibilmente comprende tutti gli elementi del sistema 100 mostrati in Figura 1. Pertanto la loro descrizione dettagliata non sarà ripetuta. Gli elementi della Figura 8 corrispondenti a quelli della Figura 1 sono indicati con lo stesso numero di riferimento, seguito da un apice.
In aggiunta, il sistema 100' della Figura 8 comprende anche un'ulteriore sorgente laser 10' atta ad emettere un fascio luminoso di misura BMin, le cui proprietà ottiche si desidera misurare tramite l'interferometro 1'. La sorgente laser 10' ha una lunghezza d'onda di emissione λM, che è preferibilmente diversa dalla lunghezza d'onda di riferimento λRdella sorgente 6'. Ad esempio, la lunghezza d'onda λMpuò essere nell'infrarosso (ad esempio 1550 nm) e la lunghezza d'onda λRpuò essere nel visibile.
Il sistema 100' comprende anche un fotodiodo 11' atto a fornire una misura dell'intensità luminosa del fascio di misura BMoutin uscita dal beam splitter 2', come verrà discusso in maggiore dettaglio qui di seguito.
Il sistema 100' inoltre comprende preferibilmente anche uno o più specchi 12' interposti tra la sorgente 10' ed il beam splitter 2', atti a deviare il fascio di misura BMinemesso dalla sorgente 10' in modo che incida sul beam splitter 2' sostanzialmente parallelamente al fascio di riferimento BR. Anche il fascio di misura BMinquindi si propaga lungo la direzione x ed incide sul beam splitter 2', il quale ne trasmette una prima porzione e ne riflette una seconda porzione, creando così un primo fascio interferente B1Mche si propaga lungo la direzione x verso il primo specchio 3' ed un secondo fascio interferente B2Mche si propaga lungo la direzione y verso il secondo specchio 4'.
L'interferometro 1' inoltre preferibilmente comprende una lente 13' interposta tra il beam splitter 2' ed il secondo specchio 4'. Lo specchio 4' è preferibilmente posizionato nel piano focale della lente 13', cosicché le lente 13' preferibilmente focalizza il secondo fascio interferente B2Msulla superficie dello specchio 4', in modo che il secondo fascio interferente B2Msia riflesso sostanzialmente in un unico punto dello specchio 4'.
Quindi, il primo fascio interferente B1Mviene riflesso dal primo specchio 3' ed incide così nuovamente sul beam splitter 2', che lo riflette lungo la direzione y. Il secondo fascio interferente B2Mviene riflesso invece dal secondo specchio 4' ed incide così nuovamente sul beam splitter 2', che lo trasmette lungo la direzione y (la direzione di incidenza e di riflessione coincidono anche se lo specchio 4' è inclinato, grazie alle proprietà della trasformata di Fourier della lente 13'). All'uscita del beam splitter 2' quindi i due fasci interferenti B1Me B2Minterferiscono tra loro, dando così luogo ad un fascio di misura di uscita BMout.
Il sistema 100' preferibilmente comprende anche uno o più specchi 14' interposti tra il beam splitter 2' ed il fotodiodo 11', atti a deviare il fascio di uscita BMoutemesso dal beam splitter 2' in modo che incida sul fotodiodo 11'. Pertanto, grazie alla lente 13' che focalizza il secondo fascio interferente B2Msostanzialmente in un punto dello specchio 4', anche se lo specchio 4' è inclinato rispetto al piano P perpendicolare alla direzione di propagazione y del fascio B2M, il fascio B2Mpercorre tra il beam splitter 2' e lo specchio 4' un cammino ottico che ha sostanzialmente la stessa lunghezza su tutto il fronte d'onda del fascio. Pertanto, diversamente da quanto accade per il fascio di riferimento BRin, lo sfasamento tra i due fasci interferenti B1Me B2Mè sostanzialmente uniforme su tutto il fronte d'onda del fascio. Il fascio di uscita BMoutha quindi un'intensità luminosa sostanzialmente uniforme, che dipende dallo sfasamento relativo tra i due fasci interferenti B1Me B2Mossia dalla differenza tra le distanze dei due specchi 3' e 4' dal beam splitter 2' (per lo specchio 4', si considera la distanza dal beam splitter 2' del punto dello specchio 4' sul quale si riflette il fascio B2M).
Pertanto, in questa seconda forma di realizzazione, il fascio di riferimento BRoutemesso dal beam splitter 2' presenta un profilo sinusoidale di intensità luminosa sul suo fronte d'onda, che consente di implementare il metodo di stabilizzazione dello sfasamento dell'interferometro 1' come descritto sopra. Il fascio di misura BMoutemesso dal beam splitter 2' ha invece un'intensità luminosa uniforme sul suo fronte d'onda, e le sue proprietà ottiche possono quindi essere studiate ed utilizzate per diverse applicazioni quali metrologia, olografia ed ottica quantistica.
La Figura 9 mostra i risultati di una misura eseguita dagli inventori. Come sorgente 6' è stato utilizzato un laser He:Ne (λC=362,8 nm), mentre come sorgente 10' è stato utilizzato un diodo laser (λM=1550 nm). La visibilità delle frange sul fascio di misura BMoutcome misurata dal fotodiodo 11' è pari al 94% circa. Il segnale sul fotodiodo, su cui tutto il fascio viene focalizzato perdendo ogni informazione spaziale, può dare una visibilità così alta solo se la fase è omogenea su tutto il diametro del fascio. Questa misura mostra anche che lo sfasamento φ* al quale si desidera stabilizzare l'interferometro 1' può essere variato in modo sostanzialmente continuo su un intervallo maggiore di 2π. Come mostrato nella Figura 9, infatti, lo sfasamento del fascio di rifermento BRoutgenerato dal laser He:Ne cambia di più di 2π, mentre lo sfasamento del fascio di misura BMoutcambia di un intero periodo, a causa della minore lunghezza d’onda λRdel fascio di riferimento BRout. Questa misura mostra che lo sfasamento φ* al quale si desidera stabilizzare l'interferometro 1' può essere variato in modo sostanzialmente continuo su un intervallo maggiore di 2π: Non sarebbe possibile vedere un intero periodo (o più di un periodo, come mostrato in Figura 9) su di un fascio di lunghezza d’onda maggiore di λR, se il punto di stabilizzazione fosse periodico in λR.Questo effetto è dato dalla linearità della funzione di errore ε(δ) per piccoli intervalli δ secondo l'equazione [6] e dalla su indipendenza da φ*.
Secondo una variante vantaggiosa della seconda forma di realizzazione, il beam splitter 2' è configurato in modo da emettere il secondo fascio interferente di riferimento B2Red il secondo fascio interferente di misura B2Min due diverse direzioni di propagazione. Questo può essere ottenuto ad esempio utilizzando un beam splitter a lamina (anziché a cubo). Scegliendo in modo opportuno l'angolo di wedge del beam splitter e i suoi indici di rifrazione alle due lunghezze d'onda λRe λM, si possono calibrare gli angoli di rifrazione alle due lunghezze d'onda λRe λMe quindi le due direzioni di propagazione all'uscita del beam splitter 2'.
Secondo questa variante, lo specchio 4' è posizionato in modo da essere sostanzialmente perpendicolare alla direzione di incidenza del secondo fascio interferente di misura B2M. In questo modo, lo sfasamento del secondo fascio interferente di misura B2Mriflesso dallo specchio 4' rispetto al primo fascio interferente di misura B1Mè uniforme su tutto il suo fronte d'onda, anche senza l'utilizzo di alcuna lente. Il fascio di misura BMoutemesso dal beam splitter 2' ha quindi un'intensità luminosa uniforme sul suo fronte d'onda, e le sue proprietà ottiche possono quindi essere studiate ed utilizzate per diverse applicazioni quali metrologia, olografia ed ottica quantistica.
D'altro canto, lo specchio 4' risulta inclinato rispetto al piano perpendicolare alla direzione di propagazione del secondo fascio interferente di controllo B2C. Questo fa sì che il fascio di riferimento BRoutin uscita dal beam splitter 2' presenti un profilo sinusoidale dell'intensità luminosa sul suo fronte d'onda. Questo permette quindi vantaggiosamente di utilizzare il fascio di riferimento BRoutper stabilizzare l'interferometro ad uno sfasamento desiderato φ*, come descritto sopra. Questa variante è vantaggiosa in quanto, non richiedendo l'uso di alcuna lente per focalizzare il fascio B2Msullo specchio 4', è vantaggiosamente molto compatta.
Sebbene le forme di realizzazione sopra descritte siano interferometri di Michelson, il metodo di stabilizzazione sopra descritto è applicabile a qualsiasi tipo di interferometro (ad esempio Fizeau, Mach-Zehnder, Sagnac e Fabry-Pérot). Per applicare il metodo di cui sopra a questi interferometri, viene modificato il cammino ottico di uno dei due fasci interferenti in modo che questo presenti, rispetto all'altro fascio interferente, uno sfasamento che varia in modo sostanzialmente lineare e continuo sul suo fronte d'onda, ossia lungo almeno una delle direzioni perpendicolari alla sua direzione di propagazione. In questo modo, all'uscita dell'interferometro si ottiene un fascio avente intensità luminosa variabile sinusoidalmente lungo almeno una delle direzioni perpendicolari alla sua direzione di propagazione, che può essere utilizzato per generare un segnale di errore eseguendo l'algoritmo di Figura 5.

Claims (10)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Un metodo per stabilizzare un interferometro (1, 1') atto a ricevere un fascio luminoso di ingresso (BRin), dividere detto fascio luminoso di ingresso (BRin) in due fasci interferenti (B1R, B2R), propagare detti due fasci interferenti (B1R, B2R) lungo due cammini ottici in modo che accumulino uno sfasamento reciproco (φ), ed emettere un fascio luminoso di uscita (BRout) prodotto dall'interferenza di detti due fasci interferenti (B1R, B2R), detto metodo comprendendo: a) configurare detti due cammini ottici in modo che detto sfasamento reciproco (φ) sia variabile lungo una direzione (x) sostanzialmente perpendicolare ad una direzione di propagazione di detto fascio luminoso di uscita (BRout), cosicché detto fascio luminoso di uscita (BRout) presenta un profilo di intensità luminosa (I(ϑ,φ)) variabile lungo detta direzione (x); b) generare un segnale di errore (ε) indicativo di una traslazione di detto profilo di intensità luminosa (I(ϑ,φ)) lungo detta direzione (x), detta traslazione essendo dovuta ad una variazione (δ) di detto sfasamento reciproco (φ) rispetto ad uno sfasamento reciproco desiderato (φ*); e c) utilizzare detto segnale di errore (ε) per comandare un attuatore (8, 8') atto a modificare una lunghezza di uno di detti cammini ottici in modo da compensare detta variazione (δ) di detto sfasamento reciproco (φ).
  2. 2. Il metodo secondo la rivendicazione 1, in cui in detta fase b) detto generare detto segnale di errore (ε) comprende calcolare il valore di una funzione di errore (ε(δ)) ottenuta da detto profilo di intensità luminosa (I(ϑ,φ)), detta funzione di errore (ε(δ)) essendo monotona rispetto a detta variazione (δ) di detto sfasamento reciproco (φ) in almeno un intervallo di valori di detta variazione (δ) comprendente il valore nullo.
  3. 3. Il metodo secondo la rivendicazione 1 o 2, in cui detta fase a) comprende configurare detti due cammini ottici in modo che detto sfasamento reciproco (φ) sia linearmente variabile lungo detta direzione (x), cosicché detto profilo di intensità luminosa (I(ϑ,φ)) è variabile in modo periodico lungo detta direzione (x).
  4. 4. Il metodo secondo la rivendicazione 3, in cui detta fase a) comprende configurare detti due cammini ottici in modo che lungo detta direzione (x) detto fascio luminoso di uscita (BRout) presenti almeno un periodo completo di detto profilo di intensità luminosa (I(ϑ,φ)).
  5. 5. Il metodo secondo la rivendicazione 3 o 4, in cui in detta fase b) detto generare detto segnale di errore (ε) comprende calcolare il valore della seguente funzione di errore:
    in cui I(ϑ, φ) è detto profilo di intensità luminosa (I(ϑ,φ)), G(ϑ,φ*) è la seguente funzione: G(ϑ,φ*) = sign(cos(ϑ+φ*)), φ è detto sfasamento reciproco, φ* è detto sfasamento reciproco desiderato, δ è detta variazione di detto sfasamento reciproco rispetto a detto sfasamento reciproco desiderato e ϑ è una variabile dipendente dalla coordinata spaziale lungo detta direzione (x).
  6. 6. Il metodo secondo la rivendicazione 5, in cui detta fase b) comprende acquisire un'immagine di detto fascio luminoso di uscita (BRout), individuare in detta immagine acquisita un insieme di N pixel allineati lungo detta direzione (x) e generare un vettore VI di N elementi comprendente valori di intensità luminosa (vi1, vi2, … viN) di detti N pixel.
  7. 7. Il metodo secondo la rivendicazione 6, in cui detti N pixel sono scelti in modo che detti valori di intensità luminosa (vi1, vi2, … viN) di detto vettore VI corrispondano ad almeno un periodo completo di detto profilo di intensità luminosa (I(ϑ,φ)).
  8. 8. Il metodo secondo la rivendicazione 6 o 7, in cui detti N pixel sono scelti in modo che detti valori di intensità luminosa (vi1, vi2, … viN) di detto vettore VI presentino un massimo oppure un minimo in una posizione predefinita di detto vettore VI.
  9. 9. Il metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 6 a 8, in cui in detta fase b) detto generare detto segnale di errore (ε) comprende utilizzare detto vettore VI per calcolare il valore della funzione di errore ε(δ) in forma discretizzata.
  10. 10. Un sistema (100, 100') comprendente: - un interferometro (1, 1') atto a ricevere un fascio luminoso di ingresso (BRin), dividere detto fascio luminoso di ingresso (BRin) in due fasci interferenti (B1R, B2R), propagare detti due fasci interferenti (B1R, B2R) lungo due cammini ottici in modo che accumulino uno sfasamento reciproco (φ), ed emettere un fascio luminoso di uscita (BRout) prodotto dall'interferenza di detti due fasci interferenti (B1R, B2R), detti due cammini ottici essendo configurati in modo che detto sfasamento reciproco (φ) sia variabile lungo una direzione (x) sostanzialmente perpendicolare ad una direzione di propagazione di detto fascio luminoso di uscita (BRout), cosicché detto fascio luminoso di uscita (BRout) presenta un profilo di intensità luminosa (I(ϑ,φ)) variabile lungo detta direzione (x); - un elaboratore (9, 9') atto a generare un segnale di errore (ε) indicativo di una traslazione di detto profilo di intensità luminosa (I(ϑ,φ)) lungo detta direzione (x), detta traslazione essendo dovuta ad una variazione (δ) di detto sfasamento reciproco (φ) rispetto ad uno sfasamento reciproco desiderato (φ*); e - un attuatore (8, 8') atto a ricevere detto segnale di errore (ε) per modificare una lunghezza di uno di detti cammini ottici in modo da compensare detta variazione (δ) di detto sfasamento reciproco (φ).
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