ITMI20131345A1 - Dispositivo per il rilevamento di composti molecolari basato su risonanza plasmonica di superficie - Google Patents

Dispositivo per il rilevamento di composti molecolari basato su risonanza plasmonica di superficie

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ITMI20131345A1
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IT
Italy
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microprocessor
sample
photodetector
images
sensor
Prior art date
Application number
IT001345A
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English (en)
Inventor
Giovanni Danese
Lucia Fornasari
Francesco Leporati
Franco Marabelli
Nelson Nazzicari
Sara Rampazzi
Andrea Valsesia
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Univ Pavia
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    • B82Y15/00Nanotechnology for interacting, sensing or actuating, e.g. quantum dots as markers in protein assays or molecular motors
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Description

Dott. Ing. Giulia Pietra
DESCRIZIONE
Della Domanda di Brevetto per Invenzione Industriale dal Titolo:
“Dispositivo per il rilevamento di composti molecolari basato su risonanza plasmonica di superficie"
a nome : UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA
inventore : D<ANESE>Giovanni, L<EPORATI>Francesco, M<ARABELLI>Franco,
R<AMPAZZI>Sara, N<AZZICARI>Nelson, F<ORNASARI>Lucia, V<ALSESIA>Andrea
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La presente invenzione riguarda in generale il settore dei dispositivi per il rilevamento di composti molecolari in campioni di origine biologica o chimica. Più in particolare, la presente invenzione riguarda un dispositivo per il rilevamento di composti molecolari basato sulla risonanza plasmonica di superficie ("Surface Plasmonic Resonance" in inglese o, in breve, SPR). Come noto, i plasmoni di superficie (o polaritoni plasmonici di superficie) sono onde elettromagnetiche che si propagano all'interfaccia tra un metallo ed un materiale dielettrico. Quando una radiazione luminosa con polarizzazione P (ossia polarizzazione parallela al piano di incidenza) incide su questa interfaccia con un opportuno angolo di incidenza ed una particolare lunghezza d'onda, essa è almeno in parte assorbita dalla stessa interfaccia, accoppiandosi ai plasmoni di superficie e dando così luogo ad un fenomeno di risonanza detto “risonanza plasmonica di superficie" o, in breve, SPR. La risonanza plasmonica di superficie si traduce quindi in una diminuzione dell'intensità della radiazione luminosa riflessa dall'interfaccia metallo-dielettrico.
Sono noti sensori che utilizzano la risonanza plasmonica di superficie per analizzare un campione, ad esempio per misurarne l'indice di rifrazione. Questi sensori in genere comprendono un sottile strato metallico (tipicamente oro o argento) depositato su un substrato trasparente (tipicamente vetro). Il campione viene portato in contatto con la superficie del metallo opposta al substrato, cosicché in corrispondenza di essa si verifica un cambiamento di indice di rifrazione. Se lo strato metallico è sufficientemente sottile, questo Dott. Ing. Giulia Pietra
cambiamento di indice di rifrazione a sua volta si traduce in un cambiamento delle condizioni di risonanza plasmonica. L'indice di rifrazione del campione può quindi essere misurato facendo incidere una radiazione luminosa sullo strato metallico attraverso il substrato trasparente in assenza ed in presenza del campione, e misurando la variazione di intensità luminosa della radiazione riflessa dal sensore.
Di recente, è stato osservato un fenomeno di risonanza plasmonica di superficie localizzata (in breve, L-SPR) in nanostrutture metalliche, ossia in strutture metalliche periodiche aventi periodo minore della lunghezza d'onda della radiazione luminosa incidente. Queste strutture possono ad esempio comprendere una matrice di micro-fori ricavati in un sottile strato metallico depositato su un substrato trasparente. Quando la radiazione luminosa incide sullo strato metallico attraverso il substrato trasparente con direzione di incidenza sostanzialmente perpendicolare ad esso, se la sua lunghezza d'onda soddisfa le condizioni di risonanza plasmonica, essa è almeno in parte assorbita dallo strato metallico, accoppiandosi a polaritoni stazionari confinati all'interno dei micro-fori e dando così luogo alla risonanza plasmonica di superficie localizzata o L-SPR. La risonanza plasmonica di superficie localizzata si traduce quindi in una diminuzione dell'intensità della radiazione luminosa localmente riflessa dall'interfaccia metallo-dielettrico. Analogamente alla SPR, anche il fenomeno della L-SPR è utilizzato per l'analisi di campioni biologici, ad esempio per rilevare la presenza di composti molecolari in un campione (in particolare un campione fluido quale sangue umano, acqua di un fiume, etc.) e/o misurare la loro concentrazione. In questi sensori, la superficie superiore della matrice di nanostrutture metalliche (ossia quella opposta al substrato di vetro) può essere fornita di ricettori atti a reagire chimicamente con l'analita (ossia con il composto molecolare da rilevare), così da immobilizzare le molecole dell'analita sulla superficie superiore della matrice. Ad esempio, nel caso di micro-fori, i ricettori dell'analita possono essere depositati all'interno dei micro-fori. Quando il campione fluido viene portato a contatto con la superficie superiore della matrice, le molecole dell'analita (se presenti nel campione) vengono Dott. Ing. Giulia Pietra
immobilizzate nei micro-fori dai ricettori. La presenza di una o più molecole di analita immobilizzate all'interno dei micro-fori induce un cambiamento locale dell'indice di rifrazione in corrispondenza della superficie superiore della matrice. Se lo strato metallico nel quale sono ricavate le nanostrutture è sufficientemente sottile, questo cambiamento locale di indice di rifrazione a sua volta si traduce in un cambiamento locale delle condizioni di risonanza plasmonica e, quindi, in un cambiamento di intensità della radiazione luminosa localmente riflessa dalle aree dello strato metallico i cui micro-fori contengono una o più molecole di analita. La presenza dell'analita nel campione può quindi essere rilevata facendo incidere una radiazione luminosa sullo strato metallico attraverso il substrato trasparente in assenza ed in presenza del campione, e rilevando l’eventuale variazione di intensità luminosa della radiazione riflessa dalla porzione di sensore i cui micro-fori contengono il ricettore per quell'analita.
All'interno di una stessa matrice di nanostrutture metalliche, possono essere previste aree fornite di ricettori atti a reagire con analiti diversi, ottenendo così un sensore multi-parametrico. Rilevando un'immagine della superficie della matrice illuminata, è possibile quindi rilevare simultaneamente la presenza di due o più analiti nel medesimo campione. EP 2 264 438 descrive un sistema per il rilevamento di composti molecolari in campioni biologici, che comprende un sensore SPR a sua volta comprendente un nano-reticolo in oro depositato su un substrato trasparente in vetro o polimero. La superficie superiore del sensore SPR presenta ricettori atti a catturare uno o più analiti depositati attraverso una tecnica di micro-spotting. Il sistema comprende, inoltre, due sorgenti luminose a due diverse lunghezze d'onda (una di misura atta a provocare la SPR ed una di riferimento usata per la compensazione di artefatti dovuti ad effetti quali variazioni di temperatura, fluttuazioni di polarizzazione e/o di intensità, interferenze, instabilità della sorgente, etc.). Il sistema comprende anche un set up ottico a sua volta comprendente un accoppiatore, un separatore di fascio ed una o più lenti in cascata. L'accoppiatore è atto a controllare la trasmissione simultanea o alternata delle due sorgenti luminose, mentre il Dott. Ing. Giulia Pietra
sistema di lenti è atto ad illuminare la superficie del biosensore in modo sostanzialmente uniforme. La radiazione luminosa emessa dalle sorgenti luminose incide sul sensore SPR dal lato del substrato trasparente, con un angolo di incidenza sostanzialmente perpendicolare alla superficie del biosensore. La radiazione luminosa riflessa dal biosensore (ossia dall'interfaccia tra substrato e nano-reticolo) viene direzionata attraverso il separatore di fascio su un fotorivelatore, in particolare il fotorivelatore CCD di una telecamera. La telecamera rileva una sequenza di immagini della superficie del sensore, che mostrano l'andamento temporale della sua luminosità (ossia dell'intensità luminosa della radiazione riflessa). Le immagini sono quindi trasmesse ad un processore, il quale le elabora per rilevare il verificarsi di fenomeni di SPR locali indicativi della presenza di analiti.
Gli inventori hanno percepito la necessità di fornire un dispositivo per il rilevamento di composti molecolari che sia in grado di fornire i risultati di misura su un campione in modo indipendente (ossia senza la necessità di essere collegato ad alcun elaboratore esterno), che fornisca i risultati sostanzialmente in tempo reale (ossia entro poche decine di minuti dall’inizio della misura), che sia portatile (in particolare, che sia tale da poter essere portato nel palmo di una mano) e che abbia un costo contenuto (in modo da consentirne la diffusione in diversi ambiti, e non solo in laboratori di ricerca). Secondo la presente invenzione, questi ed altri scopi sono raggiunti da un dispositivo per il rilevamento di un composto molecolare in un campione, nel quale le funzioni di acquisizione delle immagini e successiva elaborazione delle stesse sono implementate in un microprocessore integrato assieme agli altri componenti del dispositivo (ossia il sensore SPR, la/e sorgente/i luminosa/e ed il set up ottico) in un medesimo involucro. Secondo forme di realizzazione particolarmente vantaggiose (basso costo, bassi consumi, piccole dimensioni, semplicità realizzativa), il microprocessore è di tipo per applicazioni embedded, ed è specificamente programmato per cooperare con il fotorivelatore in modo da elaborare le immagini che esso rileva e calcolare un parametro indicativo della presenza e/o della concentrazione del Dott. Ing. Giulia Pietra
composto molecolare nel campione.
Grazie all'inclusione di un microprocessore nell'involucro del dispositivo, il dispositivo è vantaggiosamente autonomo (o stand alone), ossia è in grado di elaborare autonomamente le immagini della superficie illuminata del sensore SPR rilevate dal fotorivelatore e di fornire i risultati dell'elaborazione, senza alcuna necessità di essere collegato ad un elaboratore esterno.
Il microprocessore per applicazioni embedded, inoltre, può essere vantaggiosamente programmato in modo da rendere la sua interazione con il fotorivelatore particolarmente efficiente, così da poter elaborare le immagini acquisite e fornire i risultati dell'elaborazione in un tempo particolarmente ridotto e sostanzialmente in tempo reale, come verrà discusso in maggiore dettaglio qui di seguito.
Inoltre, poiché il microprocessore è per applicazioni embedded, esso ha costi, consumi e dimensioni ridotti. Le dimensioni dell'involucro che racchiude tutti i componenti del dispositivo (incluso il microprocessore) ha dimensioni paragonabili ad un dispositivo palmare, ed è quindi vantaggiosamente adatto ad analisi in loco, consentendo ad esempio di effettuare misure direttamente sul luogo di prelievo dei campioni.
Inoltre, tra i microprocessori per applicazioni embedded, sono disponibili sul mercato microprocessori a basso costo (ad esempio, i microprocessori della famiglia ARM o Advanced RISC Machine) particolarmente diffusi nell'ambito dell'elettronica di consumo (ad esempio sugli smartphone), che consentono di contenere il costo complessivo del dispositivo.
Per questi motivi, il dispositivo secondo la presente invenzione è adatto al rilevamento di composti molecolari in diversi ambiti (biomedicale, agroalimentare ed ambientale), nei quali permette di ottenere misure a basso costo, in situ (portabile) e sostanzialmente in tempo reale. Esso può avere svariate applicazioni, quali ad esempio:
- settore medicale (analisi di parametri biologici vitali dei pazienti, diagnosi di malattie infettive, analisi dei sangue);
- settore agroalimentare (analisi di qualità e sicurezza degli alimenti, ad esempio rilevamento di allergeni o di sostanze chimiche per valutare se Dott. Ing. Giulia Pietra
eccedono i limiti fissati dalle normative);
- salute e igiene ambientale (analisi di terreni ed acque per il rilevamento, ad esempio, di pesticidi e/o contaminanti chimici);
- settore farmaceutico (analisi di composti chimici); e
- settore industriale (analisi di prodotti intermedi e finali per il controllo dei processi o per controlli di qualità).
Secondo un primo aspetto dell’invenzione, viene fornito un dispositivo per rilevare un composto molecolare in un campione in base ad un fenomeno di risonanza plasmonica di superficie, comprendente:
- almeno una sorgente atta a generare una radiazione luminosa;
- un sensore avente una prima superficie comprendente una porzione atta ad essere posta in contatto con il campione ed una seconda superficie opposta alla prima superficie e atta ad essere illuminata dalla radiazione luminosa, la radiazione luminosa essendo atta ad eccitare la risonanza plasmonica di superficie a seconda di condizioni di risonanza che dipendono dalla presenza del composto molecolare nel campione;
- un fotorivelatore atto a monitorare l'eccitazione della risonanza plasmonica di superficie rilevando una sequenza di immagini della seconda superficie del sensore illuminata dalla radiazione luminosa; - un microprocessore configurato per ricevere dal fotorivelatore la sequenza di immagini e per elaborarla per calcolare un parametro indicativo della presenza del composto molecolare nel campione; e - un involucro nel quale sono alloggiati l'almeno una sorgente, il sensore, il fotorivelatore e il microprocessore.
Preferibilmente, il microprocessore è del tipo per applicazioni embedded. Preferibilmente, il fotorivelatore è un fotorivelatore CMOS.
Preferibilmente, il microprocessore è direttamente collegato a detto fotorivelatore. Il termine "direttamente" significa che tra i pin del fotorivelatore ed i pin del microprocessore non è presente alcun componente intermedio che effettua un'elaborazione dei dati emessi dal fotorivelatore.
Preferibilmente, l'involucro ha forma sostanzialmente di parallelepipedo, con larghezza e lunghezza minori di 15 cm ed altezza minore di 10 cm.
Dott. Ing. Giulia Pietra
Secondo forme di realizzazione preferite, il microprocessore è configurato per:
- ricevere dal fotorivelatore un insieme di dati relativo ad un'immagine della sequenza di immagini; e
- elaborare l'insieme di dati per calcolare il parametro indicativo della presenza del composto molecolare nel campione, prima di ricevere dal fotorivelatore un'ulteriore insieme di dati relativo ad un'immagine successiva della sequenza di immagini.
Preferibilmente, il dispositivo comprende anche una memoria, ed il microprocessore è configurato per memorizzare l'insieme di dati ed il parametro indicativo della presenza del composto molecolare nel campione nella memoria, prima di ricevere dal fotorivelatore un'ulteriore insieme di dati relativo ad un'immagine successiva della sequenza di immagini.
Preferibilmente, il dispositivo comprende anche uno schermo, ed il microprocessore è configurato per visualizzare il parametro indicativo della presenza del composto molecolare nel campione sullo schermo, prima di ricevere dal fotorivelatore un'ulteriore insieme di dati relativo ad un'immagine successiva della sequenza di immagini.
Secondo forme di realizzazione vantaggiose, il microprocessore è configurato per, alla ricezione di ciascuna immagine della sequenza di immagini, calcolare un'intensità luminosa media di un'area di misura posta in corrispondenza della porzione della prima superficie del sensore atta ad essere posta in contatto con il campione.
Secondo varianti particolarmente vantaggiose, il microprocessore è configurato per, alla ricezione di ciascuna immagine della sequenza di immagini, normalizzare l'intensità luminosa media dell'area di misura dividendola per un'intensità luminosa media di un'area di controllo posta sulla prima superficie del sensore esternamente alla porzione atta ad essere posta in contatto con il campione.
Preferibilmente, il microprocessore è configurato per, alla ricezione di ciascuna immagine della sequenza di immagini, calcolare una derivata prima dell'intensità luminosa media dell'area di misura come differenza tra Dott. Ing. Giulia Pietra
l'intensità luminosa media ed un'intensità luminosa media dell'area di misura calcolata per un'immagine precedente della sequenza di immagini.
Secondo forme di realizzazione preferite, il microprocessore è configurato per calcolare, tramite la derivata prima dell'intensità luminosa media dell'area di misura, l'indice di rifrazione del campione rispetto ad un indice di rifrazione di riferimento (ossia l'indice di rifrazione di un fluido di riferimento che entra in contatto con la porzione della prima superficie del sensore precedentemente - o successivamente - al campione).
Preferibilmente, il microprocessore è configurato per associare all’indice di rifrazione del campione una concentrazione del composto molecolare nel campione.
Secondo varianti particolarmente vantaggiose, il microprocessore è configurato per, alla ricezione di ciascuna immagine della sequenza di immagini, normalizzare l'intensità luminosa media dell'area di misura dividendola per intensità luminose medie di due diverse aree di controllo poste sulla prima superficie del sensore, esternamente alla porzione atta ad essere posta in contatto con il campione.
Preferibilmente, il microprocessore è configurato per, alla ricezione di ciascuna immagine di detta sequenza di immagini, calcolare un rapporto tra le intensità luminose medie delle due aree di controllo e verificare che il rapporto tra le intensità luminose medie delle due aree di controllo sia sostanzialmente costante durante l'acquisizione della sequenza di immagini. Secondo un secondo aspetto, viene fornito un metodo per rilevare un composto molecolare in un campione in base ad un fenomeno di risonanza plasmonica di superficie, comprendente:
- fornire un sensore avente una prima superficie comprendente una porzione atta ad essere posta in contatto con il campione ed una seconda superficie opposta alla prima superficie;
- illuminare la seconda superficie del sensore con una radiazione luminosa atta ad eccitare nel sensore la risonanza plasmonica di superficie a seconda di condizioni di risonanza che dipendono dalla presenza del composto molecolare nel campione;
Dott. Ing. Giulia Pietra
- monitorare l'eccitazione della risonanza plasmonica di superficie rilevando, tramite un fotorivelatore, una sequenza di immagini della seconda superficie del sensore illuminata dalla radiazione luminosa; ed - elaborare la sequenza di immagini per calcolare un parametro indicativo della presenza del composto molecolare nel campione,
in cui la fase di elaborazione comprende:
- ricevere dal fotorivelatore un insieme di dati relativo ad un'immagine della sequenza di immagini; e
- elaborare l'insieme di dati per calcolare il parametro indicativo della presenza del composto molecolare nel campione, prima di ricevere dal fotorivelatore un'ulteriore insieme di dati relativo ad un'immagine successiva della sequenza di immagini.
Secondo un terzo aspetto, viene fornito un programma per elaboratore atto ad eseguire la fase di elaborazione del metodo di cui sopra.
La presente invenzione diverrà più chiara alla luce della seguente descrizione dettagliata, fornita a titolo esemplificativo e non limitativo, da leggersi con riferimento ai disegni acclusi in cui:
- la Figura 1 è una vista schematica del dispositivo secondo una forma di realizzazione della presente invenzione;
- le Figure 2a e 2b sono viste più dettagliate di una porzione del dispositivo di Figura 1;
- la Figura 3 è un diagramma di flusso del funzionamento del dispositivo di Figura 1;
- le Figure 4a e 4b mostrano schematicamente le immagini di due diversi sensori SPR acquisite dal fotorivelatore;
- la Figura 5 è un diagramma che mostra l’andamento nel tempo del livello di grigio medio delle immagini acquisite;
- la Figura 6 è un diagramma che mostra l’andamento nel tempo dei rapporti tra livelli di grigio medi dell’area di misura e delle due aree di controllo dell’immagine mostrata in Figura 4a;
- la Figura 7 è un diagramma che mostra l’andamento nel tempo delle derivate dei rapporti tra livelli di grigio medi mostrati nella Figura 6; e Dott. Ing. Giulia Pietra
- la Figura 8 è un grafico di alcuni risultati sperimentali ottenuti dagli inventori.
La Figura 1 (non in scala) mostra schematicamente il dispositivo per il rilevamento di composti molecolari in un campione secondo una forma di realizzazione della presente invenzione.
Il dispositivo 1 comprende un sensore SPR 2, almeno una sorgente luminosa 3, un fotorivelatore 4, un sistema ottico di illuminazione e rivelazione 5, un sistema fluidico 6, un microprocessore 7 ed un involucro 8. Il dispositivo 1 inoltre comprende anche uno schermo 9 e preferibilmente un dispositivo di memoria 10.
Il sensore SPR 2 è atto a supportare un fenomeno di risonanza plasmonica di superficie, secondo quanto descritto sopra. A questo scopo, il sensore SPR 2 comprende un substrato 20 in un materiale trasparente (vetro o polimero trasparente) ed uno strato metallico 21 (ad esempio oro o argento) adiacente al substrato 20. Lo strato metallico 21 preferibilmente comprende una matrice di nanostrutture atte a supportare un fenomeno di risonanza plasmonica di superficie localizzata, come descritto sopra. Opzionalmente, almeno una porzione 22 (una porzione singola 22 come mostrato in Figura 4a, oppure diverse porzioni 22 come mostrato in Figura 4b) della superficie dello strato metallico 21 opposta al substrato 20 è fornita di ricettori atti ad immobilizzare molecole di un analita, mentre almeno una porzione della superficie dello strato metallico 21 opposta al substrato 20 non è fornita di alcun ricettore, come verrà discusso in maggiore dettaglio qui di seguito.
Secondo forme di realizzazione particolarmente vantaggiose, il sensore SPR è quello descritto nella domanda di brevetto EP 2546 635. In questo sensore, uno strato metallico depositato su un substrato dielettrico trasparente presenta una matrice di cavità aventi una prima estremità chiusa dal substrato trasparente ed una seconda estremità opposta aperta. Ciascuna cavità si allarga procedendo dall'estremità aperta a quella chiusa. Inoltre, ciascuna cavità ha sul fondo un letto di materiale dielettrico, che ne riduce apparentemente la profondità e che può fungere da supporto per Dott. Ing. Giulia Pietra
ricettori di un certo analita. La conformazione delle cavità consente di generare un campo elettrico molto intenso in corrispondenza dell'apertura delle cavità, mentre il letto di materiale di dielettrico consente di posizionare i ricettori e gli analiti in prossimità di questa regione, aumentando così la sensibilità del sensore.
La sorgente luminosa 3 è preferibilmente un LED o laser atto ad emettere una radiazione luminosa ad una lunghezza d'onda predefinita, in grado di provocare risonanza plasmonica di superficie (localizzata e/o non localizzata) nel sensore SPR 2. La lunghezza d'onda di emissione della sorgente luminosa è preferibilmente selezionata misurando lo spettro di riflettanza del sensore SPR 2, il quale presenta un picco negativo o "notch" in un intervallo attorno alla lunghezza d'onda di risonanza della SPR. La lunghezza d'onda di emissione della sorgente luminosa 3 è preferibilmente scelta in questo intervallo, preferibilmente nello spettro dell’infrarosso. Ad esempio, la lunghezza d'onda di emissione può essere compresa tra 700 nm e 850 nm (e.g. 830 nm). Gli inventori hanno effettuato test positivi utilizzando il LED infrarosso TSHG8200 prodotto dall'azienda Vishay (Malvern, Pennsylvania, USA).
Secondo forme di realizzazione non mostrate nei disegni, il dispositivo comprende anche almeno un’ulteriore sorgente luminosa avente una lunghezza d’onda non atta ad eccitare risonanza plasmonica di superficie nel sensore SPR 2. Questa ulteriore lunghezza d’onda può essere utilizzata per effettuare calibrazioni.
Il fotorivelatore 4 preferibilmente è un sensore CMOS ("complementary metal–oxide–semiconductor"), più preferibilmente un sensore CMOS di tipo APS ("active pixel sensor"). In alternativa, il fotorivelatore è un sensore CCD ("charge-coupled device"). Il fotorivelatore 4 preferibilmente ha un'area attiva uguale a o maggiore dell'area del sensore SPR 2 dal quale è atto ad acquisire una sequenza di immagini. Il fotorivelatore 4 è preferibilmente monocromatico, ossia è atto a generare, per ogni pixel di ogni immagine acquisita, un segnale elettrico la cui ampiezza è proporzionale al livello di grigio del pixel. L'ampiezza del segnale elettrico in particolare è Dott. Ing. Giulia Pietra
sostanzialmente nulla se il pixel è nero (intensità luminosa minima), mentre assume un livello massimo se il pixel è bianco (intensità luminosa massima). Preferibilmente, il fotorivelatore 4 comprende un convertitore analogicodigitale integrato in esso ed atto a convertire il segnale elettrico analogico corrispondente a ciascun pixel in un valore digitale di N bit, ad esempio 10 bit. Il livello di grigio di ciascun pixel può quindi assumere 2N valori , tra 0 (nero o intensità luminosa minima) e 2<N-1>(bianco o intensità luminosa massima). Gli inventori hanno effettuato alcuni test positivi utilizzando il sensore APS CMOS MT9M001C12STM prodotto dall'azienda Aptina (San Josè, California, USA), avente una dimensione di mezzo pollice ed un'area attiva di 1024x1280 pixel.
Il sistema ottico di illuminazione e rivelazione 5 è atto a focalizzare la radiazione luminosa emessa della sorgente 3 sul sensore SPR 2, in modo da illuminarne la superficie in modo sostanzialmente uniforme (come indicato dalla freccia A1 in Figura 1). Il sistema ottico 5 inoltre è atto a focalizzare la radiazione luminosa riflessa dal sensore SPR 2 sul fotodiodo 4, che rileva così l'immagine della superficie del sensore SPR 2 (come indicato dalla freccia A2 in Figura 1). Per svolgere queste funzioni, il sistema 5 preferibilmente comprende un separatore di fascio ("beam splitter" in inglese) atto a riflettere (o trasmettere) la radiazione luminosa emessa dalla sorgente 3 ed a trasmettere (o riflettere) la radiazione luminosa riflessa dal sensore SPR 2.
Più in particolare, come mostrato nelle Figure 2a e 2b, secondo una variante particolarmente preferita della presente invenzione il sistema ottico 5 comprende una prima ottica di focalizzazione 50, un separatore di fascio 51, un primo specchio 52, una seconda ottica di focalizzazione 53 ed un secondo specchio 54. Nelle Figure 2a e 2b è mostrato un sistema di riferimento cartesiano xyz.
Preferibilmente, secondo questa variante, la sorgente luminosa 3 è disposta in modo da emettere la radiazione luminosa lungo una prima direzione x. La prima ottica di focalizzazione 50 (a sua volta comprendente almeno una lente acromatica) è allineata alla sorgente 3 lungo la direzione x, Dott. Ing. Giulia Pietra
in modo da focalizzare la radiazione emessa sul separatore di fascio 51. Il separatore di fascio 51 a sua volta è preferibilmente disposto in modo da riflettere la radiazione focalizzata deviandone il cammino ottico sostanzialmente di 90°, cosicché la radiazione riflessa dal separatore di fascio 51 si propaga lungo una seconda direzione y sostanzialmente perpendicolare alla prima direzione x. Il primo specchio 52 è preferibilmente disposto in modo da riflettere nuovamente la radiazione luminosa riflessa dal separatore di fascio 51 deviandone il cammino ottico sostanzialmente di 90°, cosicché la radiazione si propaga lungo una terza direzione z perpendicolare ad x e y. La radiazione riflessa incide così sulla superficie del sensore SPR 2 sul lato del substrato trasparente 20. I componenti 50, 51, 52, 53 e 54 del sistema ottico 5 sono preferibilmente alloggiati in un involucro 5b, che funge anche da supporto per i componenti stessi.
Il sensore SPR 2 è preferibilmente disposto sostanzialmente parallelamente alle direzioni x e y, in modo che la radiazione luminosa incida sulla sua superficie sostanzialmente perpendicolarmente ad essa e sia riflessa sostanzialmente nella medesima direzione di incidenza z. Il sensore SPR 2 in particolare è appoggiato ad un supporto 5a, con lo strato metallico 20 in contatto con esso. Il supporto 5a è fornito di un foro, che consente alla radiazione luminosa di attraversare il supporto 5a ed incidere sullo strato metallico 20 del sensore 2.
Il primo specchio 52 riflette la radiazione luminosa riflessa dal sensore SPR 2 nuovamente in direzione y, cosicché essa incide sul separatore di fascio 51 che la trasmette senza alternarne la direzione. La radiazione trasmessa dal separatore di fascio 51 attraversa la seconda ottica di focalizzazione 53 (a sua volta comprendente almeno una lente acromatica). Il secondo specchio 54 è preferibilmente disposto in modo da riflettere nuovamente la radiazione luminosa trasmessa dal separatore di fascio 51 deviandone il cammino ottico sostanzialmente di 90°, cosicché la radiazione luminosa si propaga lungo la terza direzione z ed incide sul fotorivelatore 4, la cui superficie di rivelazione è preferibilmente disposta sostanzialmente perpendicolarmente alla direzione z.
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Il sistema ottico di illuminazione e rivelazione 5 risulta vantaggiosamente compatto, in quanto esso sfrutta tutte e tre le direzioni x, y e z per la propagazione della radiazione emessa dalla sorgente 3 e riflessa dal sensore SPR 2. In particolare, gli inventori hanno stimato che, grazie alla configurazione sopra descritta, le dimensioni del complesso comprendente sensore SPR 2, sorgente 3, fotorivelatore 4, sistema ottico 5 e microprocessore 7 è uguale a circa 8 cm lungo la direzione x, uguale a circa 10 cm lungo la direzione y ed uguale a circa 6 cm lungo la direzione z.
Secondo una variante vantaggiosa non mostrata nei disegni, la sorgente 3 e la prima ottica di focalizzazione 50 possono essere disposte in modo da emettere la radiazione luminosa lungo la direzione y, ed un ulteriore specchio può essere previsto per deviare la radiazione emessa lungo la direzione x, in modo che incida sul separatore di fascio 51 come mostrato nella Figura 2a. Il sistema fluidico 6 preferibilmente comprende almeno un condotto atto a portare un campione fluido 11 a contatto con una porzione della superficie del sensore SPR 2, in particolare con la porzione 22 (mostrata in Figura 4a) della superficie dello strato metallico 21 opposta al substrato 20. Il sistema fluidico 6 può comprendere più condotti atti a portare diverse porzioni dello stesso campione 11 a contatto con diverse porzioni 22 della superficie dello strato metallico 21 opposta al substrato 20, mostrate nella Figura 4b. Se queste porzioni 22 sono fornite di ricettori atti a reagire con analiti diversi, è così possibile rilevare nel contempo la presenza di diversi analiti in un medesimo campione. In alternativa, se la superficie dello strato metallico 21 opposta al substrato trasparente 20 è fornita di un unico tipo di ricettore, i diversi condotti possono essere vantaggiosamente utilizzati per effettuare un controllo dei risultati ottenuti (se le misure effettuare su tutte le porzioni di campione danno uno stesso risultato, la misura è valida. Altrimenti la misura non è valida).
Dati i requisiti di costi, consumi e dimensioni limitate, il microprocessore 7 è preferibilmente un microprocessore per applicazioni embedded. Secondo forme di realizzazione particolarmente vantaggiose, il microprocessore 7 è della famiglia ARM ("Advanced RISC Machine"). Come noto, i Dott. Ing. Giulia Pietra
microprocessori della famiglia ARM, forniti di un'architettura di tipo RISC ("Reduced Instruction Set Computer"), presentano un costo contenuto, un ridotto consumo energetico e sono inoltre molto compatti. Gli inventori hanno effettuato alcuni test positivi utilizzando un processore ARM9 AT91SAM9260 prodotto dall'azienda Atmel Corporation (San Josè, California, USA). Il sistema operativo utilizzato è preferibilmente Linux Embedded, per la sua maggior leggerezza e velocità rispetto ad altri sistemi operativi quali Windows.
Il microprocessore 7 è preferibilmente configurato per cooperare con il fotorivelatore 4, in particolare per acquisire dati dal fotorivelatore 4 e per inviare comandi al fotorivelatore 4. A questo scopo, il microprocessore 7 è direttamente connesso ad uno o più pin del fotorivelatore 4. In particolare, secondo una variante particolarmente vantaggiosa della presente invenzione, il fotorivelatore 4 è un CMOS fornito di uno o più pin ai quali il microprocessore 7 è direttamente connesso tramite i propri pin GPIO ("General Purpose Input/Output"). Come è noto, i pin GPIO di un chip sono pin che non hanno alcuna funzione specifica predefinita (incluso il fatto che si tratti di pin di ingresso o pin di uscita), e che pertanto possono essere configurati dall'utente per svolgere una certa funzione. Il fotorivelatore 4 fornisce, attraverso i propri pin, i livelli di grigio di tutti i pixel delle immagini acquisite e tre segnali: "pixel clock", "line valid" e "frame valid", che regolano la lettura delle immagini da parte del microprocessore 7, come verrà discusso in maggiore dettaglio qui di seguito. Il fotorivelatore 4 è inoltre fornito di registri interni il cui contenuto può essere modificato dal microprocessore 7 per controllare alcune funzioni del fotorivelatore 4, quali ad esempio la calibrazione del livello di nero, il tempo di integrazione per i pixel e la modalità di trasferimento dei dati. In particolare, il microprocessore 7 è atto a controllare il trasferimento dei dati dal fotorivelatore 4 (in particolare, la velocità di trasferimento e l'istante in cui ha inizio il trasferimento). Per la scrittura e lettura dei registri interni al fotorivelatore 4, il microprocessore 7 preferibilmente comunica con il fotorivelatore 4 attraverso un protocollo di comunicazione quale ad esempio I<2>C ("Inter-Integrated Dott. Ing. Giulia Pietra
Circuit").
Il microprocessore 7 è inoltre preferibilmente configurato per elaborare i dati acquisiti dal fotorivelatore 4 in modo da calcolare in base ad essi un parametro indicativo della presenza e/o della concentrazione di un composto molecolare nel campione 11, come verrà descritto in maggiore dettaglio qui di seguito.
Il microprocessore 7 è inoltre preferibilmente configurato per inviare i risultati dell'elaborazione allo schermo 9, in modo che possano essere visualizzati in tempo reale dall'utilizzatore del dispositivo 1. Lo schermo 9 è preferibilmente configurato per visualizzare un'interfaccia grafica utente, attraverso la quale l'utilizzatore del dispositivo 1 può impartire comandi al dispositivo 1 (ad esempio, istante di avvio della misura, numero di immagini da acquisire, quali sorgenti luminose utilizzare per la misura, etc.) e visualizzare i risultati della misura in forma grafica, come verrà descritto in maggiore dettaglio qui di seguito. Lo schermo 9 è preferibilmente un touch screen. Questo permette di rendere più semplice ed intuitivo l'utilizzo del dispositivo 1, anche da parte di personale non specializzato.
Il microprocessore 7 è inoltre configurato per memorizzare i risultati dell'elaborazione nel dispositivo di memoria 10. Il dispositivo di memoria 10 è preferibilmente estraibile dal dispositivo 1 e collegabile ad un altro dispositivo, ad esempio ad un PC. Secondo una variante preferita, il dispositivo di memoria 10 è una scheda di memoria non volatile, ad esempio una scheda SD ("Secure Digital") o SDHC ("Secure Digital High Capacity") o SDXC (“Secure Digital eXtended Capacity”) oppure MicroSD o MiniSD con apposito adattatore a SD. I risultati della misura preferibilmente sono memorizzati in un file di formato fruibile attraverso PC, ad esempio il formato testo .TXT oppure il formato immagine .PGM (“Portable Gray Map”).
Il dispositivo 1 può inoltre essere fornito di un modulo di comunicazione wireless (ad esempio, Wi-Fi o Bluetooth), per consentire la portabilità dei dati su un altro dispositivo, ad esempio ad un PC.
L’involucro 8 alloggia il sensore SPR 2, la sorgente luminosa 3, il fotorivelatore 4, il sistema ottico di illuminazione e rivelazione 5, il sistema Dott. Ing. Giulia Pietra
fluidico 6 ed il microprocessore 7. L’involucro 8 inoltre preferibilmente alloggia lo schermo 9 ed il dispositivo di memoria 10. Grazie alla compattezza degli elementi dei dispositivo 1 (soprattutto del sensore SPR 2, del sistema ottico 5 e del microprocessore 7), l’involucro 8 può vantaggiosamente avere dimensioni particolarmente ridotte. In particolare, l’involucro 8 è preferibilmente di forma e dimensioni paragonabili ad un dispositivo palmare. Secondo forme di realizzazione particolarmente preferite, l’involucro 8 ha preferibilmente forma di parallelepipedo con larghezza e lunghezza minori di 15 cm ed altezza (o spessore) minore di 10 cm.
Nel seguito, verrà descritto in maggiore dettaglio il funzionamento del dispositivo 1, in particolare del microprocessore 7.
Quando viene avviata una sessione di misura (ad esempio impartendo un comando di avvio misura tramite lo schermo 9, se di tipo touch screen), il microprocessore 7 impartisce alla sorgente luminosa 3 un comando di accensione, cosicché essa emette una radiazione luminosa che incide sulla superficie del sensore SPR 2 attraverso il substrato 20. La radiazione illumina questa superficie in modo sostanzialmente uniforme, eccita risonanza plasmonica di superficie nel sensore SPR 2 (come menzionato sopra, la lunghezza d'onda di emissione della sorgente 3 è scelta in modo da eccitare risonanza plasmonica di superficie nel sensore SPR 2) e viene riflessa, così da formare un'immagine di questa superficie.
Come menzionato sopra, il fotorivelatore 4 rileva una sequenza di immagini della superficie del sensore SPR 2. Per ogni immagine acquisita, il fotorivelatore 4 è atto ad emettere in uscita attraverso i propri pin un insieme di dati che comprendono un valore di livello di grigio (preferibilmente digitalizzato in N bit e compreso tra 0 e 2<N>-1) per ogni pixel dell'immagine acquisita.
Il fotorivelatore 4 di per sé è in grado di acquisire le immagini con una frequenza video, ad esempio di 30 immagini al secondo. Tuttavia, secondo forme di realizzazione preferite della presente invenzione, il microprocessore 7 preferibilmente controlla il fotorivelatore 4 in modo da ricevere da esso un Dott. Ing. Giulia Pietra
insieme di dati relativo ad un'immagine acquisita ogni T secondi, ove T è molto maggiore dell'inverso della frequenza video. In particolare, T è preferibilmente scelto in modo che sia maggiore del tempo complessivo di: - lettura dell'insieme dei dati relativi ad una singola immagine dai pin del fotorivelatore 4,
- elaborazione dell'insieme di dati letto per il calcolo di un parametro indicativo della presenza e/o concentrazione di un analita, e
- memorizzazione dei risultati dell'elaborazione e, opzionalmente, dell'insieme di dati relativi all'immagine acquisita nel dispositivo di memoria 10.
In questo modo, durante ciascun periodo della durata di T secondi, il microprocessore 7 ha il tempo di effettuare la lettura di un insieme di dati relativi ad un'immagine acquisita, di elaborarlo per calcolare un parametro indicativo della presenza e/o concentrazione di un analita e di memorizzare risultati (ed eventualmente i dati di origine) nel dispositivo di memoria 10. Solo all'inizio del periodo successivo (ossia T secondi dopo l'inizio della lettura dei dati relativi all'immagine precedente), il microprocessore 7 inizia la lettura dell'insieme di dati relativo ad una nuova immagine.
Il tempo T è quindi dimensionato in base alle caratteristiche del fotorivelatore 4 ed alle capacità elaborative del microprocessore 7. Il tempo T in particolare dipende dalla dimensione dell'insieme dei dati relativi a ciascuna immagine (ossia dal numero di pixel e dalla lunghezza N in bit del valore di livello di grigio di ciascun pixel), la quale ha effetto sia sul tempo di lettura dell'insieme di dati dai pin del fotorivelatore 4, sia sul tempo di memorizzazione degli stessi nel dispositivo di memoria 10. Il tempo T è preferibilmente compreso tra 4 e 20 secondi, più preferibilmente compreso tra 10 e 15 secondi. Ad esempio, gli inventori hanno stimato che, utilizzando come fotorivelatore un CMOS con area attiva di 1024x1280 pixel ed N=10 bit per il valore digitalizzato del livello di grigio di ciascun pixel, T può essere posto uguale a 14 secondi, dei quali 4 secondi per la lettura dell'insieme dei dati relativo ad un'immagine tramite i pin GPIO del microprocessore 7 e la loro elaborazione, e 10 secondi per la memorizzazione dei risultati Dott. Ing. Giulia Pietra
dell'elaborazione e dei dati di origine nel dispositivo di memoria 10.
Quindi, anziché rilevare e memorizzare una sequenza di immagini ed elaborarla successivamente (o “off line”) per ottenere i risultati della misura, il microprocessore 7 esegue un'elaborazione in linea dei dati acquisiti, ossia elabora ogni singola immagine acquisita prima di acquisire quella successiva. Il dispositivo 1 quindi vantaggiosamente fornisce i risultati della misura in tempo reale (ossia nel giro di poche decine di minuti dall’inizio dell’acquisizione delle immagini) e senza l'ausilio di alcun PC esterno.
Nel seguito, con riferimento al diagramma di flusso della Figura 3, verrà descritto in maggiore dettaglio il funzionamento del microprocessore 7.
Durante una prima fase 30, come menzionato sopra, il microprocessore 7 riceve dal fotorivelatore 4 attraverso i propri pin GPIO configurati a questo scopo un insieme di dati relativi ad un'immagine della superficie del sensore SPR 2 illuminato dalla sorgente 3. A questo scopo, il microprocessore 7 preferibilmente configura i registri interni del fotorivelatore 4 per definire le modalità di lettura dell’immagine e la calibrazione del livello di nero. In particolare, il fotorivelatore 4 inizia ad emettere in uscita l'insieme di dati su appositi pin (chiamati nel seguito "pin di dato") quando riceve dal microprocessore 7 un segnale di inizio trasmissione dati e un segnale di temporizzazione “clockin”. In base a questo segnale, il fotorivelatore 4 regola i segnali di "pixel clock", "line valid" e "frame valid" che serviranno per la lettura dell’immagine. L'emissione dell'insieme di dati ha inizio sul fronte di discesa del segnale di sincronizzazione “pixel clock” mentre i summenzionati segnali di “line valid” e “frame valid” sono attivi (ovvero posti a livello logico 1).
Durante la fase 30, il microprocessore 7 esegue un "polling" sui pin di dato, sui segnali di "pixel clock", "line valid" e "frame valid" del fotorilevatore 4 per leggere i valori di livello di grigio dei vari pixel dell'immagine in modo sequenziale, e li memorizza temporaneamente nella propria RAM interna. Al periodo T successivo, questi dati verranno sovrascritti dai dati relativi alla nuova immagine acquisita. Preferibilmente, i valori di livello di grigio dei pixel ricevuti dai pin di dato del fotorivelatore 4 vengono memorizzati senza Dott. Ing. Giulia Pietra
effettuare alcuna elaborazione degli stessi, ed impostando ad un valore predefinito (preferibilmente a zero) la calibrazione del livello di nero eseguibile dal fotorivelatore 4.
Poiché il microprocessore 7 riceve l'insieme di dati relativi all'immagine acquisita direttamente dai pin del fotorivelatore 4, questi dati sono grezzi, ossia non sono soggetti ad alcuna elaborazione intermedia tra la loro generazione da parte del fotorivelatore 4 e la loro ricezione al microprocessore 7. Essi quindi rappresentano in modo fedele l'effettiva intensità luminosa della superficie del sensore SPR 2, e sono privi di qualsiasi artefatto che può essere generato da elaborazioni interne che, in genere, le telecamere effettuano per migliorare la qualità delle immagini quando riprodotte su uno schermo.
Durante una seconda fase 31, il microprocessore 7 preferibilmente calcola il livello di grigio medio per un'area di misura A1 dell'immagine acquisita. Preferibilmente, il microprocessore 7 calcola il livello medio di grigio anche per almeno un'area di controllo dell'immagine acquisita (preferibilmente, due aree di controllo A2 ed A3).
Gli inventori hanno infatti osservato che l'intensità luminosa delle immagini della superficie del sensore SPR 2 acquisite dal fotorivelatore 4 possono subire fluttuazioni o variazioni temporali dovute a fenomeni quali ad esempio variazioni di temperatura, fluttuazioni della lunghezza d'onda di emissione della sorgente 3, urti meccanici, rumore ambientale, etc. Gli inventori hanno osservato però che le principali cause di variazioni o fluttuazioni temporali di intensità luminosa delle immagini acquisite dal fotorivelatore 4 sono l'illuminazione non uniforme della superficie del sensore SPR 2 e l'accumulo di fotoni sulla superficie del fotorivelatore 4 nel corso dell'acquisizione delle immagini. Gli inventori hanno realizzato che, utilizzando i rapporti delle medie di livelli di grigio tra l’area di misura A1 e le aree di controllo A2 e A3, è possibile eliminare le disuniformità di illuminazione del sensore SPR 2 e ridurre significativamente l’effetto dovuto all’accumulo di fotoni del fotorivelatore 4.
In particolare, gli inventori hanno eseguito alcuni test che hanno Dott. Ing. Giulia Pietra
evidenziato che, in assenza di campione 11 e di ricettori sulla superficie del sensore SPR 2, il livello medio di grigio delle immagini della superficie del sensore SPR 2 acquisite dal fotorivelatore 4 tende ad aumentare nel tempo. Il grafico della Figura 5 mostra che il livello di grigio delle immagini acquisite aumenta, ad indicare un aumento dell'intensità luminosa media dell'immagine acquisita. L'aumento è maggiore nel corso dell'acquisizione delle prime 20 immagini, mentre si riduce con un effetto di saturazione dalla ventesima immagine circa in poi. Gli inventori hanno realizzato che questo apparente aumento dell'intensità luminosa media delle immagini acquisite è dovuto ad un accumulo di fotoni sulla superficie del fotorivelatore 4. Questo aumento di luminosità pertanto rappresenta un rumore che altera le misure effettuate, riducendone l'accuratezza.
Per compensare questo rumore, preferibilmente nelle immagini acquisite sono definite un'area di misura A1 ed almeno un'area di controllo, preferibilmente due aree di controllo A2 e A3, mostrate schematicamente nella Figura 4. L'area di misura A1 è preferibilmente posizionata in corrispondenza della summenzionata porzione 22 della superficie del sensore SPR 2 (in particolare, dello strato metallico 21) opposta al substrato trasparente 20, a contatto della quale il sistema fluidico 6 convoglia almeno una porzione del campione 11 e sulla quale sono opzionalmente presenti i ricettori per un analita. Le aree di controllo A2 e A3 sono invece preferibilmente posizionate esternamente a questa porzione di superficie 22. In questo modo, le variazioni o fluttuazioni temporali dell'intensità luminosa dell'area di misura A1 dipendono sia dalle variazioni delle condizioni di risonanza plasmonica nel sensore SPR dovute alla presenza del campione 11 e/o dell'analita nel campione 11, sia da altri fenomeni quali il sopra descritto accumulo di fotoni nel fotorivelatore 4. Le variazioni o fluttuazioni temporali dell'intensità luminosa delle aree di controllo A2 e A3 dipendono invece solo da questi ultimi fenomeni. Nel caso in cui la superficie dello strato metallico 21 opposta al substrato trasparente 20 comprenda diverse porzioni 22 con diversi ricettori per diversi analiti, preferibilmente viene definita un'area di misura A1 per ciascuna di queste porzioni, come mostrato Dott. Ing. Giulia Pietra
schematicamente nella Figura 4b. Nel seguito della presente descrizione, tuttavia, per semplicità si assumerà il caso di sensore SPR 2 per il rilevamento di un singolo analita (Figura 4a).
L'area di misura A1 e le due aree di controllo A2, A3 preferibilmente hanno la stessa forma (quadrata o rettangolare) e dimensione (espressa in termini di numero di colonne e numero di righe di pixel). Gli inventori hanno effettuato alcuni test positivi utilizzando un'area di misura A1 e due aree di controllo A2, A3 rettangolari di 150x800 pixel ciascuna.
Come menzionato sopra, durante la fase 31 il microprocessore 7 calcola il livello di grigio medio sia per l'area di misura A1 sia per le aree di controllo A2 e A3. Per ciascuna area, il livello di grigio medio viene preferibilmente calcolato come somma dei valori di livello di grigio di tutti i pixel dell'area diviso per numero dei pixel dell'area.
Quindi, durante la fase 32, il microprocessore 7 filtra i livelli di grigio medi dell'area di lavoro A1 e delle aree di controllo A2, A3 calcolati nella fase 31. Preferibilmente, il filtraggio è di tipo passa basso (ad esempio, con filtro digitale discreto FIR a II forma diretta o a media mobile) per eliminare eventuale rumore ad alta frequenza.
Quindi, durante una fase 33 il microprocessore 7 calcola il rapporto tra il livello di grigio medio dell'area di misura A1 ed il livello di grigio medio di almeno un'area di controllo A2 e/o A3. Più preferibilmente, sono calcolati sia il rapporto tra i livelli di grigio medi dell'area di misura A1 e dell'area di controllo A2, sia il rapporto tra i livelli di grigio medi dell'area di misura A1 e dell'area di controllo A3. In altre parole, il livello di grigio medio dell'area di misura A1 viene normalizzato rispetto al livello di grigio medio di ciascuna delle due aree di controllo. Si noti che i due livelli di grigio medi dell'area di misura A1 normalizzati rispetto a ciascuna delle due aree di controllo A2 ed A3 possono avere valori diversi (ad esempio, a causa di un'illuminazione non perfettamente uniforme della superficie del sensore SPR 2). Il calcolo dei rapporti tra i livelli medi di grigio eseguito alla fase 33 vantaggiosamente consente di ignorare questa disuniformità, poiché l’informazione risiede nello scostamento fra il valore iniziale del rapporto tra i livelli di grigio medi Dott. Ing. Giulia Pietra
dell’aerea A1 rispetto alle aree di controllo A2 e A3 e il valore del suddetto rapporto dopo il contatto del campione 11 con l’area A1. I due livelli di grigio medi normalizzati dell'area di misura A1 sono quindi entrambi vantaggiosamente indipendenti da fenomeni che alterano l'intensità luminosa dell'immagine acquisita, in particolare dal sopra descritto accumulo di fotoni sulla superficie del fotorivelatore 4. Durante la fase 33, il microprocessore 7 calcola anche il rapporto tra i livelli di grigio medi delle due aree di controllo A2 e A3.
La Figura 6 mostra un grafico dell'andamento dei rapporti tra livelli di grigio medi calcolati iterando la fase 33 su un numero di immagini (30) consecutivamente acquisite dal microprocessore 7. Le immagini sono state ottenute iniettando dapprima un fluido di riferimento (acqua distillata, indice di rifrazione = 1,333) nel sistema fluidico 6 ed acquisendo le prime 14 immagini. Prima dell’acquisizione della quindicesima immagine, nel sistema fluidico 6 è stata iniettata, come campione esemplificativo da misurare, una soluzione di acqua distillata e glicerolo al 5% (indice di rifrazione = 1,339). Come visibile dal grafico, fintantoché nel sistema fluidico 6 scorre l’acqua distillata il livello di grigio medio normalizzato dell'area di misura A1 è sostanzialmente costante. Anche il rapporto tra i livelli di grigio medi delle aree di controllo A2 e A3 è sostanzialmente costante ed uguale sostanzialmente a 1 (le due aree di controllo A2 ed A3 hanno intensità luminose molto simili). Tra la quattordicesima e la quindicesima immagine, il cambiamento di indice di rifrazione dovuto all’iniezione della soluzione di acqua e glicerolo modifica le condizioni di risonanza plasmonica di superficie nel sensore SPR 2 in corrispondenza dell'area di misura A1. Come visibile in Figura 6, questa modifica si traduce in un consistente aumento di entrambi i livelli di grigio medi dell'area di misura A1 normalizzati rispetto a A2 e A3. Il rapporto tra i livelli di grigio medi delle aree di controllo A2 e A3 rimane invece sostanzialmente costante, in quanto nelle aree di controllo A2 e A3 non si verifica alcun cambiamento delle condizioni di risonanza plasmonica di superficie.
Gli inventori hanno realizzato che l’entità del cambiamento di livello di Dott. Ing. Giulia Pietra
grigio medio dell'area di misura A1 (eventualmente normalizzato rispetto a A2 o A3) dovuto all’iniezione del campione è direttamente proporzionale alla differenza tra indice di rifrazione del fluido di riferimento (acqua distillata nell’esempio di cui sopra) e indice di rifrazione del campione (soluzione di acqua distillata e glicerolo, nell’esempio di cui sopra). Una misura del cambiamento di livello di grigio medio dell'area di misura A1 prima e dopo l’iniezione del campione fornisce quindi vantaggiosamente una stima accurata della differenza tra indice di rifrazione del fluido di riferimento e indice di rifrazione del campione e, quindi, dell’indice di rifrazione del campione (se l’indice di rifrazione del fluido di riferimento è noto).
Pertanto, tornando al diagramma di flusso della Figura 3, durante una fase 34 viene preferibilmente calcolata la derivata di almeno uno dei due livelli di grigio medi dell'area di misura A1 normalizzati rispetto a A2 e A3 (più preferibilmente, di entrambi). La derivata viene preferibilmente calcolata come la differenza tra il livello di grigio medio dell'area di misura A1 normalizzato rispetto ad A2 (oppure A3) relativo all’ultima immagine acquisita ed il livello di grigio medio dell'area di misura A1 normalizzato rispetto ad A2 (oppure A3) relativo all’immagine precedente. La derivata calcolata alla fase 34 quindi fornisce una misura quantitativa della variazione nel tempo dell'intensità luminosa media normalizzata dell'area di misura A1. Questa dipende esclusivamente dal cambiamento delle condizioni di risonanza plasmonica all'interno del sensore SPR 2 indotto dal cambiamento di indice di rifrazione presso la superficie dello strato metallico 21 opposta al substrato 20. La dipendenza delle variazioni temporali dell'intensità luminosa media dell'area di misura A1 da altri fenomeni quali l'accumulo di fotoni sulla superficie del fotorivelatore 4 è stata infatti eliminata dalla normalizzazione eseguita alla fase 33.
Opzionalmente, durante la fase 34 il microprocessore 7 calcola anche la derivata del rapporto tra i livelli di grigio medi delle aree di controllo A2 ed A3 per monitorare eventuali difformità e/o errori di misura.
La Figura 7 mostra un grafico dell'andamento delle derivate dei rapporti tra livello di grigio medi mostrati nel grafico di Figura 6, calcolate iterando la fase Dott. Ing. Giulia Pietra
34 per ciascuna delle 30 immagini acquisite. Come visibile dal grafico, fintantoché nel sistema fluidico 6 scorre acqua distillata e i rapporti tra livelli di grigio medi hanno un valore costante, le loro derivate hanno valore sostanzialmente nullo. Quando, tra l'acquisizione della quattordicesima immagine e l'acquisizione della quindicesima immagine, viene iniettata nel sistema fluidico 6 la summenzionata soluzione di acqua distillata e glicerolo al 5%, la derivata del livello di grigio medio dell'area di misura A1 normalizzato rispetto a A2 e A3 ha un picco positivo e torna ad avere valore nullo dalla quindicesima immagine in poi. La derivata del rapporto tra i livelli di grigio medi delle aree di controllo A2 e A3 rimane invece sostanzialmente nulla.
Le fasi 30-34 sopra descritte sono preferibilmente ripetute M volte con periodo di ripetizione di T secondi, come descritto sopra. Il numero M di iterazioni (ossia il numero di immagini acquisite ed elaborate) è un parametro di misura preferibilmente impostato dall'utilizzatore del dispositivo 1 prima dell'inizio della misura.
Durante ciascuna iterazione, il microprocessore 7 preferibilmente memorizza nel dispositivo di memoria 10 l'insieme di dati relativo all'immagine acquisita, i rapporti tra livelli di grigio medi calcolati alla fase 33 e le loro derivate calcolate alla fase 34 (fase non mostrata nella Figura). Opzionalmente, al termine delle M iterazioni il microprocessore 7 può visualizzare sullo schermo 9 del dispositivo 1 i rapporti tra livelli di grigio medi calcolati in forma di un grafico analogo a quello mostrato in Figura 6 e/o le loro derivate calcolate in forma di un grafico analogo a quello di Figura 7. Secondo varianti vantaggiose, nel corso delle M iterazioni è visualizzato sullo schermo 9 un grafico analogo a quello della Figura 6 e/o un grafico analogo a quello della Figura 7, che viene aggiornato ad ogni iterazione con i rapporti tra livelli medi di grigio e/o con le loro derivate relativi all’ultima immagine acquisita. Questo consente vantaggiosamente all’utilizzatore del dispositivo 1 di osservare in tempo reale tramite un grafico la cinetica di reazione nel sensore SPR 2.
Il microprocessore 7 quindi, durante una fase 35, calcola il massimo tra gli Dott. Ing. Giulia Pietra
M valori – calcolati nelle M iterazioni della fase 34 - della derivata del livello di grigio medio dell’area di misura A1 normalizzato rispetto ad A2 (oppure A3). Poiché il massimo della derivata, come mostrato nella Figura 7, si verifica quando si ha il cambiamento di indice di rifrazione in corrispondenza della superficie libera dello strato metallico 21 del sensore SPR 2 (ossia quando il campione sostituisce il fluido di riferimento nel sistema fluidico 6), il massimo della derivata calcolato durante la fase 35 è indicativo della differenza tra gli indici di rifrazione del fluido di riferimento e del campione. In particolare, durante la fase 35 il microprocessore 7 può utilizzare il massimo della derivata per determinare la differenza tra gli indici di rifrazione del fluido di riferimento e del campione. Questo può essere effettuato ad esempio confrontando il valore del massimo della derivata calcolato con una tabella di calibrazione accessibile dal microprocessore 7 (ad esempio, memorizzata nel dispositivo di memoria 10 o nella memoria interna al processore stesso) nella quale sono riportati diversi valori della derivata con i corrispondenti indici di rifrazione.
Il valore del massimo della derivata calcolato durante la fase 35 (ed eventualmente la corrispondente differenza di indici di rifrazione) sono visualizzati sullo schermo 9 e, preferibilmente, vengono memorizzati nel dispositivo di memoria 10.
Durante la fase 35, il microprocessore 7 può opzionalmente verificare che la derivata del rapporto tra i livelli di grigio medi delle aree di controllo A2 e A3 sia costante e sostanzialmente uguale a zero per tutte le immagini acquisite, confrontandola con soglie predefinite. In caso positivo, la misura è considerata valida. Altrimenti, il microprocessore 7 considera la misura non valida e genera un messaggio di errore, che può essere visualizzato sullo schermo 9 del dispositivo 1 per informare l’utilizzatore.
Nel caso in cui la differenza tra gli indici di rifrazione del fluido di riferimento e del campione sia in relazione univoca con la concentrazione di un certo analita nel campione, il massimo della derivata calcolato durante la fase 35 vantaggiosamente fornisce una stima della concentrazione dell’analita nel campione.
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Ad esempio, il grafico della Figura 8 mostra i risultati di un test eseguito dagli inventori. Gli inventori hanno preparato diverse soluzioni (sette) di acqua distillata e glicerolo con concentrazioni differenti comprese tra 0,2% e 5%. Per ciascuna soluzione, è stata calcolata la differenza tra l'indice di rifrazione della soluzione (misurato con un rifrattometro di Abbe) e l'indice di rifrazione dell'acqua distillata. Ciascuna soluzione è stata quindi iniettata nel sistema fluidico 6 dopo dell'acqua distillata, in modo analogo a quanto descritto sopra. È stato quindi ottenuto un grafico della derivata analogo a quello della Figura 7 per ciascuna soluzione. Per ciascuna soluzione, è stato quindi calcolato il massimo della derivata. Il valore del massimo della derivata calcolato è stato quindi riportato nel grafico di Figura 8, in funzione della concentrazione di glicerolo e della corrispondente differenza di indici di rifrazione. La misura del massimo della derivata è stata ripetuta tre volte per ciascuna soluzione.
Risulta evidente dalla Figura 8 che la relazione tra il massimo della derivata e la differenza di indici di rifrazione è sostanzialmente lineare, ed anche la relazione tra il massimo della derivata e la concentrazione di glicerolo è sostanzialmente lineare. Il coefficiente di correlazione R<2>tra l’intercetta all’origine e i dati sperimentali è di 0,9977. Le variazioni rispetto alla linea tratteggiata (che è un’interpolazione lineare dei dati sperimentali ottenuti) sono dovute al rumore del fotorivelatore 4 ed alle fluttuazioni dei LED.
La Figura 8 mostra inoltre che il dispositivo 1 permette, grazie all’algoritmo di elaborazione dei dati acquisiti sopra descritto, di ottenere un’accuratezza di circa 10<-5>sulla misura della differenza di indici di rifrazione del fluido di riferimento e del campione. Questa accuratezza è accettabile nella maggior parte delle applicazioni del dispositivo 1.
Il dispositivo 1 presenta quindi diversi vantaggi.
Innanzitutto, grazie all'inclusione del microprocessore 7 nell'involucro 8, il dispositivo 1 è vantaggiosamente autonomo (o stand alone), ossia è in grado di elaborare autonomamente le immagini della superficie illuminata del sensore SPR 2 rilevate dal fotorivelatore 4 e di fornire all’utilizzatore i risultati Dott. Ing. Giulia Pietra
dell'elaborazione, senza alcuna necessità di essere collegato ad un elaboratore esterno.
Inoltre, poiché il microprocessore 7 è per applicazioni embedded, esso ha dimensioni molto ridotte, costi e consumi contenuti. Le dimensioni dell'involucro 8 che racchiude tutti i componenti del dispositivo 1 (incluso il microprocessore 7) consente di ottenere un dispositivo 1 con caratteristiche paragonabili ad uno strumento palmare.
L’algoritmo di funzionamento del microprocessore 7 sopra descritto inoltre effettua un’elaborazione in linea della immagini acquisite, consentendo all’utilizzatore di avere i risultati della misura in un tempo molto breve. Se ad esempio il periodo T è di 14 secondi e si acquisiscono M=30 immagini, il tempo di elaborazione complessivo è circa uguale a T x M = 7 minuti.
Per questi motivi, il dispositivo 1 permette di ottenere misure a basso costo, in situ e sostanzialmente in tempo reale in diversi settori quali: settore medicale (analisi di campioni biologici umani), settore chimico-farmaceutico (analisi di prodotti farmaceutici), settore agroalimentare (rilevazione di sostanze chimiche in acque, terreni, cibi, etc.) e settore industriale (analisi di prodotti intermedi e finali nei processi di produzione).

Claims (10)

  1. Dott. Ing. Giulia Pietra RIVENDICAZIONI 1. Un dispositivo (1) per rilevare un composto molecolare in un campione (11) in base ad un fenomeno di risonanza plasmonica di superficie, comprendente: - almeno una sorgente (3) atta a generare una radiazione luminosa; - un sensore (2) avente una prima superficie comprendente una porzione (22) atta ad essere posta in contatto con detto campione (11) ed una seconda superficie opposta a detta prima superficie ed atta ad essere illuminata da detta radiazione luminosa, detta radiazione luminosa essendo atta ad eccitare detta risonanza plasmonica di superficie a seconda di condizioni di risonanza che dipendono dalla presenza di detto composto molecolare in detto campione (11); - un fotorivelatore (4) atto a monitorare l'eccitazione di detta risonanza plasmonica di superficie rilevando una sequenza di immagini di detta seconda superficie di detto sensore (2) illuminata da detta radiazione luminosa; - un microprocessore (7) configurato per ricevere da detto fotorivelatore (4) detta sequenza di immagini e per elaborarla per calcolare un parametro indicativo della presenza di detto composto molecolare in detto campione (11); e - un involucro (8) nel quale sono alloggiati detta almeno una sorgente (3), detto sensore (2), detto fotorivelatore (4) e detto microprocessore (7).
  2. 2. Il dispositivo (1) secondo la rivendicazione 1, in cui detto microprocessore (7) è del tipo per applicazioni embedded.
  3. 3. Il dispositivo (1) secondo la rivendicazione 1 o 2, in cui detto microprocessore (7) è direttamente collegato a detto fotorivelatore (4).
  4. 4. Il dispositivo (1) secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui detto involucro (8) ha forma sostanzialmente di parallelepipedo, con larghezza e lunghezza minori di 15 cm ed altezza minore di 10 cm.
  5. 5. Il dispositivo (1) secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui detto microprocessore (7) è configurato per: - ricevere da detto fotorivelatore (4) un insieme di dati relativo ad Dott. Ing. Giulia Pietra un'immagine di detta sequenza di immagini; ed - elaborare detto insieme di dati per calcolare detto parametro indicativo della presenza di detto composto molecolare in detto campione (11), prima di ricevere da detto fotorivelatore (4) un'ulteriore insieme di dati relativo ad un'immagine successiva di detta sequenza di immagini.
  6. 6. Il dispositivo (1) secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui detto microprocessore (7) è configurato per, alla ricezione di ciascuna immagine di detta sequenza di immagini, calcolare un'intensità luminosa media di un'area di misura (A1) posta in corrispondenza di detta porzione (22) di detta prima superficie di detto sensore (2).
  7. 7. Il dispositivo (1) secondo la rivendicazione 6, in cui detto microprocessore (7) è configurato per, alla ricezione di ciascuna immagine di detta sequenza di immagini, normalizzare detta intensità luminosa media di detta area di misura (A1) dividendola per una intensità luminosa media di un'area di controllo (A2, A3) posta su detta prima superficie di detto sensore (2) esternamente a detta porzione (22) atta ad essere posta in contatto con detto campione (11).
  8. 8. Il dispositivo (1) secondo la rivendicazione 6 o 7, in cui detto microprocessore (7) è configurato per, alla ricezione di ciascuna immagine di detta sequenza di immagini, calcolare una derivata prima di detta intensità luminosa media di detta area di misura (A1) come differenza tra detta intensità luminosa media ed un'intensità luminosa media di detta area di misura (A1) calcolata per un'immagine precedente di detta sequenza di immagini.
  9. 9. Il dispositivo (1) secondo la rivendicazione 8, in cui detto microprocessore (7) è configurato per calcolare, tramite detta derivata prima di detta intensità luminosa media di detta area di misura (A1), un indice di rifrazione di detto campione (11) rispetto ad un indice di rifrazione di riferimento di un fluido di riferimento.
  10. 10. Il dispositivo (1) secondo la rivendicazione 9, in cui detto microprocessore (7) è configurato per associare a detto indice di Dott. Ing. Giulia Pietra rifrazione di detto campione (11) una concentrazione di detto composto molecolare in detto campione (11).
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