ITMI20090321A1 - Sistema antifurto per motocicli - Google Patents

Sistema antifurto per motocicli

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ITMI20090321A1
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IT
Italy
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wheel
cavity
pin
container
solenoid
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Application number
IT000321A
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Inventor
Aldo Cosimo Lucio Bellomo
Anna Benanti
Original Assignee
Aldo Cosimo Lucio Bellomo
Anna Benanti
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    • BPERFORMING OPERATIONS; TRANSPORTING
    • B62LAND VEHICLES FOR TRAVELLING OTHERWISE THAN ON RAILS
    • B62HCYCLE STANDS; SUPPORTS OR HOLDERS FOR PARKING OR STORING CYCLES; APPLIANCES PREVENTING OR INDICATING UNAUTHORIZED USE OR THEFT OF CYCLES; LOCKS INTEGRAL WITH CYCLES; DEVICES FOR LEARNING TO RIDE CYCLES
    • B62H5/00Appliances preventing or indicating unauthorised use or theft of cycles; Locks integral with cycles
    • B62H5/14Appliances preventing or indicating unauthorised use or theft of cycles; Locks integral with cycles preventing wheel rotation
    • B62H5/141Appliances preventing or indicating unauthorised use or theft of cycles; Locks integral with cycles preventing wheel rotation by means of sliding bolts

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  • Engineering & Computer Science (AREA)
  • Mechanical Engineering (AREA)
  • Professional, Industrial, Or Sporting Protective Garments (AREA)
  • Lock And Its Accessories (AREA)
  • Motorcycle And Bicycle Frame (AREA)

Description

D E S C R I Z I O N E
“Sistema antifurto per motocicli”
Campo di applicazione dell'invenzione
La presente invenzione è riferita al settore degli accessori per motocicli, e più precisamente ad un sistema antifurto per motocicli.
Rassegna dell'arte nota
Nel settore della tecnica sopra evidenziato sono note diverse realizzazioni atte ad impedire il furto dei motocicli mediante immobilizzazione di una ruota. La classica catena è fatta passare tra i raggi, o le razze, di una ruota e sovente attorno ad un ostacolo fisso, ad esempio il palo di un lampione, e quindi chiusa alle estremità mediante un lucchetto. Le catene sono fatte preferibilmente di acciaio indurito superficialmente, cementato, per impedirne la tranciatura. Esse risultano pesanti e piuttosto ingombranti.
I moderni sistemi frenanti ad azionamento oleodinamico montano dischi rigidi sottili provvisti di ampi fori di ventilazione e di alleggerimento strutturale, rendendo in tal modo conveniente l’impiego del cosiddetto blocca-disco quale dispositivo di immobilizzazione della ruota, assai meno ingombrante della catena. Il blocca-disco è in sostanza un robusto lucchetto provvisto di un corpo per l’alloggiamento della serratura e di un corto perno retrattile in acciaio, mosso dalla rotazione della chiave tra la posizione di sblocco e quella di blocco attraverso un foro del disco.
Un terzo dispositivo antifurto di tipo meccanico è il cosiddetto blocca-sterzo. Anch’esso comprende un piolo retrattile che a chiave inserita viene mantenuto entro il relativo blocchetto, mentre a chiave disinserita viene spinto da una molla fuori dal blocchetto. Quando lo sterzo supera un certo angolo di rotazione da fermo, il perno entra in un foro del cannotto dove è inserito il perno della forcella, bloccandone la rotazione. Il blocca-sterzo è tuttavia assai meno robusto dei precedenti dispositivi e può essere facilmente forzato.
Fatta eccezione per i motocicli da strada di derivazione cross, tipicamente: trial, enduro, motard, ecc., gli altri motocicli sono da tempo dotati di avviamento elettrico a pulsante, centralina elettronica di controllo, e chiave di inserzione/spegnimento dell’alimentazione fornita dalla batteria. Pertanto, anche per i motocicli sono stati adottati gli stessi dispositivi antifurto di tipo elettronico già utilizzati negli autoveicoli. Tali dispositivi utilizzano un codice numerico individuale memorizzato nella chiave, che viene trasmesso alla centralina per dare il consenso all’accensione del motore. Gli immobilizzatori elettronici usati nei motocicli sono assai meno efficaci rispetto all’uso negli autoveicoli, ma solo perché è più facile sottrarre la moto spingendola manualmente, per cui essi sono generalmente usati in aggiunta ai dispositivi immobilizzatori di tipo meccanico.
L’analisi dell’arte nota finora svolta porta a concludere che nel settore dei motocicli, per avere un buon potere deterrente contro i furti occorre comunque ricorrere ad immobilizzatori delle ruote di tipo meccanico.
Lo svantaggio dei dispositivi meccanici di immobilizzazione della ruota rispetto a quelli elettrici agenti sul motore, è che prima della partenza del mezzo essi devono necessariamente essere tolti dalla loro posizione di applicazione ed opportunamente riposti. Specialmente usando il blocca-disco può succedere che il conducente distratto spesso non si ricordi di averlo inserito, rovinando la ruota e l’antifurto quando tenta di partire con la ruota immobilizzata. Un’idea bizzarra in aiuto ai distratti apparsa di recente su Internet, consisteva nell’utilizzare come blocca-disco il pedale di avviamento reso appositamente smontabile, ma come detto prima i motocicli con avviamento a pedale sono una scarsa minoranza.
Si può concludere constatando che a tuttora non sembra esistere un antifurto che sappia coniugare la robustezza degli immobilizzatori meccanici della ruota con la caratteristica peculiare dei dispositivi immobilizzatori di natura elettrica che, agendo sul motore, non necessitano di essere rimossi manualmente prima della partenza del mezzo.
Scopi dell’invenzione
Pertanto, un primo scopo della presente invenzione è quello di fornire un sistema antifurto che sia in grado di immobilizzare la ruota di un motociclo, senza la necessità di dover essere fisicamente rimosso ed allontanato dalla ruota prima della partenza del mezzo.
Altro scopo dell’invenzione è quello di rendere pressoché automatico l’inserimento ed il disinserimento del blocco meccanico della ruota.
Sommario dell’invenzione
Per conseguire tale scopo la presente invenzione ha per oggetto un dispositivo di immobilizzazione di una ruota di un motociclo, indifferentemente anteriore o posteriore, includente:
− un disco concentrico alla ruota e solidale ad essa;
− almeno una cavità di forma circolare accessibile dalla faccia del suddetto disco posta di fronte ad una estremità della forcella reggente la ruota;
− almeno un setto divisorio interno alla cavità;
− un contenitore solidale all’estremità inferiore di un braccio della forcella ed avente una parete opposta a detto disco, il contenitore includendo:
− almeno un piolo disposto ortogonalmente alla faccia del disco allineato alla detta cavità;
− mezzi bidirezionali di traslazione di detto almeno un piolo attraverso un foro nella detta parete per un tratto sufficiente all’ingresso nella cavità, causando con ciò un impedimento al completamento di un giro della ruota per via del contatto con il setto, come anche descritto nella rivendicazione 1.
Secondo un aspetto dell’invenzione, il dispositivo include un secondo piolo uguale al primo, rigidamente connesso ad una base comune al primo piolo ad una distanza angolare prefissata rispetto al centro del disco, la parete del contenitore avendo in corrispondenza un secondo foro per il passaggio del secondo foro.
Secondo un altro aspetto dell’invenzione, la cavità include due setti separati l’uno dall’altro da una distanza angolare prefissata, preferibilmente di 180<o>, delimitando con ciò due cavità contigue entro le quali i pioli possono penetrare. Utilizzando due cavità semicircolari è possibile bloccare la rotazione mediamente ad ogni mezzo giro della ruota, però nel contempo raddoppia la probabilità del contatto tra la base del piolo (o dei pioli) e la faccia esterna di ciascun setto, coincidenza questa che impedisce l’ingresso nella cavità. Tale situazione di stallo potrà essere facilmente risolta spingendo leggermente il manubrio in avanti o indietro.
Alcune varianti dell’invenzione sono previste per contrastare l’incidenza delle situazioni di stallo, fin quasi ad eliminarle del tutto nelle applicazioni in cui tra il piede della forcella e l’elemento di ancoraggio del disco scanalato del dispositivo immobilizzatore, esista una distanza che consenta cavità relativamente profonde. Una prima variante consiste nel rastremare a “becco di flauto” l’estremità libera del piolo, e nell’inclinare verso l’interno della cavità la superficie del disco in corrispondenza del setto divisorio, almeno per un tratto che termina prima di raggiungere il fondo della cavità. Una seconda variante differisce dalla prima per il solo fatto che l’estremità libera del piolo è rastremata a “becco d’anatra”. Il duplice scopo delle due varianti è quello di ridurre la superficie di contatto fornita dalla base del piolo, e di generare una componente trasversale della forza assiale spingente il piolo entro la cavità. Detta componente trasversale è in grado di imprimere un momento tendente a far girare la ruota di quel poco che basta ad evitare la situazione di stallo. La terminazione a “becco di flauto” della prima variante è ottenuta tagliando il piolo cilindrico con un piano angolato rispetto all’asse longitudinale. La terminazione risultante ha il contorno di una ellisse inclinata, la quale entra in contatto della superficie inclinata del setto mediante o il solo punto di vertice o mediante una secante. La terminazione a “becco d’anatra” della seconda variante è ottenuta tagliando il piolo cilindrico con due piani inclinati speculari rispetto all’asse longitudinale. Il contatto con la superficie inclinata del setto è limitato ad una sola linea. Dal punto di vista funzionale le due varianti sono equivalenti nel limitare i casi di stallo, che mantengono comunque una remota probabilità, anche perché non conviene inclinare più di 45<o>la parete del setto, che dovrà terminare con un tratto rettilineo capace di fornire al piolo uno sbarramento più sicuro. Non bisogna eccedere neppure nella rastremazione del piolo, pena il suo indebolimento strutturale.
Secondo un altro aspetto dell’invenzione, gli unici punti di accesso alla meccanica nel contenitore connesso al piede della forcella sono situati a filo della parete rimovibile di chiusura, la quale, assieme al disco dell’immobilizzatore solidale con la ruota delimita una stretta intercapedine. Il contenitore sarà o avvitato al piede della forcella agendo dal suo interno, oppure saldato ad esso. L’ideale sarebbe che fosse parzialmente ricavato in unico pezzo con la terminazione della forcella. Per facilitare il montaggio dei componenti interni e nello stesso tempo mantenere inviolabile il contenitore, è vantaggioso adottare una tecnica ad incastro degli elementi costituenti il contenitore. Qualunque sia la soluzione adottata, il ladro potenziale non avrà facile accesso agli elementi di chiusura posti all’interfaccia lato disco. Non potrà neppure tentare di forzare i pioli in quanto resi inaccessibili da un bordo rialzato dello stesso disco. Il vincolo di non fornire punti visibili di effrazione, implica che si proceda dapprima a fissare il contenitore vuoto sul piede della forcella, quindi di installare i dispositivi interni, e da ultimo montare la ruota sul perno del mozzo. Pertanto, diversamente dai blocca-disco noti, il dispositivo immobilizzatore della ruota secondo la presente invenzione non è rimovibile, anzi per come è montato diventa parte integrante della motocicletta stessa.
In accordo ad una prima forma realizzativa dell’invenzione i mezzi di traslazione sono di tipo meccanico azionati manualmente, come ad esempio un blocchetto serratura comprendente un cilindretto (spinotto) con molla di ritorno. Il cilindretto è spinto in avanti verso la ruota all’atto dell’inserzione della chiave. La spinta in avanti determina la traslazione del piolo entro la cavità circolare, vincendo la pressione congiunta esercitata dalla molla di ritorno dello spinotto e da una molla vincolata assialmente al detto piolo di ostruzione per riportarlo automaticamente fuori dalla cavità al cessare del vincolo meccanico. Lo spinotto viene quindi bloccato dalla rotazione della chiave, che può essere estratta mantenendo il bloccaggio. I normali blocca-disco spesso includono un blocchetto siffatto, che può essere vantaggiosamente utilizzato nella prima forma realizzativa, senza per questo sminuirne l’originalità.
In accordo ad una seconda forma realizzativa dell’invenzione, i mezzi di traslazione sono attuatori lineari motorizzati, ad esempio un cilindro elettrico che può essere disposto sia nella stessa direzione del perno della ruota da immobilizzare, sia perpendicolarmente ad esso mediante mezzi meccanici ad accoppiamento ortogonale.
In accordo ad una terza forma realizzativa dell’invenzione, i mezzi di traslazione sono attuatori elettromeccanici comprendenti almeno un solenoide che attira al proprio interno una prima ancora ferromagnetica vincolata al detto piolo di ostruzione. Vantaggiosamente, è possibile utilizzare un secondo solenoide disposto ortogonalmente al primo che attira al proprio interno una seconda ancora ferromagnetica e poi la rilascia rendendo stabile la posizione di richiamo della prima ancora anche in assenza di corrente in entrambi i solenoidi.
Il dispositivo immobilizzatore della presente invenzione, in tutte le sue forme realizzative, include ulteriormente:
− un sensore posizionale attivato all’ingresso del piolo entra la cavità, o immediatamente prima, segnalando in tal modo lo stato d’impedimento della ruota; − mezzi elettronici di controllo configurati per il monitoraggio dello stato del sensore posizionale al fine di generare un segnale d’inibizione dell’ignizione, diretto alla centralina del motociclo in coincidenza dello stato attivo di detto sensore. Il segnale d’inibizione resterà asserito per tutto il tempo necessario a diagnosticare e rimuovere il blocco della ruota, dopodiché il segnale verrà negato consentendo l’ignizione.
I mezzi elettronici di controllo sono ulteriormente configurati per generare un segnale di sblocco della ruota all’atto dell’accensione del quadro elettrico del motociclo per mezzo della chiave.
Utilizzando un microprocessore, è possibile programmarne in modo intelligente il funzionamento del dispositivo immobilizzatore dell’invenzione, rendendo disponibili più opzioni al conducente. E’ possibile infatti aggiungere un comando manuale per demandare al microprocessore l’attivazione dello stato di blocco della ruota. Il microprocessore genererà in corrispondenza una segnalazione ad hoc per informare il conducente circa l’esito dell’operazione. Come detto in precedenza, durante il blocco della ruota potrebbe verificarsi una situazione di stallo, sebbene con probabilità quasi nulla adottando pioli e setti divisori opportunamente sagomati. Il microprocessore che interrogando il sensore posizionale si accorge dello stallo, genererà una segnalazione visiva ed acustica per indurre il conducente a rimuovere lo stallo spingendo leggermente sul manubrio.
Vantaggiosamente, il dispositivo di immobilizzazione della presente invenzione non penalizza affatto l’autonomia della batteria del motociclo, poiché durante l’intervallo di tempo in cui il blocco della ruota è attivo esso risulta elettricamente disconnesso dalla batteria. Ciò è possibile secondo più di una modalità, una delle quali consiste nel connettere il dispositivo immobilizzatore alla batteria sia attraverso un primo cavo elettrico in serie al quale è posto il contatto chiuso dalla chiave sul quadro strumenti, sia attraverso un secondo cavo elettrico con in serie un contatto azionato da un relè bistabile controllato dal microprocessore. Il contatto del relè bistabile normalmente chiuso verrà comandato automaticamente in apertura allorquando la posizione di parcheggio con blocco ruota attivato è ritenuta definitiva.
Come detto prima, la versatilità del dispositivo di immobilizzazione consente di far fronte a diverse eventualità. Un pulsante di reset è allo scopo presente sul cruscotto, come pure un LED ed un avvisatore acustico (buzzer). Quando il dispositivo di immobilizzazione è alimentato, il microprocessore monitora ad intervalli regolari lo stato impostato mediante il pulsante di reset e memorizzato. Premendo sul pulsante di reset viene comandato al microprocessore di porre in atto l’attivazione del blocco ruota. Il microprocessore comanderà l’accensione a luce fissa del LED, attiverà l’attuatore di traslazione del piolo verso la scanalatura, e terrà monitorato il valore fornito dal sensore posizionale del piolo. Qualora dopo un tempo prefissato il sensore non dovesse dare riscontro positivo, significherebbe che il piolo è incappato in una situazione di stallo; in tal caso il LED verrà fatto lampeggiare ed il buzzer attivato. Il motociclista avrà modo di reagire alla segnalazione acustica e visiva, spingendo in avanti sul manubrio. Il microprocessore, che trova sempre asserito il segnale di reset, riporterà dapprima l’attuatore di traslazione alla posizione iniziale e poi lo farà immediatamente ripartire. Il ciclo di cui sopra potrà essere ripetuto fino al completamento del bloccaggio della ruota, dopodiché il LED verrà spento, il buzzer disattivato, ed il segnale di reset negato.
Vantaggi dell’invenzione
Il dispositivo di immobilizzazione oggetto d’invenzione libera definitivamente il motociclista dal pericolo di mettersi in marcia con la ruota bloccata, diversamente da quanto può accadere ai blocca-disco meccanici tradizionali.
Si aggiunga che non occorre rimuovere meccanicamente il dispositivo e trovare il modo di portarselo appresso durante la marcia.
L’effrazione è dissuasa dall’assenza di punti di accesso al meccanismo nel contenitore vincolato al piede della forcella; come pure dalla non visibilità dei pioli impegnati nel bloccaggio della ruota in quanto protetti dal bordo rialzato del disco immobilizzatore applicato alla stessa, impedendo inoltre l’ingresso del fango nella cavità.
Il bloccaggio della ruota rimane attivo anche qualora fossero recisi i fili di connessione all’elettronica di pilotaggio e controllo dell’attuatore remoto prospiciente la ruota.
Lo stato di blocco o sblocco della ruota è costantemente monitorato durante la transizione tra i due stati ed eventuali impedimenti opportunamente segnalati. Malgrado la presenza del microprocessore e dei circuiti di pilotaggio dell’attuatore, non c’è alcun consumo di corrente dalla batteria quando il blocco della ruota è stato attivato.
E’ possibile scegliere tra più implementazioni a costi diversificati.
Ulteriori caratteristiche della presente invenzione ritenute innovative sono descritte nelle rivendicazioni dipendenti.
Breve descrizione delle figure
Ulteriori scopi e vantaggi della presente invenzione risulteranno chiari dalla descrizione particolareggiata che segue di un esempio di realizzazione della stessa e dai disegni annessi dati a puro titolo esplicativo e non limitativo, in cui: in figura 1 è indicata una vista prospettica della parte anteriore di una motocicletta priva di qualunque dispositivo di immobilizzazione;
in figura 2 è indicata la vista di figura 1 completata da un dispositivo di immobilizzazione della ruota connesso al piede della forcella, secondo una prima forma realizzativa della presente invenzione;
in figura 3 è indicata una vista da dietro della rappresentazione di figura 2, parzialmente in sezione lungo un piano parallelo alla forcella;
in figura 4 è indicata una vista in esploso dei principali elementi di bloccaggio costituenti il dispositivo di immobilizzazione di figura 3;
in figura 4A è indicata una vista in esploso di una differente realizzazione degli elementi 25 e 27 di figura 4;
in figura 5A è indicata una vista frontale del disco visibile in figura 4; nelle figure 5B e 5C sono indicate due viste prospettiche di un particolare del meccanismo di bloccaggio secondo una variante realizzativa;
in figura 6 è indicato un in gradimento della vista di figura 3, in cui sono posti in evidenza gli elementi interni al contenitore in configurazione di ruota bloccata;
in figura 7 è indicata la vista di figura 6 in configurazione di ruota libera; in figura 8 è indicata la vista di figura 2 riferita ad una seconda forma realizzativa della presente invenzione;
in figura 9 è indicata una vista da dietro della rappresentazione di figura 8, parzialmente in sezione lungo un piano parallelo alla forcella;
in figura 10 è indicato un in gradimento della vista di figura 9 ove sono posti in evidenza gli elementi interni al contenitore in configurazione di ruota bloccata;
in figura 11 è indicata la vista di figura 10 in configurazione di ruota libera; in figura 12 è indicata la vista di figura 8 riferita ad una sua variante;
in figura 13 è indicata una vista da dietro della rappresentazione di figura 12, parzialmente in sezione lungo un piano parallelo alla forcella;
in figura 14 è indicato un in gradimento della vista di figura 13 ove sono posti in evidenza gli elementi interni al contenitore in configurazione di ruota bloccata;
in figura 15 è indicata la vista di figura 14 in configurazione di ruota libera; la figura 16 mostra un particolare della connessione alla forcella del contenitore di figura 10;
la figura 17 mostra un particolare della connessione alla forcella del contenitore di figura 14;
in figura 18 è indicata la vista di figura 2 riferita ad una terza forma realizzativa della presente invenzione;
in figura 19 è indicata una vista da dietro della rappresentazione di figura 18, parzialmente in sezione lungo un piano parallelo alla forcella;
in figura 20 è indicata una vista in esploso degli elementi che compongono il contenitore visibile in figura 18;
la figura 21 mostra una vista prospettica del contenitore di figura 18 nella quale sono indicati tre piani di sezione tra loro ortogonali;
in figura 22 è indicata una vista in sezione lungo il piano A-A di figura 21, ove sono posti in evidenza gli elementi interni al contenitore in configurazione di ruota bloccata;
in figura 23 è indicata la vista in sezione di figura 22 in configurazione di ruota libera;
in figura 24 è indicata una vista in sezione lungo il piano B-B di figura 21, ove sono posti in evidenza gli elementi interni al contenitore in configurazione di ruota bloccata;
in figura 25 è indicata la vista in sezione di figura 24 in configurazione di ruota libera;
in figura 26 è indicata una vista in sezione lungo il piano C-C di figura 21, ove sono posti in evidenza gli elementi interni al contenitore in configurazione di ruota bloccata;
le figure 27A e 27B indicano due aspetti della vista in sezione di figura 26 in configurazione di ruota libera;
in figura 28 è indicato l’andamento temporale dell’impulso di corrente di attivazione del relè visibile nelle figure 24 e 25;
in figura 29 è indicato l’andamento temporale dell’impulso di corrente di attivazione del relè visibile nelle figure 22 e 23;
− in figura 30 è indicato lo schema elettrico generale del dispositivo di immobilizzazione oggetto della presente invenzione;
− in figura 31 è indicato lo schema elettrico della sola unità di controllo; − le figure 32A e 32B mostrano il diagramma di flusso del firmware contenuto in una memoria dell’unità di controllo.
Descrizione dettagliata di alcune forme preferite di realizzazione dell’invenzione
Facendo riferimento alla figura 1, si nota l’abbozzo di una motocicletta con evidenziata la parte anteriore comprendente la ruota 1 connessa alla forcella ammortizzante 2 tramite il perno 3 (munito di dado di fissaggio), sul quale è innestata una coppia di cuscinetti a rulli conici per favorire la rotazione della ruota 1, solidale al mozzo, reggendo nel contempo alle spinte assiali. La forcella 2 è in configurazione rovesciata, ovvero comprende due tubi cavi 4, che nella parte superiore sono rigidamente connessi ad un perno centrale, aventi al proprio interno un rispettivo stelo cilindrico 5, la cui estremità fuoriuscente comprende un rinforzo 6 con un foro per il passaggio del perno 3 e del dado di fissaggio. Il rinforzo 6 è chiamato piede, o piedino, o fodero, anche se in ambito motociclistico il termine fodero è pure riferito ai tubi 4 di diametro maggiore. Ciascuna coppia di tubi telescopici 4 e 5 è detta gambale. Connesso al fodero 6 si nota il dispositivo di frenatura idraulica 7, le cui pinze sono poste a cavallo del disco del freno 8. Quest’ultimo ha la forma di una corona circolare, di spessore ridotto e dotata di fori di ventilazione. Come usualmente avviene per i vantaggi che ne derivano, il disco 8 è fissato ad una flangia concentrica 9, in configurazione cosiddetta flottante, ovvero per mezzo di nottolini 10 comprendenti rondelle distanziatici e spina di fissaggio. La flangia 9 è fissata al mozzo per mezzo di viti 11 disposte a corona. La ruota 1 è priva di blocca-disco.
La figura 2 mostra la ruota 1 comprendente un contenitore 12 avente la forma di un cilindro tagliato lungo un piano longitudinale quasi diametrale, tale da sottendere la porzione di minore apertura angolare, delimitata da una faccia laterale piana rigidamente connessa al fodero 6, di modo che il solido geometrico 12, corrispondente ad un segmento circolare estruso, risulti disposto trasversalmente al fodero 6. Il contenitore 12 include la parte lato forcella di un dispositi vo di immobilizzazione della ruota, azionabile manualmente agendo su di un blocchetto 13 dotato di chiave. Dal contenitore 12 fuoriesce un cavo elettrico 14, decorrente verso l’alto assieme ad un condotto flessibile 15 riempito con il fluido di azionamento della pinza dei freni 7. Il blocchetto di azionamento 13 attraversa la base del contenitore 12 opposta alla base affacciata alla ruota 1, senza consentire l’accesso all’interno dello stesso.
La figura 3 mostra la connessione tra la ruota 1 e la meccanica di immobilizzazione interna al contenitore 12. Facendo riferimento alla figura 3, si può notare un’estremità del mozzo 16 della ruota 1 comprendente un cuscinetto a rulli conici 17 forzato sul perno 3. Il mozzo 16 è connesso sia al cuscinetto 17 sia al cerchione mediante raggi (visibili in figura 2). La flangia 9, già connessa al disco dei freni 8, è a sua volta connessa al mozzo 16 mediante delle viti 11’, che penetrano anche un disco 18 appartenente al dispositivo immobilizzatore lato ruota. Il disco 18 è attraversato centralmente dal perno 3. Dal contenitore 12 vincolato al fodero 6 fuoriescono due pioli 19 e 20 disposti parallelamente al perno 3 ai due lati dello stesso. La configurazione corrispondente alla fuoriuscita dei due perni 19 e 20 diretti verso una loro sede entro il disco 18 è quella di ruota 1 bloccata.
La figura 4 mostra la reciproca disposizione spaziale degli elementi del dispositivo immobilizzatore lato forcella e lato ruota. L’unico elemento lato ruota è il disco 18; esso ha un bordo rialzato 18a, una corona di fori filettati 18b per l’avvitamento delle viti 11’, un foro centrale 18c per il passaggio del perno 3, e due cavità semicircolari contigue 21 e 22 delimitate da due setti 23 e 24. Il dispositivo lato forcella include due elementi rispettivamente indicati con 25 e 27. L’elemento 25 è costituito da dai due pioli 19 e 20 ortogonali ad una base comune 26 a forma di lunetta, solidali ad essa alle due estremità della corda. L’elemento 27 è costituito da un basamento 28, della stessa forma a lunetta della base 26. Il basamento 28 ha un largo bordo 29 di diametro inferiore che delimita una nicchia 30 profonda circa metà dello spessore. Due fori 31 e 32 coassiali ai pioli 19 e 20 attraversano l’elemento 27 alle due estremità del bordo 29.. Gli elementi 25 e 27 sono montati entro il contenitore 12, in modo che i pioli 19 e 20 penetrino nei fori 31 e 32. La mezzeria delle cavità semicircolari 21 e 22 è posta sul prolungamento dell’asse dei pioli 19 e 20. La larghezza delle suddette cavità è superiore al diametro dei pioli 19 e 20; la loro profondità viene prefissata tenendo in considerazione lo spazio disponibile tra la flangia 9 ed il fodero 6. Con ciò, l’estremità dei pioli è in grado di penetrare nelle cavità 21 e 22 e di venire a contatto dei setti 23 e 24, impedendo il completamento della rotazione della ruota 1, come appunto illustrato in figura 5A.
La figura 4A mostra una semplificazione del dispositivo di figura 4, in cui l’elemento 25 ha il solo piolo 19 che si protende dalla lunetta 26 in posizione assiale, e l’elemento 27 ha il solo foro 31 in corrispondenza.
Le figure 5B e 5C mostrano una variante realizzativa in cui i pioli 19 e 20 hanno l’estremità libera sagomata a “becco di flauto” per ridurre il pericolo di intercettazione da parte della parete sommitale del setto divisorio 23 o 24 all’atto del loro ingresso in una delle cavità 21 o 22. Un piolo siffatto 19b viene a trovarsi In figura 5B con il vertice spinto contro la faccia inclinata di un setto 23b che divide la cavità 21 dalla 22. Ovviamente il piolo 19b viene spinto a ruota 1 ferma. La penetrazione indifferentemente nell’una o nell’altra cavità, richiede invece che la ruota 1 debba ruotare di quel poco che basta a superare la larghezza del setto 23b. Per ottenere un tale risultato occorrerebbe una forza tangenziale al disco 18 in grado di vincere l’attrito statico tra il terreno e gli pneumatici, proporzionale al peso del motociclo. La configurazione mostrata è effettivamente in grado di generare una forza tangenziale al disco 18, la cui intensità aumenta con l’inclinazione del setto 23b e con la spinta che è ragionevole esercitare manualmente agendo sulla chiave del blocchetto 13 (oppure mediante gli attuatori elettromeccanici che verranno descritti nel seguito). Quando il momento esercitato sul disco 18 supera quello resistente, esso compie una piccola rotazione nel senso indicato dalla freccia, che consente al piolo 19b di penetrare nella cavità 21 seguendo la parete inclinata del setto 23b.
Facendo riferimento alla figura 5C, contemporaneamente al piolo 19b entra nella cavità contigua 22 anche l’altro piolo 19c, il quale ha il lato più lungo contrapposto al lato più lungo del piolo 23b in configurazione speculare rispetto ad un asse longitudinale tra i due. Qualora qualcuno spinga sul manubrio, al compimento di un angolo di rotazione del disco 18 nel senso della freccia pari alla distanza angolare tra i pioli 19b e 19c, il lato più lungo del piolo 19c incontra la parete del setto 23b a filo della superficie del disco 18, arrestandone la rotazione.
La figura 6 mostra il meccanismo manuale interno al contenitore 12 nella configurazione di immobilizzazione del disco 18 e quindi della ruota 1. Facendo riferimento alla figura 6, si può notare che la parete cilindrica del blocchetto 13 ha un’aletta 33 che si estende ai due lati per il fissaggio mediante viti alla parete interna del contenitore 12. L’inserimento del blocchetto 13 in un foro della parete ed il fissaggio dell’aletta 33 sarà fatto nella configurazione aperta del contenitore 12 già avvitato al fodero 6. Il blocchetto 13 include un corpo serratura 34 scorrevole al proprio interno, solidale ad un gambo terminale 35 che fuoriesce dalla parete del blocchetto 13 per un tratto di lunghezza prefissata. Il gambo 35 è inserito all’interno di una molla elicoidale 36 posta tra la base del corpo serratura 34 e la parete di fondo del cilindretto 13. Dal fondo del corpo serratura 34 fuoriescono due pin contrapposti 37, trasversalmente all’asse del cilindretto 13, i quali penetrano entro rispettive sedi ricavate nello spessore dell’aletta 33, grazie alla rotazione di una chiave 38 usata per spingere in avanti il corpo serratura 34. Dopodiché la chiave 38 può essere rimossa mantenendo lo stato di blocco, ed un coperchietto 39 abbassato, come mostrato nel contorno a tratteggio. La lunghezza del gambo 35 è tale per cui nella sua massima elongazione, raggiunta dopo la fuoriuscita dei pin 37, esso spinge la base 26 dei pioli 19 e 20 di un tratto sufficiente a far penetrare l’estremità libera degli stessi fino a giungere a contatto della parete di fondo delle cavità 21 e 22. La spinta esercitata sulla base 26 comprime due molle elicoidali 40 e 41 entro cui sono rispettivamente inseriti i pioli 19 e 20 fuoriuscenti dai fori 31 e 32. Le suddette molle sono infatti poste tra la base 26 ed il basamento 28 attraversato dai pioli 19 e 20. Un microinterruttore elettrico 42 del tipo a pulsante è inserito nella nicchia 30 del basamento 28 con il pulsante 43 contrapposto alla lunetta 26, ad una distanza tale per cui esso viene azionato in corrispondenza dell’ingresso dei pioli 19 e 20 nella cavità 21 e/o 22. La distanza può essere regolata in modo da anticipare opportunamente l’istante di intervento del microinterruttore 42.
Il basamento 28, sul quale sono stati montati tutti gli elementi interni al contenitore 12, ad eccezione del blocchetto 13 già installato, viene fissato alla base del contenitore 12 per mezzo di viti perimetrali 44 e 45 disposte in senso assiale. Affinché le viti non invadano la stretta intercapedine esistente tra il basamento 29 ed il disco 18, la testa delle viti penetra in apposite nicchie restando a filo del basamento 28.
La figura 7 mostra lo stesso meccanismo di figura 6 nella configurazione in cui l’impedimento alla rotazione del disco 18 viene rimossa ruotando in senso contrario la chiave 38 ed estraendola dal blocchetto 13. Come infatti si può notare, i due pin 37 sono rientrati nel corpo serratura 34, liberandolo, e lasciando che la molla di richiamo 36 lo spinga verso l’esterno facendo rientrare il gambo 35 nel blocchetto 13. La base dei pioli 26, non essendo più ostacolata dal gambo 35, viene spinta verso l’esterno dalle molle 40 e 41, richiamando i pioli 19 e 20 entro i fori 31 e 32, e nel contempo rilasciando il pulsante 43.
La generalizzazione di figura 4A riferita all’utilizzo di un solo piolo centrale 19 è immediata, basterebbe allo scopo utilizzare una sola molla 40 e spostare il sensore 42 verso l’esterno.
Nel funzionamento, all’atto dell’accensione del quadro elettrico della motocicletta viene alimentato il contatto elettrico a disposizione del microinterruttore 42. Una logica di controllo mette a disposizione della centralina un segnale d’inibizione dell’ignizione che resta asserito fino al compimento dell’analisi dello stato logico di tale contatto, corrispondente allo stato di immobilizzazione o non immobilizzazione della ruota 1. In caso fosse rilevato lo stato di immobilizzazione verrà attivata una segnalazione visiva ed acustica sul cruscotto, mantenendo asserito il segnale d’inibizione all’ignizione. Quando il conducente avrà ripristinato lo stato di non immobilizzazione della ruota 1, non appena la logica di controllo ne verrà a conoscenza dal monitoraggio dello stato del contatto, disattiverà la segnalazione e commuterà sullo stato logico negato il segnale d’inibizione all’ignizione.
Le figure 8 e 9 differiscono dalle figure 2 e 3 per una diversa forma del contenitore applicato al piede della forcella in corrispondenza del fodero 6.
La figura 8 mostra la ruota 1 connessa alla forcella 4 e 5 come già detto, con il fodero 6 connesso ad un contenitore 50 da cui fuoriesce un cavo elettrico 51 decorrente verso l’alto seguendo gli elementi telescopici 5 e 4. Senza che ciò costituisca una limitazione dell’invenzione, il contenitore 50 comprende una parte con superficie curva che meglio si adatta alla forma degli elementi 25 e 27, contigua ad una parte di forma parallelepipeda che meglio si adatta agli ingombri meccanici di un attuatore lineare. Altre forme sono comunque possibili. La base comune delle due parti contigue è piana e si protende assialmente al perno 3, come mostrato in figura 9.
La figura 10 aggiunge alla vista di figura 9 il dettaglio della meccanica interna al contenitore 50. Con riferimento alla figura 10, si può notare che la parte del dispositivo di immobilizzazione lato ruota, così come la reciproca disposizione degli elementi 25 e 27 lato forcella, corrisponde a quella già illustrata con riferimento alla figura 6, verranno quindi adottati gli stessi simboli per gli stessi elementi e questa è una regola adottata in tutta la descrizione. Quello che invece cambia rispetto alla precedente realizzazione è l’abbandono dell’approccio manuale nel bloccaggio della ruota in favore dell’utilizzo di un attuatore lineare motorizzato comandato elettricamente. L’attuatore visibile in figura comprende un motore elettrico 52 connesso ad un dispositivo cilindrico 53 che converte il moto rotatorio dell’albero motore nel moto traslatorio di un pistone 54 avente l’estremità distale a contatto della lunetta 26 solidale ai pioli 19 e 20. Per diminuire l’ingombro trasversale, si è optato per una configurazione in cui il motore 52 è disposto parallelamente al cilindro 53, ed accoppiato ad esso mediante un’unità di trasmissione 55. La testa del motore 52 termina con una flangia 56 avvitata al contenitore dell’unità di trasmissione 55. Quest’ultima è solidale ad una seconda flangia 57 avvitata ad una protrusione verso l’interno 58 della parete del contenitore 50. La connessione mediante flangia 57 mantiene l’asse del dispositivo 53 ortogonale alla lunetta 26 e quindi parallelo ai pioli 19 e 20 che possono quindi assecondare il moto traslatorio del pistone 54.
L’insieme costituito dal motore 52, dall’unità di trasmissione 55 e dal dispositivo cilindrico 53 per la traslazione del pistone 54, costituisce un attuatore lineare miniaturizzato commercialmente noto come “cilindro elettrico”, per analogia con i cilindri pneumatici. Esistono in commercio numerose varianti realizzative che differiscono tra loro per la configurazione delle varie parti, il tipo di motore adottato (AC, DC, passo-passo), il tipo di unità di trasmissione (cinghia, riduttore a ingranaggi), la lunghezza della corsa del pistone, la forza esercitata nella spinta, la precisione posizionale garantita, e quindi il costo. Qualunque sia la tipologia, il cilindro elettrico comprenderà una vite senza fine 59 ed un elemento 60 impegnato con il profilo (principio) della vite senza fine 59, senza possibilità di ruotare ma solo di traslare per effetto della rotazione della vite 59. Gli attuatori più economici utilizzano come elemento 60 una semplice boccola internamente filettata connessa ad un pistone cavo o ad una slitta. Gli attuatori più esigenti utilizzano una chiocciola 60 contenente delle sfere che ricircolano entro il principio elicoidale della vite senza fine 59. La chiocciola 60 è attraversata dalla vite 59, la cui rotazione ne determina l’avanzamento in un senso o nell’altro lungo due slitte laterali. La chiocciola 60 trascina il pistone 54 concentrico alla vite senza fine 59. Sono disponibili in commercio attuatori lineari con la precisione dei millesimi di millimetro. Ovviamente maggiore è la precisione e maggiore è il costo. Per le finalità dell’invenzione non servono precisioni così spinte, è quindi possibile optare per attuatori poco costosi che sono comunque in grado di garantire precisioni del decimo di millimetro.
Nelle applicazioni in cui è richiesta la presenza di un sensore di fine corsa, al pistone 54 o all’elemento scorrevole 60 è solitamente applicato un disco o anello magnetizzato 61, la cui presenza viene rivelata da un sensore magnetico 62 montato in posizione fissa rispetto a quest’ultimo.
Per quanto concerne il sensore magnetico è possibile scegliere tra “sensore reed” e sensore ad effetto Hall (con uscita on/off). Tali sensori generano un segnale di uscita che rimane asserito fino a quando il disco magnetico 61 rimane posizionato in coincidenza del sensore 60, tornando ad un valore logico negato quando la coincidenza posizionale viene a mancare. Pertanto lo stato del sensore dovrà essere opportunamente campionato.
Senza limitare l’invenzione, per il motore 52 la scelta è stata quella di utilizzare un encoder di tipo passo-passo, accoppiato mediante una cinghia di trasmissione ad una puleggia posta sull’asse della vite senza fine 59. L’avanzamento del pistone 54 è ottenuto comandando un numero di giri corrispondente alla corsa voluta, sapendo dai data-sheets del cilindro elettrico l’incremento lineare per giro del motore (encoder). Per il controllo dei motori passo-passo esistono in commercio degli appositi circuiti integrati parzialmente programmabili. Tali circuiti comprendono un pilota degli avvolgimenti delle fasi, comandato da un microcontroller che calcola l’esatta sequenza degli impulsi di corrente da inviare agli avvolgimenti delle fasi. Sono previsti dei diodi esterni per il ricircolo delle correnti degli avvolgimenti all’atto dell’apertura e chiusura dei contatti. I circuiti di pilotaggio svolgono inoltre diverse funzioni a salvaguardia del motore, come ad esempio la limitazione automatica della corrente assorbita in presenza di un sovraccarico o di un cortocircuito. Il microcontroller agisce sulla base di un numero limitato di segnali logici ai propri ingressi che possono essere impostati manualmente oppure trasmessi da un microprocessore.
I motori passo-passo hanno il vantaggio di non richiedere né un riduttore di giri, né un sensore di fine corsa per comandare l’arresto dell’attuatore, e tanto meno di un freno. Il fatto di avere utilizzato il sensore magnetico 62 non è quindi legato alla necessità di conoscere il fine corsa dell’attuatore, bensì a quella di conoscere l’avvenuta immobilizzazione della ruota (non necessariamente implicante il raggiungimento del fine corsa). Pertanto il sensore 62 è applicato lungo la parete dispositivo cilindrico 53 ad una distanza dall’estremità libera dello stesso tale per cui quando si verifica la coincidenza con il passaggio del disco magnetico 61, il pistone 54 è avanzato di quanto basta per spingere l’estremità libera dei pioli 19 e 20 completamente entro la cavità 21 o 22 (o entrambe) del disco 18. La posizione del sensore 60 è regolabile in modo da eventualmente anticipare la segnalazione del passaggio.
Il cavo elettrico 51 comprende un primo cavo 51a connesso al motore passopasso 52 ed un secondo cavo 51b connesso al sensore 62. Il cavo elettrico 51 che fuoriesce da un foro 50a praticato nella parete dal contenitore 50; il foro 50a è munito di guarnizione in gomma 50b che impedisce l’ingresso dell’acqua piovana e del fango.
In linea di massima non sussiste la necessità di avvitare la terminazione del pistone cavo 54 alla lunetta 26, in quanto il contatto è assicurato dalle molle 40 e 41 anche nella direzione di ritorno alla posizione iniziale dello stesso, come mostrato in figura 11. Sono ovviamente possibili anche le configurazioni in cui le molle 40 e 41 sono assenti e la lunetta 26 è rigidamente connessa al pistone 54.
La figura 11 mostra la configurazione di completo richiamo dei pioli 19 e 20 entro i fori 30 e 31 del basamento 28 e conseguente rimozione dell’impedimento alla rotazione del disco 18 e della ruota 1. L’azione di richiamo è svolta dalle molle 40 e 41 man mano che il pistone 54 arretra. Il completo richiamo dei pioli 19 e 20 corrisponde alla posizione di riposo del pistone, 54 che solitamente corrisponde a quella di completo arretramento nel corpo del cilindro 53.
La generalizzazione di figura 4A riferita all’utilizzo di un solo piolo centrale 19 è immediata, basterebbe allo scopo utilizzare una sola molla 40.
Nel funzionamento, la logica di controllo gestirà la segnalazione proveniente dal sensore 62 come già detto a proposito del microinterruttore 42 (figura 6) ed in più si farà cura di generare le istruzioni da inviare al microcontroller del motore passo-passo 52. La descrizione dettagliata del funzionamento consentito dalla logica verrà data nel seguito.
Le figure 12 e 13 differiscono dalle figure 8 e 9 per una diversa forma del contenitore applicato al piede della forcella in corrispondenza del fodero 6.
La figura 12 mostra la ruota 1 connessa alla forcella 4 e 5 come già detto, con in evidenza un contenitore 70 di forma parallelepipeda, disposto parallelamente agli elementi telescopici 4 e 5 della forcella in corrispondenza del fodero 6, al quale è rigidamente connesso, e che risulta occultato. Dal contenitore 70 fuoriesce un cavo elettrico 71 decorrente verso l’alto seguendo gli elementi telescopici 5 e 4.. La figura 13 mostra il contenitore 70 visto dal retro della ruota, dove si può notare la forma oblunga dello stesso.
Le figure 14 e 15 differiscono dalle figure 12 e 13 per una diversa disposizione dell’attuatore lineare, che costringe ad adottare uno schema differente di trasmissione del movimento ai pioli 19 e 20. Per la parte restante che concerne il dispositivo di immobilizzazione lato ruota, nulla è cambiato e verrà adottata la stessa numerazione. Facendo riferimento alla figura 14, si nota un motore passo-passo 72 il cui albero è connesso assialmente ad un dispositivo 73 (del tutto uguale al dispositivo 53 di figura 10) comprendente un pistone 74 che può traslare assialmente. La base del motore 72 termina con una flangia 75 connessa alla parete interna del contenitore 70 mediante viti. Il dispositivo 73 è a sua volta vincolato a due altre flange 76 e 77 per il fissaggio dello stesso ad una protrusione 78 della parete interna del contenitore 70. Il dispositivo 73 include una vite senza fine 79 posta in rotazione dal motore 72. Un elemento 80 connesso ad un pistone 74 è impegnato dalla vite senza fine 79 che gli fa compiere un movimento traslatorio. L’elemento 80 include un disco magnetico 81 in grado di stimolare al suo passaggio un sensore magnetico 82 in posizione fissa. Il pistone 74 ha una terminazione a vite 83 che penetra la base minore di un prisma triangolare 84 ottenuto tagliando un parallelepipedo retto mediante un piano diagonale. Un piano diagonale è un piano che passa per le diagonali parallele di due facce opposte o, se si preferisce, per due spigoli paralleli non appartenenti alla stessa faccia. Nel caso di figura i due spigoli paralleli corrispondono ai lati minori. Una definizione meno geometrica e più vicina alle proprietà fisiche del solido 84 per quanto concerne la trasmissione delle forze è il classico “piano inclinato”. La faccia obliqua del prisma 84 è appoggiata contro la faccia obliqua di un secondo prisma 85 equivalente al primo, la cui base maggiore 86 è rigidamente connessa ad una estremità dei due pioli 19 e 20, penetranti nei fori 31 e 32 di un basamento 28a che chiude il contenitore 70. Il basamento 28a si estende fino alla base superiore del contenitore 70, dove viene avvitato mediante viti non sporgenti 44a, inaccessibili una volta montata la ruota 1. Tra il basamento 28a e la base del prisma 85 sono incluse le molle elicoidali 40 e 41 concentriche ai pioli 19 e 20.
La reciproca disposizione dei prismi è tale per cui il prisma 84 può solo traslare lungo un asse ortogonale rispetto all’asse dei pioli 19 e 20; a sua volta il prisma 85 può solo traslare solidale con detti pioli.
La configurazione mostrata in figura 14 è quella di immobilizzazione della ruota 1 con le estremità dei pioli 19 e 20 entro la scanalatura 21 del disco 18. In tale configurazione il pistone 74 raggiunge la massima elongazione necessaria al bloccaggio e di conseguenza il prisma 84 si trova completamente sovrapposto al prisma 85, con ciò e le basi dei due prismi che risultano ortogonali ai pioli 19 e 20 si trovano alla massima distanza reciproca, e le molle 40 e 41 alla minima elongazione. In altri termini, questo significa che il prisma 85 ha compiuto la massima traslazione nella direzione della fuoriuscita dei pioli 19 e 20 dai fori 31 e 32, comprimendo al massimo le molle 40 e 41. L’angolo acuto comune ai due prismi sarà calcolato in modo tale per cui la traslazione compiuta dal prisma 85 tra l’inizio e la fine della corsa del pistone 74 corrisponda alla distanza tra i pioli 19 e 20 in posizione completamente retratta ed il fondo delle cavità 21 e 22 del disco 18 vincolato alla ruota 1.
La configurazione mostrata in figura 15 differisce da quella precedente per il fatto che il pistone 74 ha raggiunto la minima elongazione stabilita, e la reciproca disposizione dei prismi 84 e 85 è tale da mantenere i pioli 19 e 20 completamente dentro i fori 31 e 32 del basamento 28a, lasciando la ruota 1 libera di ruotare. Come si può notare, le basi dei due prismi che risultano ortogonali ai pioli 19 e 20 si trovano ora alla minima distanza reciproca, e le molle 40 e 41 alla loro massima elongazione. La funzione di dette molle è quella di mantenere il prisma 85 sempre a contatto del prisma 84, e quindi pronto ad intervenire; ovviamente alla minima elongazione del pistone 74 un tratto al ertice della faccia obliqua del prisma 84 dovrà essere sovrapposta al prisma 85.
La configurazione rappresentata nelle figure 14 e 15 è meccanicamente più complessa rispetto a quella delle figure 10 e 11 ma ha il vantaggio di un minore ingombro trasversale rispetto all’asse della ruota, come si può notare dal confronto tra la figura 13 e la figura 9.
La generalizzazione di figura 4A riferita all’utilizzo di un solo piolo centrale 19 è immediata, basterebbe allo scopo utilizzare una sola molla 40.
Le figure 16 e 17 sono esemplificative della connessione dei contenitori 50 e 70 al rispettivo fodero 6 dello stelo telescopico 5 della forcella. Le figure mostrano una vista frontale del contenitore sezionato longitudinalmente in corrispondenza della base piana appoggiata al fodero 6 e privo di componenti al proprio interno. In entrambi i casi vengono usate almeno due viti per impedire la rotazione del contenitore, preferibilmente a brugola per consentire l’avvitamento agendo dall’interno del contenitore, se ciò è richiesto, e preferibilmente con la testa incassata nei fori della parete. Ovviamente le viti possono essere molteplici in base alle disponibilità di spazio lasciato dai componenti interni. I foderi con una superficie poco incurvata favoriscono l’avvitamento. Con riferimento alla figura 16, si notano tre viti a brugola 90, 91, e 92 in corrispondenza del fodero 6; la vite 91 è posta in corrispondenza della nicchia 30 del basamento 28. Le viti 90 e 92 sono allineate in prossimità dei due lati contrapposti del contenitore 50, che occupa prevalentemente la metà inferiore del fodero 6. Facendo riferimento alla figura 17, si notano tre viti a brugola 93, 94, e 95 maggiormente distanziate tra loro rispetto alle precedenti, considerata la maggior estensione longitudinale del contenitore. La vite 95 è posta in corrispondenza della nicchia 30 del basamento 28a, all’incirca allineata alle altre viti spaziate fino a raggiungere la parte superiore del fodero 6.
Il montaggio del dispositivo immobilizzatore lato ruota è compiuto prima del montaggio alla forcella della ruota 1, completa del disco 18. A titolo esemplificativo, facendo riferimento alle figure 16 e 11, la sequenza di montaggio prevede i seguenti passi:
− fissare il contenitore vuoto 50 al fodero 6, mediante le viti a brugola 90, 91, e 92;
− fissare il sensore 62 entro la scanalatura prevista lungo il profilo laterale del cilindro 53 nella posizione calcolata;
− introdurre il cavo elettrico 51 nel foro 50a munito di guarnizione 50b e collegare i cavi elettrici 51a e 51b ai rispettivi dispositivi all’esterno del contenitore 50;
− introdurre nel contenitore 50 l’attuatore lineare 52, 55, e 53 completamente assemblato, con il pistone 54 in posizione di riposo e munito di sensore 62; quindi fissarlo alla parete 58 mediante avvitamento della flangia 57; − inserire le molle 41 e 42 sui pioli 19 e 20 a contatto della lunetta 26 ed introdurre le terminazioni dei pioli entro i fori 31 e 32 del basamento 28;
− introdurre l’insieme di lunetta, pioli e molle entro il contenitore 50 tenendoli per il basamento 28; avvitare quindi il basamento 28 al bordo del contenitore 50 mediante le viti perimetrali 44 e 45;
− inserire la ruota 1 entro la forcella, introdurre il perno 3 nel mozzo 16 attraverso i fori nei piedini 6 degli steli 5 e stringere i dadi di fissaggio;
− connettere l’altro capo dei cavi elettrici 51a e 51b ai connettori predisposti nella logica di controllo.
Le figure 18 e 19 differiscono dalle figure 12 e 13, dalle figure 8 e 9, e dalle figure 2 e 3 per una diversa forma del contenitore applicato al piede della forcella in corrispondenza del fodero 6.
La figura 18 mostra la ruota 1 connessa alla forcella 4 e 5 come già detto, con il fodero 6 connesso ad un contenitore 100 da cui fuoriesce un cavo elettrico 101 decorrente verso l’alto seguendo gli elementi telescopici 5 e 4. Senza che ciò costituisca una limitazione dell’invenzione, il contenitore 100 assume la forma di un solido estruso da un segmento circolare centralmente sormontato da un rettangolo di lunghezza circa la metà della corda. La faccia piana generata dall’estrusione della corda è disposta trasversalmente al fodero 6, a cui è connessa. La figura 19 mostra il contenitore 100 visto dal retro della ruota 1, dove si può notare la forma particolarmente poco ingombrante dello stesso.
La figura 20 mostra il dettaglio del contenitore 100 formato dag tre parti componenti, di cui, una prima parte 102 è un basamento, una seconda 103 è sostanzialmente la parte estrusa avente profilo circolare, ed una terza parte 104 è la parte estrusa a profilo rettangolare. Il basamento 102 è riconducibile all’elemento 27 di figura 4 da cui differisce per l’aggiunta di un prolungamento rettangolare 105, simmetrico rispetto all’asse e contiguo al bordo circolare esterno di minor spessore, comprendente dei fori filettai 106 per le viti di fissaggio alle parti restanti.
Il componente 103 comprende una base superiore 107 di forma uguale al basamento 102, quindi comprendente un prolungamento rettangolare 108. Dalla base 107 si estende ortogonalmente la sola parete curva 109 internamente cava, perfettamente richiudibile sul basamento 102 con al proprio interno il bordo 29 dello stesso. Nello spessore della parete 109 ai lati del prolungamento rettangolare 108, sono ricavate due scanalature parallele 110 e 111 aventi sezione trasversale a forma di T che, limitatamente al gambo della T, proseguono a formare una scanalatura 112 entro il bordo perimetrale del prolungamento rettangolare 108,. Le scanalature 110 e 111 ed il loro prolungamento 112 costituiscono delle sedi per l’incastro del componente 104. Lungo la mezzeria della parete 109 sono visibili due aperture 113 e 114 opportunamente distanziate tra loro e dalla base 107. Lungo il bordo della parete 109 che delimita l’apertura opposta alla base 107 sono presenti dei fori filettai 115 per le viti di fissaggio al bordo circolare del basamento 102.
Il componente 104 è costituito da un parallelepipedo cavo privo delle basi e di una faccia laterale maggiore opposta alla superficie 109. I bordi longitudinali 116 e 117 sono sagomati a forma di T, costituendo un profilo d’incastro per le scanalature 113 e 114. Il gambo della T prosegue da un lato del componente 104 lungo il contorno a U a formare un profilo d’incastro 118 per la scanalatura 112 contiguo al precedente. Sul lato opposto del componente 104 in corrispondenza degli angoli sono presenti dei fori filettati 119 per le viti di fissaggio al prolungamento rettangolare 105. In corrispondenza del passaggio del cavo elettrico 101 è visibile un foro 120 nella parete superiore, che verrà munito di guarnizione di tenuta.
L’incastro realizzato dai componenti 103 e 104 agevola il montaggio degli elementi del dispositivo immobilizzatore interni al contenitore 100, che risulterà privo di punti di accesso visibili ed azionabili dall’esterno. E’ infatti possibile montare gli elementi interni separatamente per ciascun componente, dopodiché far scivolare gli incastri 116 e 117 entro le sedi 110 e 111 fino all’inserimento del bordo 118 nella sede 112, ed infine inserire il bordo 29 del basamento di chiusura 102 entro la parte terminale del componente 109 e fissarlo con le viti.
La figura 21 mostra tre piani di sezione del contenitore 100 tra loro ortogonali, indicati con A-A, B-B, e C-C, di cui: la sezione lungo il piano A-A verrà illustrata con riferimento alle figure 22 e 23; la sezione lungo il piano B-B verrà illustrata con riferimento alle figure 24 e 25; e la sezione lungo il piano C-C verrà illustrata con riferimento alle figure 26 e 27. Le tre sezioni di cui sopra riguardano una variante del dispositivo immobilizzatore applicato alla forcella operante per mezzo di due relè. La parte del dispositivo di immobilizzazione lato ruota corrisponde a quella già illustrata nelle figure precedenti. Lo stesso dicasi per la disposizione dei due pioli di immobilizzazione e delle relative molle. Per semplificare i disegni i cavi elettrici sono stati omessi, essendo del tutto evidente che ciascun relè richiede due fili, così come gli interruttori ad unico contatto.
Nella configurazione di immobilizzazione della ruota 1 mostrata in figura 22, si nota che la nicchia 30 nel basamento 28 ospita la base di un solenoide 130, al cui interno è visibile un’ancora ferromagnetica 131 rigidamente connessa ad una lunetta 132, del tutto simile alla 26 con l’aggiunta di un diaframma di cui si dirà. Sulla faccia libera della lunetta 132 sono applicate due corte mollette a forma di lamina 133 e 134. Le estremità dei pioli 19 e 20 entrano nella scanalatura 21 del disco 18, e le molle 40 e 41 risultano compresse. La compressione esercitata dalla lunetta 132 sulle molle 40 e 41 è causata dal richiamo dell’ancora cilindrica 131 entro la bobina del solenoide 130 durante l’impulso di corrente di eccitazione. Un perno 135, visibile in sezione trasversale al centro ed a contatto della lunetta 132, impedisce che essa venga spinta dalle molle 40 e 41 contro la parete interna del contenitore 100 al termine dell’impulso di eccitazione del solenoide 130. Le mollette 133 e 134 non risultano impegnate contro la parete. Si può notare che il solenoide 130 risulta a filo della lunetta 132, e che l’ancora cilindrica 131 ha una lunghezza di poco inferiore all’altezza interna del solenoide 130. Sono anche visibili due viti 136 e 137 che vincolano dall’interno il contenitore 100 al fodero 6.
La figura 23 mostra la configurazione di ruota 1 libera in seguito al richiamo dei pioli 19 e 20 entro i fori 31 e 32 del basamento 28,. Il richiamo è conseguenza del ritorno alla posizione di riposo delle molle 40 e 41 a seguito del richiamo del perno 135 che bloccava la traslazione della lunetta 132. L’urto della lunetta 132 contro la parete interna viene attutito dalle mollette 133 e 134. Si può notare che l’ancora cilindrica 131 solidale alla lunetta non fuoriesce dal solenoide 130.
Una forma alternativa all’utilizzo dell’ancora ferromagnetica 131 è quella di utilizzare una lunetta 132 ferromagnertica.
La generalizzazione di figura 4A riferita all’utilizzo di un solo piolo centrale 19 richiede i seguenti aggiustamenti: a) l’utilizzo di un basamento che differisce dal basamento 102 per il fatto di possedere un solo foro 31 al centro della nicchia 30; b) l’assenza dei due pioli 19 e 20 e delle relative molle 40 e 41; c) l’utilizzo di un’ancora cilindrica che differisce dall’ancora 131 per il fatto di essere più lunga in modo da fungere essa stessa da piolo di ostruzione entro la cavità 21; d) l’utilizzo di una sola molla elicoidale al cui interno è posto il solenoide 130.
La figura 24 aggiunge alla configurazione d’immobilizzazione della ruota di figura 22 i dettagli del mantenimento della stessa tramite il perno 135, che costituisce l’ancora ferromagnetica di un secondo solenoide 138 posto entro l’elemento 104 del contenitore 100. Riferendoci alla figura 24, il solenoide 138 ha la base vincolata alla parete dell’elemento 104 mediante l’interposizione di uno schermo magnetico 139 (ad esempio Mumetal) di forma cilindrica. Il solenoide 138 include al proprio interno una molla assiale 140 di lunghezza a riposo circa uguale a quella della bobina; un’estremità della molla 140 è vincolata alla base del solenoide 138, l’altra estremità è vincolata al perno 135. La lunghezza del perno 135 è tale per cui quando la molla 140 è a riposo esso attraversa l’apertura 113 esistente nella parete cilindrica 109, sovrapponendosi alla lunetta 132 per circa un quarto in senso radiale, estensione questa più che sufficiente a contrastare in modo affidabile la spinta impressa dalle molle 40 e 41 considerando tutte le tolleranze e le possibili sollecitazioni. Nella sua posizione di massima elongazione il perno 135 si sovrappone ad un diaframma 141 posto al vertice della lunetta 132, la cui funzione verrà chiarita a breve. Il perno 135 è libero di traslare ma non di uscire completamente dal solenoide 138, essendo impedito da un allargamento del piede oltre il diametro del foro di uscita. Si può ora capire che lo scopo dello schermo magnetico è quello di evitare che il ladro potenziale munito di un magnete sufficientemente potente possa attrarre il perno 135 e sbloccare il dispositivo antifurto.
La figura 25 aggiunge alla configurazione di sblocco dell’immobilizzazione di figura 23 l’apporto degli elementi descritti nella precedente figura 24. Rispetto alla figura 24 si nota l’accorciamento subito dalla molla 140, dovuto alla compressione esercitata dal perno 135 richiamato entro il solenoide 138 mentre circola la corrente di azionamento. Nella posizione di massimo accorciamento della molla 140, il perno 135 entra parzialmente nel corpo del solenoide 138 fino a disimpegnare la lunetta 132. E’ preferibile che il perno 135 non esca completamente dall’apertura 113. Nella configurazione evidenziata la lunetta 132 è libera di traslare nella direzione verso l’alto in figura spinta dalle molle 40 e 41 trascinando seco tutti gli elementi solidali ad essa, ovvero: l’ancora 131, i pioli 19 e 20, ed il diaframma 141. La ruota 1 è in tal modo libera di ruotare.
La figura 26 mostra la configurazione interna al contenitore 100 nello stato d’immobilizzazione già illustrato nelle figure 22 e 24. La figura mostra chiaramente che il perno 135 è ad una distanza dalla parete 28 maggiore della distanza esistente tra la stessa parete 28 e la lunetta132 in posizione di attrazione dell’ancora 131 da parte del solenoide 130.
Nella figura si può notare che la lunetta 132 differisce dalla lunetta 26 (figura 4) per il fatto che comprende in un unico elemento metallico, oltre ai pioli 19 e 20 non visibili in figura, anche l’ancora ferromagnetica 131 ed il diaframma 141. Come detto in precedenza, l’ancora cilindrica 131 ha una lunghezza di poco inferiore all’altezza interna del solenoide 130, tuttavia ciò non costituisce una limitazione a quanto debba essere inferiore ma solo ne facilita l’attrazione e le consente di restare all’interno della bobina per un corto tratto anche quando le molle 40 e 41 spingono la lunetta 132 verso la parete 107. La lunghezza del diaframma 141 deve essere inferiore all’altezza interna del solenoide 130, ma non di troppo per quanto si dirà a breve. Nello stato mostrato in figura i due solenoidi dopo aver attivato il blocco sono entrambi disalimentati. Il gap esistente tra l’inizio del solenoide 130 e la lunetta 132, consente al solenoide quando attrae l’ancora 131 di portare la lunetta 132 completamente al disotto del perno 135, con un certo margine. In tal modo il perno 135 non avrà nessun impedimento alla sua fuoriuscita dall’apertura 135 per sovrapporsi parzialmente alla lunetta 132.
Il diaframma 141 ha una terminazione rastremata 142 in corrispondenza dell’apertura 114 nella parete cilindrica 109 del componente 103 del contenitore 100. La rastremazione consiste in una riduzione costante nello spessore del diaframma 141 che inizia oltre metà altezza e termina all’estremità. Lo spessore viene ridotto dall’inclinazione di una sola faccia, quella rivolta verso l’apertura 114. In modo alternativo ma con maggior ingombro è possibile inclinare verso l’interno la parte inferiore 142. Un microinterruttore 143 è vincolato ad una parete del contenitore 100 in prossimità dell’apertura 114. Il microinterruttore 143 ha un braccio 144 pivotabile ad una estremità attorno ad un fulcro 145 e possiede una rotella 146 all’altra estremità. Un pulsante 147 spinto da una molla (non mostrata) è posto vicino al fulcro 145 sotto al braccio 144 che lo aziona. Il pulsante 147 apre e chiude un contatto elettrico tra i terminali 148 e 149 connessi ad un filo elettrico sotto tensione. Il microinterruttore 143 è collocato in modo che qualunque sia lo stato del dispositivo immobilizzatore, la rotella 146 fuoriesca dall’apertura 114 sotto la spinta della molla per giungere a contatto del diaframma 141. La distanza tra la rotella 146 e la superficie del diaframma 141 è tale per cui, quando la rotella incontra la porzione non rastremata, come appunto succede in figura, l’inclinazione del braccio 144 è minima sicché esso mantiene premuto il pulsante 144 oltre il punto di chiusura del contatto elettrico. In tal modo lo stato di bloccaggio della ruota viene segnalato ad una logica di controllo. Il microinterruttore 143 è comunemente reperibile in commercio.
Le figure 27A e 27B mostrano congiuntamente la configurazione in cui l’immobilizzazione della ruota 1 è stata rimossa, come nelle figure 23 e 25. La figura 27A è riferita all’istante in cui è presente l’impulso di corrente di eccitazione del solenoide 138 mentre il solenoide 130 è diseccitato. Come si può notare, l’ancora ferromagnetica costituita dal perno 135 viene richiamata entro il solenoide 138 comprimendo la molla 140 e liberando la lunetta 132, che è spinta verso la parete 103 dalle molle 40 e 41, seco portando il diaframma 141. Questo fa si che la rotella 146, sotto la spinta esercitata dalla molla sul braccio 144, venga a scorrere sul profilo rastremato 142 inclinando il braccio 146. Al termine del percorso l’inclinazione del braccio 144 è quella massima ed il pulsante 144 torna ad aprire il contatto elettrico. In tal modo viene rimossa la segnalazione dello stato di bloccaggio della ruota.
La figura 27B mostra la posizione assunta dal perno 135 quando cessa l’impulso di corrente nel solenoide 138. Come si può notare, la presenza del diaframma 141 impedisce al perno 135 di posizionarsi tra la lunetta 132 ed il solenoide 130 spinto dalla molla 140, ma ciò non riveste particolare importanza.
La commutazione tra lo stato d’immobilizzazione a quello di ruota libera necessita di impulsi di corrente dati in sequenza ai due solenoidi 130 e 138. Similmente, la commutazione inversa necessita di una diversa sequenza. Le sequenze vengono rispettivamente illustrate nelle figure 28 e 29. Sceglieremo arbitrariamente di partire dallo stati iniziale di ruota bloccata, riferendoci alla configurazione dei solenoidi visibile in figura 26. Per commutare lo stato a quello di ruota libera occorrerà attivare il solenoide 138 per un tempo sufficiente a richiamare il perno 135 entro l’apertura 113, come mostrato in figura 27A. I tempi di attivazione dei più comuni solenoidi sono dell’ordine delle decine di millisecondi, dipendendo dalla costante elastica della molla e dalla massa dell’ancora. Per gli scopi preposti non servono tempi rapidi di commutazione, il fatto di conoscerne la durata serve soltanto alla corretta pianificazione della durata degli impulsi di corrente. L’impulso di corrente nel solenoide 138 dovrà permanere per tutto il tempo che le molle 40 e 41 impiegano a spingere la lunetta 132 almeno oltre l’apertura 135, ma preferibilmente fino al completamento della corsa contro la parete 107, facendo rientrare i pioli 19 e 20 entro i fori 31 e 32 del basamento 44. Ciò servirà ad evitare che il perno 135 vada a sfregare contro il diaframma 141 durante la corsa della lunetta 132. Tuttavia, l’attivazione del solo solenoide 138 come detto richiederebbe una potenza ingiustificata dovuta al fatto di dover vincere l’attrito radente tra il perno 135 e la lunetta 132, ma ancor più di contrastare il momento complessivo trasmesso dalla lunetta 132 a causa delle forze trasversali generate dalle molle 40 e 41. Questo succede perché la configurazione con un solo solenoide trasversale 138 risulta sbilanciata. L’inconveniente evidenziato può essere completamente rimosso eccitando il solenoide 130 prima del solenoide 138, in modo da attrarre a sé a lunetta 132 attraverso il gap esistente. Non appena il perno 135 sarà rientrato si potrà diseccitare il solenoide 130 mantenendo comunque ancora eccitato il solenoide 138, giungendo alla configurazione di figura 27A; alla successiva diseccitazione del solenoide 138 si giungerà alla configurazione finale di figura 27B.
La figura 28 riporta le forme d’onda temporali degli impulsi di corrente necessari alla rimozione dello stato d’immobilizzazione partendo dalla situazione di figura 26. Con riferimento alla figura 28, sull’asse delle ordinate sono indicate con I130e I138le correnti in mA rispettivamente nei solenoidi 130 e 138; sull’asse delle ascisse il tempo in ms è suddiviso in quattro intervalli consecutivi T1, T2, T3, e T4. Gli impulsi I130e I138hanno un tempo di salita ed un tempo di caduta caratteristici riportati nei data sheets. L’andamento dei due impulsi corrisponde alla spiegazione appena data.
La figura 29 riporta le forme d’onda temporali degli impulsi di corrente necessari al ripristino dello stato d’immobilizzazione partendo dalla situazione di figura 27B ( o 27A). Con riferimento alla figura 29, si può notare che per ripristinare lo stato d’immobilizzazione è sufficiente scambiare l’ordine temporale delle forme d’onda di figura 28 (basta scambiare I130con I138in figura 28). Nello specifico, durante il tempo T1 viene attivato il solenoide 138 che attira al proprio interno il perno 135, rimuovendo la pressione esercitata sul diaframma 141; nel successivo intervallo T2 viene attivato il solenoide 130 per attrarre al proprio interno l’ancora cilindrica 131, mantenendo ancora attivato il solenoide 138 per i motivi appena detti; nel successivo intervallo T3 è possibile diseccitare il solenoide 138 poiché la lunetta 132 ha completato l’avvicinamento al solenoide 130, riportando i pioli 19 e 20 entro la cavità 21 del disco 18 lato-ruota, immobilizzandolo; nell’intervallo finale T4 è possibile diseccitare anche il solenoide 132 poiché il perno 135 è giunto sopra la lunetta 132, bloccandola.
Nelle successive figure 30 e 31 viene illustrato lo schema elettrico al servizio della meccanica del dispositivo immobilizzatore racchiusa nel contenitore lato forcella. La generalità dello schema a blocchi è tale da coprire sia la realizzazione con motore passo-passo sia con i solenoidi. Una parte dello schema è pure utilizzabile per servire la realizzazione con il blocchetto chiave di figura 2.
Facendo riferimento alla figura 30, si nota un blocco circuitale 160 che schematizza dal punto di vista elettrico i dispositivi utilizzati nel contenitore di volta in volta applicato al piede 6 della forcella. Il blocco 160 costituisce l’unità remota del dispositivo immobilizzatore finora descritto, connesso ad un’unità di controllo centralizzata 161. Quest’ultima è inoltre connessa alla batteria da 12V 162, al cruscotto 163, e ad un blocco 164 che esemplifica l’intero sistema elettrico del motociclo. Il blocco 164 comprende il gruppo luci, il clacson il motorino di avviamento, l’alternatore, lo spinterogeno, la centralina ed i diversi sensori ed attuatori usualmente presenti. I segnali entranti ed uscenti dal blocco 164 vengono rispettivamente esemplificati con SENS (sensori) e ATT (attuatori). La connessione elettrica tra i blocchi 160 e 161 corrisponde ai cavi elettrici indicati con 14, 51, 71, e 101 nelle precedenti figure, a seconda della variante realizzativa considerata. All’interno dell’unità remota 160 sono visibili due avvolgimenti induttivi 165 e 166 ed un contatto elettrico 167; è pure fornito un punto di massa elettrica GND, ove richiesto. Al polo positivo della batteria 162 sono connessi due cavi elettrici 168a e 169a. Dal polo negativo parte un cavo 170 collegato al telaio, che costituisce la massa elettrica GND, e che raggiunge tutti gli altri blocchi. Il cavo 168a è connesso ad un interruttore 171 incluso nel blocchetto della chiave di accensione 172 del quadro strumenti 173 sul cruscotto. Il cavo 168b di ritorno dal blocchetto 171 è connesso ai blocchi 161 e 164. Il cavo 169a è connesso ad un capo di un contatto 174 il cui altro capo è connesso al blocco 161. Allo scopo di monitorare lo stato dell’unità remota 160 ed interagire con il suo funzionamento, il quadro strumenti 173 mette a disposizione del conducente un LED 175, un cicalino (buzzer) 176, ed un pulsante di reset 177. L’unità di controllo 161 pilota il LED 175 ed il buzzer 176 mediante un rispettivo segnale LD e BZ, riceve dal pulsante di reset 177 un segnale RS, e invia un segnale di abilitazione EN alla centralina inclusa nel blocco 164. Il cavo che connette l’unità di controllo 161 all’unità remota 160 include sei conduttori indicati con A, B, C, D, S1, S2, più l’eventuale connessione di massa GND. I conduttori A e B sono connessi ai capi dell’avvolgimento induttivo 165; i conduttori C e D sono connessi ai capi dell’avvolgimento induttivo 166; i conduttori S1 e S2 sono connessi ai capi del contatto 167. Gli elementi indicati entro l’unità remota 160 schematizzano dispositivi differenti a seconda della modalità realizzativa della stessa. Più precisamente, nella modalità di figura 2 gli avvolgimenti 165 e 166 sono assenti, ed il contatto 167 corrisponde al contatto del microinterruttore a pulsante 42 (figura 6). Nella modalità delle figure 8 e 12 gli avvolgimenti 165 e 166 sono quelli delle fasi del motore passo-passo in configurazione bipolare, mentre per quanto concerne il contatto 167 occorre fare le seguenti precisazioni che dipendono dal tipo di sensore posizionale 62 (figura 10) e 82 (figura 14) abbinato al detto motore: a) se come sensore posizionale viene usato un microinterruttore meccanico oppure un sensore magnetico di tipo “Reed” allora il contatto 167 è un contatto vero e proprio; b) se invece viene usato un sensore ad effetto Hall allora il simbolo sta a indicare il valore di ON/OFF della tensione generata dal sensore. Nella modalità realizzativa della figura 18 gli avvolgimenti 165 e 166 sono quelli dei due solenoidi utilizzati, ed il contatto 167 corrisponde al contatto del microinterruttore a leva 143 (figura 26).
L’unità di controllo 161 viene mostrata in dettaglio nella schematizzazione di figura 31. Tale unità include una CPU 180, che può essere un PLC o in modo equivalente un “single-chip microcontroller”, entrambi programmabili e dotati di memoria interna per il firmware. Per ragioni di convenienza, giustificate dallo scarso numero di componenti da controllare, è preferibile optare per un microcontroller in singolo chip scelto tra i diversi comunemente reperibili in commercio (Intel, Motorola, Texas, ecc.). Un microcontroller altri non è che un microprocessore integrante nello stesso chip i principali blocchi funzionali necessari al proprio funzionamento, per semplicità verrà chiamato in seguito microprocessore. Ciò posto, il microprocessore 180 tramite un bus 181 è connesso a dei circuiti d’interfaccia verso i vari blocchi funzionali di figura 30. Tra questi sono visibili, un blocco d’interfaccia 182 posto al servizio dell’unità remota 160; un blocco d’interfaccia 183 posto al servizio dei dispositivi 175, 176, e 177 collocati sul cruscotto 173; ed infine un blocco d’interfaccia 184 includente un relè bistabile 185 che apre e chiude il contatto 174. Sono inoltre presenti, un generatore 186 di clock CK e di segnali di sincronismo per il microprocessore 180, ed uno step-down DC/DC converter 187 per convertire la tensione a 12V della batteria in una tensione continua di 5V che alimenta il microprocessore 180 e la a circuiteria logica presente nei diversi blocchi d’interfaccia. Le frecce indicano la direzione “logica” di trasmissione dei segnali e non l’effettivo senso fisico delle correnti coinvolte. All’unità di controllo 161 giunge la tensione di 12V della batteria sul cavo 168b e la massa GND sul cavo 170; quest’ultima viene distribuita a tutti blocchi presenti. La tensione di 12V giunge ai blocchi 184, 187 e 182. Il blocco 184 include il relè bistabile 185 e relativo pilota, ed una logica combinatoria (non mostrata) per comandare il pilota.
I blocchi 190 e 191 includono dei semplici transistor in configurazione ad emettitore comune, il cui elettrodo di base è pilotato dai segnali logici provenienti dal bus 181 per l’attivazione del LED 175 e del buzzer 176. I transistor produrranno in uscita dei rispettivi segnali LD e BZ con la potenza necessaria. I blocchi 189 e 192 includono dei comparatori di tensione a soglia per la rivelazione del segnale RS sul contatto di reset 177 e di un segnale SE tra i conduttori S1, S2. Il blocco 188 include una coppia di integrati appositamente progettati per il pilotaggio dei motori passo-passo. Tali integrati sono comunemente reperibili in commercio (vedi ad esempio la coppia L297 e L298 prodotti da ST Microelectronics) ed inoltre necessitano di otto diodi esterni. In modo alternativo, il blocco 188 contiene due driver per il pilotaggio in corrente dei solenoidi 165 e 166, come ad esempio due transistor ad emettitore comune con l’avvolgimento del solenoide in serie al collettore ed un diodo polarizzato inversamente in parallelo alla giunzione collettore-emettitore. Nel caso di motore passo-passo il microprocessore 180 genera due segnali DIR e CKM, il primo (DIR+, DIR-) per comandare il senso di rotazione orario o antiorario dell’albero motore, ed il secondo è un clock che stabilisce il numero di passi della sequenza di rotazione, cioè in modo equivalente la lunghezza della traslazione compiuta dal pistone. Sulla base dei segnali DIR e CKM la coppia L297 e L298 genera la corretta sequenza dei segnali di fase A, B, C, D con il livello di corrente adeguato. Per evitare disturbi diafonici tra i segnali A, B, C, D sarebbe utile schermare i rispettivi cavi. Nel secondo caso il microprocessore 180 genera due segnali P_I130e P_I138che per il pilotaggio della base dei transistor usati come driver in corrente dei solenoidi 165 e 166 riproducono a livello logico le forme d’onda impulsive delle figure 28 e 29 (ovviamente con fronti più ripidi).
Operativamente, le potenzialità di controllo dei vari blocchi funzionali sono coordinate da un programma scritto nella memoria interna del microprocessore 180. Il programma si attiva all’atto dell’accensione del quadro elettrico (attivazione comandi del motociclo) e termina quando il conducente dopo aver parcheggiato la motocicletta decide di inserire il dispositivo d’immobilizzazione e l’inserimento riesce. Per quanto riguarda l’alimentazione elettrica, lo schema circuitale delle figure 30 e 31 è in grado di operare secondo diverse modalità, la cui comune finalità è quella di mantenere privo di alimentazione elettrica il dispositivo antifurto una volta che il blocco ruota sia stato inserito con successo, in modo di non consumare la batteria durante le soste più lunghe, che possono durare giorni. Altri aspetti sempre presenti sono che uno eventuale mancato completamento del blocco ruota, qualora si sporadicamente presenti verrà segnalati con avvertimenti acustici e luminosi, per consentire più di un tentativo di sblocco manuale. Ed ancora, che il conducente ha a disposizione un pulsante per comunicare al microprocessore l’intenzione di inserire l’immobilizzazione della ruota. Senza dimenticare uno degli aspetti principali, e cioè cha la rimozione dell’immobilizzazione avviene automaticamente.
Ciò posto, una prima modalità operativa consiste nel tenere la chiave inserita nel blocchetto di accensione 172 fino ad aver completato con successo l’immobilizzazione della ruota, dopodiché si potrà togliere la chiave. Seguendo questa modalità la doppia alimentazione dell’unità di controllo 161 non serve più, e pertanto neppure il blocco 184, il diodo 193, ed il contatto 174. La prima modalità parrebbe quindi molto semplice ed efficiente, se però fosse seguita sempre e da tutti. E’ lecito quindi proporre altre alternative
Una seconda modalità operativa consente di togliere la chiave dal blocchetto di accensione 172 (cioè disattivare i contatti) prima di inserire l’attivazione del blocco ruota. Seguendo questa filosofia occorrerà fare in modo che la circuiteria elettronica del dispositivo d’immobilizzazione sia comunque alimentata per il tempo necessario a completare l’immobilizzazione. Provvede allo scopo la doppia alimentazione posta in essere dal blocco 184 ed il contatto 174, che verrà comandato in chiusura dal blocco 184 immediatamente dopo l’inserzione della chiave e l’accensione del quadro elettrico, e verrà comandato in apertura al momento dell’immobilizzazione finale della ruota. Rispetto alla modalità precedente il conducente si avvantaggia di una maggiore libertà nell’utilizzo della chiave di accensione.
La flow chart del programma che controlla il microprocessore 180 viene descritta nelle figure 32A e 32B. Il programma riguarda intenzionalmente una realizzazione in cui l’attuatore è un motore passo-passo ed è inoltre previsto lo sdoppiamento dell’alimentazione all’unità di controllo 161. L’utilizzo del motore passo-passo è più impegnativo rispetto all’uso dei solenoidi, per via della complessità del pilotaggio e del fatto che in caso di arresto per stallo quando la corsa non è stata terminata, si perde la conoscenza della reale posizione del pistone ed occorre perciò riportarlo alla posizione di riposo prima di far ripartire un altro ciclo. Tale inconveniente non capita con i solenoidi in quanto, facendo riferimento alle figure 26 e 27A, in caso di stallo la lunetta 132 non viene bloccata nella posizione oltre il perno 135, e le molle 40 e 41 la spingono nella posizione iniziale, in tal modo il solenoide 130 è già pronto per ricevere un altro impulso di corrente. Questo è l’unico aspetto che rende la flow chart delle successive figure diversa da una flow chart riferita ai solenoidi 130 e 138, che in pratica si traduce nella sostituzione dei segnali DIR- e CKM con i segnali I130e I138e nella eliminazione del passo P13.
Facendo riferimento alle figure 32A e 32B ed alle figure 10 e 11, il programma viene attivato automaticamente al ripristino dell’alimentazione all’unità di controllo 161. Come prima cosa al passo P1 viene negato il segnale EN per disabilitare la centralina durante i successivi passi di rimozione dell’immobilizzazione. Viene inoltre comandata al passo P2 la chiusura del contatto 174 per abilitare una doppia via di alimentazione dell’unità di controllo 161, in vista delle operazioni da compiere quando verrà interrotta la prima via. Nel successivo passo P3 vengono inviati i segnali DIR- e CKM al blocco 188 affinché generi una corretta sequenza di impulsi verso il motore passo-passo 52, cioè in grado di far ruotare a ritroso il rotore richiamando il pistone 54 nel cilindro per un tratto la cui lunghezza dipende dal numero predeterminato di impulsi contenuti nel segnale CKM. I successivi passi P4 e P5 formano un ciclo di campionamento del segnale SE all’uscita del sensore posizionale 62. Qualora dopo un intervallo di tempo prestabilito il segnale SE non si porta ad un valore logico negato, significa che non è stato possibile rimuovere l’immobilizzazione della ruota a causa di un probabile guasto. Se invece l’impedimento è stato rimosso, al passo P7 viene asserito il segnale EN verso la centralina per abilitarne il funzionamento.
La centralina potrà comandare l’ignizione ed il motociclo entrare nella condizione di marcia. Da questo punto in poi il microprocessore 180 continuerà ad osservare lo stato del segnale RS, onde rivelare una richiesta di immobilizzazione della ruota 1 mediante il pulsante di reset 177. In alternativa al ciclo di osservazione al paso P8, il segnale RS può essere inviato ad un ingresso di interrupt del microprocessore 180. Quando lo stato del segnale RS indica che il conducente ha richiesto l’immobilizzazione della ruota, viene eseguito il passo P9 in cui il LED 175 è acceso in modo fisso ed il buzzer 176 disattivato, qualora attivo. In rapida sequenza viene eseguito il passo P10 verso il motore passo-passo 52 per comandare l’avanzamento del pistone 54 per il tratto necessario all’introduzione delle estremità dei pioli 19 e 20 entro la cava 21 o 22 (o entrambe) del disco 18 lato ruota.
Nei successivi passi da P1 a P16 il microprocessore 180 si mette al servizio del conducente nel caso (assai poco probabile) in cui i pioli 19 e 20 vengano intercettati da uno dei setti 23 o 24 impedendone l’ingresso nella cavità. I passi P11 e P12 costituiscono un ciclo di osservazione dello stato del segnale SE simile a quello dei passi P4 e P5 con la sola differenza che ora si cerca il raggiungimento di un valore logico asserito. Se durante tale ciclo il segnale SE non viene asserito, significa che il blocco della ruota 1 non è andato a buon fine ed occorre ripetere l’operazione. Prima di ripetere è però necessario compiere un passo P13 simile al passo P3 per riportare il pistone 54 alla posizione di riposo, ed attivare al passo P14 una segnalazione verso il conducente accendendo il LED 175 in modo intermittente e facendo emettere un segnale sonoro al buzzer 176. Il conducente in tal modo allertato potrà compiere un tentativo manuale di rimozione dello stallo agendo sul manubrio, dal punto di vista del programma il tentativo è fatto corrispondere ad un passo P15 corrispondente ad un ritardo di qualche secondo prima di ripetere i passi da P8 a P11 per un numero finito di volte Nfis stabilito da un contatore dei tentativi interrogato al passo P16. Se tale numero è superato, molto probabilmente saremo in presenza di un guasto diagnosticato al paso P17, altrimenti il ciclo dei tentativi terminerà al passo P11 con un valore asserito del segnale SE che attesta la presenza del blocco. Il programma si porta allora nel passo P18 dove il LED 175 viene spento, il buzzer 176 zittito, ed il segnale RS negato. Nel passo finale P19 viene comandata l’apertura del contatto 174 per togliere completamente l’alimentazione elettrica all’unità di controllo 161.
Sulla base della descrizione fornita per un esempio di realizzazione preferito, è ovvio che alcuni cambiamenti possono essere introdotti dal tecnico del ramo senza con ciò uscire dall’ambito dell’invenzione come risulta dalle seguenti rivendicazioni.

Claims (17)

  1. R I V E N D I C A Z I O N I 1. Dispositivo di immobilizzazione di una ruota di un motociclo, indifferentemente anteriore o posteriore, caratterizzato dal fatto che include: − un disco (18) concentrico alla ruota (1) e solidale ad essa; − almeno una cavità di forma circolare (21) accessibile dalla faccia del suddetto disco posta di fronte ad una estremità (6) della forcella (4, 5) reggente la ruota; − almeno un setto divisorio (23) interno alla cavità; − un contenitore (12, 50, 70, 100) solidale all’estremità inferiore (6) di un braccio della forcella (4, 5) ed avente una parete (28) opposta a detto disco (18), il contenitore includendo: − almeno un piolo (19) disposto ortogonalmente alla faccia del disco ed allineato alla detta cavità (21); − mezzi bidirezionali di traslazione (13, 53, 73, 130) di detto almeno un piolo (19) attraverso un foro (31) nella detta parete (28) per un tratto sufficiente all’ingresso nella cavità (21), causando con ciò un impedimento al completamento di un giro della ruota (1) per via del contatto con il setto (23).
  2. 2. Il dispositivo della rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che ulteriormente include: − un secondo piolo (20) uguale al primo (19), rigidamente connesso ad una base comune (26, 86, 132) al primo piolo ad una distanza angolare prefissata rispetto al centro del detto disco (18), − un secondo foro (32) nella detta parete (28) in corrispondenza del secondo piolo (20) per il passaggio dello stesso.
  3. 3. Il dispositivo della rivendicazione 1 o 2, caratterizzato dal fatto che la detta cavità di forma circolare (21) include un secondo setto divisorio (24) separato dal primo setto divisorio (23) da una distanza angolare prefissata, preferibilmente di 180<o>, delimitando con ciò una seconda cavità (22) contigua alla prima (21).
  4. 4. Il dispositivo della rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che l’estremità di detto almeno un piolo (19) entrante nella cavità (21) è rastremata a becco di flauto e la superficie del detto disco (18) in corrispondenza del setto divisorio (23) è inclinata verso l’interno della cavità (21), almeno per un tratto che termina prima di raggiungere il fondo della cavità (21).
  5. 5. Il dispositivo della rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che l’estremità di detto almeno un piolo (19) entrante nella cavità (21) è rastremata a becco d’anatra e la superficie del detto disco (18) in corrispondenza del setto divisorio (23) è inclinata verso l’interno della cavità (21), almeno per un tratto che termina prima di raggiungere il fondo della cavità (21).
  6. 6. Il dispositivo della rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che detto disco (18) ha un bordo rialzato (18a).
  7. 7. Il dispositivo della rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che il contenitore (12, 50, 70, 100) include una sola parete rimovibile di chiusura (28) attraversata dal detto almeno un piolo (19) e delimitante un’intercapedine con il disco (18), la parete (28) essendo dotata di mezzi di fissaggio (44, 45) al bordo del rimanente contenitore posti a filo della stessa.
  8. 8. Il dispositivo della rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che il contenitore (100) è costituito da elementi ad incastro (102, 103, 104).
  9. 9. Il dispositivo della rivendicazione 2, caratterizzato dal fatto che i detti mezzi di traslazione includono un blocchetto serratura (13) con chiave (39) comprendente un cilindretto (35) con molla di richiamo elicoidale (36), il cilindretto (35) essendo spinto manualmente agendo sulla chiave (39) verso detta base comune (26) vincendo la pressione congiunta esercitata dalla detta molla di richiamo (36) e da due ulteriori molle di richiamo elicoidali (40, 41) aventi al proprio interno un rispettivo piolo (19, 20).
  10. 10. Il dispositivo della rivendicazione 2, caratterizzato dal fatto che i detti mezzi di traslazione includono un attuatore lineare motorizzato (53) il cui pistone scorrevole (54) ha un’estremità a contatto di detta base comune (26) vincendo la pressione esercitata da due molle di richiamo elicoidali (40, 41) aventi al proprio interno un rispettivo piolo (19, 20).
  11. 11. Il dispositivo della rivendicazione 2, caratterizzato dal fatto che i detti mezzi di traslazione includono un attuatore lineare motorizzato (73) il cui pistone scorrevole (74) ha un’estremità solidale ad una faccia piana di un primo prisma triangolare (84), la cui faccia obliqua è combaciante alla faccia obliqua di un secondo prisma triangolare (85), la cui faccia piana ortogonale alla detta faccia piana solidale al pistone (74) costituisce detta base comune (86), il pistone (74) spingendo il piolo (19) entro la cavità (21) per effetto della spinta esercitata sul secondo prisma (85) vincendo la pressione esercitata da due molle di richiamo elicoidali (40, 41) aventi al proprio interno un rispettivo piolo (19, 20).
  12. 12. Il dispositivo della rivendicazione 2, caratterizzato dal fatto che i detti mezzi di traslazione includono un primo solenoide (130) avente una prima ancora ferromagnetica (131) rigidamente connessa a detta base comune (132), l’attrazione esercitata dal solenoide alimentato (130) sull’ancora (131) vincendo la pressione esercitata da due molle di richiamo elicoidali (40, 41) aventi al proprio interno un rispettivo piolo (19, 20).
  13. 13. Il dispositivo della rivendicazione 12, caratterizzato dal fatto che include un secondo solenoide (138) disposto ortogonalmente al primo (130) avente una seconda ancora cilindrica (135) assiale posta ad una distanza da detta parete (28) maggiore della distanza esistente tra la stessa e la detta base comune (132) quando attratta dal primo solenoide alimentato (130); la seconda ancora essendo vincolata ad una molla (140) che in assenza di corrente circolante nel secondo solenoide (138) la spinge a contatto della faccia esterna di detta base comune (132), con ciò neutralizzando la spinta esercitata da dette molle di richiamo (40, 41) rendendo stabile l’immobilizzazione della ruota (1) in assenza di corrente in entrambi i solenoidi (130, 138).
  14. 14. Il dispositivo della rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che ulteriormente include mezzi elettronici di controllo (161) dei mezzi di traslazione (13, 53, 73, 130), i mezzi di controllo essendo collegati ad un sensore (42, 62, 82, 143) della posizione del detto almeno un piolo (19), il sensore generando un segnale logico (SE) il cui stato di asserzione indica l’ingresso del piolo (19) nella cavità (21), segnalando in tal modo lo stato d’impedimento della ruota (1).
  15. 15. Il dispositivo della rivendicazione 14, caratterizzato dal fatto che detti mezzi elettronici di controllo (161) sono programmati in modo tale che all’atto del ripristino dell’alimentazione elettrica, essi: − trasmettono ai detti mezzi di traslazione (13, 53, 73, 130) un comando (DIR-, CKM, I130, I138) di rimozione dell’impedimento alla libera rotazione della ruota (1); − trasmettono alla centralina (164) del motociclo un comando (EN) d’inibizione all’ignizione; − monitorano lo stato del segnale (SE) generato dal detto sensore (42, 62, 82, 143) e se il segnale risulta negato al termine di un tempo prefissato rimuovono il comando d’inibizione all’ignizione (EN).
  16. 16. Il dispositivo della rivendicazione 15, caratterizzato dal fatto che detti mezzi elettronici di controllo (161) sono programmati in modo tale che; − monitorano lo stato di richiesta d’immobilizzazione della ruota (1) generato mediante un pulsante (177), − trasmettono ai detti mezzi di traslazione (13, 53, 73, 130) un comando (DIR-, CKM, I130, I138) di attivazione dell’impedimento alla rotazione della ruota (1); − monitorano lo stato del segnale (SE) generato dal detto sensore (42, 62, 82, 143) e se il segnale risulta negato allo scadere di un tempo prefissato attivano una segnalazione visiva e sonora per indicare la mancata immobilizzazione e la necessità d’intervenire agendo sul manubrio.
  17. 17. Il dispositivo della rivendicazione 14, caratterizzato dal fatto che detti mezzi elettronici di controllo (161) sono collegati alla batteria (162) sia attraverso un primo cavo elettrico (168a, 168b) con in serie il contatto (171) azionato dalla chiave del blocchetto di accensione (172), sia attraverso un secondo cavo elettrico (169a, 169b) con in serie un contatto (174) di un relè bistabile (185) controllato in modo che esso venga aperto allorquando il primo cavo elettrico (168a, 168b) è interrotto e detti mezzi elettronici di controllo (161) decidono che l’immobilizzazione della ruota (1) deve essere mantenuta.
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