ITMI20011565A1 - Cella eletrolitica con strutture eletrodiche riattivabili e metodo per la riattivazione delle stesse - Google Patents

Cella eletrolitica con strutture eletrodiche riattivabili e metodo per la riattivazione delle stesse Download PDF

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ITMI20011565A1
ITMI20011565A1 IT2001MI001565A ITMI20011565A ITMI20011565A1 IT MI20011565 A1 ITMI20011565 A1 IT MI20011565A1 IT 2001MI001565 A IT2001MI001565 A IT 2001MI001565A IT MI20011565 A ITMI20011565 A IT MI20011565A IT MI20011565 A1 ITMI20011565 A1 IT MI20011565A1
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Sergio Farina
Dario Oldani
Enrico Ramunni
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Uhdenora Technologies Srl
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  • Electrolytic Production Of Non-Metals, Compounds, Apparatuses Therefor (AREA)
  • Solid-Sorbent Or Filter-Aiding Compositions (AREA)

Description

DESCRIZIONE DI INVENZIONE INDUSTRIALE
A nome: UHDENORA TECHNOLOGIES S.r.l.
E’ noto, in applicazioni elettrochimiche, l’uso di elettrodi planari formati da un substrato, nella maggior parte dei casi forato, rivestito con uno o più materiali elettrocatalitici. La descrizione seguente farà prevalentemente riferimento a strutture elettrodiche di questo tipo, sia anodiche che catodiche, impiegate in celle elettrolitiche a membrana, dal momento che esse rappresentano un caso particolarmente significativo nell’attuale panorama dell’elettrochimica industriale; sarà tuttavia evidente agli esperti del settore che la stessa invenzione può essere applicata ad altri tipi di elettrolizzatoli e di celle elettrochimiche in generale, provviste di elementi strutturali analoghi. Un esempio di cella elettrolitica a membrana che impiega elettrodi planari con un rivestimento elettrocatalitico è illustrato nel brevetto statunitense US 4,767,519. La struttura elettrodica ivi descritta comprende un’anima conduttrice costituita da due lamiere metalliche, provvista su entrambe le facce di costolature sporgenti, protette dalla corrosione mediante lamiere stampate sagomate in modo da adattarsi alle costolature stesse e provviste di flange perimetrali di tenuta; a tali lamiere, nelle regioni corrispondenti alle sporgenze di tali costolature, le cui superfici terminali vengono a trovarsi sostanzialmente sullo stesso piano, sono fissate reti elettrodiche provviste di un rivestimento catalitico. Le costolature possono essere ricavate per stampaggio delle lamiere componenti l’anima, oppure, secondo una realizzazione più comune, mediante il fissaggio di distanziatori elettroconduttivi collegati all’anima stessa, ad esempio mediante saldatura. E’ altresì noto che lo stesso tipo di costruzione può essere effettuato su un solo lato di un’anima metallica costituita da una sola lamiera, provvista di costolature che sostengono un solo elettrodo provvisto di rivestimento elettrocatalitico. Questo è ad esempio il caso di elettrolizzatori provvisti, sul lato opposto, di elettrodi a diffusione gassosa, come avviene nel caso dell’elettrolisi depolarizzata dell’acido clorìdrico, ad esempio secondo il processo descritto nella domanda di brevetto britannica GB 2,010,908. Un tipo di costruzione particolarmente vantaggiosa nel caso di processi di questo tipo è descrìtta nella domanda di brevetto tedesca DE 198 50 071 : in questo caso, le costolature sono costituite da lamiere ondulate disposte in modo da formare dei canali per la circolazione, alternativamente ascendente e discendente, dei fluidi. La struttura descrìtta in DE 198 50 071 come semicella, può evidentemente essere replicata nel comparto opposto a formare una cella elettrolitica completa, che può essere utilizzata in processi elettrolitici che non comprendono elettrodi a gas. Naturalmente sono possibili molte varianti delle costruzioni citate, secondo i differenti impieghi cui sono destinate le celle elettrochimiche corrispondenti, tutte però accomunate dall’avere, riferendosi ad una semicella, ovvero ad un solo comparto elettrolitico, anodico o catodico, una parete di fondo, una serie di costolature, costituite da elementi sporgenti, tali che almeno parte delle superfici terminali di ciascuna costolatura giacciono sullo stesso piano, ed un elettrodo, o disposizione di elettrodi, fissato a tali superfici terminali giacenti sullo stesso piano, ad esempio mediante saldatura. Gli elettrodi sono solitamente provvisti di aperture o luci libere, normalmente costituiti da fori; ad esempio, gli elettrodi possono essere costituiti da reti, lamiere forate, lamiere stirate, o sovrapposizioni e combinazioni di due o più di detti elementi. L’invenzione in oggetto è particolarmente utile nel caso in cui tale elettrodi siano almeno in parte provvisti di un rivestimento catalitico, ad esempio di un rivestimento elettrocatalitico, come sarà esplicitato dalla descrizione seguente; tuttavia, essa risulta applicabile in qualunque caso si presenti la necessità occasionale o periodica di sostituire almeno parte di tali elettrodi.
Nelle costruzioni della tecnica anteriore citate in precedenza, il problema della sostituzione degli elettrodi è piuttosto critico. Ad esempio, nel caso di elettrodi costituiti da un substrato conduttivo non catalitico provvisti di rivestimento elettrocatalitico, tale rivestimento può essere soggetto a disattivazione nel tempo, a causa del suo consumo, del suo distacco dal substrato, della passivazione del substrato stesso nella zona di contatto con il rivestimento elettrocatalitico, o per altre ragioni. Ad esempio, nel caso dell’elettrolisi di cloruro sodico, entrambi gli elettrodi, catodo ed anodo, sono vantaggiosamente costituiti da metalli conduttori non nobili e non catalitici, rivestiti con un film elettrocatalitico che contiene metalli nobili. Ad esempio, nel caso dell’anodo, il substrato può essere costituito da un metallo valvola, ad esempio da titanio, ed il rivestimento è tipicamente costituito da un film elettrocatalitico per l'evoluzione di cloro, ad esempio da metalli nobili e loro ossidi. La durata di tali rivestimenti è normalmente dell’ordine di pochi anni, dopodiché occorre provvedere alla sostituzione dell’elettrodo, o alla riattivazione del substrato. Anche in quest’ultimo caso, è necessario operare il distacco dell’elettrodo dalla struttura di cella; l’operazione di riattivazione, infatti, prevede cicli di radicale pulitura del substrato, verniciatura e trattamento termico ad alta temperatura, non effettuabili in situ. In alcuni casi, come avviene per i catodi di nickel rivestiti di ossidi di nickel e rutenio, la riattivazione è effettuabile mediante un processo galvanico; anche in questo caso, come è evidente, il distacco dell’elettrodo dalla struttura di cella è indispensabile. L’operazione di distacco può essere effettuata in diversi modi; ad esempio, nel caso di elettrodi in forma di retina sottile, questa può essere strappata dalle costolature cui essa era previamente saldata. Questo tipo di soluzione è però poco raccomandabile, perché comporta il rischio di danneggiare sensibilmente le costolature stesse, asportandone una parte o deformandone il profilo. Inoltre, è inevitabile che parte del substrato e del materiale di saldatura rimanga aderente alle costolature in seguito allo strappo dell’elettrodo, causando una perdita di planarità che rende difficile l’applicazione successiva di una struttura elettrodica di ricambio, a meno di affrontare costose e poco pratiche operazioni di pulizia e restauro della struttura di cella. Una tecnica di impiego ben più diffuso, soprattutto nel caso di strutture più pesanti, consiste nel tagliare l’elettrodo in corrispondenza di zone adiacenti alle sporgenze di ciascuna costolatura. In tal modo, partì dell’elettrodo disattivato, tipicamente in forma di strisce, restano saldate o altrimenti vincolate alla costolatura. La struttura elettrodica di ricambio viene successivamente applicata a tali parti di elettrodo residue, anziché direttamente alla costolatura. In tal modo, è evidente che ad ogni riattivazione successiva la distanza tra la superficie attiva dell'elettrodo e la parete di fondo della cella continua ad aumentare di uno spessore corrispondente allo spessore dell’elettrodo. Come logica conseguenza, occorre provvedere, per ogni riattivazione successiva, alla sostituzione delle rispettive guarnizioni periferiche di tenuta: è infatti evidente, ai finì di assicurare la tenuta idraulica, che il disegno della cella debba prevedere che il piano esterno dell'elettrodo sia ad una quota ben precisa rispetto al piano delle guarnizioni periferiche. La sostituzione delle guarnizioni comporta diversi svantaggi, al di là del costo del materiale in sé: occorre infatti predisporre stampi a differenti spessori, ciascuno dei quali comporta un costo rilevante. Inoltre, un maggiore spessore della guarnizione si riflette in un maggiore scorrimento sotto compressione; questo è particolarmente indesiderabile, ad esempio, nel caso di elettrolizzatori a membrana polimerica, in quanto l'incremento nello scorrimento comporta una maggior sollecitazione della membrana stessa, interposta tra tali guarnizioni, e quindi una maggiore probabilità di rottura. Un compendio delle varie procedure applicate secondo la tecnica anteriore per la sostituzione di elettrodi in forma di rete in elettrolizzatori a membrana provvisti di costolature costituite da distanziatori elettroconduttivi è illustrato nel brevetto statunitense US 5,454,925. Secondo una realizzazione ivi descritta, ed illustrata in figura 1 , la rete disattivata è tagliata in vario modo, lasciando una striscia residua sulla quale viene saldata la nuova rete attivata. Si tratta, in altre parole, di una realizzazione particolare della tecnica sopra descritta, che soffre delle importanti limitazioni legate all'incremento della distanza tra parete di fondo della cella e piano dell’elettrodo per ogni riattivazione successiva. E’ da tener presente che, nel caso di un elettrolizzatore a membrana, nel ciclo di vita di una cella sono previste diverse riattivazioni per comparto, con relative variazioni nella distanza tra parete di fondo e piano elettrodico e, conseguentemente, nello spessore delle corrispettive guarnizioni periferiche. Inoltre, dal momento che gli elettrodi esauriti sono preferibilmente riattivati per un successivo riutilizzo, non è evidentemente conveniente che essi vengano tagliati, asportandone una porzione anche piccola. Secondo una realizzazione alternativa, la rete viene tagliata interamente assieme a parte del distanziatore su cui essa è vincolata; successivamente, come mostrano in sequenza le figure 2, 3 e 4, viene applicato un elemento angolare costituito da una striscia metallica preassemblata con una rete saldata ad angolo retto, o da una rete o lamiera perforata piegata ad angolo retto. L’elettrodo di ricambio viene successivamente saldato sull’elemento angolare. E’ del tutto evidente come questo tipo di realizzazione non risolva il problema dell’incremento della distanza tra parete di fondo della cella e piano dell’elettrodo, né quello del taglio della rete. Inoltre, essa presenta ulteriori controindicazioni: l’elemento angolare, secondo quanto mostrato nelle figure, è difficile da ottenere con la tolleranza prevista sull’angolo retto tra superficie da addossare al distanziatore e superficie di supporto per l’elettrodo; nel caso di un preassemblato ottenuto per saldatura di una rete su una striscia metallica, la saldatura con le tolleranze necessarie è evidentemente molto delicata. Nel caso di una rete o lamiera piegata, il pezzo risultante non è sufficientemente rigido da garantire il mantenimento di una piegatura perfettamente ortogonale. Inoltre, un aspetto ancora più importante è la complessità delle saldature da effettuare per vincolare l'elemento angolare al residuo del distanziatore, le quali devono essere pressoché continue lungo tutta la superficie del distanziatore stesso per assicurare una conduzione elettrica sufficiente.
Ancor più svantaggiosa e problematica, infine, appare la realizzazione mostrata in figura 5, dove l’elemento angolare è montato in modo da non sfruttare, come guida, l’angolo preesistente sull’elemento distanziatore, che viene completamente asportato in sede di rimozione dell’elettrodo esaurito. In tal modo, la saldatura dell’elemento angolare al distanziatore è ancor più problematica, poiché ai problemi citati sopra, va aggiunto quello di mantenere, con tolleranze strettissime, il parallelismo tra asse principale del distanziatore e asse principale dell’elemento angolare. La rimozione del vincolo costituito dal residuo di elemento distanziatore sul piano dell’elettrodo, in altre parole, implica che il parallelismo tra il fondo della cella ed il piano dell’elettrodo possa deviare in due direzioni: quella lungo l'asse principale del distanziatore, come appena mostrato, e quella perpendicolare a tale asse, laddove non sia garantita l’ortogonalità dei due piani principali dell’elemento angolare stesso. In entrambi i casi, la conseguenza più evidente di tale deviazione è il rischio di compressione della membrana ad un'estremità, fino ad eventuale sfondamento, e di distanza elettrodo - membrana troppo accentuata all’estremità opposta. Come ultima osservazione, occorre notare come le procedure di sostituzione degli elettrodi illustrate in US 5,454,925 siano applicabili solo al caso in cui le costolature della cella siano costituite da distanziatori separati tra loro, non dando alcuna indicazione applicabile a disegni di cella che prevedano costolature costituite da profili continui, ad esempio ottenibili per stampaggio diretto dell’anima conduttrice, o dai canali formati da lamiere ondulate descritti in DE 198 50 071. La domanda di brevetto italiana MI2000A 002362 affronta i problemi sopra elencati descrivendo una costruzione di cella elettrolitica, nella quale almeno un comparto è costituito da una parete dì fondo provvista di una serie di costolature costituite da sporgenze, almeno parte delle cui superfici terminali giace su un piano comune, e da elettrodi posti, direttamente o per mezzo di elementi intermedi, a contatto di dette superfici terminali giacenti sullo stesso piano, nella quale gli elettrodi sono asportabili e sostituibili una o più volte con elettrodi sostanzialmente analoghi mantenendo la distanza originale dalla parete di fondo e senza l'interposizione di elementi aggiuntivi. La cella elettrolitica di MI2000A 002362 è costituita da comparti che comprendono una parete di fondo provvista di una costolatura, a sua volta costituita da sporgenze delimitate dalla parte opposta alla parete di fondo da superfici terminali, almeno parte delle quali giacciono sullo stesso piano, e da elettrodi posti a contatto di dette superfici terminali giacenti sullo stesso piano definendo così una superficie di contatto in parte libera da vincoli; l’elettrodo è cioè saldato o altrimenti vincolato alle superfici terminali delle sporgenze solamente in corrispondenza del bordo esterno delle stesse. La sostituzione degli elettrodi disattivati prevede il taglio delle sporgenze in corrispondenza del bordo interessato alla saldatura, evitando l'asportazione di una porzione sostanziale della superficie libera da vincoli, che verrà successivamente utilizzata per il posizionamento di un elettrodo di ricambio. Normalmente, per poter procedere al taglio della sporgenza in modo da asportare la zona di saldatura, occorre altresì tagliare l’elettrodo ad essa sovrapposto; le strutture elettrodiche disattivate non possono pertanto essere recuperate per una successiva riattivazione, ed il materiale di costruzione deve essere riciclato, oppure riutilizzato in celle di dimensione più piccola (ove possibile), o ancora sottoposto a riparazioni usualmente non pratiche. Restando all’esempio di un elettrolizzatore a membrana, tutto ciò si traduce in rilevanti quantità di metallo di un certo valore (ad esempio titanio grado A per il comparto anodico, e nickel per il comparto catodico) il quale deve essere in qualche modo riciclato, incrementando i costi di mantenimento di un elettrolizzatore in modo indesiderato, specialmente se si pensa che tali metalli sarebbero facilmente riattivabili mediante applicazione di un nuovo rivestimento elettrocatalitico. Questo problema è affrontato in una realizzazione particolare di MI2000A 002362, ma in modo insoddisfacente: secondo tale realizzazione, il taglio delle sporgenze dovrebbe essere effettuato attraverso opportune feritoie, agendo parallelamente al piano dell’elettrodo e della parete di fondo, ad esempio con un laser. In questo caso, l’elettrodo potrebbe essere riattivato senza variazioni dimensionali o riparazioni successive, eventualmente asportando, dopo rimozione dalla cella, il moncone del distanziatore che rimane ad esso vincolato (testimone di saldatura). E’ immediatamente evidente, ad un esperto del settore, che soprattutto su elettrolizzatori di grandi dimensioni, dove la saldatura da rimuovere può avere un’estensione superiore ad un metro, la precisione richiesta all’effettuazione di tale operazione rende l’intero procedimento del tutto proibitivo. E’ stata dunque evidenziata la necessità di disporre di una cella elettrochimica dotata di costolature di qualsiasi tipo e di strutture elettrodiche che possano essere asportate, ad esempio in seguito a disattivazione catalitica, ed essere sottoposte a manutenzione, ad esempio a riattivazione catalitica, e quindi riposizionate in cella, mantenendo la distanza originaria dalla parete di fondo ed il parallelismo con le tolleranze originarie rispetto alla stessa.
È un obiettivo della presente invenzione superare gli inconvenienti dell’arte nota. In particolare, è un obiettivo della presente invenzione fornire una cella elettrolitica dotata di elettrodi che possano essere rimossi rimanendo sostanzialmente intatti, e successivamente reinseriti nella posizione originaria.
Sotto un aspetto differente, è un obiettivo della presente invenzione fornire un metodo per l'asportazione degli elettrodi di una cella elettrolitica senza apportare loro variazioni dimensionali.
Sotto un aspetto differente, è un obiettivo della presente invenzione fornire un metodo per la riattivazione degli elettrodi di una cella elettrolitica.
Sotto un aspetto differente, è un obiettivo della presente invenzione fornire un metodo per il ripristino degli elettrodi di una cella elettrolitica previamente asportati dalla stessa e sottoposti a riattivazione, nella loro posizione originaria e con le tolleranze originarie.
La cella elettrolitica della presente invenzione comprende due o più comparti, almeno uno dei quali è delimitato da una parete di fondo provvista di una costolatura formata da sporgenze che terminano con un elemento piano di contatto, integrale alle sporgenze stesse o ad esse vincolato; ciascun elemento piano di contatto è provvisto di aperture o luci libere di varia natura, e costituisce la superficie di appoggio di un elettrodo o serie di elettrodi anch’essi provvisti di aperture o luci libere. Gli elementi piani di contatto e gli elettrodi sono reciprocamente vincolati - ad esempio saldati - e tale vincolo interessa solamente una regione periferica, ad esempio un bordo, dell’elemento piano di contatto; inoltre, le aperture o luci libere dell’elettrodo e dell’elemento piano di contatto sono in relazione geometrica prefissata, essendo precisamente disposte in modo sfalsato nella zona di sovrapposizione dei due elementi.
L’invenzione comprende anche un metodo per l’asportazione degli elettrodi della una cella elettrolitica sopra descrìtta, in modo da non apportare danni meccanici o variazioni dimensionali agli stessi. L’asportazione viene effettuata tagliando il solo elemento piano di contatto attraverso le aperture o luci libere dell’elettrodo, senza che quest'ultimo sia interessato a tale operazione di taglio. È del tutto semplice ed evidente, per un esperto del settore, come una scelta opportuna della disposizione delle aperture o luci libere dell’elemento piano di contatto e dell'elettrodo, in termini di dimensioni e di passo, abbinata ad una opportuna sovrapposizione dei due elementi, consenta il taglio di un’intera striscia dell’elemento piano di contatto, che elimina il vincolo tra quest’ultimo e l’elettrodo, senza intaccare l'integrità dell’elettrodo stesso.
L’invenzione comprende altresì un metodo per la riattivazione di un elettrodo esausto della cella elettrolitica dell’invenzione, comprendente l’asportazione secondo il metodo descritto e l’applicazione di un nuovo rivestimento catalitico, eventualmente dopo rimozione dei testimoni di saldatura per rettifica o lavorazione meccanica equivalente.
L’invenzione comprende anche un metodo per il ripristino di un elettrodo della cella dell’invenzione, ad esempio di un elettrodo esausto, che comprende l’asportazione e riattivazione dell’elettrodo come descritto ed il suo riposizionamento sulla parte residua dell'elemento piano di contatto, preferìbilmente rispettando la disposizione sfalsata originaria delle aperture o luci libere dei due elementi da sovrapporre, in modo da consentire una successiva riattivazione.
Per una miglior comprensione dell’invenzione e di altri obiettivi della stessa sarà fatto riferimento alla seguente descrizione ed alla figura ad essa allegata, mentre l’ambito dell’invenzione sarà unicamente definito dalle rivendicazioni. La figura mostra un elemento della costolatura di una cella dell’invenzione, terminante con un elemento piano di contatto provvisto di aperture, cui è sovrapposto un elettrodo, anch’esso provvisto di aperture, in configurazione sfalsata, secondo l’invenzione.
Facendo riferimento alla figura, è mostrato un elettrodo (1) provvisto di aperture in forma di asole, allineate secondo una certa geometria. La particolare natura, geometria e disposizione reciproca delle aperture o luci libere dell'elettrodo possono essere variate a piacimento, come immediatamente evidente ad un esperto del settore. L’elettrodo (1) è sovrapposto all’elemento piano di contatto (2) che costituisce l’elemento terminale di una sporgenza (3), la quale è tipicamente in relazione con altre sporgenze analoghe a formare una costolatura, che serve a distanziare l’elettrodo (2) dalla parete di fondo della cella, non mostrata. Le sporgenze (3) possono avere forma diversa da quella illustrata, ad esempio possono essere lamiere ondulate in reciproca connessione in modo da formare canalizzazioni per i fluidi, come descritto in DE 198 50 071. L’elemento piano di contatto (2) è illustrato come pezzo indipendente dalla sporgenza (3), e ad esso vincolato; in realizzazioni equivalenti, la sporgenza (3) e l’elemento piano di contatto (2) possono costituire un unico elemento integrato, ad esempio ricavato da un profilato avente forma di C, T, Z, H o altre. In ogni caso, l’elemento di contatto (2) è provvisto di aperture, che nel caso particolare illustrato sono in forma di asole, aventi la stessa geometria e disposizione delle asole dell’elettrodo (1). La particolare natura, geometria e disposizione reciproca delle aperture o luci libere dell’elemento piano di contatto (2) possono prevedere svariate realizzazioni differenti; caratteristica peculiare dell’invenzione è invece la relazione reciproca delle aperture o luci libere dell’elettrodo (1) e dell’elemento di contatto (2). In particolare, questi due elementi devono essere sovrapposti in modo che le rispettive aperture o luci libere siano sfalsate. La ragione di tutto ciò è particolarmente evidenziata dalla figura: in essa sono indicate con (4) la linea in corrispondenza della quale è realizzata la prima saldatura, o vincolo equivalente, tra l’elettrodo (1) e l’elemento piano di contatto (2), con (5), la linea lungo la quale viene effettuato il taglio dell’elemento di contatto (2) per provvedere all’asportazione dell’elettrodo (1), con (6) la linea in corrispondenza della quale viene effettuata la saldatura successiva dopo la riattivazione dell’elettrodo. La linea di prima saldatura (4) viene mantenuta il più vicino possibile ad un bordo dell’elemento piano di contatto (2), e costituisce l’unica regione nella quale i due pezzi sono reciprocamente vincolati; nella rimanente zona di sovrapposizione tra l’elettrodo e l’elemento piano di contatto, questi due elementi sono semplicemente appoggiati. Il reciproco sfalsamento tra le aperture dei due elementi fa sì che l’elemento piano di contatto (2) possa essere tagliato lungo la linea di taglio (5) attraverso le luci libere dell’elettrodo (1), asportando l’elettrodo stesso congiuntamente ad un testimone di saldatura, vale a dire dal moncone dell’elemento piano di contatto (2) ad esso ancora vincolato mediante la saldatura preesistente. Il taglio può essere effettuato con qualunque tecnica dell’arte nota, ad esempio con un laser. Il testimone di saldatura può essere asportato con una successiva rettifica o altra lavorazione meccanica, nei casi in cui se ne presenti la necessità. L’elettrodo (1) può quindi essere riattivato mediante applicazione di un nuovo rivestimento catalitico superficiale, o essere sottoposto ad altro intervento di manutenzione secondo le necessità; infine, l’elettrodo (1) può essere nuovamente saldato al residuo dello stesso elemento piano di contatto (2) o ad altro equivalente, o altrimenti vincolato in corrispondenza della linea (6). Dopo quest’ultima fase, l’elettrodo viene a trovarsi esattamente alla quota di partenza (cioè alla medesima distanza dal fondo della cella), e la tolleranza rispetto al parallelismo tra elettrodo e fondo cella è identica a quella iniziale. In figura, la sporgenza (3) e l’elemento piano di contatto (2) hanno una complessiva geometria a T, e linee di prima (4) e seconda saldatura (6) sono mostrate sullo stesso braccio orizzontale della T; è possibile però realizzare la saldatura successiva sul braccio opposto della T, oppure operare su costolature di geometria diverse, realizzando le varie saldature nei punti più svariati. L’elemento distintivo che permette di asportare, quindi di riattivare e ripristinare l’elettrodo (1) in cella senza sottoporlo a tagli o danneggiamenti di altro tipo, è la sovrapposizione sfalsata descritta, in base alla quale tutti i “pieni” dell’elemento piano di contatto (2) coincidono con altrettanti “vuoti” (aperture, o luci libere) dell’elettrodo (1), almeno in corrispondenza della linea di taglio (5). Questo è facilmente realizzabile quando le luci libere di entrambi gli elementi sovrapposti sono allineate ed hanno la stessa dimensione e lo stesso passo, come mostrato in figura. È evidente però che la condizione richiesta si realizza anche per elementi piani di contatto (2) aventi luci libere allineate con un passo esattamente multiplo rispetto a quello dell'elettrodo (1), o in innumerevoli casi più complessi. L’elettrodo (1) mostrato in figura è una lamiera forata con fori ad asola, poiché questa geometria è particolarmente conveniente per praticare l'invenzione; la stessa geometria è stata mantenuta per l’elemento piano di contatto (2). Per entrambi gli elementi, è però conveniente anche l’uso di lamiere stirate, reti o sovrapposizioni di detti elementi. L’elettrodo (1) è normalmente provvisto di un rivestimento elettrocatalitico, tant’è che la ragione più comune per asportare l’elettrodo dalla cella e riposizionarvelo successivamente consiste nel ripristino del rivestimento stesso; l’invenzione può però essere fruttuosamente applicata anche qualora si rendano necessari differenti interventi di manutenzione. L’elettrodo (1) può essere un anodo, ad esempio un anodo in metallo valvola, come il titanio, rivestito di metalli nobili o di ossidi di metalli nobili variamente legati e/o miscelati, oppure può essere un catodo, ad esempio un catodo di nickel o di acciaio provvisto di un rivestimento catodico dell’arte nota.
Sebbene siano state descritte le realizzazioni della presente invenzione ritenute preferibili, gli esperti del ramo potranno riconoscere che diversi cambiamenti e modifiche possono essere apportati senza discostarsi dallo spirito della medesima, ed è inteso che tali cambiamenti e modifiche rientrano nel ambito nel quale si rivendica la protezione, in quanto compresi nello scopo dell'invenzione.

Claims (18)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Una cella elettrolitica che comprende almeno un comparto comprendente: - almeno una parete di fondo provvista di una costolatura costituita da una serie di sporgenze che comprendono almeno un elemento piano di contatto provvisto di aperture o luci libere integrale o vincolato alla superficie di dette sporgenze opposta alla parete di fondo e sostanzialmente parallelo a detta parete di fondo - almeno un elettrodo provvisto di aperture o luci libere sovrapposto a detto elemento piano di contatto ed ivi vincolato solamente in una regione periferica, in modo da definire una superficie di contatto, parte sostanziale della quale libera da vincoli caratterizzata dal fatto che dette aperture o luci libere dell’elemento piano di contatto della costolatura e dette aperture o luci libere dell’elettrodo sono reciprocamente sfalsate e che dette aperture o luci libere dell'elemento piano hanno lo stesso passo o passo multiplo rispetto a quello di dette aperture o luci libere dellelettrodo.
  2. 2. La cella della rivendicazione 1, caratterizzata dal fatto che detto elettrodo è vincolato a detto elemento piano di contatto mediante saldatura.
  3. 3. La cella della rivendicazione 2, caratterizzata dal fatto che l’almeno un elettrodo comprende una combinazione o sovrapposizione di almeno un elemento scelto nel gruppo che comprende le reti, le lamiere stirate e le lamiere forate.
  4. 4. La cella delle rivendicazioni precedenti, caratterizzata dal fatto che l’almeno un elettrodo è provvisto di un rivestimento elettrocatalitico.
  5. 5. La cella della rivendicazione 4, caratterizzata dal fatto che l’almeno un elettrodo è un anodo.
  6. 6. La cella della rivendicazione 5, caratterizzata dal fatto che detto anodo comprende un substrato di titanio rivestito di un film comprendente metalli nobili e loro ossidi.
  7. 7. La cella della rivendicazione 4, caratterizzata dal fatto che l’almeno un elettrodo è un catodo.
  8. 8. La cella della rivendicazione 7, caratterizzata dal fatto che detto catodo comprende un substrato di nickel o acciaio.
  9. 9. La cella delle rivendicazioni da 1 a 3, caratterizzata dal fatto che le sporgenze della costolatura sono distanziatori reciprocamente separati, vincolati alla parete di fondo.
  10. 10. La cella delle rivendicazioni da 1 a 3, caratterizzata dal fatto che le sporgenze della costolatura comprendono almeno un profilato in forma di lamiera ondulata.
  11. 1 1. La cella della rivendicazione 10, caratterizzata dal fatto che tale lamiera ondulata è in relazione geometrica con altre lamiere ondulate a formare una canalizzazione per la circolazione di fluidi.
  12. 12. Un metodo per l’asportazione di un elettrodo della cella delle rivendicazioni precedenti, comprendente l'effettuazione di tagli localizzati sul solo elemento piano di contatto attraverso le aperture o luci libere di detto elettrodo, in modo da lasciare detto elettrodo intatto.
  13. 13. Il metodo della rivendicazione 12 caratterizzato dal fatto che detti tagli sono effettuati con un laser.
  14. 14. Un metodo per la riattivazione di un elettrodo di una cella elettrolitica, comprendente l’asportazione secondo il metodo della rivendicazione 12 o 13, e la successiva applicazione di un nuovo rivestimento elettrocatalitico superficiale.
  15. 15. Il metodo della rivendicazione 14 comprendente l'asportazione dei testimoni di saldatura prima di detta applicazione di un nuovo rivestimento elettrocatalitico superficiale.
  16. 16. Un metodo per il ripristino di un elettrodo di una cella elettrolitica, comprendente la riattivazione secondo il metodo delle rivendicazioni 14 o 15, e la nuova applicazione di detto elettrodo su detto elemento piano di contatto.
  17. 17. Il metodo della rivendicazione 16, caratterizzato dal fatto che la distanza di detto elettrodo dalla parete dì fondo dopo detta nuova applicazione è sostanzialmente invariata rispetto alla distanza originaria di detto elettrodo da detta parete di fondo prima di detta asportazione.
  18. 18. Una cella elettrolitica che comprende gli elementi caratteristici illustrati nella descrizione e nelle figure.
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