ITCT20110003A1 - Impianto motore td 2011/1 - Google Patents

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ITCT20110003A1
ITCT20110003A1 IT000003A ITCT20110003A ITCT20110003A1 IT CT20110003 A1 ITCT20110003 A1 IT CT20110003A1 IT 000003 A IT000003 A IT 000003A IT CT20110003 A ITCT20110003 A IT CT20110003A IT CT20110003 A1 ITCT20110003 A1 IT CT20110003A1
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fluid
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IT000003A
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Domenico Tuttolomondo
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Domenico Tuttolomondo
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    • F01MACHINES OR ENGINES IN GENERAL; ENGINE PLANTS IN GENERAL; STEAM ENGINES
    • F01DNON-POSITIVE DISPLACEMENT MACHINES OR ENGINES, e.g. STEAM TURBINES
    • F01D15/00Adaptations of machines or engines for special use; Combinations of engines with devices driven thereby
    • F01D15/10Adaptations for driving, or combinations with, electric generators
    • FMECHANICAL ENGINEERING; LIGHTING; HEATING; WEAPONS; BLASTING
    • F02COMBUSTION ENGINES; HOT-GAS OR COMBUSTION-PRODUCT ENGINE PLANTS
    • F02CGAS-TURBINE PLANTS; AIR INTAKES FOR JET-PROPULSION PLANTS; CONTROLLING FUEL SUPPLY IN AIR-BREATHING JET-PROPULSION PLANTS
    • F02C6/00Plural gas-turbine plants; Combinations of gas-turbine plants with other apparatus; Adaptations of gas-turbine plants for special use
    • F02C6/20Adaptations of gas-turbine plants for driving vehicles
    • FMECHANICAL ENGINEERING; LIGHTING; HEATING; WEAPONS; BLASTING
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Description

D E S C R I Z I O N E
Campo di applicazione
La presente invenzione à ̈ generalmente applicabile al campo dei motori per la movimentazione di veicoli ed ha particolarmente per oggetto un impianto motore.
Stato della tecnica
E’ noto un motore rotativo ad aria compressa, realizzato a Melbourne in Australia, del tipo a camere isocore, cioà ̈ senza variazione di volume.
In questo motore l’aria, captata da un boccaglio rotante, viene indirizzata alternativamente in dei canali, ove poi all’uscita impatta ad una certa pressione su delle camere opportunamente sagomate e precisamente su due punti diversi di esse, determinandone una semirotazione alternativa (quindi in un senso e nell’altro opposto) la quale, opportunamente sequenziata dal boccaglio rotante rispetto ad altre camere del motore, induce un cilindro cavo, dentato nella parte interna, a muoversi dietro la spinta meccanica ciclica delle camme su un altro cilindro circolare cavo, in modo eccentrico tale da determinare la rotazione di un albero calettato ad una semicorona dentata che ingrana con i denti interni del cilindro stesso.
E’ fin troppo chiaro che si ha una variazione ciclica e alternativa del volume dell’intera camera motrice in pressione, dovuta al movimento semirotativo alternativo delle camme e al movimento ciclico, circolareeccentrico del cilindro cavo dentato.
Pertanto, si generano forse di inerzia, prevalentemente traslazionali per le camme e rotazionali di tipo centrifugo, variabili periodicamente, per il cilindro cavo dentato, con insorgenza di vibrazioni difficili da eliminare, valutata la difficoltà di equilibrare ed elidere le suddette forze. Inoltre l’energia motrice à ̈ trasmessa meccanicamente in due stadi, soggetti a perdite: il primo, fra camme e cilindro cavo, ed à ̈ un contatto, anche se di poco, strisciante e comunque usurante, il secondo, fra ruota dentata interna e semicorona dentata, che ha caratteristiche simili al primo, anche lì con delle perdite.
Vi à ̈ anche da considerare la forza con la quale l’aria impatta sulle camme generando l’energia meccanica dovuta. Essa, vista la disposizione dei canali di adduzione, colpisce obliquamente le camme, e non perpendicolarmente o quasi, prima in un punto, e poi dallo stesso punto viene sospinta dalla stessa camma, in virtù del fatto che non ha più la pressione dinamica della fase preimpatto, nello stesso canale di adduzione da cui era entrata e mediante il boccaglio rotante distributore à ̈ indirizzata in un apposito canale di scarico, ormai priva di tutta l’energia cinetica e di pressione che deteneva, invece, in ingresso.
E’ pertanto evidente che la forza che può imprimere un fluido colpendo obliquamente una superficie mobile à ̈ senz’altro inferiore rispetto ad una forza incidente in perpendicolare. Inoltre, oltre alle perdite di carico nei canali di adduzione e nel distributore rotante, il fluido impattando e non venendo più reinergizzato, perde le sue caratteristiche di laminarità, divenendo turbolento e dissipando molta della sua energia cinetica.
Per espellerlo fuori, la camma in movimento deve utilizzare parte della sua energia meccanica, poiché il fluido in regime turbolento, ha acquisito anche una certa pressione statica, che in fase di espulsione, fa abbassare la potenza ed il rendimento. La potenza, infatti, di tale motore à ̈ assai modesta.
Ulteriori notevoli svantaggi del su citato motore rotativo “a camme pulsanti†sono costituti dal fatto che l’alimentazione avviene tramite serbatoi a bordo ad aria compressa di costruzione molto solida, poiché contengono aria ad una pressione di 300 atm e anche oltre.
Quindi occorre una notevole spesa per costruirli e per comprimervi dentro l’aria ad elevatissima pressione. Adeguata spesa si deve prevedere per realizzare dei circuiti di trasporto, stoccaggio e allocazione delle stazioni di servizio preposte, ove, viste le elevate pressioni in gioco, non si può neanche trascurare un certo indice di pericolosità. In quanto a fattore di rischio, lo stesso, naturalmente, dicasi per il serbatoio ad elevata pressione a bordo auto. Anche se il motore à ̈ di dimensioni e peso ridotti, lo stesso però non si può affatto asserire per le bombole a pressione, che al contrario pesano e ingombrano molto.
Inoltre il motore à ̈ poco pratico, poiché, anche se nelle adeguate stazioni di servizio si rifornisce in tre minuti, à ̈ anche vero che, se ci si à ̈ dimenticati di rifornirlo, non al di sotto di una certa soglia, esso non parte; inoltre per metterlo adeguatamente in pressione, il compressore ad esso annesso deve essere azionato per ben 4 ore e mezza.
Infine, l’autonomia à ̈ piuttosto limitata, con un pieno che non va oltre i 350 Km, raffrontati agli 800-1000 Km dell’auto a combustibile.
Per ciò che riguarda i motori alternativi ad aria compressa, à ̈ noto un motore, denominato Eolo, che presenta molti dei problemi già descritti per il motore rotativo a “camme pulsanti†.
Inoltre, in un motore alternativo presenta problematiche relative alle forze di inerzia alternative traslazionali e rotative centrifughe nei manovellismi di spinta.
Si parte sempre da una pressione molto elevata (300 atm ed oltre), realizzata in appositi serbatoi montati a bordo, per poi utilizzarla in espansione, nei successivi stadi, muovendo la superficie di pistoni ad alesaggio decrescente, in modo da riuscire, durante l’espansione, a trasferire calore con modalità più efficiente possibile (più piccolo à ̈ lo stadio, più ciò si riesce ad attuare con maggiore efficacia), e quindi a realizzare il processo di espansione, imitando quanto più la trasformazione isoterma, che à ̈ quella per mezzo della quale tutta la energia di pressione si trasforma in energia meccanica.
Si evitano anche, in tal modo, col maggior apporto di calore ad ogni stadio, problemi inerenti alla condensa ghiacciata dell’ana, viste le basse temperature raggiunte all’espansione. Tuttavia permangono tre gravi ed essenziali problemi che ne compromettono sensibilmente la potenza: innanzitutto con gli stadi successivi non si riesce a ragguagliare esaurientemente una trasformazione isoterma, ma si hanno comunque sprechi energetici che permangono incolmabili; in secondo luogo aumentando il numero di pistoni successivi si introducono attriti e quindi perdite di energia meccanica, in terzo luogo, anche con la frammentazione del processo di espansione non si riescono ad attenuare efficacemente i problemi di condensa deH’aria.
Inoltre tale motore presenta maggiore complicazione progettuale, costruttiva, rilevanti pesi ed ingombri.
Presentazione dell’invenzione
Scopo del presente trovato à ̈ realizzare un impianto motore che superi gli inconvenienti sopra riscontrati.
Tali scopi sono realizzati mediante un impianto motore in accordo alle rivendicazioni allegate.
Si à ̈ infatti dimostrato sperimentalmente che nell’impianto motore dell’invenzione non si perdono mai le condizioni di laminarità, con conseguente conservazione e non dissipazione dell’energia energia, al contrario della fase turbolenta. Inoltre, il fluido ha sempre una certa pressione dinamica che gli consente di conservare la laminarità e trasferire una consistente energia meccanica negli impatti con la girante in moto.
L’energia non viene dissipata, se non in modestissima entità, e le perdite di carico calcolate sono assolutamente irrilevanti.
I punti di impatto sulla girante sono tre e sono sostanzialmente tutti e tre perpendicolari e con una consistente pressione dinamica. Il fluido nelle tubazioni curve, ma simmetriche, subisce anche una graduale, lieve, benefica compressione. Le fasi di espansione sono limitatissime, poiché avvengono sempre “essendo inseguite†da una rilevante pressione dinamica.
L’onda d’urto che si genera prima dell’impatto con la girante, pur dissipando una certa energia, comprime adeguatamente il fluido, modulando e creando una situazione ottimale per supportare, anche immediatamente dopo, la funzionalità e la scorrevolezza dell’intero flusso.
Infatti, l'impianto motore a camere isocore dell’invenzione comprime l’aria a bordo col proprio compressore, prelevandola dall’esterno, continuamente, e scaricandola, utilizzando, a tal fine energia ausiliaria prodotta a bordo stesso.
Viste le massime pressioni in gioco, almeno per le auto, non superiori a 10 atm, in molti casi non à ̈ necessario ricorrere al compressore ma basta semplicemente l’acceleratore convergente o convergente-divergente a temperatura differenziale, con o senza flap interno, a seconda delle esigenze funzionali.
Si risolvono, quindi, tutti i problemi sopra menzionati relativi a costi, pericolosità, ingombro, peso, praticità nell’utilizzo, autonomia.
In aggiunta, contemplata la semplicità dell’intero sistema, si realizza un’agevole e poco dispendiosa progettualità, realizzabilità, esercibilità e manutenibilità. Infine l'impianto à ̈ anche meno ingombrante e meno pesante dei motori noti sopra citati.
Inoltre, nell’impianto motore dell’invenzione, l’espansione à ̈ molto contenuta ed il fluido à ̈ costantemente “inseguito†da una incipiente e consistente pressione dinamica.
La temperatura, anche se in qualche tratto raggiunge 0 C°,(e non -10 C°) viene successivamente consistentemente elevata dalla compressione supersonica, a quasi 200 C°.
Gli attriti, vista la laminarità del flusso, sono irrilevanti in toto.
L’impianto motore dell’invenzione à ̈ inoltre vantaggioso anche nei confronti dei motori alternativi e rotativi a carburante.
Tali motori, oltre a riscontrare gran parte dei problemi su descritti inerenti i motori pneumatici, presentano rispetto all’impianto motore dell’invenzione i seguenti notevoli e manifesti svantaggi: consumo di carburante, inquinamento, rumorosità, mentre nell’impianto motore dell’invenzione manca la fase relativa allo scoppio, basso rendimento ingombro 10 volte superiore, peso 12-13 volte superiore, autonomia limitata, problemi di sicurezza, compromessa dalla presenza del carburante, complicazione progettuale e costruttiva, quindi costi maggiori, implementazione degli impianti carburante e lubrificante con annessi accessori, che incrementa non solo pesi e ingombri, ma anche costi di esercizio e manutenzione.
Un ulteriore vantaggio dell’impianto motore a camere-isocore rispetto ad altri motori rotativi a combustione interna à ̈ non solo la tenuta dei segmenti sovrasollecitati dal moto planetario del rotore ma anche nell’eliminazione della bassa coppia ai bassi regimi.
Breve descrizione dei disegni
Ulteriori caratteristiche e vantaggi del trovato risulteranno maggiormente evidenti alla luce della descrizione dettagliata di una forma di realizzazione preferita ma non esclusiva dell’impianto motore secondo il trovato, illustrata a titolo di esempio non limitativo con l’aiuto delle unite tavole di disegno in cui:
la TAV. 1 à ̈ una vista in sezione di un particolare di una girante appartenente all’impianto motore;
la TAV. 2 à ̈ una vista laterale in sezione di un primo particolare dell’impianto in due configurazioni preferite;
la TAV. 3 à ̈ una vista frontale in sezione del particolare di TAV. 2; la TAV. 4 raffigura vista in sezione laterali e frontali di un secondo particolare dell’impianto in due configurazioni preferite;
la TAV. 5 raffigura una vista frontale e laterale di una turbina appartenente all’impianto;
la TAV. 6 Ã ̈ una vista in sezione del particolare di TAV. 5;
la TAV. 7 Ã ̈ una vista in sezione di un ulteriore particolare deirimpianto;
le TAVV. da 8 a 10 sono viste schematica di un volano ad inerzia variabile appartenente all’impianto e di alcuni particolari del volano;
la TAV. 11 Ã ̈ una vista schematica di un impianto motore secondo il trovato.
Descrizione dettagliata di un esempio di realizzazione preferito Con riferimento alla TAV. 11 , si osserva che all’accensione, il contatto della batteria 1 alimenta il motore elettrico di avviamento 2 in corrente continua che avvia, tramite apposito ingranaggio, il generatore di potenza ausiliaria con volano ad Inerzia Variabile 3.
Quest’ultimo à ̈ calettato ad un alternatore 4 che alimenta il motore elettrico a corrente alternata 5 muovente il compressore 6, a vite o ad onde d’urto.
L’aria compressa, già riscaldata e che non necessita, in base ai calcoli, di ulteriore riscaldamento tramite dispositivo a pistola termica con resistenza elettrica riscaldante incorporata, viene avviata nell’acceleratore convergente-divergente a temperatura differenziale 7, dove viene accelerata considerevolmente e nel contempo refrigerata da apposite tubazioni raffreddanti 8 alimentate da un impianto frigorifero 9.
Viene convogliata quindi nella turbina rotativa a camere isocore 10, ove, venendo opportunamente elaborata, imprime alla girante, e quindi all’albero motore, una intensissima coppia motrice.
Viene quindi scaricata, nuovamente refrigerata, ed indirizzata verso un determinato punto di soffiamento ad aspirazione dello strato limite 11 , in coda all’autovettura, in modo tale da ridurre sensibilmente la resistenza aerodinamica.
L’aria aspirata e raffreddata viene inviata, inoltre, al compressore 6 determinando così la chiusura del ciclo aperto.
Naturalmente, il generatore di potenza ausiliaria con volano ad inerzia variabile, una volta avviato dal motore di avviamento, viene poi mosso, tramite opportuni collegamenti meccanici, dalla turbina a camere isocore.
Nella TAVOLA 11 i disegni sono rappresentati fuori scala ed inoltre alcuni dettagli costruttivi non sono stati rappresentati, o sono stati appositamente alterati, per semplicità e chiarezza descrittiva.
Ad esempio non sono stati rappresentati alcuni collegamenti smontabili, alcuni cuscinetti.
Inoltre, per praticità il collegamento meccanico tra turbina e volano ad inerzia variabile à ̈ stato rappresentato mediante due organi di collegamento.
Al contrario, invertendo adeguatamente la posizione della turbina, e cioà ̈ ponendo albero motore a sinistra e punto di scarico-aspirazione a destra, l’organo di collegamento può essere benissimo uno solo, ad esempio una ruota dentata, potendo quindi elidere la trasmissione con organo flessibile che introdurrebbe un’ulteriore perdita di potenza nel trasferimento di energia meccanica.
Esemplificativamente, il volano ad inerzia variabile avrà diametro d=70 cm = 0,7m e raggio r=35 cm con momento di inerzia dell’anello pari a 0,245 Kgm<2>, momento di inerzia delle sbarre pari a 0.1633Kgm<2>, momento di inerzia delle masse sferiche pari a 2,5Kg m<2>e momento di inerzia del cilindro centrale pari a 0,0003125 Kgm<2>.
Per ricavare la coppia di inerzia del volano Cj e calcolarci quindi la potenza della coppia di inerzia volano in Kw, dobbiamo considerare che l’accelerazione angolare ω ammonta a 1505,539344 e quindi essendo la velocità ω finale, a regime, pari a 3011 ,0786rad/sec, in base a semplici considerazioni di proporzionalità si evince che la suddetta accelerazione angolare finale si raggiunge in meno di 4 secondi.
Quindi la coppia C|sarà pari a 2206,m3624 Nm, per cui la potenza finale del volano ad inerzia variabile sarà pari a 6643,53 KW.
Lo stesso volano, all†avviamento ha però una coppia di inerzia molto inferiore: infatti le masse sferiche hanno, in quel caso, visto che si trovano vicino al mozzo, un momento di inerzia pari a 0,0125 Kgm<2>e non 2,45 Kgm<2>e quindi il momento di inerzia, all’avvio, si riduce a 4,1 Nm<2>.
La costante elastica delle molle verrà stabilita in base all’equilibrio fra la forza centrifuga della massa e la forza elastica della molla.
Scelta del motore di avviamento in corrente continua La scelta del motore di avviamento in corrente continua potrebbe essere quadrupla:
- un motore di Potenza 47 W, coppia motrice erogata pari a 170 Nm , 2630 giri/min e tensione di alimentazione V pari a 12 Volt;
- motore di potenza pari a 50 W, coppia motrice erogata pari a 170 Nm, 2770 giri/min e tensione di alimentazione V pari a 24 Volt;
- motore di potenza pari a 90W, coppia motrice erogata pari a 270 Nm, 3200 giri/min e tensione di alimentazione V pari a 24 Volt;
- motore di potenza pari a 95W, coppia motrice erogata pari a 270 Nm, 3360 giri/min e tensione di alimentazione V pari a 48 Volt.
Preferibilmente, la scelta del motore suddetto ricade sulla prima opzione. Infatti se i giri al minuto sono 2630, in radianti al secondo si ha 275,41 rad/sec.
Nell’ipotesi più avversa, il motore di avviamento accelererà il volano ad inerzia variabile da 0 a 275,41 rad/sec in un secondo. Allora la coppia di inerzia Ciinizdel volano sarà pari a 116 Nm.
Visto che nella trasmissione, a pari numero di giri trasmesso, si perde circa il 3%, la perdita va calcolata sulla coppia, quindi si avrà una coppia sostanzialmente prossima a 165 Nm abbondantemente maggiore di 116Nm e di conseguenza il motore ha la forza abbondantemente sufficiente per avviare il sistema.
La potenza finale del volano ad inerzia variabile, nell’istante in cui si disinserisce il motore di avviamento, e cioà ̈ dopo un secondo, ammonta quindi a 45,44KW, più che sufficiente per avviare a regime l’intero sistema. Basterebbero infatti, solamente, non oltre 5,5 KW.
Facciamo, dapprima, l’ipotesi di inserire un compressore a vite con essiccatore di rugiada, che à ̈ mosso da un motore elettrico proprio.
Il motore elettrico del compressore assorbe in tutto 4,8 Kw con un numero di giri al minuto pari a 2800.
Il compressore a vite eroga una potenza di 4 Kw ed 8 bar di compressione d’aria, dalla pressione atmosferica di 1atm. Quindi da 1 atm comprime aria a 8 atm, con una rumorosità pari a 65 db, un peso di 170 Kg ed una portata di 550l/min di aria resa, con un attacco di 3/4 di pollice. Quindi il compressore volumetrico a vite ha una presa di aria di 22,8 cm<2>ed un’uscita di 2,85 cm<2>;
L’aria in entrata al compressore à ̈ a 0 C<°>=273 K<°>e non a 20 C<°>=293 K\ poiché l’aria in uscita da tutto il sistema (che à ̈ a 0 C<">) à ̈ indirizzata vicinissima alla presa d’aria del compressore, di modo che diminuendo la temperatura di inizio compressione, si migliora notevolmente il rendimento del compressore.
Calcolo Parametri a termine del condotto convergente-divergente Non considerando le perdite di carico lungo tutta la lunghezza del condotto, si considererà una pressione di fine compressione un po’ più alta e una temperatura un po’ più alta per avere alla fine quasi lo stesso salto entalpico a disposizione.
Naturalmente le perdite di carico sono funzione della lunghezza del condotto.
Si impone inoltre che la temperatura di fine condotto sia uguale a 0 C<0,>tramite un impianto frigorifero di potenza che va dai 300W ai 600W e tensione di alimentazione 230Volt. A tal fine si ha disposizione il generatore di potenza ausiliaria il quale eroga 8Kw al netto e una tensione che, se à ̈ più bassa, si può elevare a 230 Volt con un trasformatore elevatore.
Naturalmente, calettato al Volano ad Inerzia variabile, vi à ̈ un alternatore che eroga la stessa potenza netta, e cioà ̈ 8Kw, meno il 20% circa di perdite.
In conclusione, la velocità del fluido in uscita del compressore à ̈ pari a quasi 322,24m/s e la velocità nella sezione di efflusso à ̈ pari a quasi 667,2m/s, quindi, necessariamente, ci deve essere un condotto convergentedivergente con una sezione di gola minima ove si raggiungono le condizioni soniche.
Calcolo del Momento di Inezia della Girante
Per tale calcolo si ipotizza che la lunghezza delle sbarre sia 20cm, la massa delle sbarre pari a 1Kg, il diametro pari a 20 cm ed il raggio a 10cm.
II momento di inerzia totale della girante sarà pari a 0,012 Kgm, trascurando il contributo del cilindro centrale che à ̈ irrilevante.
Calcolo delle condizioni preimpatto fluido-girante Nelle condizioni di preimpatto sulla girante, il fluido ha già attraversato l’onda d’urto generata nel canale introduttore per la momentanea chiusura del medesimo, realizzata dalla girante in moto, come descritto in seguito. L’urto à ̈ naturalmente normale.
Dopo l’urto normale, il fluido si rimette in moto, a causa della momentanea apertura del canale introduttore, sempre realizzata dalla girante in movimento, e con una velocità subsonica colpisce la girante.
La velocità con la quale il fluido, dopo aver colpito la girante, rimbalza ed entra nel condotto convergente rotante, à ̈ diminuita a causa del grado di finitura superficiale relativo all’area di impatto. In media si raggiunge una velocità pari a circa 225,306 m/s.
Il fluido viene tangenzialmente convogliato in un distributore circolare, di sezione ovviamente pari alla sezione a monte, dal quale si dipartono otto introduttori che circondano assieme al distributore la superficie laterale circolare dal motore turbina a camere isocore. Questi introduttori hanno una sezione che à ̈ pari alla metà della sezione del distributore e una disposizione rispetto al medesimo del tipo a bivio, come si osserva dalla TAV. 1 , che evita ulteriori restringimenti di sezione.
La sezione all’entrata del condotto convergente rotante sarà di forma non più circolare ma rettangolare e avrà per base il diametro dell’introduttore e per altezza una misura corrispondente al doppio del diametro dell’introduttore. La sezione di uscita del condotto convergente rotante, di forma ancora rettangolare, ha un’altezza pari ad un terzo dell’altezza dell’area in entrata.
La viscosità dell’aria a 467,8 K° aumenta a 25,8<*>10<'6>Kg/ms, ed à ̈ indipendente dalla pressione a meno che non si arrivi a temperature elevatissime (dell’ordine delle migliaia di gradi) ove i gas si dissociano e si ionizzano.
Sulla base delle condizioni sopra riportate à ̈ stato possibile determinare che il regime del flusso à ̈ laminare.
Inoltre, il flusso all’uscita del condotto sarebbe decisamente supersonico, e ciò genererebbe delle onde d’urto che disturberebbero sensibilmente in questa fase la corrente fluida laminare vorticosa con un notevole calo del rendimento e, quindi, della spinta esercitata sulla superficie del lobo verticale. Conviene, quindi, non sopraggiungere alle velocità supersoniche ma fermarsi a quelle iposoniche. In regime subsonico, la velocità aumenta al diminuire della sezione e la pressione diminuisce.
L’area finale S3Kdel primo condotto convergente sarà anche l’area iniziale del secondo condotto leggermente convergente e l’area iniziale S4P,del terzo condotto a sezione costante, naturalmente, sarà uguale all’area finale del secondo condotto convergente e, poiché il condotto à ̈ a sezione costante, uguale anche aH’aria finale di esso.
Il flusso a questo punto viene convogliato in un condotto tubolare cilindrico che ha come diametro interno, pieno e non cavo, poiché vi à ̈ il mozzo della girante, un diametro giusto pari a quello del mozzo della girante e un diametro esterno pari al diametro di S4K.
Il fluido attraverserà 5mm, pari allo spessore del coperchio circolare della turbina, un condotto anulare cilindrico con distanza dagli anelli pari all’altezza dell’area della corona circolare equivalente pari, per non fargli subire ulteriori espansioni.
Sarà poi convogliato, appena attraversato il suddetto spessore, in un collettore tubolare semi toroidale e da quest’ultimo, infine, verrà convogliato in un tubo circolare di sezione pari a S4F, per ripetere, eventualmente, il ciclo.
Anche nel terzo condotto le perdite di carico distribuite sono del tutto irrilevanti.
C’à ̈ solo da considerare la perdita di carico concentrata dovuta al gomito a 90°, col raggio di curvatura molto piccolo rispetto al diametro del canale, che il terzo condotto forma per fuoriuscire dalla girante.
Sottoponiamo adesso il fluido ad un acceleratore convergente a temperatura differenziale e flap interno di lunghezza I pari a 20cm, che parte da un diametro di 50mm e termina in un diametro di 30mm.
Nella sezione più grande quindi riscaldiamo il fluido con un impianto riscaldante, a resistenze elettriche, che eroga al massimo una temperatura di 500C<0>e che assorbe al massimo 2Kw di potenza. Per fornire tale potenza, abbiamo sempre la riserva energetica del generatore ad inerzia variabile, che à ̈ calettato direttamente ad un alternatore il quale eroga in uscita la stessa potenza, a meno del 20% circa di perdite, e con una ben determinata tensione elettrica.
Questa tensione elettrica si può elevare a 230 volt, nel caso in cui fosse più bassa, tramite un trasformatore elevatore. Nella sezione più piccola si raffredda il flusso con un impianto frigorifero di nuovo a 0 C° (273 K°), assorbendo al massimo a 300W, che rientrano ancora nella riserva di potenza ausiliaria, mentre si aumenta la temperatura della sezione finale. Fra il tratto riscaldato e il tratto raffreddato il condotto à ̈ realizzato con un opportuno materiale isolante dal calore, in modo tale da esaltare il più possibile l’effetto della temperatura differenziale, creando le condizioni ideali per applicare in serie un altro motore turbina e raddoppiare la potenza.
Le due diverse coppie in uscita relative ai due motori turbina si possono, infine, comporre o sommare con un dispositivo meccanico tipo differenziale e avere come risultato definitivo una coppia finale risultante in uscita.
Con riferimento alla TAV. 2 si descrive il flap interno dell’acceleratore convergente a temperatura differenziale. Esso à ̈ costituito da un tubolare, che quando à ̈ a riposo, si trova nel mezzo del condotto convergente e aderisce per un tratto alla parete interna del condotto.
Aderisce, appunto, poiché un leveraggio esterno al condotto, a destra o a sinistra da esso, tramite due manubri che fuoriescono dal piano del disegno (in sezione), incernierati a due bielle convergenti, a loro volta tenute a distanza da una molla lavorante a compressione, trasmettono la loro spinta verso l’esterno, indotta dalla molla a compressione, tramite le bielle, a due altre bielle ancora che possono scorrere verticalmente all’interno del condotto.
Queste ultime due bielle sono a loro volta incernierate ai due semitubolari, che in prima istanza aderiscono al condotto. Quando vengono mossi dal leveraggio esterno verso l'interno, essi ruotano attorno alla cerniera che li vincola alle loro rispettive bielle.
Possono ruotare in virtù di due definiti motivi: innanzitutto si tratta di due distinti semitubolari che, alle loro estremità, presentano una sbavatura (dall’area più ristretta aN’area più grande) proporzionata in modo tale non solo da consentire la rotazione, ma anche permettere il loro perfetto combaciamento nel momento in cui le bielle spingenti esauriscono tutto il loro moto verticale; inoltre le cerniere che collegano le bielle ai semitubolari sono anche costituite da una molla a spirale che causa la rotazione di questi ultimi in modo da formare una certa incidenza sia col condotto che con la direzione della corrente entro di esso.
In conclusione, i due semitubolari posizionati rispetto al condotto e alla direzione della corrente ad una determinata inclinazione creano ,per un tratto, un’ulteriore sezione convergente che contribuisce ad accelerare sostanzialmente parte del flusso che attraversa il condotto.
Si evidenzia che i semitubolari formano, con la loro ben precisa incidenza, un condotto fra essi stessi e il canale esterno, ancor più convergente di quello principale.
E fra loro stessi generano un condotto che à ̈ ancora convergente, anche se più debolmente del principale. Comunque l’effetto dell’accelerazione dei filetti nel condotto secondario supera di gran lunga la diminuzione di accelerazione nel canale fra i semitubolari.
Al contrario, il flusso in uscita dal condotto secondario ha una energia cinetica tale da soffiare e quindi accelerare e quindi trascinare per attrito, causa la sua viscosità, il flusso uscente dal condotto principale. Si ottiene, dunque, un consistente guadagno di accelerazione e velocità dell’intera massa fluida.
II leveraggio esterno si muove poiché si esercita, con due opportuni pomelli, una pressione simmetrica esterna sulle bielle, completamente esterne, convergenti ad angolo acuto.
In alternativa à ̈ possibile utilizzare un altro tipo di compressore più leggero del tipo a vite e che assorbe meno potenza, che utilizza uno dei componenti appena descritti ed à ̈ definito come compressore ad onde d’urto variabili, o fisse normali, schematizzato nelle TAV. 4.
Esso utilizza ben due volte l’acceleratore convergente o convergentedivergente a temperatura differenziale con flap interno o senza. Lo utilizza una prima volta per accelerare il flusso e, dopo la compressione, mediante l’onda d’urto, lo utilizza nuovamente per riaccelerare il suddetto un altro volta.
L’onda d’urto variabile si genera con il seguente dispositivo: il tratto dove viene collocato il generatore d’onda à ̈ a sezione costante, circolare o quadrangolare-rettangolare.
Supponiamo, per facilità di rappresentazione, a sezione rettangolare. Nel caos in cui sia circolare, basterà sostituire gli elementi rettilinei con elementi curvilinei: il telaio estremo interno curvilineo, lo schermo generatore (d’onda) curvilineo e simili.
Abbiamo lo schermo generatore al centro del condotto, che si suddivide in due eguali pannelli incernierati mediante un perno che delimita i loro due lati centrali adiacenti. Il perno può avere una molla a spirale che tende a favorire la chiusura dei pannelli o la chiusura dei medesimi può avvenire tramite una molla longitudinale fissata in punti simmetrici ed opposti degli stessi, lavorante, naturalmente, a trazione.
I pannelli, che aprendosi completamente generano l’onda d’urto normale o ovvero aprendosi parzialmente, l’onda d’urto obliqua, anche alla massima apertura lasciano una luce fra essi e il condotto in modo da fare proseguire il flusso e sono sostenuti da un telaio, le cui estremità superiore e inferiore sono fissate alle estremità laterali del condotto.
L’estremità di detto telaio sono fissate poi ad un altro perno a cerniera, che ai lati estremi, quindi adiacentemente alle pareti laterali del condotto, possono scorrere lungo una guida prismatica appositamente predisposta e fissata sui lati interni del condotto.
Questo secondo telaio-biella si ritrae sotto l’azione della molla, facendo acuire maggiormente l’angolo al centro dei due pannelli. Naturalmente sulla guida prismatica, in due ben determinati punti, sono posti due fermi che impediscono la chiusura e lo scorrere oltre un certo limite dei pannelli incernierati.
All’estremità laterale del condotto viene posta una leva azionabile dall’esterno ed incernierata in qualche punto inferiore della superficie laterale che, muovendosi, sbatte tramite un’apposita camma sul telaio d’estremità scorrente su guida e determina l’apertura dell’angolo acuto al centro formato dai due pannelli.
II tutto viene celato lateralmente da un’apposita carenatura in modo da non disturbare sensibilmente il flusso aerodinamico. Una ventola in ingresso, preceduta eventualmente da un diffusore divergente dovrebbe avviare il tutto.
In TAV.8, TAV.9 e TAV.10 à ̈ illustrato con maggior precisione il generatore di potenza ausiliaria con volano ad inerzia variabile, che altro non à ̈ che un amplificatore di Coppia o di Potenza per motori rotativi.
Se esso à ̈ di ausilio ad un motore rotativo destinato ad essere applicato a un mezzo mobile, che può variare il suo assetto, come automobile, aereo e simili, e non à ̈ destinato a un sistema fisso, ove il piano di rotazione può essere benissimo quello orizzontale, si deve considerare l’eventualità che tutto il sistema, inclinandosi per varie esigenze operative quali salite e discese, determina una variazione di assetto differente da quello orizzontale che causa, nel volano ad inerzia variabile, una insorgenza dalla componente forza peso piuttosto rilevante che squilibra fortemente l'equilibrio rotazionale del suddetto e causa intense forze di inerzia aggiuntive, variabili ciclicamente, con vibrazioni tali da non essere assolutamente ammissibili.
Allora, si preferisce far rimanere comunque orizzontale l’intero piano di rotazione, aggiungendo un opportuno artificio: l’asse al quale trasmette il moto si dota di un opportuno giunto snodato, tipo giunto cardanico, omocinetico, due in serie, che, snodandosi permette al sistema di rimanere orizzontale, anche quando l’intera carcassa sulla quale à ̈ ancorato cambia completamente assetto.
In virtù dell’articolazione, che impedisce, fra l’altro, anche l’insorgenza di coppie giroscopiche a danno della resistenza strutturale, per effetto bilancia e per effetto inerziale giroscopico, il volano continuerà a ruotare sul suo piano orizzontale, evitando i problemi sopra citati.
Tuttavia se occorre applicare un volano ad inerzia variabile verticale, esso può ancora concepirsi nel seguente modo: quando à ̈ orizzontale le 8 masse sferiche, potendo scorrere radialmente su una guida prismatica, cablata sulle razze, o sbarre, del volano, ma essendo trattenute verso il centro, ciascuna da una molla che lavora a trazione, se la velocità angolare ω non à ̈ molto elevata, la reazione elastica della molla à ̈ tale da vincere la forza centrifuga e mantenerle al centro, in modo che la coppia di inerzia airavviamento, quando si hanno problemi di fornitura di potenza, si mantenga piuttosto bassa.
Se invece la velocità angolare à ̈ piuttosto elevate, quando il sistema si à ̈ adeguatamente avviato, la forza centrifuga à ̈ tale da vincere la reazione elastica dalle molle e farle scorrere dal centro alla periferia, a ridosso dell’anello, ove la coppia di inerzia à ̈ molto più elevata.
Ma siccome, adesso, il sistema à ̈ avviato, stavolta à ̈ decisamente il Volano ad erogare potenza e non ad assorbirla, come da inizio. La forza peso, essendo ortogonale al piano di rotazione orizzontale, non compie alcun lavoro e quindi non va considerata. Ma se il suddetto piano à ̈ verticale, essa entra in gioco preponderantemente e nel dettaglio essa si oppone alla forza centrifuga e si compone con la reazione elastica delle molle nel semipianosemicerchio rotazionale superiore, mentre si oppone alla reazione elastica delle molle e si compone con la forza centrifuga nel semicerchio inferiore.
Per annullare l’effetto della forza peso, sia nel semicerchio superiore che in quello inferiore, basta applicare a ciascuna sfera uno spinotto che abbia una estremità a martinetto e che può scorrere in una guida centrale interna alla sbarra. La parte inferiore di quest’ultima sostiene il cilindretto entro cui scorre il martinetto.
Due tubazioni, che scorrono lungo le razze, collegano l’interno delle estremità opposte del cilindretto, rispetto alle sfere, a un cassetto di distribuzione rotativo che à ̈ collegato ad un serbatoio di olio in pressione. Il suddetto cassetto à ̈ diviso da una piastra di piccolo spessore in due zone, una superiore e l’altra inferiore.
L’olio contenuto nella zona superiore serve a mettere in pressione i martinetti entranti nel semicerchio superiore. Ai fini di annullare la forza peso, che raggiungerà il suo culmine quando l’asta à ̈ perfettamente verticale e quindi, ivi esattamente massima eguale e contraria deve essere la pressione dell’olio sul relativo martinetto.
L’olio contenuto nella zona inferiore, invece, serve a mettere in pressione i martinetti entranti nel semicerchio inferiore. Le finalità, anche in questo caso, sono identiche esattamente al caso superiore.
Per quanto concerne le luci del cassetto di distribuzione rotativo, che alimentano le tubazioni in pressione, si afferma che esse sono costituite da quattro fori, quanto sono le razze, a forma di falce concentrici, per la zona superiore, e altrettante quattro simmetriche per la zona inferiore.
Questi fori superiormente ed inferiormente sono separati da un piccolo spessore e sono praticati sia in corrispondenza della parte fissa del suddetto cassetto rotativo, in contatto col serbatoio in pressione, sia in corrispondenza della parte mobile del suddetto cassetto, che à ̈ rappresentato dal collettore rotante di sistema, che realizza il collegamento di questi fori con le tubazioni in pressione tramite la opportuna convergenza di queste forme “a falce†in forme più piccole “circolari†.
Nella rotazione, le suddette luci vengono gradualmente a contatto, determinando, ad esempio, nella fase di perfetto combaciamento, la massima pressione del circuito oleodinamico in corrispondenza dell’azione massima della forza peso.
I fori a falce, naturalmente sono sfasati fra loro di un angolo corrispondente a quello esistente fra le razze, in modo da realizzare ciascuno le stesse identiche fasi, ma in istanti di tempo diversi e intervallati, in base alla velocità angolare, in proporzione all’angolo che separa i suddetti raggi.
L’acceleratore convergente o convergente-divergente a temperatura differenziale, illustrato in TAV. 7, realizza una diminuzione di entalpia del fluido che, per il principio di conservazione dell’energia, deve necessariamente trasferirsi in un aumento di energia cinetica della corrente fluida e quindi in un aumento della velocità.
Con detta velocità, il flusso viene convogliato negli otto introduttori, che si calettano alla carcassa laterale circolare della turbina a camere isocore mediante fori di uguale sezione e che hanno un’inclinazione, assieme agli introduttori, rispetto alla tangente al cerchio, nel punto in cui il lato esterno del tubo incrocia la circonferenza, compresa fra i 2° e i 4° al massimo, come si osserva da TAV.1, TAV.5 e TAV.6.
Tutto ciò, in modo da permettere un migliore e più consistente inserimento del fluido nel primo condotto convergente rotante, dopo che la corrente fluida, in uscita dagli introduttori, ha impattato le 4 razze rotanti e ha rimbalzato dirigendosi verso il su citato condotto.
I fori sulla carcassa laterale circolare sono poi posizionati in modo che il lato esterno del foro incrocia la direttrice dei quattro quadranti del cerchio e le quattro bisettrici ad essi relativi. Tutto questo al fine di realizzare la momentanea e contemporanea chiusura di 4 flussi e contestualmente l’apertura di altri altrettanti 4.
Nel primo condotto convergente rotante il flusso subsonico laminare à ̈ soggetto ad un’accelerazione proporzionale alla restrizione esistente fra area di ingresso e area di uscita. All’uscita del condotto esso tenderebbe ad espandersi nell’intero lobo verticale, ma questo non avviene poiché à ̈ a sua volta compresso e delimitato da altro fluido che costituisce il vortice.
La ragione, appunto, del nome “lobo verticale†à ̈ dovuta proprio al fatto che, essendo il fluido laminare e la superficie di scorrimento marcatamente curvilinea, la corrente non può non arrotolarsi su se stessa diventando laminarmene vorticosa. Inoltre, sempre all’uscita del condotto, il flusso tenderebbe ad esercitare una spinta sulla superficie di scorrimento determinando un contromomento che si opporrebbe a quello ingenerante la rotazione voluta.
Ma ciò, però, non avviene, se non in misura ridottissima, poiché esso, già fin da quando attraversa il condotto convergente, à ̈ soggetto all’azione di un’intensa forza centrifuga e di un’altrettanta forza di Coriolis, che tendono a sbalzarlo dalla parte opposta; questo avviene maggiormente nel lobo che non nel canale antecedente, in quanto ad opporsi a quest’evento non à ̈ la parete opposta, bensì il flusso pregresso che transita circolarmente nel vortice.
Oltre a ciò, vi à ̈ la concomitanza positiva di un altro effetto-evento: la corrente fluida, appena imboccato il lobo verticale, à ̈ soggetta in parte all’effetto risucchio generato dal secondo canale leggermente convergente, che diminuisce sensibilmente l’azione impattante sulla stessa superficie di scorrimento.
Il fluido va quindi a sbattere, prevalentemente, sulla superficie del lobo verticale opposta a quella di ingresso del secondo canale.
Stesse asserzioni si possono formulare per il secondo lobo, molto più piccolo dove però le caratteristiche di vorticosità sono ridotte al minimo, proporzionalmente alla grandezza del lobo.
In definitiva dentro il motore turbina a camere isocore il fluido trasferisce la sua energia alla girante per ben tre volte.
La turbina à ̈ definita rotativa poiché la coppia all’albero motore si trasmette mediante moto rotativo della girante e non tramite il manovellismo di spinta tipico dei motori alternativi.
Le potenze in gioco calcolate risultano molto elevate e potrebbero trovare la loro applicazione in ambiti diversi dal settore automobilistico, ad esempio aeronautico, energetico, industriale e simili. Ma per il settore autovetture basta depotenziare un po’ il sistema, modulando qualche parametro, o addirittura togliendo qualche componente. Per esempio, basta un solo motore turbina e non ancora un altro in serie ad esso.
Infine, allo scarico finale degli elementi motore in serie, o del solo elemento motore, avendo ancora una certa riserva di energia dal generatore ad inerzia variabile, possiamo utilizzare altri 300W per raffreddare, tramite l'impianto frigorifero, a 0 C° il fluido scaricato, indirizzandolo opportunamente vicino il boccaglio di aspirazione del compressore e così, raffreddando l’aria che aspira, migliorarne il rendimento.
Infine si potrebbe posizionare la presa d’aria del compressore, con il suo diffusore divergente, e la ventola di aspirazione all’interno e alla fine di quest’ultimo, in punto della poppa dell’automobile, tale che aspiri il flusso di aria che si sta per distaccare dal corpo solido in movimento, determinando quella scia, e quindi quello squilibrio di pressione dinamica fra prua e poppa del veicolo che determina la resistenza aerodinamica all’avanzamento.
Vantaggiosamente, ancor prima di aspirare, à ̈ possibile indirizzare il flusso di scarico deN’aria raffreddata a 0 C°, per soffiare lo stato limite e quindi energizzando ed accelerarlo, ritardandone sensibilmente il distacco, e poi subito dopo, quando esso tenderebbe nuovamente a rallentare e a distaccarsi, aspirarlo tramite la suddetta presa d’aria.
In questo modo, si potrebbe ridurre l’area di scia in poppa e quindi attenuare lo squilibrio di pressioni su citato e, in definitiva, ridurre la resistenza aerodinamica.
Ritornando, quindi, ad analizzare il campo di moto del fluido, entro il lobo vorticoso, si constata che esso, all’uscita del primo condotto convergente, à ̈ sottoposto, proprio perché trovasi in un sistema di riferimento non inerziale, in rapidissima rotazione con velocità angolare, a ben tre tipi di forze, dovute ad altrettante tre tipologie di accelerazione.
La prima forza à ̈ quella reale, dovuta all’accelerazione reale e quindi relativa anche al sistema di riferimento inerziale, fisso, che il fluido assume causa la convergenza del condotto.
La seconda forza à ̈ quella centrifuga, dovuta alla omonima accelerazione, causa la rotazione del sistema, con velocità angolare ω , che tende a sbalzare il fluido a destra del lobo e leggermente in alto.
La terza forza à ̈ quella dovuta all’accelerazione di Coriolis, causata dal movimento del fluido entro un sistema di riferimento rotante, che agisce sempre a destra, rispetto alla direzione di avanzamento del fluido e che, quindi, entro il lobo, ma non nel primo condotto convergente, si fa equilibrio, elidendosi, a causa deH’arrotolamento su se stessa, della vena fluida, nella generazione del vortice relativo al lobo.
La forza centrifuga modifica un po’ il campo di moto, assieme alla forza di Coriolis ma in definitiva finisce per non compiere, pressocchà ̈ alcun lavoro al fine della rotazione della girante, poiché essa passa per il centro di rotazione del sistema ed à ̈ quasi sempre ortogonale alla direzione dello spostamento rotazionale.
C’à ̈ da precisare che le suddette due forze, componendosi nel primo condotto convergente, finiscono per opporsi al moto di avanzamento del fluido nel condotto stesso. Tale effetto sfavorevole à ̈ compensato da quattro concause: diminuzione della forza centrifuga a causa dell’accorciamento del raggio della stessa all’avanzare del fluido nel suddetto canale, daN’aumento della forza di Coriolis dovuto aN’aumento della velocità del fluido entro il condotto (la risultante delle due forze, aN’aumentare di quest’ultima, assume sempre più un orientamento ortogonale al moto e non parallelo-opposto ad esso); ulteriore strizione della vena fluida in direzione del moto dovuto all’aumento della forza di Coriolis, visto l’aumento di velocità causato dalla convergenza del condotto; notevole risucchio subito dal fluido all’uscita del condotto, a causa della velocità della vena fluida adiacente in uscita dal lobo vorticale.
Seguendo gli stessi ragionamenti, si può asserire che nel secondo condotto la forza centrifuga in aumento favorisce il moto, mentre nel terzo condotto la suddetta forza in diminuzione lo sfavorisce, anche se poi, al termine del canale, si ha un certo risucchio finale.
La sola forza che compie in definitiva rilevante lavoro à ̈ quella reale, che, accelerato il fluido lungo il primo condotto e all’uscita di esso, con la sinergia della forza centrifuga e della forza di Coriolis, infila la vena fluida entro il lobo vorticoso, la assoggetta ad una rotazione di 360° e la fa uscire dal lobo, con l'ausilio anche della forza di pressione statica del fluido nel lobo.
A regime, riempiendosi, il lobo non accetta più altro fluido, con la stessa direzione e lo stesso verso che aveva in entrata.
Stessi discorsi, completamente analoghi, se non identici, si possono fare per il secondo piccolo lobo superiore.
Il sistema motore, almeno per alcune applicazioni, necessita essere depotenziato, con l'aggiunta di un riduttore di giri, l’eliminazione di qualche componente o la rimodulazione di qualche parametro. Per esempio, il componente che si potrebbe togliere potrebbe essere il compressore che potrebbe essere sostituito con un semplice diffusore divergente, con una ventola nella sezione maggiore.

Claims (10)

  1. R I V E N D I C A Z I O N I 1. Un impianto motore, per la movimentazione di un veicolo, caratterizzato dal fatto di comprendere: - un motore elettrico di avviamento (2’) alimentato da una batteria elettrica (1'); - un volano (3’) con un asse centrale accoppiato meccanicamente all’albero di detto motore di avviamento (2’); - un generatore elettrico (4’) operativamente accoppiato a detto volano (3’); - mezzi di compressione comprendenti un condotto (7’) con un ingresso ed un’uscita ed un compressore (6’) azionato da un motore elettrico (5’) a sua volta alimentato da detto generatore elettrico (4’) per generare un flusso d’aria ad alta velocità tra detto ingresso e detta uscita; - mezzi motori posti a valle di detti mezzi di compressione (6) e comprendenti una turbina (10’) con una girante collegata fluidicamente a detta uscita del flusso d’aria ad alta velocità, detta girante essendo calettata su un albero di potenza per la generazione di una coppia motrice trainante; - mezzi di collegamento meccanico operativamente accoppiati a detto albero di potenza (4) per prelevare almeno parte della sua coppia motrice e trasmetterla a detto volano (3’).
  2. 2. Impianto motore secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che detto volano (3’) ha un momento d’inerzia variabile ed à ̈ atto a trasferire parte di detta coppia motrice a detta girante.
  3. 3. Impianto motore secondo la rivendicazione 2, caratterizzato dal fatto che detto volano (4) a momento d’inerzia variabile comprende un corpo di supporto girevole calettato su detto asse centrale ed avente una pluralità di razze (2) sostanzialmente radiali atte a supportare e guidare scorrevolmente rispettive masse inerziali sferiche (3).
  4. 4. Impianto motore secondo la rivendicazione 3, caratterizzato dal fatto che ogni massa sferica (3) à ̈ vincolata a detto asse centrale mediante una molla di richiamo in modo che la sua distanza da detto asse centrale vari automaticamente in funzione della velocità di rotazione di detto volano (3’) per effetto della forza centrifuga.
  5. 5. Impianto motore secondo la rivendicazione 4, caratterizzato dal fatto che detto condotto (7’) definisce un asse longitudinale e comprende almeno un tratto iniziale convergente ed un tratto finale divergente definente detta uscita per il flusso d'aria.
  6. 6. Impianto motore secondo la rivendicazione 5, caratterizzato dal fatto che detto condotto (7’) presenta inoltre un tratto terminale a sezione sostanzialmente costante alloggiente al suo interno almeno un pannello incernierato su un asse di rotazione sostanzialmente perpendicolare a detto asse longitudinale per intercettare almeno parzialmente il flusso d’aria.
  7. 7. Impianto motore secondo la rivendicazione 5 o 6, caratterizzato dal fatto di comprendere primi mezzi di raffreddamento (8’) posti a contatto con il tratto divergente di detto condotto (7’) per raffreddare l'aria ad una temperatura prossima a 0°C.
  8. 8. Impianto motore secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, caratterizzato dal fatto che detta turbina (10’) comprende detta girante alloggiata girevolmente in una carcassa sostanzialmente cilindrica.
  9. 9. Impianto motore secondo la rivendicazione 8, caratterizzato dal fatto che detta girante comprende una pluralità di camere di spinta isocore o a volume costante, detta carcassa essendo circondata da un collettore periferico (1) provvisto di una pluralità di condotti di introduzione (2) per l’accelerazione dell’aria, atti ad essere collegati selettivamente con dette camere di spinta e configurati per realizzare un flusso d’aria laminare in regime subsonico.
  10. 10. Impianto motore secondo la rivendicazione 9, caratterizzato dal fatto che detta turbina (10’) presenta un condotto di scarico (11’) dell’aria fluidicamente collegato con l’ingresso di detto condotto (7’) e posto a contatto con secondi mezzi di raffreddamento (8’), detto condotto di scarico (11) essendo fluidicamente collegabile ad una ulteriore turbina per la generazione di un’ulteriore coppia motrice.
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