ITBA20130012A1 - Dispositivo oled a cavità multipla - Google Patents

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ITBA20130012A1
ITBA20130012A1 IT000012A ITBA20130012A ITBA20130012A1 IT BA20130012 A1 ITBA20130012 A1 IT BA20130012A1 IT 000012 A IT000012 A IT 000012A IT BA20130012 A ITBA20130012 A IT BA20130012A IT BA20130012 A1 ITBA20130012 A1 IT BA20130012A1
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IT
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organic
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cavity
semi
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IT000012A
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Armando Genco
Giuseppe Gigli
Fabrizio Mariano
Marco Mazzeo
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Mediteknology Srl
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Description

DESCRIZIONE
La presente invenzione si inserisce nel campo dei diodi organici ad emissione di luce bianca o pancromatica (da impiegare nel settore dell’illuminotecnica di alta qualità, dell’automotive e del settore display) e nello specifico si riferisce ad un Diodo Organico ad Emissione di Luce (OLED nel seguito) avente una struttura comprendente micro-cavità multiple otticamente accoppiate.
STATO DELL'ARTE
Un dispositivo OLED è un dispositivo elettronico emettitore di luce che comprende uno strato organico in grado di emettere radiazione luminosa se sottoposto ad una differenza di potenziale, interposto tra due elettrodi metallici, dei quali uno trasparente per permettere il passaggio verso l’esterno della luce emessa dallo strato organico, che può essere di tipo molecolare o polimerico. Secondo quanto noto allo stato dell’arte, tipicamente l’elettrodo trasparente è formato di ossido di Indio Stagno (ITO).
Secondo quanto noto allo stato dell’arte inoltre, per rendere il processo di elettroluminescenza efficace e per ottimizzarne l’efficienza, tra lo strato organico e gli elettrodi sono tipicamente interposti degli ulteriori strati conduttori di lacune ed elettroni (strati trasportatori). In questo modo il bilanciamento di carica opposta è favorito, come riportato ad esempio in Sun, Y. & Forrest, S. R. Enhanced light out-coupling of organic light-emitting devices using embedded low-index grids. Nature Photonics 2, 483–487 (2008).
Un ulteriore accorgimento tecnico utilizzato per migliorare le prestazioni dei dispositivi OLED è l’uso del drogaggio di tali strati trasportatori (tecnologia “p-i-n”), come riportato ad esempio in Reineke, S. et al. White organic light-emitting diodes with fluorescent tube efficiency. Nature 459, 234–238 (2009) ed in Murano, S. et al. Highly efficient white OLEDs for lighting applications. Proc. SPIE 5937, 79–86 (2005).
Come effetto del drogaggio la conducibilità elettrica degli strati trasportatori viene accresciuta fino a valori di cinque ordini di grandezza superiori rispetto ai composti non drogati. Il drogaggio avviene mediante l’ausilio di molecole o metalli alcalini i quali vengono co-depositati assieme ai materiali adoperati per realizzare gli strati trasportatori di carica. Dal punto di vista elettrico si rende in questa maniera il dispositivo indipendente dalla scelta degli elettrodi adoperati come anodo e catodo. Tuttavia finora come anodo è comunemente stato adoperato l’ossido di indio stagno (ITO) in quanto è uno dei pochi materiali che permette di realizzare degli strati che siano al contempo sufficientemente conduttivi e sufficientemente trasparenti per far passare la radiazione luminosa.
Nella categoria degli OLED, quelli ad emissione bianca (White-OLED o WOLED) si sono rivelati adatti a sostituire le sorgenti luminose commerciali per l’illuminotecnica avendo un’elevata efficienza ed una superiore qualità di colore. Al fine di massimizzare le prestazioni di questo tipo di dispositivi, le architetture usualmente adoperate prevedono l’impiego di tre emettitori fosforescenti o fluorescenti (strati di materiale organico). Sono anche noti dispositivi OLED che utilizzano due soli emettitori di luce complementare (blue-cyan e gialloarancio), garantendo comunque una buona qualità cromatica.
L’indice di resa cromatica (CRI) misura la capacità di una sorgente luminosa di restituire i colori degli oggetti illuminati nella maniera più naturale possibile: per strutture basate su colori complementari adeguatamente efficienti in genere il CRI non supera il valore di 60-70, particolarmente basso se si considera che il massimo valore teorico è pari a 100, limite raggiunto solo da alcune sorgenti a gas, e che i tipici valori per l’illuminazione artificiale si aggirano intorno agli 80. Valori più alti di resa cromatica negli OLED bianchi possono essere garantiti dall’ausilio di almeno tre emettitori nel rosso, nel verde e nel blue (RGB).
La luce emessa da un OLED bianco è caratterizzata usando metodi standard. Ad esempio le coordinate “CIE” (Commission Internationale d’Eclairage), l’indice di resa cromatica (“CRI”), e le efficienze misurate in lumen/Watt o Candele/Ampère sono parametri importanti, che in aggiunta alle luminanze, ai voltaggi adoperati e alla distribuzione spettrale dell’elettroluminescenza caratterizzano nel dettaglio il comportamento delle sorgenti di illuminazione. Valori tipici di questi valori per sorgenti luminose commerciali (non necessariamente OLED) sono:
1) Coordinate cromatiche (“CIE”): 0.30<X<0.45; 0.30<Y<0.45, possibilmente giacenti sul locus del corpo nero;
2) “CRI”>80;
3) Luminanza > 1000Cd/m2;
4) Efficienza > 100lm/W;
5) Area luminosa superiore ai 10cm2(per gli OLED).
Secondo quanto noto allo stato dell’arte, per ottenere valori accettabili dei parametri indicati è necessario utilizzare l’ossido di Indio Stagno. Questo materiale presenta notevoli svantaggi se utilizzato per l’ottenimento di larghe aree emissive poiché è caratterizzato da una conducibilità elettrica planare relativamente bassa, che non permette una distribuzione omogenea ed efficiente della corrente se l’area emissiva troppo elevata; inoltre l’ITO è fragile, e quindi non permette la fabbricazione di OLED flessibili. Inoltre i costi di produzione dei dispositivi sono alti a causa dell’uso di indio, elemento raro, costoso ed in via di esaurimento. Un altro svantaggio è che non è possibile fabbricare dispositivi OLED in configurazione top emission (dove l’emissione luminosa avviene attraverso l’elettrodo più lontano dal substrato), poiché l’ITO viene depositato tramite tecniche di sputtering che possono rovinare gli strati sottostanti precedentemente depositati, ragione per la quale dev’essere per forza depositato a contatto con un substrato.
Gli OLED top emission (configurazione non ottenibile con l’ossido di indio-stagno) sono particolarmente strategici perché permettono di utilizzare substrati non trasparenti e prelavorati. Recentemente (Birnstock, J. et al.. White Stacked OLED with 35 lm/W and 100,000 Hours Lifetime at 1000 cd/m2 for Display and Lighting Applications, SID Symposium Digest of technical papers, 39, 822-825, (2008)) sono stati fabbricati dei dispositivi che sostituiscono l’elettrodo di ITO con un elettrodo di grafene, che potenzialmente permette di ottenere OLED flessibili, ma che presenta come svantaggi una moderata conducibilità elettrica rispetto ad un materiale metallico e una difficoltà di realizzazione di film estesi ed omogenei.
Sono anche noti (articoli citati in precedenza) dispositivi che utilizzano materiali fosforescenti, con cui sono state raggiunte efficienze di 90lm/W e indici di resa cromatica di circa 70, con coordinate nel white-yellowish, oppure efficienze di 30 lm/W e CRI di 80, a conferma dell’impossibilità di raggiungere alte efficienze e alto CRI contemporaneamente se si è vincolati alle caratteristiche ottiche dei materiali elettroluminescenti. In entrambi i casi, comunque, sono stati adoperati dei sistemi esterni al dispositivo (sistemi di “outcoupling”) in grado di incrementare la quantità di luce emessa evitando che venga intrappolata nel dispositivo, come substrati a micro piramidi, microlenti, fogli di scattering ad elevato indice di rifrazione, ecc. Nel documento U.S. 2005/0264174A1 è descritto un dispositivo OLED che raggiunge CRI di 90 ed efficienze di 35 lm/W e che impiega sistemi ottici per la fuoriuscita dei fotoni e tecnologia tandem che rende complessa la fabbricazione (due stack P-I-N standard impilati in serie, alimentati elettricamente da un anodo connesso all’estremità del primo stack ed un catodo connesso all’estremità del secondo stack), continuando ad utilizzare ossido di indio-stagno come elettrodo trasparente.
Quasi tutti i modi di realizzazione noti allo stato dell’arte fanno uso dell’ossido di indio stagno come anodo, sono limitati dai materiali adoperati e sono a costo elevato. Circa i materiali, l’ottimizzazione delle prestazioni negli OLED è fortemente legata alla scelta di materiali attivi a larga banda, cioè di materiali organici in grado di emettere luce in uno spettro di frequenze più ampio possibile.
Per aumentare l’efficienza di outcoupling, sono state proposte delle tecnologie basate su microcavità a base di strati di ossidi alternati aventi indici di rifrazione diversi (chiamati riflettori di Bragg, DBR), riuscendo così anche a modulare l’emissione degli emettitori: una configurazione di OLED monocromatico del genere è descritta per esempio nel brevetto US6406801, in cui uno strato elettroluminescente è posto tra uno specchio metallico superiore e uno specchio inferiore comprendente un riflettore di Bragg sotto un anodo di Ossido di indio stagno. Gli specchi riflettenti formano un risonatore di Fabry-Perot, che modifica fortemente le caratteristiche dell’emissione del materiale elettroluminescente inserito nella micro-cavità: l’emissione luminosa viene amplificata vicino alla lunghezza d’onda di risonanza della cavità e viene smorzata per tutte le altre lunghezze d’onda. Nonostante l’aumento di efficienza ottenuto, la tecnologia proposta è costosa, in quanto gli ossidi non possono essere depositati per via termica come invece accade per i metalli e gli strati organici di un OLED, ed utilizza ancora uno strato di ITO come anodo, con tutti gli inconvenienti già citati legati all’uso di questo materiale.
Nel campo degli OLED monocromatici è stata inoltre sviluppata una struttura a microcavità singola che prevede l’utilizzo di soli materiali metallici ed organici (PCT Application WO 2009/090248), e che fa utilizzo della tecnologia PIN (drogaggio elettrico degli strati trasportatori di lacune o di elettroni).
Un dispositivo a singola microcavità è in grado di amplificare un ristretto range di lunghezze d’onda, permette di generare luce essenzialmente monocromatica e non è quindi adatto ad OLED bianchi, il cui spettro di emissione copre quasi tutte le lunghezze d’onda del visibile. Per quanto riguarda i display, l’architettura standard prevede l’affiancamento di più pixel di colore diverso sul substrato per ottenere qualsiasi colore voluto, come mostrato nel brevetto della Eastman Kodak (US 6,867,549 B2); questo tipo di struttura planare abbassa la risoluzione del display (basso aspect ratio).
Scopo del trovato oggetto della presente invenzione è quello di fornire un dispositivo OLED a luce bianca comprendente una pluralità di microcavità otticamente accoppiate mediante sottili strati semi-riflettenti di metallo.
SOMMARIO DELL'INVENZIONE
Scopo della presente invenzione è dunque quello di fornire un nuovo modo di realizzare gli OLED bianchi che eviti l’utilizzo dell’ossido di indio-stagno come substrato, che renda la tecnologia abbastanza svincolata dalla scelta dei materiali attivi e in cui le prestazioni possano raggiungere valori notevoli per le applicazioni discusse.
Il dispositivo OLED secondo la presente invenzione comprende almeno due microcavità accoppiate mediante strati sottili semi-riflettenti di metallo ad alta riflettività intrinseca (Ag, Al). A titolo indicativo si può dire che lo spessore degli strati di metallo è dell’ordine di circa 10 nm, mentre lo spessore delle cavità è dell’ordine di grandezza dei 100 nm.
Le cavità possono essere attive o passive. Sono attive le cavità che contengono lo stack attivo (comprendente i materiali elettroluminescenti) e che sono elettricamente collegate agli elettrodi. Il dispositivo secondo la presente invenzione comprende una o più cavità attive. Le cavità passive non sono alimentate elettricamente e contengono un materiale organico trasparente alla luce visibile. In Fig.4 è mostrata a titolo esemplificativo la struttura a tripla cavità dei dispositivi bianchi in configurazione “bottom emission”, in cui è attiva rispettivamente la prima, la seconda o la terza cavità. Per altre applicazioni, ad esempio nel campo dei display, il dispositivo può comprendere cinque cavità , di cui la prima, la terza e la quinta sono attive e contengono uno stack emissivo comprendente per ciascuna cavita un materiale elettroluminescente che emette luce di un colore diverso (rosso, blu o verde), per permettere un controllo elettrico autonomo di ciascun colore.
Ognuna delle cavità attive è realizzata mediante due elettrodi metallici tra i quali viene depositato uno stack organico elettroluminescente, all’interno del quale è depositato un materiale organico che, se eccitato elettricamente, emette luce in un determinato range di frequenze luminose. Lo strato metallico comune a due cavità adiacenti funziona come accoppiatore ottico delle due cavità, il cui grado di accoppiamento ottico è determinato dal suo spessore. Maggiore è lo spessore dello strato metallico, minore è la sua trasparenza e conseguentemente minore è il grado di accoppiamento ottico delle due cavità.
Per esempio una struttura a tripla cavità è realizzata secondo la sequenza: M1/C1/M2/C2/M3/C3/M4, dove M1 è uno strato metallico semi-riflettente che permette la fuoriuscita della luce dalla struttura, M2 e M3 gli strati metallici semi-riflettenti di accoppiamento ed M4 uno strato metallico spesso completamente riflettente. C1, C2 e C3 rappresentano le cavità organiche. A titolo di esempio, quando si utilizza l’argento, uno strato di spessore maggiore di 70 nm è completamente riflettente. Gli spessori degli strati semiriflettenti (o semitrasparenti, i due termini sono da intendersi come sinonimi nel contesto della presente invenzione) possono essere di circa 30 nm.
Se il dispositivo è in configurazione bottom, la luce è emessa attraverso il substrato meccanico. Il substrato deve pertanto essere trasparente e su di esso è depositato M1, cioè uno strato di metallo semitrasparente. Se al contrario l’emissione è top, la luce fuoriesce dal lato opposto rispetto al substrato meccanico che può pertanto essere opaco. In questo caso M4 può rappresentare già il substrato. Come detto in precedenza ognuna delle tre cavità può contenere gli emettitori ed essere in contatto con gli elettrodi attraverso i due strati metallici che la delimitano (l’anodo e il catodo possono essere rispettivamente lo strato più vicino al substrato e quello più lontano e viceversa, a seconda dell’ordine di impilaggio degli strati dello stack emissivo). La Fig.8a rappresenta la sequenza standard dello stack emissivo in tecnologia P-I-N: a contatto con l’anodo c’è lo strato di trasporto ed iniezione di buche (“Hole Transport Layer”, HTL), subito dopo abbiamo lo strato di bloccaggio di elettroni (“Electron Blocking Layer”, EBL), poi viene lo strato emissivo in cui troviamo gli emettitori elettroluminescenti (“Emissive Layer”, EML), successivamente c’è lo strato di bloccaggio delle buche (“Hole Blocking Layer”, HBL) ed infine a contatto con il catodo troviamo lo strato di trasporto ed iniezione di elettroni (“Electron Transport Layer”, ETL).
In Fig.8b è rappresentata la sequenza di strati organici in configurazione tandem (US Patent 2005/0264174 A1): tale configurazione prevede due o più stack standard impilati tra i due elettrodi, tra i quali è interposto un connettore intermedio. Entrambi questi tipi di stack attivo (singolo e tandem) sono compatibili con l’architettura a micro-cavità multiple accoppiate, poiché il requisito fondamentale per l’utilizzo di essi nella struttura proposta, è la presenza di strati drogati a contatto con gli elettrodi per favorire l’iniezione di carica.
La configurazione a micro-cavità multiple accoppiate è compatibile, in configurazione bottom, con qualunque substrato trasparente, anche plastico, la cui rugosità non impedisca una buona uniformità degli elettrodi, tipicamente più sottili di 50nm. Nel caso di configurazione “top emission” è utilizzabile per il substrato ogni materiale opaco, plastico o di altra natura, incluso un supporto metallico, che possa essere rivestito con uno strato metallico completamente riflettente.
Tale flessibilità implica per la prima volta nella tecnologia OLED la possibilità di realizzare sorgenti ultrapiatte di luce bianca o pancromatica con materiali a bassissimo costo e su supporti di qualunque tipo, trasparenti o opachi, metallici o plastici, rigidi o flessibili, a seconda delle applicazioni.
BREVE DESCRIZIONE DEI DISEGNI
Le figure da 1 a 3 illustrano modi di realizzazione preferenziali del dispositivo secondo la presente invenzione con, rispettivamente, 2,3 e 5 cavità; le figure da 4-a a 4-c illustrano un modo di realizzazione a tripla cavità, con emissione bottom e rispettivamente la prima, seconda e terza cavità contenenti il materiale elettroluminescente; la figura 5-a mostra gli spettri di elettroluminescenza di diversi dispositivi di tipo OLED, uno basato sulla configurazione standard con elettrodo di ITO (ITO-OLED) e l’altro sulla struttura a tripla cavità (TC-OLED) con prima cavità attiva in configurazione “bottom”; la figura 5b mostra l’andamento della riflettanza del dispositivo a tripla cavità sovrapposto allo spettro di emissione naturale dello “stack” emissivo non inserito in una struttura a cavità e quindi non modulato de essa; la figura 6 mostra le curve di luminanza in funzione del voltaggio relative a dispositivi secondo la presente invenzione, a tripla cavità con prima cavità attiva (TC-OLED), e relative ad un dispositivo ITO noto allo stato dell’arte (ITO-OLED); la figura 7 mostra le curve di efficienza di corrente in funzione del voltaggio relative agli stessi dispositivi mostrati in figura 6; la figura 8-a illustra la struttura multistrato standard utilizzabile come stack attivo; la figura 8-b illustra la struttura multistrato tandem utilizzabile come stack attivo.
Di seguito è analizzato il comportamento fisico di un dispositivo OLED comprendente tre cavità accoppiate (Fig.2); evidentemente il discorso si può estendere a dispositivi con un numero “n” qualsiasi di cavità accoppiate, considerando che il numero di cavità sarà uguale al numero di modi di risonanza supportati dalla struttura.
L’accoppiamento di tre microcavità (10,20,30) genera tre modi risonanti che possono essere modulati in lunghezza d’onda ed intensità variando lo spessore degli strati metallici semiriflettenti di accoppiamento. Una variazione più fine può essere ottenuta mediante la modulazione degli spessori relativi delle tre cavità organiche. Tramite simulazioni ottiche di dispositivi a tripla cavità, si è potuto constatare che, mantenendo costante lo spessore dello strato semiriflettente (2), pari a 100 nm (in questo modo lo strato (2) è completamente riflettente e disaccoppia quindi le cavità (10) e (20), ottenendo in pratica una struttura a doppia cavità) e variando lo spessore dello strato semiriflettente (3) compreso tra le cavità (20) e (30) tra 0 e 100 nm, si osserva la comparsa di un secondo modo di risonanza della struttura quando lo strato (3) è abbastanza sottile da permettere di accoppiare otticamente le due cavità ad esso adiacenti (20,30). Mantenendo costante lo spessore dello strato (3) ad un valore che permette l’accoppiamento ottico delle due cavità (20,30) ad esso adiacenti (spessore minore di 70 nm, ad esempio di circa 35 nm) e variando lo spessore dello strato (2) tra 0 e 100 nm, si osserva la comparsa di un terzo modo di risonanza della struttura quando lo strato (2) è abbastanza sottile da permettere di accoppiare otticamente le due cavità ad esso adiacenti (10,20).
Nella simulazione sono stati considerati strati semi-riflettenti in argento (ma, senza uscire dagli scopi della presente invenzione possono anche essere adoperati materiali differenti, per esempio alluminio o altri metalli riflettenti), e le cavità organiche contenenti da un materiale generico con indice di rifrazione costante di 1,77.
La distanza (splitting) tra le lunghezze d’onda cui si trovano i modi risonanti aumenta al diminuire dello spessore degli strati metallici di accoppiamento. Il comportamento delle cavità ottiche accoppiate è molto simile a quello di un pendolo meccanico, sebbene invece di avere un moto oscillatorio di masse ci sono oscillazioni di campo elettromagnetico e invece di una molla come accoppiatore c’è uno strato metallico semi-riflettente. In questo caso al posto di k parleremo della trasmittanza dello specchio. Si osserva che all’aumentare degli spessori degli strati di metallo (2,3), le frequenze di risonanza tendono ad avvicinarsi fino a fondersi a spessori tali che il campo elettromagnetico non riesce più a delocalizzarsi su entrambe le cavità, a causa della scarsa trasmittanza dello strato metallico. Se si utilizza argento per accoppiare le cavità occorre usare spessori più sottili di 70nm per avere accoppiamento ottico tra le cavità.
Se si inserisce uno stack attivo (del tipo noto allo stato dell’arte mostrato in figura 8-a o 8-b) in una delle cavità e si progettano accuratamente gli spessori del dispositivo in modo da avere i modi risonanti in corrispondenza delle lunghezze d’onda di emissione naturale dei materiali fosforescenti o fluorescenti usati come emettitori, si ottiene un’amplificazione dell’emissione in termini di aumento di probabilità di ricombinazione di elettroni e buche per emettere fotoni (effetto Purcell). Questa amplificazione aumenta l’efficienza dei dispositivi. Rispetto ai dispositivi noti allo stato dell’arte che hanno una sola microcavità cui è associata una sola frequenza di risonanza, i vantaggi derivanti dall’uso di microcavità multiple consistono nel fatto che si hanno a disposizione più frequenze di risonanza, che riescono a coprire una porzione più ampia dello spettro della luce visibile: in questo modo è possibile ottenere contemporaneamente alte efficienze e alto CRI dal dispositivo, poiché un aumento dell’effetto di cavità (quindi un incremento di efficienza unito ad un restringimento dei picchi di risonanza) non pregiudica le caratteristiche cromatiche che dipendono dalla larghezza ed omogeneità dello spettro di emissione (garantite dalla presenza di modi multipli).
Stack OLED
Come è possibile vedere dalla figura 8, non in scala, lo stack emissivo può includere uno strato conduttore di lacune (HTL), uno strato bloccante di elettroni (EBL), uno o più strati emettitori di luce a larga banda di luce bianca (EML), uno strato bloccante di lacune (HBL) ed infine uno strato trasportatore di elettroni (ETL). Lo stack emissivo può essere inserito in una qualsiasi delle cavità del dispositivo. Un eventuale drogaggio degli strati trasportatori con composti molecolari o metallici (tecnologia PIN) rende possibile utilizzare sia come anodo che come catodo lo stesso metallo senza modificare sostanzialmente le proprietà elettriche del dispositivo e di iniezione delle cariche dagli elettrodi negli strati organici adiacenti. Questo rende possibile la sostituzione dell’ITO con un metallo tipicamente a più bassa funzione lavoro (cioè un metallo a più bassa energia di ionizzazione) come ad esempio l’argento o l’alluminio, senza modificare le proprietà di iniezione delle lacune. Il drogaggio deve essere effettuato con l’obiettivo di raggiungere conducibilità dell’ordine dei 10-5-10-4S/cm. Questo drogaggio elettrico elimina le barriere energetiche tra elettrodi e strati trasportatori e, grazie all’incremento della conducibilità di questi ultimi, la caduta di potenziale negli strati trasportatori diviene trascurabile. Il risultato finale è quello di ridurre la tensione di lavoro di circa un fattore 4 rispetto ad un dispositivo non drogato elettricamente, il che consente di raggiungere il cosiddetto limite termodinamico, imposto dall’energy gap del materiale attivo.
Come emettitori possono essere usati sia materiali fluorescenti che fosforescenti. I materiali fosforescenti sono preferibili per le loro alte efficienze di luminescenza, mentre i fluorescenti per la loro elevata stabilità. Anche soluzioni ibride (stack attivi in cui sono impiegati sia materiali fluorescenti che fosforescenti) possono essere utili allo scopo. Lo strato emettitore in generale comprende una matrice di materiale organico all’interno del quale è dispersa una quantità di molecole di materiali emettitori organici.
Per ottenere emissione bianca tutte le tecnologie attive fin ora sviluppate possono essere adoperate nella configurazione qui discussa. Per citare alcuni esempi compatibili con OLED a tripla cavità, possono essere adoperati equivalentemente i seguenti approcci: strutture a singolo strato emettitore composto da una matrice ad emissione blue ed uno o più dopanti emettitori a più basse energie; emettitori multistrato il cui ordine nello stack dipende dai processi di trasferimento energetico da uno strato all’altro; strutture basate su emissione da ecciplesso o da eccimeri. Gli specchi metallici possono essere di diversi spessori e materiali, a seconda della riflettività e della conducibilità del materiale adoperato. Tuttavia alluminio e argento sono i più indicati in quanto mostrano la riflettività più elevata.
OLED a tripla cavità con prima cavità attiva (C1)
A titolo di esempio si consideri la prima struttura mostrata in Fig.4-a, dove gli emettitori (tre materiali fosforescenti a tre colori diversi) sono stati posizionati nello stack emissivo della prima cavità attiva (10). La struttura è stata ottenuta mediante tecnologia P-I-N e con l’utilizzo di emettitori fosforescenti per ottenere le migliori prestazioni elettriche. Per far ricombinare gli elettroni e le lacune esattamente in corrispondenza dello strato emettitore (EML), evitando la migrazione dei portatori di carica verso gli elettrodi opposti, sono stati depositati due sottili strati di bloccaggio degli elettroni e delle lacune (EBL ed HBL), spessi non più di 10nm, tra gli strati di trasporto e lo strato emettitore.
La struttura mostrata in figura 4-a può essere utilizzata sia in associazione a strutture rigide che flessibili. Ad esempio può essere utilizzato un substrato di vetro rigido oppure un substrato flessibile di poli-etilene-tereftalato.
Il confronto tra gli spettri di elettroluminescenza del dispositivo a tripla cavità e quello di una struttura di riferimento (OLED con anodo di ossido di indio stagno) sono riportati in Fig.5a. Il dispositivo di riferimento considerato prevede un analogo stack emissivo, posizionato in una struttura standard: tra un elettrodo metallico completamente riflettente (funzionante da specchio oltre che da catodo) e uno strato di ITO come anodo. Notiamo che gli spettri della struttura a cavità, rispetto alla struttura standard, mostrano i tre picchi di risonanza e coprono la maggior parte delle lunghezze d’onda della luce visibile.
In Fig.5b è mostrato lo spettro di riflettanza reale della struttura a tripla cavità, sovrapposto allo spettro di emissione naturale dello “stack” emissivo non inserito in una struttura a cavità e quindi non modulato de essa: come si può notare i modi di risonanza sono stati convenientemente progettati per amplificare le regioni di emissione naturale.
Nel caso di strutture a tripla cavità il colore di emissione, il CRI, le luminanze e le efficienze, possono essere ottimizzati semplicemente variando gli spessori senza alcuna modifica allo stack emissivo, che richiederebbe il cambio dei materiali utilizzati ed una complessa riprogettazione elettrica ed energetica.
Realizzazione e caratterizzazione di dispositivi a tripla microcavità in configurazione bottom con prima cavità attiva
I dispositivi testati a tripla microcavità con prima cavità attiva possono essere fabbricati tramite processi di evaporazione termica sotto vuoto spinto, semplici e a basso costo. In Fig.7 sono riportate le caratteristiche optoelettroniche del dispositivo a tripla cavità e di quello di riferimento. Notiamo che entrambi i dispositivi a cavità mostrano una diminuzione di tensione applicata a parità di luminanza rispetto allo standard. In Fig.8 sono mostrate le efficienze di corrente (cd/A) per i due dispositivi. A circa 3,6 V, valore in corrispondenza del quale i dispositivi mostrano una luminanza di circa 1000Cd/m2 (valore standard per applicazioni illuminotecniche), l’efficienza di corrente del dispositivo a microcavità su substrato rigido raggiunge 28 cd/A mostrando un aumento rispetto alle 20 cd/A registrate nel dispositivo standard.
E’ importante sottolineare che il dispositivo secondo la presente può essere realizzato anche con larghe aree emissive, applicazione in cui i dispositivi standard a base di ITO mostrano gravi disomogeneità dovute alla bassa conducibilità dell’ITO stesso. La struttura a microcavità multiple accoppiate inoltre è compatibile con le tecniche di outcoupling, che servono per permettere la fuoriuscita della porzione di luce che altrimenti rimarrebbe intrappolata all’interno del dispositivo per effetto di riflessioni interne; tali riflessioni sono dovute alla presenza di materiali caratterizzati da indici di rifrazione diversi: l’interfaccia fra due materiali diversi risulta completamente riflettente se l’angolazione della radiazione incidente rispetto ad una direzione normale all’interfaccia raggiunge un valore critico, non permettendo la fuoriuscita di luce all’esterno. I sistemi comunemente utilizzati per l’outcoupling sono basati sull’uso di substrati ad alto indice di rifrazione (vetro con n=1,8) per rendere minore la differenza di indici di rifrazione fra materiali del dispositivo e substrato alzando quindi il valore di angolazione critico per la riflessione interna, e di fogli plastici corrugati con architetture piramidali micrometriche da applicare direttamente sul substrato in modo da avere angolazioni fra radiazione e direzione normale all’interfaccia aria-substrato sempre basse. Queste tecniche renderebbero i dispositivi a micro-cavità multipla ancora più efficienti senza variare le caratteristiche cromatiche della sorgente luminosa.
Pixel ad alta risoluzione o sorgenti di luce a colore variabile
Il principio delle micro-cavità ottiche multiple accoppiate può essere esteso anche ad architetture a 5 cavità accoppiate come mostrato in figura 3. Inserendo tre stack emissivi con tre emettitori di colore diverso (preferibilmente di colore rosso, verde, blu) nella prima, nella terza e nella quinta cavità è possibile controllare elettricamente in maniera indipendente le singole cavità attive e quindi ciascun colore: il controllo elettrico autonomo è assicurato dall’alimentazione dei tre stack diversi tramite diversi elettrodi. Dato che la struttura ha cinque cavità accoppiate, essa sarà caratterizzata da cinque modi risonanti, ma progettando accuratamente gli spessori si può fare in modo da amplificare il range di lunghezze d’onda del visibile solo utilizzando tre modi risonanti, facendo ricadere gli altri due modi nell’UV o nell’IR, ottenendo quindi lo stesso comportamento ottico di una struttura a tripla cavità. Il controllo elettrico del colore della sorgente è molto importante per permettere all’utente di variare a piacimento il colore della sorgente di illuminazione. L’architettura descritta può essere anche utilizzata per applicazioni nel campo dei display ad alta risoluzione: il dispositivo opportunamente dimensionato e alimentato può fungere da pixel ad alto aspect ratio, poiché i tre colori parziali invece di essere affiancati, sono impilati l’uno sull’altro.

Claims (10)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Dispositivo organico elettroluminescente (100) comprendente: uno strato metallico riflettente (1), uno strato metallico semiriflettente (2), una cavità (10) compresa tra detti strati metallici (1,2) caratterizzato dal fatto che detto dispositivo organico elettroluminescente comprende inoltre almeno una ulteriore cavità (20) compresa tra detto strato semiriflettente (2) ed un ulteriore strato metallico semiriflettente (3), almeno una di dette cavità (10,20) comprendente al proprio interno uno strato di materiale organico elettroluminescente (EML).
  2. 2. Dispositivo organico elettroluminescente (100) secondo la rivendicazione 1 caratterizzato dal fatto di comprendere due ulteriori cavità (20,30), disposte in serie sulla prima cavità (10) e comprese tra strati metallici semiriflettenti (2,3,4).
  3. 3. Dispositivo organico elettroluminescente (100) secondo la rivendicazione 1 caratterizzato dal fatto di comprendere quattro ulteriori cavità (20,30,40,50), disposte in serie sulla prima cavità (10) e comprese tra strati metallici semiriflettenti (2,3,4,5,6), e dal fatto che la prima (10), la terza (30) e la quinta (50) di queste cavità a partire dallo strato metallico riflettente (1) contengono uno strato di materiale organico elettroluminescente (EML).
  4. 4. Dispositivo organico elettroluminescente (100) secondo la rivendicazione 3, utilizzabile come pixel per display ad alta risoluzione, caratterizzato dal fatto che ciascuna cavità attiva contenente lo strato di materiale elettroluminescente (10,30,50) contiene un materiale emettitore di colore diverso, configurato in maniera che ciascuna cavità attiva (10,30,50) sia controllabile elettricamente in maniera autonoma.
  5. 5. Dispositivo organico elettroluminescente (100) secondo una delle rivendicazioni precedenti caratterizzato dal fatto che detta almeno una cavità comprendente uno strato di materiale elettroluminescente (EML) contiene al suo interno uno stack attivo (200) comprendente: - uno strato di trasporto ed iniezione di buche (HTL) a contatto con un primo strato metallico (1,2,3,4,5); - uno strato di bloccaggio di elettroni (EBL); - uno strato di materiale elettroluminescente (EML); - uno strato di bloccaggio delle buche (HBL); - uno strato di trasporto ed iniezione di elettroni (ETL) a contatto con un secondo strato metallico (2,3,4,5,6).
  6. 6. Dispositivo organico elettroluminescente (100) secondo una delle rivendicazioni precedenti caratterizzato dal fatto che almeno due di dette cavità (10,20,30,40,50) comprendono uno stack attivo (200).
  7. 7. Dispositivo organico elettroluminescente (100) secondo una delle rivendicazioni precedenti caratterizzato dal fatto che all’interno delle cavità in cui non è presente lo stack attivo (200) è presente uno strato di materiale organico trasparente.
  8. 8. Dispositivo organico elettroluminescente (100) secondo una delle rivendicazioni precedenti comprendente inoltre un substrato trasparente a contatto con lo strato metallico semiriflettente più lontano rispetto a detto strato metallico riflettente (1).
  9. 9. Dispositivo organico elettroluminescente (100) secondo la rivendicazione 8 caratterizzato dal fatto che detto substrato è in materiale flessibile, ad esempio poli-etilene-tereftalato (PET)
  10. 10. Dispositivo organico elettroluminescente (OLED) secondo una delle rivendicazioni precedenti caratterizzato dal fatto che detti strati metallici (1,2,3,4,5,6) sono realizzanti in Argento (Ag) o in Alluminio (Al) e dal fatto che gli strati metallici semiriflettenti hanno uno spessore inferiore ai 45 nm e preferibilmente di circa 30 nm, mentre gli strati metallici riflettenti hanno uno spessore superiore ai 70 nm.
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