IT202000008200A1 - Procedura di produzione di fitoderivati complessi da substrati naturali - Google Patents

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Description

Descrizione del brevetto per invenzione industriale avente titolo:
?Procedura di produzione di fitoderivati complessi da substrati naturali?
Campo dell?invenzione
La presente invenzione si riferisce ad un nuovo metodo per la produzione di fitoderivati complessi a partire da materie prime naturali, pi? o meno purificate, quali piante, alghe, funghi, vegetali in genere, prodotti animali vari quali i derivati delle api, substrati naturali in genere.
Descrizione dello stato della tecnica
In questi anni si sta cominciando a valutare l?importanza delle matrici estrattive naturali , ovvero la rilevanza della complessit? che qualitativamente caratterizza detti fitoderivati, relativamente alla capacit? di esercitare una determinata azione terapeutica con ridotti effetti collaterali. Lo stato della tecnica ? ricchissimo di metodologie estrattive volte ad isolare e concentrare singoli componenti dei prodotti naturali , ma privo di tecniche che permettano di ottenere un derivato stabile il pi? possibile corrispondente al substrato di partenza.
Dalla ricerca ? stato individuato un solo brevetto relativo ad un processo per la preparazione di derivati bioattivi di Plantaginis species folium meant per patologie respiratorie, application number RO19980000489 19980226, patent number RO117505 pubblicato in data 03/04/2002,
detto brevetto si riferisce solo alla estrazione della pianta appartenente alla specie Plantaginis per ottenere un estratto idoneo a patologie respiratorie. Ma non viene sottolineata l?importanza della complessit? molecolare del derivato in oggetto, il quale, diversamente da un semplice estratto, deve riprodurre il pi? possibile il profilo qualitativo del prodotto naturale dal quale ? stato derivato.
Le problematiche principali rilevate durante la ricerca sono riassumibili nella difficolt? di poter estrarre con metodi piuttosto semplici, dal substrato di partenza, i componenti costitutivi che sono solubili a seconda delle caratteristiche chimiche in diversi solventi, senza ricorrere ai solventi stessi che , salvo etanolo, CO2 ed acqua sono in genere tossici e quindi inutilizzabili . Essendo rilevante la elevata concentrazione di componenti attive, quando ci i riferisce a fitoderivati concentrati non si pu? considerare originale ed innovativa la semplice liofilizzazione del substrato o ricorso allo stesso semplicemente disidratato poich?? il prodotto finito ottenuto sarebbe troppo diluito per permetterne l?utilizzo a dose terapeuticamente efficace. Qualora con la semplice liofilizzazione o disidratazione del substrato di partenza, previa micromacinazione o meno, il prodotto ottenuto sia caratterizzato da un dosaggio che pu? essere considerato sufficiente, non si tratterebbe di un processo di produzione di fitoderivati, ma di un processo di conservazione del prodotto naturale di origine che diversamente deteriorerebbe. Pertanto l?oggetto della presente invenzione ? originale ed innovativo.
Sommario dell?invenzione:
La presente invenzione si riferisce al metodo di produzione di fitoderivati da prodotti naturali in genere caratterizzati da elevata complessit? molecolare. La procedura rivendicata prevede una serie di processi estrattivi a polarit? variabile del solvente di estrazione al fine di isolare componenti qualitativamente molto vicini a quelli che identificano il prodotto naturale di partenza. La procedura estrattiva non prevede utilizzo di solventi ritenuti tossici, infatti si utilizzano solo acqua, etanolo ed anidride carbonica supercritica.
Descrizione dettagliata dell?invenzione:
Prove propedeutiche
Il substrato oggetto della procedura di fitoderivazione viene sottoposto a qualifica. Lo scopo ? verificare se intervengono delle modificazioni dei componenti rilevabili nel prodotto naturale fresco, rispetto al medesimo lasciato per 12 ore in condizioni standardizzate (temperatura 25 gradi, umidit? relativa 50% , assenza illuminazione, monostrato non impaccato su graticola ) . Lo scopo: rilevare eventuali fenomeni ossidativi o degenerativi provocati dalla raccolta e conseguente manipolazione e/o attivazione enzimatica. La procedura prevede per i substrati che lo consentono la spremitura a freddo con dispersore al alto sforzo di taglio per ottenere un ?succo? , ovvero qualora non possibile causa le caratteristiche del substrato medesimo (ad esempio le resine o cortecce) , una estrazione standard con etanolo a 70% in acqua. In questa fase si ottiene la frazione rappresentativa del substrato di partenza che in genere ? pi? suscettibile di alterazioni.
Sono infatti in questa fase trascurabili fenomeni degenerativi su componenti altamente lipofile che hanno efficienze estrattive ridotte con le procedure sopra evidenziate. Si confronta l?impronta analitica del substrato di partenza di cui sopra, con quella ottenuta adottando lo stesso metodo estrattivo ed analitico ma su substrato ?invecchiato? per 12 ore in condizioni standard (temperatura 25 gradi, umidit? 50%) . Se le due impronte non sono assimilabili significa che il rischio di alterazione in questa fase ? alto ed inaccettabile. In questo caso occorre quindi innanzitutto prevenire la alterazione del prodotto naturale appena raccolto mediante tecniche comuni quali l?essiccamento (max 45 gradi in stufa ventilazione forzata o tunnel), la liofilizzazione, o la inattivazione enzimatica con riscaldamento flash a vapore secco puro seguita da essiccamento immediato.
La prima fase di estrazione (fase 1) pu? essere condotta o su prodotto grezzo naturale fresco, o su prodotto grezzo precedentemente disidratato/liofilizzato (a seconda della stabilit? termica dei componenti il prodotto naturale grezzo, il metodo pu? essere una semplice disidratazione sfruttando riscaldamento e vuoto oppure la liofilizzazione). Se la fase I ? applicabile sul prodotto fresco (FR), il prodotto naturale fresco grezzo di partenza, viene diviso in due lotti distinti di massa equivalente, il primo (FR1) destinato alla fase I mentre il secondo viene prima disidratato e quindi destinato alla fase 2 (DSP) . Se, per i motivi di cui sopra, il prodotto fresco deve essere disidratato prima delle fasi estrattive, si operer? solo sul prodotto considerato disidratato(DST) per tutte le fasi estrattive. In questo ultimo caso met? del prodotto DST destinata alla fase 1, met? alla fase 2.
Fase I
Estrazione frazioni multipolari.
Il prodotto naturale grezzo-fresco (FR1) (ovvero disidratato DSP o 1/2DST) viene caricato in un sacco filtrante in materiale resistente avente maglie di dimensione opportuna all?interno di una semplice camera di estrazione a flusso continuo in ciclo chiuso, dove viene flussata una soluzione idroetanolica il cui rapporto alcole/acqua si modifica nel tempo consentendo una estrazione in gradiente di lipofilia. Detto estrattore pu? essere termocontrollato e lavorare sotto vuoto. I parametri di processo sono indicati pi? avanti. Si parte da una estrazione con etanolo96%/acqua nel rapporto 95:5, ed ogni 30 minuti il rapporto varia di un fattore 15. Nel dettaglio dal tempo 0 al tempo 29minuti e 59 secondi il rapporto in volume etanolo96%/acqua ? 95:5, al tempo 30 minuti si scarica il solvente di estrazione tramite aspirazione in serbatoio sotto vuoto a mezzo di filtro opportuno, in genere 25 micron preferibilmente a cartuccia, oppure filtrazione per prelievo con pompa e filtrazione in pressione. L?eluato filtrato ottenuto si accumula in serbatoio dedicato (estratto multipolare) . Quindi si ricarica l?estrattore con solvente avente rapporto etanolo96%/acqua pari a 80/20. Si prosegue l?estrazione a flusso continuo per 30 minuti (ovvero 60 minuti complessivi di estrazione in flusso continuo a questo punto del processo) quindi si scarica il solvente con la medesima procedura, accumulandolo nello stesso serbatoio (estratto multipolare) e si ricarica l?estrattore con solvente avente rapporto etanolo96%/acqua pari a 65/35 . Si ripetono le fasi nella stessa identica usando le seguenti miscele di solvente estrattivo, aventi rapporto etanolo96%/acqua pari a: 50/50, seguita da 35/65 ed infine 20/80 e cumulando gli eluati ogni volta nello stesso serbatoio (estratto multipolare) . Non si effettua estrazione con acqua pura perch?? destabilizzerebbe per vari motivi l?estratto multipolare complessivamente cumulato nel serbatoio dedicato. La durata complessiva della fase di flussaggio, ovvero di estrazione, che prevede 6 cicli estrattivi con solvente a diversa lipofilia della durata ciascuna di 30 minuti, ? pertanto di 180 minuti. Questa durata qualsiasi sia la dimensione del lotto di substrato oggetto di estrazione. I parametri del processo sono importanti durante la fase estrattiva. Il flusso di solvente orario attraverso il substrato da estrarre deve essere circa 25 volte il volume del substrato (valore sempre riferito al prodotto allo stato disidratato qualora si usi substrato non disidratato) , a tal fine ? necessaria una pompa di adeguata prevalenza in base alla granulometria del prodotto da estrarre che preferibilmente dovrebbe essere compresa tra i 5mm e i 15mm circa . Il contenuto del serbatoio che raccoglie le diverse frazioni di eluato al termine di ogni ciclo deve essere mantenuto sotto costante agitazione . Il volume di solvente utilizzato per ogni ciclo estrattivo idealmente ? pari ad 1,5 volte il volume del substrato da estrarre. Se si tratta di erbe la trinciatura ? migliore della macinatura a margine lineare perch?? aumenta la superficie e l?impatto rende il substrato facilmente permeabile al solvente. La temperatura del processo deve essere compresa tra i 20 e i 45 gradi, e la pressione assoluta ( entro l?estrattore in ciclo chiuso durante il flussaggio) essere inferiore a quella atmosferica , idealmente tale da generare una tensione di vapore del solvente pari a quella che si avrebbe ad una temperatura di circa 20 gradi celsius inferiore alla temperatura di ebollizione alla pressione assoluta di 760mmHg.
Il processo di percolazione inizia sempre partendo da soluzione ricca in etanolo e mai viceversa, per evitare formazione di insolubili non recuperabili. Al termine del processo di estrazione percolativa, il substrato esausto, entro lo stesso estrattore, viene sottoposto a vuoto e si effettua una distillazione sotto vuoto ad una temperatura massima di 45 gradi recuperando tutto il distillato che viene aggiunto all?estratto multipolare. Questa frazione contiene importanti volatili aromatici. La temperatura del condensatore durante la distillazione deve essere di circa 0 gradi centigradi. Il prodotto ottenuto da questa prima fase estrattiva ha un volume pari a circa 9 volte il volume del substrato oggetto di derivazione ( superiore se il substrato non era disidratato) , ed un titolo alcolico che dovrebbe essere compreso tra il 35 ed il 50% circa.
Il carico della camera di estrazione non deve superare il 40% del volume nominale utile di detta camera , per la espansione subita dalla matrice da estrarre durante la fase di estrazione acquosa terminale.
L?estratto multipolare ottenuto , una volta completata la distillazione di cui sopra, viene raffreddato immediatamente a 15 gradi celsius sempre mantenendolo in agitazione , quindi filtrato per rimuovere le cere, con filtrazione a 10 micron, e chiamato con il nome di estratto multipolare di fase I. Ogni 500 kg di substrato estraibile si ottengono circa 4500 litri di estratto multipolare di fase I.
Fase II
Estrazione del prodotto naturale grezzo disidratato.
In questa seconda fase si effettua la estrazione del solo prodotto disidratato(1/2DST) in due tappe: IIa e IIb.
La fase IIa utilizza il 50% di (1/2DST) ovvero il 50% di (DSP) a seconda dei casi. Il rimanente 50% viene estratto nella fase IIb (unitamente agli esausti della fase IIa)
La fase IIa ? rappresentata da una estrazione classica con CO2 supercritica. La fase IIb consiste invece nella estrazione con solo acqua (acqua depurata con conducibilit? limite <0,2 microsiemens/cm e contenuto di ossigeno inferiore a 2mg/litro).
Fase IIa
I componenti lipofili vengono estratti mediante estrazione con CO2 supercritica. Le condizioni operative (pressione e temperatura) si adattano al prodotto in base a valutazioni preliminari in HPLC-MASSA sul prodotto di partenza per ionizzazione diretta del campione senza estrazione preliminare. Le condizioni operative migliori medie rilevate per vari prodotti di partenza sono risultate essere, 280 bar, 42 gradi centigradi.
L?estratto ottenuto viene stoccato con il nome di estratto di fase IIa.
Fase IIb generale
Questa fase fondamentale, permette l?estrazione ad alto rendimento delle frazioni pi? idrofile, su prodotto disidratato di cui sopra destinato alla IIb unitamente al residuo esausto proveniente dalla fase IIa (ancora ricco di estraibile idrofilo). In tal modo l?intera massa complessivamente destinata alla fase 2 subisce il processo effettuato in fase IIb, per il massimo rendimento estrattivo degli idrofili. La temperatura operativa di 60 gradi centigradi si ? dimostrata quella pi? indicata nel delicato equilibrio tra efficienza estrattiva ed alterazione estraibile. Il processo viene compiuto per estrazione con acqua depurata (conducibilit?? massima 0,2 microsiemens/cm e ossigeno disciolto massimo 2mg/litro) in impianto discontinuo, rappresentato o da percolatore (caso 1) o da reattore/evaporatore rotante. Nel caso 1 si flussa acqua a 45-65 gradi, per 90 minuti. Il flusso orario deve essere pari ad almeno 20 volte il volume della fase solida sottoposta ad estrazione, tramite pompa ad elevata prevalenza. Il carico del percolatore con materia grezza solida disidratata da estrarre non deve superare il 30% del volume nominale utile disponibile, data la notevole espansione che subisce l?estraibile al contatto con l?acqua di estrazione che lo reidrata. Il peso di acqua (solvente) da utilizzare ? circa 12 volte il peso della fase solida disidratata sottoposta al processo. Al termine del processo di percolazione (semplice flussaggio di acqua in continuo), si separa il liquido dalla matrice estratta, per svuotamento del percolatore . La fase solida deve essere pressata ancora calda per recuperare con il solvente acquoso le frazioni polisaccaridiche normalmente legate al substrato fibroso oggetto della procedura estrattiva . Queste componenti sono molto importanti.
L?eluente finale (estratto) ottenuto al termine del processo (fase IIb) viene filtrato, a 15 micron con cartucce a filo avvolto (non sono idonee cartucce sinterizzate) , dopo raffreddamento a temperatura esatta di 15 gradi celsius, e quindi stoccato in serbatoio a 15 gradi. Il residuo solido semplicemente viene scartato.
Il prodotto ottenuto viene chiamato con il nome di estratto di fase IIb.
Fase III
Le tre frazioni isolate (estratto fase I estratto fase IIa estratto fase IIb) vengono riunite in reattore dotato di turboemulsore inertizzato con azoto. Si aggiunge la fase acquosa (estratto di fase IIb) alla fase I (quella maggiore) caricata per prima, lentamente, senza mai fermare il turboemulsore. Completata l?aggiunta della fase IIb si introduce lentamente la IIa. La velocit? di rotazione del turboemulsore, con diametro rotore almeno 12 cm, deve essere di almeno 3000 rpm, la potenza di almeno 5Hp ogni 100 litri di volume complessivo: il volume da considerare ? quello complessivo delle 3 fasi di cui sopra. Si opera raffreddando il reattore in modo da mantenere la temperatura a 30 gradi celsius esatti.
Nelle condizioni operative indicate non si sono riscontrati problemi legati alla velocit? di introduzione dei componenti durante la procedura di miscelazione.
Il prodotto qui ottenuto ? il fitoderivato complesso voluto, opportunamente disperso in soluzione idroalcolica. Il volume ? circa 6-10 volte il peso iniziale di solido disidratato sottoposto al processo .
A questo punto inizia la fase di concentrazione.
Fase IV
Questa ? una fase critica che permette la preconcentrazione del fitocomplesso liquido e la veicolazione delle componenti lipofile.
La procedura deve essere effettuata in reattore riscaldato a camicia, dotato di agitatore a pala e preferibilmente un sonotrodo ultrasonico operante a frequenza compresa tra i 20 e i 60 KHz a seconda dei casi, avente potenza di 1000watt ogni 500 litri di prodotto sottoposto a concentrazione. La frequenza pi? efficace ? di 24,5 KHz. La potenza del sonotrodo diminuisce al diminuire del volume di prodotto se la fase di concentrazione ? discontinua oppure si mantiene costante se il processo ? a flusso continuo e prevede l?inserimento di un volume di fluido (dalla fase 3) pari al volume evaporato. L?operazione di concentrazione avviene per evaporazione sotto vuoto del liquido ottenuto nella fase III operando ad una pressione che consente di evaporare a 45 gradi celsius. Durante la concentrazione la frazione volatile ? ricca in etanolo quindi il concentrato si impoverisce di alcole. La concentrazione pu? proseguire fino ad un contenuto di solido residuo voluto a seconda degli utilizzi dell?estratto finale. Oppure si pu? arrivare al 30-50% di solido circa e poi sottoporre a solidificazione attraverso essiccazione controllata o liofilizzazione . In ogni caso raggiunta la concentrazione voluta si interrompe il processo e si asporta il concentrato. E? fondamentale che il condensatore per la condensazione dei vapori di evaporazione abbia una temperatura compresa tra i -3 e i 3 gradi celsius(in base alla sua efficienza) al fine di recuperare tutto l?etanolo per l?efficienza del processo nonch?? abbattere la solubilit? dei volatili che distillano in corrente di vapore, ai fini del loro recupero. Il distillato viene lasciato qualche ora a zero gradi , immobile in serbatoio coibentato e si asporta la parte flottante (volatili recuperati) che viene aggiunta al concentrato ottenuto nel processo di cui sopra. Il prodotto finale della fase 3 ? costituito dalla miscela concentrato volatili dal distillato recuperati: fitoderivato totale multipolare.
Fase V
A questo punto del processo occorre distinguere tra fitoderivati stabili e coalescenti. I primi possono essere utilizzati o trasformati in polvere o liofilizzati ovvero il prodotto in arrivo dalla fase 4 passa direttamente alla fase 6. Nel caso della coalescenza invece il prodotto in arrivo dalla fase 4 deve essere sottoposto ad una tappa di stabilizzazione terminale prima del completamento del processo (denominata fase 5) , allo scopo di stabilizzare il fitoderivato dal punto di vista delle interazioni intermolecolari. La discriminazione (stabile o coalescente) richiede una semplice verifica in micro-scala in laboratorio con ultracentrifuga a 125.000Xg di forza applicata, operando a una temperatura di 20 gradi celsius mantenuti, sul fitoderivato totale multipolare. Dopo 10 minuti di centrifugazione si osservano le bande che consentono di stabilire se il prodotto ? instabile o coalescente: nel primo caso sonicando in bagno ultrasuoni la provetta in uscita e ri-centrifugando i risultati sono identici. Nel secondo caso non lo sono in quanto fenomeni intermolecolari aggregativi destabilizzano il fitoderivato vincendo le forze di solvatazione, oppure per la prevalenza di lipofili e carenza di frazioni polisaccaridiche complesse stabilizzanti. Se il sistema ? coalescente dopo questo test in micro-scala , tutto il fitoderivato totale multipolare ottenuto alla fase 4 viene sottoposto alla fase 5.
La fase 5 corrisponde ad una fase di stabilizzazione catalitica . In questa fase si interviene cataliticamente sulla matrice complessa multipolare che ? in uno stato instabile dal punto di vista fisico con una spiccata tendenza ad instaurare legami intermolecolari con altre molecole parte del soluto e determinare formazione aggregati insolubili. Questa fase interviene presumibilmente sulla energia di attivazione del processo di equilibrio che si instaura tra componenti solvatate e non. Non ? noto il meccanismo catalitico che interviene: la scelta del catalizzatore ? stata fatta sulla base di valutazioni di massima basate su caratteristiche catalitiche dei metalli nobili: ? ricaduta sul platino. Nel dettaglio processuale: l?estratto multipolare viene immesso in una coppia di reattori a pressione in acciaio inox , in parallelo, che deve essere costruito con il tipo 316Ti in grado di sopportare pressioni operative di almeno 250 bar, di forma cilindrica con lunghezza utile interna almeno 15 volte il diametro interno. Entrambi vengono caricati con il prodotto. Non ? rilevante il volume dei due reattori ai fini dell?efficienza stabilizzante del processo, ma influisce sulla durata dello stesso per le portate in gioco. All?interno di ciascun reattore (sono identici) vengono posizionate delle spirali di filo di platino del diametro di 1mm, trattenute da opportuni supporti interni saldati alle pareti. Qualsiasi soluzione idonea ad esporre il platino al liquido circa tutta la sua superficie ? risultata funzionale. La posizione non ? risultata critica, ma ? invece importante la superficie complessiva esposta di filo, che deve essere, di circa minimo 0,3m2, corrispondente a circa 90 metri di filo. Questa ridotta superficie (nel campo dei catalizzatori) si ?e comunque rivelata sufficiente. Il filo di platino, una volta che il serbatoio ? stato riempito, deve essere totalmente immerso, e non vi devono essere parti esposte. Sistemi che prevedono il flussaggio attraverso sistemi sinterizzati sono meno efficaci per influenza sulla cristallinit? ma comunque sembrano adeguate. Non si ? ricorsi a sistemi basati su platino supportato su zeoliti, silice , allumine, carbonati , grafiti, e similari dato che interferiscono con la stabilit? del sistema. Questa azione catalitica si esercita quindi per superfici irrisorie di catalizzatore esposto al flusso di prodotto. Operativamente ogni reattore viene riempito al 90% del proprio volume e deve avere una posizione rigorosamente verticale. Il reattore viene mantenuto a 5 gradi celsius tramite camicia di raffreddamento o anche solo per immersione i vasca refrigerata. Entrambi sono pressurizzati a 130 bar con elio puro. Si crea un battente di gas pari al 10% dello spazio utile entro il serbatoio. Altri gas hanno dimostrato inibire questa fase critica terminale in cui, in queste condizioni, si formano degli aggregati microcristallini che poi, durante la fase successiva di polverizzazione, crescono, e permettono l?ottenimento di un aggregato solido ad alta energia. La pressurizzazione senza gas, di per se pi? pratica, a mezzo pompaggio della fase liquida sino a raggiungere le pressioni volute, non ha dato risultati soddisfacenti a meno di raggiungere i 285 bar. Pertanto si pu? operare in presenza di elio a 130 bar o senza ricorrere a questo gas, pressurizzando la fase liquida con pompa a pistoni adeguata, raggiungendo almeno i 285 bar. La pressione nel serbatoio catalitico non deve mai scendere sotto i 125 bar anche durante il prelievo (svuotamento del liquido stabilizzato) per la fase terminale di cui sotto. Il reattore catalitico ? mantenuto costantemente collegato alla fonte di elio in pressione, tramite opportuno regolatore di pressione ad 1 stadio, in modo tale che durante lo svuotamento del reattore , la pressione al suo interno non cali sotto i 125 bar. Si inizia il processo quindi con i reattori entrambi carichi di liquido dalla fase 4 pari al 90% del volume del reattore, pressurizzati come sopra tramite elio. A questo punto entrambi i reattori sono carichi ed in pressione. Il processo richiede almeno 12 minuti di mantenimento delle condizioni raggiunte, se ogni 0,3 m2 di platino esposto a contatto con il liquido il volume di liquido contenuto e quindi sottoposto a processamento catalitico ? inferiore a 170 litri. Considerata la fase di concentrazione di cui alla fase 4 , i volumi da processare a questo punto sono relativamente ridotti, pertanto la procedura ? molto rapida. Al termine del tempo di contatto di 12 minuti il primo reattore viene scaricato senza mai far scendere la pressione al di sotto dei 125 bar, tramite battente di elio man mano aggiunto. Svuotato il reattore, viene subito ricaricato con altro liquido e il processo ricomincia. L?elio in eccesso pu? essere recuperato scaricandolo (mentre il volume viene occupato dal liquido che riempie il reattore nuovamente ) in compartimento in pressione collegato alla parte alta del reattore o con altra soluzione adeguata al recupero elio riciclato per i cicli successivi. Durante il carico di un reattore, quello in parallelo viene svuotato. In tal modo ? garantita la continuit? del processo. L?elio utilizzato ? sempre lo stesso salvo compensare perdite con gas da nuova fornitura. Il carico del liquido nel reattore richiede pompa a pistoni in grado di raggiungere circa i 150 bar.
Durante lo scarico del reattore, il prodotto in uscita dal reattore catalitico viene eiettato entro un serbatoio di raccolta a pressione atmosferica. Questa fase ? fondamentale. L?eiettore ? una semplice valvola di laminazione che consente il salto pressorio (da 125 bar alla pressione atmosferica) in tempi rapidissimi, fondamentale per il corretto completamento della fase 5. Il serbatoio di raccolta e collegato a condensatore con adeguata superficie di scambio termico, mantenuto a 0 gradi celsius per trattenere i volatili che sfuggirebbero e recuperarli. Il prodotto liquido finale cos? ottenuto ? stabile. Ovviamente si interrompe il flusso in uscita dal reattore (eiezione) subito prima dello svuotamento totale dello stesso per evitare fuoriuscita di elio e perdita dello stesso. Se il prodotto finale richiesto ? liquido, il processo produttivo ? completato altrimenti se richiesta la trasformazione in polvere si passa alla ultima fase 6. Ovvero la frazione voluta si invia alla fase 6.
Fase VI
In questa fase il prodotto fluido di cui alla fase 4 viene trasformato in un prodotto solido, tramite liofilizzazione o essiccamento controllato. Processi tradizionali quali lo spray drying e l?essiccamento sotto vuoto in stufa non sono presi assolutamente in considerazione (data la degradazione rilevante che questi processi determinano sulle componenti attive estratte e perdita di tutti i volatili) . Sono considerati idonei solo processi di essiccazione sotto vuoto spinto , al di sotto di 0,5mbar, in sistemi a nastro che tramite spruzzo della soluzione estrattiva di cui alla fase 5 , su nastri permeabili al solvente, riscaldati a temperature massime di 55 gradi determinano la immediata vaporizzazione del solvente con conseguente raffreddamento entalpico del solido ottenuto (processo che impedisce la perdita dei volatili e fenomeni di decomposizione termica) . Nell?essiccamento in tunnel su nastro, immediatamente dopo il contatto con il nastro caldo sotto vuoto, il nastro viene raffreddato in modo tale che il solido ottenuto non solo ? privo di quel film che si crea durante lo spray drying (che abbatte la solubilit? del prodotto ottenuto con spray dry e la biodisponibilita?) ma addirittura impedisce qualsiasi fenomeno termo decompositivo o ossidativo per la assenza di ossigeno. In alternativa alla disidratazione sotto vuoto su nastro in tunnel sono adeguati processi di liofilizzazione solo nel caso di fitoderivati instabili o di elevato livello qualitativo. Nel caso si intenda liofilizzare occorre prendere in considerazione l? aggiunta di un agente di stabilizzazione criogena quale il mannitolo in dose da valutare a seconda del prodotto e del titolo voluto. Oppure si pu? ? usare glicina come stabilizzante criogeno se l?estratto non contiene frazioni polifenoliche.
Le ricerche condotte hanno evidenziato che fitoderivati prodotti in questo modo possiedono capacit? di idratazione notevolmente migliorata rispetto tecniche estrattive o di concentrazione e polverizzazione tradizionali nonch?? notevole miglioramento della velocit? di dissoluzione e quindi biofarmaceuticamente assai superiori. Da un punto di vista qualitativo il numero di molecole estratte ? superiore rispetto a metodi tradizionali che riescono ad estrarre in modo poco efficiente o le frazioni idrofile o quelle lipofile ma mai entrambe. Le caratteristiche del fitoderivato solido ottenuto sono e fisicamente e chimicamente diverse : causa mancanza di fenomeni di melting, di imbrunimento degradativo, termo decomposizione e formazione di derivati insolubili. Quindi il fitoderivato ottenuto con il metodo qui rivendicato possiede caratteristiche di assoluta superiorit? farmacologica, biofarmaceutica e chimica rispetto metodi estrattivi oggi disponibili che al massimo riescono a soddisfare requisiti di economicit? produttiva ma mai riescono a riprodurre le caratteristiche delle matrici grezze di partenza o come in questo caso , contemporaneamente le caratteristiche biofarmaceutiche, chimiche e farmacologiche.

Claims (10)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Il processo per la estrazione di derivati complessi a partire da materie prime naturali, pi? o meno purificate, quali piante, alghe, funghi, vegetali in genere, prodotti animali vari quali i derivati delle api, substrati naturali in genere, comprendente le fasi di : I. Estrazione delle materie prime con gradiente di etanolo/acqua, IIa. Estrazione delle materie prime con anidride carbonica, IIb. Estrazione delle materie prime con acqua, III. Miscelazione degli estratti ottenuti dalle fasi I, IIa, IIb, IV. Pre-concentrazione sotto vuoto e cavitazione ultrasonica, V. Stabilizzazione catalitica , ove necessario, del derivato complesso ottenuto al punto IV. VI. Trasformazione del prodotto liquido o pastoso ottenuto nella fase V in un prodotto allo stato solido.
  2. 2. Il processo secondo la rivendicazione numero 1, dove , relativamente la fase I, IIa, IIb la materia prima di partenza sottoposta ad estrazione ? costituita da residui della lavorazione di piante comprese in generale biomasse, caffe, olivo, spezie, licheni e resine che rappresentano comunque materie prime naturali di partenza.
  3. 3. Il processo secondo la rivendicazione numero 1, dove , relativamente la fase I, il gradiente di etanolo/acqua varia nell?intervallo compreso tra 95/5 fino a 20/80.
  4. 4. Il processo secondo la rivendicazione numero 1, dove , relativamente la fase IIa, le pressioni di lavoro sono superiori alla pressione critica della CO2 usata come solvente, ovvero condizioni supercritiche.
  5. 5. Il processo secondo la rivendicazione numero 1, dove , relativamente la fase IIb il solvente di estrazione ? acqua preferibilmente depurata preferibilmente a basso contenuto di ossigeno ad una temperatura compresa tra 45 e 65 gradi Celsius.
  6. 6. Il processo secondo la rivendicazione numero 1, dove , relativamente la fase III si riuniscono le frazioni estrattive provenienti dalle fasi I, IIa, IIb a mezzo processo di natura tribo-meccanica preferibilmente sistemi di dispersione ad alto ed altissimo sforzo di taglio volgarmente denominati turboemulsori.
  7. 7. Il processo secondo la rivendicazione numero 1, dove , relativamente la fase IV, si effettua la pre-concentrazione per evaporazione sotto vuoto preferibilmente operando a pressioni che consentano una evaporazione a temperature entro i 45 gradi celsius, ed esponendo contemporaneamente il liquido che evapora a cavitazione ultrasonica a frequenze comprese tra 20 KHz e 60 KHz, preferibilmente 24,5 KHz.
  8. 8. Il processo secondo la rivendicazione numero 1, dove , relativamente la fase V, si stabilizza il derivato estrattivo complesso di cui alla tappa IV attraverso catalisi in reattore sotto pressione in presenza di Platino come catalizzatore. La pressione operativa minima di 125 bar se in presenza di battente di elio, ovvero 285 bar in assenza di battente di elio.
  9. 9. Il processo secondo la rivendicazione numero 1, dove , relativamente la fase VI, il prodotto liquido o pastoso ottenuto nella fase V viene trasformato in solido tramite essiccamento controllato in tunnel sotto vuoto operante a temperatura massima di 55 gradi celsius al fine di avere un raffreddamento entalpico che consente essiccamento senza degradare i componenti termolabili dell?estratto e tantomeno perdere frazioni volatili.
  10. 10. Il processo secondo la rivendicazione numero 1, dove , relativamente la fase VI, il prodotto liquido o pastoso ottenuto nella fase V viene trasformato in solido tramite la liofilizzazione eventualmente utilizzando uno stabilizzante criogenico additivo quale mannitolo o glicina, evitando quest?ultima in presenta di polifenoli.
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