IT201800004962A1 - Procedimento per la produzione di un lievito inattivo per impiego in enologia - Google Patents

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Description

PROCEDIMENTO PER LA PRODUZIONE DI UN LIEVITO INATTIVO PER IMPIEGO IN ENOLOGIA
DESCRIZIONE
Campo di applicazione
La presente invenzione concerne un procedimento per la produzione di un lievito inattivo per impiego in enologia secondo il preambolo della rivendicazione indipendente n. 1.
Il procedimento di cui trattasi è destinato a realizzare un prodotto vantaggiosamente impiegabile in ambito enologico per il trattamento di liquidi enologici.
Più in dettaglio, il lievito inattivo prodotto con il metodo in oggetto è vantaggiosamente impiegabile per la chiarifica e/o per l’affinamento e trattamento di mosti e/o vini, ovvero per migliorare le caratteristiche organolettiche e compositive di mosti e vini oltre a determinare una minore ossidabilità degli stessi.
Il procedimento di cui trattasi trova pertanto impiego ottimale nel settore enologico della produzione industriale del vino.
Stato della tecnica
Attualmente, come è noto, il processo di vinificazione delle uve prevede, dopo una fase iniziale di pigiatura e pressatura dell'uva, una fase di fermentazione alcolica. In questa fase si assiste alla trasformazione degli zuccheri in alcool. La fermentazione alcolica dei mosti può essere ottenuta sia attraverso la microflora naturale presente originariamente nell'uva sia attraverso l'introduzione di lieviti specificatamente selezionati, ed appartenenti, in funzione della specifica tecnica impiegata, ad un unico o a più ceppi di lievito. Poiché, le caratteristiche dei lieviti autoctoni naturalmente presenti nei mosti dipendono dalle condizioni ambientali e tecnologiche della vendemmia e dalle operazioni e situazioni di cantina, per migliorare e standardizzare i processi di vinificazione è pratica nota aggiungere lieviti ottenuti da colture selezionate. Generalmente, tali lieviti sono costituiti da ceppi adatti alle specifiche vinificazioni; essi sono aggiunti in quantità tali da renderli predominanti rispetto a quelli naturalmente presenti. Potrà inoltre essere previsto "inattivare" la popolazione microbica naturale, ed immettere nel substrato una o più colture pure in piena attività.
L'addizione di controllate e specifiche popolazioni microbiche, generalmente in competizione o sostituzione della microflora indigena, consente di ottenere numerosi vantaggi tra cui una maggiore rapidità di decorso del processo fermentativo, un incremento del rapporto tra alcol etilico svolto e zucchero consumato, una riduzione degli acidi volatili, una rapida chiarificazione ed una maggiore capacità di conservazione.
Accanto a queste attività primarie relative al processo di fermentazione vero e proprio l'impiego di lieviti consente, specie se mantenuti presenti all'interno del vino, anche alcune ulteriori importanti attività "secondarie" che riguardano soprattutto le caratteristiche organolettiche del vino e che incidono pertanto sulle percezioni sensoriali rilevabili nella degustazione. È noto infatti ad esempio che la presenza di lievito può portare, attraverso fenomeni di lisi cellulare, alla cessione di colloidi in grado di fissare sostanze aromatiche contribuendo alla struttura del vino e riducendo odori anomali quali quello dovuto all'idrogeno solforato.
Inoltre, alcune sostanze derivate dalla lisi del lievito stabilizzano il vino nei confronti delle precipitazioni del bitartrato di potassio e delle proteine.
Infatti, l’arricchimento in macromolecole nel vino dovuto alla lisi o autolisi dei lieviti ha un effetto positivo sui caratteri organolettici considerati. Le mannoproteine rilasciate durante l’autolisi hanno l'effetto di inibire la cristallizzazione dei sali di acido tartarico, con una efficacia che si è dimostrata paragonabile a quella di un trattamento a freddo.
Ulteriori effetti positivi derivanti dalla presenza del lievito sono imputabili al fatto che il lievito in lisi libera enzimi che contribuiscono ad evoluzioni migliorative dei vini, al fatto che il lievito anche morto consuma ossigeno disciolto e quindi i vini conservati in presenza di lievito sono meno soggetti a fenomeni di ossidazione e al fatto che le pareti cellulari del lievito possono assorbire varie sostanze indesiderate, tra cui cataboliti fermentativi, metalli pesanti, residui di trattamenti antiparassitari, o pigmenti giallobrunastri nei vini bianchi.
Le suddette azioni "secondarie" vengono espletate dai lieviti sia nella fase di fermentazione sia in una fase di post-fermentazione in cui il lievito morto o in lisi (feccia) è mantenuto all'interno del vino: si può pertanto affermare che i lieviti possono essere soggetti, nella fase di fermentazione ed in una fase di post-fermentazione, ad un'azione lisogena che determina un sostanziale miglioramento della qualità dei vini.
Allo scopo, in molte vinificazioni si prevede di mantenere nel vino dopo la fermentazione, la frazione di fecciosità più fine, costituita in prevalenza dal lievito che ha prodotto la fermentazione; in questa fase si rendono necessari ripetuti interventi di rimescolamento del prodotto al fine di rimettere in sospensione il lievito. Non sempre tuttavia è possibile intervenire con tale tecnologia; infatti frequentemente si verificano fenomeni di riduzione che costringono alla immediata separazione del lievito dal vino, venendo quindi a mancare le azioni "secondarie" positive sopra descritte.
Se pertanto è conosciuto che la presenza anche di sola feccia dei vini dopo la fermentazione ha un effetto positivo sui caratteri di finezza e di persistenza aromatica, il periodo di affinamento su feccia richiede dai 6 agli 8 mesi con operazioni di agitazione periodica (1-2 volte a settimana) per favorire la distribuzione delle fecce di lievito e facilitare il rilascio dei colloidi parietali durante la lisi cellulare.
Il principale inconveniente di questo procedimento di affinamento risiede nella lentezza con cui avviene la cessione dei polisaccaridi da parte delle fecce, che richiede lunghi tempi di mantenimento delle fecce con il rischio di fermentazioni anomale o dell’insorgenza di odore di ridotto che andrebbero ad incidere negativamente sulla qualità finale del vino.
Al fine di superare questo inconveniente è noto l’utilizzo di enzimi ad attività βglucanasica, per accelerare il processo di lisi dei lieviti ed ottenere gli effetti desiderati sul vino già dopo alcune settimane di contatto. Grazie all’utilizzo delle β-glucanasi gli enzimi favoriscono un’azione di demolizione della parete cellulare dei lieviti accelerando il rilascio dei componenti polisaccaridici desiderati.
Sono inoltre noti procedimenti di affinamento che prevedono di utilizzare lieviti inattivi e di glucanasi nella fase di affinamento per ottenere vini maggiormente ricchi di polisaccaridi, e con maggior e più stabile colorazione.
Al fine di provocare la lisi dei lieviti, oltre alla tecnica enzimatica sopra descritta, è noto un procedimento di inattivazione che prevede di impiegare ultrasuoni per rompere le strutture cellulari dei lieviti cosicché rilascino le loro frazioni proteiche e rendano più veloci le cinetiche di affinamento dei vini sulle fecce fini. Questa tecnologia si è dimostrata valida e paragonabile alle pratiche abituali di autolisi naturale (affinamento sulle fecce) e di lisi enzimatica del lievito, dimostrando di portare ad un aumento dei colloidi totali, delle proteine e dei polisaccaridi ed una riduzione del diametro delle particelle colloidali.
Più recentemente sono stati immessi sul mercato prodotti in polvere contenenti lieviti inattivi in grado di rilasciare mannoproteine ed altre sostanze che migliorano l'affinamento del vino.
Tali prodotti comprendono lieviti inattivati che derivano da specifici lieviti enologici e si differenziano tra loro per la loro composizione potendo comprendere composti che giovano alla qualità del vino quali aminoacidi, peptidi, polisaccaridi, glutatione, etc. (ad esempio lieviti inattivati più ricchi in glutatione possono meglio proteggere dall’ossidazione migliorando la longevità dell'aroma e del colore del vino mentre lieviti inattivati più ricchi in polisaccaridi, possono meglio portare ad una conservazione del colore e dare una rotondità ai vini). È noto anche a questo riguardo, dal brevetto FR 2926559, realizzare un prodotto formato da lieviti secchi inattivati arricchiti in glutatione.
Questi prodotti sono ottenuti mediante procedimenti che prevedono la moltiplicazione della biomassa, l’essiccamento ed una fase di inattivazione.
Pertanto, al fine di produrre tali prodotti di lieviti inattivati sono state messe a punto numerose tecniche di inattivazione, in particolare volte a determinarne la lisi dei lieviti per favorire un loro rilascio delle sostanze utili all'affinamento del vino.
Tra le diverse tecniche impiegate per inertizzare i lieviti vi sono processi fisicochimici come ad esempio trattamenti acidi, basici o termici, che vengono impiegati separatamente o in aggiunta ai processi enzimatici e che sono ad esempio citati nel brevetto EP 1850682.
I procedimenti finora impiegati, ad ultrasuoni, enzimatici, termici o chimici per inattivare i lieviti si sono dimostrati non del tutto soddisfacenti in quanto non consentono di preservare totalmente le catene proteiche, andando ad esempio a rovinare la struttura terziaria o quaternaria delle proteine dei lieviti.
È nota anche la pastorizzazione come metodo per l'inattivazione dei lieviti. Essa tuttavia, al pari delle tecniche sopra citate, portando ad alte temperature i lieviti trattati comporta ancora una volta il deterioramento della struttura delle proteine dei lieviti.
È stata più recentemente studiata l’inattivazione dei microrganismi contaminanti, in particolare nella birra, tramite omogeneizzazione ad alta pressione (HPH). La pressione richiesta ha comportato con le normali tecniche di messa in pressione un innalzamento della temperatura e conseguente ancora una volta danneggiamento delle proteine dei lieviti.
Inoltre, i prodotti a base di lieviti inattivati presenti in commercio sono in stato di polvere secca e quindi in uno stato in cui i lieviti originari sono stati portati ad essiccazione perdendo almeno parte dell'integrità delle loro proteine cosicchè una volta inseriti nel vino per l'affinamento presentano un'azione non del tutto soddisfacente.
Come è noto in natura sono disponibili numerosissime specie di lieviti e tuttavia quelle ad uso enologico sono molte meno. Fra i lieviti più comuni ricordiamo a titolo solo esemplificativo: Saccharomyces cerevisiae, Saccharomyces uvarum, Saccharomyces chevalieri, Saccharomyces bayanus, Kloeckera apiculata, Pichia, eccetera. Molto spesso in campo enologico si ricorre all'uso di lieviti secchi attivi, per i quali si intendono, come è noto, lieviti selezionati ad uso enologico posti in commercio in forma secca ovvero con un limitato quantitativo di acqua. Generalmente, essi sono conservati allo stato secco per tempi non superiori a due anni. Per il loro uso si ha necessità di una fase preliminare di reidratazione. L'efficacia e la qualità della loro attività principale legata alla fermentazione del mosto è paragonabile a quella dei lieviti preparati in sospensione, e sicuramente migliore di quella dovuta a fermentazioni spontanee. Tuttavia, nella fase di essiccamento si assiste ad una disattivazione della attività enzimatica ed anche dopo reidratazione tale attività risulta inferiore rispetto a quelle dei lieviti non sottoposti alle suddette fasi di essiccamento, conservazione e reidratazione.
Le caratteristiche non ottimali dei lieviti in polvere secchi si mantengono tali ovvero sono peggiorate a seguito dei fenomeni di inattivazione sopra spiegati che vanno ulteriormente a danneggiare le catene proteiche dei lieviti.
È noto dal brevetto EP 1236795 l'impiego di lievito in pasta attivo per uso enologico (LPA) ovvero di un lievito che non è mai stato sottoposto ad essiccazione o liofilizzazione e che presenti un residuo di acqua orientativamente intorno al 60%. Non è tuttavia ad oggi noto un procedimento efficace per inattivare tali lieviti in pasta che non preveda la loro essiccazione e/o il sottoporli alle tecniche di inattivazione sopra descritte.
Pertanto ad oggi risulta sentito l'interesse ad un procedimento di inattivazione di lieviti che consenta di mettere a disposizione lisati di lieviti che mantengano intatte le caratteristiche delle loro proteine per massimizzare l'efficacia di affinamento nel vino.
È noto in campo alimentare realizzare una pastorizzazione a freddo per distruggere i microorganismi contenuti negli alimenti sottoponendo gli alimenti stessi a pressioni estremamente elevate in grado di rompere le strutture biologiche degli stessi microorganismi. Alcuni esempi di tali procedimenti ed apparecchiature per la pastorizzazione a freddo sono ad esempio descritti nei brevetti US 2014010932 ed US 20080050507.
Presentazione dell’invenzione
Scopo essenziale della presente invenzione è pertanto quello di ovviare agli inconvenienti manifestati dalle soluzioni di tipo noto sopra citate mettendo a disposizione un procedimento per la produzione di un lievito inattivo per impiego in enologia che sia in grado di mettere a disposizione un lisato, ovvero un derivato del lievito, in cui i componenti contenuti all’interno della parete cellulare del lievito originario sono subito disponibili e pronti ad agire.
Un ulteriore scopo della presente invenzione è quello di mettere a disposizione un procedimento per la produzione di un lievito inattivo impiegabile in enologia per l'affinamento di vini di tipologie differenti, rossi, bianchi e rosati.
Un ulteriore scopo della presente invenzione è quello di mettere a disposizione un procedimento per la produzione di un lievito inattivo, in grado di ridurre il tempo impiegato per l'affinamento del vino.
Un ulteriore scopo della presente invenzione è quello di mettere a disposizione un procedimento per la produzione di un lievito inattivo impiegabile in enologia per la chiarifica di mosti e vini.
Un ulteriore scopo della presente invenzione è quello di mettere a disposizione un procedimento per la produzione di un lievito inattivo che sia di facile realizzazione.
Un ulteriore scopo della presente invenzione è quello di mettere a disposizione un procedimento per la produzione di un lievito inattivo per impiego in enologia, in particolare per le fasi di chiarifica e affinamento di mosti e vini, il quale sia conforme alla legislazione nell’ambito enologico e del tutto affidabile.
Breve descrizione dei disegni
Le caratteristiche tecniche della presente invenzione, secondo i suddetti scopi, sono riscontrabili dal contenuto delle rivendicazioni sotto riportate ed i vantaggi dello stesso risulteranno maggiormente evidenti nella descrizione dettagliata che segue, fatta con riferimento ai grafici sperimentali del prodotto secondo l’invenzione, in cui:
- la Fig. 1 mostra un grafico relativo ad un’analisi dell’effetto di stabilizzazione del colore svolto sul vino da parte di un lievito inattivo prodotto con il procedimento oggetto della presente invenzione;
- la Fig.2 mostra un grafico relativo ad un’analisi dell’effetto di stabilizzazione proteica svolto sul vino da parte di un lievito inattivo prodotto con il procedimento oggetto della presente invenzione;
- le Fig. 3A e 3B mostrano rispettivamente un grafico relativo ad un’analisi dell’effetto di riduzione del rame e del ferro svolto sul vino da parte di un lievito inattivo prodotto con il procedimento oggetto della presente invenzione;
- le Fig.4A, 4B e 4C mostrano tre grafici relativi ad un’analisi dell’effetto di chiarifica svolto su mosti da parte di un lievito inattivo prodotto con il procedimento oggetto della presente invenzione;
- le Fig. 5A, 5B e 5C mostrano tre grafici relativi ad un’analisi dell’effetto di chiarifica sulle componenti relative al colore del vino da parte di un lievito inattivo prodotto con il procedimento oggetto della presente invenzione;
- le Fig. 6A e 6B mostrano due grafici relativi ad un’analisi dell’effetto di protezione dall’ossidazione svolto sul vino da parte di un lievito inattivo prodotto con il procedimento oggetto della presente invenzione;
- le Fig. 7A e 7B mostrano due grafici relativi ad un’analisi sull’effetto di riduzione dei tempi di affinamento svolto sul vino da parte di un lievito attivo di tipo noto e da parte di un lievito inattivo prodotto con il procedimento oggetto della presente invenzione; - la Fig. 8 mostra una foto scattata a tre campioni di vino dopo un’analisi dell’effetto di stabilizzazione tartarica svolto da parte di un lievito attivo di tipo noto e da parte di un lievito inattivo prodotto con il procedimento oggetto della presente invenzione.
Descrizione dettagliata di una forma preferenziale della presente invenzione In linea del tutto generale, il processo di vinificazione comprende numerose fasi di trattamento del mosto prima e del vino dopo per ottenere una bevanda con opportune caratteristiche organolettiche. Esso comincia sostanzialmente con la raccolta dell'uva durante la vendemmia e si conclude con la maturazione del vino in appositi contenitori (serbatoi, botti e bottiglie) per l'affinamento delle sue qualità. Subito dopo la raccolta, l'uva viene sottoposta ad una fase di spremitura per la produzione del mosto che, come è noto, mediante una dose principale di lieviti indigeni o inoculati subisce il fenomeno della fermentazione.
È infatti noto che i lieviti grazie al loro metabolismo fermentativo, dopo una prima fase di proliferazione cellulare, metabolizzano gli zuccheri contenuti nel mosto trasformandoli in alcol etilico ed anidride carbonica, trasformando così il mosto in vino.
Il procedimento per la produzione di un lievito inattivo oggetto della presente invenzione prevede di ottenere un lievito inattivo, cioè più precisamente un derivato del lievito, il quale non è destinato a svolgere un’azione fermentativa e/o riproduttiva di un liquido enologico, ma piuttosto è destinato a svolgere un’azione antiossidante e/o stabilizzante del liquido enologico a cui è suscettibile di essere addizionato, così come specificato meglio nel seguito.
Vantaggiosamente, tale lievito da addizionare al liquido enologico è un lievito inattivo in pasta o in crema, il quale è suscettibile di essere addizionato come tal quale oppure essiccato (ad esempio mediante tecniche ben note nel settore enologico, quali la liofilizzazione a freddo o lo spray dry) e risulta inidoneo a svolgere attività fermentativa, in cui tale condizione inattiva è raggiunta mediante il procedimento secondo la presente invenzione.
Più in dettaglio, in tale documento, con in termine “lievito in crema”, altrimenti detto Cream Yeast (CRY), si intende un lievito con un contenuto di sostanza secca preferibilmente compreso tra il 18 ed il 25% ed un livello di lieviti vitali uguale o superiore a 10<10 >CFU/g di sostanza secca. Inoltre, in questo documento, con in termine “lievito in pasta”, altrimenti detto Compressed Yeast (COY), si intende un lievito con un contenuto di sostanza secca preferibilmente compreso tra il 30 ed il 35% ed un livello di lieviti vitali uguale o superiore a 10<10 >CFU/g di sostanza secca. Vantaggiosamente, tali definizioni di lievito in crema ed in pasta sono conformi a quanto indicato dalla Risoluzione OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino)– OENO 576A -2017.
Il procedimento secondo la presente invenzione prevede una fase di messa a disposizione di un lievito attivo per uso enologico, il quale non sia essiccato e che contenga un residuo di acqua di almeno il 40% in massa. Preferibilmente, il lievito attivo da mettere a disposizione è un lievito in crema con contenuto di acqua attorno al 75% in massa, oppure è un lievito in pasta con un contenuto di acqua attorno al 55% in massa, e preferibilmente è un lievito in pasta del tipo descritto nel brevetto europeo EP 1236795, da intendersi qui allegato per riferimento da paragrafo [0036] a paragrafo [0076].
In accordo con una ulteriore forma realizzativa, il lievito attivo da mettere a disposizione è un lievito congelato, altrimenti detto Frozen Yeast (AFY). Più in dettaglio, in tale documento, con in termine “lievito congelato”, si intende un lievito con un contenuto di sostanza secca preferibilmente compreso tra il 40 ed l’85% ed un livello di lieviti vitali uguale o superiore a 10<10 >CFU/g di sostanza secca, così come indicato dalla Risoluzione OIV – OENO 576A -2017.
Il procedimento in oggetto prevede quindi l’inserimento del lievito attivo, preferibilmente nelle forme sopra descritte, in una camera di pressurizzazione che funge sostanzialmente da autoclave idrostatica.
Segue quindi l'inserimento all'interno della camera di pressurizzazione di un fluido ad una pressione di lisi superiore a 1.000 bar per sottoporre il lievito attivo a tale pressione di lisi. Durante tale fase ha luogo la compressione delle cellule del lievito attivo con conseguente rottura della struttura molecolare del lievito stesso che porta alla lisi del lievito attivo e all’ottenimento di un lievito inattivo.
Vantaggiosamente, tale compressione non comporta un aumento di temperatura del lievito all’interno della camera di pressurizzazione se non al massimo di qualche grado (e comunque senza mai raggiungere temperature superiori ai 30° gradi) e quindi non si determina alcun deterioramento delle proteine del lievito per effetto del calore. Inoltre, l’utilizzo di un lievito in crema o in pasta, il quale non sia mai stato essiccato permette ulteriormente di ottenere un lievito inattivo il quale abbia preservato l’integrità delle proteine contenute all’interno della parete cellulare.
Ha quindi luogo una fase di depressurizzazione della suddetta camera di pressurizzazione e una fase di estrazione del lievito inattivo dalla stessa camera di pressurizzazione.
Secondo una prima forma realizzativa possibile, il procedimento per la produzione di lievito inattivo oggetto della presente invenzione prevede vantaggiosamente di inserire il lievito attivo, in forma di pasta o di crema, nella camera di pressurizzazione di una apparecchiatura per la pastorizzazione a freddo discontinua. Com’è noto, le apparecchiature per la pastorizzazione a freddo discontinua prevedono di inserire nella camera di pressurizzazione un liquido, generalmente acqua e preferibilmente acqua pura, il quale permette di arrivare a pressioni di lisi comprese in un intervallo tra 1.000 e 6.500 bar.
Vantaggiosamente, in tale prima forma realizzativa, il procedimento prevede, precedentemente all’inserimento del lievito attivo nella camera di pressurizzazione, l'inserimento del lievito attivo in almeno una confezione almeno parzialmente in materiale flessibile, la quale viene vantaggiosamente sigillata, ad esempio mediante una sigillatura a caldo, al fine di evitare che l’acqua in pressione inserita all'interno della camera di pressurizzazione entri nella confezione mescolandosi con il lievito attivo contenuto al suo interno.
Operativamente, il materiale con cui è realizzata la confezione deve essere in grado di sopportare la compressione impressa dall’apparecchiatura per la pastorizzazione discontinua senza compromettere l'integrità della confezione e/o della sigillatura. Conseguentemente, la confezione può vantaggiosamente essere realizzata in materiale plastico per alimenti, come ad esempio PET (polietilene tereftalato), HDPE (polietilene ad alta densità), LDPE (polietilene a bassa densità) e PP (polipropilene); oppure può essere realizzata in alluminio flessibile, o ancora in Tetrapak. Inoltre, la confezione può essere realizzata in forma di sacchetto, di tanica o di scatola, oppure ancora può essere realizzata in forma di vassoio rigido o semirigido sigillato con un materiale di copertura flessibile, e può comprendere un unico strato o più strati di materiale flessibile o ancora più substrati sigillati tra loro.
Vantaggiosamente, inoltre, precedentemente alla sigillatura la confezione può venire sottoposta ad una fase di messa in sottovuoto. In questo modo, tutto il lievito attivo contenuto nella confezione è vantaggiosamente sottoposto alla stessa pressione di lisi in quanto, all’interno della confezione non è presente gas comprimibile in modo diverso rispetto al lievito attivo stesso.
La confezione di lievito attivo sigillata viene quindi inserita nella camera di pressurizzazione ed è mantenuta alla pressione di lisi per un tempo preferibilmente compreso tra 30 e 600 secondi.
In accordo con una seconda forma realizzativa possibile, il procedimento per la produzione di lievito inattivo oggetto della presente invenzione prevede vantaggiosamente di inserire il lievito attivo, in forma di pasta o di crema, nella camera di pressurizzazione di una apparecchiatura per la pastorizzazione a freddo continua. Com’è noto, le apparecchiature per la pastorizzazione a freddo continua prevedono di inserire nella camera di pressurizzazione un gas, generalmente anidride carbonica, il quale permette di arrivare a pressioni di lisi inferiori rispetto alle pressioni di lisi raggiunte dalle apparecchiature per la pastorizzazione a freddo discontinua. Più in dettaglio, tali apparecchiature per la pastorizzazione a freddo continua permettono di ottenere una pressione di lisi compresa in un intervallo tra 1.000 e 1.500 bar.
Vantaggiosamente, in tale seconda forma realizzativa, il procedimento non necessita di confezionare il lievito attivo prima di inserirlo nella camera di pressurizzazione, in quanto l’anidride carbonica non è miscibile con il lievito e quindi non ne diluisce la concentrazione. In altre parole, in tale seconda forma realizzativa il lievito attivo è vantaggiosamente inserito direttamente nella camera di pressurizzazione dell’apparecchiatura per la pastorizzazione a freddo continua, senza una confezione.
Vantaggiosamente, in questo modo, l’anidride carbonica inserita nella camera di pressurizzazione dell’apparecchiatura per la pastorizzazione a freddo continua entra direttamente in contatto con il lievito e ne produce almeno una parziale rottura della membrana cellulare. Infatti, l’anidride carbonica ha un effetto corrosivo della membrana cellulare del lievito e produce una lisi almeno parziale del lievito, e quindi una minore pressione di lisi è sufficiente ad ottenere un lievito inattivo con caratteristiche paragonabili al lievito inattivo ottenuto mediante apparecchiature per la pastorizzazione a freddo discontinua.
Preferibilmente, il lievito attivo inserito nella camera di pressurizzazione è quindi mantenuto alla pressione di lisi per un tempo compreso tra 30 e 600 secondi.
Vantaggiosamente, il procedimento per la produzione di lievito inattivo oggetto della presente invenzione può essere realizzato mediante la prima o la seconda forma realizzativa a seconda del tipo di lievito attivo messo a disposizione, a seconda del grado di lisi desiderato e a seconda del tipo di trattamento che il lievito inattivo risultante sarà suscettibile di effettuare su di un liquido enologico. Infatti, la pastorizzazione a freddo discontinua permette di ottenere una lisi più completa del lievito attivo rispetto alla pastorizzazione a freddo discontinua.
Più chiaramente, il lievito inattivo può essere impiegato in maniera soddisfacente nel trattamento di un liquido enologico già fermentato (ad esempio per ottenere un effetto di affinamento e chiarifica di un vino), anche con una lisi parziale delle molecole del lievito ottenuta mediante una pressione di lisi ridotta, poiché la lisi della membrana cellulare continua naturalmente anche una volta che il lievito inattivo è a contatto con il liquido enologico fermentato.
In questo caso, il procedimento in oggetto può vantaggiosamente prevedere di adottare un’apparecchiatura per la pastorizzazione a freddo continua, oppure un’apparecchiatura per la pastorizzazione a freddo discontinua con pressioni di lisi contenute, ad esempio di circa 3.000 bar.
Diversamente, nel caso in cui il lievito inattivo sia da usare nel trattamento di un liquido enologico ancora da fermentare (ad esempio per ottenere un effetto antiossidante su di un mosto), può essere preferibile avere a disposizione un lievito inattivo in cui la rottura delle molecole del lievito è avvenuta nel modo più completo possibile, per eseguire il trattamento in tempi rapidi prima che il liquido enologico cominci a fermentare. In questo caso, il procedimento in oggetto può vantaggiosamente prevedere di adottare un’apparecchiatura per la pastorizzazione a freddo discontinua con pressioni di lisi di circa 6.000 bar. Vantaggiosamente, inoltre, il procedimento in oggetto può prevedere più fasi di pressurizzazione del lievito attivo all’interno della camera di pressurizzazione, in cui le quali fasi di pressurizzazione possono avvenire tutte alla stessa pressione di lisi o a pressioni di lisi crescenti, ad esempio una prima fase a pressione di lisi di circa 3.000 bar, una seconda fase a pressione di lisi di circa 4.500 bar ed una terza fase a pressione di lisi di circa 6.000 bar.
In accordo con una caratteristica importante della presente invenzione il lievito attivo è lievito in pasta o in crema o congelato mai essiccato poiché sperimentalmente si è potuto constatare che solo con tale tipo di lieviti la lisi, ottenuta attraverso la pastorizzazione a freddo discontinua o continua è in grado di mettere a disposizione i componenti utili contenuti nella membrana cellulare del lievito, quali ad esempio le catene proteiche. L’invenzione prevede un sorprendente effetto sinergico dovuto all’impiego di un lievito selezionato nella particolare forma mai essiccato e con residuo d’acqua di almeno il 40%, ed all’impiego di un procedimento distruttivo della membrana cellulare dello stesso lievito, quale è la pastorizzazione a freddo, per ottenere un sorprendente effetto di messa a disposizione dei componenti del lievito contenuti all’interno della membrana cellulare. Inoltre, la presenza di una importante percentuale di residuo di acqua all’interno del lievito selezionato consente una distribuzione uniforme della pressione di lisi sulla membrana cellulare dello stesso, con conseguente rottura uniforme delle membrane cellulari del lievito all’interno nella camera di pressurizzazione. In particolare, nella prima forma realizzativa, il lievito chiuso ermeticamente nella sua confezione risente di un effetto particolarmente efficace dell’azione distruttiva delle cellule ad opera dell’elevata pressione dell’apparecchiatura di pastorizzazione a freddo discontinua.
Il particolare processo di pastorizzazione a freddo selezionata ovvero di tipo continuo o discontinuo consente, diversamente da altri processi di pastorizzazione, di preservare pressoché integre le catene proteiche contenute nel lievito attivo originario, le quali vengono quindi messe a disposizione con la lisi della membrana cellulare.
Come sopra anticipato, il lievito inattivo prodotto dal procedimento oggetto della presente invenzione può vantaggiosamente essere impiegato in un metodo di trattamento di un liquido enologico, in cui è prevista almeno una fase di addizione di almeno una dose del lievito inattivo, il quale non è destinato a svolgere azione fermentativa essendo stato inattivo come precedentemente indicato, ovvero con un processo di pastorizzazione a freddo che consenta di preservare intatte tutte le caratteristiche dei prodotti contenuti all’interno della parete cellulare del lievito attivo originario, i quali prodotti si liberano a seguito della lisi del lievito e sono così subito disponibili e pronti ad agire.
Vantaggiosamente, la dose di lievito inattivo da aggiungere al liquido enologico sarà sostanzialmente compresa tra i 5-50 g/hl per vini bianchi e mosti di vini bianchi e tra i 10-80 g/hl per vini rossi e mosti di vini rossi, dipendente dal momento in cui avviene la fase di addizione del lievito inattivo e dallo scopo enologico desiderato. Vantaggiosamente, la fase di addizione del lievito inattivo potrà avere luogo in un qualunque momento del processo di vinificazione, dalla pressatura delle uve alla maturazione o affinamento del vino, anche dopo parecchi mesi dalla fine della fermentazione.
Vantaggiosamente, come sopra anticipato, la fase di addizione può avvenire precedentemente alla fase di fermentazione del liquido enologico, cioè su uve o su mosti, prima che questi inizino a fermentare. In questo caso, il lievito inattivo non è destinato a svolgere azione fermentativa e/o riproduttiva, ma piuttosto è destinato a svolgere un’azione antiossidante del mosto, o un’azione nutritiva nei confronti della popolazione microbica che condurrà successivamente la fase di fermentazione.
Inoltre, o in alternativa, la fase di addizione può vantaggiosamente avvenire successivamente alla fase di fermentazione, cioè dopo che questa fase si è del tutto compiuta. In questo caso, il lievito inattivo non è destinato a svolgere azione fermentativa e/o riproduttiva, ma piuttosto è destinato a svolgere un’azione di affinamento e chiarifica del vino.
Una volta inserita nel mosto e/o nel vino, la suddetta dose di lievito inattivo è responsabile di diverse azioni positive che determinano un miglioramento qualitativo dei vini. Tali azioni positive possono riguardare: -la cessione di una frazione colloidale in seguito a lisi delle cellule del lievito con la produzione di un vino sensorialmente provvisto di eccellenti caratteristiche di rotondità, volume e persistenza e con ridotti odori anomali; -la stabilizzazione del vino nei confronti delle precipitazioni di bitartrato di potassio e di proteine dovuta alla cessione di mannoproteine da parte delle cellule del lievito, -l'assorbimento di metalli altrimenti responsabili di instabilità e di catalisi di reazioni ossidative; -l'assorbimento da parte delle pareti cellulari del lievito di pigmenti colorati, in particolare dei vini bianchi nonché di cataboliti fermentativi, residui di trattamenti antiparassitari, ecc.; -la stabilizzazione del colore nei vini rossi; -l'assorbimento di ossigeno e conseguente diminuzione dell'ossidazione del vino; -la liberazione di enzimi che contribuiscono ad evoluzioni positive dei vini;-l'eliminazione degli eccessi di riduzione.
Tali effetti positivi sono intuibili dai grafici allegati nel seguito.
In particolare, il grafico di figura 1 permette di confrontare la stabilità del colore di un campione di vino non trattato rispetto ad un campione dello stesso vino trattato con il lievito inattivo prodotto mediante il procedimento oggetto della presente invenzione. Più in dettaglio, il vino analizzato è un Sangiovese, di cui un primo campione non è stato trattato ed è stato analizzato tal quale, ed un secondo campione è stato trattato con l’aggiunta di una dose di lievito inattivo, prodotto mediante il procedimento oggetto della presente invenzione, pari a 35 g/hl. La stabilità del colore è stata misurata valutando tramite turbidimetro la variazione di unità nefelometriche di torbidità (NTU) dei due campioni di vino, dopo incubazione a 4°C per 48 ore. Come si può vedere dal grafico di figura 1, il campione di vino trattato con il lievito inattivo presenta un valore di NTU nettamente inferiore al valore del campione di vino tal quale.
In particolare il valore è più che dimezzato, passando da 1,94 NTU a 0,69 NTU.
Il grafico di figura 2 permette di confrontare la stabilità proteica di uno Chardonnay non trattato e dello stesso vino trattato con 35 g/hl di lievito inattivo. La stabilità proteica è stata misurata mediante un test a caldo, il quale prevede di leggere, tramite turbidimetro, la variazione di unità nefelometriche (NTU) nel campione avvenuta tra prima e dopo una fase di incubazione del campione a 80° C per 45 minuti, seguita da una fase di raffreddamento del campione a temperatura ambiente (circa 20° C). Come si può vedere dal grafico di figura 2, anche per quanto riguarda la stabilità proteica, il campione di vino trattato con il lievito inattivo prodotto mediante il procedimento oggetto della presente invenzione presenta un valore di NTU inferiore al valore del campione di vino tal quale. In particolare il valore di NTU è sceso da 3,25 a 2,5 NTU.
I due grafici di figura 3 permettono di confrontare la quantità di metalli pesanti contenuti nel campione di vino non trattato e di vino trattato analizzato nel grafico di figura 2. In particolare, il grafico di figura 3A indica la quantità di rame ed il grafico di figura 3B indica la quantità di ferro contenuta nel campione di vino non trattato e nel campione di vino trattato, le quali quantità sono state misurate in mg di metallo per litro di vino. Dal confronto tra i valori misurati nel campione di vino non trattato e nel campione di vino trattato si può notare come il trattamento con lievito inattivo prodotto mediante il procedimento in oggetto permetta di ridurre il quantitativo di metalli pesanti contenuti nel vino. In particolare, il quantitativo di rame scende da 0,307 mg/L a 0,264 mg/L, mentre il quantitativo di ferro scende da 2,471 mg/L a 2,246 mg/L.
I grafici delle figure 4 e 5 permettono di valutare l’effetto di chiarifica compiuto da una dose di lievito inattivo prodotto con il procedimento in oggetto, il quale è stato aggiunto rispettivamente ad un campione di mosto e ad un campione di vino. Più in dettaglio, i grafici di figura 4 rappresentano il colore di un campione di mosto di Prosecco prima e dopo l’aggiunta di una dose di lievito inattivo pari a 35 g/hl. In particolare, il colore del mosto è stato analizzato mediante analisi CIELAB, la quale esprime il colore mediante tre valori: “a*” quantità di rosso, “b*” quantità di giallo ed “L*” luminanza (espressa in percentuale, dove 0% indica il colore nero e 100% indica il colore bianco). I valori di a*, b* ed L* ottenuti sono riportati rispettivamente nel grafico di figura 4A, 4B e 4C. Dal confronto tra i valori misurati sul mosto non trattato e sul mosto trattato, si può facilmente notare l’effetto di chiarifica svolto dal lievito inattivo. Infatti il valore di L* è aumentato da 98,42% a 98,76%.
Analogamente, i grafici di figura 5 rappresentano il colore di un campione di una base Prosecco prima e dopo l’aggiunta di una dose di lievito inattivo pari a 35 g/hl. Anche in questo caso il colore è stato misurato mediante analisi CIELAB ed i valori di a*, b* ed L* ottenuti sono riportati rispettivamente nel grafico di figura 5A, 5B e 5C. Anche per il vino, dal confronto tra i valori misurati sul campione non trattato e sul campione trattato con il lievito inattivo, si può notare l’effetto di chiarifica svolto dal lievito inattivo stesso. Infatti il valore di L* è aumentato da 99,34 % a 99,53 %.
I grafici di figura 6 permettono di osservare l’effetto protettivo contro le ossidazioni compiuto da una dose di lievito inattivo prodotto con il procedimento in oggetto, il quale è stato aggiunto ad un campione di vino. L’effetto protettivo è stato misurato ancora una volta mediante analisi CIELAB, ovvero andando a valutare l’evoluzione del colore di un campione di vino non trattato e di un campione di vino trattato, i quali sono stati sottoposti a condizioni ossidative (ovvero sottoposti ad una temperatura di 60° C e alla presenza di H2O2). I valori di a* e b* ottenuti sono riportati rispettivamente nel grafico di figura 6A e 6B. Più in dettaglio, il vino analizzato era un Manzoni Bianco, al quale, nel campione trattato, è stata aggiunta una dose di lievito inattivo pari a 35 g/hl. Inoltre, l’analisi del colore è stata ripetuta nel tempo, ad intervalli regolari, per valutare la cinetica di ossidazione del vino durante le due ore di test in condizioni ossidative. Dal confronto tra i valori di rosso (a*) e di giallo (b*) misurati sul campione di vino non trattato e sul campione di vino trattato con il lievito inattivato si può notare che il campione trattato ha un colore più stabile nel tempo. Infatti, sia il valore di a* che di b* del campione di vino trattato aumentano più lentamente rispetto agli stessi valori del campione di vino non trattato.
I grafici di figura 7 permettono di osservare la riduzione dei tempi di affinamento del vino dovuta al trattamento di un campione di vino mediante una dose di lievito attivo di tipo noto, rispetto ad un campione di vino trattato con una dose di lievito inattivo prodotto con il procedimento in oggetto. Anche in questo caso, la riduzione dei tempi di affinamento è stata valutata mediante analisi CIELAB, ovvero misurando a distanza di 12 ore, 5 giorni, 10 giorni, 20 giorni e 30 giorni dal trattamento i parametri a* e b* di un campione di vino non trattato, di un campione di vino trattato con lievito attivo e di un campione di vino trattato con lievito inattivo, i quali campioni sono stati precedentemente sottoposti a condizioni ossidative per due ore di tempo (ovvero sottoposti ad una temperatura di 60° C e alla presenza di H2O2). I valori di a* e b* ottenuti sono riportati rispettivamente nel grafico di figura 7A e 7B. Più in dettaglio, il vino analizzato era lo stesso Manzoni Bianco analizzato nei grafici di figura 6, al quale, nel campione trattato con lievito attivo, è stata aggiunta una dose di lievito attivo pari a 100 g/hl, mentre nel campione trattato con lievito inattivo, è stata aggiunta una dose di lievito inattivo pari a 35 g/hl. Inoltre, l’analisi del colore è stata eseguita dopo due ore di test in condizioni ossidative ed è stata ripetuta nel tempo per valutare l’andamento dell’ossidazione del vino nei giorni successivi al trattamento. Dal confronto tra i valori di rosso (a*) e di giallo (b*) misurati sul campione di vino non trattato, sul campione di vino trattato con lievito attivo e sul campione di vino trattato con il lievito inattivato si può notare che il campione trattato con lievito inattivo è quello che evidenzia valori di a* e b* più bassi già dopo 12 ore dal trattamento, indice di un effetto protettivo immediato svolto dal lievito inattivo oggetto della presente invenzione nei confronti delle ossidazioni. Diversamente, la funzione protettiva del lievito attivo si esplica al massimo del suo potenziale solo 20-30 giorni dopo il trattamento, e porta a valori di a* e b* inferiori rispetto a quelli del vino non trattato e prossimi a quelli del vino trattato con lievito inattivo.
Infine, la figura 8 permette di confrontare la stabilità tartarica di un campione di vino non trattato, rispetto alla stabilità tartarica di un campione dello stesso vino trattato con un lievito attivo di tipo noto e rispetto alla stabilità tartarica di un campione dello stesso vino trattato con un lievito inattivo prodotto con il procedimento in oggetto. Più in dettaglio, il vino analizzato è un vino bianco della tipologia Custoza, al quale, nel campione trattato con lievito attivo, è stata aggiunta una dose di lievito attivo pari a 100 g/hl, mentre nel campione trattato con lievito inattivo, è stata aggiunta una dose di lievito inattivo pari a 30 g/hl. I suddetti tre campioni sono stati lasciati sedimentare nei tre contenitori visibili nella foto di figura 2, con le punte dei contenitori rivolte verso il basso, per un tempo di sedimentazione di sei giorni alla temperatura di -4° C. Successivamente, i contenitori sono stati capovolti e disposti con le punte verso l’alto, così come illustrati nella foto di figura 8, in questo modo è stato possibile osservare più chiaramente la quantità di sedimenti rimasti sul fondo dei contenitori (ovvero sulle punte). Dal confronto tra i tre campioni si può notare che il campione di vino non trattato è altamente instabile, infatti esso presenta la maggiore concentrazione di precitato, si noti la punta del primo contenitore di sinistra, la quale è quasi completamente ricoperta di sedimenti. Diversamente, i due contenitori contenenti i campioni tratti presentano un minor quantitativo di precipitato. In particolare, dal confronto tra il campione trattato con lievito attivo ed il campione trattato con lievito inattivo (rispettivamente il secondo ed il terzo campione da sinistra), è possibile notare che il lievito inattivo ha una funzione di stabilizzazione maggiore rispetto al lievito attivo, in quanto il campione trattato con lievito inattivo è quello che presenta la minor concentrazione di precipitato.
Da tutti i risultati sopra descritti risulta chiaro che l’aggiunta di dosi di lievito inattivo, prodotto con il procedimento oggetto della presente invenzione, a campioni di vini e mosti produce un miglioramento delle caratteristiche del vino e del mosto rispetto allo stesso vino e mosto non trattato. Inoltre, dai grafici di figura 7A e 7B e dalla figura 8 è chiaro che il trattamento eseguito con il lievito inattivo prodotto con il procedimento oggetto della presente invenzione migliora i tempi di affinamento del vino, oltre alla sua stabilità tartarica, rispetto ad un altro tipo di lievito, in particolare rispetto ad un lievito attivo di tipo noto.
Il procedimento così concepito raggiunge pertanto gli scopi prefissi.

Claims (11)

  1. RIVENDICAZIONI 1) Procedimento per la produzione di un lievito inattivo per impiego in enologia, il quale prevede: - messa a disposizione di un lievito attivo per uso enologico, non essiccato, con residuo d'acqua di almeno il 40% in massa; - inserimento di detto lievito attivo in una camera di pressurizzazione; - inserimento all'interno di detta camera di pressurizzazione di un fluido ad una pressione di lisi superiore a 1.000 bar per sottoporre detto lievito attivo a detta pressione di lisi con conseguente rottura della struttura molecolare di detto lievito attivo ed ottenimento di un lievito inattivo; - depressurizzazione di detta camera di pressurizzazione; - estrazione di detto lievito inattivo da detta camera di pressurizzazione.
  2. 2) Procedimento per la produzione di un lievito inattivo secondo la rivendicazione 1, in cui detta pressione di lisi è compresa in un intervallo tra 1.000 e 6.500 bar.
  3. 3) Procedimento per la produzione di un lievito inattivo secondo la rivendicazione 2, in cui precedentemente all’inserimento di detto lievito attivo in detta camera di pressurizzazione è prevista una fase di inserimento di detto lievito attivo in almeno una confezione almeno in parte flessibile.
  4. 4) Procedimento per la produzione di un lievito inattivo secondo la rivendicazione 3, in cui successivamente all'inserimento di detto lievito attivo in detta confezione e precedentemente all'inserimento della confezione in detta camera di pressurizzazione, detta confezione viene sigillata.
  5. 5) Procedimento per la produzione di un lievito inattivo secondo la rivendicazione 2, in cui detto fluido inserito in detta camera di pressurizzazione è acqua.
  6. 6) Procedimento per la produzione di un lievito inattivo secondo la rivendicazione 1, in cui detta pressione di lisi è compresa in un intervallo tra 1.000 e 1.500 bar.
  7. 7) Procedimento per la produzione di un lievito inattivo secondo la rivendicazione 6, in cui detto fluido inserito in detta camera di pressurizzazione è anidride carbonica.
  8. 8) Procedimento per la produzione di un lievito inattivo secondo una qualunque delle rivendicazioni precedenti, in cui detto lievito attivo è mantenuto a detta pressione di lisi per un tempo compreso tra 30 e 600 secondi.
  9. 9) Procedimento per la produzione di un lievito inattivo secondo una qualunque delle rivendicazioni precedenti, in cui detto lievito attivo è lievito in pasta (COY).
  10. 10) Procedimento per la produzione di un lievito inattivo secondo una qualunque delle rivendicazioni da 1 a 8, in cui detto lievito attivo è lievito in crema (CRY).
  11. 11) Procedimento per la produzione di un lievito inattivo secondo una qualunque delle rivendicazioni da 1 a 8, in cui detto lievito attivo è lievito congelato (AFY).
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