ITRM20110042A1 - Composizioni per il debridement, la granulazione e la riepitelizzazione delle ferite nell uomo. - Google Patents

Composizioni per il debridement, la granulazione e la riepitelizzazione delle ferite nell uomo. Download PDF

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ITRM20110042A1
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Borja Victor Hugo Angulo
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Description

COMPOSIZIONI PER IL DEBRIDEMENT, LA GRANULAZIONE E LA
RIEPITELIZZAZIONE DELLE FERITE NELL’UOMO
La presente invenzione riguarda composizioni per applicazione topica per il debridement, la granulazione e la riepitelizzazione delle ferite nell’uomo. Più in particolare, l’invenzione concerne composizioni a base di prodotti naturali, specificamente piante e miele d’api, combinati in opportune proporzioni a costituire tre diversi tipi di preparati per applicazione topica, atti ad abbreviare le tappe della rigenerazione tissutale nel trattamento delle ferite acute e croniche di qualsiasi grado di profondità ed estensione, e di qualunque eziologia.
Come à ̈ noto, la guarigione delle ferite à ̈ un complesso fenomeno biologico finalizzato al riempimento della soluzione di continuità rappresentata dalla ferita con una struttura definitiva di natura connettivale, la cicatrice. In condizioni normali, il processo di guarigione consiste in una serie di eventi finalizzati alla neoformazione di un tessuto avente la funzione di reintegrare la perdita di sostanza comportata dalla ferita. Tale processo avviene attraverso fasi distinte, che in diversi momenti si sovrappongono parzialmente. Le modalità della guarigione sono in parte diverse a seconda che si tratti di ferite da taglio, quali ad esempio quelle chirurgiche, i cui margini sono netti e che vengono suturate riaccostando i lembi della ferita stessa con una minima perdita di sostanza, o di ferite che vengono lasciate aperte a causa di traumi con lacerazioni, o di perdita di tessuto dovuta ad infezioni o ad ustioni, e che per essere sanate richiedono la formazione di una maggiore quantità di tessuto riempitivo detto “di granulazione†, con tempi più lunghi e maggiori rischi di inestetismi nella cicatrice risultante. Una terza modalità di guarigione à ̈ poi quella che interessa le ferite andate incontro a complicazioni post-operatorie, che richiedono la riapertura della ferita e delicati trattamenti di detersione, di asportazione delle aree deteriorate o infette (operazione che in italiano à ̈ indicata con il termine di origine francese “debridement†, rimozione della carica necrotica al fine di predisporre la ferita alla guarigione) e di drenaggio.
Il processo di riparazione delle ferite tipico della prima modalità di guarigione sopra richiamata, nel caso di lesioni da taglio suturate e sostanzialmente senza perdita di sostanza, avviene prima di tutto con una fase emostatica, in cui si attivano i fattori tissutali della coagulazione e si forma un coagulo, costituito da una rete di fibrina nella quale rimangono imprigionati gli elementi corpuscolati del sangue che si trova nella ferita. Successivamente ha luogo la fase infiammatoria, che costituisce la risposta tipica dell’organismo agli agenti patogeni, in cui eventuali agenti microbici, corpi estranei e cellule necrotiche vengono circoscritti ed eliminati dai granulociti neutrofili e dai macrofagi, che assieme provvedono alla detersione e al debridement della ferita. Dopo l’iniziale vasocostrizione che si ha nella fase emostatica, la reazione infiammatoria si accompagna invece ad una vasodilatazione, che rende la ferita edematosa e fortemente arrossata. Come già notato in relazione alla parziale sovrapposizione delle varie fasi del processo qui descritto, la reazione infiammatoria si prolunga in parte anche durante la successiva fase proliferativa.
La fase proliferativa à ̈ diretta a rimpiazzare il coagulo con una struttura solida, definitiva, e prende avvio con la proliferazione cellulare delle strutture epiteliali, endoteliali e connettivali dai margini della ferita dando luogo ad un tessuto dal caratteristico aspetto granuloso, detto tessuto di granulazione. La neovascolarizzazione si svolge attraverso la formazione di abbozzi cellulari ai bordi della ferita, che seguendo l’impalcatura formata dalla rete di fibrina, si portano man mano verso il centro fino a saldarsi con quelli provenienti dal lato opposto e andando a costituire una nova rete vascolare (angiogenesi). Allo stesso tempo inizia la proliferazione delle cellule dello strato basale dell’epitelio, sempre a partire dai margini, e dal tessuto connettivo parte la proliferazione dei fibroblasti, elementi cellulari che, secernendo acido ialuronico, danno origine alla formazione delle fibre di collagene che serviranno a riempire la ferita. Nei processi di guarigione di ferite non suturate, in cui si à ̈ avuta una perdita di sostanza, il tessuto di granulazione riempie la ferita partendo dagli strati più profondi, e la mancanza di un sostegno adeguato in questa fase, oltre che allungare il processo di guarigione, à ̈ spesso causa di riempimento irregolare della ferita, con inestetismi e ipertrofie della cicatrice risultante. Il completamento dello strato epiteliale esterno termina la fase proliferativa.
Nella successiva fase di maturazione e rimodellamento, prosegue la contrazione della ferita, che ha avuto inizio già nella fase precedente, e va avanti anche dopo la completa riepitelizzazione. Nel frattempo si ha la maturazione, il riarrangiamento e la reticolazione delle fibre di collagene, un processo la cui durata à ̈ estremamente variabile, e che determina un definitivo consolidamento della zona della ferita e un graduale normalizzazione del colore della cicatrice. La fase di rimodellamento può protrarsi anche per mesi o anni, a seconda del tipo di ferita e degli altri fattori che possono avere influenza sul processo di guarigione.
Sul decorso di guarigione della ferita possono infatti incidere alcuni fattori locali della ferita stessa, come l’intensità del trauma, la presenza di ematomi o raccolte sierose, infezioni o malattie locali, la presenza di corpi estranei o schegge, o alterazioni dell’irrorazione sanguigna. Tra i fattori generali o sistemici che possono avere ripercussioni sugli esiti sono da considerare l’età e le condizioni generali di salute del soggetto, il suo stato nutrizionale ed eventuali carenze vitaminiche, la presenza di alcune patologie sistemiche, in modo particolare il diabete, e l’applicazione contemporanea di alcune terapie, in modo particolare le terapie citostatiche e quelle a base di corticoidi, che influiscono negativamente sul processo di guarigione.
La riparazione epiteliale, d’altra parte, sembra essere influenzata da altri fattori: viene frenata dall’ipotermia e accelerata da una ipertermia moderata (fino a 40°C). Il significato di ciò à ̈ che un aumento della temperatura locale, a livello della cicatrice, stimolerà la cicatrizzazione, probabilmente per incremento della circolazione sanguigna.
Dall’antichità fino al presente si à ̈ preteso che una varietà di sostanze, applicate localmente o assunte per via sistemica, potessero accelerare la guarigione delle ferite. Tra quelle tradizionalmente più note sono da annoverare il violetto di genziana, il mercurocromo, il balsamo del Perù, l’olio di fegato di merluzzo, il solfato di zinco. Ad esclusione dell’uso nei casi di carenze, come avviene ad esempio per l’olio di fegato di merluzzo, che essendo ricco di vitamina A compensa la depressione causata dai corticosteroidi sulla cicatrice, in condizioni normali, cioà ̈ in una persona sana, la maggior parte di questi agenti probabilmente ritarda la cicatrizzazione invece di accelerarla.
È generalmente riconosciuto, attualmente, che il migliore trattamento di una ferita normale, chirurgica, à ̈ lasciare che essa si evolva da sola. Unicamente à ̈ richiesta pulizia, cioà ̈, lavaggio con siero fisiologico e riposo, cosa che significa evitare qualsiasi tipo di distensione della ferita stessa e della pelle adiacente.
D’altra parte, si deve riconoscere che fino ai nostri giorni le piante hanno avuto un ruolo importante come rimedi e coadiuvanti nel trattamento di tutte le affezioni umane; in particolare nel trattamento delle ferite hanno fatto parte dell’arsenale terapeutico piante di tutti i tipi e i loro derivati, e tra queste: Agrimonia eupatoria (agrimonia), Arctium lappa (bardana), Capsella bursa-pastoris (borsapastore), Cupressus sempervivens (cipresso mediterraneo), Equisetum arvense (equiseto dei campi o coda cavallina), Symphytum officinale (consolida maggiore), Echinacea spp. (echinacea), Rhammus frangula (frangola), Fucus vesiculosus (quercia marina), Arbutus uva-ursi (uva ursina), Gentiana lutea (genziana maggiore), Hedera helix (edera comune), Citrus x limon (limone), Plantago major (piantaggine maggiore), Zea mays (mais), Malva sylvestris (malva), Matricaria chamomilla (camomilla), Origanum majorana (maggiorana), Melilotus officinalis (meliloto), Melissa officinalis (melissa), Juglans regia (noce), Carica papaya (papaia), Glycyrrhiza glabra (liquirizia), Rosa gallica (rosa), Salvia officinalis (salvia) e Sambucus nigra (sambuco). Tra le piante medicinali attualmente più utilizzate si ricordano: Aloe vera o Aloe barbadensis (aloe), Calendula officinalis (calendula), Uncaria tormentosa (unghia di gatto) e Hydrocotyle asiatica (centella asiatica).
In alcuni studi comparativi, gli estratti vegetali a differenti concentrazioni in applicazioni topiche riducono più rapidamente la zona della ferita rispetto ai controlli, esercitando un’influenza positiva in tutte le fasi della riparazione delle ferite, promuovendo un significativo aumento dei livelli endogeni di antiossidanti enzimatici e non enzimatici, e promuovendo la angiogenesi. Un esempio da citare à ̈ l’estratto di Hippophae rhamnoides I. sottospecie turkestanica (olivello spinoso), arbusto nativo di Europa e A-sia. La pianta à ̈ stata ampiamente utilizzata nel sistema di medicina tradizionale orientale per il trattamento dell’asma, di malattie della pelle, ulcere gastriche e disturbi polmonari. Tutte le parti della pianta si considerano fonte di un gran numero di sostanze bioattive come flavonoidi (isoramnetina, quercetina, miricetina, kaempferol e i loro derivati glucosidici), carotenoidi (beta-carotene, licopene), vitamine (C, E, K), tannini, triterpeni, gliceridi degli acidi palmitico, stearico e oleico e alcuni amminoacidi essenziali.
Si à ̈ trovato che l’olivello spinoso possiede importanti proprietà antiossidanti, antimicrobiche, antiinfiammatorie, immunomodulatrici, di protezione dalle radiazioni, adattogeniche e rigenerative. In studi sperimentali condotti su ratti femmina normali e con diabete indotto mediante streptozotocina questa pianta, in miscele in proporzione 1:7:1 con Aloe vera ed estratto di Curcuma longa, ha mostrato efficacia nell’accelerare la guarigione delle ferite, sia acute che croniche, per le stesse influenze fisiologiche di quando viene utilizzata da sola (A. Gupta et al., A poly-herbal formulation accelerates normal and impaired diabetic wound healing, Department of Biochemical Pharmacology, Defence Insitute of Physiology and Allied Sciences (DPAS), Delhi, India, asheesh_gupta2001@yahho.co.in).
L’aloe vera à ̈ una pianta medicinale diffusa a livello mondiale per il trattamento di numerose malattie, soprattutto di tipo dermatologico e di diversa gravità, incluse le forme diabetiche. In diverse sperimentazioni sul trattamento delle ferite, circa il 90% di quelle trattate con gel di aloe vera vengono risolte con 72 ore di anticipo rispetto a quelle non trattate con tale principio attivo. Nelle lesioni settiche, invece, la guarigione à ̈ molto più lenta che con il trattamento convenzionale.
Un altro prodotto naturale, di origine non direttamente vegetale, che viene utilizzato fin dall’antichità per curare le ferite à ̈ il miele d’api. Prove di laboratorio su animali e saggi indicano che il miele può accelerare la riparazione delle ferite a causa della sua azione sulla divisione cellulare, sulla sintesi e la maturazione del collagene, sulla contrazione e la riepitelizzazione della ferita e sul miglioramento dell’equilibrio nutrizionale. Il miele possiede proprietà antibatteriche, per il suo elevato contenuto di perossido di idrogeno, come pure elevati livelli di antiossidanti che proteggono i tessuti dai radicali liberi. Sono state descritte proprietà antiinfiammatorie che riducono l’edema, l’essudato e il dolore locale. Allo stesso modo, la sua acidità (pH inferiore a 4) favorisce l’azione antibatterica dei macrofagi, dato che un pH acido all’interno dei nei vacuoli facilita la lisi batterica, mentre si riduce la produzione di ammonio tossico.
Nelle ferite acute l’applicazione di miele può ridurre il tempo di cicatrizzazione in confronto ai trattamenti convenzionali; d’altra parte, à ̈ anche accertato che nelle ferite croniche il miele in aggiunta al bendaggio compressivo convenzionale non migliora in modo significativo la cicatrizzazione delle ferite varicose delle gambe.
Per poter affrontare con successo le diverse cause responsabili delle ferite croniche o incurabili di qualsiasi tipo, sono stati recentemente sviluppati artifici per restaurare o almeno ricoprire le superfici delle lesioni.
Vengono realizzati substrati dermici artificiali a base di collagene, glicosamminoglicani, chitosano o materiali analoghi, in particolare noti con il nome di “scaffold†(impalcature), consistenti in strutture tridimensionali porose da usare come matrici per lo sviluppo al loro interno delle cellule dei tessuti da rigenerare o ricostruire. Tali substrati promuovono la rigenerazione degli elementi vascolari e anche nervosi, nonché dei componenti della struttura del tessuto connettivo sub-dermico, per fornire agli innesti di pelle da autotrapianto o sviluppata artificialmente per coltura in vitro gli ambienti che permettono loro un adeguato inserimento.
I sostituti della pelle sono risultati un’alternativa molto utile e talvolta indispensabile in quei casi in cui le aree scoperte sono molto estese, come accade nelle ustioni, oppure quando per alcune condizioni particolari gli autoinnesti non possono essere considerati come una possibilità, ad esempio quando la zona da cui ottenere la pelle à ̈ molto dolorosa o quando vi à ̈ il rischio di sviluppare cicatrici o infezione, o quando à ̈ prevista una guarigione troppo lenta. Gli studi a lungo termine su biopsie prelevate dopo anni dai siti di applicazione dimostrano la rigenerazione delle fibre elastiche e parzialmente di quelle nervose; tuttavia anche in questo caso, come nella riparazione fisiologica di tessuti originariamente sani, non si ha rigenerazione degli annessi della pelle, come le ghiandole sebacee e sudoripare e i bulbi piliferi.
Prendendo in considerazione l’infezione persistente come una delle cause del ritardo o della cronicità delle ferite, sono stati ideati e realizzati nel corso dei tempi medicamenti e creme per applicazione topica a base di sostanze antibiotiche, con il proposito di trattare le infezioni o prevenirle. Tra esse, le creme a base di argento hanno un riconoscimento mondiale. L’uso dell’argento come antisettico e disinfettante risale al 1000 a.C., ed à ̈ stato applicato alla preparazione di medicamenti di utilità universalmente riconosciuta come la sulfadiazina argentica Nel trattamento delle ustioni di secondo grado la sulfadiazina argentica rappresenta il farmaco di elezione per la sua azione antiinfiammatoria e stimolante della rigenerazione tissutale, e anche per la sua proprietà analgesica.
Lo iodio à ̈ un altro agente correntemente utilizzato in preparati antisettici per il trattamento di ferite di difficile guarigione, come pure alcuni antibiotici per uso topico, generalmente in crema o gel, come la gentamicina, il cloramfenicolo, la neomicina e loro associazioni.
Inoltre, sono state proposte medicazioni a base di alginato (una chemochina di origine naturale), da usare come veicolo di molecole attive per stimolare la rigenerazione del tessuto di granulazione e accelerare il processo di guarigione delle ferite. Alcuni esempi sono il cerotto di idrogel di alginato come veicolo per il fattore-1di rigenerazione stromale (SDF-1, stromal cell-derived factor-1), che à ̈ un fattore stimolante della rigenerazione tissutale, oppure combinato con sostanze che lo rendano resistente all’infezione, come succede con la medicazione ionica alginato/carbossimetilcellulosa argento (SACMC) o combinato con agenti antiinfiammatori. In quelle situazioni in cui à ̈ importante à ̈ fornire umidità, principalmente nelle ferite croniche, l’alginato à ̈ combinato con idrocolloidi, idrogel, schiume o idrofibre.
Come à ̈ noto, per preparare il letto della lesione di una ferita acuta o cronica, di tipo traumatico o infettivo, e soprattutto quelle in cui i detriti e il materiale necrotico coprono significativamente il tessuto vivo comportandosi come una barriera che impedisce o ostacola la penetrazione e l’aderenza delle sostanze rigenerative, si deve prima di tutto operare un debridement, rimuovendo materiali estranei o tessuto necrotico, devitalizzato o infetto nella zona della lesione, fino ad esposizione del tessuto sano circostante, in modo da predisporre la ferita alla rigenerazione. Nella pratica medica si fa uso del debridement chirurgico, ma in situazioni in cui questo risulta rischioso per il pericolo di emorragie o altre complicazioni, il debridement chimico enzimatico, ad esempio per mezzo di collagenasi, papaina o papaina-urea (con o senza clorofillina) risulta di grande utilità. In altre circostanze un debridement misto permette risultati anche migliori. Esiste anche la pratica alternativa di utilizzare larve di mosche per il debridement di ferite quando i procedimenti convenzionali non danno risultati o quando non vi sia alcuna controindicazione. Per nessuna delle tecniche citate esiste un sufficiente argomento scientifico per poterla considerare migliore delle altre e raccomandarla come tecnica di elezione per casi particolari.
Prendendo in considerazione le ulcere diabetiche come le ferite di difficile risoluzione che si presentano epidemiologicamente più comuni, data la diffusione delle patologie diabetiche a livello mondiale, à ̈ noto che queste consistono in lesioni della continuità dei tessuti che può interessare, in relazione alla sua importanza e gravità, i tessuti cutanei, sottocutanei e, infine, ossei. La localizzazione distrettuale più comune à ̈ nel piede, dove la lesione può coinvolgere le regioni apicali delle dita, le giunture articolari tra le falangi, le teste del metatarso (regione plantare), il tallone, le prominenze ossee della caviglia (mortaio tibio-peroneo-astragalico), e la gamba. Il coinvolgimento del piede à ̈ molto pericoloso per il protrarsi della patologia, dato che spesso si arriva all’interessamento dei tessuti sottocutanei ed ossei, con infezioni e fistole che possono portare ad amputazioni delle regioni interessate.
Dallo studio clinico sui pazienti diabetici emerge che in costoro tutti i processi metabolici sono alterati. Infatti, uno dei motivi per cui una persona con diabete sviluppa ferite gravi dove in una persona sana si avrebbero soltanto graffi leggeri, à ̈ nel fatto che il suo controllo metabolico, nonostante gli sforzi personali e medici, non à ̈ dei migliori. Questa situazione si aggrava quando il controllo metabolico à ̈ pessimo; e quindi si ha un rallentamento dei processi rigenerativi e di resistenza alle infezioni, e i fluidi corporali del paziente si convertono piuttosto in eccellenti mezzi di coltura. In simili condizioni, i germi saprofiti finiscono per diventare lesivi e opportunisti, i miceti si trasformano in invasivi, e i germi aerobici facoltativi diventano anaerobici.
Nell’ambito degli studi che hanno condotto alla presente invenzione, finalizzati alla ricerca di un preparato topico che fosse efficace per abbreviare i tempi di cura delle ulcere diabetiche, si à ̈ riscontrato che alcuni dei pochi prodotti disponibili in commercio avevano un effetto sostanzialmente di debridement, altri erano solamente granulanti e altri erano solo riepitelizzanti. Inoltre, i loro effetti in principio positivi venivano ridotti o penalizzati da alcuni inconvenienti, come scarsa adesività o assorbimento insufficiente; in alcuni casi i preparati agivano come un materiale occlusivo, in altri producevano eccessiva disidratazione della superficie della lesione e delle secrezioni delle ferite, e in più i resti del prodotto precipitato aderivano alla ferita dando luogo a delle croste.
In modo specifico, i preparati indicati per il “debridement†della ferita (spesso impropriamente denominati, in italiano, “cicatrizzanti†, vale a dire prodotti genericamente proposti per accelerare la guarigione delle ferite, indipendentemente dalla fase del processo di ripristino a cui ci si riferisce) avevano effetti vantaggiosi nella pulizia gli alvei delle ferite, ma il loro uso oltre questa fase non favoriva lo sforzo del corpo per granulare e riempire lo spazio ulceroso con un tessuto di granulazione. Alcuni prodotti indicati come “granulanti†, cioà ̈ attivi per stimolare l’apparizione e la crescita del tessuto di granulazione, aderivano fortemente ai tessuti e si comportavano come un materiale occlusivo, e oltre ad essere difficili da asportare seccavano la ferita e producevano croste. Infine, i preparati essenzialmente “riepitelizzanti†erano particolarmente utili nell’ultima fase di riparazione di una ferita profonda con perdita di tessuto (oppure in ferite superficiali, come le ustioni di primo grado, anche dall’inizio del trattamento), ma se applicati indistintamente nella fase che non corrisponde avevano l’effetto di ostacolare i processi di riparazione della ferita.
Si à ̈ pertanto concluso, nell’ambito di tali studi, che i risultati apparentemente buoni dell’uso di simili preparati nel trattamento delle ulcere diabetiche sono più che altro dovuti agli sforzi dell’organismo umano che à ̈ riuscito a conseguire una vittoria sul trauma fisico, batteriologico e chimico quando i preparati sono applicati impropriamente.
Alla luce di quanto precede, la presente invenzione si propone pertanto lo scopo di fornire dei mezzi terapeutici utili per il trattamento topico di ferite di difficile o lenta guarigione, quali appunto le ferite aperte e con perdita di tessuto, e in modo particolare le ferite lacero-contuse e le ulcere, incluse le ulcere diabetiche, nonché le ferite da ustione.
Partendo dal concetto della utilità e necessità di fornire un mezzo umido alle ferite in modo che qualsiasi tessuto vivo possa crescere nell’ambiente più propizio, sono state ideate delle composizioni contenenti principi attivi naturali, con cui sono state preparate, secondo l’invenzione, medicazioni umide aventi contenuto in attivi in parte diverso, a seconda della fase di sviluppo del processo di guarigione in cui devono essere applicate.
Secondo l’invenzione, i preparati dovevano presentare i seguenti requisiti:
1. componenti attivi di facile assorbimento, per poter agire non per contatto ma per assimilazione e diffusione dal sito di applicazione nel letto della lesione fino ai tessuti circostanti, con ripercussioni sistemiche controllabili;
2. presenza di nutrienti che durante l’assorbimento e l’assimilazione da parte dei tessuti in neoformazione potessero assicurare ai substrati sia i carboidrati che i minerali, le proteine, le vitamine e i grassi necessari per le funzioni rigenerative nel processo;
3. effetto vasodilatatore arteriale, almeno a livello della lesione e intorno alla stessa, con il proposito di migliorare la circolazione caotica che à ̈ cosa comune nei pazienti diabetici;
4. effetto stimolante la generazione di nuovi vasi sanguigni arteriali (neoangiogenesi) che, in combinazione con l’effetto vasodilatatorio arteriale, assicurasse un’eccellente irrorazione sanguigna;
5. un effetto emoreologico che potesse tradursi in una minore viscosità del sangue, in modo da poter conseguire la disocclusione delle vene trombizzate e la conseguente scomparsa dalla lesione dei tratti nerastri corrispondenti alle vene citate;
6. proprietà antisettiche e antibiotiche, quali quelle che sono già note in molte piante medicinali correntemente in uso.
Tenendo presenti tali requisiti, à ̈ stata trovata una specifica formulazione a base di piante medicinali essiccate e polverizzate, e poi sospese in miele d’api, che in associazione tra loro in proporzioni definite, possono essere applicate come un prodotto topico in crema su una ferita, sia acuta che cronica, sia superficiale che profonda e presentante notevole perdita di sostanza, per stimolare e assistere il processo di guarigione e il ripristino dei tessuti lesi, e per abbreviare i tempi di guarigione della ferita.
Forma pertanto oggetto specifico della presente invenzione una composizione per uso topico per la cura delle ferite, costituita da una miscela di piante essiccate e polverizzate sospesa in proporzioni complessive tra il 5% e l’80% in peso in miele d’api, in cui dette piante comprendono piante dei generi Plantago, Solanum e Kalanchoe. Questi tre generi di piante, che singolarmente sono già noti, per lo meno con alcune specie, nel campo delle piante medicinali e dei rimedi fitoterapici tradizionali, devono essere necessariamente presenti tutti e tre nelle formulazioni proposte secondo l’invenzione. A questi se ne aggiunge un quarto, quello delle piante del genere Scoparia, che entra nella formulazione in due dei tipi specifici di preparati proposti secondo l’invenzione, aventi rispettivamente attività stimolante la granulazione della ferita (preparato “granulante†) e attività stimolante la riepitelizzazione della stessa (preparato “riepitelizzante†), ma non nel terzo, avente attività di debridement (preparato “debridante†).
Alla luce di quanto precede, i preparati proposti secondo l’invenzione, a cui à ̈ stato attribuito il nome “Hidyt†, si caratterizzano per il fatto di essere composti esclusivamente da piante trattate al naturale e miele d’api, senza alcun tipo di additivi né conservanti artificiali.
In modo più specifico, la parte vegetale delle composizioni topiche qui proposte à ̈ costituita da piante essiccate delle specie Scoparia spp., Plantago spp., Solanum spp. e Kalanchoe spp..
Ancora più specificamente, le piante del genere Scoparia sono rappresentate preferibilmente da Scoparia dulcis, una specie diffusa specialmente nelle zone tropicali del Sudamerica, dove viene tradizionalmente usata dalle popolazioni locali sia per infusi che per applicazioni esterne, con una varietà di indicazioni derivanti dalla medicina popolare o tribale, tra cui proprietà antidolorifiche, antisettiche e antiinfiammatorie.
Le piante del genere Plantago (piantaggine) possono essere rappresentate, in particolare, da Plantago lanceolata o da Plantago major, anch’esse usate fin dall’antichità come rimedi fitoterapici, non solo nelle zone tropicali, ma anche in quelle temperate, soprattutto per le loro proprietà antimicrobiche, antisettiche e antiinfiammatorie.
Le piante del genere Solanum rappresentano una famiglia molto ampia, che comprende specie coltivate a scopo alimentare, come il pomodoro (Solanum lycopersicum), la patata (S. tuberosum) e la melanzana (S. melongena), e anche numerose specie spontanee e usate come rimedi fitoterapici o prodotti di erboristeria. In modo specifico, le composizioni secondo l’invenzione possono contenere piante della specie Solanum dulcamara (morella rampicante), usata come rimedio erboristico topico per le abrasioni e contro alcune dermatosi, e Solanum nigrum (morella comune) anche nota come S. incertum, anch’essa usata come rimedio erboristico contro infiammazioni e affezioni dermatologiche.
Nella composizione proposta secondo l’invenzione, le piante del genere Kalanchoe sono rappresentate preferibilmente da Kalanchoe pinnata, tradizionalmente usata tra le popolazioni amazzoniche e in molte altre zone del Sudamerica sia per uso sistemico, in infusi, che per uso esterno, anche per il trattamento di ferite, ustioni, ulcere e punture d’insetto.
I preparati ottenuti a partire dalle miscele vegetali descritte, sospese in miele d’api e in cui le piante utilizzate sono Plantago spp., Solanum spp. e Kalanchoe spp., sono particolarmente indicati per la prima fase di terapia secondo l’invenzione, quando à ̈ richiesta specificamente un’attività di debritement sulla ferita. In questo caso, la miscela di piante essiccate e polverizzate contiene Plantago spp., Solanum spp. e Kalanchoe spp. preferibilmente in proporzioni ponderali rispettive comprese tra 2:2:3 e 4:2:2.
Nel caso in cui il preparato proposto sia da utilizzare nella fase successiva del processo di guarigione, quando à ̈ richiesta principalmente un’azione di stimolazione della granulazione, la miscela di piante indicata secondo l’invenzione contiene Scoparia spp., Plantago spp., Solanum spp. e Kalanchoe spp., preferibilmente in proporzioni ponderali comprese tra 1:1:3:1 e 1:2:4:1.
Infine, per una ferita in cui il tessuto inizialmente mancante à ̈ stato sostanzialmente reintegrato da tessuto di granulazione, e che deve subire l’ultima parte della fase proliferativa, quella della riepitelizzazione, la composizione topica indicata secondo l’invenzione, ad attività riepitelizzante, comprende una miscela di Scoparia spp., Plantago spp., Solanum spp. e Kalanchoe spp. preferibilmente in proporzioni ponderali rispettive comprese tra 8:4:4:1 e 16:4:4:3.
Secondo un altro suo aspetto complementare, la presente invenzione ha ad oggetto un preparato medicinale contenente come principio attivo una miscela di piante essiccate e polverizzate sospesa in proporzioni complessive tra il 5% e l’80% in peso in miele d’api, in cui le piante comprendono piante dei generi Plantago, Solanum e Kalanchoe, per l’uso come farmaco topico. Questa definizione comprende la versione “debridante†del preparato dell’invenzione, specificamente studiata per l’impiego nella fase di debridement delle ferite, in cui la miscela di Plantago, Solanum e Kalanchoe à ̈ usata di preferenza in proporzioni ponderali comprese tra 2:2:3 e 4:2:2.
Secondo altre forme di realizzazione, l’invenzione ha ad oggetto un preparato contenente una miscela di piante essiccate e polverizzate sospesa in proporzioni complessive tra il 5% e l’80% in miele d’api, in cui dette piante comprendono piante dei generi Scoparia, Plantago, Solanum e Kalanchoe, per l’uso come farmaco topico. Questa definizione comprende, a sua volta, la versione “granulante†del preparato dell’invenzione, specificamente studiata per l’impiego nella fase di sviluppo del tessuto di granulazione, e la versione “riepitelizzante†dello stesso preparato, specificamente studiata per l’impiego nella successiva fase di riepitelizzazione. Nel primo caso la miscela di Scoparia, Plantago, Solanum e Kalanchoe à ̈ usata di preferenza in proporzioni ponderali comprese tra 2:2:3 e 4:2:2, mentre nel secondo caso la miscela à ̈ usata preferibilmente in proporzioni ponderali comprese tra 8:4:4:1 e 16:4:4:3.
Come già notato, le creme Hidyt sono state sviluppate e sperimentate in pazienti diabetici sofferenti di gravi lesioni al livello delle estremità inferiori, tanto del tipo neuropatico che ischemico, infettivo e traumatico. Si tratta spesso di ferite profonde e di grandi dimensioni, che interessano tutto il tallone o il collo del piede, o tutto l’alluce o tutte le dita del piede, o tutta la pianta del piede; e che in profondità lasciano esposto il piano osseo, in molti casi con infezioni plurimicrobiche purulente, e con ampie zone di necrosi che coinvolgono i tessuti fino all’osso. Sono state anche sperimentate in ferite diabetiche in parti differenti del corpo come nelle zone del gluteo, del pube, in zone addominali e dorsali, nonché del collo e delle mani. In tutti questi casi i risultati sono stati eccellenti.
Le composizioni dell’invenzione sono state anche sperimentate su pazienti non affetti da diabete, ma che per qualche situazione avevano sviluppato ulcere di differenti dimensioni e gravità. Sono state applicate in ulcere varicose, ferite traumatiche, piaghe da decubito, bruciature e anche in un caso di cloasma facciale di lunga data. Le composizioni sono anche state applicate come crema intravaginale in pazienti con problemi di ulcera al collo dell’utero e in casi di emorroidi, e in tutte le applicazioni i risultati sono stati eccellenti.
Con riferimento specifico ai requisiti 2 e 3 precedentemente riportati (effetto di vasodilatazione arteriale e effetto stimolante la neoangiogenesi), tali due proprietà sono state ottenute con successo nei preparati dell’invenzione, come à ̈ dimostrato dalla colorazione rosso intenso della lesione e particolarmente del tessuto di granulazione, e dal’aspetto pletorico (vale a dire iper-irrorato dal sangue) di tutta la zona trattata nel corso della terapia. Considerando specificamente le lesioni al piede, si rileva che una volta terminato il processo di rigenerazione e chiusa completamente tutta la ferita, il piede sano rimane pletorico. Tale situazione si accresce quando il paziente cammina, ed à ̈ tale l’affluenza del sangue che tutto il piede si gonfia e prende una colorazione bluastra e calda. Per questa ragione si consiglia al paziente di fermarsi e sollevare il piede, che si sgonfia immediatamente, o in alternativa camminare per brevi tratti.
La manifestazione descritta va in remissione spontaneamente in un periodo compreso tra uno e tre mesi, tempo in cui i vasi di neoformazione nella ferita riparata si chiudono o degenerano, in virtù del fatto che non à ̈ più richiesto un tale elevato apporto di sangue nella zona lesa. Tale apporto à ̈ molto utile durante il periodo di granulazione e riparazione attiva dei tessuti, ma deve ridursi gradualmente nelle fasi successive di guarigione.
Per quanto riguarda il requisito 5 precedentemente riportato (effetto emoreologico che si traduca in una riduzione di viscosità del sangue), sono stai ottenuti con l’uso dei preparati Hidyt dell’invenzione risultati che possono essere attribuiti ad una attività antiaggregante piastrinica, o fibrinolitica, o antitrombotica, o trombolitica; oppure alla presenza di qualcuna di queste attività, all’interazione di alcune di esse tra loro, o anche di tutte.
Durante la sperimentazione iniziale del preparato, il conseguimento di tali risultati si à ̈ manifestato in alcuni casi con la presenza di notevoli emorragie, che si rilevavano dalle macchie sui lenzuoli del paziente. Per evitare conseguenze indesiderate o eccessive, le concentrazioni inizialmente fissate dei componenti sono state opportunamente ridotte, ma in ogni caso eventuali effetti emorragici dei preparati proposti si controllano con la somministrazione di vitamina K endovena, per arrestare l’emorragia. Nei pazienti esaminati il valore del tempo di coagulazione, rappresentato dal TP (tempo di protrombina) e dal TTP (tempo di tromboplastina parziale) sono prolungati. Almeno questo fatto dimostra che i componenti del preparato topico proposto, per quanto riguarda l’attività emoreologica, hanno un’azione sistemica.
Gli episodi citati hanno consentito di stabilire, tramite sperimentazioni condotte su ciascuna delle piante in questione presa separatamente, che gli effetti attribuibili a ciascuna di esse in termini di riduzione della viscosità del sangue non sono sufficienti a giustificare l’effetto conseguito dalla composizione nel suo complesso. Pertanto si à ̈ dedotto che in questo caso, come nel caso di altre proprietà, il fatto di mescolare i vari principi attivi in determinate proporzioni tra loro possa produrre dei sinergismi di potenziamento; oppure che sia possibile che risultino dalla miscela nuove molecole con effetti curativi insperati.
Con riferimento al requisito 6, i preparati dell’invenzione possiedono proprietà antibiotiche, sia in conseguenza delle proprietà del miele che ne costituisce il veicolo, sia per le note proprietà antibiotiche di alcune delle piante della composizione.
Sono state trattate con i preparati dell’invenzione ferite di breve evoluzione infette, purulente, in pazienti settici e in un grave stato, scompensato e anemico, nei quali la terapia antibiotica precedentemente intrapresa aveva fallito; o ferite di lunga data, pulite e con granulazione incompleta, o totalmente granulate o in fase di riepitelizzazione incipiente. Infine, sono state trattate ferite in cui per qualche ragione la normale evoluzione della guarigione si à ̈ interrotta in una qualsiasi fase della cura.
I preparati proposti e le relative tecniche di trattamento sono stati sperimentati con successo su lesioni in evoluzione da uno, tre, otto mesi, come pure lesioni di vecchia data, che avevano avuto origine anche quarant’anni prima, in cui si riscontravano tessuti vecchi disposti in maniera disordinata, uniti l’uno con l’altro in fasi differenti all’interno della stessa ferita, tessuto di granulazione, regioni di bordo in fase di riepitelizzazione incipiente, zone con abbondante tessuto necrotizzato e detriti, secrezioni. L’aspetto interessante à ̈ che in queste ferite, già a due o tre giorni dall’inizio del trattamento con i preparati dell’invenzione, i miglioramenti si manifestavano in modo sorprendente, fino a giungere in poche settimane alla guarigione totale. Da ciò si deduce che i preparati proposti hanno la capacità di attivare la rigenerazione cellulare dei vasi sanguigni, tessuti di granulazione, e pelle in maniera ordinata e armonica, indipendentemente dalle condizioni dell’ambiente della lesione e della fase riparativa in cui si era mantenuta la ferita.
Almeno nella fase di granulazione le piante in studio sono state sottoposte a verifica sperimentale in maniera individuale, e anche se la granulazione à ̈ continuata dando luogo comunque ad un’evoluzione del processo di guarigione, il fatto di miscelare le piante tra di loro in determinate proporzioni fisse e di utilizzare proporzioni diverse tra esse a seconda della fase ripartiva a cui il processo di guarigione à ̈ giunto offre comunque dei risultati sorprendentemente e migliori.
PROPRIETÀ DEI PREPARATI HIDYT
Disinfiammante – I preparati topici dell’invenzione hanno potente azione disinfiammante che à ̈ visibile non solo nel letto della lesione ma anche nella pelle intorno alla lesione, cambiando fino alla normalità l’eritema, la cianosi e l’edema iniziali Nel letto della lesione, il colore rosso vino delle ferite traumatiche e infette a poco a poco cambia in rosso scarlatto. Per questa ragione, una volta che si inizia ad applicare il trattamento topico non si richiedono antiinfiammatori orali. Questo fatto à ̈ di notevole beneficio, dato che si evitano le possibili conseguenze gastrointestinali, renali e di altro tipo risultanti dall’uso indiscriminato degli antiinfiammatori non steroidei (FANS).
Stimolante la secrezione - umettante – Il meccanismo principale mediante il quale i preparati dell’invenzione conseguono effetti di disinfiammazione e di sgonfiamento potrebbe essere legato alle loro proprietà umettanti e stimolanti la secrezione. Questa proprietà, opportunamente regolata, ammorbidisce i tessuti e facilita la rimozione dei detriti dalla ferita. Essa à ̈ di particolare importanza perché mentre in altri casi e con altre tecniche si devono utilizzare sostanze atte a fornire un ambiente umido alla ferita mediante l’applicazione di medicazioni, nel caso presente la ferita stessa, per induzione da parte del preparato, si mantiene umida mentre si sgonfia, disidratandosi i tessuti infiammati fino ai limiti utili. Questa proprietà à ̈ stata opportunamente modulata, secondo l’invenzione, senza avere effetti negativi sui benefici parziali e finali.
Stimolante il debridement – la proprietà dei preparati dell’invenzione di stimolante il debridement à ̈ il risultato dell’azione chimica di uno o più dei suoi componenti sul tessuto tendineo e connettivo, sul materiale purulento, il tessuto necrotizzato e i detriti della localizzati nella ferita.
I differenti componenti vegetali del preparato sono stati provati separatamente su muscolo e su tessuto connettivo bovino per otto giorni, senza e i risultati non sono stati molto convincenti. Tuttavia, due dei componenti vegetali del preparato proposto hanno mostrato attività proteasica del 33% circa. Mescolando i prodotti tra loro, invece, i loro effetti si sono rivelati notevoli, probabilmente a causa di un sinergismo tra di loro, o tra quelli e gli enzimi o altri prodotti secreti dalla ferita stessa.
Come risultato di tale attività, si osserva che giorno dopo giorno il tessuto fibroso che giace nella ferita va perdendo consistenza e aderenza, potendo essere rimosso con facilità dalla ferita, e in alcuni casi resta aderente alla garza quando si esegue la medicazione a domicilio, come viene solitamente riferito dagli stessi pazienti.
Trombolitico – Nel letto delle ulcere varicose à ̈ comune vedere nel letto della lesione e in tutto l’arto inferiore i tortuosi tragitti azzurrati delle vene trombizzate. Per questa ragione à ̈ indicato l’uso di anticoagulante come parte del trattamento di queste ulcere.
In questo tipo di ferita già alla prima settimana di applicazione della crema “debridante†le vene trombizzate spariscono completamente senza lasciare la minima traccia della loro esistenza, e questo beneficio si mantiene con l’applicazione successiva degli altri tipi di preparato secondo l’invenzione.
Stimolante la granulazione – La comparsa del tessuto di granulazione si verifica indipendentemente dal fatto che il debridement la pulizia della ferita siano completati ed ha come substrato e origine lo stesso tessuto connettivo sano degli strati superficiali, le arterie e le vene che restano esposte, le fibre muscolari e il midollo osseo quando questo resta esposto.
L’attività stimolante la granulazione riempie tutti gli interstizi e i recessi che possono essere rimasti in conseguenza della massiccia distruzione di tessuti causata dall’infezione, anche quelli propri dell’anatomia di organi come il piede e la mano. Si tratta di un tessuto di neoformazione, esuberante color rosso chiaro, granuloso, che sanguina con facilità, che copre tutta l’estensione della ferita e coinvolge e circonda tendini, arterie, vene, ossa e nervi, senza toglierne la funzionalità. Dopo aver riempito i vuoti profondi, cresce verso la superficie fino ad arrivare a superare il livello della pelle ai bordi della ferita.
L’attività granulante à ̈ la proprietà più importante dei preparati proposti secondo la presente invenzione. Essa rappresenta la conseguenza di tutte le proprietà ricercate e realizzate nei preparati Hidyt, e per cui si richiedevano proprietà di vasodilatazione e fluidificanti del sangue, neoformazione di vasi sanguigni principalmente arteriosi, i nutrienti addizionali, la proprietà antiinfiammatoria e umettante e l’effetto antibiotico.
Lo sviluppo iniziale di questo tessuto di granulazione si presenta esuberante, con granuli grossi che giorno dopo giorno crescono esageratamente. Tuttavia, all’inizio dell’attività di riepitelizzazione e al cambio tipologia di prodotto secondo l’invenzione, l’attività granulante viene frenata e il tessuto che era granuloso diventa liscio, e la parte che inizialmente superava il livello della pelle circostante la lesione si spiana allo stesso livello della pelle sana in piena armonia.
È anche stato provato in varie occasioni che se la terapia con i preparati dell’invenzione viene interrotta in questa fase in favore di un altro preparato riepitelizzante, ad esempio commerciale, il processo di guarigione rallenta macroscopicamente e il tessuto di granulazione torna liscio. Una volta ripresa l’applicazione dei preparati secondo l’invenzione torna a evidente la stessa forza rigeneratrice dei granuli grossi.
Riepitelizzante – Una delle sfide più difficili da realizzare in una ferita di lunga data à ̈ senza dubbio l’avvio dell’attività di riepitelizzazione. Secondo alcune teorie questa ha luogo attraverso la proliferazione dell’epitelio dei bordi della ferita e il successivo slittamento delle nuove cellule epiteliali dai bordi, in forma concentrica verso il etto della ferita.
Nell’applicazione del preparato secondo l’invenzione, nella sua versione “riepitelizzante†, si à ̈ riscontrata diverse volte, inaspettatamente, la presenza di nuclei di riepitelizzazione nel centro della lesione, o in qualche altro punto dentro il letto della ferita, separati dal bordo attivo. In alcuni casi tali nuclei di riepitelizzazione sembrano precedenti alla riepitelizzazione che inizia dai bordi.
La nuova pelle à ̈ della stessa qualità della pelle originale, e poco a poco riprende il colore normale, a tal punto che praticamente non rimane cicatrice. La pelle reintegrata, inoltre recupera la normale sensibilità.
ALTRE PROPRIETA’
È comune che il prodotto della secrezione normale delle ferite, sul tessuto di granulazione e tra i pori e gli spazi che risultano tra i granuli, si depositi come materiale gelatinoso trasparente, la cui consistenza e aderenza al tessuto di granulazione con il tempo aumenta. Questa à ̈ la fibrina, che seccandosi dà luogo alla crosta che ricopre le ferite invecchiate. In molti casi tra la superficie del tessuto di granulazione e questa crosta si forma uno spazio occupato da pus.
Con l’uso dei preparati secondo l’invenzione la produzione di fibrina à ̈ minima, se non praticamente nulla, di poca consistenza e di poca aderenza al tessuto di granulazione..
Questo fatto à ̈ particolarmente importante, perché se la ferita si conserva libera da fibrina la frequenza delle visite mediche necessarie per la guarigione e il loro numero complessivo à ̈ inferiore.
EFFETTI INDESIDERATI
Come à ̈ stato già riportato, il sanguinamento può rappresentare un effetto collaterale che si controlla riducendo la concentrazione dei componenti. Può anche verificarsi che si evidenzi una colorazione violetta al di sotto della pelle nuova, indizio di possibile versamento di sangue sottocutaneo. Tuttavia, al passare dei giorni tale versamento si riassorbe senza lasciare segni e senza rallentare il processo di cura.
Un altro possibile effetto collaterale à ̈ rappresentato dal dolore che nelle ferite superficiali può manifestarsi più intenso, soprattutto nelle bruciature di primo grado.
Nonostante l’applicazione dei preparati secondo l’invenzione consenta di recuperare stati gravemente avanzati di lesioni anche croniche con perdita di sostanza e di chiudere definitivamente le relative ferite, si à ̈ osservato che la funzionalità dei tendini, dei legamenti e del tessuto connettivo interessati dalla lesione non viene recuperata, e tali elementi si devitalizzano gradualmente nel corso del processo di guarigione.
Le proprietà antibiotiche dei preparati secondo l’invenzione sono evidenti, ma non coprono l’infezione da Pseudomonas, per cui può verificarsi che al termine del trattamento di debridement compaia un’infezione da parte di questo batterio, che comunque può essere adeguatamente trattata.
Un altro effetto collaterale provocato dall’applicazione della terapia consiste un una sensazione di pizzicore o di punture sulla ferita, che comunque scompare alcuni giorni dopo la guarigione totale della ferita.
Infine, à ̈ stato notato che fase di riepitelizzazione, nella pelle nuova intorno al bordo attivo si formano croste molto aderenti che à ̈ meglio togliere. Questo fatto persiste fino a quando la ferita si à ̈ richiusa completamente come una crosta di colore caffà ̈ nel centro della cicatrice, ma alla fine anche questa scompare, e la pelle prende la tessitura e la colorazione normale senza che restino segni della precedente presenza di una ferita tanto cruenta.
MODALITA’ DI APPLICAZIONE
L’uso e l’applicazione dei tre preparati topici dell’invenzione deve avvenire in sequenza: prima si applica il prodotto ad azione “debridante†, seguito da quello granulante e per ultimo il preparato riepitelizzante.
Il preparato “debridante†deve essere applicato dopo aver controllato l’infezione, e si continua ad applicare fino a che tutto il tessuto fibroso e i detriti sono stati rimossi.
Il preparato ad azione granulante si inizia ad applicare quando la ferita à ̈ completamente pulita, e la sua applicazione continua fino a quando il tessuto di granulazione abbia riempito tutti gli spazi, tunnel, cavità e interstizi formati dall’infezione, e abbia coperto totalmente il letto della ferita in modo tale da non lasciare nessun dislivello tra il letto stesso e la pelle normale intorno alla lesione.
Il preparato riepitelizzante si applica a partire da questo momento, e poiché il suo compito à ̈ di coprire totalmente di pelle la zona scoperta, es so viene applicato fino a quando à ̈ necessario.
Non à ̈ detto che in tutte le ferite si debba iniziare il trattamento con il preparato per il debridement: il tipo di preparato secondol’invenzione più adeguato per essere applicato all’inizio del trattamento dipenderà dallo stato della lesione. Ad esempio, se alla prima visita la ferita da trattare si presenta pulita senza materiale purulento né fibroso, né detriti, si deve iniziale con la varietà granulante. Se si tratta di una ferita superficiale, come avviene nel caso di una ustione di primo grado, o la ferita si presenta totalmente granulata e con buona vascolarizzazione, si inizierà con la varietà riepitelizzante.
In diversi casi il preparato granulante già opera la chiusura totale della lesione, oppure il periodo di applicazione della successiva varietà riepitelizzante à ̈ più breve del normale. Ciò si verifica perché le tre varietà di preparato secondo l’invenzione, senza essere ciascuna polivalente, mentre compiono le proprie funzioni principali, completano anche la fase precedente, e promuovono o preparano le condizioni perché il preparato della fase seguente possa svolgere il suo principale compito. Così il preparato granulante ha come funzione principale stimolare la granulazione per riempire gli spazi del tessuto connettivo, ma ha anche una qualche attività di debridement che permette di assicurare una limitata proprietà emolliente per rimuovere facilmente qualsiasi detrito residuo o fibrina che possa ancora prodursi. Allo stesso tempo, ha un lieve effetto di stimolazione della riepitelizzazione, che si mostra con il cambio di colore dei bordi che cominciano ad attivarsi e tornano rosati, mentre continua l’attività granulante.
Le indicazioni rispetto alla frequenza di applicazione dei preparati secondo l’invenzione sono di preferenza le seguenti: la varietà per il debridement si applica tutti i giorni una volta al giorno fino a conseguire l’ammorbidimento e all’eliminazione di tutto il materiale devitalizzato. Di norma il suo uso à ̈ richiesto per non più di cinque giorni.
La varietà stimolante la granulazione si applica a giorni alterni una volta al giorno, e la varietà riepitelizzante si applica una volta ogni due o tre giorni. Anche queste due varietà, tuttavia, potrebbero essere applicate quotidianamente.
Nel complesso, i risultati ottenuti con la sperimentazione clinica sono sorprendenti: in un massimo di tre mesi casi sono stati recuperati casi che erano dati per perduti, e dove la diagnosi prevedeva l’amputazione. Sperimentazione clinica su pazienti con ferite trattate con i preparati tipici Hidyt
Primo caso - Ferita infetta complicata da ustione con sostanza calda Paziente diabetica da molto tempo, 48 anni di età, cha da due anni ha subito amputazione della la parte malleolare esterna del piede sinistro che presenta fistole fino all’articolazione tibioastragalina. Nonostante il trattamento convenzionale da parte della stessa équipe di medici che aveva effettuato l’amputazione, non risponde in modo soddisfacente. La ferita alcune volte secerne liquido sieroso e altre volte pus, o si chiude.
Al momento della prima visita si riscontrava febbre, la ferita era in fase di secrezione, circondata da un alone eritematoso brillante, che a detta dei familiari si deve a un’ustione di primo grado prodotta da un impacco caldo nel sito. Viene effettuata un’incisione, drenante molto pus giallo nerastro, maleodorante.
Il caso era complicato dal fatto che si doveva trattare due ferite sovrapposte, la prima profonda che raggiunge l’articolazione stessa, e l’altra superficiale, che allarga la prima. È stata definita completamente la superficie della ferita lasciando esposti il tessuto connettivo sottocutaneo, i tendini e i legamenti dell’articolazione. Una volta controllata l’infezione, si applicava il preparato topico ad attività di debridement dell’invenzione per tre giorni di seguito.
Dopo un mese di trattamento la ferita si presentava in evidente granulazione. Il tessuto connettivo sottocutaneo, i tendini e i legamenti nono stante l’infezione restavano vitali, ma durante il processo di granulazione, ottenuto con l’applicazione del preparato granulante dell’invenzione, tendevano a distruggersi.
A nove settimane l’attività granulante riempiva tutto di spessore, ma la riepitelizzazione era attiva e copriva la parte anteriore della ferita. Il tessuto connettivo sottocutaneo e il grasso erano completamente perduti.
Alla decima settimana granulazione e riepitelizzazione erano attive. Restava un piccolo residuo del tendine, e si notava un edema perilesionale, che non à ̈ sinonimo di infiammazione ma segno di una grande vascolarizzazione.
Alla 14<a>settimana la granulazione si era conclusa, e il tessuto di granulazione che prima era grossolano era diventato liscio. Non rimanevanoresti di tessuto connettivo né tendineo, e la riepitelizzazione continuava coprendo la superficie esposta. L’aspetto del piede era rosato, pletorico.
A quattro mesi la nuova pelle aveva quasi coperto tutto il letto della ferita, ma nella parte inferiore sopra la pelle nuova, in prossimità del centro ancora scoperto si nota la presenza della crosta, che si staccava con facilità lasciando la nuova pelle rosata. Una settimana dopo la ferita era totalmente riepitelizzata.
Nonostante la perdita del tendine la paziente poté camminare senza alcun problema . Si dovette porre una protesi alla gamba amputata.
Vari mesi dopo tornò ad un controllo medico, e fu trovata in uno stato perfetto. La pelle aveva le stesse caratteristiche della pelle normale circostante.
Secondo caso - Ferita cronica, paziente diabetico
Ferita invecchiata di sei mesi di evoluzione, che veniva trattata con polvere essiccante; situata alla radice dell’unghia dell’alluce del piede sinistro. La ferita si mostrava coperta da tessuto connettivo fibroso colore giallastro coperto da polvere bianca, con la quale era stato curato, al di sotto si presentava il tessuto di granulazione liscio, rosato.
È stato effettuato un debridement chirurgico per asportare il tessuto fibroso macerato e il trattamenti secondo l’invenzione à ̈ stato iniziato con il preparato ad azione granulante. Ad una settimana di trattamento la ferita si à ̈ granulata trasformando la granulazione liscia in granulazione a granuli grossi e ricoprendo tutto il letto della lesione del tessuto vivo. La pelle nuova aveva coperto circa un 40% della superficie della ferita.
A due settimane la granulazione e la riepitelizzazione erano attive. A 26 giorni di trattamento la pelle aveva coperto il 90% della superficie della ferita, e una settimana dopo la ferita era totalmente chiusa.
Sei settimane dopo il paziente à ̈ tornato per un controllo medico, la ferita era ricoperta da pelle sopra il quale persisteva la crosta nel centro della ferita originaria.
Terzo caso - Ferita varicosa al collo del piede e nell’area perimalleolare esterna
Paziente non diabetica, affetta da varici nella gamba sinistra che in modo spontaneo ha sviluppato una ferita che in poche settimane acquisiva grandi dimensioni.
La paziente era stata ospedalizzata per otto mesi in chirurgia vascolare, e durante questo periodo erano state applicate varie tecniche e diversi tipi di creme delle più note a livello internazionale, senza ottenere i risultati desiderati.
La paziente mostrava molto dolore, a causa del quale adottava posizioni antalgiche camminando. Si trattava di due ferite connesse, l’una sul collo del piede e l’altra al culmine del malleolo esterno. Si notava per l’aspetto crostoso bruno scuro che si trattava di ferite invecchiate crostose che in trasparenza lasciavano intravedere il piano muscolare e i tendini in un caso e l’estremità inferiore della tibia nell’altro caso. I bordi delle ferite erano necrotizzati.
A soli tre giorni di applicazione del preparato secondo l’invenzione ad attività di debridement si à ̈ notato il cambiamento dell’aspetto dei tessuti: i tessuti necrotizzati inizialmente secchi e molto aderenti ai piani profondi al momento di togliere le garze prima della pulizia, erano umidi e idratato e ammorbiditi, e i tessuti vivi si mostravano di colore rosso per effetto dell’azione del preparato debridante. In seguito all’applicazione del prodotto, che esplica un’azione distruttiva sia sui tessuti già necrotici che su quelli in via di necrosi, un “istmo†di pelle che inizialmente divideva la ferita in due degenera, e viene eliminato con il trattamento. Ottenuta la pulizia il beneficio del preparato era evidente.
A dieci giorni di trattamento e a sette giorni di applicazione della versione granulante del preparato dell’invenzione la granulazione era in piena attività. Si notava la particolare adesione dei resti di materiale vegetale ai tendini, e questi iniziavano a devitalizzarsi e a sfibrarsi. La ferita era completamente pulita e in piena granulazione. La tibia era stata quasi del tutti ricoperta dal tessuto in neoformazione.
A due settimane di applicazione del preparato granulante iniziava a presentarsi sanguinamento, che si à ̈ protratto durante tutta la settimana, come era evidenziato dal colore ecchimotico della fibrina impregnata dal sangue stravasato. Al momento di asportare la fibrina l’emorragia era diffusa, i tendini continuavano a sfibrarsi e la tibia si presentava completamente coperta dal tessuto di granulazione.
A tre settimane e mezzo dall’inizio del trattamento e a tre settimane dall’applicazione del preparato granulante la fase di granulazione era conclusa e la fase di riepitelizzazione era in pieno sviluppo. L’attività di collagenasi era tale che bastava prendere con la pinza i tendini umidificati per pulire la ferita, nonostante il fatto che la funzione principale del preparato applicato fosse la rigenerazione. Il tessuto di granulazione si presentata spesso, e l’attività di riepitelizzazione era da un po’ di tempo in funzione, e i bordi del letto della lesione erano stati coperti dalla nuova pelle.
A due mesi e mezzo il processo di riepitelizzazione avanzava con lentezza a causa dell’incostanza della paziente e del cattivo trattamento della ferita, come una mancanza di riposo e un bendaggio troppo stretto. Restava molto poco dei tendini, Il tessuto di granulazione era liscio e la pelle nuova lo copriva dai bordi. La riepitelizzazione era attiva, la tessitura e il colore della pelle tendeva ad avvicinarsi al colore della pelle normale.
È importante chiarire che in questa paziente i risultati, pur essendo comunque eccezionali, non sono potuti arrivare alla cura completa perché la paziente non ha rispettato il programma di trattamento, e diverse volte lo ha abbandonato, per poi tornare a seguirlo quando la ferita peggiorava. Inoltre ha subito una serie di incidenti nel corso del periodo di terapia, tra cui un’ustione con acqua calda e una con una sostanza acida che, cadendole sulla ferita causò una regressione così grave da danneggiare tutti i risultati fino ad allora conseguiti.
In seguito ad ognuno di tali episodi fu però possibile recuperare la ferita trattandola con i preparati topici dell’invenzione. L’ultima volta che à ̈ stata visitata la ferita era rigenerata all’80%.
Quarto caso - Ferita da ischemia critica dell’arto inferiore, paziente diabetico
Paziente diabetico, 48 anni di età, pallido anemico, febbrile, glicemia 320 mg. Con diagnosi di ischemia critica dell’arto inferiore sinistro, corroborata da arteriografia da cui si evidenzia l’ostruzione dell’arteria femorale profonda nel terzo medio e verso il basso ostruzioni totali e parziali in tutto il tragitto dei rami terminali della stessa, al di sotto dei rami poplitelali, e sviluppo di uno scarso circolo arterioso collaterale.
La decisione dei medici di chirurgia generale e vascolare era di praticare una amputazione dell’arto inferiore fino alla rotula, secondaria alla mancanza di risposta nella ferita chirurgica di amputazione transmetatarsiana dell’alluce, nonostante il trattamento con anticoagulanti sistemici e preparati topici in crema, e cure particolari.
Per la opposizione del paziente all’amputazione come ultimo tentativo, per 15 giorni il paziente à ̈ stato sottoposto a sessioni giornaliere di ozonoterapia per via rettale. In assenza segni evidenti di miglioramento nella ferita che dessero speranza di aver migliorato la perfusione in modo da poter assicurare la rigenerazione tissutale e la guarigione della ferita à ̈ stato intrapreso il trattamento con i preparati secondo l’invenzione.
Al momento della prima visita di consulto il piede si presentava pallido, emaciato, la ferita di fondo rosato, coperta da abbondante tessuto connettivo devitalizzato. Il secondo dito, necrotico e indurito, à ̈ stato amputato e la ferita à ̈ stata sottoposta a debridement chirurgico. L’emorragia era moderata, ed à ̈ stato applicato il preparato Hidyt granulante al 50%.
Alla seconda visita di consulto, a tre giorni dall’inizio del trattamento, la ferita già era rossa, coperta da coaguli, a due settimane persisteva l’emorragia che questa volta era significativa e rilevabile dal lenzuolo. Il paziente riferiva che l’emorragia si presentava principalmente quando abbassava la gamba a terra. Il tessuto di granulazione era rosso, con granuli moderatamente spessi, e la pelle dei bordi mostrava i segni di riattivazione. Ad un mese di trattamento, il piede era disinfiammato ma pletorico, con assenza di polso al collo del piede, né posteriore tibiale. La ferita era rossa granulante e mostrava riepitelizzazione attiva dalla parte superiore e esterna a partire dai bordi.
Nella settimana seguente il tessuto di granulazione era spesso e la riepitelizzazione era attiva partendo dai bordi.
La terapia à ̈ proseguita a giorni alterni per sette mesi, senza alcuna mancanza, e fino all’ultimo giorno di persisteva emorragia dalla parte ancora scoperta e il piede era ancora pletorico caldo e rosato, diventando rosso scuro e più pletorico quando veniva abbassato.
Quinto caso - Piede diabetico infetto
La manifestazione patologica diabetica aveva colpito il dito alluce, la zona del collo del piede e risaliva sopra il malleolo esterno e sotto la parte anteriore della pianta. Dopo un mese di trattamento convenzionale e senza causa apparente si presentava una lesione nel dito alluce. Nonostante il trattamento l’evoluzione era caotica.
Al momento della prima visita medica il paziente si presentava febbrile, freddo, con tutto l’arto inferiore sinistro gonfio e infiammato, con vesciche e pelle lucida, rubiconda fino al terzo medio della gamba. Il dito alluce leggermente cianotico con placche di pelle necrotica nella faccia dorsale e più segni di necrosi del dito che lo rendevano non più vitale. Dalla parte posteriore, dietro l’attaccatura delle dita era presente una lesione crostosa chiusa che una volta incisa drenava abbondante pus nerastro maleodorante, tipica di un’infezione anaerobica. La pelle appariva flaccida con cambiamenti pallidi sul lato interno della pianta del piede.
Il giorno seguente all’intervento di incisione per il drenaggio del pus il colore della pelle e l’edema stavano migliorando, i tendini e le fasce restavano esposti. Al quinto e sesto giorno di trattamento antibiotico topico tutta la pelle lesionata e il tessuto connettivo sottocutaneo devitalizzato si erano seccati, il colore della pelle intorno alla lesione era tendente al normale, le rughe dimostravano che l’infiammazione era sotto controllo. Dopo aver controllato l’infezione primaria à ̈ comparsa un’infezione da Pseudomonas, caratterizzata dal tipico colore verdastro e dall’odore di verdure putride. Tale situazione obbligava a rinviare l’applicazione dei preparati dell’invenzione (Hidyt) di ulteriori otto giorni. La stessa infezione tornava ad apparire 15 giorni dopo l’inizio dell’applicazione del preparato Hidyt per il debridement.
Anche se non si era ancora iniziata l’applicazione del preparato Hidyt ad azione granulante si cominciava ad apprezzare un tessuto di granulazione al di sotto del tessuto fibroso.
A tre settimane di trattamento viene amputato il dito alluce e viene tagliata la parte più distale e superficiale del metatarso per raggiungere il tessuto osseo trabecolare dell’epifisi, dove si trova il midollo osseo ematopoietico. Da questo tessuto, al terzo giorno di trattamento con il preparato dell’invenzione, iniziava anche a generarsi un tessuto di granulazione spesso che cresceva con una rapidità mai vista prima. il tessuto di granulazione à ̈ spesso esuberante, rosso e molto sanguinante.
A sei settimane di trattamento e a tre settimane e mezzo dall’applicazione della varietà granulante del preparato Hidyt in studio, la ferita presentava un tessuto di granulazione spesso e così esuberante da sembrare un’escrescenza tumorale maligna. Tra i granuli si apprezzava un colore rosso più intenso dovuto all’emorragia, che in questo paziente come in altri appariva significativa. La riepitelizzazione incipiente si mostrava con bordi di colore rosato.
All’ottava settimana di trattamento e alla quinta settimana di applicazione del preparato granulante la fase di granulazione era stato completa, e fase di riepitelizzazione era all’inizio. In questo momento vi à ̈ una interfase in cui coesistono la fase di granulazione e la riepitelizzazione, e il tessuto di granulazione supera facilmente il livello della pelle normale.
Come già notato, durante il processo di granulazione si perdono e si decompongono i tendini i fasci e i legamenti.
Alla sesta settimana di applicazione del preparato la riepitelizzazione era attiva, i granuli del tessuto di granulazione erano più lisci e la nuova pelle ricopriva la ferita a partire dai bordi. Due settimane più tardi il piede era totalmente sano, tanto la ferita al collo del piede e il suo prolungamento verso la parte alta del malleolo esterno, quanto la ferita plantare e il moncone del dito alluce.
La presente invenzione à ̈ stata descritta con riferimento ad alcune sue forme di realizzazione specifiche, ma à ̈ da intendersi che variazioni o modifiche potranno essere ad essa apportate dagli esperti nel ramo senza per questo uscire dal relativo ambito di protezione.

Claims (15)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Composizione per uso topico per la cura delle ferite costituita da una miscela di piante essiccate e polverizzate sospesa in proporzioni complessive tra il 5% e l’80% in peso in miele d’api, in cui dette piante comprendono piante dei generi Plantago, Solanum e Kalanchoe.
  2. 2. Composizione secondo la rivendicazione 1, in cui dette piante comprendono, inoltre, piante del genere Scoparia.
  3. 3. Composizione secondo la rivendicazione 1, in cui dette piante sono costituite da piante delle specie Scoparia spp., Plantago spp., Solanum spp. e Kalanchoe spp..
  4. 4. Composizione secondo la rivendicazione 3 in cui dette piante di Scoparia sono Scoparia dulcis.
  5. 5. Composizione secondo la rivendicazione 3 in cui dette piante di Plantago sono Plantago lanceolata o Plantago major.
  6. 6. Composizione secondo la rivendicazione 3 in cui dette piante di Solanum sono Solanum nigrum o Solanum dulcamara.
  7. 7. Composizione secondo la rivendicazione 3 in cui dette piante di Kalanchoe sono Kalanchoe pinnata.
  8. 8. Composizione per uso topico per la cura delle ferite secondo la rivendicazione 1, avente attività di debridement, in cui detta miscela di piante contiene Plantago spp., Solanum spp. e Kalanchoe spp., in proporzioni ponderali comprese tra 2:2:3 e 4:2:2.
  9. 9. Composizione per uso topico per la cura delle ferite secondo la rivendicazione 1, avente attività stimolante la granulazione, in cui detta miscela di piante contiene Scoparia spp., Plantago spp., Solanum spp. e Kalanchoe spp., in proporzioni ponderali comprese tra 1:1:3:1 e 1:2:4:1.
  10. 10. Composizione per uso topico per la cura delle ferite secondo la rivendicazione 1, avente attività stimolante la riepitelizzazione, in cui detta miscela di piante contiene Scoparia spp., Plantago spp., Solanum spp. e Kalanchoe spp. in proporzioni ponderali comprese tra 8:4:4:1 e 16:4:4:3.
  11. 11. Preparato medicinale contenente come principio attivo una miscela di piante essiccate e polverizzate sospesa in proporzioni complessive tra il 5% e l’80% in peso in miele d’api, in cui dette piante comprendono piante dei generi Plantago, Solanum e Kalanchoe, per l’uso come farmaco topico.
  12. 12. Preparato medicinale contenente come principio attivo una miscela di piante essiccate e polverizzate sospesa in proporzioni complessive tra il 5% e l’80% in peso in miele d’api, in cui dette piante comprendono piante dei generi Scoparia, Plantago, Solanum e Kalanchoe, per l’uso come farmaco topico.
  13. 13. Preparato secondo la rivendicazione 11, per l’uso come farmaco per il debridement nel trattamento delle ferite.
  14. 14. Preparato secondo la rivendicazione 12 per l’uso come farmaco stimolante la granulazione nel trattamento delle ferite.
  15. 15. Preparato secondo la rivendicazione 12 per l’uso come farmaco stimolante la riepitelizzazione nel trattamento delle ferite.
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