ITPS20130001A1 - Microscopio laser miniaturizzato per pc/tablet per rilevazione di nanoparticelle su vetrino - Google Patents

Microscopio laser miniaturizzato per pc/tablet per rilevazione di nanoparticelle su vetrino

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ITPS20130001A1
ITPS20130001A1 IT000001A ITPS20130001A ITPS20130001A1 IT PS20130001 A1 ITPS20130001 A1 IT PS20130001A1 IT 000001 A IT000001 A IT 000001A IT PS20130001 A ITPS20130001 A IT PS20130001A IT PS20130001 A1 ITPS20130001 A1 IT PS20130001A1
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Description

DISFOSITIVO OTTICO LASER PER PC/TABLET PER
RILEVAZIONE DI NANOPARTICELLE SU VETRINO COPRIOGGETTO
DESCRIZIOIITE DELL'
Il campo della tecnica cui l'invenzione fa riferimento à ̈<quello>della microscopia e più in<particolare>della microscopia laser ad alta risoluzione per la rilevazione ottica di nanoparticelle odisingole molecole marcate con nanoparticelle.
Generalmente chimici, fisici, biologi, biotecnologi, medici<patologi,>clinici,fotografi, videoamatori e in<generale>scienziati, necessitanodiun microscopio<per poter>osservare e quantificare processi che la natura e le<proprietà>dellamateria celano nel piccolo.
In<particolare,>nel campo della<biosensoristica>e della diagnostica, à ̈ utilepoterosservare<e>distinguere le interazioni che avvengono, su scala nanometrica, tra singole molecole<e>nanoparticelle, al fine di ottenere risultati e informazioni per la ricerca e la diagnosi preventivadi<parametri>di specifico interessenel campodella<genomica,>dellaproteomica e, più in generale, della medicina clinica.
Nel campo delle nanotecnologie, una<generica>"particella"viene definita come un piccolo oggetto di forma sferica che si comporta come una singola unità per<quanto>riguarda il trasporto e le sue proprietà nel tempo.
Le<particelle>sono classificate in accordo alle loro dimensioni, in termini di , come "particelle<grosse" per>dimensioni dai<10000>ai 2500 nanometri, come "particelle fini"<per dimensioni>tra i 2500<e>i<200 nanometri e>infine come<"nanoparticelle" per>dimensioni<tra>i 200 e 1 nanometro.
In<passato>sono stati sviluppati vari sistemidivisualizzazionediimmagini per rilevare nanoparticelle, in<particolare,>la microscopiaelettronicae la microscopia ottica sono risultate le<tecniche che>nel<tempo hanno confermato>il maggior<grado>di affidabilità<proponendo>strumentazioni che vengono sempre più utilizzate nei migliori laboratori scientifici.
Solitamente si utilizza la microscopia ottica per la caratterizzazione di campioni organici<quali>cellule, batteri,<proteine>marcate, DNA marcato e singolemolecolemarcate; invece si utilizza la microscopia elettronica<per>la caratterizzazione di campioni inorganici<quali>nanoparticelle, nanomateriali e per la visualizzazione di singole biomolecole quali proteine, catene di DNA e capsidi virali senza il bisogno di alcuna marcatura.
Il confine tra la microscopia ottica, limitata alla capacità di rilevare nanoparticelle fino a circa 200 nanometri, e la microscopia elettronica, in grado ridurre tale soglia fino a pochi nanometri, à ̈ principalmente rappresentato dal limite di diffrazione descritto da Ernst Abbe nel lontano 1873 con la legge di Abbe.
Questa legge, comprovata da numerosi esperimenti, mostra che esiste un limite massimo fondamentale alla risoluzione di un sistema per la microscopia ottica e che tale limite à ̈ dettato dalla diffrazione della luce in un mezzo ottico.
Generalmente uno strumento ottico in grado di catturare immagini con una risoluzione prossima al limite teorico definito dalla legge di Abbe, viene chiamato “sistema ottico a diffrazione limitata†.
La risoluzione di un microscopio ottico à ̈ pertanto limitata dalle leggi della fisica, in particolare dalla legge di Abbe, e possiede un limite intrinseco, noto come diffrazione “d†, che corrisponde a: d = λ / 2 · NA, dove “d†sono le dimensioni dell’oggetto risolto, “λ†à ̈ la lunghezza d’onda della luce incidente sul campione, “NA†à ̈ l’apertura numerica della lente. Pertanto, in microscopia ottica, per ottenere immagini a più alta risoluzione à ̈ necessario utilizzare una sorgente laser a più bassa lunghezza d’onda, combinata con una lente ad alta NA.
La risoluzione di un microscopio elettronico riesce ad abbassare il valore del limite di diffrazione perché utilizza un fascio di elettroni anziché di fotoni per eccitare il campione; infatti, gli elettroni, che compongono il fascio incidente sul campione, differiscono dai fotoni in quanto hanno una lunghezza d'onda inferiore, di solo qualche nanometro, e dunque contribuiscono, secondo la legge di Abbe, ad abbassare il valore del limite di diffrazione dello strumento.
Dato che il potere di risoluzione di un microscopio à ̈ inversamente proporzionale alla lunghezza d'onda della radiazione incidente, usando un fascio di elettroni à ̈ possibile raggiungere una risoluzione migliore di quella ottenuta con un microscopio ottico.
Anche se i vantaggi della microscopia elettronica in termini di risoluzione sono certamente superiori a quelli della microscopia ottica, quest’ultima contempla alcuni vantaggi imprescindibili, soprattutto in termini di riduzione dei costi per applicazioni su larga scala. La microscopia ottica permette di accedere con maggiore semplicità rispetto alla microscopia elettronica, permettendo la cattura di immagini nel tempo, a livello micro e submicrometrico, potenzialmente utilizzabili per molteplici applicazioni, ad esempio, tanto nel mondo delle biotecnologie e della biosensoristica, quanto nel mondo dei codici a barre bidimensionali con matrici molto piccole.
Negli ultimi decenni l’utilizzo di sorgenti di luce coerenti sempre più potenti e precise, quali i laser, hanno contribuito ad elevare la prestazione della microscopia ottica, fino a raggiungere un livello qualitativo comparabile a quello di più sofisticati e costosi microscopi elettronici. La microscopia ottica con il laser ha permesso, grazie alla concentrazione di energia localizzata in una piccola regione del campione, di rilevare oggetti di dimensioni molto piccole, quali singole nanoparticelle, nonché singole catene di DNA o singole proteine marcate con nanoparticelle, il tutto grazie a consolidati protocolli biochimici di pretrattamento per la marcatura.
La prospettiva di poter quantificare il numero di singoli eventi apre numerose prospettive nel campo della diagnosi precoce, in quanto arriva a prevedere la presenza anche di una sola singola catena di DNA responsabile di un certa patologia.
In diagnostica, nel caso di normali indagini genetiche, l’utilizzo della PCR (Polymerase Chain Reaction), combinata con tecniche di biologia molecolare come l’elettroforesi su gel, à ̈ di prassi per la rilevazione di una certa sequenza di DNA.
La PCR à ̈ uno strumento che amplifica il DNA; la PCR genera milioni di copie della stessag sequenza di DNA in modo da amplificarne, in modo enorme, anche il segnale di rilevazione; questa tecnica à ̈ comunemente utilizzata da molti anni perché in grado di intercettare, in parte, le esigenze di quantificazione del segnale dai professionisti nel settore.
La PCR, che fu inventata da Kary Mullis nel 1993 e per la quale vinse il premio Nobel, fu inventata per compensare l’incapacità ottica strumentale di rilevare di singole biomolecole. Rispetto a 20 anni fa, l’ottica ha fatto passi da gigante riuscendo a costruire microscopi laser di diverso tipo in grado di risolvere l’enigma della “singola molecola†.
Le tecniche di rilevazione di singola molecola attraverso la microscopia laser coinvolgono generalmente le proprietà fìsiche e dinamiche di singole biomolecole e permettono la misura indiretta, tramite la marcatura, di processi biochimici che altrimenti risulterebbero invisibili con un normale microscopio ottico.
La misura e standardizzazione di questi processi avviene grazie all’acquisizione di una serie di segnali ottici ed elettrici provenienti da ima larga ed eterogenea popolazione di biomolecole.
Una definizione fondamentale per quanto riguarda la rilevazione ottica di una singola molecola à ̈ quella che descrive le caratteristiche di un campione e di uno strumento che permetta di distinguere tale campione catturandone il segnale di emissione in presenza di un rumore di fondo e in grado di fornire un adeguato rapporto segnale-rumore.
Questo à ̈ già stato ben riportato in letteratura scientifica da X. Michalet e S. Weiss in “Single molecule spectroscopy and microscopy†C.R. Physique 3 in 2002 pag. 619-644.
La capacità di rilevare il segnale in fluorescenza proveniente da singole molecole fluorescenti e da singole nanoparticelle, normalmente utilizzate nei test diagnostici come marcatori di biomolecole quali DNA o proteine, à ̈ aumentata dalla giusta combinazione tra un detector ad alta sensibilità, capace di rilevare anche singoli fotoni, e un basso rumore di fondo. Questa affermazione à ̈ riportata in letteratura da X. Michalet e S. Weiss e da A.N. Kapanidis, T. Lawrence, F. Pinaud , S. Doose, M. Pflughoefft in “The power and prospects of fluorescence microscopies and spectroscopies†Annu. Rev. Biophys. Biomol. Struct 32, 2003, pag. 161-182.
E’ necessario molto spesso affidarsi alla microscopia laser di fluorescenza per discriminare il segnale delle singole nanoparticelle e questo à ̈ vero non solo grazie alla potenza della luce laser emessa sul campione, ma anche per la presenza di filtri dicroici in grado di separare la lunghezza d’onda di eccitazione da quella di emissione.
Per la rilevazione di una singola molecola à ̈ necessario inoltre utilizzare una ridotta porzione di volume del campione, approssimativamente pochi femtolitri, in modo tale da limitare lo scattering di tipo Raman proveniente dalle molecole d’acqua, fonte di un elevato rumore di fondo. Anche questa definizione à ̈ riportata negli annali della letteratura scientifica da W.E. Moerner e D.P.Fromm in “Methods of single molecule fluorescence spectroscopy and microscopy†Rev. Sci. Instrum. 74, 2004, pag. 3597-3619.
Pertanto l’impiego di rilevatori ottici ad alta sensibilità quali le telecamere del tipo CCD, charged coupled device, e l’applicazione di tecniche ottiche quali la microscopia TIRF, ovvero fluorescenza in riflessione interna totale, possono migliorare il rapporto segnalerumore di almeno 3 ordini di grandezza rispetto ai convenzionali microscopi ottici.
I brevetti riguardanti le tecniche di visualizzazione di singola molecola mediante microscopia ottica, sono ben riassunti da Miklos S.Z. Kellermager in “Visualizing and manipulating individuai protein malecules" Physiol. Meas. 26 (2005) RI 19-R153.
In particolare si conoscono quattro principali metodologie: la microscopia confocale, Patent EP2434327A1, “Laser scan confocal microscope†; la microscopia in campo aperto, Patent EP2551713, “Microscope lightning process and microscope la microscopia TIRF basata su prisma, Patent JP2010181148, “Total internai reflection microscope apparatus and method far analyzing fluorescent sample la microscopia TIRF basata su lente, Patent EP1810296A, “Total Internal Reflectance Fluorescence Microscope’’ o su obiettivo, Patent EP2465001A1, “Microscope far measuring total internai reflection fluorescence" .
La microscopia confocale, basata sull’ impiego del laser, si dimostra idonea a studiare un’interfaccia tra superficie solida e aria, dunque si incentra sulla visualizzazione della singola molecola depositata sulla superficie.
La microscopia in campo aperto si dimostra idonea a visualizzare gruppi di molecole distribuiti nella sezione di un canale di flusso, non potendo tuttavia permettere la distinzione di una singola molecola e neppure la rilevazione di nanoparticelle con dimensioni inferiori al limite risolutivo dello strumento.
Invece, nella microscopia TIRF, la porzione totale del volume sotto analisi à ̈ limitata dalla profondità di penetrazione dell’onda evanescente generata dalla riflessione interna totale del fascio laser nel vetrino coprioggetto, illuminando così sia la superficie del vetrino coprioggetto, sia la soluzione acquosa a contatto col vetrino coprioggetto, con una profondità di campo che spazia per poche centinaia di nanometri all’interno della soluzione.
Questo fatto riduce considerevolmente il rumore di fondo, permettendo la cattura di segnali provenienti da singole nanoparticelle localizzate sulla superficie o in prossimità di essa.
La limitata capacità di penetrazione dell’onda evanescente nella soluzione à ̈ di particolare beneficio in biosensoristica poiché riduce drasticamente il rumore di fondo, permettendo la rilevazione di nanoparticelle in tempo reale durante esperimenti e prove su biosensori ottici. Nella microscopia TIRF, la generazione dell’onda evanescente permette di catturare immagini di singole molecole fluorescenti o di nanoparticelle in veloce movimento in soluzione.
Questa tecnica à ̈ utilizzata nel campo della biosensoristica per la rilevazione di DNA marcato in soluzione sul vetrino coprioggetto. Ad esempio, la disponibilità su scala industriale dei DNA microarray, costituiti da differenti sequenze di DNA stampato su vetrino coprioggetto, accoppiati alla microscopia TIRF, permette di sentire e determinare le fasi di ibridazione tra catene di DNA complementari.
La microscopia laser, grazie alla capacità di rilevare la singola molecola, offre numerose prospettive nel campo della diagnostica biomedicale, a titolo di esempio la rilevazione e il conteggio di singole molecole fluorescenti o di nanoparticelle fluorescenti usate come marcatori di DNA.
Allo stato delle tecniche attuali, un microscopio laser à ̈ costituito da diverse componenti essenziali quali sorgenti di luce, specchi, filtri, un obiettivo, lenti, una telecamera, e un sistema di movimentazione XY manuale o automatizzato, arrangiati insieme in maniera conveniente per l’ottenimento di un’immagine in microscopia ad alta risoluzione.
La rilevazione ottica di biomolecole di dimensioni che generalmente variano dai 5 nanometri, quali singole catene di poche basi di DNA, fino ai 20 nanometri, quali singole proteine, avviene grazie alla marcatura, ovvero grazie all’attacco tramite legame covalente tra molecole fluorescenti o nanoparticelle e le biomolecole di interesse, attraverso protocolli biochimici predefiniti.
Il composto biologico marcato viene quindi posto sulla lente-obiettivo di un microscopio laser, costruito seguendo una delle quattro tecniche ottiche già brevettate e precedentemente descritte, e il segnale viene rilevato in emissione attraverso un sistema ottico generalmente complesso e dotato di numerose componenti quali filtri, dicroici, specchi, deviatori ottici nonché di meccaniche raffinate e rettificate composte di materiali durevoli quali acciaio o alluminio.
L’avvento sul mercato di nanoparticelle commerciali con la possibilità di scelta di pressoché qualsiasi elemento della tavola periodica, di forma sferica e diametro preciso a livello nanometrico, ha contribuito alla diffusione dello sviluppo di micro dispositivi ottici ed elettronici integrati di cui tutti oggi ne godiamo gli effetti.
Ad esempio campioni commerciali di nanoparticelle sferiche di 100 nanometri di diametro rappresentano un ottimo compromesso sia da un lato biochimico, utilizzandole come marcatori di biomolecole di comparabili dimensioni come proteine o DNA, sia da un lato fisico, in quanto, grazie alla luce che esse riflettono o emettono e grazie alle loro ridotte dimensioni possiedono caratteristiche uniche quali ad esempio un’elevata superficie specifica: pertanto, nanoparticelle di 100 nm sono idonee per applicazioni in biosensoristica dato che la capacità di rilevare oggetti di queste dimensioni à ̈ possibile sia grazie a un’alta sensibilità strumentale, sia grazie ad una scelta adeguata dei campioni.
Tutte queste condizioni contribuiscono insieme alla rilevazione ottica di nanoparticelle, e questo à ̈ vero tanto in termini di rilevabilità ottica quanto in termini di reattività chimica e dunque di capacità sensoristic-a di un dispositivo ottico; in termini economici, queste considerazioni portano al centro dell’attenzione la microscopia ottica rispetto alla più costosa microscopia elettronica.
Le tipologie di sistemi ottici laser alternativi alla microscopia TIRF e basati sul laser variano in funzione dell’applicazione: ad esempio, per lo studio di superfici in aria, vengono utilizzate la microscopia confocale e la microscopia a forza atomica; invece per lo studio di superfici in acqua viene usata la microscopia TIRF.
La microscopia TIRF utilizza una sorgente laser per generare una riflessione interna totale del fascio nel vetrino coprioggetto; ciò genera un’onda evanescente in grado di eccitare selettivamente le nanoparticelle o le singole molecole fluorescenti disciolte in soluzione acquosa.
La microscopia TIRF utilizza l’illuminazione con onda evanescente combinata ad un obiettivo ad olio ad elevata apertura numerica (NA>1.4) ed elevata magnificazione (da 60X a 100X) in modo tale da mantenere il fascio in riflessione interna totale nel vetrino coprioggetto.
La microscopia TIRF concentra la luce della sorgente laser sulla pupilla dell’obiettivo, conferendo allo strumento una capacità di discriminare tra un segnale emesso dalle nanoparticelle e il rumore di fondo, e garantendo sia un elevato grado di risoluzione ottica sia una capacità di mantenere il fascio in riflessione interna totale durante la scansione del vetrino coprioggetto.
E’ interessante notare che nei processi di scansione di un vetrino coprioggetto dovrebbe essere conveniente utilizzare un fascio laser accoppiato ad una lente o ad un obiettivo ad aria per evitare le complicazioni legate all’interposizione dell’olio quale mezzo ottico tra l’obiettivo e il vetrino coprioggetto, ma questo non permetterebbe al fascio laser di rimanere totalmente internamente riflesso; tuttavia non à ̈ strettamente necessario che il fascio sia riflesso “totalmente†per generare un onda evanescente in grado di illuminare le nanoparticelle adese sul vetrino coprioggetto o in prossimità di esso.
Considerando questo fatto, appare evidente come l’eventuale possibilità di illuminare con un fascio laser un vetrino coprioggetto, senza dover ricorrere all’impiego di un mezzo per l’accoppiamento ottico ed eliminando dal sistema ottico l’uso dell’obiettivo ad olio, potrebbe costituire un vantaggio, offrendo prestazioni ottiche leggermente inferiori alla microscopia laser TIRF già brevettata, ma à ̈ in grado di garantire una dimensione ed un costo estremamente contenuti rispetto a un microscopio TIRF.
La possibilità di disporre di un efficiente processo di microscopia laser basato sull’impiego del minimo numero di componenti ottiche necessarie, comporta automaticamente ima riduzione delle dimensioni, del peso, del costo ma non necessariamente delle prestazioni in risoluzione ottica, la quale dipende principalmente dalla scelta di una sorgente laser a bassa lunghezza d’onda e da un obiettivo con la più alta apertura numerica; in altri termini, sarebbe possibile sviluppare un microscopio laser di dimensioni estremamente ridotte all’interno di un dispositivo di pochi decimetri cubici se le dimensioni dei percorsi ottici, ad esempio la distanza focale dell’obiettivo, fossero rispettati.
Inoltre la possibilità di procedere con la scansione automatica del vetrino coprioggetto negli assi X e Y lo renderebbe un dispositivo dalle elevate potenzialità di acquisizione.
Basti pensare alla possibilità di ricomporre automaticamente le singole immagini acquisite durante la scansione di un vetrino coprioggetto per poi ottenere un’unica grande immagine di dimensioni nell’ordine dei Gigapixel.
E’ importante sottolineare inoltre che il controllo di immagine di un vetrino portaoggetto à ̈ ideale per essere inserito in una raffinata automazione meccanica, in particolare in condizioni in cui la forza di gravità à ̈ differente o perfino assente; questo à ̈ vero per un obiettivo ad aria, dato che non à ̈ presente nel sistema ottico alcun mezzo ottico liquido, come ad esempio l’olio.
Per quanto riguarda la soluzione acquosa contenente nanoparticelle, essa rimarrebbe confinato in una regione di spazio molto sottile e di pochi micrometri, tra il vetrino portaoggetto e il vetrino coprioggetto, rendendo così nullo il contributo della forza di gravità rispetto alle altre forze elettrostatiche in gioco.
In sistemi ottici basati su obiettivo ad aria, il sandwich dei due vetrini potrebbe essere facilmente inserito in un portavetrino in maniera automatica, tramite un braccio meccanico, e questo permetterebbe di automatizzare la sostituzione del vetrino portaoggetto, accelerando l’intero processo di analisi per più campioni.
Il brevetto proposto in questo documento si inserisce all’interno di questo contesto, proponendo un nuovo dispositivo ottico (Fig. 9), basato su un innovativo accoppiamento ottico (Fig. 1) tra un fascio laser (10), un vetrino coprioggetto (15) ed un obiettivo ad aria (40).
Il dispositivo ottico (Fig. 9) che nasce dall’accoppiamento ottico (Fig. 1) si presenta come un lettore ottico per un vetrino coprioggetto in grado di catturare simultaneamente due differenti segnali ottici: uno in ottica di trasmissione e uno in ottica di riflessione interna.
L’ottica in trasmissione si ottiene illuminando il vetrino coprioggetto (15) con un modulo LED (Fig. 3) posto perpendicolarmente al piano del vetrino coprioggetto e direzionato sull’asse di un obiettivo ad aria (40); l’ottica in riflessione interna si ottiene illuminando il vetrino coprioggetto (15) con un modulo laser (Fig. 2) secondo l’accoppiamento ottico (Fig. 1); in entrambi i casi, l’immagine à ̈ catturata utilizzando il sensore di una telecamera CCD (200) posto, in uscita dall’obiettivo ad aria (40), a una distanza pari alla lunghezza focale dell’obiettivo.
Tutte le tecniche ottiche brevettate e precedentemente descritte possiedono accoppiamenti ottici sostanzialmente differenti e mostrano alcuni aspetti negativi quali: risultare particolarmente complicati ed onerosi da costruire, essere generalmente molto costosi, essere intrinsecamente ingombranti in termini di volume e di peso; essere molto sensibili a minime variazioni fisiche dovute a disallineamenti, polveri, luce diffusa e perdita di fuoco dell'immagine oltre alla ben nota problematica dell' olio tra obiettivo e vetrino coprioggetto in particolare per quanto riguarda la microscopia TIRF.
Soluzioni strumentali come il microscopio TIRF richiedono pertanto un occhio attento combinato con competenze multidisciplinari di alto livello scientifico poiché devono continuamente risultare soggette ad un mantenimento necessario per ottenere la riproducibilità di un segnale.
Nel caso della microscopia TIRF, à ̈ sempre necessario utilizzare olio, sia nella versione con obiettivo che in quella con prisma; ciò implica un’ inevitabile accortezza nel passare da un campione all’altro, con una relativa variabilità, e una manutenzione efficiente dello strumento nel tempo, rendendo l’intero processo di scansione laser più difficile perché sensibile alla variazione di accoppiamento ottico tra laser, olio e vetrino coprioggetto.
La microscopia TIRF possiede ottime prestazioni raggiungendo risoluzioni inferiori ai 200 nm, ma il suo utilizzo richiede una accuratezza tale da determinarne, inevitabilmente, un aumento di tempi vuoti tra una misura e quella seguente. D’altronde se si pensa alla quantità e qualità di immagini che un microscopio TIRF à ̈ in grado di fornire, à ̈ facile non stupirsi degli elevati tempi per l’acquisizione di un immagine, dei costi di sviluppo dello strumento stesso e delle sue componenti, della gestione e manutenzione necessaria, dalla calibrazione al suo diretto utilizzo; questi fattori suggeriscono il fatto che un microscopio laser sia per forza di cose uno strumento complesso e sofisticato e che richieda un elevato grado di precisione nonché di accortezza nella manodopera.
L’invenzione proposta in questo brevetto punta a risolvere questo tipo di problematica proponendo un dispositivo ottico miniaturizzato, a basso costo, basato sul laser secondo l’accoppiamento ottico (Fig. 1), e automatizzato in XY per la scansione di un vetrino coprioggetto; il dispositivo ottico (Fig. 9) à ̈ dotato di un obiettivo ad aria che, attraverso l’illuminazione con il laser secondo l’accoppiamento ottico (Fig. 1), à ̈ in grado, grazie a una telecamera CCD, di distinguere le nanoparticelle con una risoluzione di 238 nm e di rilevare nanoparticelle di dimensioni anche inferiori, fino a 100 nm.
Il contenuto del brevetto si concentra, quindi, sull’accoppiamento ottico (Fig. 1) tra un fascio laser (10) focalizzato e il bordo di un vetrino coprioggetto (15) con un angolo di incidenza di 25° (± 2°) del fascio laser (10) rispetto al piano del vetrino coprioggetto (15); in secondo luogo il contenuto del brevetto intende proteggere un dispositivo ottico (Fig. 9) basato su questo tipo di accoppiamento ottico (Fig. 1), descrivendone le componenti necessarie suddivise in moduli, come, ad esempio, il modulo di microscopia (Fig. 5); quest’ultimo à ̈ dotato di un obiettivo ad aria (40) intercambiabile con magnificazione 10X, o 20X, o 40X o 60X, e rispettive aperture numeriche NA, pari a 0.25, 0.40, 0.65, 0.85.
E’ importante sottolineare che un obiettivo ad aria possiede intrinsecamente una minore apertura numerica (NA < 1.0), rispetto ad un obiettivo ad olio (NA > 1.0); l’obiettivo ad olio conferisce pertanto, in modo intrinseco, una risoluzione migliore rispetto all’obiettivo ad aria, ma, tuttavia, presenta l’inevitabile svantaggio nell’aggiunta di olio tra l’obiettivo e il vetrino coprioggetto, risultando più complicato da gestire in processi di automazione quali la scansione o la sostituzione automatica del vetrino portaoggetto.
Il dispositivo ottico (Fig. 9) proposto in questo brevetto à ̈ stato sviluppato in modo da risolvere le problematiche relative alla scansione e alla sostituzione del vetrino portaoggetto (15). In particolare, dispositivo ottico (Fig. 9) à ̈ basato sull’accoppiamento ottico (Fig. 1) tra il fascio laser (10), il vetrino coprioggetto (15) ed un obiettivo ad aria (40), ed à ̈ in grado di rilevare le nanoparticelle (55) in contatto con il vetrino coprioggetto (15) o presenti vicino ad esso, in una soluzione acquosa, all’intemo dell’onda evanescente (50) generata dalla riflessione interna (45) del fascio laser (10) nel vetrino coprioggetto (15).
Il dispositivo ottico (Fig. 9) non à ̈ in grado di raggiungere la risoluzione di un microscopio TIRF, che si attesta, per un laser blu e un obiettivo con NA=1.45, a circa 154 nm, ma à ̈ comunque in grado di fornire immagini con ima risoluzione di 238 nm, valore sufficiente per la maggior parte delle applicazioni nel settore dei biosensori; in particolare il dispositivo ottico à ̈ stato progettato e sviluppato, con una semplificazione del percorso ottico, tale da permetterne una logica di miniaturizzazione nel costrutto.
Il dispositivo ottico (Fig. 9), basato su questa nuova tipologia di accoppiamento ottico (Fig. 1), à ̈ in grado di offrire una scansione laser della superficie del vetrino coprioggetto negli assi X e Y mantenendo costante l’accoppiamento ottico (Fig. 1) tra il fascio laser (10) e il vetrino coprioggetto (15).
L’accoppiamento ottico (Fig. 1) tra il modulo laser (Fig. 2) e il modulo microscopia (Fig. 5) permette la rilevazione di nanoparticelle (55) fino a 100 nanometri in dimensioni, o comunque comprese tra la risoluzione ottica dello strumento, ovvero 238 nm, e la dimensione di un singolo pixel, ovvero 67 nm.
Nel contenuto del brevetto viene descritto in dettaglio il dispositivo ottico (Fig. 9) che presenta le caratteristiche di un strumento ottico basato su laser, miniaturizzato e automatizzato negli assi X e Y, avente un’interfaccia touch screen (270) esterna al dispositivo, programmata in linguaggio C per il controllo dei comandi.
La rilevazione d’immagine tramite la telecamera CCD (200) à ̈ effettuata attraverso un uscita USB e può avvenire simultaneamente sia in ottica di trasmissione che in ottica di riflessione interna.
Come già accennato in precedenza, il volume fisico e il peso dei tradizionali microscopi laser à ̈ piuttosto elevato rendendoli difficilmente trasportabili, poco maneggevoli e scarsamente integrabili a tecnologie già esistenti.
Il dispositivo ottico (Fig. 9) basato sull’accoppiamento ottico (Fig. 1) invece ha dimensioni molto contenute, à ̈ piuttosto leggero, à ̈ trasportabile in una piccola valigia, ed intende proporsi come una soluzione alternativa ai convenzionali microscopi laser.
Il dispositivo ottico (Fig. 9) Ã ̈ collegabile, tramite cavo USB, ad un qualsiasi computer, fisso, portatile, netbook o tablet che sia dotato di ingresso USB, indipendentemente dal sistema operativo utilizzato.
La combinazione del dispositivo ottico (Fig. 9) con un computer à ̈ in grado di fornire l’accesso diretto, via telecamera, al mondo micrometrico e nanometrico, sia per un utilizzo nel campo della ricerca nelle bio e nanotecnologie, sia per un utilizzo come lettore ottico automatizzato per scansioni in applicazioni più industriali, quali la lettura di un microarray. Il dispositivo ottico (Fig. 9) ha la prerogativa unica di essere uno strumento semplice da utilizzare anche da non necessariamente professionisti del settore biosensorisitico, ma anche da professionisti appartenenti al settore della fotografia, videoamatori e da persone appassionate al campo delle scienze e della natura in generale.
Il dispositivo ottico (Fig. 9) à ̈ stato studiato, progettato e sviluppato in particolare pensando alle potenziali applicazioni che può fornire nel campo della biosensoristica e nel campo della diagnostica biomedicale.
Il dispositivo ottico (Fig. 9) à ̈ adatto, ad esempio, per la visione e il conteggio, tramite analisi di immagine, sia di materiali organici come batteri o cellule umane, sia di materiali inorganici quali nanoparticelle di vari materiali quali oro, argento o silica, nonché delle relative interazioni tra materia organica e inorganica in soluzione acquosa.
Il dispositivo ottico (Fig. 9) risulta essere ima piattaforma ideale nel campo della ricerca biosensoristica in particolare per la rilevazione di interazioni tra biomolecole quali ad esempio interazioni tra proteina/proteina, proteina/DNA, DNA/DNA o RNA/RNA.
Un esempio di combinazione tra biomolecole à ̈ la rilevazione di una catena doppia di DNA grazie a due singole catene di DNA complementari ibridate alle due estremità della doppia catena di DNA; questo metodo à ̈ noto, nel settore dei biosensori, come metodo di ibridazione a “sandwich†e permette di identificare a livello genetico, una doppia catena di DNA specifica, responsabile di una determinata infezione virale, per esempio il papilloma virus.
In questo tipo di interazione tra biomolecole, le nanoparticelle di 100 nanometri di diametro rappresentano dei marcatori ideali per il controllo di avvenuta ibridazione tra catene complementari di DNA, e questo à ̈ ritenuto necessario per la rilevazione di una specifica sequenza di DNA.
Grazie a moderne tecniche di laboratorio, la superficie delle nanoparticelle può essere chimicamente modificata e resa funzionale per l’attacco di biomolecole specifiche quali anticorpi o DNA, rendendo così tali biomolecole otticamente rilevabili, per osservarne il comportamento di interazione in soluzione acquosa con le rispettive controparti biochimiche legate covalentemente sul vetrino coprioggetto (15), quali antigeni o DNA complementare. Il dispositivo ottico (Fig. 9) possiede capacità di sviluppo multidisciplinare in funzione del campo di utilizzo e della specifica applicazione: dalla biofisica sperimentale alla chimica applicata, dalla patologia all’oncologia sperimentale, dalla medicina alla virologia, dalla biosensoristica alla genomica.
L’aggiunta del dispositivo ottico (Fig. 9) ad un personal computer à ̈ tale da dotare quel computer di un vero microscopio laser, che, in funzione delle esigenze, può essere dotato di un obiettivo ad aria con magnificazione 10X, o 20X, o 40X, oppure 60X.
L’aggiunta del dispositivo ottico (Fig. 9) ad un personal computer à ̈ tale da dotare il dispositivo ottico (Fig. 9) di una capacità programmata di esecuzione dei comandi, in stretta dipendenza con la scelta dell’obiettivo utilizzato.
La risoluzione del dispositivo ottico (Fig. 9), considerando un sorgente laser blu a 405 nm, varia dagli 810 nanometri per un obiettivo 10X con NA = 0.25, fino ai 238 nanometri per un obiettivo 60X con NA = 0.85.
Il campo di vista del dispositivo ottico (Fig. 9) à ̈ variabile in funzione dell’obiettivo prescelto: tale campo di vista ha un’area XY di 520 x 400 micrometri per un obiettivo 10X, e si riduce ad un’area XY di 87 x 67 micrometri per un obiettivo 60X.
La dimensione del singolo pixel varia, in funzione dell’obiettivo, dai 400 nanometri, per un obiettivo 10X, fino a 67 nanometri per un obiettivo 60X.
Il campo di vista e la dimensione del pixel qui calcolati si riferiscono all’acquisizione di un immagine utilizzando una telecamera CCD (200) da 1.3 Megapixel (1280 x 1024 pixels).
Il colore del fascio laser (10) può essere selezionato anche ad altre lunghezze d’onda, rosso a 635 nm, verde a 532 nm, in funzione dell’esigenza colorimetrica del marcatore e della disponibilità dei diodi laser già esistenti in commercio.
Il dispositivo ottico (Fig. 9) rappresenta un’innovazione perché, pur essendo basato su un tipo di microscopia ottica con obiettivo ad aria, à ̈ in grado di rilevare un segnale emesso da singole nanoparti celle di 100 nm grazie all’accoppiamento ottico (Fig. 1) tra fascio laser (10) e vetrino coprioggetto (15); questo semplifica significativamente la geometria di percorsi ottici più complicati e presenti negli attuali microscopi o dispositivi ottici attuali, più complessi, costosi, voluminosi e progettati con accoppiamenti ottici differenti da quello proposto in questo brevetto.
Il dispositivo ottico (Fig. 9) basato sull’accoppiamento ottico (Fig. 1) à ̈ in grado di operare anche in assenza di gravità pertanto à ̈ potenzialmente inseribile in condizioni in cui la gravità à ̈ differente, come su altri pianeti, o assente, come nello spazio; questo apre ulteriori scenari sulle sue applicazioni, in particolare in situazioni in cui à ̈ necessario studiare come avvengono i processi cellulari in condizioni così estreme.
Il dispositivo ottico (Fig. 9) basato sull’accoppiamento ottico (Fig. 1) include la presenza di una serie di moduli assemblati fra loro; innanzitutto un modulo laser (Fig. 2) in grado indirizzare, ad un certo angolo, un fascio laser (10) sul bordo di un vetrino coprioggetto (15). Come descritto in precedenza il fascio laser (10) deve essere perfettamente centrato sul bordo del vetrino coprioggetto (15) per indurre la luce a rimanere confinata in riflessione interna (45) generando una onda evanescente (50) in grado di illuminare le nanoparticelle (55) in soluzione acquosa sul piano del vetrino coprioggetto (15) o in prossimità di esso per alcune centinaia di nanometri lungo l’asse Z; pertanto, in fase di calibrazione del dispositivo, à ̈ necessario centrare l’ottica di accoppiamento ottico (Fig. 1) operando sull’aggiustamento fine dello specchio (90). Questo à ̈ possibile agendo sul portaspecchio (80) e regolandone la sua posizione tramite i due fori di servizio (255): questa procedura permette il puntamento fine del fascio laser (10); in questo modo à ̈ possibile concentrare esattamente l’intensità del fascio laser (10) sul profilo del vetrino coprioggetto (15) e ottenere un fenomeno di riflessione interna (45) tale da generare un’onda evanescente (50) sul vetrino coprioggetto (15) senza l’utilizzo di alcun mezzo ottico come olio o prisma.
L’onda evanescente (50) permette di illuminare sia il campione sul vetrino coprioggetto sia quello in soluzione acquosa in una regione di alcune centinaia di nanometri.
La linea di luce diffusa nel vetrino coprioggetto (15) per riflessione interna (45) del fascio laser (10) Ã ̈ centrata nel punto focale (130) di un obiettivo ad aria (40).
Il dispositivo ottico (Fig. 9) possiede un portavetrino (35) dimensionato per ospitare un vetrino portaoggetto (20) di dimensioni 77 x 26 x 1.0 mm che viene utilizzato come parte superiore di un canale di flusso lineare dove viene fatta fluire la soluzione acquosa contenente nanoparticelle (55).
Il vetrino portaoggetto (20) à ̈ forato in due estremità per ottenere un ingresso (25) e un’uscita (30) per i fluidi; la parte inferiore del canale di flusso, quella a contatto con l’obiettivo (40), à ̈ costituita da un vetrino coprioggetto (15) di spessore 0.17 mm con dimensioni rettangolari variabili: 24 x 24, 24 x 40, 24 x 50, 24 x 60 mm; il vetrino coprioggetto (15) à ̈ incollato tramite silicone biadesivo al vetrino portaoggetto (20) delimitando un canale di flusso lineare.
Le nanoparticelle (55) in soluzione acquosa che sono posizionate sul vetrino coprioggetto o in vicina prossimità di esso possono, in funzione delle proprietà ottiche del materiale, riflettere la luce in scattering o assorbirla per emettere un segnale in fluorescenza, con un rapporto segnale-rumore sufficiente a discriminare le nanoparticelle (55) dal rumore di fondo.
Il dispositivo ottico (Fig. 9) à ̈ in grado di funzionare in entrambe le modalità ottiche, sia in scattering sia in fluorescenza; a livello di immagine à ̈ possibile catturare immagini similari ad un cielo notturno popolato di stelle in rapido movimento: la telecamera CCD (200) ha una sensibilità tale da discriminare il segnale di rilevazione di una singola nanoparticella, sia in scattering, sia in fluorescenza, su un rumore di fondo.
La frequenza di acquisizione delle immagini per l' inseguimento, o †̃tracking†, delle nanoparticelle in soluzione acquosa à ̈ in funzione del valore in fps (frames per second), ovvero immagini al secondo, che la telecamera à ̈ in grado di catturare.
Tramite l’acquisizione di immagini combinata con l’utilizzo di un programma per l’analisi di immagine, il dispositivo ottico (Fig. 9) à ̈ in grado di “rilevare†nanoparticelle (55) di dimensioni di 100 nanometri e di “discriminare†il segnale proveniente tra due singole nanoparticelle poste a 238 nanometri di distanza l’una dall’altra; essendo ottico (Fig. 9), il dispositivo à ̈ limitato dal limite di diffrazione, ovvero dalla capacità di “risolvere†la distanza tra due picchi di segnale.
Tuttavia nella regione di dimensioni compresa tra la risoluzione ottica, 238 nm, e la dimensione di un singolo pixel di 67 nm, à ̈ possibile distinguere un segnale proveniente da una singola nanoparticella di dimensioni comprese tra questi due valori, come ad esempio l’insieme dei segnali relativo a una singole nanoparticelle di 100 nm di dimensione.
Questo si ottiene monitorando nel tempo i profili lungo gli assi X e Y del segnale Gaussiano proveniente da singole nanoparticelle, catalogandole in un database in funzione delle dimensioni, del materiale e del profilo Gaussiano.
La standardizzazione del segnale gaussiano di luce emessa e generata da ogni singola nanoparticella permette di rilevare nel tempo la posizione di quella nanoparticella sul piano XY del vetrino coprioggetto (15) e di quantificarne in tempo reale l’intensità di segnale emesso.
In questo modo à ̈ possibile distinguere il segnale emesso dalle singole nanoparticelle (55) di dimensioni comprese tra i 67 e i 238 nm, di standardizzandole in funzione del materiale, delle sue dimensioni e delle sue proprietà chimico-fisiche.
Il dispositivo ottico (Fig. 9) basato sull’accoppiamento ottico (Fig. 1) à ̈ in grado pertanto di rilevare la posizione XY di nanoparticelle di 100 nm con una probabilità che risulta massima in corrispondenza del pixel più luminoso, o pixel centrale, e diminuisce esponenzialmente nei pixel adiacenti, con livelli di grigio, fino ai pixel esterni, neri, in cui il segnale emesso non risulta più rilevabile.
Il dispositivo ottico (Fig. 9) basato sull’accoppiamento ottico (Fig. 1) viene presentato come un dispositivo ottico laser automatizzato e miniaturizzato, collegabile via USB ad un tablet o ad un personal computer, sia per ottenere immagini sia in ottica di trasmissione sia in ottica di riflessione interna.
Il dispositivo ottico (Fig. 9) basato sull’accoppiamento ottico (Fig. 1) à ̈ costituito da vari moduli assemblati all’ interno di un contenitore di forma parallelepipedo composto da sei piastre di fatte con alluminio ALCOA (235, 240, 245, 250, 260, 265) e di un contenitore di forma cilindrica (120).
I cinque moduli assemblati presenti nel dispositivo ottico (Fig. 9) sono: un modulo laser (Fig. 2), un modulo LED (Fig. 3), un modulo meccanico di movimentazione XY (Fig. 4), un modulo di microscopia (Fig. 5), un modulo elettronico (Fig. 7).
Il modulo laser (Fig. 2) à ̈ costituito da un diodo laser (60), dotato di raffreddamento termoelettrico (65), che emette un fascio laser (10) su una lente piano-convessa (70) ed à ̈ direzionato su un primo specchio (85) fissato ad un primo portaspecchio (75) e poi verso un secondo specchio (90) fissato ad un secondo portaspecchio (80), il tutto strutturato all’intemo di un contenitore di alluminio (115); sul lato superiore del contenitore di alluminio (115) à ̈ presente una fenditura (95) che permette al fascio laser (10) di uscire dal modulo con un angolo di 25° ± 2° rispetto al piano del vetrino coprioggetto secondo l’accoppiamento ottico (Fig. 1). L’accensione, lo spegnimento e l’intensità del fascio laser (10) sono pilotati tramite segnale elettrico attraverso la scheda elettronica (225); questi comandi sono direttamente controllabili attraverso l’interfaccia touch screen (270). Il fascio laser (10) à ̈ focalizzato, grazie a una lente (70) con lunghezza focale di 150 mm, e direzionato per colpire il bordo del vetrino coprioggetto (15), provocando un campo di onda evanescente (50) dalla riflessione interna (45) della luce che diffonde nel vetrino coprioggetto (15). L’onda evanescente (50) che si genera lungo l’asse Z à ̈ in grado di illuminare la superficie del vetrino e diffondere nel campione liquido contenente nanoparticelle (55) illuminandole in soluzione acquosa fino a qualche centinaio di nanometri sopra la superficie del vetrino coprioggetto (15). L’onda evanescente (50) à ̈ in grado di illuminare tanto le nanoparticelle (55) adese sulla superficie del vetrino coprioggetto (15), che sono quasi ferme, quanto quelle in soluzione acquosa, presenti vicino alla superficie del vetrino coprioggetto (15), che sono in rapido movimento. Il modulo LED (Fig. 3) à ̈ posto perpendicolarmente al vetrino coprioggetto (15), in asse con l’obiettivo ad aria (40), dalla parte opposta dell’obiettivo ad aria (40), ed à ̈ costituito da: un LED chip multicolore RGB (100), dotato di tre LED con lunghezze d’onda di emissione differente: nel blu a 460 nm, nel verde a 530 nm, nel rosso a 630 nm.
Davanti ai LED à ̈ posto un disco forato (105) utilizzato per limitare la dispersione di luce e confinare l’asse di uscita ottico in una direzione; davanti al disco forato (105) à ̈ posta una lente doppietto acromatica (110) in grado di agire da condensatore di luce, in modo da proiettare un fascio di luce collimata, proveniente dai LED, in direzione perpendicolare al vetrino coprioggetto (15) in corrispondenza dell’asse ottico dell’obiettivo ad aria (40).
Il disco forato (105) presenta un incavo laterale per ospitare uno specchio quadrato (125) atto a deviare un segnale proveniente dall’estemo del dispositivo (Fig. 9). Tale segnale proviene da un telecomando RGB ed à ̈ indirizzato verso un ricevitore IR (135) presente all’interno del modulo LED (Fig. 3). Tutte le suddette componenti (100, 105, 110, 125, 135) sono racchiuse in un contenitore cilindrico (120) atto a contenere il modulo LED (Fig. 3). La scelta del colore di emissione del modulo LED (Fig.3) à ̈ controllata tramite un telecomando.
L’accensione, lo spegnimento e l’intensità della lampada LED sono pilotati tramite segnale elettrico programmato sulla seconda scheda elettronica (220) collegata alla prima scheda elettronica (215); il pilotaggio di questi comandi à ̈ direttamente controllabile attraverso l’interfaccia touch screen (270).
La combinazione di modulo LED (Fig. 3) e modulo di microscopia (Fig. 5) determina la capacità del dispositivo di funzionare in ottica di trasmissione del segnale potendo illuminare il vetrino coprioggetto (15) a tre diverse lunghezze d’onda.
La visione in ottica di trasmissione à ̈ parte necessaria per la rilevazione di nanoparticelle (55), in quanto permette un primo rapido metodo per l' ottenimento del fuoco del immagine sulla superficie del vetrino coprioggetto (15). Successivamente la visione in ottica laser permette di rilevare le singole nanoparticelle (55) sulla superficie del vetrino coprioggetto (15).
Il modulo meccanico di movimentazione XY (Fig. 4) Ã ̈ costituito sostanzialmente da due blocchi di movimentazione e da un portavetrino (35) collegato tramite un supporto di alluminio a una movimentazione lineare in asse X (150).
Il primo blocco di movimentazione (140, 150, 165) à ̈ costituito da una movimentazione lineare in asse X (150) accoppiata, tramite una coppia di ingranaggi (165) con rapporto 1:1, ad un motoriduttore (140). I due ingranaggi sono collegati uno alla movimentazione lineare in asse X (150) e uno al motoriduttore (140), e permettono l’inversione a 90° dell’asse di rotazione del motoriduttore (140) in modo da contenere in maniera più efficace le dimensioni del primo blocco di movimentazione (140, 150, 165). La movimentazione lineare in asse X (150) e il motoriduttore (140) sono fissati sopra la piastra superiore del contenitore di alluminio (115). Il controllo, tramite segnale elettrico, del motoriduttore (140) permette la movimentazione sull’asse X del portavetrino (35) nelle due direzioni e, di conseguenza, del vetrino coprioggetto (15) inserito in esso, mantenendo l’accoppiamento ottico (Fig. 1).
Il secondo blocco di movimentazione (145, 155) à ̈ costituito da una movimentazione lineare in asse Y (155) collegata direttamente all’asse rotazionale di un secondo motoriduttore (145). La movimentazione lineare in asse Y (155) e il motoriduttore (145) sono fissati sulla piastra base (235). Il secondo blocco di movimentazione permette la movimentazione sull’asse Y del contenitore di alluminio (115) nelle due direzioni. Sul contenitore di alluminio (115) sono fissati il primo blocco di movimentazione (140, 150, 165), il portavetrino (35) e il vetrino coprioggetto (15) inserito in esso. Nel contenitore di alluminio (115) à ̈ presente il modulo laser (Fig. 2) e, pertanto, durante la movimentazione viene mantenuto l’accoppiamento ottico (Fig. 1). Il controllo, tramite segnale elettrico, del motoriduttore (145) permette la capacità di movimentazione sull’asse Y del modulo laser (Fig. 2), del portavetrino (35) e del primo blocco di movimentazione (140,150,165).
Il modulo meccanico di movimentazione XY (Fig. 4) possiede movimenti programmabili nelle 4 direzioni (alto, basso, destra, sinistra) tramite gestione dei segnali elettrici pilotati attraverso la prima scheda elettronica (215); questi comandi sono direttamente controllabili attraverso l’interfaccia touch screen (270).
E’ importante sottolineare che nei processi di movimentazione lungo entrambi gli assi X e Y il modulo di microscopia (Fig. 5) à ̈ fermo negli assi X e Y.
L’unico grado di libertà in cui il modulo di microscopia (Fig. 5) à ̈ in grado di operare à ̈ sull’asse Z in quanto l’obiettivo ad aria (40) necessita di un aggiustamento fine necessario aH’ottenimento di immagini esattamente a fuoco. Tale considerazione porta a pensare che la scansione di un vetrino coprioggetto risulti pertanto molto sensibile al fuoco dell’ immagine e questo à ̈ noto, in particolare per obiettivi da 40X in su. Per questo motivo, per la costruzione di un dispositivo ottico (Fig. 9) che sia in grado di effettuare una scansione anche a più alte magnificazioni, anche a 60X, à ̈ necessario utilizzare un certo tipo di meccanica di precisione che preveda l’utilizzo di piastre in alluminio ALCOA (235,240,245,250,260,265), ed à ̈ necessario lavorare questo metallo con una precisione of 0.01 mm.
Il modulo di microscopia (Fig. 5), Ã ̈ costituito da varie componenti: innanzitutto un obiettivo ad aria (40) con magnificazione 10X e NA=0.25, oppine 20X e NA=0.40, oppure 40X e NA=0.65, oppure 60X e NA=0.85. Tutti questi obiettivi ad aria possiedono la stessa distanza di lavoro, pari a 0.17 mm e la stessa lunghezza focale di 160 mm.
L’obiettivo ad aria (40) à ̈ posizionato perpendicolarmente al piano del vetrino coprioggetto (15) ed avvitato su un supporto portaobiettivo (160) fissato sulla movimentazione lineare in asse Z (275).
La movimentazione lineare in asse Z (275), che à ̈ fissata sulla piastra verticale posteriore (240), à ̈ dotata di una manopola per muovere finemente l’obiettivo lungo l’asse Z così da ottenere un fuoco preciso sulla superficie del vetrino coprioggetto (15).
Il controllo in asse Z del fuoco dell’immagine à ̈ fondamentale per la rilevazione di nanoparticelle (55), in quanto l’onda evanescente (50) diffonde all’interno della soluzione liquida solo per alcune centinaia di nanometri e pertanto à ̈ necessario che l’obiettivo ad aria (40) si trovi ad un’altezza precisa in asse Z: questo si ottiene operando manualmente tramite una manopola micrometrica localizzata sulla movimentazione lineare in asse Z (275).
Il modulo di microscopia (Fig. 5) à ̈ costituito da un obiettivo ad aria (40), un supporto portaobiettivo (160), una movimentazione lineare in asse Z (275), un primo specchio (180) all’interno di un portaspecchio (170) fissato sulla piastra verticale posteriore (240), un secondo specchio (185) all’interno di un secondo portaspecchio (175) fissato sulla piastra base (235), una ruota filtri (190) collegata all’asse rotazionale di un motoriduttore (195) e, infine, una telecamera CCD (200).
Questa geometria permette di suddividere, lungo i tre assi XYZ, la lunghezza focale dell’obiettivo contribuendo a ridurre nel complesso le dimensioni del dispositivo.
Il motoriduttore (195) à ̈ pilotato tramite segnali elettrici programmati provenienti direttamente dalla prima scheda elettronica (215): questi comandi sono direttamente controllabili attraverso l’interfaccia touch screen (270).
In questo modo à ̈ possibile calibrare, grazie a filtri ottici passa banda, la risposta della telecamera alla lunghezza d’onda d’interesse.
A seconda del tipo di necessità, il dispositivo ottico (Fig. 9) à ̈ in grado di selezionare il metodo di visualizzazione desiderato, sia in ottica di trasmissione, attraverso l’illuminazione con modulo LED (Fig. 3), sia in ottica di riflessione interna attraverso l' illuminazione con modulo laser (Fig. 2), sia in ottica di trasmissione e riflessione interna contemporaneamente. Nel caso dell’illuminazione laser, la rilevazione di nanoparticelle (55) in scattering avviene utilizzando un filtro ottico passa banda centrato a una lunghezza d’onda similare a quella del laser utilizzato. Nel caso della rilevazione di immagini in fluorescenza, il filtro ottico passa banda avrà una lunghezza d’onda superiore a quella del laser utilizzato. La scelta del filtro dipenderà in primis dalle proprietà fisiche e ottiche delle nanoparticelle (55).
L’immagine, opportunamente filtrata, viene infine catturata dalla telecamera CCD (200) e inviata ad un PC tramite cavo USB.
Il modulo optomeccanico (Fig. 6) riassume brevemente il ruolo di alcuni dei moduli in gioco e mostra la combinazione in un solo modulo dei tre moduli descritti precedentemente: il modulo laser (Fig. 2), il modulo meccanico di movimentazione XY (Fig. 4) e il modulo di microscopia (Fig. 5). E’ importante sottolineare che il modulo optomeccanico (Fig. 6) non à ̈ un blocco fermo bensì à ̈ in grado di muovere il portavetrino (35) in asse X ed à ̈ in grado di muovere il portavetrino (35) e il contenitore di alluminio (115) in asse Y; in particolare il contenitore di alluminio (115) contiene al suo interno le componenti del modulo laser (Fig. 2) e al suo esterno il sistema di movimentazione sull’asse X (140,150,165) e il portavetrino (35). Il modulo optomeccanico (Fig. 6), così strutturato, à ̈ in grado di mantenere l’accoppiamento ottico (Fig. 1) durante il processo di scansione XY di un vetrino coprioggetto (15).
Il modulo elettronico (Fig. 7) Ã ̈ costituito da due schede elettroniche (215, 220) direttamente collegate tra loro e dotate entrambe di un microprocessore.
La prima scheda elettronica (215) ha ima porta USB (205) per la programmazione dei segnali elettrici a 5 Volt ed ima porta a 12V (210) per l’alimentazione elettrica del dispositivo. La prima scheda elettronica (215) à ̈ dotata di un microprocessore programmabile in grado di inviare e di ricevere una pluralità di segnali elettrici relativi sia ai motoriduttori (140, 145, 195) che ad una interfaccia touch screen (270).
La seconda scheda elettronica (220) à ̈ direttamente collegata alla prima scheda elettronica (215) ed à ̈ dotata di un microprocessore programmabile per il pilotaggio dei segnali elettrici a 12 Volt relativi al diodo laser (60) e al LED chip multicolore RGB (100).
Ogni segnale elettrico à ̈ controllato, in ingresso o in uscita, attraverso coppie di fili elettrici di rame saldati sui poli positivo e negativo di ogni singola unità pilotabile, e collegati dall’altro lato ad una serie di pin femmina presenti sulla prima scheda elettronica (215).
Ogni segnale elettrico in ingresso o in uscita dalla due schede elettroniche (215, 220) Ã ̈ programmabile compilando un file di programma in linguaggio C e caricando quel file di programma sulla prima scheda elettronica (215) attraverso la porta USB (205).
I comandi dei segnali elettrici sui motoriduttori (140, 145, 195), sul diodo laser (60) e sul LED chip multicolore RGB (100) sono gestiti attraverso una interfaccia touch screen (270) collegata alla prima scheda elettronica (215).
L’interfaccia touch screen (270) programmata per il dispositivo ottico (Fig. 9) consta della presenza sullo schermo di 16 tasti, 12 di forma quadrata, posti a sinistra sul display e 4 di forma rettangolare posti a destra sul display.
Partendo da in alto a sinistra i primi 9 tasti quadrati determinano i controlli sulla movimentazione del vetrino portaoggetto (20) negli assi X e Y, pertanto agiscono stri motoriduttori (140, 145), generando il moto nelle quattro direzioni (sinistra, destra, alto, basso).
Gli ultimi 3 tasti quadrati in basso a sinistra determinano il controllo sulla rotazione del motoriduttore (195) relativo alla ruota filtri (190). I 4 tasti rettangolari a destra costituiscono rispettivamente l’accensione e lo spegnimento del modulo LED (Fig. 3) e l’accensione e lo spegnimento del modulo laser (Fig. 2). L’intensità dei fasci di luce proveniente dai moduli LED e laser à ̈ programmata per ottenere il miglior rapporto segnale-rumore per la rilevazione di nanoparticelle (55).
II modulo optomeccatronico (Fig. 8) rappresenta la combinazione del modulo optomeccanico (Fig. 6), del modulo elettronico (Fig. 7) e del modulo LED (Fig.3) in una sola unità.
Il modulo optomeccatronico (Fig. 8) à ̈ racchiuso in due unità volumetriche: un contenitore parallelepipedo costituito da piastre in alluminio (235, 240, 245, 250, 260, 265) avente dimensioni massime di larghezza x lunghezza x altezza rispettivamente pari a 20 x 22 x 13 cm e un contenitore cilindrico avente dimensioni massime di diametro x altezza rispettivamente pari a 7 x 10 cm.
Il volume complessivo del dispositivo ottico (Fig. 9) Ã ̈ inferiore ai 6.5 dm<3>.
Il modulo optomeccatronico (Fig. 8) mostra alcune componenti fissate sulla piastra base (235) tra cui: la movimentazione lineare in asse Y (155), il motoriduttore (145), il portaspecchio (175), la telecamera CCD (200), la prima scheda elettronica (215) e la scheda elettronica (225) del laser; altre componenti invece sono fissate sulla piastra verticale posteriore (240) tra cui: Il portaspecchio (170), la movimentazione lineare in asse Z (275) ed il supporto per modulo LED (230); la precisa rettifica delle piastre (235, 240) esattamente a 90°, con un errore massimo di 0.01 mm, permette l’ottenimento di un dispositivo ottico (Fig. 9) ideale per il mantenimento del fuoco durante una scansione XY per la cattura di immagini nelle modalità in trasmissione, in fluorescenza e in scattering.
Il dispositivo ottico (Fig. 9) opera con un campo di vista che può spaziare dagli 0.5 mm ai 67 nm, in funzione dell’obiettivo (10X, 20X, 40X, 60X) utilizzato: in particolare, il dispositivo ottico (Fig. 9) à ̈ in grado di analizzare una regione XY di 0.067 x 0.087 mm per un obiettivo 60X, 0.100 x 0.130 mm per un obiettivo 40X, 0.200 x 0.260 mm per un obiettivo 20X, 0.400 x 0.520 mm per un obiettivo 10X.
Il dispositivo ottico (Fig. 9) contiene al suo interno un modulo optomeccatronico (Fig. 8) in grado di effettuare una scansione XY di un vetrino coprioggetto (15) muovendosi all’interno di una regione di 15 x 15 mm e mantenendo il fuoco dell’immagine dinante la scansione; in particolare il modulo optomeccatronico (Fig. 8) à ̈ in grado di effettuare una scansione anche in assenza di gravità o in presenza di gravità differente, senza perdere il fuoco dell’immagine, perfino con un obiettivo 60X, magnificazione a cui solitamente il fuoco dell’immagine risulta estremamente sensibile a variazioni di ogni tipo.
Il dispositivo ottico (Fig. 9) mostra esternamente un corpo macchina in alluminio rettificato, ottenuto utilizzando sei piastre di alluminio (235, 240, 245, 250, 260, 265): la piastra superiore (260), il portavetrino (35) e la piastra base (235) devono risultare perfettamente paralleli con una precisione meccanica di 0.01 mm; questa precisione permette al dispositivo ottico (Fig. 9) di mantenere il fuoco dell’immagine durante il processo di scansione lungo gli assi X e Y.
In particolare, questa cosa à ̈ resa possibile grazie al trattamento di superficie della piastra superiore (265) con una precisione meccanica di 0.01 mm, conferisce una peculiarità aggiunta al dispositivo ottico, ovvero quella di poter effettuare, anche in assenza di gravità, una scansione. La piastra verticale anteriore (265) à ̈ lavorata per ospitare l’interfaccia touch screen (270) ed à ̈ rivolta frontalmente all’utente per il controllo dei comandi.
La piastra verticale anteriore (265) mostra una coppia di fori di servizio (255) che permettono ad un utente di calibrare il dispositivo operando sull’aggiustamento di direzione del fascio laser (10) in uscita dalla fenditura (95), di modo che il fascio colpisca esattamente il bordo del vetrino coprioggetto (15), cosi come nell’ accoppiamento ottico (Fig. 1).
Il dispositivo ottico (Fig. 9) à ̈ collegabile tramite un cavo USB ad un computer fisso, o un portatile, o un netbook, o un tablet, e permette, attraverso l' installazione di un driver, la visualizzazione delle immagini sul monitor del computer utilizzando un programma per l’acquisizione del immagine, in una modalità semplice, paragonabile a quella di collegamento di una webcam.
Il posizionamento del fuoco, grazie all’obiettivo ad aria (40) inserito nella movimentazione lineare in asse Z (275), permette ima immagine a fuoco, in ottica di trasmissione, a diverse altezze fino ad un massimo di poche decine di micrometri in funzione della distanza di lavoro del vetrino coprioggetto (15) dall’obiettivo ad aria (40).
Invece, per quanto riguarda il fuoco del immagine in ottica di riflessione interna, la visione su più piani à ̈ limitata dalla profondità di penetrazione dell’onda evanescente (50) nella
piano del vetrino coprioggetto per poi decadere esponenzialmente a poche centinaia di nanometri di distanza dal vetrino coprioggetto (15).
La rilevazione di nanoparticelle avviene in modalità scattering o in modalità fluorescenza ed à ̈ relativa a poche centinaia di nanometri sull’asse Z, per cui à ̈ possibile la loro rilevazione solo se le nanoparticelle sono a contatto con il vetrino coprioggetto (15) o se si trovano in prossimità di esso.
L’accoppiamento ottico (Fig. 1) combinato con le accortezze adottate nella costruzione del modulo optomeccatronico (Fig. 8) completano la costruzione del dispositivo ottico (Fig. 9) fornendo la potenzialità ad un utente di collegare un dispositivo ottico piccolo, leggero, semplice e miniaturizzato via USB ad un computer, interfacciandolo il più direttamente possibile offrendo all’utente l’opportunità di avere accesso al mondo delle nanotecnologia, proponendo uno strumento semplice, preciso, basato su ottica laser e dalle dimensioni e dai costi contenuti, ma dalle prestazioni ottiche molto elevate.
Il campione preso in esame può essere costituito non solo da nanoparticelle, bensì anche da cellule umane o animali, sangue umano o animale, batteri, e, più in generale, da qualsiasi altro campione trasparente o semi-trasparente che possieda dimensioni comprese tra i 0.52 mm e i 67 nm.
LEGENDA;
Fig. 1 - Accoppiamento ottico
Fig. 2 - Modulo laser
Fig. 3 - Modulo LED
Fig. 4 - Modulo meccanico di movimentazione XY Fig. 5 - Modulo di microscopia
Fig. 6 - Modulo optomeccanico
Fig. 7 - Modulo elettronico
Fig. 8 - Modulo optomeccatronico
Fig. 9 - Dispositivo ottico
10 - Fascio laser
15 - Vetrino coprioggetto
20 - Vetrino portaoggetto
25 - Ingresso per il fluido
30 - Uscita per il fluido
35 - Portavetrino
40 - Obiettivo ad aria
45 - Riflessione interna
50 - Onda evanescente
55 - Nanoparticelle
60 - Diodo laser
65 - Raffreddamento termoelettrico
70 - Lente piano-convessa
75 - Portaspecchio
80 - Portaspecchio
85 - Specchio
90 - Specchio
95 - Fenditura
100 - LED chip multicolore RGB
105 - Disco forato
110 - Lente doppietto acromatico
115 - Contenitore di alluminio
120 - Contenitore cilindrico
125 - Specchio quadrato
130 - Punto focale
135 - Ricevitore IR
140 - Motoriduttore
145 - Motoriduttore
150 - Movimentazione lineare in asse X 155 - Movimentazione lineare in asse Y 160 - Supporto portaobiettivo
165 - Coppia di ingranaggi
170 - Portaspecchio
175 - Portaspecchio
180 - Specchio
185 - Specchio
190 - Ruota filtri
195 - Motoriduttore
200 - Telecamera CCD
205 - Porta USB
210 - Spina elettrica a 12V
215 - Prima scheda elettronica
220 - Seconda scheda elettronica 225 - Scheda elettronica del laser 230 - Supporto per modulo LED.
235 - Piastra base
240 - Piastra verticale posteriore
245 - Piastra laterale destra
250 - Piastra laterale sinistra
255 - Fori di servizio
260 - Piastra superiore
265 - Piastra verticale anteriore
270 - Interfaccia touch screen
275 - Movimentazione lineare in asse Z

Claims (3)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Accoppiamento ottico (Fig. 1) tra un fascio laser (10) focalizzato e il bordo di un vetrino coprioggetto (15) di 0,17 mm di spessore con un angolo di inclinazione di 25° ± 2° rispetto al piano del vetrino coprioggetto (15) per la visualizzazione, tramite obiettivo ad aria (40), di nanoparticelle (55) presenti in una soluzione acquosa al intemo del campo di onda evanescente (50) generata dalla riflessione interna (45) del fascio laser (10) nel vetrino coprioggetto (15); l’asse ottico e il punto focale (130) dell’obiettivo ad aria sono centrati nel punto di incrocio con la linea di luce diffusa dalla riflessione interna (45) del fascio laser (10) nel vetrino coprioggetto (15); le nanoparticelle (55) sono inserite in un canale di flusso lineare trasparente ricavato tra un vetrino coprioggetto (15) e un vetrino portaoggetto (20) dotato di due fori, uno per l’ingresso (25) e uno per l’uscita (30) della soluzione acquosa contenente nanoparticelle (55); il vetrino portaoggetto (20) e il vetrino coprioggetto (15) sono sigillati tramite un film di silicone che delimita le pareti interne del canale di flusso e sono alloggiati all’interno di un portavetrino (35) fissato sul lato di movimentazione lineare in asse X (150).
  2. 2. Un dispositivo ottico (Fig. 9) come da rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto di avere un accoppiamento ottico (Fig. 1) in grado di rilevare otticamente nanoparticelle (55), e caratterizzato dal fatto di essere costituito da un modulo laser (Fig. 2), un modulo LED (Fig. 3), un modulo meccanico di movimentazione XY (Fig. 4), un modulo di microscopia (Fig. 5) e un modulo elettronico (Fig. 7) assemblati insieme in un modulo optomeccatronico (Fig. 8) all’interno di due contenitori, uno a forma di parallelepipedo e uno a forma cilindrica, con dimensioni complessive inferiori ai 6,5 dm .
  3. 3. Un dispositivo ottico (Fig. 9) come da rivendicazioni 1 e 2, caratterizzato dal fatto di possedere un modulo laser (Fig. 2) costituito da un diodo laser (60), dotato di raffreddamento termoelettrico (65) e controllato attraverso una scheda elettronica (225), che emette un fascio laser (10) su una lente piano-convessa (70) tale da far convergere il fascio laser (10) sul bordo del vetrino coprioggetto (15); all’ interno del modulo laser (Fig. 2), il fascio laser (10) à ̈ direzionato verso un primo specchio (85) fissato ad un primo portaspecchio (75) e poi verso un secondo specchio (90) fissato ad un secondo portaspecchio (80) per uscire, infine, dal contenitore di alluminio (115) attraverso la fenditura (95): il diodo laser (60) e i portaspecchi (75,80) sono fissati sul contenitore di alluminio (115) del modulo (Fig. 9) la capacità di ottenere, attraverso l’uscita USB della telecamera CCD (200), un video o un’immagine in microscopia di trasmissione tramite l' illuminazione con il modulo LED (Fig. 3); in particolare, l’immagine o i video in ottica di trasmissione sono ottenuti a tre diverse lunghezze d’onda, quella nel blu a 460 nm, quella nel verde a 530 nm e quella nel rosso a 630 nm, selezionabili attraverso un telecomando RGB esterno. 7. Un dispositivo ottico (Fig. 9) come da rivendicazioni 1, 2, 3, 5 e 6 caratterizzato dal fatto di possedere un modulo optomeccanico (Fig. 6) costituito dalla combinazione di un modulo laser (Fig. 2), un modulo meccanico di movimentazione XY (Fig. 4) e un modulo microscopia (Fig. 5); il modulo optomeccanico (Fig. 6) durante la scansione laser di un vetrino mantiene il fuoco deU’immagine e l’accoppiamento ottico (Fig. 1) all’ interno di una regione massima XY di 15 x 15 mm ; il modulo optomeccanico (Fig. 6) conferisce al dispositivo ottico (Fig. 9) la capacità di ottenere, attraverso l’uscita USB della telecamera CCD (200), un video o un’immagine in microscopia di riflessione interna tramite l' illuminazione con il modulo laser (Fig. 2); in particolare, l’immagine o i video in scattering sono ottenuti con un filtro ottico, posto nella ruota filtri (190), solitamente centrato alla lunghezza d’onda di emissione della sorgente laser, mentre l’immagine o i video in fluorescenza sono ottenuti con un’altro filtro ottico, centrato ad ima lunghezza d’onda superiore a quella della fascio laser (10). 8. Un dispositivo ottico (Fig. 9) come da rivendicazioni 2, 4 e 7 caratterizzato dal fatto di possedere un modulo elettronico (Fig. 7) dotato di una prima scheda elettronica (215) con microprocessore alimentata tramite porta a 12V (210) e programmata attraverso una porta USB (205), sopra la quale à ̈ collegata una seconda scheda elettronica (220), dotata di un secondo microprocessore, entrambe (215, 220) programmate per pilotare gli impulsi elettrici inviati a: due motoriduttori (140, 145) per la movimentazione del portavetrino (35) negli assi XY, una scheda elettronica (225) per il pilotaggio in corrente del diodo laser (60) e per l’accensione o lo spegnimento del modulo laser (Fig. 2), un LED chip multicolore RGB (100) per il pilotaggio in corrente del LED e per l’accensione o lo spegnimento del modulo LED (Fig. 3), un motoriduttore (195) per la selezione della posizione della ruota filtri (190), un’interfaccia touch screen (270) per il controllo dei suddetti comandi dall’ esterno del dispositivo ottico (Fig. 9). 9. Un dispositivo ottico (Fig. 9), così come da rivendicazioni 1, 2, 4, 7 e 8, caratterizzato dal fatto di possedere un modulo optomeccatronico (Fig. 8) costituito dalla combinazione di un modulo LED (Fig. 3), di un modulo optomeccanico (Fig. 6) e di un modulo elettronico (Fig. 7); il modulo optomeccatronico (Fig. 8) à ̈ racchiuso in due unità volumetriche: un contenitore parallelepipedo costituito da piastre in alluminio (235, 240, 245, 250, 260, 265) avente dimensioni massime di larghezza x lunghezza x altezza rispettivamente pari a 20 x 22 x 13 cm, e un contenitore cilindrico (120) avente dimensioni massime di diametro x altezza pari a 7 x 10 cm; il modulo optomeccatronico (Fig. 8) permette la registrazione video o la cattura di un’immagine illuminando il vetrino coprioggetto (15) attraverso due differenti segnali ottici: uno in microscopia di trasmissione grazie all’illuminazione con il modulo LED (Fig. 3), e uno in microscopia di riflessione interna grazie all’ illuminazione con il modulo laser (Fig. 2); i due segnali ottici sono catturati dalla telecamera CCD (200) singolarmente o ambedue simultaneamente; una ruota filtri (190) posta davanti alla telecamera CCD (200) seleziona, tramite il motoriduttore (195), la lunghezza d’onda di interesse, in scattering o in fluorescenza, per la cattura dell’immagine o video. 10. Un dispositivo ottico (Fig. 9) come da rivendicazioni 1, 2 e 8 caratterizzato dal fatto di possedere la caratteristica peculiare di funzionare anche in assenza di gravità; in particolare, al intemo del dispositivo ottico (Fig. 9), la movimentazione lineare in asse Y (155), il motoriduttore (145), il portaspecchio (175), la telecamera CCD (200), la scheda elettronica (225) e la prima scheda elettronica (215) sono fissati sulla piastra base (235); invece, il portaspecchio (170), la movimentazione lineare in asse Z (275) e il supporto (230) per modulo LED sono fìssati sulle piastra verticale posteriore (240); la piastra base (235) e la piastra verticale posteriore (240) sono perpendicolari e rettificate a 90° con una precisione di 0,01 mm; la piastra base (235) e la piastra superiore (260) sono parallele e rettificate con una precisione di 0,01 mm; le rimanenti piastre, ovvero la piastra laterale destra (245), la piastra laterale sinistra (250) e la piastra verticale anteriore (265) completano il parallelepipedo in cui à ̈ contenuto il modulo optomeccatronico (Fig. 8): il portavetrino (35) à ̈ posto tra il modulo LED (Fig. 3) e la piastra superiore (260), parallelo ad essa, ed à ̈ l’unica componente che si trova all’estemo del dispositivo ottico (Fig. 9).
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