ITPI20110119A1 - "un metodo per digitalizzare delle immagini di un vetrino in una analisi di auto-immunita' e relativo macchinario" - Google Patents

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ITPI20110119A1
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Alessandro Foggi
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Description

UN METODO PER DIGITALIZZARE DELLE IMMAGINI DI UN VETRINO IN UNA ANALISI DI AUTO-IMMUNITA’ E RELATIVO MACCHINARIO
Ambito dell’invenzione
La presente invenzione riguarda il settore tecnico inerente i macchinari, e relativo metodo, per effettuare i test di autoimmunità.
In particolare l’invenzione si riferisce ad un innovativo macchinario, e relativo metodo, che consente di poter digitalizzare le immagini del vetrino con una elevata risoluzione anche nel caso in cui si presentano casi di scarsa reattività e dunque di bassa intensità luminosa emessa dal materiale biologico in esame posto sul vetrino.
Brevi cenni alla tecnica nota
Sono oramai noti da tempo i macchinari per l’acquisizione di immagini per una verifica di autoimmunità. Il macchinario consta di una telecamera connessa ad un gruppo ottico e ad uno specchio riflettente. Al di sotto dello specchio riflettente à ̈ posto un filtro il quale filtra determinate lunghezze d’onda della luce. Il filtro à ̈ connesso ad una sorgente luminosa in forma di LED. Al di sotto del filtro à ̈ posto il microscopio che monta una lente ad un predeterminato ingrandimento, generalmente un 40x. La lente mira un vetrino da analizzare il quale risulta posto su un tavolo motorizzato appartenente al microscopio.
Il vetrino à ̈ della tipologia standard con un predeterminato numero di pozzetti nei quali à ̈ collocato un sub-strato biologico diverso a seconda del tipo di test da effettuare. Il siero del paziente viene incubato nel pozzetto con il substrato e la reazione che segue mira a rivelare la presenza o meno degli autoanticorpi ricercati, in accordo alla ben nota tecnica della immunofluorescenza indiretta (IFI).
La conformazione del vetrino à ̈ assolutamente standard e presenta un numero predeterminato di pozzetti predisposti su una o due file. I pozzetti sono fisicamente ottenuti con una matrice in forma di foglio adesivo arrangiato sul vetrino e provvisto di fori che fisicamente creano i pozzetti. Uno strato sottile di substrato biologico viene poi arrangiato sul vetrino a copertura dei pozzetti in modo tale che possa essere poi analizzata una sua reazione una volta posto in contatto con il siero paziente e un reagente apposito che causa un certo grado di fluorescenza.
A tal scopo si spara un primo fascio di luce sul singolo pozzetto ad una certa lunghezza d’onda (generalmente 480 Nanometri). La luce investe il pozzetto e causa una reazione del reagente il quale produce una luce riflessa di intensità variabile a seconda appunto della reazione di auto-immunità prodotta.
La luce riflessa viene catturata attraverso il filtro dal gruppo ottico e dalla telecamera attraverso la riflessione opportuna dello specchio.
Il microscopio acquisisce le immagini, pozzetto per pozzetto, ad un ingrandimento di 40X.
Un problema tecnico riguarda il fatto che, essendo il sistema automatizzato, non à ̈ semplice la messa a fuoco delle immagini a detto ingrandimento. La messa a fuoco dipende dalla distanza lungo l’asse verticale Z tra il pozzetto e la lente che acquisisce l’immagine. A detti ingrandimenti à ̈ sufficiente una variazione di pochi micron per causare una acquisizione di immagine completamente scura o sfocata.
In particolare il problema risulta ancor più evidente laddove la reattività del substrato investito dalla luce à ̈ minima. In questo caso l’emissione di luce riflessa che viene catturata dalla telecamera à ̈ talmente bassa per cui una immagine fuori fuoco causa l’ottenimento di una immagine completamente scura.
Viene dunque archiviata una immagine la quale à ̈ veramente lontana dalla reale immagine che l’operatore vedrebbe operando su un normale microscopio manuale ed effettuando manualmente le proprie correzioni di messa a fuoco.
Allo stato attuale della tecnica sono noti metodi per la risoluzione di questo problema tecnico che si basano però su una procedura chimica di preparazione del provino piuttosto complessa e che prevede l’applicazione di ulteriori sostanze reagenti. E’ evidente come questo metodo, da implementare manualmente, non solo causa un grosso dispendio di tempo ma, oltretutto, incrementa notevolmente i costi dato che à ̈ necessario dover acquistare un grande quantitativo di reagenti chimici ulteriori.
Sintesi dell’invenzione
È quindi scopo della presente invenzione fornire un nuovo metodo, e relativo macchinario, per una analisi di autoimmunità che risolva almeno in parte i suddetti inconvenienti.
In particolare à ̈ scopo della presente invenzione fornire un innovativo metodo per una analisi di un vetrino per l’autoimmunità che, in maniera automatica, consenta di effettuare una corretta messa a fuoco ad un predeterminato ingrandimento di acquisizione dell’immagine, senza dunque dover richiedere l’ulteriore applicazione di reagenti di natura chimica.
E’ anche scopo della presente invenzione fornire un innovativo metodo per una analisi di un vetrino per l’autoimmunità che consenta di acquisire immagini chiare e nitide anche in caso di bassa reattività del substrato.
E’ pure scopo della presente invenzione fornire un innovativo metodo per una analisi di un vetrino per l’autoimmunità che consenta una messa a fuoco delle immagini nell’ordine di alcuni secondi in modo tale da minimizzare al massimo l’esposizione del substrato alla luce reagente che causa il decadimento dello stesso.
Questi e altri scopi sono dunque ottenuti con il presente metodo per la messa a fuoco di un’immagine di un vetrino (1, 1’) provvisto di uno o più pozzetti (10) in un test di fluorescenza per l’autoimmunità in accordo alla rivendicazione 1.
Il metodo à ̈ implementato attraverso un microscopio ottico (30) provvisto di almeno due lenti (41) per acquisire immagini a due diversi ingrandimenti e di una tavola mobile su cui risulta posto il vetrino.
In accordo al metodo sono previste le operazioni di: - Selezione di una lente ad un primo ingrandimento (B.I.) e determinazione di una prima distanza focale (Z-foc-BI) con questo primo ingrandimento (B.I.) per almeno un pozzetto (10, 10’) del vetrino (1; 1’).
Questa operazione comprende l’acquisizione (attraverso la telecamera del microscopio) e l’analisi focale a diverse distanze (Z) di immagini acquisite in un punto prescelto della matrice del vetrino posto al di fuori del pozzetto e preferibilmente alla stessa quota del pozzetto in esame.
La matrice à ̈ il materiale al di fuori del pozzetto e l’immagine à ̈ acquisita dunque a livello di quota del pozzetto, ovvero in un punto distanziato dal pozzetto (ad esempio di una distanza equivalente al diametro del pozzetto) e che à ̈ orientativamente compreso tra due assi tangenti al pozzetto, tra loro paralleli e paralleli alla base del vetrino. Il calcolo di messa a fuoco su una stessa quota del pozzetto permette di approssimare meglio al valore reale che si avrebbe nel pozzetto.
Tale tecnica preliminare à ̈ possibile dato che la matrice ha comunque una luminosità costante e non influenzata dalla reattività luminescente del reagente.
Successivamente à ̈ prevista la suddivisione del pozzetto in esame in una pluralità di punti (200’, 200) definenti un percorso di acquisizione di immagini e la selezione di un secondo ingrandimento (A.I.) maggiore del primo ingrandimento (B.I.).
A questo punto, per ogni punto (200’, 200) del percorso, avviene la determinazione di una distanza focale puntuale (Z-foc-punt) a detto secondo ingrandimento (A.I.). Questa operazione viene implementata attraverso l’acquisizione a diverse distanze (Z) e l’analisi focale di immagini acquisite nel punto (200’, 200) con un valore di guadagno (G) della telecamera e tempo di apertura (T) tale per cui dette immagini risultino tutte avere un predeterminato valore di intensità luminosa (I) costante;
In questa maniera, si vanno a trovare distanze focali per ogni punto del percorso lavorando su immagini nitide, dato che le stesse sono state acquisite ad un valore di I costante ottimale, ovvero 70.
Per ogni punto del percorso avrò determinato dunque una distanza focale attraverso cui acquisire una immagine al valore ottimale di G e T tale per cui la luminosità sia quella di riferimento di 70.
In questa maniera si avranno in sostanza tutti i parametri per avere immagini nitide per ogni punto del percorso.
A questo punto si procede a calcolare un fuoco ottimale per ogni pozzetto (Z-foc-AI), ad esempio attraverso una interpolazione bilineare delle distanze focali puntuali (Z-foc-punt) calcolate.
In particolare, al fine di ridurre al massimo i tempi macchina di calcolo, la prima distanza focale (Z-foc-BI) al basso ingrandimento à ̈ utilizzata come quota (Z) di partenza per la determinazione della distanza focale puntuale (Z-foc-punt) in un punto del percorso (200’, 200), particolarmente sul primo punto del percorso partendo dal basso.
Ulteriori vantaggi sono desumibili dalle rivendicazioni dipendenti.
Breve descrizione dei disegni
Ulteriori caratteristiche e i vantaggi della presente invenzione risulteranno più chiaramente con la descrizione che segue di alcune forme realizzative, fatte a titolo esemplificativo e non limitativo, con riferimento ai disegni annessi, in cui:
- La figura 1 mostra un vetrino a doppia fila di pozzetti e ad un vetrino ad una sola fila di pozzetti ed individua per entrambi punti Po..Pn in corrispondenza della matrice al di fuori dei pozzetti e sostanzialmente alla stessa quota dei pozzetti;
- La figura 2 mostra una variazione incrementale D di distanze Z dell’obiettivo nel punto in esame nel vetrino e il relativo grafico che riporta, per ogni variazione incrementale, un punto sul grafico che riporta l’andamento del fuoco (grafico di “qualità di messa a fuoco rispetto alla quota Z, definito nella presente descrizione con il termine analisi focale);
- La figura 3 mostra un grafico che implementa attraverso una retta i fuochi dei pozzetti compresi tra il fuoco del primo e dell’ultimo pozzetto ad un primo ingrandimento;
- La figura 4 mostra un microscopio elettronico in accordo alla presente invenzione;
- La figura 5 mostra la suddivisione di un pozzetto del vetrino per l’acquisizione delle immagini secondo la tecnica del “mosaicing†;
- Le figure 6 e 7 mostrano una fase di messa a fuoco ad un secondo ingrandimento maggiore del primo;
- Le figure 8 e 9 implementano grafici per il calcolo analitico del valore di positività al test.
Descrizione di alcune forme realizzative preferite La figura 1 mostra due esempi di vetrino e di cui uno (il vetrino 1) provvisto di due file parallele di pozzetti 10 mentre il vetrino 1’ presenta una sola fila di pozzetti 10’.
Questi vetrini sono assolutamente standard e qui indicati in maniera non limitativa.
In accordo al metodo si procede ad una prima focalizzazione preliminare ad un primo ingrandimento, generalmente, ma non necessariamente, ad un ingrandimento dell’ordine di 4X. A questo scopo il microscopio elettronico 30, rappresentato schematicamente in figura 4 nella vista laterale, ruota la testa porta-lenti 40 in modo tale da predisporre la suddetta lente 41 a 4X di ingrandimento in corrispondenza del vetrino posto sulla tavola mobile.
Come da arte nota il microscopio ottico à ̈ naturalmente provvisto di telecamera per l’acquisizione delle immagini.
Tornando alla figura 1, una prima immagine viene acquisita all’interno dell’area di matrice, ovvero in uno spazio predeterminato della maschera interposta tra due pozzetti 10 affiancati tra loro. In particolare, come mostrato in figura 1, si fa una prima acquisizione sull’asse di simmetria 100 del vetrino a livello del primo pozzetto 10 partendo dal basso (ovvero quello più prossimo all’origine del riferimento X, Y indicato in figura). Il punto in cui si fa l’acquisizione a detto primo ingrandimento à ̈ indicato in figura con Po.
Nel caso di vetrino ad una sola fila di pozzetti, ci si pone sempre sulla matrice traslando in direzione X dal primo pozzetto in basso di una quantità fissa, generalmente dell’ordine del diametro del pozzetto stesso, determinando un punto P’o.
In entrambi i casi si procede ad una messa a fuoco di detto punto al suddetto primo ingrandimento e predisposto al di fuori dei pozzetti entro la matrice.
Nel dettaglio, la messa a fuoco a detto primo ingrandimento prevede, come mostrato in figura 2, l’acquisizione di una immagine (per il punto in esame, ad esempio Po) partendo da una prima quota di riferimento (Zrif).
La stessa operazione si implementa acquisendo altre immagini a diverse distanze incrementali (D) sul medesimo punto. In questa maniera, come da figura 2, si crea una serie di acquisizioni entro un range di distanze Z.
Le immagini acquisite vengono analizzate attraverso una ben nota formula sotto riportata e che assegna una sorta di valore della qualità di fuoco:
dove rappresenta le defferenze nella direzione x orizzontale e rappresenta differenze nella direzione y verticale.
Fisicamente, dunque, l’obiettivo si avvicina e si allontana a steps acquisendo una pluralità di immagini a diverse distanze focali e, per ogni immagine, facendo un’analisi di qualità di messa a fuoco in accordo alla formula sopra indicata. Sempre la figura 2 riporta sul grafico cartesiano una interpolazione della curva 80 (relativa ad esempio al punto Po) che riporta i valori ricavati di messa a fuoco alle varie distanze. La curva à ̈ stata rappresentata a titolo di esempio con un punto di massimo 81 ad una corrispondente distanza Z della lente dal piano del vetrino nel punto specifico Po analizzato.
La quota Z di partenza per inizializzare questa operazione di messa a fuoco in un punto P del vetrino à ̈ ottenuta facendo una messa a fuoco di una fibra bianca predisposta sul tavolino e la quale risulta luminescente, come meglio chiarito nel seguito. Tale quota viene utilizzata come Zrif da aumentare e diminuire del delta (D) prestabilito per ogni punto.
Lo stesso procedimento viene ripetuto su un secondo punto della matrice e preferibilmente, ma non necessariamente, in corrispondenza dell’ultimo pozzetto Zn (o Z’n se trattasi di vetrino ad una sola fila).
In alternativa, partendo dal primo punto Po a quota Zrif coincidente con la quota di messa a fuoco della fibra, le altre Zrif dei punti successivi P1..Pn potrebbero utilizzare tranquillamente il fuoco ottimale calcolato al punto precedente.
In ogni caso, in questa maniera, si otterrà dunque una nuova distanza focale Z per il punto Pn analizzato, il quale può preferibilmente essere quello estremo Pn rispetto al primo punto. Congiungendo tra loro il punto Po con il punto Pn, preferibilmente con una retta, si ottiene un andamento lineare di fuochi Z associabile ad ogni pozzetto (Po..Pn). L’interpolazione attraverso una retta à ̈ semplice à ̈ da comunque una buona approssimazione.
In particolare, come da figura 3, il punto Po avrà un certo fuoco ad un primo ingrandimento 4X associato al primo pozzetto e così via sino al punto Pn a cui corrisponde la distanza focale Zn (solo a titolo di esempio indicata in figura 3 come distanza maggiore rispetto alla distanza focale Zo).
E’ importante notare come questa prima parte preliminare di messa a fuoco può essere effettuata in maniera standard, ovvero semplicemente facendo un’analisi di qualità di fuoco attraverso la formula sopra enunciata, perché le immagini sono acquisite sulla matrice stessa e non nel pozzetto. Questo fa sì che l’immagine acquisita non risenta di alcuna reazione chimica di fluorescenza e presenterà sempre una buona luminosità sostanzialmente costante che ne consente una analisi di fuoco relativamente semplice.
In questa maniera, in modo semplice, si ottengono tutti i fuochi lungo la linea 100 della matrice al primo ingrandimento 4X.
E’ da notare come, generalmente, i punti hanno valori di fuochi diversi proprio perché questi sono legati a variazioni dell’ordine di micron dovute a imperfezioni dello strato superficiale del vetrino stesso o della tavola su cui lo stesso à ̈ posizionato e che fanno variare le reali distanze tra la lente e il piano di acquisizione dell’immagine.
In questa maniera, come appunto mostrato in figura 3, Ã ̈ molto probabile ottenere due distanze focali Zo e Zn relative ai punti Po e P<n>che sono a valori generalmente diversi tra loro.
A questo punto si procede con una seconda fase che rappresenta la reale messa a fuoco dei pozzetti ad un secondo in gradimento maggiore del primo, ovvero ad un in gradimento di 40X. In questo caso si parte, come chiarito meglio nel seguito, da una quota di acquisizione immagine iniziale che à ̈ proprio quella ricavata al passo precedente con detto primo ingrandimento.
E’ da notare che, in maniera non banale, non à ̈ riproducibile il metodo sino ad ora descritto per una messa a fuoco a 40x. Questo perché adesso andiamo a catture le immagini direttamente sui pozzetti i quali risultano più o meno visibili a seconda della reattività del reagente e dunque della luce emessa. Se si cercasse dunque di fare una messa a fuoco esattamente come fatto nel passo precedente sui punti posti in matrice si rischierebbe, per pozzetti in cui il sub strato non ha reagito producendo fluorescenza, di non captare alcuna immagine e dunque di non fare alcuna messa a fuoco. Potrebbe addirittura accadere, con immagini estremamente scure, di andare a fare un settaggio di fuoco su un segnale di disturbo della telecamera facilmente assimilabile a quello di emissione di luminosità a bassa intensità.
A questo scopo, come chiarito subito nel seguito, il calcolo di una prima quota di fuoco ad un primo ingrandimento di 4x per ogni pozzetto (calcolo effettuato acquisendo l’immagine sulla matrice posta al livello del pozzetto), consente di fornire una quota di fuoco di partenza per il calcolo reale di fuoco al secondo ingrandimento.
Questo ha un importante effetto tecnico. Come infatti noto à ̈ indispensabile che la messa a fuoco duri il minor tempo possibile per evitare lunghe esposizioni del substrato a fasci luminosi che ne causano la rovina e il decadimento, rendendo poi il vetrino inutilizzabile. A questo scopo il punto di partenza di messa a fuoco al primo ingrandimento può benissimo essere usato come punto focale di partenza per la ricerca di messa fuoco al secondo ingrandimento, consentendo di ridurre notevolmente il range di ricerche e riducendo così notevolmente i tempi “macchina†di calcolo.
A tal scopo, come mostrato in figura 5, viene schematizzato il singolo pozzetto il quale, come da arte nota, viene acquisito attraverso una composizione di varie immagini 60 (dette Tiles) ogni una delle quali ritrae una porzione di pozzetto. Questa costruzione mosaicizzata del pozzetto à ̈ ben nota e necessaria, dato l’elevato ingrandimento di acquisizione.
Come dunque mostrato in figura 6, prima dell’acquisizione delle immagini con la tecnica del “mosaicing†, si procede alla definizione di alcuni punti campione (200, 200’). Tali punti sono ben noti in termini di coordinate (X; Y) a priori. E’ infatti utile ricordare ancora una volta che i vetrini sono di dimensioni e forme standardizzate per cui à ̈ semplice, per ogni pozzetto, definire coordinate di traslazione assolute (X; Y) della tavola su cui à ̈ posto il vetrino e che consentono di porre il vetrino sotto l’obiettivo in qualsiasi punto preselezionato di un pozzetto.
Il riferimento dello zero di partenza del tavolino à ̈ ottenuto, generalmente, attraverso la fibra riflettente bianca collocata entro l’area del tavolino in un punto prescelto e noto. Quando viene individuata la fibra, con una analisi all’immagine, questo costituisce lo zero di partenza per il calcolo di tutti gli spostamenti che portano i vari pozzetti sotto l’obiettivo. In particolare, essendo fisse le posizioni dei pozzetto per ogni vetrino posto sulla tavola, à ̈ nota la distanza tra fibra e un primo pozzetto di partenza di riferimento. In questa maniera il software gestisce semplicemente uno spostamento di tavola noto una volta che à ̈ stata individuata la fibra e dunque fissando lo zero di partenza a livello della fibra. Gli altri spostamenti vengono generalmente implementati a partire da detto primo pozzetto individuato.
Come da figura 6, il microscopio ha in memoria delle coordinate (Xi; Yi) le quali consentono dunque di spostare il vetrino in modo tale che, per ogni pozzetto, vengano acquisite le immagini in corrispondenza dei punti (200, 200’) come sopra indicati e che definiscono una spezzata che percorre più o meno l’intera area del pozzetto stesso.
Il numero dei punti costituenti la spezzata à ̈ variabile in funzione dell’area di scansione mentre la distanza tra punti contigui rimane preferibilmente costante (ad esempio 13 punti che formano una doppia S).
La scelta della spezzata fatta da punti a distanza costante à ̈ vantaggiosa perché si implementa facilmente e ricopre un’area omogenea del pozzetto. Ciò à ̈ fattibile dato che il substrato ha una distribuzione omogenea nel pozzetto.
Tuttavia nulla vieterebbe di predisporre linee e punti diversi da quelli descritti, soprattutto nel caso di sub strato non omogeneo.
Il procedimento di messa a fuoco continua, a questo punto, su ogni pozzetto suddividendo il pozzetto secondo la spezzata indicata.
Si opera dunque elettronicamente agendo sul guadagno G della telecamera e sul suo tempo di esposizione T. Detti parametri sono tipici di ogni telecamera. In particolare il guadagno “G†à ̈ la capacità di poter amplificare ed esaltare un’immagine acquisita, quindi definirne maggiormente i contorni, mentre il tempo di esposizione T à ̈ il tempo di apertura della telecamera che determina la quantità di luce entrante nell’obiettivo.
Si fissa dunque un valore prestabilito di guadagno G elevato ed un tempo T (G =7.5, T = 40ms) al punto tale da rendere ben visibile tutte le immagini, anche quelle scure le quali non sarebbero visibili perché poco reagenti e dunque poco emittenti di luce.
In pratica la tavola, per ogni pozzetto, si muove in modo tale da acquisire i punti (200’, 200) di coordinate prestabilite. Si effettua dunque una autoregolazione attraverso cui si acquisisce, per ogni suddetto punto, una immagine a detto guadagno G e tempo di esposizione T prestabilito. Attraverso le formule di conversione di T e G, il sistema calcola un nuovo valore di T ed un nuovo valore di G ottimale per ogni punto, introducendo un valore di intensità I di riferimento noto e fissato intorno a 70. Questo valore costante à ̈ un valore di immagine luminosa.
La formula utilizzata esprime la relazione tempo esposizione- Intensità, Guadagno- Intensità:
Texpn=Texpo*In/Io ;Gn=Go*In/Io;
dove Texpn rappresenta il tempo di esposizione della telecamera da calcolare, Gn il guadagno della telecamera da calcolare, Go à ̈ il guadagno massimo inserito e noto come anche Texpo à ̈ il valore massimo di T noto. I à ̈ l’intensità relativa alla regione di interesse acquisita.
Il valore di intensità di immagine I à ̈ un parametro noto nella tecnica delle immagini e misura una sorta di luminosità dell’immagine.
In questa maniera, di fatto, partendo da un valore massimo di G e di T a cui acquisisco l’immagine (Go e Texpo nella formula sopra indicata) calcoliamo con detta formula un valore di G e T ottimali (Gn e Texpn) per acquisire una immagine che abbia un valore di I ottimale pre-impostato di 70 (In) e che consente una visualizzazione nitida dell’immagine. E’ da notare come la formula presenti un valore di Io il quale à ̈ noto solo dalla acquisizione fisica dell’immagine a detti valori di Go e Texpo. Da qui à ̈ dunque evidente come l’implementazione di questa formula richieda l’acquisizione dell’immagine per ogni punto sopra indicato in figura 6.
Come risultato si otterrà, per ogni punto (200, 200’) della spezzata nel pozzetto, un valore di G e T ottimale tale per cui l’immagine acquisita à ̈ evidente in maniera limpida ed uniforme alla stessa maniera per ogni punto, indipendentemente dalla sua reale luminosità dovuta all’azione reagente di fluorescenza.
Successivamente si deve focalizzare ogni punto (200, 200’) partendo dalla immagine ricavata con un valore di esposizione T e guadagno G come calcolato.
Per far ciò semplicemente si procede ad implementare quanto già discusso schematicamente in figura 2 e 3 nel caso di basso ingrandimento in quanto tutte le immagini sono ben visibili alla stessa maniera.
In particolare si acquisisce, per ogni punto (200’, 200), una serie di immagini allo specifico valore di G e T calcolato nel punto e a diverse distanze D a partire da un Zrif iniziale, per eseguire una messa a fuoco.
Per il primo punto 200’ della spezzata il Zrif à ̈ quello calcolato nel punto a 4X per il pozzetto in esame (ovvero al primo basso ingrandimento).
La figura 7 mostra nuovamente la messa a fuoco, del tutto identica a quella fatta per il basso ingrandimento, ad esempio effettuata sul primo punto 200’ di un pozzetto.
Questo punto 200’ à ̈ stato acquisito a varie distanze incrementali D al suo specifico valore di G e T calcolato nel passo precedente e la “Zrif†di partenza (da cui ci si allontana di detto D) à ̈ quella calcolata al basso ingrandimento per il pozzetto relativo.
Si completa la messa a fuoco eseguendo lo stesso calcolo per tutti i punti della spezzata e prendendo per ogni punto 200 come quota di partenza Zrif quella che corrisponde al fuoco Z calcolato nel punto che precede.
Sono adesso note tutte le distanze Z che consentono una perfetta messa a fuoco a detto secondo ingrandimento per ogni punto della spezzata e per immagini acquisite nel punto al valore predeterminato di I costante (e dunque con lo specifico G e T calcolati precedentemente). A questo punto à ̈ sufficiente calcolare un fuoco complessivo come funzione di tutti i fuochi puntuali, calcolati attraverso ad esempio una media algebrica oppure una interpolazione bilineare.
Il vantaggio di fare una acquisizione che parta dall’ultimo punto in basso 200’ per arrivare al primo in alto à ̈ che la telecamera à ̈ subito posizionata sull’estremo alto del pozzetto per acquisire la prima tile 60 e le successive per comporre l’immagine desiderata messa perfettamente a fuoco.
Una volta acquisite le immagini le stesse sono dunque digitalizzate e salvate in archivio. La visualizzazione e la navigazione delle immagini à ̈ resa nitida esattamente come il medico la vedrebbe su un microscopio manuale.
Il macchinario à ̈ anche in grado di interpolare un calcolo automatizzato del valore di positività.
A questo scopo, come mostrato in figura 8, il software contiene su un asse cartesiano (T; G) una linea 500 che suddivide l’area della positività da quella della negatività. La linea à ̈ ottenuta con un processo di addestramento in cui vengono inserite un predeterminato numero di immagini campione di cui, per ogni immagine sono noti gli specifici valori di T e G e l’indicazione da parte del medico della positività o negatività del campione.
In questa maniera si crea una area di cui, da una parte sono collocati quelli che indicano un valore positivo di autoimmunità e, dall’altra parte, un valore negativo. A questo punto il software à ̈ in grado di implementare una linea 500 “border line†che individua un limite tra un’area di positività e una di negatività. La linea 500 viene implementata attraverso la nota tecnica SVM “Support vector Machine†.
Una volta ricavata la linea 500, il calcolo à ̈ dunque semplice sulle immagini acquisite dato che il software semplicemente collocherà i punti sulla base delle G e T precedentemente calcolate e verificherà se queste stanno dalla parte positiva o negativa.
Possono però esistere dei casi limite in cui à ̈ in realtà difficile dire se il caso à ̈ da considerarsi positivo o negativo e questo avviene tipicamente sui punti in prossimità o poco distanti dalla linea di separazione tra le due aree.
A questo scopo à ̈ possibile stabilire un valore di Cut-Off sulla Probabilità di classificazione (di positività o negatività) che delimita un limite superiore 82 di una area di neg-incerti che separa da un’area di assolutamente negativi. Quando un punto ricade nel negincerto il software indicherà che questo valore ritrovato non à ̈ classificabile ne come positivo ne come negativo.
Il valore di cut off à ̈ determinato attraverso una verifica dei campioni positivi classificati con valori negativi e tra questi à ̈ scelto come il valore di Probabilità di classificazione di positività più bassa.
Ad esempio se erroneamente un punto con un predeterminato valore di T e G à ̈ indicato come positivo ma in realtà à ̈ molto prossimo alla negatività questo valore viene memorizzato come un incerto. Tra tutti si acquisisce quello più basso e si riduce di un punto per determinare un valore di Cut-off.
Se, ad esempio, in fase di addestramento sono presenti tre campioni positivo classificati come negativi con le seguenti probabilità di classificazione (13%, 25% e 11%), allora il cut-off à ̈ scelto uguale a 10%.
I neg incerti definiscono dunque una sorta di area di incertezza.

Claims (11)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Un metodo per la messa a fuoco di un’immagine di un vetrino (1, 1’) provvisto di uno o più pozzetti (10; 10’) in un test di fluorescenza per l’autoimmunità attraverso un microscopio ottico (30) provvisto di almeno due lenti (41) ed una telecamera per acquisire immagini a due diversi ingrandimenti e di una tavola mobile su cui risulta posto il vetrino e comprendente le operazioni di: - Selezione di una lente ad un primo ingrandimento (B.I.) e determinazione di una prima distanza focale (Z-foc-BI) a detto primo ingrandimento (B.I.) per almeno un pozzetto (10, 10’) del vetrino (1; 1’), detta operazione di messa a fuoco comprendendo l’acquisizione di immagini a diverse distanze incrementali (D) in un punto (Po) prescelto della matrice del vetrino posto al di fuori del pozzetto e l’analisi focale di dette immagini acquisite; - Suddivisione del pozzetto in esame in una pluralità di punti (200’, 200) definenti un percorso di acquisizione di immagini; - Selezione di un secondo ingrandimento (A.I.) maggiore del primo ingrandimento (B.I.); - Per ogni punto (200’, 200) determinazione di una distanza focale puntuale (Z-foc-punt) a detto secondo ingrandimento (A.I.) attraverso l’acquisizione a diverse distanze incrementali (D) di immagini nel punto (200’, 200) e l’analisi focale di dette immagini acquisite, le immagini essendo state riprese con un valore di guadagno (G) della telecamera e tempo di apertura (T) tale per cui dette immagini risultino tutte avere un predeterminato valore di intensità luminosa (I) costante nei punti (200’, 200); - Determinazione di una seconda distanza focale (Z-foc-AI) del pozzetto a detto secondo ingrandimento (A.I.) come funzione delle distanze focali puntuali (Z-foc-punt) calcolate nei singoli punti del percorso; - ed in cui, ulteriormente, la prima distanza focale (Z-foc-BI) al basso ingrandimento à ̈ utilizzata come quota (Z) di partenza a cui effettuare le acquisizioni di immagini a diverse distanze incrementali per la determinazione della distanza focale puntuale (Z-foc-punt) in un punto del percorso (200’, 200).
  2. 2. Un metodo, secondo la rivendicazione 1, in cui il punto (Po, Pn) prescelto della matrice per la determinazione della prima distanza focale (Z-foc-BI) al primo ingrandimento (B.I.) Ã ̈ alla stessa quota di un pozzetto in esame ed in cui, ulteriormente, il percorso viene definito su detto pozzetto corrispondente.
  3. 3. Un metodo, secondo la rivendicazione 1 o 2, in cui detta prima distanza focale (Z-foc-BI) al basso ingrandimento à ̈ utilizzata come quota (Z) di partenza per le acquisizioni a diverse distanze incrementali nel primo punto (200’) del percorso (200’, 200).
  4. 4. Un metodo, secondo la rivendicazione 3, in cui la quota (Z) di partenza per il calcolo della distanza focale puntuale (Z-foc-punt) nei punti successivi del percorso (200’, 200) corrisponde alla quota Z di fuoco puntuale (Z-foc-punt) calcolato nel punto precedente.
  5. 5. Un metodo, secondo una o più rivendicazioni precedenti dalla 1 alla 4, in cui la determinazione di una prima distanza focale (Z-foc-BI) a detto primo ingrandimento (B.I.) viene effettuata per tutti i pozzetti del vetrino.
  6. 6. Un metodo, secondo la rivendicazione 5, in cui à ̈ prevista una operazione di calcolo di una prima distanza focale (Z-foc-BI) nel primo pozzetto e nell’ultimo pozzetto del vetrino e in cui à ̈ prevista una operazione successiva di interpolazione di detti due punti per l’ottenimento di una linea riportante i valori di (Z-foc-BI) per ogni pozzetto compreso tra il primo e l’ultimo.
  7. 7. Un metodo, secondo la rivendicazione 6, in cui l’operazione di interpolazione prevede una retta di congiunzione tra detto primo e ultimo pozzetto.
  8. 8. Un metodo, secondo la rivendicazione 1, in cui la pluralità di punti (200’, 200) definenti il percorso di acquisizione di immagini al secondo ingrandimento (A.I.) sono distribuiti nel pozzetto in modo tale da formare una spezzata.
  9. 9. Un metodo, secondo una o più rivendicazioni precedenti dalla 1 alla 8, in cui la pluralità di punti (200’, 200) sono tra loro distribuiti in modo tale da risultare tra loro equidistanti.
  10. 10. Un metodo, secondo la rivendicazione 1, in cui il valore del guadagno (G) e del tempo di apertura (T) della telecamera in ogni punto (200’, 200) del percorso sono determinati attraverso l’acquisizione di una immagine ad un valore pre-impostato di (Go) e (To) in modo tale da valutare la corrispondente intensità luminosa (Io) ed implementare una nuova valutazione di (Gn) e (Tn) tale per cui le immagini successivamente acquisite nel punto abbiano tutte un valore di intensità luminosa costante (In) prestabilito.
  11. 11. Un metodo, secondo la rivendicazione 10, in cui la formula di implementazione à ̈ la seguente: Texpn=Texpo*In/Io Gn=Go*In/Io; con i seguenti valori: - Go= 7.5; - Texpo= 40ms; - Io= 70.
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