ITFI20070062A1 - Apparato per la misura del consumo di anodi sacrifiziali. - Google Patents

Apparato per la misura del consumo di anodi sacrifiziali. Download PDF

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ITFI20070062A1
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    • G01N17/02Electrochemical measuring systems for weathering, corrosion or corrosion-protection measurement
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    • C23COATING METALLIC MATERIAL; COATING MATERIAL WITH METALLIC MATERIAL; CHEMICAL SURFACE TREATMENT; DIFFUSION TREATMENT OF METALLIC MATERIAL; COATING BY VACUUM EVAPORATION, BY SPUTTERING, BY ION IMPLANTATION OR BY CHEMICAL VAPOUR DEPOSITION, IN GENERAL; INHIBITING CORROSION OF METALLIC MATERIAL OR INCRUSTATION IN GENERAL
    • C23FNON-MECHANICAL REMOVAL OF METALLIC MATERIAL FROM SURFACE; INHIBITING CORROSION OF METALLIC MATERIAL OR INCRUSTATION IN GENERAL; MULTI-STEP PROCESSES FOR SURFACE TREATMENT OF METALLIC MATERIAL INVOLVING AT LEAST ONE PROCESS PROVIDED FOR IN CLASS C23 AND AT LEAST ONE PROCESS COVERED BY SUBCLASS C21D OR C22F OR CLASS C25
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    • C23F2213/30Anodic or cathodic protection specially adapted for a specific object
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Description

“Apparato per la misura del consumo di anodi sacrifiziali“
CAMPO DELL'INVENZIONE
La presente invenzione si riferisce al campo dei dispositivi per la prevenzione della corrosione, in particolare nel’ambito degli scafi metallici delle imbarcazioni.
STATO DELL'ARTE
Quando un metallo é messo in contatto con una soluzione liquida aggressiva (detta anche elettrolita), si può verificare uno dei tre seguenti fenomeni:
1. Corrosione (o ossidazione) del metallo: alcuni atomi della superficie del metallo a diretto contatto con la soluzione elettrolitica cedono uno o più elettroni trasformandosi in ioni (atomi carichi positivamente o negativamente) e successivamente passano in soluzione. Questo causa il progressivo consumo del metallo.
2. Immunità del metallo: il metallo non subisce alcuna corrosione, ossia il numero di atomi di cui è composto il metallo rimane costante.
3. Riduzione del metallo: gli ioni del metallo presenti nella soluzione elettrolitica si depositano sulla superficie del metallo stesso.
Il verificarsi di uno di questi 3 fenomeni dipende dal potenziale E che assume il metallo nell'elettrolita che lo circonda rispetto al potenziale di equilibrio Eeq. Se risulta E > Eeq il metallo cede ioni e si ossida. Se E = Eeq il metallo non si consuma e la sua massa rimane costante. Se E < Eeq il metallo subisce una reazione di riduzione, quindi la sua massa aumenta, anche se in genere l’aumento di massa può essere considerato trascurabile. Il potenziale di equilibrio Eeq di un metallo immerso in un elettrolita può essere calcolato mediante la legge di Nerst: Eeq = EO K * Log(C). EO è il potenziale standard del metallo, K è una costante e C è la concentrazione degli ioni del metallo nell'elettrolita.
Per misurare il potenziale E del metallo nella soluzione elettrolitica occorre usare un elettrodo di riferimento come l’elettrodo ad idrogeno (indicato con la sigla SHE) o l'elettrodo ad argento / argento-cloruro (indicato con la sigla AAC). Se l’elettrodo di riferimento utilizzato è l’elettrodo AAC e il valore fornito dal voltmetro è 1.3 V, si dice che il potenziale E del metallo immerso in soluzione è di 1.3 V rispetto all’elettrodo AAC. E’ quindi chiaro, che per evitare che il metallo si corroda, bisogna fare in modo che il suo potenziale E risulti inferiore a Eeq.
La protezione catodica è una tecnica di prevenzione della corrosione, che si può applicare ai materiali metallici posti a contatto con ambienti aggressivi come il mare. Tale tecnica si attua facendo circolare una corrente continua fra un elettrodo (anodo) posto nell’ambiente aggressivo e la superficie della struttura metallica da proteggere (catodo). Tale corrente (costituita da un flusso di elettroni), provoca l'abbassamento del potenziale E del metallo sotto protezione, riducendo la corrosione fino al suo arresto. La modalità con la quale si realizza la circolazione di corrente definisce i due tipi di protezione catodica: ad anodi galvanici (o sacrifiziali) e a corrente impressa.
Nella tecnica cosiddetta a corrente impressa si utilizza un generatore di forza elettromotrice, il cui polo positivo è collegato a un opportuno dispersore di corrente costituito da un anodo insolubile, mentre il polo negativo è collegato alla struttura da proteggere. Gli elettroni che dal generatore affluiscono sul metallo sotto protezione, essendo cariche negative, ne abbassano il potenziale E, in modo da ridurre il processo di corrosione o arrestarlo se E scende al di sotto di Eeq. Questi elettroni sono poi neutralizzati dalla reazione catodica che avviene sulla superficie del metallo. Questa reazione dipende dalla soluzione in cui è immerso il metallo e nel caso dell’acqua di mare è rappresentata dalla reazione di riduzione dell’ossigeno, attraverso la quale gli atomi dell’ossigeno disciolto nel mare catturano gli elettroni in eccesso presenti sulla superficie del metallo. Il valore del potenziale E al quale il processo di corrosione risulta bloccato è definito potenziale di protezione e varia da metallo a metallo. Il valore della corrente, erogata dal generatore, che permette al potenziale del metallo di nostro interesse di raggiungere il valore di protezione, è detta corrente di protezione. Tale corrente è proporzionale a due fattori: la concentrazione dell’ossigeno disciolto nel mare e la superficie della struttura metallica che si vuole preservare dalla corrosione. Gli elettroni che il generatore fornisce al metallo per ridurre il suo potenziale e bloccare il processo di corrosione sono catturati e neutralizzati dagli atomi di ossigeno presenti nel mare e devono essere continuamente rimpiazzati per mantenere il potenziale del metallo al di sotto del valore di protezione. E’ quindi chiaro che aumentando la concentrazione dell’ossigeno disciolto nell’acqua aumenta il numero degli elettroni che vengono neutralizzati in un secondo, di conseguenza aumenta il numero di elettroni che deve fornire il generatore in un secondo, che non è altro che il valore della corrente di protezione. Allo stesso modo, dato che gli elettroni che dal generatore affluiscono sul metallo si dispongono uniformemente sulla sua superficie, un’area più ampia favorisce (e quindi aumenta) la loro cattura da parte degli atomi di ossigeno, provocando un aumento della corrente di protezione.
Nella tecnica cosiddetta ad anodi galvanici (o sacrifiziali) occorre realizzare un accoppiamento galvanico tra il metallo da proteggere e un metallo meno nobile, che viene definito anodo galvanico. Per realizzare l’accoppiamento galvanico è sufficiente connettere elettricamente il metallo da proteggere al metallo meno nobile mediante un conduttore elettrico, oppure mettendo in contatto tra loro le superficie dei due metalli. Se un metallo A è meno nobile di un metallo B, immergendo i due metalli nella stessa soluzione elettrolitica, il potenziale EA assunto dal metallo A sarà inferiore al potenziale EB assunto dal metallo B, naturalmente entrambi i potenziali si intendono misurati rispetto allo stesso elettrodo di riferimento. Se i due metalli non sono connessi elettricamente si ossidano entrambi, ma se li colleghiamo si verifica il seguente fenomeno. Il metallo A continua ad ossidarsi, ma poiché è EB > EA, gli elettroni, prodotti sulla superficie del metallo A per effetto della sua ossidazione, si trasferiscono sulla superficie del metallo B. Questo abbassa il potenziale EB, riducendo o addirittura arrestando, se EB scende al di sotto del valore del potenziale di protezione del metallo B, il processo di corrosione del metallo B. Gli elettroni che dal metallo A affluiscono sul metallo B sono poi neutralizzati dalla reazione di riduzione dell’ossigeno che avviene sulla superficie del metallo B. L’abbassamento che subisce il potenziale EB dipende dal valore di EA. Più EA è negativo e tanto maggiore sarà la riduzione subita da EB. Quindi nel caso della protezione ad anodi galvanici, la corrente di protezione è erogata dal metallo meno nobile, che per questo motivo è definito anodo galvanico o anodo sacrifiziale. Se si impiegano due metalli non abbastanza distanti in termini di potenziale di ossido/riduzione possiamo ottenere una protezione ad anodi galvanici poco efficace. Ad esempio, utilizzando l’oro come metallo più nobile e l’argento come metallo meno nobile, pur connettendo elettricamente i due metalli, abbiamo che l’oro continua a corrodersi. Questo avviene perché l’argento riduce solo di poco il potenziale E dell’oro e non è in grado di fargli raggiungere il valore di protezione, perciò il processo di corrosione dell’oro risulta solo rallentato. Per bloccare completamente il fenomeno di corrosione dell’oro occorre utilizzare un metallo ancora meno nobile dell’argento, ad esempio il rame, che provochi una maggiore diminuzione del potenziale dell’oro. Bisogna però stare attenti che la riduzione subita dal potenziale del metallo da proteggere non sia eccessiva, altrimenti si blocca la corrosione ma si generano gli effetti negativi precedentemente descritti. Per fare un esempio, sempre nel caso della protezione dell’oro non è consigliabile usare l’alluminio, poiché riduce eccessivamente il potenziale dell’oro.
Le due tecniche viste in precedenza presentano entrambe vantaggi e svantaggi: nel caso del metodo a corrente impressa i vantaggi sono i seguenti:
- può essere progettato per un ampio intervallo di tensioni e correnti;
- ogni anodo può erogare un’elevata corrente;
- la tensione e la corrente possono essere variate;
- il sistema di protezione può essere visionato facilmente.
Mentre gli svantaggi principali sono i seguenti:
- causa problemi di interferenza;
- é soggetto a rotture del generatore;
- richiede controlli da parte di personale tecnico.
Nel caso del metodo protezione ad anodi galvanici, invece, i vantaggi sono i seguenti:
- non richiede un generatore di forza elettromotrice;
- non richiede regolazione di corrente;
- é di facile installazione;
- non dà problemi di interferenze;
- l’installazione degli anodi non é costosa.
Mentre gli svantaggi sono i seguenti:
- la corrente erogata é modesta;
- le strutture nude richiedono molti anodi;
- non è possibile effettuare controlli frequenti.
Visti i vantaggi e gli svantaggi di entrambi i tipi di protezione catodica, la protezione ad anodi galvanici è di solito utilizzata su imbarcazioni di piccole e medie dimensioni, dove la corrente richiesta è generalmente modesta e il numero di anodi da installare è ridotto, mentre la protezione a corrente impressa è impiegata per navi di grandi dimensioni (quali, ad esempio le petroliere) e strutture metalliche interrate.
Nel caso del metodo protezione ad anodi galvanici, abbiamo che esso risulta di implementazione più semplice e più conveniente, richiede una corrente di protezione generalmente modesta e un numero di anodi da installare limitato ma soffre dell’importante inconveniente che non è possibile effettuare controlli frequenti per verificare il suo corretto funzionamento. L’unica maniera, infatti, per capire se il sistema di protezione anodica sta agendo in modo efficace, è osservare le parti metalliche dell'imbarcazione che sono immerse in mare. Se queste sono intatte, allora la protezione è efficace, ma, se esse risultano corrose, significa che qualcosa nel meccanismo di protezione non sta funzionando come dovrebbe. Allo stesso modo, per verificare il consumo degli anodi sacrifiziali applicati allo scafo dell’imbarcazione, è necessaria la visione diretta degli stessi. Ma ciò può essere fatto solo da un sub, oppure sollevando l’imbarcazione al di sopra del livello dell’acqua. Entrambe queste operazioni però possono essere fatte solo sporadicamente, perciò, se il sistema di protezione anodica non sta funzionando correttamente, si corre il rischio di accorgersene quando i danni causati dalla corrosione sono ormai considerevoli.
E’ chiara, pertanto, l’esigenza di rendere possibile, in qualunque momento si desideri, la verifica del consumo degli anodi sacrifiziali e del corretto funzionamento del sistema di protezione dell’imbarcazione, semplicemente, ad esempio, osservando il monitor di un pc. Questo consentirà di aumentare la frequenza dei controlli, riducendo ampiamente la possibilità di guasti causati da malfunzionamenti della protezione anodica.
SOMMARIO DELL'INVENZIONE
L'oggetto della presente invenzione riguarda un apparato per la misura del consumo di anodi sacrifiziali comprendente almeno un anodo sacrifiziale (10) associato al materiale di cui si vuole valutare il fenomeno corrosivo; almeno un dispositivo (11) atto a misurare tensione e corrente associate a detto anodo sacrifiziale (10); almeno un elaboratore elettronico (12) associato a detto dispositivo (11) atto a misurare tensione e corrente caratterizzato dal fatto che detto almeno un dispositivo (11) atto a misurare tensione e corrente associate a detto anodo sacrifiziale (10) comprende a sua volta un opportuno dispositivo di alimentazione (13) e almeno un dispositivo di tipo “data logger” (14) atto ad acquisire campioni di corrente e tensione da detto almeno un anodo sacrifiziale (10), memorizzarli e renderli disponibili per eventuali elaborazioni.
BREVE DESCRIZIONE DEI DISEGNI
Fig. 1 illustra uno schema a blocchi dell’apparato secondo la presente invenzione.
Fig. 2 illustra una struttura preferita di detto dispositivo di tipo “data logger”.
Fig. 3 illustra un primo esempio di applicazione dell’apparato secondo la presente invenzione.
Fig. 4 illustra un secondo esempio di applicazione dell’apparato secondo la presente invenzione.
Fig. 5 illustra un terzo esempio di applicazione dell’apparato secondo la presente invenzione.
DESCRIZIONE DETTAGLIATA DELL'INVENZIONE
L’apparato in accordo con la presente invenzione opera in modo da determinare la variazione del peso perso da un anodo sacrifiziale per effetto della corrosione. Questo permette di sapere quando un anodo galvanico si è completamente consumato, in modo da sostituirlo tempestivamente, non essendo più in grado di svolgere la sua funzione protettiva. La corrosione alla quale è sottoposto un anodo sacrifiziale dipende dalle condizioni dell’ambiente in cui si trova, se queste cambiano, cambia anche l’entità della corrosione, che perciò non è costante nel tempo. Tra i fattori che possono influenzare la velocità della corrosione vi sono la concentrazione di ossigeno, la salinità del mare, la temperatura e la presenza di eventuali correnti parassite.
Per valutare la corrosione degli anodi sacrifiziali si procede con la valutazione della quantità di materia che gli stessi elettrodi hanno perduto in ragione della corrente di protezione che essi generano.
Calcolando l'integrale dell'andamento della corrente erogata dagli elettrodi in un dato intervallo temporale, si ottiene la quantità di carica Q prodotta dall’anodo galvanico nello stesso intervallo di tempo. Tale carica Q è costituita dagli elettroni lasciati liberi dagli atomi del metallo che passano in soluzione, ossia dagli atomi responsabili della corrosione stessa del metallo di cui è composto l’anodo. Il numero di elettroni ceduti è una caratteristica elettrochimica costante per atomi della stessa specie ed è quindi sempre lo stesso per atomi uguali (cioè appartenenti al medesimo metallo) e prende il nome di valenza (nv). Pertanto, dividendo il numero di elettroni che compongono la carica Q per la valenza nv si ottiene il numero di atomi che nell'intervallo di tempo considerato sono passati in soluzione. Poiché questi atomi sono quelli che determinano la corrosione dell’anodo, moltiplicando il loro numero per il peso atomico (ma) del metallo che costituisce l’anodo, si ottiene proprio la variazione di peso subita dall’anodo nell’intervallo di tempo considerato. Dunque, per determinare la variazione di peso di un anodo sacrifiziale in un certo intervallo di tempo, occorre conoscere la corrente erogata dall’anodo nel suddetto intervallo e applicare la seguente formula:
Vp = (Q / nv *e-)* ma
In cui:
Vp = variazione di peso dell’anodo nell’intervallo di tempo (t1, t2);
Q = carica erogata dall’anodo nell'intervallo di tempo (t1, t2);
nv = valenza del metallo che costituisce l’anodo;
e- = carica dell’elettrone;
ma = peso atomico del metallo che costituisce l'anodo.
Nella pratica non è conveniente determinare l’esatto andamento temporale di una grandezza che varia in modo continuo come la corrente di protezione, ma si preferisce ricorrere al calcolo di un numero finito di campioni. Quindi per calcolare il valore di Q, anziché svolgere un integrale si esegue la seguente sommatoria:
nella quale il termine li rappresenta il valore dell’i-esimo campione della corrente di protezione in oggetto, mentre Dti rappresenta l’intervallo di tempo che intercorre tra i campioni li e li+1. Si suppone che il numero di campioni di corrente che sono stati determinati all’interno dell’intervallo considerato sia pari a n. L’errore commesso nel calcolo di Q, utilizzando la sommatoria anziché l’integrale diminuisce all’aumentare del numero di campioni di corrente che vengono prelevati all’interno dell’intervallo considerato, e può quindi essere minimizzato a piacere utilizzando un numero di campioni opportuno.
Determinare la variazione di peso di un anodo sacrifiziale è utile per conoscere quando l’anodo è completamente consumato e va sostituito, ma non permette di stabilire se il sistema di protezione sta funzionando correttamente. Il fatto che un anodo galvanico si stia consumando è una condizione necessaria ma non sufficiente a proteggere lo scafo di un’imbarcazione dalla corrosione. Se per qualche motivo, ad esempio, si interrompe la connessione elettrica tra scafo e anodo di protezione, accade che l’anodo continua a consumarsi, ma a questo punto anche lo scafo inizia a corrodersi, poiché non è più protetto. Allo stesso modo se la corrente di protezione erogata dall’anodo sacrifiziale è inferiore a quella richiesta da una delle varie parti metalliche della nave, il processo di corrosione risulta solo rallentato, ma non bloccato.
Dato che un metallo immerso nel mare (o in qualunque soluzione elettrolitica) si corrode solo se il suo potenziale è superiore a un ben preciso valore, noto come potenziale di protezione, per sapere se uno qualunque dei componenti metallici di un’imbarcazione è ben difeso dalla corrosione, occorre misurare il suo potenziale e confrontarlo con quello di protezione. Se il maggiore tra i due è il potenziale di protezione, allora il componente in questione è immune alla corrosione. In conclusione, l’apparato secondo la presente invenzione sfrutta la misura e la successiva elaborazione di campioni della corrente e della tensione relative agli anodi sacrifiziali per calcolarne la perdita di peso e quindi l’efficienza operativa.
In riferimento alla Fig. 1 vediamo uno schema a blocchi dell’apparato secondo la presente invenzione. E’ presente almeno un anodo sacrifiziale 10 associato al materiale di cui si vuole evitare il fenomeno corrosivo; almeno un dispositivo 11 atto a misurare tensione e corrente associate a detto anodo sacrifiziale 10, almeno un elaboratore elettronico 12 associato a detto dispositivo 11 atto a misurare tensione e corrente.
Detto almeno un dispositivo 11 atto a misurare tensione e corrente associate a detto anodo sacrifiziale 10 comprende a sua volta un opportuno dispositivo di alimentazione 13 e un dispositivo di tipo “data logger” 14 atto ad acquisire campioni di corrente e tensione da detto almeno un anodo sacrifiziale 10, memorizzarli e renderli disponibili per eventuali elaborazioni. Detto elaboratore elettronico 12, realizzato preferibilmente da un personal computer è equipaggiato di un programma software atto a tracciare grafici dell’andamento di detti campioni di corrente e tensione rispetto al tempo e ad elaborare la perdita di peso di detto anodo sacrifiziale. Ciascuno di detti dispositivi di tipo “data logger", inoltre, sarà preferibilmente installato nelle vicinanze di detti anodi sacrifiziali da monitorare.
Per effettuare la misura della tensione su una struttura metallica immersa in mare (o in qualunque altra soluzione elettrolitica) è indispensabile la presenza di un elettrodo di riferimento. Esso deve essere immerso in mare e deve essere collocato il più vicino possibile alla zona di cui si vuole rilevare la tensione, affinché la misura sia precisa. Dunque, per realizzare le misure richieste, occorrono in generale due distinti strumenti, un amperometro e un voltmetro. Sarebbe però opportuno riuscire ad effettuare entrambe le misure di tensione e corrente con un unico strumento. Questo infatti consentirebbe di ridurre notevolmente i costi del prodotto da realizzare. In riferimento alla Fig. 2 allegata, la struttura preferita di detto dispositivo di tipo “data logger” è tale da comprendere almeno un voltmetro 20, almeno un convertitore A/D 21, almeno una memoria 22 e almeno un microcontrollore 23. Detto voltmetro 20 rappresenta lo strumento atto ad effettuare le necessarie misure di tensione e corrente relative a detti anodi sacrifiziali secondo una delle seguenti modalità preferite.
Nella prima modalità, illustrata nella Fig. 3 allegata, detto anodo sacrifiziale 10 è ulteriormente associato a una resistenza di lettura 30, ad un interruttore 31 e ad un deviatore 32. Detta resistenza di lettura 30 è collegata con un terminale al metallo di cui si vuole prevenire la corrosione 33 (ad esempio, lo scafo di un’imbarcazione) e con l’altro ad un primo terminale 34 di detto interruttore 31 e ad un primo terminale laterale 35 di detto deviatore 32. Il secondo terminale laterale 36 di detto interruttore 31, assieme al secondo terminale laterale 37 di detto deviatore 32, sono collegati a detto anodo sacrifiziale 10, disposto in prossimità del metallo di cui si vuole prevenire la corrosione ma elettricamente isolato da esso. Il voltmetro 20 è collegato tra detto metallo di cui si vuole prevenire la corrosione 33 (assieme ad un capo della resistenza di lettura 30) e il terminale centrale 38 di detto deviatore 32.
Quando non si effettuano misure l’interruttore 31 deve essere chiuso per far si che l’anodo sacrifiziale 10 sia collegato al metallo di cui si vuole prevenire la corrosione, che nella figura 3 è rappresentata dallo scafo, mentre la posizione del deviatore 32 non è influente.
Per misurare la corrente erogata dall’anodo galvanico l’interruttore 31 deve essere chiuso, mentre il deviatore 32 deve avere il terminale centrale 38 collegato al suo primo terminale laterale 35. In questo modo la corrente di protezione attraversa la resistenza di lettura 30, generando una caduta di tensione che viene rilevata dal voltmetro 20.
Per effettuare la misura di tensione invece, l’interruttore 31 deve essere aperto e il deviatore 32 deve avere il terminale centrale 38 collegato al suo secondo terminale laterale 36, in modo che l’anodo sacrifiziale 10 non sia più connesso allo scafo ma a uno dei terminali del voltmetro 20 e possa così essere utilizzato anche come elettrodo di riferimento per la misura da effettuare.
Nella seconda modalità, illustrata nella Fig. 4 allegata, ciascuno di detti anodi sacrifiziali 10 è associato ad un solo elettrodo di riferimento 40, anch’esso associato al metallo di cui si vuole prevenire la corrosione, ad una resistenza di lettura 30 e ad un deviatore 32. In questo caso detta resistenza di lettura 30 è collegata con un terminale al metallo di cui si vuole prevenire la corrosione 33 e con l’altro ad un primo terminale laterale 35 di detto deviatore 32 e all’anodo sacrifiziale 10. Il secondo terminale laterale 36 di detto deviatore 32 è collegato a detto elettrodo di riferimento 40. Il voltmetro 20 è collegato tra detto metallo di cui si vuole prevenire la corrosione 33 (assieme ad un capo della resistenza di lettura 30) e il terminale centrale 38 di detto deviatore 32. Quando il deviatore 32 è chiuso sul suo primo terminale laterale 35, il voltmetro 20 rileva la caduta di tensione sulla resistenza di lettura 30 provocata dalla corrente di protezione generata dall’anodo sacrifiziale. Invece, quando il deviatore 32 è chiuso sul suo secondo terminale laterale 36, viene misurata la tensione rispetto all’elettrodo di riferimento 40 del metallo di cui si vuole prevenire la corrosione 33.
Nella terza modalità, illustrata nella Fig. 5 allegata, ognuno di detti anodi sacrifiziali 10 è associato ad un unico elettrodo di riferimento comune - anch’esso associato al metallo di cui si vuole prevenire la corrosione - ad una resistenza di lettura 30 e ad un deviatore 32. Anche in questo caso detta resistenza di lettura 30 è collegata con un terminale al metallo di cui si vuole prevenire la corrosione 33 e con l’altro ad un primo terminale laterale 35 di detto deviatore 32 e all’anodo sacrifiziale 10. Il secondo terminale laterale 36 di detto interruttore 31 è collegato a detto elettrodo di riferimento comune. Il voltmetro 20 è collegato tra detto metallo di cui si vuole prevenire la corrosione 33 (assieme ad un capo della resistenza di lettura 30) e il terminale centrale 38 di detto deviatore 32.
L’unica differenza rispetto al caso precedente è l’utilizzo di un unico elettrodo di riferimento comune che dovrà essere posto in posizione quanto più possibile equidistante dagli anodi sacrifiziali impiegati. Data la maggiore distanza che separa l’elettrodo di riferimento dalla zona su cui si effettua il rilevamento di tensione, la misura sarà molto meno precisa rispetto al caso precedente.
Poiché le tensioni e le correnti da misurare possono variare rispettivamente da pochi milliVolt a qualche Volt e da 1 mA circa a correnti maggiori di 1 Ampere, detto convertitore A\D 21 avrà preferibilmente almeno una risoluzione di undici bit.
Detta memoria 22 serve allo scopo di conservare i risultati delle acquisizioni del convertitore A\D 21 e la sua capacità è solo funzione del numero di acquisizioni che si intende realizzare. Per evitare che delle informazioni possano andare perse a causa di un’improvvisa interruzione dell’alimentazione al data-logger, la presente invenzione impiega preferibilmente una memoria EEPROM di tipo flash.
Detto microcontrollore 23, infine, sarà preferibilmente munito di interfaccia periferica seriale (SPI) 24 mediante la quale gestisce la comunicazione con detto convertitore A/D 21 e con detta memoria 22. Esso sarà preferibilmente munito di trasmettitore - ricevitore asincrono universale (UART) 25 per la gestione della comunicazione con detto elaboratore elettronico 12, attraverso un’opportuna interfaccia di comunicazione seriale 26 basata preferibilmente sullo standard RS-485 o sullo standard MOD BUS.

Claims (18)

  1. RIVENDICAZIONI 1 . Apparato per la misura del consumo di anodi sacrifiziali comprendente almeno un anodo sacrifiziale (10) associato al materiale di cui si vuole valutare il fenomeno corrosivo; almeno un dispositivo (11) atto a misurare tensione e corrente associate a detto anodo sacrifiziale (10); almeno un elaboratore elettronico (12) associato a detto dispositivo (11) atto a misurare tensione e corrente caratterizzato dal fatto che detto almeno un dispositivo (11 ) atto a misurare tensione e corrente associate a detto anodo sacrifiziale (10) comprende a sua volta un opportuno dispositivo di alimentazione (13) e almeno un dispositivo di tipo “data logger” (14) atto ad acquisire campioni di corrente e tensione da detto almeno un anodo sacrifiziale (10), memorizzarli e renderli disponibili per eventuali elaborazioni.
  2. 2. Apparato secondo la rivendicazione 1 caratterizzato dal fatto che detto elaboratore elettronico (12) è equipaggiato di un programma software atto a tracciare grafici dell’andamento di detti campioni di corrente e tensione rispetto al tempo e ad elaborare la perdita di peso di detto anodo sacrifiziale (10) da monitorare.
  3. 3. Apparato secondo le rivendicazioni 1 - 2 caratterizzato dal fatto che detto elaboratore elettronico (12) è realizzato preferibilmente da un personal computer.
  4. 4. Apparato secondo le rivendicazioni 1 - 3 caratterizzato dal fatto che detto dispositivo “data logger” (14) è tale da comprendere almeno un voltmetro (20), almeno un convertitore A/D (21), almeno una memoria (22) e almeno un microcontrollore (23).
  5. 5. Apparato secondo le rivendicazioni 1 - 4 caratterizzato dal fatto che detto almeno un dispositivo di tipo “data logger” (14) è installato nelle vicinanze di detto anodo sacrifiziale (10) da monitorare.
  6. 6. Apparato secondo le rivendicazioni 1 - 5 caratterizzato dal fatto che detto anodo sacrifiziale (10) è ulteriormente associato a una resistenza di lettura (30), ad un interruttore (31) e ad un deviatore (32), detta resistenza di lettura (30) essendo collegata con un terminale al metallo di cui si vuole prevenire la corrosione (33) e con l’altro ad un primo terminale (34) di detto interruttore (31 ) e ad un primo terminale laterale 35 di detto deviatore 32; detto secondo terminale laterale (36) di detto interruttore (31), assieme al secondo terminale laterale (37) di detto deviatore (32), essendo collegati a detto anodo sacrifiziale (10), disposto in prossimità del metallo di cui si vuole prevenire la corrosione ma elettricamente isolato da esso; detto voltmetro (20), infine, essendo collegato tra detto metallo di cui si vuole prevenire la corrosione (33) e il terminale centrale (38) di detto deviatore (32).
  7. 7. Apparato secondo le rivendicazioni 1 - 5 caratterizzato dal fatto di comprendere almeno un elettrodo di riferimento.
  8. 8. Apparato secondo la rivendicazione 7 caratterizzato dal fatto che detto almeno un elettrodo di riferimento (40) è associato ad uno solo di detti almeno un anodo sacrifiziale (10) e al metallo di cui si vuole prevenire la corrosione.
  9. 9. Apparato secondo le rivendicazioni 7 - 8 caratterizzato dal fatto che ciascuno di detti anodi sacrifiziali (10) è ulteriormente associato ad una resistenza di lettura (30) e ad un deviatore (32), detta resistenza di lettura (30) essendo collegata con un terminale al metallo di cui si vuole prevenire la corrosione (33) e con l’altro ad un primo terminale laterale (35) di detto deviatore (32) e a detto anodo sacrifiziale (10); detto deviatore (32) essendo collegato tramite il suo secondo terminale laterale (36) a detto elettrodo di riferimento (40); detto voltmetro (20) essendo collegato tra detto metallo di cui si vuole prevenire la corrosione (33) e il terminale centrale (38) di detto deviatore (32).
  10. 10. Apparato secondo la rivendicazione 7 caratterizzato dal fatto che detto almeno un elettrodo di riferimento (40) è associato a ciascuno di detti anodi sacrifiziali (10) e al metallo di cui si vuole prevenire la corrosione.
  11. 11. Apparato secondo la rivendicazione 10 caratterizzato dal fatto che ciascuno di detti anodi sacrifiziali (10) è ulteriormente associato ad una resistenza di lettura (30) e ad un deviatore (32); detta resistenza di lettura (30) essendo collegata con un terminale al metallo di cui si vuole prevenire la corrosione (33) e con l’altro ad un primo terminale laterale (35) di detto deviatore (32) e a detto anodo sacrifiziale (10); il secondo terminale laterale (36) di detto interruttore (31) essendo collegato a detto elettrodo di riferimento comune; detto voltmetro (20) essendo collegato tra detto metallo di cui si vuole prevenire la corrosione (33) e il terminale centrale (38) di detto deviatore (32).
  12. 12. Apparato secondo le rivendicazioni 5 - 11 caratterizzato dal fatto che detto convertitore A\D (21) ha una risoluzione di almeno undici bit.
  13. 13. Apparato secondo le rivendicazioni 5 - 12 caratterizzato dal fatto che detta almeno una memoria (22) comprende una memoria EEPROM di tipo flash.
  14. 14. Apparato secondo le rivendicazioni 5 - 13 caratterizzato dal fatto che detto almeno un microcontrollore (23) comprende un’interfaccia periferica seriale (SPI) (24) mediante la quale gestire, tra le altre cose, la comunicazione con detto convertitore A/D (21) e con detta memoria (22).
  15. 15. Apparato secondo le rivendicazioni 5 - 14 caratterizzato dal fatto che detto almeno un microcontrollore (23) comprende ulteriormente un trasmettitore - ricevitore asincrono universale (UART) (25) mediante la quale gestire, tra le altre cose, la comunicazione con detto elaboratore elettronico (12), attraverso un’opportuna interfaccia di comunicazione seriale (26).
  16. 16. Apparato secondo la rivendicazione 15 caratterizzato dal fatto che detta opportuna interfaccia di comunicazione seriale (26) è basata sullo standard RS-485.
  17. 17. Apparato secondo la rivendicazione 15 caratterizzato dal fatto che detta opportuna interfaccia di comunicazione seriale (26) è basata sullo standard MOD BUS.
  18. 18. Apparato secondo le rivendicazioni 1 - 17 caratterizzato dal fatto che detto almeno un elaboratore elettronico (12) comprende un personal computer.
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