IT201900013251A1 - Stazione fotometrica per l’analisi diagnostica in vitro mediante l’utilizzo di dispositivi optoelettronici a base organica e di cristalli fotonici - Google Patents

Stazione fotometrica per l’analisi diagnostica in vitro mediante l’utilizzo di dispositivi optoelettronici a base organica e di cristalli fotonici Download PDF

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Italy
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cuvette
oled
light
organic
photonic crystals
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Application number
IT102019000013251A
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English (en)
Inventor
Maria Grazia Maglione
Giuseppe Nenna
Pasquale Morvillo
Tommaso Fasolino
Riccardo Miscioscia
Giuseppe Pandolfi
Filippo Giovanni De
Francesco Pascarella
Carla Minarini
Rosita Diana
Salvatore Aprano
Giorgio Allasia
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Agenzia Naz Per Le Nuove Tecnologie Lenergia E Lo Sviluppo Economico Sostenibile Enea
Fos Spa
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Description

Descrizione del brevetto per invenzione dal titolo: STAZIONE FOTOMETRICA PER L’ANALISI DIAGNOSTICA IN VITRO MEDIANTE L’UTILIZZO DI DISPOSITIVI OPTO-ELETTRONICI A BASE ORGANICA E DI CRISTALLI FOTONICI;
La presente invenzione riguarda sostanzialmente un metodo ed un dispositivo per l’analisi diagnostica in vitro mediante utilizzo di dispositivi opto-elettronici a base organica e di cristalli fotonici.
Più specificatamente, l’invenzione consiste in un metodo e un apparato che consente di effettuare l’analisi diagnostica in vitro di campioni biologici, mediante l’analisi della radiazione luminosa trasmessa attraverso il campione da analizzare, utilizzando un innovativo sistema di componenti e dispositivi.
In genere i dispositivi opto-elettronici finora utilizzati permettono test immunoenzimatici, al fine di rilevare l'eventuale presenza di anticorpi o di antigeni in un campione biologico, tipicamente nel sangue, e consentono, ad esempio, di accertare la presenza di una infezione. Questa strumentazione può essere quindi utilizzata in test comuni a questo tipo di applicazioni come il test ELISA (Enzyme-Linked ImmunoSorbent Assay) o il test ELFA (Enzime Linked Fluorescent Assay).
I dispositivi attualmente conosciuti prevedono una lampada alogena o dei LED come sorgente luminosa, fibre ottiche come mezzi trasmissivi nel percorso ottico, una serie di filtri selezionabili meccanicamente e dei fotosensori per la lettura dell’intensità del segnale così come mostrato in figura 1.
In particolare, allo stato dell’arte, molti strumenti utilizzati per queste applicazioni utilizzano una lampada alogena, una serie di filtri interferenziali e dei fotodiodi allo stato solido. Questo comporta necessariamente degli ingombri notevoli per gli apparati dell’arte nota.
In tabella 1, vengono riportati i requisiti che debbono caratterizzare il sistema, affinché si possa ottenere un valore di corrente facilmente leggibile dai sensori ottici per i valori di assorbimento (Optical Density = OD) che caratterizzano i campioni in esame.
Tabella 1
Dalla tabella si nota come sia importante avere anche una buona risposta lineare del sistema in modo da facilitare la calibrazione dello stesso [1 % (0 ÷ 2 OD)].
Vantaggiosamente, l’apparato secondo l’invenzione permette di ridurre gli ingombri rispetto ai sistemi in commercio, evitando di dover utilizzare fibre ottiche aggiuntive e filtri interferenziali.
Sono anche note stazioni fotometriche che analizzano tessuti biologici e che modulano la luce trasmessa tra una sorgente emissiva e un ricevitore di forma piana. Tuttavia, a differenza della presente invenzione, in tali stazioni fotometriche non sono presenti filtri per la luce e tali sistemi sono basati su analisi di immagini, pertanto il loro sensore potrebbe essere di tipo fotografico (CCD/CMOS) .
Inoltre, diversamente dal presente trovato, il funzionamento di questa tecnologia nota - che opera con campioni gassosi o in fase vapore - si basa sull’analisi differenziale di due campioni per garantire una sensibilità e una precisione maggiore di sistemi non differenziali. In questo caso si impiegano filtri ottici per selezionare l’intervallo spettrale d’interesse.
Esistono poi sistemi basati anche sull’analisi fotometrica per la rilevazione di singole particelle emissive. In questo caso si utilizza il principio della microscopia confocale applicato ad un opportuno porta substrati che viene spostato per rilevare le proprietà di diversi campioni.
Le misure nel tempo delle intensità luminose vengono raccolte attraverso catene di acquisizione dati computerizzate. Le particelle possono scorrere in dotti tubolari trasparenti e le misure nel tempo forniscono informazioni sulla natura e sulla velocità delle particelle stesse.
Un sistema ulteriormente noto, funziona facendo uso di un chip usa e getta sul quale è integrato un percorso per il fluido da analizzare che può essere eventualmente integrato in esso attraverso un ago.
Il principio può fondarsi sulla fluorescenza del campione o un qualsiasi altro metodo in grado di modulare la luce che si diffonde attraverso il percorso riempito dal fluido.
Vi sono anche sistemi compatti e portatili a supporto dell’analisi fotometrica di campioni e dispositivi per far fluire un liquido all’interno di un condotto da frapporre al percorso ottico di uno spettrofotometro, ma un problema comune a tutti è dato dal fatto che non garantiscono una selezione adeguata del segnale e quindi una larghezza di banda del segnale selezionato < 10nm.
Alla luce di quanto fin qui descritto, scopo dell’invenzione è di superare i problemi e svantaggi fin qui descritti realizzando una stazione fotometrica che utilizza un diodo organico (OLED) come sorgente luminosa, una serie di cristalli fotonici per la selezione della lunghezza d’onda ed un fotodiodo organico (OPD) come fotosensore.
Il concetto inventivo alla base del trovato, è l’utilizzo di una o più sorgenti OLED (LED organico) accoppiati a dei cristalli fotonici in modo da ottimizzare la potenza della luce estratta e ridurne la larghezza di banda, eliminando la necessità di prevedere dei filtri ottici interferenziali utilizzati nei sistemi già esistenti.
Diversamente dai sistemi noti, l’invenzione consiste in un apparato che prevede una sorgente luminosa di tipo OLED, in cui il cammino ottico della radiazione luminosa emessa dalla sorgente è adatto alle necessità del sistema, ed in cui la rilevazione del segnale è effettuata attraverso l’utilizzo di un OPD (fotodiodo organico). I requisiti minimi per i test sopra citati risultano essere, infatti, molto stringenti riguardo le lunghezze d’onda (usualmente: 405 nm, 450 nm, 492 nm, 550 nm, 620 nm).
Per campionare in maniera opportuna il segnale di analisi sono stati utilizzati una serie di cristalli fotonici. L’utilizzo di tali cristalli permette di ottenere una larghezza di banda inferiore a 10 nm, in modo da allinearsi a quanto richiesto dalle soluzioni ad oggi in commercio.
Una migliore comprensione dell’invenzione si avrà con la seguente descrizione dettagliata e con riferimento alle figure allegate che illustrano, a puro titolo esemplificativo e non già limitativo, una preferita forma realizzativa.
Nei disegni:
In figura 1 è rappresentato uno schema esemplificativo di una stazione fotometrica per analisi in vitro.
In figura 2 è rappresentato un dispositivo OLED con cristallo fotonico.
In figura 3 è rappresentato un dispositivo OLED con cristallo fotonico e dispositivo OPD.
In figura 4 è rappresentato un dispositivo OLED con cristallo fotonico e dispositivo OPD con un secondo cristallo fotonico per il segnale di riferimento.
La figura 5 mostra uno schema concettuale della struttura realizzata ripetuta per i diversi dispositivi dedicati alle diverse lunghezze d’onda di riferimento, evidenziando l’array di sorgenti che fornisce tutte le informazioni necessarie all’analisi del fluido in esame.
La figura 6 mostra un OLED blu con area attiva di 1 cm² ed il diagramma intensità in funzione della lunghezza d’onda relativo allo spettro di emissione a diverse correnti di alimentazione elettrica.
La figura 7 mostra il diagramma intensità in funzione della lunghezza d’onda per gli spettri di emissione dell’OLED bianco da 1 cm², acquisiti a varie intensità di corrente.
La figura 8 mostra gli OLED bianchi accesi con area emissiva di 1 cm².
La figura 9 mostra l’ architettura del prototipo di fotodiodo a struttura inversa.
La figura 10 mostra la foto di un prototipo di fotodiodo realizzato non incapsulato.
La figura 11a mostra il diagramma densità di corrente in funzione del voltaggio relativo alla curva IV dark di un fotodiodo realizzato per la stazione fotometrica.
La figura 11b mostra il diagramma densità di corrente in funzione del voltaggio relativo alla curva IV Light (spettro AM1.5G) di un fotodiodo realizzato per la stazione fotometrica.
La figura 12a mostra il diagramma relativo la fotocorrente di un fotodiodo realizzato in funzione dell’intensità di luce incidente (spettro AM1.5G).
La figura 12b mostra il diagramma di risposta spettrale dei fotodiodi realizzati per la stazione fotometrica in funzione della lunghezza d’onda.
La figura 13 mostra le simulazioni dei cristalli fotonici a base quadrata riguardanti le di cinque lunghezze d’onda previste per i test immunoenzimatici della stazione fotometrica.
La figura 14a mostra il diagramma intensità in funzione della lunghezza d’onda per strutture con nano pattern a base quadrata in cui sono visibili sia gli spettri di estrazione ad angolo 0° sperimentali, sia quelli simulati.
La figura 14b mostra il diagramma intensità in funzione della lunghezza d’onda per strutture con nano pattern a base triangolare in cui sono visibili sia gli spettri di estrazione ad angolo 0° sperimentali, sia quelli simulati.
La figura 15a mostra le radianze angolari per la famiglia di cristalli con struttura a base quadrata.
La figura 15b mostra le radianze angolari per la famiglia di cristalli con struttura a base triangolare.
La figura 16a mostra la lunghezza d’onda di picco estratta al variare dell’angolo ϴ per strutture a base quadrata.
La figura 16b mostra la lunghezza d’onda di picco estratta al variare dell’angolo ϴ per strutture a base triangolare.
La figura 17 a mostra l’OLED acceso prima dell’accoppiamento al cristallo fotonico.
La figura 17b mostra l’OLED acceso e accoppiato al cristallo fotonico, con lunghezza d’onda 450 nm, prima del posizionamento dell’OPD per la rivelazione.
La figura 18 mostra il sistema completo con OLED, PC, e OPD disposti per la caratterizzazione.
La figura 19 mostra il dettaglio dell’assemblato completo per le diverse lunghezze d’onda.
La figura 20 mostra il dettaglio del sottoassieme dell’OLED accoppiato al cristallo fotonico.
La figura 21 mostra una preferita forma realizzativa del trovato in cui sono visibili: il supporto per la sorgente OLED, il porta cristalli, il braccio porta cuvette e la posizione in cui inserire la cuvette (foro portacuvette).
La figura 22 mostra le due posizioni possibili per la sorgente OLED, ovvero in posizione di riposo nell’immagine a sinistra, ed in posizione affacciata nell’immagine a destra.
La figura 23 mostra le due posizioni possibili per il braccio porta cuvette: nell’immagine a sinistra è nella posizione detta di riposo che permette il caricamento e lo scaricamento delle cuvette dal foro portacuvette; nell’immagine a destra è in posizione detta “attiva”, ovvero il braccio è ruotato di 90° rispetto la posizione di riposo e questa posizione permette alla cuvette di frapporsi tra cristallo fotonico e fotodiodo organico intercettando il percorso della luce tra i due. In alternativa, detta seconda posizione attiva prevede che la cuvette sia frapposta tra la sorgente luminosa e la faccia planare del cristallo fotonico.
La figura 24 mostra il supporto e la posizione del sensore OPD.
La figura 25 mostra uno schema a blocchi del sistema di analisi diagnostica fotometrica.
In una preferita forma realizzativa del trovato, si prevede che l’emissione della luce sia preferibilmente realizzata mediante dispositivi OLED limitando l’emissione della luce solo a delle particolari frequenze di specifico interesse. Ad esempio, nei test sperimentali sono stati realizzati due diversi dispositivi OLED in modo da coprire le zone spettrali delle seguenti lunghezze d’onda: 405, 450, 492, 550, 620 nm.
A tal fine, sono stati valutati diversi materiali emissivi in modo da realizzare degli OLED aventi una buona efficienza alle citate lunghezze d’onda. Inoltre, è previsto l’utilizzo di fosfori non solo per modulare la banda di emissione, ma anche per migliorare ulteriormente l’efficienza dell’invenzione, sfruttando al meglio tutte le transizioni possibili sia da singoletto che da tripletto.
La banda emissiva degli OLED, infatti, è generalmente troppo ampia per garantire il giusto utilizzo in un apparato adatto per l’uso elettromedicale come quello che si descrive; quindi, attraverso l’utilizzo dei cristalli fotonici, si è potuta restringere la banda emissiva fino a raggiungere il valore di poche decine di nanometri.
Grazie alla scelta di opportuni materiali emissivi e all’utilizzo di opportuni passi reticolari del cristallo fotonico, l’abbattimento del segnale risulta meno importante e soprattutto non discriminante per l’utilizzo delle sorgenti stesse, il cui segnale può essere diminuito anche di tre ordini di grandezza (3OD) garantendo una buona dinamica dello stesso.
Ad oggi, dalla letteratura disponibile non si evince l’esistenza di un sistema in grado di effettuare test immunoenzimatici basato sulla questa tecnologia, caratterizzata dall’impiego di cristalli fotonici per la selezione di una stretta banda spettrale (10 /- 2nm).
Le sorgenti luminose oggetto della presente invenzione sono preferibilmente realizzate su substrati trasparenti vetrosi, ma è possibile implementare il sistema anche su materiali plastici, in modo da valutare le prestazioni al variare dell’indice di rifrazione del substrato stesso.
Nel dispositivo OLED, a causa del salto di indice di rifrazione tra il substrato e l’aria, si ha una consistente perdita di luce che resta intrappolata e guidata attraverso il substrato stesso. Una possibile soluzione a questo tipo di problematica è basata sulla realizzazione di un cristallo fotonico posizionato direttamente sulla superficie del substrato in una configurazione del tipo mostrato in figura 2.
Nell’invenzione, si è vantaggiosamente sfruttata la caratteristica che hanno i substrati di guidare la luce, utilizzandola in punti specifici e con proprietà spettrali opportune per svariate tipologie di applicazioni. In particolare, grazie all’impiego di cristalli fotonici, aventi un opportuno passo reticolare, si ha la possibilità di selezionare una porzione della banda di emissione della sorgente OLED e di restringerla considerevolmente rendendola fruibile per applicazioni che sarebbero altrimenti improponibili per le sorgenti prese in esame.
Secondo il trovato, modificando la geometria dei dispositivi, come mostrato in figura 3, si può guidare la luce verso un punto specifico del substrato per farla fuoriuscire ad una specifica lunghezza d’onda, con la possibilità di stringere vantaggiosamente lo spettro emesso dal dispositivo OLED anche a poche decine di nanometri.
Per abbattere le perdite ottiche dovute all’emissione, fuori dal substrato, di parte della luce, come mostrato in figura 2, si prevede di innalzare l’indice di rifrazione del substrato consentendo in questo modo di indirizzare meglio la luce fino al cristallo fotonico e di recuperare una ulteriore quantità dal modo TCO/organico, in virtù del fatto che i materiali costituenti le parti attive del dispositivo hanno un indice di rifrazione molto alto.
Allo scopo di ridurre ulteriormente le perdite ottiche, si può prevedere l’innalzamento delle prestazioni mediante l’aggiunta di un film diffusivo proprio davanti la sorgente di luce, in modo che, oltre a minimizzare ulteriormente le perdite, si opera un cladding lungo il substrato in modo da ottenere un comportamento simile alle fibre ottiche, vedi figura 3.
Una variante dell’invenzione, particolarmente adatta nel caso in cui si volesse utilizzare anche un segnale di riferimento durante la misura, prevede un secondo cristallo fotonico, avente area più piccola rispetto al primo in virtù del fatto che il segnale da inviare al rivelatore non verrà attenuato dal fluido da esaminare, e la quantità di luce da utilizzare sarà quindi inferiore a quella utilizzata per il fascio di luce principale.
Uno schema generale esemplificativo e non già limitativo dell’invenzione, è mostrato nella figura 4. Il dispositivo OLED utilizzato deve essere propriamente incapsulato, per garantire il funzionamento ottimale della sorgente e una buona durata in termini temporali.
Inoltre la struttura così realizzata è ripetibile per i diversi dispositivi dedicati alle diverse lunghezze d’onda di riferimento in modo da ottenere un array di sorgenti che ci possa fornire tutte le informazioni necessarie all’analisi del fluido in esame come mostrato in figura 5.
Da tale figura si nota (rettangolo tratteggiato) anche la posizione che dovranno avere sia il portacampione di riferimento che quello preposto all’analisi del fluido in esame.
Per le sperimentazioni, sono stati realizzati vari dispositivi luminescenti organici (OLED) nel bianco e nel blu, con diverse aree di emissione.
Per la fabbricazione di tali dispositivi, si sono impiegati differenti materiali emettitori, con lo scopo di generare le specifiche lunghezze d’onda necessarie al funzionamento della stazione fotometrica.
Tali dispositivi OLED, in accoppiamento con cristalli fotonici (PQC), sono parte integrante della stazione di misura per l’analisi diagnostica in vitro.
Secondo una ulteriore caratteristica peculiare dell’invenzione, l’ottenimento di OLED altamente performanti è reso possibile mediante la preparazione di strati attivi emissivi che utilizzano materiali fosforescenti.
Questi materiali sono, generalmente, dei complessi organometallici che presentano un atomo metallico pesante all’interno delle molecole. La struttura delle molecole permette di sfruttare tutti gli eccitoni prodotti, sia quelli nello stato di singoletto, sia quelli nello stato di tripletto.
In virtù di ciò si è in grado di ottenere un’efficienza quantica interna prossima al 100%.
Per il funzionamento ottimale degli OLED, sono necessari più strati costituiti da materiali diversi, che permettono di trasferire, con minime perdite, l’energia elettrica fornita dal dispositivo fino al materiale fosforescente che genera la luce.
Ciascuno strato può essere costituito o da un particolare materiale o da un’opportuna miscela di due o più materiali e svolge una precisa funzione all’interno del dispositivo.
Nello strato emissivo, cioè nello strato in cui si genera la luce, i materiali fosforescenti sono utilizzati come “droganti” di altri materiali. Vengono aggiunte, pertanto, piccole percentuali di materiali fosforescenti in altri materiali, che sono detti “ospitanti” o “matrici”.
Inoltre, è necessario che il materiale fosforescente abbia uno spettro di assorbimento sovrapponibile allo spettro di emissione del materiale ospitante, in modo da trasferire l’energia dall’ospitante al fosforescente.
Per la stazione fotometrica oggetto del presente trovato, sono stati preparati OLED per l’emissione nel bianco e nel blu, la cui differente emanazione nei vari colori è prodotta da diversi materiali emissivi.
La struttura base di questi OLED, preparati su substrato di vetro, è costituita da:
(i) anodo, (anode) costituito da un film sottile di ITO (indium tin oxide, ossido di indio e stagno) che è un conduttore trasparente depositato mediante tecnica di sputtering; (ii) strato iniettore di lacune (HIL, hole injection layer), costituito da poli(3,4-etilenediossitiofene) drogato con poli(stirene sulfonato) o PEDOT:PSS depositato mediante spin-coating;
(iii) strato trasportatore di lacune (HTL, hole transport layer) costituito dal NPD (N,N’-Di(1-naphthyl)-N,N’-diphenyl-(1,1’-biphenyl)-4,4’-diamine) depositato per evaporazione termica; (iv) strato emissivo costituito da CBP (4,4’-Bis(N-carbazolyl)-1,1’-biphenyl) quale materiale ospitante e differenti materiali fosforescenti, ciascuno per ciascun colore necessario; sia il CBP che il materiale fosforescente sono depositati insieme mediante co-evaporazione termica;
(v) strato bloccante per le lacune (HBL, hole blocking layer), costituito da BCP (Bathocuproine) depositato per evaporazione termica;
(vi) strato trasportatore di elettroni (ETL, electron transport layer), costituito da Tris(8-hydroxyquinolinato)aluminium Alq3, depositato per evaporazione termica;
(vii) strato iniettore di elettroni (EIL, electron injection layer), costituito da calcio depositato per evaporazione termica;
(viii) catodo (cathode), costituito da uno strato di alluminio depositato per evaporazione termica. Il materiale utilizzato per produrre l’OLED di colore blu è il (Tris[2-(4,6-difluorophenyl)pyridinato-C2,N]iridium(III)) o Ir(Fppy)3; nell’immagine a sinistra della figura 6 si vede l’OLED Blu acceso.
La struttura dell’OLED blu realizzata è quindi la seguente, in cui ad esclusione di ITO e PEDOT:PSS, tutti gli altri materiali sono depositati per evaporazione e co-evaporazione termica:
vetro / ITO (200 nm) / PEDOT:PSS (40 nm) / NPD (35 nm) / CBP: Ir(Fppy)3 / BCP (10 nm) / Alq3 (10 nm) / Ca/Al (20 nm / 80 nm).
La tensione di accensione di questo OLED è di circa 5 V, l’emissione di intensità di circa 1500 cd/m<2 >a 8 V.
Per quanto riguarda gli OLED luminescenti nel bianco, si è adoperato un approccio totalmente innovativo rispetto alle strutture OLED presenti in letteratura. Nella presente invenzione è stata definita e realizzata una nuova struttura di OLED bianco a basso peso molecolare.
In tale struttura viene utilizzata:
(a) l’emissione blu fluorescente del NPD, al posto di un materiale blu fosforescente, e
(b) un materiale ospitante, la SimCP, che include due materiali droganti fosforescenti: lo Ir(ppy)3 (Tris[2-phenylpyridinato-C2,N]iridium(III)) per emissione verde e lo Ir(btp)2(acac) (bis(2-(2'-benzothienyl)-pyridinato-N,C3')iridium(acetylacetonate)) per emissione rossa.
Questa innovativa scelta strutturale dell’OLED bianco è stata di fondamentale aiuto per ridurre la problematica della stabilità dei materiali blu fosforescenti.
La struttura dell’OLED bianco realizzata secondo il trovato è quindi la seguente, in cui ad esclusione di ITO e PEDOT:PSS, tutti gli altri materiali sono depositati per evaporazione e coevaporazione termica:
vetro / ITO (200 nm) / PEDOT:PSS (40 nm) / NPD (35 nm) / SimCP (5 nm) / SimCP:Ir(btp)2(acac) 3% wt (10 nm) / SimCP (5 nm) / SimCP:Ir(ppy)3 7% wt (25 nm) / BCP (9 nm) / Alq3 (10 nm) / Ca/Al (20 nm / 80 nm).
La tensione di accensione dell’OLED bianco è circa 4.5 V. Il massimo di efficienza luminosa è di circa 3.5 lm/W, mentre il massimo di efficienza in corrente è 7.22 cd/A. Lo spettro dei dispositivi è mostrato in figura 7 mentre in figura 8 vengono mostrati i dispositivi funzionanti.
La tensione di accensione dell’OLED è circa 4.5 V. La luminanza è di circa 1500 cd/m<2 >a circa 8 V di alimentazione.
Sono state ottenute buone prestazioni per gli OLED bianchi, in termini di tensione di accensione ed efficienza luminosa (luminanza di circa 1500 cd/m<2 >a circa 8 V di alimentazione). Gli OLED luminescenti nel blu hanno mostrato bassa tensione di accensione e buona efficienza, con intensità di 1500 cd/m<2 >a 9 V di alimentazione.
Il fotodiodo da utilizzare nella stazione fotometrica è sensibile almeno a 5 lunghezze d’onda, come ad esempio 405, 450, 492, 550 e 620 nm, essendo queste le lunghezze d’onda previste per i test immuno-enzimatici effettuati da sistemi già in commercio.
I fotodiodi hanno inoltre un’area attiva di almeno 1 cm<2>, per non avere problemi di allineamento ed essere incapsulati, allo scopo evitare il degrado nelle condizioni operative.
Si è scelto di utilizzare preferibilmente un unico materiale attivo che sia sensibile a tutte le lunghezze d’onda richieste; nella preferita forma realizzativa che si descrive, tale materiale attivo è una miscela del polimero poly[(4,8-bis-(2-ethylhexyloxy)-benzo[1,2-b;4,5-b']dithiophene)-2,6-diyl-alt-(4-(2-ethylhexanoyl)-thieno[3,4-b]thiopene)-2,6-diyl] ovvero (PBDTTT-C) e del fullerene [6,6]-phenyl C71 butyric acid methyl ester ovvero ([70]PCBM).
Sono stati realizzati fotodiodi ad architettura inversa con la seguente struttura: ITO/ZnO/PBDTTT-C:[70]PCBM/MoO3/Ag, come riportato in Figura 9.
E’ stato di fondamentale importanza ideare e definire la geometria per poi realizzare le maschere fotolitografiche per il patterning dell’ITO e le maschere di deposizione dei contatti metallici.
Il metodo di fabbricazione dei prototipi può essere suddiviso nei seguenti step realizzativi:
1) Definizione del contatto frontale, con fotolitografia dell’ITO per la sua rimozione selettiva.
2) Sintesi per sol-gel dello ZnO e sua deposizione tramite spin-coating.
3) Preparazione, realizzazione e deposizione dello strato attivo tramite spin-coating.
4) Deposizione del contatto posteriore per evaporazione termica in condizioni sotto vuoto spinto.
I fotodiodi realizzati (vedi figura 10) sono stati caratterizzati tramite caratteristica corrente-tensione (IV) al buio e sotto luce (spettro AM1.5G, 100 mW/cm<2>) e risposta spettrale.
Nelle Figure 11a e 11b vengono riportate le curve IV al buio e sotto luce. Il fotodiodo ha una corrente al buio di 8.56E-9 A/cm<2 >a 50mV di tensione inversa, mentre sotto luce la corrente fotogenerata è di 16.0E-3 A/cm<2>. Inoltre variando l’intensità della luce incidente, è stata verificata la linearità della corrente dei fotodiodo per almeno 2 OD, come riportato in Figura 12a. In Figura 12b, viene presentata la risposta spettrale da cui si evince una buona risposta tra 400 e 650 nm come richiesto dalla specifica del fotodiodo.
Sono state condotte diverse simulazioni su strutture fotoniche sia a base quadrata che a base triangolare che prevedono la selezione lunghezze d’onda (405, 450, 492, 550 e 620 nm) precedentemente citate, al fine di valutare la risposta delle strutture realizzate.
In figura 13 viene riportata una immagine relativa alle simulazioni effettuate, che sono utilizzabili nelle sperimentazioni per verificare la bontà dei risultati sulle strutture reali.
Variando opportunamente il passo delle strutture da a=266 nm ad a=406 nm, si ottengono tutte le lunghezze d’onda richieste dall’applicazione, come riportato in figura 13.
Inoltre, dalla stessa figura 13 si vede anche come, con questo tipo di geometrie, sia possibile ottenere anche la giusta larghezza di banda richiesta dalle specifiche del sistema da realizzare (+/- 10nm, vedi Tabella 1).
Gli spettri di estrazione mostrati evidenziano come le geometrie e i materiali scelti consentano, sia nel caso di geometria a base quadrata che a base triangolare, di ottenere luce estratta a lunghezze d’onda prossime a quelle richieste. Tranne che nel caso della struttura a base triangolare con passo maggiore (PC Tri D180 A475) dove si evidenziano due distinti picchi di estrazione, tutte le strutture presentano un singolo picco con larghezza - a mezza altezza - mediamente pari a circa 20 nm.
Nella figura 14 vengono confrontati gli spettri sperimentali ottenuti ad angolo 0°, di 10 dei 12 cristalli caratterizzati, con quelli simulati, sia per strutture con nanopattern a base quadrata che per strutture con nanopattern a base triangolare.
In tutti i casi, lo spettro della luce emessa presenta un picco ad una lunghezza d’onda poco inferiore rispetto a quella ottenuta dalle simulazioni e richiesta dallo sviluppo del sistema.
In particolare le variazioni relative calcolate come εr = [(λsim-λsper)/λsim] (dove con λsim si indica la lunghezza d’onda estratta simulata e con λsper si indica il medesimo parametro sperimentale) risultano pari a circa l’1% per i cristalli a base quadrata e intono al 3-4% per i cristalli a base triangolare.
Dai grafici relativi alla radianza angolare emessa si può osservare come tutte le strutture a base quadrata presentino una emissione simmetrica, non isotropicamente diffusa sull’intero emisfero (non lambertiana) ma direzionale e limitata in un cono verticale di circa 30° complessivi.
Per le strutture a base triangolare l’emissione risulta anch’essa non lambertiana ma meno simmetrica, regolare ed intensa. Di seguito le radianze angolari ottenute per le due famiglie di cristallo fotonico, relative sempre alle stesse strutture, vengono riassunte in figura 15.
Dai grafici relativi agli spettri di estrazione angolare, si può osservare come, per tutte le strutture analizzate, al variare dell’angolo di estrazione, si presenti un blu-shift della lunghezza d’onda di picco con valore massimo misurato all’angolo di θ=20°.
Tale spostamento dal valore della lunghezza d’onda emessa a 0° risulta comunque inferiore ai 15 nm per tutte le strutture tranne per quella con geometria triangolare con passo maggiore, il cui shift arriva fino a circa 50 nm. In figura 16 viene mostrato l’andamento della lunghezza d’onda di picco estratta al variare dell’angolo θ, per entrambe le tipologie di cristallo caratterizzate.
Quest’ultimo effetto risulta coerente col fatto che la radiazione estratta dalla struttura in modo non verticale “vede” un passo A ridotto rispetto a quello effettivo di un fattore pari a circa cos(θ).
Alla precedente caratterizzazione di riferimento con dispositivi inorganici commerciali, ha fatto seguito la caratterizzazione delle configurazioni comprendenti diverse sorgenti organiche di luce OLED (blu o bianca) e diversi fotosensori organici, accoppiati di volta in volta a cristalli fotonici a 405nm e a 450nm (luce blu), e a cristalli fotonici alle lunghezze d’onda a 492nm, a 550nm e a 620nm (luce bianca).
La configurazione di seguito illustrata è quella finale e costituisce la struttura preferita dell’invenzione. Per le lunghezze d’onda più basse, il sistema che si descrive utilizza come sorgente un OLED blu incapsulato, con alimentazione 20 mA/ 7,4 V, i cristalli fotonici a 405nm e a 450nm, e come sensore un OPD incapsulato (Figura 17 e figura 18) realizzato dalla Richiedente ENEA.
I dati mostrati in tabella 2 relativi ai valori di Itot a OD0, per i due cristalli fotonici PC405 a 405nm e PC450 a 450nm, sono dell’ordine delle decine di nanoampere.
I valori di Itot (e quindi di Vtot) letti a OD crescenti seguono l’andamento dell’attenuazione diminuendo di circa due ordini di grandezza.
Gli stessi valori di Itot alle attenuazioni più alte (frazioni di nanoampere) sono risultati difficilmente leggibili dall’elettrometro a causa di un elevato rumore luminoso di fondo.
Ciò ha comportato l’utilizzo di una scala dell’elettrometro più alta (200nA), con conseguente perdita di accuratezza nei valori di misura rilevati.
Tabella 2: Misure sistema OLED – PC450 – OPD
Per le altre lunghezze d’onda è stato utilizzata come sorgente un OLED bianco incapsulato, con alimentazione 20 mA / 7.8 V; come sensore per la caratterizzazione è stato utilizzato sempre lo stesso fotodiodo organico OPD. In figura 19 si riportano i dettagli degli assiemi completi.
I dati mostrati in tabella 3 relativi ai valori di Itot a OD0, per i tre cristalli fotonici PC492 a 492nm, PC550 a 550nm e PC620 a 620nm, sono dell’ordine delle decine di nanoampere.
I valori di Itot (e quindi di Vtot) letti a OD crescenti, seguono l’andamento dell’attenuazione diminuendo di circa due ordini di grandezza.
Gli stessi valori di Itot alle attenuazioni più alte (frazioni di nanoampere) sono risultati difficilmente leggibili dall’elettrometro a causa di un elevato rumore luminoso di fondo.
Ciò ha comportato l’utilizzo di una scala dell’elettrometro più alta (200nA), con conseguente perdita di accuratezza nei valori di misura rilevati.
Tabella 3: Misure sistema OLED bianco –
PC492/PC550/PC620 – OPD
White OLED 620 OPD 3 2,35E-10 4,26E-04 L’attività di caratterizzazione ha evidenziato
che deve essere posta particolare attenzione per
l’accuratezza delle misure eseguite con filtri ad
attenuazione corrispondente alla presenza della
provetta di campione ematico ed ha consentito di
rilevare l’importanza di una opportuna progettazione
del layout meccanico della camera di test della
stazione fotometrica, volta alla riduzione del
rumore ottico di fondo.
Secondo l’invenzione, l’apparato finale consiste
in un sistema comprensivo delle tecnologie sopra
descritte. L’integrazione della stazione fotometrica
in un sistema dedicato è opportuna al fine di
rendere applicabile la tecnica al di fuori di un
laboratorio ottico ma bensì sul campo. L’apparato
deve quindi prevedere tutte le sedi e le
movimentazioni necessarie a realizzare i percorsi
ottici relativi all’esperimento.
Riepilogando, l’invenzione che realizza
l’accoppiamento sorgente – cristallo – cuvette -ricevitore comprende (vedi figura 21):
(i) Una sorgente ottica OLED predisposta su un
opportuno alloggiamento per dispositivi planari
in cui:
a. La sorgente è opportunamente alimentata da un sistema qui non specificato;
b. La luce emessa dalla sorgente è in parte intrappolata nel substrato che la guida verso il cristallo fotonico;
c. La sorgente OLED può essere spostata meccanicamente in due posizioni, una posizione “di riposo” e una “posizione affacciata”;
d. Quando in posizione di riposo, essa dista dalla ruota portacristalli con cui si va ad accoppiare in modo da lasciarla libera di ruotare;
e. Quando in posizione affacciata, il lato del substrato è a contatto (e per questo otticamente connesso) a uno dei substrati sui quali sono realizzati i cristalli fotonici. (ii) Una ruota porta cristalli:
a. E’ un portasubstrati che è ruotabile su se stesso lungo la cui circonferenza sono previsti cinque alloggiamenti per i vetrini che contengono i cinque cristalli fotonici richiesti;
b. Ogni volta che viene selezionata una lunghezza d’onda per una acquisizione, la ruota portacristalli ruota di un angolo sufficiente ad affacciare il lato del substrato contenente il cristallo fotonico opportuno al lato del substrato contenente la sorgente luminosa OLED;
Per eseguire questa operazione sono necessari i seguenti passi (vedi anche figura 22):
1. La sorgente OLED viene portata in posizione di riposo (cioè distante dalla ruota portasubstrati);
2. Il portacristalli viene ruotato di un angolo pari a un multiplo di 360°/5 = 72° al fine di selezionare il giusto cristallo e filtrare quindi la lunghezza d’onda richiesta;
3. La sorgente OLED viene riportata in posizione affacciata per chiudere il percorso ottico tra l’oled e il cristallo selezionato.
(iii) Un braccio porta cuvette (vedi figura 23):
a. Il liquido da analizzare è posto all’interno di un contenitore definito cuvette che in questa descrizione è di forma cilindrica; b. Il braccio è fissato per una estremità ad un asse e reca sull’altra estremità la cuvette; c. Il braccio ha due posizioni sfasate di 90° l’una rispetto all’altra. La prima posizione definita “di riposo” consente il caricamento e lo scaricamento della cuvette dal foro portacuvette all’estremità del braccio. In questo modo le cuvette possono essere agevolmente sostituite senza maneggiarle all’interno del percorso ottico. La seconda posizione, che possiamo definire “attiva” vede la cuvette frapposta tra la faccia planare del cristallo fotonico e il fotodiodo organico in modo da intercettare il percorso della luce tra il primo e il secondo.
(iv) Un fotodiodo organico (vedi figura 24):
a. Il fotorilevatore a base organica che converte il segnale luminoso proveniente dalla cuvette in un segnale elettrico. b. Esso è connesso ad uno strumento di misura, tipicamente un amperometro, che rileva le variazioni di corrente generata dal dispositivo al variare del contenuto della cuvette.
c. Il substrato contenente il fotorilevatore è fissato ad un supporto meccanico fisso e posto alla fine del percorso ottico.
Il sistema che realizza i vari percorsi ottici è costituito da un microcontrollore che, opportunamente programmato e connesso a stadi di pilotaggio a transistorpilota tre motori passo-passo per effettuare gli spostamenti richiesti.
Non necessitando di particolari velocità di movimento degli organi mobili, sono stati impiegati dei motori passo-passo perché consentono un posizionamento preciso e perché sono relativamente semplici da interfacciare ad un sistema digitale come mostrato in figura 25.
Nelle sperimentazioni, a titolo esemplificativo e non limitativo, il controllo delle funzionalità della Stazione Fotometrica e la gestione dell’interfaccia tra l’operatore e la logica di controllo sono state demandate ad una scheda contenente una unità a microcontrollore (MCU) “Arduino”, come ad esempio la scheda “Arduino Uno”.
La piattaforma hardware è costituita dalla board della MCU, da una board aggiuntiva contenente i driver per i motori (shield), dal sistema di alimentazione, dai motori, da eventuali sensori e circuiteria aggiuntiva.
La board della MCU è alimentabile e programmabile attraverso una interfaccia USB oppure può avere una alimentazione separata.
La comunicazione USB avviene in emulazione di protocollo seriale eliminando la necessità di conoscere, sviluppare/supportare inutilmente interfacce hardware proprietarie, e per questo costose, tipiche del mondo della strumentazione elettronica e della componentistica industriale.
In alternativa, il sistema può essere alimentato a batteria mediante un apposito connettore di alimentazione.
Il prototipo utilizzato nelle sperimentazioni prevede tre motori elettrici Passo-Passo da 200 passi ciascuno che controllano il movimento dei supporti meccanici necessari a realizzare la configurazione geometrica di accoppiamento tra sorgente OLED, banco di filtri a cristallo fotonico (PC), analita in cuvette e fotorilevatore tale da formare il percorso ottico necessario all’analisi richiesta. In dettaglio, il braccio di supporto per la cuvette è spostabile dalla sua posizione di riposo ad una posizione ruotata di 90° rispetto all’albero motore in cui essa si trova frapposta tra il cristallo fotonico selezionato e il fotorilevatore (OPD) in modo da intercettare la radiazione luminosa. La sorgente OLED è spostabile su di un carrellino con due sole posizioni: la prima di riposo che serve fondamentalmente a lasciare libero di muoversi il carosello che contiene i cristalli fotonici, mentre la seconda è affacciata al lato del substrato contenente il cristallo fotonico selezionato.
Infine, il carosello, contenente i cristalli fotonici è ruotabile per assumere cinque posizioni prefissate relative ai cinque cristalli da selezionare.
Il sistema è stato realizzato mediante motori passo-passo per evitare (in questa fase iniziale) il controllo in catena chiusa della posizione.
CONCLUSIONI:
La presente invenzione rileva le caratteristiche di un campione eventualmente biologico mediante l’analisi della radiazione luminosa trasmessa attraverso il campione selezionato.
Il metodo di indagine è reso più preciso e versatile dalla presenza di sorgenti ottiche di nuova generazione (OLED) che non solo garantiscono caratteristiche spettrali (ampia banda spettrale) ma possono anche adeguarsi facilmente alle specifiche tecniche richieste all’analisi.
Il trovato, è caratterizzato dalla presenza di un innovativo metodo di filtraggio della radiazione luminosa basato su sistemi nano strutturati che consente una selezione precisa e adattabile delle lunghezze d’onda e delle ampiezze di banda utilizzate per sollecitare il sistema.
Una caratteristica peculiare del sistema di filtraggio previsto nella presente invenzione è relativa all’utilizzo più efficace della potenza radiante della sorgente luminosa rispetto ai normali filtri interferenziali.
La presenza di cristalli fotonici integrati su di un substrato consente di guidare efficientemente la luce attraverso un percorso non rettilineo senza fare uso di specchi, fibre ottiche o altri componenti ottici ed evitando il passaggio in aria rendendo così il sistema più compatto, resistente, facilmente integrabile e scalabile.
La presenza del fotodiodo organico, grazie alla sua banda larga, consente di impiegare un unico rilevatore per un insieme esteso di lunghezze d’onda di indagine. Esso, inoltre può essere integrato anche in manufatti di plastica, eventualmente flessibili o ricurvi riducendo quindi gli ingombri e consentendo una migliore collezione della radiazione luminosa trasmessa dal campione.
Grazie alla presenza di dispositivi organici il sistema può essere a basso costo, di più facile integrazione, e con ingombro e peso minori.
Il sistema così progettato garantisce finanche la possibilità di una diagnostica usa e getta per semplice ed immediata.
Inoltre, nel sistema fin qui descritto sono stati utilizzati:
- Una guida ottica che diventa anche il substrato per le strutture da realizzare successivamente - Una sorgente OLED che emetta luce bianca o più OLED per garantire la copertura delle lunghezze d’onda richieste.
- Una serie di cristalli fotonici che selezionino la lunghezza d’onda di utilizzo e stringano la larghezza di banda ai 10 nm richiesti dalle soluzioni trovate in commercio.
- Un fotodiodo organico che non solo riesca a diagnosticare la radiazione ma anche a consentire un successivo sviluppo e miniaturizzazione del sistema.

Claims (12)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Stazione fotometrica per effettuare l’analisi diagnostica in vitro di almeno un campione biologico in essa predisposto, caratterizzato dal fatto che comprende un dispositivo per effettuare l’analisi della radiazione luminosa trasmessa attraverso il campione da analizzare, che a tale scopo è dotato di dispositivi opto-elettronici a base organica e di cristalli fotonici.
  2. 2. Dispositivo secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che prevede almeno un diodo organico (OLED) come sorgente luminosa.
  3. 3. Dispositivo secondo la rivendicazione 1 o 2, caratterizzato dal fatto che prevede una serie di cristalli fotonici per la selezione della lunghezza d’onda, configurati per restringere la banda emissiva fino a poche decine di nanometri.
  4. 4. Dispositivo secondo almeno una delle rivendicazioni precedenti, caratterizzato dal fatto che prevede almeno un fotodiodo organico (OPD) utilizzabile come fotosensore.
  5. 5. Dispositivo secondo la rivendicazione 3, in cui le lunghezze d’onda analizzabili comprendono almeno le seguenti: 405, 450, 492, 550, 620 nm.
  6. 6. Dispositivo secondo almeno una delle rivendicazioni precedenti, caratterizzato dal fatto che comprende: a. almeno una sorgente ottica (OLED) predisposta su un alloggiamento per dei dispositivi planari; b. almeno una ruota porta cristalli; c. almeno un braccio porta cuvette; d. almeno un fotodiodo organico (OPD);
  7. 7. Dispositivo secondo la rivendicazione precedente caratterizzato dal fatto che la sorgente ottica OLED:: a. è configurata in modo tale che la luce emessa è almeno in parte intrappolata nel substrato che la guida verso almeno un cristallo fotonico; b. è spostabile meccanicamente in due posizioni, una posizione “di riposo” e una “posizione affacciata”; c. è configurata in modo tale che quando si trova in posizione di riposo, è ad una distanza dalla ruota porta cristalli tale da lasciarla libera di ruotare; d. è configurata in modo tale che quando si trova in posizione affacciata, il lato del substrato è a contatto, e per questo otticamente connesso, a uno dei substrati sui quali sono realizzati i cristalli fotonici.
  8. 8. Dispositivo secondo la rivendicazione 6 o 7, caratterizzato dal fatto che la selezione delle lunghezze d’onda è effettuabile: a. simultaneamente per mezzo di cristalli fotonici in posizione fissa o mobile, oppure b. singolarmente attraverso opportuna movimentazione.
  9. 9. Dispositivo secondo la rivendicazione 6 o 7, caratterizzato dal fatto che la ruota porta cristalli ha le seguenti caratteristiche: a. è un portasubstrati ruotabile su se stesso lungo la cui circonferenza sono previsti cinque alloggiamenti per i vetrini che contengono cinque cristalli fotonici; b. è configurata in modo tale che ogni volta che viene selezionata una lunghezza d’onda per una acquisizione, la ruota portacristalli ruota di un angolo sufficiente ad affacciare il lato del substrato contenente il cristallo fotonico opportuno al lato del substrato contenente la sorgente luminosa OLED.
  10. 10. Un dispositivo secondo almeno una delle rivendicazione da 6 in poi, caratterizzato dal fatto che il braccio portacuvette: a. è configurato in modo tale che il liquido da analizzare risulti posto all’interno di un contenitore, come ad esempio una cuvette preferibilmente di forma cilindrica; b. è fissato per una estremità ad un asse, mentre sull’altra estremità è posta la cuvette; c. ha due posizioni sfasate di 90° l’una rispetto all’altra: - una prima posizione “di riposo” per il caricamento e lo scaricamento della cuvette dal foro portacuvette all’estremità del braccio, in modo che le cuvette sono agevolmente sostituibili senza maneggiarle all’interno del percorso ottico; e - una seconda posizione “attiva”, in cui la cuvette è frapposta tra la faccia planare del cristallo fotonico e il fotodiodo organico per intercettare il percorso della luce tra il primo e il secondo, oppure in cui la cuvette è frapposta tra la sorgente luminosa e il cristallo fotonico.
  11. 11. Dispositivo secondo una delle rivendicazione da 6 in poi, caratterizzato dal fatto che il fotodiodo organico: a. è configurato in modo tale che il fotorilevatore a base organica converte il segnale luminoso proveniente dalla cuvette in un segnale elettrico; b. è connesso ad uno strumento di misura, come ad esempio un amperometro, per rilevare le variazioni di corrente generata dal dispositivo al variare del contenuto della cuvette; in cui il substrato contenente il fotorilevatore è fissato ad un supporto meccanico fisso e posto alla fine del percorso ottico.
  12. 12. Dispositivo secondo almeno una delle rivendicazioni precedenti, caratterizzato dal fatto che per effettuare l’analisi diagnostica è configurato per eseguire le seguenti fasi: a. Portare la sorgente OLED in posizione di riposo (cioè distante dalla ruota portasubstrati); b. Portare il braccio portacuvette in posizione di riposo; c. Ruotare il portacristalli di un angolo pari a un multiplo di 360°/5 = 72° al fine di selezionare il giusto cristallo e filtrare quindi la lunghezza d’onda richiesta; d. Portare la sorgente OLED in posizione affacciata per chiudere il percorso ottico tra l’OLED e il cristallo selezionato. e. Inserire la cuvette nel foro portacuvette; f. Ruotare il braccio portacuvette in posizione affacciata; g. Inserire il foto rilevatore collegandolo all’amperometro.
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