ITVE20120044A1 - Impianto a fanghi attivi secondo lo schema cattin - Google Patents

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DESCRIZIONE
“Impianto a fanghi attivi secondo nuovo schema†,
0. RIASSUNTO
Lo schema oggetto d’invenzione à ̈ uno schema completamente nuovo e risulta innovativo per la cinetica biochimica adottata che permette di eseguire, su due vasche concentriche, sia il processo della nitrificazione -denitrificazione in simultanea sia quello della predenitrificazione con nitrificazione in reattore continuo.
La peculiarità dello schema à ̈ un’applicazione originale di tecniche note (nitrificazione e denitrificazione) ma con il vantaggio di ottimizzare in maniera indipendente le due fasi fondamentali del processo. Gli impianti che adottano questo schema sono caratterizzati da:
- due vasche circolari concentriche con la vasca centrale molto più alta della vasca periferica per ottimizzare a livello cinetico ed energetico la reazione;
- dalla presenza di un particolare dispositivo di normalizzazione delle schiume (skimmer ad imbuto), che potrebbero rappresentare un incoveniente biologico alla torre di nitrificazione.
1. PREMESSE
1.1 STORIA
La depurazione delle acque di rifiuto con tecniche “impiantistiche†à ̈, oggigiorno, legata essenzialmente a trattamenti biologici a massa sospesa. Gli impianti che usano questo tipo di trattamento prendono il nome di: “impianti a fanghi attivi†.
Il sistema à ̈ stato originariamente sviluppato nel 1913 dagli inglesi Ardern e Lockett presso Manchester.
La Fig. 1 riporta lo schema del processo originario ideato dai due Ricercatori. Era sostanzialmente di tipo “discontinuo†(tipo fili & draw, ovvero di tipo batch). I liquami, preventivamente sedimentati, quindi chiarificati, alla fine contenenti solamente solidi disciolti e colloidali venivano sottoposti ad aerazione prolungata. In ambiente aerobico, nel mezzo liquido si notò lo sviluppo di ammassi (fiocchi) costituiti fondamentalmente da batteri che risultarono avere specifica tendenza ad agglomerarsi in colonie, caratterizzate da una “sedimentabilità†, conseguenza della loro densità leggermente maggiore di quella dell’acqua.
immissione liquami
Presedimentati fiocchi di fase di sedimentazione
-A - fango
attivo
CICLO
sfioro del
surnatante
immissione liquami fango attivo fango attivo
presedimentati aria compressa sedimentato sedimentato
CICLO
sfioro del
surnatante
fango attivo
sedimentato aria compressa sedimentato sedimentato
Fig. I - Impianto a fanghi attivi secondo lo schema discontinuo originale.
Come illustra lo schema, alla fase di aerazione, faceva seguito la fase di sedimentazione in cui gli agglomerati batterici si depositavano sul fondo del contenitore come fango. A questa fase di sedimentazione e ispessimento del fango, faceva seguito una fase di sfioro dell’acqua surnatante, e quindi di alimentazione di un’ulteriore portata di liquame preventivamente sedimentato.
Ripetendo con le stesse modalità il ciclo descritto, gradualmente si riuscì ad accumulare nel contenitore un’elevata quantità di fango e quindi una grande massa di microrganismi, caratterizzati dalla capacità di degradare e trasformare sostanze (inquinanti) in arrivo coi liquami, disciolte e colloidali, in massa batterica sedimentabile.
Il processo fu chiamato “a fanghi attivi†perché appunto fango attivo (activated sludge) fu chiamato il deposito di solidi accumulato sul fondo del contenitore in seguito alla fase di sedimentazione. La denominazione attivo deriva dal fatto che la massa batterica che costituisce il fango à ̈ viva e specificatamente atta nel trattenere e degradare gli inquinanti. Lo schema di funzionamento di Ardern e Lockett e fu utilizzato fino al 1920 quando fu sostituito dallo schema in continuo.
Le motivazione del cambiamento furono le seguenti:
o le alte perdite di carico necessarie nella fase di sfioro del surnatante, per poter provvedere a un rapido svuotamento;
o l’intasamento nei dispositivi di immissione in vasca deH’aria compressa (allora eram sostanzialmente di tipo ceramico) nel periodo di arresto dell’aerazione;
o l’elevata manualità occorrente per azionare sequenzialmente le varie valvole e per pulire i diffusori del Paria.
La Fig. 2 illustra lo schema di tipo continuo verso cui si à ̈ successivamente evoluto il processo a fanghi attivi.
comparto di aerazione comparto di sedimentazione
arrivo liquame miscela aerata
da depurare con elevata concentrazione
batterica
uscita effluente depurato
aria compressa
fango concentrato
ricircolo fango
sollevamento fango fango di
di ricircolo supero
Fig. 2 - Schema di tipo continuo con il quale si à ̈ successivamente evoluto il processo a fanghi attivi.
Questo processo à ̈ caratterizzato dalla presenza di una vasca di aerazione, continuamente aerata, e di una vasca di sedimentazione finale.
Le elevate concentrazioni di massa batterica necessarie al processo, per ottenere gli elevati rendimenti depurativi caratteristici del processo in spazi adeguatamente contenuti, sono ottenute con il continuo ricircolo del fango raccolto nella fase di sedimentazione finale, che si miscela con il liquame influente.
Miscelando la portata dei liquami in arrivo con una adeguata portata di fango a elevata concentrazione, proveniente dalla vasca di sedimentazione, si ottengono due risultati: in condizioni di regime una miscela caratterizzata da concentrazioni di solidi più diluiti rispetto al liquame entrante; e che il ricircolo del fango fa sì che i liquami entranti si mescolino con microrganismi già acclimatati, ossia ben adattati, in modo che le reazioni biologiche s’inneschino con facilità e rapidità.
Si può certamente affermare che proprio nel ricircolo del fango sta il “segreto†del successo degli impianti a fanghi attivi di tipo continuo. 11 ricircolo permette di svincolare il tempo di ritenzione idraulico dal tempo effettivo in cui le masse batteriche stazionano nella vasca di aerazione, consentendo di operare, a parità di rendimenti depurativi, con volumi di vasca di aerazione ben minori di quelli occorrenti con altri processi biologici pur sempre a massa sospesa (stagni di ossidazione, stagni aerati ecc.), nonostante le trasformazioni che si hanno nella fase aerobica siano praticamente le stesse nei vari processi.
A partire dagli anni ’70, si à ̈ verificato un ritorno degli schemi di tipo discontinuo, reso possibile da particolari sistemi di aerazione (in grado di sopportare periodi prolungati di non funzionamento) e, soprattutto, dai progressi e dai perfezionamenti dei sistemi automatici di controllo del processo, dotati di appositi sensori e di valvole motorizzate a comando automatico, che richiedono un modesto intervento manuale. Questi processi, denominati in maniera ormai generalizzata SBR (Sequencing Batch Reactors) hanno avuto successivamente un’ampia diffusione, distinguendosi per elasticità, semplicità operativa e minori costi energetici (non c’à ̈ la continua aereazione che porta ad elevatissimi consumi elettrici).
Attualmente ai classici SBR si sono affiancati i sistemi a membrane. I trattamenti delle acque su membrana sono chiamati sistemi MBR (Membrane Biological Reactor), e costituiscono un accoppiamento di un trattamento a fanghi attivi con un sistema di intercettazione dei fiocchi di fanghi attivi tramite membrane.
Nei sistemi in continua l’evoluzione maggiore à ̈ iniziata negli anni ’60 con le prime significative esperienze di denitrificazione di Ludzack e Ettinger (1962, USA).
Lo schema di Ludzack e Ettinger era un impianto a fanghi attivi a basso carico con nitrificazione a cui era posta in testa una vasca di denitrificazione (non aerata e semplicemente miscelata).
aria
sedimentazione Arrivo liquame
effluente Denitrificazione Nitrificazione
fango di supero anossico aerobico
fango di ricircolo
Fig. 3 - Processo a fanghi attivi secondo lo schema di tipo continuo di Ludzack e Ettinger (LE).
Gli stessi Ludzack e Ettinger modificarono in seguito lo schema potenziando il ricircolo dei nitrati, cioà ̈ riportando in testa al comparto di denitrificazione un flusso consistente di miscela areata.
ricircolo miscela areata aria
sedimentazione Arrivo liquame
â–º effluente Denitrificazione Nitrificazione
fango di supero anossico aerobico
fango di ricircolo
Fig. 4 - Processo a fanghi attivi secondo lo schema modificato di Ludzack e Ettinger (MLE) 1.2 STATO DELL’ARTE
Lo schema modificato di Ludzack e Ettinger à ̈ quello attualmente in uso negli impianti odierni.
Negli anni si sono affinati schemi che prevedono pre e/o post trattamenti (vedi impostazione Bamard, 1973), ma lo schema rimane immutato.
L’unico schema, tutt’ora molto in uso, che elabora in modo diverso il processo MLE à ̈ quello a cicli alternati (di nitro/denitro) eseguiti in un’unica vasca (fig. 5).
aria nel ciclo nitro
â–1⁄4
Arrivo liquame effluente
Nitro/Denitro â–º
Fig. 5 - Processo a fanghi attivi secondo lo schema a cicli alteranti.
Negli impianti attuali i due maggiori problemi sono: la necessità di potenziare i sistemi di ossigenazione poiché il ciclo di ossigenazione deve garantire in poche ore al giorno, tutto il fabbisogno giornaliero di ossigeno dell’impianto; ed il controllo delle schiume nella massa biologica.
Attualmente si utilizza un dosaggio di antischiumogeni per abbattere o almeno contenere il proliferare delle schiume, conseguenti alla ossigenazione concentrata, su indicata.
Tali sistemi sono costosi e spesso contaminanti della flora stessa e quindi non ammessi nel trattamento dei reflui zootecnici la cui matrice di partenza deve essere mantenuta senza nessuna contaminazione per legge.
1.3 NUOVO SCHEMA
Il nuovo schema à ̈ completamente diverso sia dallo schema MLE che quello a cicli alternati, ed à ̈ schematizzabile nello schema successivo (fig. 6).
aria discontinua aria continua
Arrivo liquame
Denitrificazione Nitrificazione
Nitro/Denitro Nitro/Denitro
effluente
ritorno miscela nitrificata
Fig. 6 - Processo a fanghi attivi secondo lo schema denitro sincopato e nitro in continuo (Cattin).
Tale processo risulta innovativo per la cinetica biochimica adottata che permette di trasformare la vasca della denitrificazione in una vasca di accumulo. Durante la reazione, infatti, non si effettua nessun scarico ottenendo un incremento del livello abbinato ad una riduzione dei nitrati da denitrificazione anossica. Da questa vasca esce l’effluente denitrifìcato quando la reazione à ̈ arrivata alla sua massima resa biologica possibile. I nitrati arrivano in continuo dalla torre di nitrificazione, che à ̈ posta in posizione centrale, per formare due reattori concentrici. La concentrazione dei nitrati in arrivo à ̈ regolata dalle pompe di ricircolo interno che non ricircolano miscela nitrificata. come tutti i reattori noti, ma bensì la biomassa parzialmente denitrificata contenente l’azoto ammoniacale ed organico immesso in fase di alimentazione.
La denitrificazione ottenuta durante la fase di caricamento presenta ovviamente delle velocità di reazione maggiori della denitrificazione endogena tipica dei bacini a carica alterna, anche il volume della sezione anossica (denitrificazione) dovendo svolgere funzioni di accumulo, à ̈ maggiore e questo favorisce solo per inerzia il processo che tra l’altro, operando in questo modo, elimina le possibili emissioni in atmosfera di ammoniaca in quanto non c’à ̈ ossidazione, e quindi possibili aerosol, in questa vasca ma solo miscelazione dolce e diffuso tramite specifici acceleratori di flusso che consentono di ridurre di 4-5 volte il fabbisogno energetico rispetto ai mixer sommergibili.
Il mantenimento del potenziale di ossido-riduzione sempre in campo negativo à ̈ assicurato dal rapporto di ricircolo tra la vasca periferica di accumulo - denitrificazione e la vasca centrale di nitrifìcazione.
Alimentare la vasca centrale dopo il pressoché totale consumo di frazione organica, operato dai nitrati, permette di alimentare la nitrifìcazione in totale assenza di substrato, condizione questa ideale per lo sviluppo dei batteri nitrificanti che utilizzano la C02come sorgente di carbonio per ricavare l'energia necessaria per la loro sintesi (batteri autotrofi obbligati) e quindi operano in campo fortemente aerato e miscelato dove il potenziale di ossido-riduzione viene mantenuto sempre in campo positivo. Questa sezione à ̈ alimentata in maniera discontinua in funzione di un particolare algoritmo di controllo del ricircolo.
Calibrando la fase di alimentazione, e quindi ricircolo, della vasca centrale (sulla base di valori di redox misurati in entrambi i reattori) e mantenendo costante il livello nel reattore centrale à ̈ possibile ottimizzare lo sviluppo dei batteri che sono alla base del processo localizzandoli in siti ideali alla loro crescita.
Ad esempio nella vasca centrale di nitrifìcazione il parametro temperatura à ̈ più sensibile che nella denitrificazione. La vasca à ̈ però isolata dalla temperatura ambiente dal tepore sviluppato dalla biomassa della vasca periferica. Inoltre lo sviluppato in altezza della vasca, dove il livello del liquido può andare da un minimo di 7,5 m fino a 14 m, permette il riscaldamento dovuto all’insufflazione d’aria poiché la temperatura dell’aria aumenta di 10 °C ogni metro di immersione dal punto di insufflazione.
Isolare il reattore di nitrifìcazione consente anche di diversificare il pH operativo, cosicché nella nitrifìcazione avviane una distruzione di alcalinità che tende ad abbassare il pH attendandosi a valori di 6,5-7 pH. In queste condizioni il 99% dell’azoto presente à ̈ in forma ammoniacale disciolta nella biomassa (ammonio) e quindi non si prevedono emissioni di ammoniaca (NH3) che invece si potrebbero avere nei cicli discontinui di nitro denitro dove, dopo la fase di nitrifìcazione, il pH tende a superare il valore 8,5 arrivando anche a 9 portando l’azoto ammoniacale gassoso al 35%. Ossia in forma di ammoniaca pericolosa per l’ambiante e tossica anche per la stessa biomassa. Quindi il benefìcio della tecnica “schema Cattin†à ̈ che consente di mantenere il controllo del pH nel bacino centrale a valori inferiori a 8 quando il 95% dell’azoto à ̈ sotto forma di ammonio non tossico.
Mantenere l’ossidazione attiva legandola alle condizioni ottimali del processo può essere causa dell’inconveniente delle schiume biologiche che si originano specialmente nel trattamento dei digestati dove la carenza di substrato associata alla notevole massa batterica consente di ottenere i fenomeni di lisi che modificano l’ambiante operativo e favoriscono l’insorgenza di abbondanti schiume di natura biologica che, se non controllate da un apposito dispositivo di normalizzazione potrebbero costituire un ostacolo ambientale al processo.
2. DESCRIZIONE
2.1 CONSIDERAZION GENERALI
Lo schema, grazie ad un mix di accorgimenti tecnici (forma delle vasche, tipologia di collegamenti tra le vasche, e specifici apparati contenute in esse) e cinetica biologica appositamente calibrata, permette di garantire un notevole rendimento di rimozione dell’azoto garantendo nel contempo un ridottissimo consumo energetico e la assenza di emissioni potenzialmente tossiche quali ammoniaca e ossidi di azoto che vengono ridotti ad azoto elementare, N2.
Il mix di accorgimenti tecnici à ̈ elencato a partire dal disegno n° 1 (vedi), ove sono indicati i particolari dello schema Cattin.
La prima particolarità costruttiva, rispetto agli impianti attuali, à ̈ l’altezza della vasca di nitrificazione (p.to 1) che risulta notevolmente maggiore di quella di denitrificazione e viene alimentata per pompaggio con ritorno a gravità per troppo pieno.
La seconda particolarità à ̈ l’uso di specifici acceleratori di flusso (p.to 2) che permettono di mantenere in sospensione la biomassa nel bacino periferico sfruttandone anche la forma circolare con bassissimi livelli di potenza dissipata.
La terza particolarità (p.to 3) à ̈ la possibilità di attivare in simultanea, nei singoli reattori, i processi di nitrificazione e denitrificazione. Questo avviene perché i due reattori, pur essendo collegati in serie, possono lavorare in parallelo essendo dotati entrambi di aereazione (mentre negli schemi standard a due rettori in serie, o a singolo reattore le sequenze non possono essere variate).
La quarta peculiarità (p.to 4) à ̈ l’aver compensato il minor rendimento dei diffusori a bolle grosse (inintasabili) con l’incremento di percorso di risalita delle bolle d’aria medesime per effetto dell’incremento di altezza del reattore di cui al p.to 1 e ciò in contemporanea miscelazione orizzontale di fondo per innescare dei percorsi di risalita a spirale allungano ulteriormente il tempo di risalita e quindi lo scambio liquido/gas.
Rispetto alle soluzioni SBR o con nitro denitro in simultanea che prevedono nello stesso bacino sia la fase di denitrificazione sia quella di nitrificazione a fasi alterne, avere isolato la nitrificazione ottimizzandone i parametri di gestione oltre la maggiore rendimento legato allo sviluppo in altezza del reattore à ̈ stato possibile ridurre drasticamente l’impegno di potenza installata dell’impianto, un minore volume di aria richiede un minore numero di aeratori e una minore potenza installata, anche oltre il 50% della potenza richiesta alla rete degli schemi tradizionali discontinui.
La quinta peculiarità (p.to 5) à ̈ lo “skimmer†che risulta costruito in modo tale da distruggere e aspirare tutte le tipologie di schiume che un impianto biologico possa creare: sia soffici leggere sia pastose e dense.
Il controllo delle schiume nella massa biologica in assenza di questo dispositivo à ̈ possibile o attraverso un dosaggio di antischiumogeni costosi e spesso contaminanti della flora stessa (non ammessi, per legge, nel trattamento dei reflui zootecnici), o attraverso altri modelli di skimmer che tuttavia non possono funzionare quando la proliferazione schiumosa assume entità notevoli.
2.2 IL REATTORE DI NITRIFICAZIONE (p.to 1 )
Attualmente non esistono schemi che prevedano il reattore centrale più alto del periferico. Nello schema Cattin la maggiore altezza della vasca centrale à ̈ dovuta a molti fattori. Innanzitutto essendo la temperatura il parametro a cui à ̈ più sensibile la nitrificazione, risulta evidente come (oltre al fatto che la vasca risulti isolata dalla temperatura ambiente dal tepore sviluppato dalla biomassa della vasca periferica) lo sviluppato in altezza della vasca (con livello del liquido da un minimo di 7,5 m fino a 14 m), permette il riscaldamento della biomassa dovuto all’ insufflazione d’aria. La temperatura deH’aria, infatti, aumenta nel punto di insufflazione di 10 °C per ogni metro di immersione.
La maggiore altezza della vasca à ̈ quindi fonte di “indipendenza†del reattore stesso e permette cosi di diversificare il pH operativo tra le vasche. Abbassando il pH a valori di 6,5-7 l’azoto presente nella biomassa risulta tutto in forma di ammonio e quindi non vi sono emissioni di ammoniaca (NH3), pericolosa per l’ambiante e tossica anche per la stessa biomassa. Quindi il beneficio della tecnica “schema Cattin†à ̈ che consente di mantenere il controllo del pH nel bacino centrale a valori inferiori a 8 quando il 95% dell’azoto à ̈ sotto forma di ammonio non tossico.
Altri vantaggi sono, la caduta per gravità della massa dal bacino centrale a quello periferico, ed il minor consumo energetico dovuto al tipo di ciclo biochimico utilizzato che permette l’uso di dispositivi di aereazione e circolazione a minor consumo energetico.
2.3 IL SISTEMA CIRCOLAZIONE PERIFERICA (p.to 2)
Mantenere in sospensione la biomassa nel bacino periferico con bassissimi livelli di potenza dissipata à ̈ un accorgimento che consente di minimizzare i cortocircuiti rendendo possibile la cinetica innovativa dello schema senza penalizzare i consumi energetici legati alla elevata quantità di biomassa che à ̈ alla base del processo medesimo.
Questo aspetto, del tutto nuovo, fa si che rispetto ai sistemi tradizionali la vasca di denitrificazione risulti molto più grande dai processi convenzionali in quanto funge da accumulo e opera prevalentemente utilizzando il carbonio endogeno legato alla lisi cellulare. Il processo à ̈ mirato in modo particolare al trattamento dei reflui che hanno subito dei processi anaerobici di ammonificazione, come i percolati da discarica e digestati da biomasse. In questi effluenti la presenza di carbonio organico disciolto, e prontamente assimilabile, à ̈ pressoché assente. Ma si sposa bene anche per tutti i reflui dove sia richiesto un elevato rendimento di rimozione dell’azoto, dove possono essere sfruttati appieno tutti i vantaggi dati (aspetto da non trascurare) dalla migliore selezione delle specie batteriche. Specie la cui crescita risulta favorita dall’ambiente dove i parametri sono costantemente mantenuti a valori ottimali, come ad esempio il potenziale di ossido-riduzione ed il pH, sia nella vasca periferica sia nella vasca aerata centrale dove anche la temperatura risulta ottimizzabile.
2.4 IL SISTEMA DI SIMULTANEO CICLICO IN ENTRAMBI I REATTORI (p.to 3) Lo schema a reattori concentrici à ̈ pensato per funzionare sia a doppio reattore sequenziale ma anche a doppio reattore ideale e miscelazione completa. Di fatto anche nella vasca periferica di denitrificazione, nonostante sia pensata per favorire lo sviluppo della biomassa facoltativa eterotrofa denitrifìcate à ̈ possibile instaurate le condizioni per favorire anche lo sviluppo dalla biomassa autotrofa nitrificante.
Attualmente gli schemi convenzionali permetto il funzionamento o discontinuo (cicli alternati di nitro/denitro), o continuo (nitro/denitro convenzionale) e la regolazione strumentale può essere vista secondo lo schema del controllo continuo in due ambianti monitorati e regolati sulla base dei segnali monitorati.
Il sistema di questa istanza permette di associare al funzionamento due processi classici singolarmente ottimizzabili con tecnica della misurazione in continuo dei parametri chiave (t, ORP, OD ev. ISE ammonio e nitrati) anche una doppia reazione: nitro denitro nitro denitro ottenibile in caso di necessità modificando lo schema dei due reattori, in pratica nella vasca anulare che svolge normalmente la ffase anossica di denitrifificazione à ̈ inserito anch e un sistema di ossidazione da attivare qualora diventasse prioritario abbatte i composti ammoniacali, mantenendo sempre attivo anche il reattore centrale come nitrificazione, quindi con due nitrificazioni in serie. Al contrario se la presenza dei nitrati à ̈ eccessiva e l' impianto tende a rallentare la loro riduzione per l’ interferenza della nitrificazione, si arresta il funzionamento dell’ossidazione anche nel reattore centrale, che, essendo dotato anche di miscelatore, funziona come post denitrificatore ovvero con due denitrificazioni in serie.
Questa elasticità funzionale à ̈ estremamente interessante per superare le variazioni stagionali sulla cinetica dei processi, oltre ovviamente alle variazioni in ingresso che anche raddoppiando o sbilanciando il rapporto C/N possono essere sempre ubicate nel campo della massima stabilità.
L’impianto in oggetto necessita quindi di una elevata automazione che richiede l’installazione di un sistema di supervisione e controllo di processo automatizzato in modo da poter sorvegliare a distanza i parametri operativi della varie sezioni operative con l’impostazione di diverse curve di taratura ed algoritmi attraverso i quali, in tempo reale, il processo si adegua passando automaticamente dalla strategia di base alla strategia di massimo rendimento sia per denitrificare oppure per nitrificare e ritornare ai valori normali di funzionamento quando i parametri rientrano nei limiti di esercizio prefissati.
Il sistema di controllo dei segnali opererà inoltre l’archiviazione dei dati che potranno essere messi a disposizione di eventuali organi di controllo.
I vantaggi di un tale sistema sono:
- permettere un funzionamento più flessibile quindi meno sensibile a fattori turbativi della biochimica e biocinetica dell’impianto;
- permette di ottenere cicli depurativi più spinti a parità di tempo;
- permettere l’uso delle vasche anche per schemi standard in presenza di reflui industriali; - mantenere costante il rendimento d’uscita dell’impianto grazie ad una gestione e controllo più spinto della parte biologica.
2.5 IL SISTEMA DI OSSIGENAZIONE (p.to 4)
II sistema di ossigenazione nella vasca di nitrificazione à ̈ un abbinamento di due sistemi: tappeto di diffusori e di mixer a spinta orizzontale per creare un percorso elicoidale di risalita delle bolle d’aria e quindi di maggiore lunghezza. I miscelatori possono mantenere in sospensione la biomassa anche ad aerazione ferma. I diffusori possono quindi essere di tipo inintasabile a bolla grossa perché più adatti a funzionare in presenza di biomasse molto concentrate, (30-50 gr/1) dove i diffusori a bolla fine oltre ad intasarsi anche se in materiale elastico (EPDM) tendono ad unire le microbolle in unica grossa bolla diminuendo drasticamente il coefficiente di trasferimento Alpha che invece si mantiene elevato nella bolla grossa.
Il fattore minore rendimento specifico nel trasferimento dell’ossigeno associato al maggiore coefficiente Alpha che riduce la richiesta in condizioni standard e la sopraelevazione del livello idrico e in più l’aggiunta del mixer, consente anche ai diffusori a bolla grossa di arrivare a rendimenti elevati, paragonabili alle bolle fini in ambianti non concentrati, ma con il vantaggio di avere un funzionamento duraturo nel tempo in assenza di intasamenti. Per impianti con battente maggiore a 9 m si possono usare anche tubazioni forate con eventuali sistemi di lavaggio da usare saltuariamente eliminando ogni problema di sostituzione ei diffusori.
Riepilogando o vantaggi del sistema di ossidazione integrato nella presente tecnologia sono: - maggiore efficienza di ossigenazione specialmente se rapportata alle elevate concentrazioni della biomassa;
- possibilità di aerare e miscelare, solo aerare e solo miscelare;
- nessuna o scarsissima manutenzione ai diffusori che sono del tipo in intasabile;
- nessuna interferenza da incrostazioni da carbonati sulla forometria dei diffusori, che invece occluderebbero completamente le fessure nelle bolle fini, (i carbonati nel trattamento del digestato sono estremamente elevati -12-25.000 mg/1 come CaC03).
2.6 LO SKIMMER A IMBUTO (p.to 5)
Lo skimmer oggetto di questa istanza sfrutta la differenza idrostatica fra l’imbuto in ingresso ad un cilindro metallico, posto internamente alla vasca di reazione, e la sua base. Base dove viene applicata una aspirazione continua, tramite air lift che usa la stessa aria dell’ossigenazione. Questo sistema à ̈ normalmente in esercizio quando le schiume sono dense e pastose, quando sono molto soffici, si attiva in automatico da sensori schiume una pompa sommergibile, immersa nel fondo della vasca, alimenta un eiettore che a sua volta à ̈ collegato all’aspirazione del cilindro in grado quindi di aumentare il potenziale aspirante dell’air- lift mantenendo l’aspirazione anche in presenza di schiume molto soffici ed aerate. La portata idraulica utilizzata come forza motrice per l’eiettore, viene sfogata in superficie tramite alcune tubazioni poste a raggiera con uscita a “effetto taglio†che affondano le schiume rompendo meccanicamente le bolle d’aria intrappolate nella biomassa. Questo crea un movimento rotatorio che favorisce il richiamo verso l’imbuto aspiratore e l’energia cinetica assorbita dall’eiettore viene recuperata come parte integrante del sistema di ossidazione .
I vantaggi di un tale sistema sono molteplici, ossia:
- controllo delle schiume di qualsiasi consistenza e densità;
- nessun vincolo legato alla concentrazione del fango e alla sua densità;
- attivazione automatica differenziata sia in presenza di schiume soffici e sia in presenza di schiume melmose;
- nessuna richiesta di prodotti antischiumogeni;
- nessuna perdita di energia per il fatto che viene recuperato ossigeno alla biomassa dal sistema di ricircolo forzato;
la possibilità di sfruttare il sistema applicato in vasche molto profonde permette quindi di mantenere elevato il rendimento di ossigenazione riducendo i consumi energetici senza che questo possa compromettere l’esercizio legato alla conseguente esasperazione nella formazione biologico meccanica delle schiume.

Claims (9)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Metodo per il trattamento di digestati e zootecnici con elevate concentrazioni di solidi sospesi e composti azotati, che utilizza un processo di nitrificazione e denitrificazione biologica a biomassa sospesa che si ottiene mediante una combinazione di fasi caratterizzate fondamentalmente da: FASE 1) nitrificazione per ossidazione biologica a nitrato dell’azoto ammoniacale, e organico solubilizzabile, in serbatoio circolare di maggiore altezza rispetto del serbatoio periferico, dove à ̈ posto in posizione concentrica. Comparto aerato artificialmente per mantenere l’ossigeno disciolto a valori di 0,4-1 ppm e potenziale di ossidoriduzione in campo positivo, alimentato esclusivamente dalla biomassa pretrattata dalla fase 2 di predenitrificazione, e, per questo, in assenza di composti organici biodegradabili, utilizzando la C02come sorgente prevalente di carbonio, condizioni ambientali ottimizzate alla stechiometria di processo per favorire i batteri autotrofi nitrifìcanti per trasformare la forma ammoniacale dell’azoto, prima a nitrito (batteri Nitrosomonas) poi a nitrato (batteri Nitrobacter). FASE 2) di alimentazione - accumulo che inizia con la reazione di pre-denitrificazione biologica, reazione che consiste nella trasformazione, per opera di batteri eterotrofi denitrificanti, dei nitrati prodotti dalla FASE 1, ad azoto elementare (N2). Il processo di Fase 2 à ̈ condotto in ambiente anossico, Redox da debolmente a molto negativo (-80-400 ORP), pH in campo tendenzialmente alcalino (7, 5-8, 5 pH). Questo comparto opera inizialmente come pre-denitrificazione fino l’esaurimento del substrato carbonioso alimentato, e, contestualmente alla fase di alimentazione - ricircolo alla Fase 1, opera come post-denitrificazione perché alimentata per troppo pieno della Fase 1 dai nitrati prodotti dalla nitrificazione. In questa seconda fase come completamento del processo utilizza il carbonio endogeno prodotto da lisi cellulare, ottenuta operando con un processo biologico endogeno con rapporto substrato/ biomassa molto basso< 0,02 KgBOD/COD sol/kgSSVxd.
  2. 2. Il metodo, come da rivendicazione precedente, utilizza nella FASE1 un sistema d’insufflazione di aria con diffusori a bolle grosse conformati a valvola di ritegno a membrana. Sono diffusori ottimizzati per ossigenare biomasse molto concentrate senza problemi di intasamento, ottenendo elevate rese di ossidazione direttamente correlate al coefficiente di dissoluzione Alpha, 3-4 più elevato rispetto alle bolle fini nelle condizioni di esercizio considerate e per effetto dello sviluppo in altezza del reattore che incrementa la profondità d’insufflazione e quindi il percorso di risalita delle bolle compensando la minore resa specifica di ossigenazione delle bolle grosse rispetto alla bolle fini.
  3. 3. Il metodo, come tutte le rivendicazioni precedenti, utilizza come sistema di ricircolo interno delle pompe immerse in Fase 2 che alimentano la nitrificazione di Fase 1 dopo il completamento della pre-denitrificazione, contrariamente ai processi tradizionali di nitrificazione e denitrificazione in continuo che ricircolano i nitrati partendo dalla nitrificazione, innescando contestualmente all’ alimentazione della fase 1, anche la postdenitrificazione endogena impostando nel reattore di fase 2 due schemi operativi che operano in condizioni biologiche differenti.
  4. 4. Il bacino di Fase 1, oltre ad essere elevato in altezza, à ̈ equipaggiato anche con miscelatori sommergibili a elica che trasmettono alla biomassa ossidata un flusso orizzontale per contribuire ulteriormente al rendimento di ossigenazione per effetto dell’ allungamento del percorso di risalita delle bolle che seguono un moto parabolico.
  5. 5. Il metodo, come rivendicazione 1, à ̈ caratterizzato dal fatto di utilizzare nella Fase 2 una forma di vasca anulare equipaggiata con acceleratori di flusso sommergibili (pale di grande diametro a basso numero di giri) per ottenere una miscelazione con un basso consumo energetico, bilanciando nei costi di gestione complessivi, la maggiore richiesta energetica legata al fatto di dover condurre il processo con elevate concentrazioni di solidi sospesi, esigenza direttamente collegata alle basse velocità di rimozione dei nitrati e alla necessità di operare l’idrolisi delle molecole organiche per rendere disponibile al processo di post-denitrificazione anche una fonte di carbonio interna.
  6. 6. II metodo, come da rivendicazione 2, Ã ̈ studiato per mantenere sotto controllo la produzione di schiume biologiche da ossigenazione di biomassa molto concentrata in solidi senza richiedere agenti antischiumogeni, tramite un sistema di normalizzazione per scrematura a deflusso superficiale, in apposito convogliatore, mantenuto ad un livello idrica da favorire il richiamo al suo interno delle schiume per mezzo di un pompa che produce contestualmente all 'aspirazione anche il getto che produce una rottura meccanica e favorisce il convogliamento delle schiume superficiale alla vasca di aspirazione.
  7. 7. Il metodo per tutte le rivendicazioni precedenti, funziona con cicli impostati nella logica di processo inserita a quadro con PLC o computer, che mantiene il controllo delle misure analizzate in campo da elettrodi di misura del potenziale di ossidoriduzione Redox in entrambi i reattori, ossigeno e pH in nitrificazione, azoto ammoniacale e nitrico a ione selettivo (ISE) in periferia tramite specifico sistema di preparazione dei campioni da analizzare diluendo la biomassa molto concentrata con acqua su cilindro pesatore che rapporta la diluizione al valori di analisi trasferendo il valore reale a PLC e, sulla base del rapporto di diluizione realmente effettuato, diagramma l’andamento dei dati analizzati, individuando i periodi di massimo rendimento dove programmare lo scarico del reattore dalla Fase 2 dopo la post-denitrificazione.
  8. 8. Il metodo, come tutte le rivendicazioni precedenti, utilizza delle pompe di scarico della miscela trattata che possono attivarsi sia per scaricare un fluido concentrato, aspirando dal fondo della vasca, sia chiarificato aspirando in superficie per favorire l’ispessimento o la chiarificazione della biomassa. Questa tecnica consente di adeguare il processo biologico di abbattimento anche a al regime stagionale, adeguanddo ad esempio la variazione della concentrazione della biomassa in funzione della temperatura à ̈ possibile ottenere un ulteriore risparmio sui consumi energetici.
  9. 9. Il metodo, come da rivendicazioni precedenti, operando in presenza di biomasse molto concentrate e schiumose, utilizza dei sensori di livello a galleggiante con asta guidata fuori dal liquido per intervenire con microinterruttori posti esternamente alla biomassa.
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