ITTO20130924A1 - Dispositivo medicale per il trattamento di fluidi - Google Patents

Dispositivo medicale per il trattamento di fluidi

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ITTO20130924A1
ITTO20130924A1 IT000924A ITTO20130924A ITTO20130924A1 IT TO20130924 A1 ITTO20130924 A1 IT TO20130924A1 IT 000924 A IT000924 A IT 000924A IT TO20130924 A ITTO20130924 A IT TO20130924A IT TO20130924 A1 ITTO20130924 A1 IT TO20130924A1
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IT
Italy
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medical device
fluid
coupling means
coupling
piston rod
Prior art date
Application number
IT000924A
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English (en)
Inventor
Marco Bertoni
Laura Mazzucco
Marco Pizzi
Massimo Zanin
Original Assignee
Eltek Spa
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Description

“Dispositivo medicale per il trattamento di fluidi ",
TESTO DELLA DESCRIZIONE
Campo dell'Invenzione
La presente invenzione si riferisce in generale ai dispositivi medicali per il trattamento di fluidi, quali liquidi biologici, tessuti allo stato fluido e sostanze medicali iniettabili. L’invenzione è stata sviluppata con particolare riferimento ai dispositivi monouso utilizzabili per prelevare un fluido da un soggetto, separarlo in frazioni ed eventualmente ottenere un concentrato da una delle frazioni separate: in tale ottica, l’invenzione ha un’applicazione preferita nei trattamenti finalizzati a separare plasma ricco di piastrine (PRP - Platelet-Rich Plasma) da sangue intero.
Stato della tecnica
Il trattamento di fluidi in ambito medico è sovente effettuato per il tramite di siringhe monouso o simili dispositivi contraddistinti dalla presenza di un corpo cavo, generalmente allungato, in cui è montato mobile uno stantuffo. Lo stantuffo ha una testa impegnata scorrevolmente e a tenuta all’interno del corpo cavo, per definire con esso una camera di raccolta del fluido, che è in comunicazione con una luce per ammettere/espellere il fluido.
In taluni casi, sul fluido contenuto nella suddetta camera debbono essere effettuati particolari trattamenti, con l’ausilio di apposite apparecchiature. Ad esempio, nel caso di trattamenti per la separazione e la concentrazione di plasma ricco di piastrine, è pratica comune impiegare provette sterili sotto vuoto (vacutainer) o una siringa o simile dispositivo per effettuare il prelievo di un campione di sangue da un soggetto e poi sottoporre tale campione di sangue a centrifugazione.
Onde agevolare trattamenti di questo tipo sono stati proposti dispositivi a siringa che, dopo essere stati utilizzati per effettuare il prelievo venoso dal soggetto, possono essere posti direttamente in una centrifuga. Lo stantuffo di questi dispositivi include in genere almeno due parti separabili, tipicamente rappresentate da uno stelo ed una testa. In questo modo, dopo aver effettuato il prelievo di un campione di sangue, lo stelo può essere rimosso, mantenendo però la testa dello stantuffo nella posizione raggiunta a fine prelievo.
I dispositivi a siringa noti di questo tipo sono di concezione generalmente complicata, poco affidabile e costosa, nonché di impiego relativamente disagevole per gli operatori. In genere il disaccoppiamento e l’accoppiamento tra stelo e testa dello stantuffo impone una rotazione o un movimento angolare del primo relativamente alla seconda, che risulta spesso disagevole da effettuare e che può determinare spostamenti indesiderati della testa di stantuffo. Inoltre, per produrre il disaccoppiamento tramite la suddetta rotazione o movimento angolare dello stelo, è necessario fare affidamento sull’attrito tra la testa dello stantuffo e la superficie della camera in cui questi è inserito, in modo che la testa non ruoti durante il movimento angolare dello stelo. Questo comporta la necessità di prevedere un attrito relativamente elevato tra una guarnizione appartenente alla testa stantuffo e la superficie della suddetta camera, con tale attrito elevato che influisce negativamente sulle operazioni di attuazione lineare dello stantuffo (quali la necessità di applicare forze attuazione o di spunto elevate, che possono determinare difficoltà di attuazione e/o movimenti a scatto dello stantuffo, con imprecisioni di dosaggio in aspirazione o erogazione).
Sommario e scopo dell’invenzione
In vista di quanto sopra esposto la presente invenzione si propone di realizzare un dispositivo del tipo indicato, sostanzialmente tipo siringa o con corpo contenitore a volume almeno in parte variabile, di costruzione semplice ed economica, nonché di funzionamento affidabile, preciso e comodo per gli operatori addetti.
Questi ed altri scopi ancora, che risulteranno maggiormente chiari in seguito, sono raggiunti secondo la presente invenzione da un dispositivo medicale, preferibilmente monouso, per il trattamento di fluidi, quali liquidi biologici, tessuti allo stato fluido e sostanze medicali iniettabili, avente almeno le caratteristiche indicate nelle rivendicazioni allegate. Formano altresì oggetto dell’invenzione un kit medicale, per la separazione di frazioni di un fluido, ed un metodo per la separazione e la concentrazione di frazioni di un fluido, in particolare plasma ricco di piastrine da sangue intero.
In sintesi, in una forma di attuazione il dispositivo oggetto dell’invenzione include un corpo contenitore, generalmente allungato e cavo, di forma preferibilmente sostanzialmente cilindrica, avente una prima luce ad una sua estremità, per l’ammissione e/o per l’espulsione di fluido tramite azionamento di uno stantuffo che è montato nel corpo stesso. Lo stantuffo comprende una testa di stantuffo, che è impegnata scorrevolmente e a tenuta all’interno del corpo contenitore, per definire con esso una camera di raccolta del fluido in comunicazione con suddetta prima luce, nonché uno stelo di stantuffo, per muovere la testa di stantuffo e con ciò variare il volume della suddetta camera di raccolta, per ammettervi o espellervi il fluido, rispettivamente. Lo stelo di stantuffo è collegato alla testa di stantuffo ed è spostabile attraverso una seconda luce del corpo contenitore, che si trova alla seconda estremità di quest’ultimo. Il dispositivo oggetto dell’invenzione si presenta essenzialmente come una siringa monouso, ovvero con un elemento mobile in un corpo contenitore che definiscono tra loro una camera di volume variabile per un fluido.
Lo stelo di stantuffo è collegato in modo rilasciabile alla testa di stantuffo, tramite una disposizione di accoppiamento che comprende primi mezzi di accoppiamento, ad un’estremità distale dello stelo di stantuffo, e secondi mezzi di accoppiamento, ad una faccia della testa di stantuffo che è opposta alla prima estremità del corpo contenitore. In tal modo, in caso di necessità, lo stelo di stantuffo può essere separato dalla testa di stantuffo, onde poter rimuovere lo stelo dal corpo contenitore, lasciandovi però in posizione la testa di stantuffo. La rimozione dello stantuffo può essere ad esempio consigliata per agevolare l’inserimento del corpo contenitore in un apparato di trattamento, quale una centrifuga.
In accordo all’invenzione, il dispositivo comprende un albero di manovra che è montato scorrevole sullo stelo di stantuffo, preferibilmente almeno in parte internamente allo stelo di stantuffo, ed è operabile manualmente e/o in modo automatizzato per causare il disimpegno tra i suddetti primi e secondi mezzi di accoppiamento, ed eventualmente anche per determinarne il reciproco impegno.
Grazie alla presenza del suddetto albero di manovra, la separazione tra lo stelo e la testa dello stantuffo - quando richiesta - risulta estremamente semplificata e precisa. Qualora se ne presenti la necessità, inoltre, l’albero di manovra è d’ausilio al fine di collegare nuovamente tra loro lo stelo e la testa di stantuffo. Lo sgancio tra testa e stantuffo non implica rotazioni tra le parti, con ciò consentendo anche un attrito modesto tra testa e corpo contenitore.
Uno o più dispositivi in accordo all’invenzione possono essere parte di un kit medicale per la separazione di frazioni di un fluido, particolarmente per separare plasma ricco di piastrine da sangue intero. Un tale kit comprende di preferenza componenti monouso forniti in confezione sterile, particolarmente tutti i componenti necessari per prelevare un campione di sangue da un paziente, prevenire la coagulazione del sangue, separare il campione in sue frazioni ed ottenere una frazione concentrata.
In una forma di attuazione un tale kit include almeno un dispositivo medicale monouso del tipo precedentemente indicato, nonché condotti per collegare in comunicazione di fluido la prima luce del dispositivo medicale monouso, la luce di ingresso/uscita di un contenitore tipo siringa (che può essere anche un ulteriore dispositivo secondo l’invenzione) ed un almeno un ulteriore dispositivo del kit. Tale ulteriore dispositivo del kit è di preferenza selezionato tra almeno un dispositivo per il prelievo di un fluido (quale ad esempio un ago per il prelievo di sangue da un paziente) ed un dispositivo per il contenimento di un fluido (quale ad esempio un contenitore di un anticoagulante o una sacca per la raccolta di una frazione di scarto del sangue). Molto preferibilmente, i suddetti condotti sono provvisti di attacchi o raccordi di estremità per il collegamento fluidico delle varie parti del kit, ad esempio attacchi o raccordi di tipo Luer o, più in generale, attacchi o raccordi idraulici rapidi o “snap-in” o attacchi idraulici filettati. I suddetti condotti sono preferibilmente provvisti di mezzi di intercettazione o valvolari, quali ad esempio valvole unidirezionali, valvole deviatrici, valvole comandate, rubinetti, morsetti strozza-tubi, per abilitare o disabilitare secondo necessità il flusso nei condotti stessi.
In una realizzazione vantaggiosa, il kit comprende una pluralità di stadi o moduli, ciascuno includente una pluralità di componenti del kit, i quali stadi sono tra loro accoppiabili e/o separabili a seconda della fase di utilizzo.
Un kit che include almeno un dispositivo medicale monouso del tipo indicato è utilizzabile con estremo vantaggio per l’esecuzione di un metodo per la separazione e la concentrazione di plasma ricco di piastrine da sangue intero, nel quale il dispositivo è utilizzato per raccogliere il sangue intero, separarlo per centrifugazione in plasma e globuli bianchi e rossi, mentre il contenitore tipo siringa è utilizzato per ricevere dal primo dispositivo il plasma, per ulteriormente separarlo tramite centrifugazione in una frazione ricca di piastrine ed una frazione povera di piastrine, e per poi eliminare almeno parte di quest’ultima, di modo che nel contenitore tipo siringa rimanga un concentrato di piastrine in plasma.
Breve descrizione dei disegni
Ulteriori scopi, caratteristiche e vantaggi dell'invenzione risulteranno dalla descrizione che segue, effettuata con riferimento ai disegni annessi, forniti a puro titolo di esempio non limitativo, nei quali:
- le figure 1 e 2 sono viste prospettiche, da diverse angolazioni, di un dispositivo medicale secondo una forma di attuazione dell’invenzione;
- le figure 3 e 4 sono viste prospettiche di un corpo contenitore e di uno stantuffo del dispositivo di figura 1;
- le figure 5 e 6 sono viste esplose, da diverse angolazioni, di una testa dello stantuffo di figura 4;
- le figure 7 e 8 sono viste prospettiche, da diverse angolazioni, di uno stelo dello stantuffo di figura 4;
- le figure 9 e 10 sono una vista prospettica di un albero di manovra, appartenente ad una disposizione di accoppiamento commutabile del dispositivo secondo l’invenzione, ed un relativo dettaglio in maggior scala;
- la figura 11 è una vista prospettica sezionata del componente delle figure 7-8 con l’albero di figura 9;
- la figura 12 è una vista ulteriore vista prospettica di una parte rigida del componente delle figure 5 e 6, in maggior scala;
- la figura 13 è una vista prospettica di una testa dello stantuffo di figura 4, con una porzione di estremità dell’albero di figura 9;
- la figura 14 è una vista prospettica sezionata di un dispositivo secondo l’invenzione;
- le figure 15, 16 e 17 sono una vista prospettica dello stantuffo di figura 4 con associato l’albero di figura 9, una vista prospettica sezionata del dispositivo secondo l’invenzione ed una vista prospettica sezionata del componente delle figure 7-8 con l’albero di figura 9, rispettivamente, in una prima condizione operativa del dispositivo;
- le figure 18, 19 e 20 sono viste simili a quelle delle figure 15, 16 e 17, rispettivamente, in una seconda condizione operativa del dispositivo;
- la figura 21 è una vista prospettica di un kit medicale per la separazione di frazioni di un fluido, comprendente almeno un dispositivo in accordo all’invenzione; e
- la figura 22 è una vista prospettica schematica di una possibile apparecchiatura per l’impiego in abbinamento ad un dispositivo in accordo all’invenzione.
Descrizione di forme di attuazione preferite dell’invenzione
Il riferimento ad “una forma di attuazione” all’interno di questa descrizione sta ad indicare che una particolare configurazione, struttura, o caratteristica descritta in relazione alla forma di attuazione è compresa in almeno una forma di attuazione. Quindi, frasi come “in una forma di attuazione” e simili, eventualmente presenti in diversi luoghi di questa descrizione, non sono necessariamente riferite alla stessa forma di attuazione. Inoltre, particolari conformazioni, strutture o caratteristiche possono essere combinate in ogni modo adeguato in una o più forme di attuazione, anche differenti da quelle raffigurate. I riferimenti numerici e spaziali (quali “superiore”, “inferiore”, “alto”, “basso”, eccetera) qui utilizzati sono soltanto per comodità e non definiscono dunque l’ambito di tutela o la portata delle forme di attuazione. Inoltre, nella presente descrizione e nelle allegate rivendicazioni, il termine “trattamento”, quando riferito ad un fluido, deve essere inteso nella sua accezione più ampia, ed in quanto tale in esso si intendono comprese attività quali l’iniezione o il prelievo di un fluido biologico o medicale, nonché la sua elaborazione, ad esempio per separarlo in sue frazioni e/o concentrarne una tale frazione separata.
Il termine “fluido” deve essere inteso nella sua accezione più ampia, ed in quanto tale in esso si intendono compresi fluidi o liquidi biologici o medicali, in particolare fluidi o liquidi comprendi particelle suscettibili di essere almeno in parte separate e/o concentrate, quali cellule o piastrine o frammenti di cellule. Preferibilmente il fluido è sangue e/o sue componenti, ovvero un fluido biologico composto essenzialmente da una parte corpuscolata comprendente tipicamente globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, ed una parte fluida costituita dal plasma. Riferendosi inizialmente alle figure 1 e 2, con 1 è indicato nel suo complesso un dispositivo medicale in accordo ad una forma di attuazione dell’invenzione, per il trattamento di fluidi biologici o medicali. Nell’applicazione preferita qui di seguito esemplificata il dispositivo 1 è di tipo monouso ed utilizzato per il trattamento di sangue prelevato da un soggetto. Il dispositivo 1 è conformato sostanzialmente come una siringa per l’iniezione e/o il prelievo di fluidi, ed in quanto tale comprende un corpo contenitore generalmente allungato, indicato con 2 ed in seguito definito per semplicità anche cilindro (barrel), ed uno stantuffo (plunger), indicato con 3, associato in modo mobile al corpo contenitore 2.
Riferendosi anche alla figura 3, il cilindro 2 ha una parete cilindrica 4 definente una cavità assiale 5, chiusa all’estremità distale da una parete 6. Di preferenza, sulla parete cilindrica 4 è impressa o definita una scala graduata di dosaggio, di qualunque tipo noto nel settore, non rappresentata nelle figure. La parete di estremità 6 ha una prima luce, per l’ammissione di fluido alla cavità 5, o per la sua espulsione da essa: in una forma di attuazione, tale prima luce è definita da un idoneo attacco 7, ad esempio di tipologia nota nel settore, preferibilmente un attacco di rapido, quale un attacco Luer, un attacco “snap-in”, un attacco filettato, un attacco a baionetta, eccetera.
L’estremità prossimale del cilindro 2 presenta una seconda luce 8, che realizza l’imbocco della cavità 5, per l’inserimento e lo scorrimento dello stantuffo 3. In un’attuazione, in sostanziale corrispondenza della luce 8, il cilindro 2 ha una flangia 9 sporgente esternamente, avente di preferenza parti zigrinate 9a per facilitare la presa manuale del dispositivo 1 o il suo ancoraggio ad un apparato di trattamento automatizzato, qui non rappresentato. Il cilindro 2 può essere formato con un materiale relativamente rigido e trasparente, quale un materiale termoplastico stampabile, preferibilmente in un pezzo unico includente le varie parti sopra descritte, Riferendosi alla figura 4, lo stantuffo 3 comprende, alla sua estremità distale, una testa di stantuffo 10, destinata all’impegno scorrevole e a tenuta nella cavità 5 del cilindro 2, per definire con essa una camera di raccolta del fluido che è in comunicazione con la luce definita dall’attacco 7. Lo stantuffo 3 include poi uno stelo di stantuffo 11, che è collegato alla testa 10 ed è spostabile attraverso la luce 8 del cilindro 2 per muovere la testa stessa e con ciò variare il volume della suddetta camera di raccolta, onde ammettere o espellere il fluido, rispettivamente, come in una siringa.
In una forma di attuazione, quale quella esemplificata, la testa di stantuffo 10 comprende un piattello o nucleo 12 di materiale relativamente rigido ed una parte di rivestimento di materiale generalmente elastico, che realizza una guarnizione 13, atta a garantire la necessaria tenuta della testa 10 rispetto alla superficie interna della parete cilindrica 4. Il nucleo 12, la guarnizione 13 e lo stelo di stantuffo 11 sono rappresentati isolatamente nelle figure 5, 6 e 7-8, rispettivamente. La guarnizione 13, realizzata ad esempio in gomma o in elastomero o similare, preferibilmente un materiale atto ad essere stampato, può essere configurata come un componente calzato sul nucleo 12, oppure essere sovrastampato o co-stampato al nucleo 12. Il nucleo 12 è ad esempio realizzato in un materiale termoplastico, preferibilmente un materiale atto ad essere stampato, in particolare un materiale sostanzialmente rigido; in possibili varianti, il nucleo 12 può includere una o più porzioni atte a flettersi elasticamente, all’uopo conformate e/o aventi spessore ridotto.
Nell’esempio, la guarnizione 13 ha sagoma sostanzialmente tubolare, con una parete di chiusura all’estremità, il cui lato esterno è destinato ad essere affacciato alla parete 6 del cilindro 2 ed il cui lato interno è sagomato, preferibilmente in modo complementare, per accoppiarsi con un relativo lato del nucleo 12.
Lo stelo di stantuffo 11 è collegato in modo rilasciabile alla testa di stantuffo 10, tramite una disposizione che comprende primi mezzi di accoppiamento, in corrispondenza di una regione di estremità distale dello stelo 11, e secondi mezzi di accoppiamento, in corrispondenza della faccia della testa 10 che è opposta alla parete di estremità 6 del cilindro 2. In accordo all’invenzione, il dispositivo 1 comprende un albero di manovra 14, parzialmente visibile nelle figure 1 e 2, che è montato scorrevole sullo stelo di stantuffo 11 ed è operabile manualmente per attuare la disposizione di accoppiamento rilasciabile, particolarmente per causare almeno il disimpegno tra i suddetti primi e secondi mezzi di accoppiamento. Di preferenza, lo stelo 11 e l’albero 14 sono sostanzialmente coassiali.
Una possibile realizzazione dell’albero di manovra 14, che di preferenza ha un corpo relativamente rigido, ad esempio di materiale termoplastico, è rappresentata in figura 9. L’albero 14 può presentare una o più porzioni configurate per flettersi elasticamente.
In una forma di attuazione preferita l’albero 14 e la relativa sede di scorrimento che lo ospita - in seguito descritta - sono configurati per prevenire rotazioni del primo nella seconda, preferibilmente al fine di ottenere una guida sostanzialmente lineare dell’albero 14 con una sua predefinita posizione angolare rispetto allo stelo 11 ed all’asse del dispositivo 1, per quanto ciò non sia strettamente indispensabile ai fini dell’implementazione dell’invenzione. Di preferenza, a tale scopo, la sagoma in sezione trasversale di almeno uno tra albero e sede è tale da prevenire rotazioni del primo nella seconda. In un’attuazione, quale quella illustrata, l’albero 14 ha sezione trasversale non circolare, qui essenzialmente a croce, con una porzione di estremità prossimale 15 ed una porzione di estremità distale 16 diversamente sagomate, in seguito definite porzione di comando e porzione di attuazione, rispettivamente. Nell’esempio raffigurato la porzione di comando 15 è sagomata in modo da essere operabile da un utilizzatore, ed ha qui conformazione generalmente piatta, particolarmente a disco, mentre la porzione di attuazione 16 è sagomata in modo da interagire con i suddetti primi mezzi di accoppiamento, ai fini del loro passaggio tra una condizione di impegno ed una condizione di disimpegno rispetto ai secondi mezzi di accoppiamento, come in seguito descritto. La porzione di comando 15 può essere diversamente conformata rispetto al caso illustrato, ferme restando le sue funzioni.
Dall’altro lato, lo stelo di stantuffo 11, anch’esso preferibilmente formato con un materiale termoplastico, è conformato in modo da definire una sede, nell’ambito della quale l’albero di manovra 14 è assialmente scorrevole da una posizione inoperativa ad una posizione operativa, per causare il disimpegno tra i suddetti primi e secondi mezzi di accoppiamento. In caso di necessità, l’albero 14 può anche essere fatto scorrere dalla posizione inoperativa alla posizione operativa, onde causare l’impegno reciproco tra i suddetti mezzi di accoppiamento. La sede suddetta può avere ad esempio sezione a croce o, più in generale, di forma complementare alla sezione dell’albero 14.
Nella forma di attuazione esemplificata, e come visibile nelle figure 7 e 8, il corpo dello stelo 11 include una porzione di estremità prossimale 17, in cui è definito l’imbocco della sede per l’albero 14, indicata con 18. La porzione 17 è preferibilmente a piastra, qui conformata a disco, o comunque di forma atta ad essere impugnata onde operare una spinta e/o una trazione dello stantuffo 3.
Dal lato inferiore della porzione 17 si dipartono due pareti principali 19, generalmente parallele tra loro, che sono unite tra loro tramite piccole pareti trasversali, alcune delle quali indicate con 20. Sul lato esterno delle pareti principali 19 è preferibilmente definito almeno un rilevo assiale 19a. Le forme e le dimensioni delle pareti 19 (in particolare la loro larghezza) e dei relativi rilievi 19a (in particolare la loro altezza) sono tali da consentire - unitamente alla guarnizione 13 - uno scorrimento guidato dello stantuffo 3 rispetto alla parete 4 del cilindro 2. Preferibilmente i bordi delle pareti 19 e 20 sono conformati in modo da seguire il profilo cilindrico della parete 4 del corpo 2. In un’attuazione i bordi laterali opposti delle pareti principali 19 - alcuni indicati con 19’ solo in figura 4 - comprendono un profilo arrotondato, dove tali profili arrotondati delle due pareti 19 sono sostanzialmente speculari tra loro, rispetto all’asse dello stelo 11. Le estremità opposte delle pareti trasversali 20 - alcune indicate con 20’ solo in figura 4 -comprendono un profilo arrotondato, congruente con quello dei bordi delle pareti 19. In sostanza, nell’esempio illustrato, il profilo definito dell’insieme dei bordi 19’ e 20’ su due lati opposti dello stelo 11 è un profilo ad arco di circonferenza sostanzialmente complementare a quello della parete 4.
Le pareti 19 e 20 definiscono tra loro, nell’ambito dello stelo 11, la sede 18 per l’albero 14, come visibile ad esempio in figura 11 (si veda a riferimento anche la figura 14). La sede 18 potrebbe peraltro essere definita anche solo nelle pareti 20: ad esempio, con un albero 14 avente sezione trasversale di ingombro ridotto rispetto al caso illustrato, la sede 18 può essere definita dalle sole pareti 20, che saranno allo scopo provviste di rispettivi fori squadrati per l’albero.
Nella realizzazione esemplificata i punti di vincolo allo scorrimento dell’albero 14, determinati dalle pareti 19, 20 e/o dall’imbocco definito all’estremità 17 dello stelo 11, individuano una sede 18 sostanzialmente quadrangolare, cooperante con almeno le estremità della sezione a croce dell’albero 14, per consentirne uno scorrimento ma evitarne rotazioni attorno al proprio asse. La sede 18 è configurata per consentire l’inserzione e lo scorrimento in essa della porzione di attuazione 16 dell’albero di manovra 14. Dalla figura 11 ben si nota inoltre come la porzione di comando 15, quando l’albero 14 è inserito nella relativa sede 18, risulta assialmente sporgente rispetto all’estremità prossimale 17 dello stelo 11, onde poter essere operabile.
Ancora nelle figure 7 e 8 è visibile l’estremità distale dello stelo 11, qui indicata complessivamente con 11a, in corrispondenza della quale sono presenti i precedentemente citati primi mezzi di accoppiamento, per il collegamento rilasciabile alla testa di stantuffo, con i secondi mezzi di accoppiamento previsti su quest’ultima. In una forma di attuazione preferita i primi mezzi ed i secondi mezzi di accoppiamento sono reciprocamente impegnabili e disimpegnabili in modo almeno in parte elastico.
In una forma di attuazione i primi mezzi di accoppiamento includono una pluralità di elementi di accoppiamento o di aggancio elasticamente deformabili, in particolare almeno due elementi di accoppiamento, preferibilmente tra loro contrapposti, potendo tuttavia essere previsto un unico elemento di accoppiamento. Riferendosi all’esempio illustrato, tali elementi di accoppiamento comprendono essenzialmente due coppie contrapposte di alette 21, all’estremità distale 11a dello stelo 11, e particolarmente alle estremità inferiori delle pareti 19. Di preferenza le due alette 21 di un medesimo lato dello stelo 11 sono separate tra loro da una fessura assiale 22, la cui presenza può risultare utile per migliorare l’accoppiamento e la guida tra testa 10 e stelo 11 dello stantuffo 3, come apparirà in seguito, ed eventualmente per migliorare l’elasticità delle alette 21. Peraltro, in accordo a forme di attuazione non rappresentate, all’estremità inferiore dello stelo 11 potrebbero esser previste due sole alette contrapposte o, al limite, anche una sola aletta elasticamente deformabile, su di un solo lato dello stelo 11.
Nell’esempio, le alette 21 sono definite dalle pareti 19, o comunque definite in corrispondenza di un’estremità distale delle pareti 19 (ad esempio in forma di loro prolungamenti), e preferibilmente parallele tra loro, quando non sollecitate elasticamente. Sui lati tra loro affacciati delle alette 21, o comunque sui lati contrapposti, sono definiti rilievi o denti di aggancio 21a, la cui funzione sarà chiarita in seguito, che si estendono di preferenza trasversalmente sulle alette.
Come detto, la porzione di attuazione 16 dell’albero di manovra 14 è conformata per interagire con i primi mezzi di accoppiamento. A tale scopo, in una forma di attuazione, la porzione 16 comprende almeno un piano inclinato, configurato per interagire con almeno una superficie di un relativo primo elemento di accoppiamento, qui rappresentato da ciascuna aletta 21. Riferendosi ancora all’esempio raffigurato, come ben visibile in figura 10, la superficie di estremità della porzione 16 è contraddistinta dalla presenza di due piani inclinati 16a contrapposti e divergenti verso l’estremità 15 dell’albero 14, ciascuno di tali piani 16a essendo raccordato ad una superficie 16b generalmente piana; nell’esempio le superfici 16b sono sostanzialmente parallele e la porzione 16 ha sezione sostanzialmente a pentagono, se sezionata lungo l’asse dell’albero 14, per quanto tale forma non sia strettamente necessaria. Sempre riferendosi all’esempio, la porzione 16 ha sezione sostanzialmente quadrata, se sezionata perpendicolarmente all’asse dell’albero 14, preferibilmente analoga o complementare alla sede 18, pur con dimensioni leggermente inferiori e tali da consentire un reciproco scorrimento.
I secondi mezzi di accoppiamento previsti sulla testa di stantuffo 10 comprendono almeno un secondo elemento di accoppiamento, rispetto al quale un suddetto primo elemento di accoppiamento (qui rappresentato da almeno un’aletta 21 dello stelo 11) è impegnabile/disimpegnabile. In una forma di attuazione, quale quella rappresentata, i secondi mezzi di accoppiamento sono sul nucleo 12 della testa di stantuffo 10.
In figura 12 è visibile una possibile attuazione del nucleo 12, che ha preferibilmente sagoma generalmente circolare. Nell’esempio, il nucleo 12 ha una parete principale 23, sostanzialmente a disco. In corrispondenza della faccia inferiore della parete 23 è definita una formazione 24 (si veda anche figura 6) per il posizionamento della guarnizione 13. La faccia opposta del nucleo 12 è invece dotata dei precedentemente citati secondi mezzi di accoppiamento, previsti per consentire il collegamento rilasciabile tra testa e stelo dello stantuffo 3.
Nell’esempio, dalla faccia superiore della parete 23 si elevano due coppie di pareti radiali 25 e 26, le pareti di ciascuna coppia essendo allineate tra loro in direzione diametrale, quindi con una configurazione sostanzialmente a croce, le pareti 25 potendo tuttavia essere assenti. Le pareti 25 e 26 sono separate tra loro nella zona centrale della parete principale 23, onde definire tra loro uno spazio o sede 27, nell’ambito del quale può giungere la porzione di attuazione 16 dell’albero 14. Dalla figura 13, in cui il nucleo 12 è rappresentato con la guarnizione 13 calzata su di esso, si evince come - in una condizione operativa in seguito descritta - la porzione di attuazione 16 dell’albero 14 può insinuarsi nello spazio 27.
In corrispondenza dell’estremità superiore di ciascuna parete 26 è previsto almeno un rispettivo secondo elemento 28 di accoppiamento o di impegno.
L’elemento 28 comprende di preferenza almeno una parte - quale un gradino o un aggancio e/o un piano inclinato - configurata per interagire con una superficie di un relativo primo elemento di accoppiamento (ovvero un’aletta 21, nell’esempio). Nell’esempio di figura 12 l’estremità superiore degli elementi 28 è contraddistinta dalla presenza di due piani inclinati 28a contrapposti e divergenti verso la parete 23, ciascuno dei quali raccordato ad una superficie generalmente trasversale o perpendicolare alla parete 26, in modo da definire un rispettivo gradino o aggancio 28b (qui due gradini 28b, ciascuno in corrispondenza di un lato opposto della parete 26); nell’esempio, quindi, i secondi elementi di accoppiamento 28 hanno sezione sostanzialmente a triangolo, preferibilmente con vertici arrotondati, per quanto tale forma non sia strettamente necessaria ai fini dell’implementazione dell’invenzione.
La sezione di figura 14, in cui l’albero 14 non è rappresentato, illustra la condizione di accoppiamento tra lo stelo 11 e la testa 10 dello stantuffo 3: come si nota, gli elementi di accoppiamento 28, qui uno solo visibile, risultano operativamente interposti tra gli elementi di accoppiamento rappresentati dalle alette contrapposte 21.
Va ancora precisato che, nella condizione assemblata tra testa 10 e stelo 11, una porzione assiale di ciascuna aletta 21 prossima alla relativa parete 25 della testa 10 si trova in corrispondenza dello spazio 27 di figura 12, definito tra le pareti 25-26 disposte a croce: in altri termini, una porzione della superficie interna delle alette 21, e quindi dei relativi rilievi 21a, risulta affacciata allo spazio 27, nella zona compresa tra gli elementi di accoppiamento 28 della testa 10.
Le varie parti sono configurate e dimensionate in modo tale per cui, a partire da un condizione separata tra testa 10 e stelo 11, l’applicazione di una forza assiale tra la porzione distale dello stelo e la faccia superiore della testa determina l’aggancio tra le due parti. In particolare, causando un progressivo avvicinamento tra le due parti in questione, i rilievi 21a delle alette 21 (per la loro parte esterna allo spazio 27 di figura 12) giungono dapprima a contatto con i rispettivi piani inclinati 28a degli elementi 28; nel prosieguo del movimento, i rilievi 21a scorrono sui piani inclinati 28a, con relativa divaricazione elastica delle alette 21. Quando i rilievi 21a superano l’estremità inferiore dei piani 28a, le alette 21 possono richiudersi elasticamente, di modo che i rilievi stessi risultino impegnati in corrispondenza dei relativi gradini o agganci 28b. In una tale condizione, di preferenza, l’estremità inferiore delle alette 21, ovvero delle pareti 19, è sostanzialmente attestata sulla faccia superiore della testa 10, ovvero del suo nucleo 12. Dall’altro lato l’albero 14 è assialmente scorrevole nell’ambito della sua sede 18: in tal modo, spostando l’albero 14 da una posizione inoperativa ad una posizione operativa, la sua porzione di attuazione 16 può causare il disaccoppiamento tra la testa e lo stelo dello stantuffo, in particolare determinando una flessione elastica delle alette 21 tale da ottenere un disimpegno tra i rilievi 21a ed i gradini 28b degli elementi 28, come di seguito descritto con riferimento alle figure 15-18 e 19-21.
Le figure 15-16 illustrano la condizione accoppiata tra testa 10 e stelo 11 dello stantuffo 3, mentre la figura 17 evidenzia una possibile posizione relativa tra stelo e albero 14 in tale condizione di accoppiamento. Si noti che, per una più agevole comprensione, in figura 16 la testa di stantuffo 10 è rappresentata nella posizione di massimo avanzamento.
In tale condizione, i rilievi o denti 21a delle alette 21 (per la loro parte esterna allo spazio 27 di figura 12) sono impegnanti coi gradini 28b degli elementi di accoppiamento 28, con le alette sostanzialmente dritte o in posizione predefinita, ovvero sostanzialmente non sollecitate elasticamente. Dalla figura 15 si nota come la fessura 22 tra le alette 21 di un medesimo lato dello stelo 11 risulta impegnata con una rispettiva parete 25 della testa 10 (in figura è visibile una sola parete 25): ciò migliora l’accoppiamento tra testa e stelo, particolarmente prevenendo rischio di torsioni o rotazioni tra le due parti in questione; tale disposizione può risultare utile anche al fine di prevenire rischi di sgancio delle alette 21 in caso di sollecitazioni angolari o rotazioni dello stelo 11 (in sostanza, una eventuale rotazione impartita allo stelo 11 viene contrastata dalla parete 25). La presenza delle pareti 25, per quanto preferibile, non è comunque strettamente indispensabile, ad esempio definendo uno spessore delle alette 21 tale da poter sopportare forze di rotazione dello stelo 11.
Nella condizione accoppiata, con o senza l’albero di manovra 14, il dispositivo 1 secondo l’invenzione è utilizzabile come una siringa, ai fini dell’iniezione o del prelievo di un fluido attraverso la luce definita dall’attacco 7, al quale può essere ad esempio associato - direttamente o con interposizione di un tubetto - un ago di tipo noto. Si supponga, ad esempio, che il dispositivo 1 sia impiegato per il prelievo di un campione di sangue da un soggetto. A tale scopo, a partire dalla posizione di fine corsa in avanzamento dello stantuffo 3, quest’ultimo viene fatto retrocedere, sino a che il volume della camera definita il tratto della parete cilindrica 4 compreso tra la testa 10 e la parete di estremità 6 del cilindro 2 corrisponda a quello della quantità di sangue da prelevare.
Nel caso in cui si renda necessario separare lo stelo 11 dalla testa 10, ad esempio per porre il solo cilindro 2 all’interno di una centrifuga, l’albero 14 deve essere presente nella relativa sede 18. In tale condizione, l’albero 14 è in una sua posizione inoperativa, quale quella delle figure 15-17, in cui la sua porzione di attuazione 16 è sostanzialmente in appoggio - in particolare i suoi piani inclinati (16a, figura 10) - sulla parte dei rilievi 21a che è affacciata allo spazio 27, come ben visibile ad esempio nelle figure 16 e 17.
Da tale posizione l’albero 14 deve essere spinto verso la posizione operativa delle figure 18-20 (che sono simili alle figure 15-17, ma illustrano una condizione di disaccoppiamento tra stelo e testa). La spinta sull’albero 14 può essere effettuata manualmente, oppure in modo automatizzato, tramite idonea apparecchiatura, mantenendo tuttavia lo stantuffo 3 nella posizione raggiunta precedentemente. In altri termini, ipotizzando un possibile impiego manuale del dispositivo 1, una volta effettuato il prelievo, l’operatore con una mano reggerà il dispositivo 1 tenendo fermo lo stelo 11 e con l’altra mano premerà assialmente l’albero 14 in corrispondenza della sua porzione di comando 15, ad esempio con un dito.
Come si intuisce, la spinta operata sull’albero 14, mentre si trattiene lo stelo 11, causa l’applicazione di una forza sulle alette 21, ed in particolare sulla parte dei loro denti o rilievi 21a che è affacciata allo spazio 27. Più particolarmente, la porzione “a cuneo” definita dai piani inclinati (16a, figura 10) della porzione di attuazione 16 dell’albero 14 si insinua progressivamente tra i rilievi 21a delle coppie di alette contrapposte 21 (per la loro parte affacciata allo spazio 27), causando una divaricazione elastica delle alette stesse, come si vede nelle figure 18-20. Le dimensioni della suddetta porzione a cuneo (in particolare, riferendosi alla figura 10, la distanza tra le estremità distanziate dei piani inclinati 16a, ovvero la distanza tra le superfici laterali 16b della porzione 16) è tale per cui le alette 21 vengono divaricate in misura tale da disimpegnare i rilievi 21a dai relativi gradini 28b (figura 12). Nel prosieguo della spinta sull’albero 14, tra la parte dei rilievi 21a affacciata allo spazio 27 si insinuano le superfici laterali (16b, figura 10) della porzione 16, sino a che questa giunge in appoggio sulla faccia superiore della testa 10, nello spazio 27 (vedere ad esempio anche figura 13).
A questo punto l’operatore può estrarre liberamente dal cilindro 2 lo stelo 11 con l’albero 14, senza determinare spostamenti della testa di stantuffo 10. Si noti che le alette 21 - che tendono elasticamente a riavvicinarsi - mantengono l’albero 14 nella posizione raggiunta relativamente allo stelo 11; eventualmente, onde garantire ulteriormente il mantenimento di tale posizione, sulle superfici laterali 16b della porzione di attuazione 16 dell’albero possono essere previsti appositi intagli trasversali, nei quali le punte dei rilievi 21a si impegnano al momento dello sgancio tra testa 10 e stelo 11, come sopra descritto.
Dopo l’estrazione dello stelo 11 con l’albero 14, il cilindro 2 può essere processato secondo necessità, ad esempio ponendolo in una centrifuga (dopo aver ostruito la luce definita dall’attacco 7 o il tubo associato a tale attacco).
Nel caso in cui si presenti la necessità di associare nuovamente lo stelo 11 alla testa 10, ad esempio per espellere dal dispositivo 1 una frazione del sangue a seguito della centrifugazione, l’operatore non deve far altro che reinserire nel cilindro 2 lo stelo 11 con l’albero 14. Lo stelo 11 viene inserito nel cilindro sino a che la punta a cuneo della porzione 16 dell’albero 14 giunge a contatto con la faccia superiore della testa 10, in corrispondenza dello spazio 27, ossia in una condizione analoga a quella rappresentata in figura 19. A questo punto, mantenendo fermo lo stelo 11, l’operatore non deve far altro che estrarre parzialmente o completamente l’albero 14 dalla relativa sede 18: in tal modo, la porzione di attuazione 16 retrocede progressivamente, sfilandosi dalle alette 21 contrapposte, con ciò consentendo un loro riavvicinamento elastico, e quindi il ravvicinamento dei relativi rilievi 21a, la cui parte esterna allo spazio 27 ritorna ad impegnarsi con gli elementi di accoppiamento 18, in una condizione analoga a quella di figura 16.
La soluzione proposta presenta quindi il vantaggio di poter disaccoppiare o accoppiare lo stelo 11 rispetto alla testa 10 in assenza di sollecitazioni su quest’ultima, ed in particolare senza sollecitazioni angolari dello stelo 11 rispetto alla testa 10. I rischi di spostamenti indesiderati della testa sono annullati o comunque minimizzati e l’elemento di tenuta 13 della testa 10 può esercitare un attrito ridotto sulla superficie interna del cilindro 2.
In precedenza si è fatto riferimento al fatto che, nella condizione rimossa dello stelo 11, le alette 21 mantengono in posizione l’albero 14: questa è tuttavia una semplice opzione, poiché nulla vieta di separare anche l’albero dallo stelo, o retrocederlo in misura tale la liberarlo dalle alette 21. Per un tale caso, qualora si presenti la necessità di accoppiare nuovamente testa e stelo, l’operatore può operare in vari modi; ad esempio accoppiando preventivamente lo stelo 11 e l’albero 14; altra possibilità è quella di inserire lo stelo 11 nel cilindro 2, sino a che i denti 21a delle alette 21 giungano in appoggio sui piani inclinati 28a degli elementi 28 (figura 12), per poi spingere l’albero 14 onde causare, nei modi già sopra descritti, una divaricazione delle alette 21 tale da consentire ai rilievi 21a di superare i piani inclinati degli elementi 28, dopodiché l’operatore può fare retrocedere l’albero 14: il conseguente ritorno elastico delle alette 21 contrapposte verso la loro posizione ravvicinata determina l’aggancio dei rilievi 21a agli elementi 28, come già sopra descritto. Si noti che il modo di procedere appena descritto è effettuato preferibilmente con la luce di cui all’attacco 7 del dispositivo in una condizione ostruita, come sopra menzionato, talché non sussistono rischi di spostamento accidentale della testa 10 nella fase di accoppiamento allo stelo 11.
In una forma di attuazione il dispositivo medicale 1 secondo l’invenzione costituisce una parte di un kit medicale, ad esempio un kit per la separazione di frazioni di un fluido, e particolarmente per separare plasma ricco di piastrine da sangue intero.
In una forma di attuazione particolarmente vantaggiosa, un tale kit comprende almeno un dispositivo secondo l’invenzione ed almeno uno tra un dispositivo di contenimento o di accumulo di un fluido, quale una siringa o una sacca rispettivamente, un dispositivo per il prelievo di fluido, uno o più condotti di collegamento, almeno una valvola e/o un rubinetto.
In una forma di attuazione, il kit include un dispositivo medicale del tipo precedentemente indicato con 1, nonché condotti per collegare in comunicazione di fluido la prima luce di tale dispositivo 1, la luce di ingresso/uscita di un altro contenitore tipo siringa (che può anche essere un ulteriore dispositivo 1) ed un almeno un ulteriore dispositivo del kit. Tale ulteriore dispositivo del kit è di preferenza selezionato tra almeno un dispositivo per il prelievo di un fluido (quale ad esempio un ago per il prelievo di sangue da un paziente) ed un dispositivo per il contenimento di un fluido (quale ad esempio un contenitore di un anticoagulante o una sacca per la raccolta di una frazione di scarto del sangue).
Uno o più dei condotti citati è di preferenza provvisto di almeno un raccordo di estremità rilasciabile, ad esempio un raccordo del tipo in precedenza citato e/o di mezzi valvolari o di intercettazione di flusso, di modo che il kit abbia una configurazione sostanzialmente modulare.
Un esempio di kit di separazione, particolarmente per separare plasma ricco di piastrine da sangue intero, è illustrato in figura 21. In tale figura sono visibili un dispositivo 1 in accordo all’invenzione ed un contenitore tipo siringa, indicato con 1a, che può una siringa monouso di concezione di per sé nota o anche un secondo dispositivo secondo l’invenzione.
Con 30 è indicato un primo dispositivo di prelievo di un fluido, qui costituito da un ago dotato di alette di fissaggio al paziente, e con 31 è indicato un dispositivo contenitore di un secondo fluido; nell’esempio qui considerato, si supponga che il dispositivo 31 sia un recipiente contenente un anticoagulante. Si noti che il recipiente 31 può essere sostituito da un secondo ago del kit, ad esempio simile all’ago 30, per il prelievo dell’anticoagulante da un diverso recipiente non appartenente al kit.
I dispositivi 30 e 31 sono provvisti di relativi tubi flessibili 32 e 33, che convergono in una connessione o diramazione a T o Y, indicata con 34, al cui terzo ramo è collegato un ulteriore tubo 35, provvisto di un raccordo di collegamento separabile 36a, ad esempio del tipo precedentemente citato. Lungo i tubi 32 e 33 sono di preferenza previsti relativi organi di intercettazione di tipo aperto/chiuso, qui rappresentati da morsetti strozzatori 37a e 37b (clamp).
Con 38 è indicato primo organo valvolare a più vie, particolarmente di tipo meccanico, qui rappresentato da una valvola o rubinetto deviatore a tre vie, con manopola o elemento di comando 38a. In particolare, l’organo 38 è del tipo atto a mettere selettivamente in comunicazione tra loro due delle tre vie; ad esempio, quando in una sua prima condizione di commutazione, l’organo 38 mette in comunicazione una prima via con una seconda via, ed in una seconda condizione di commutazione mette in comunicazione la seconda via con una terza via.
La prima via del rubinetto 38 è provvista di un raccordo 36b, ad esempio di tipo maschio, destinato all’accoppiamento rilasciabile con il raccordo 36a, ad esempio di tipo femmina. La seconda via del rubinetto 38 è invece collegata ad un tubo 39, avente all’estremità opposta un raccordo 39a, ad esempio di tipo femmina, per il collegamento all’attacco 7 del dispositivo 1. La terza via del rubinetto 38 è provvista, eventualmente con interposizione di un relativo tubo, di un relativo raccordo 41a, ad esempio di tipo maschio.
Con 40 è indicato un secondo organo valvolare a più vie, particolarmente di tipo meccanico, preferibilmente anch’esso di provvisto di relativa manopola o elemento di comando 40a, che nel caso esemplificato è una valvola o rubinetto simile a quello già indicato con 38. Anche l’organo 40 è quindi di tipo atto a mettere selettivamente in comunicazione tra loro due delle tre vie (ad esempio in una sua prima condizione mette in comunicazione una prima via con una seconda via oppure una terza via, mentre in una seconda posizione mette in comunicazione una seconda via con una terza via).
La prima via del rubinetto 40 è provvista di un raccordo 41b, ad esempio di tipo femmina, destinato all’accoppiamento rilasciabile con il raccordo 41a. La seconda via del rubinetto 40 è invece collegata ad un tubo 42, avente all’estremità opposta un raccordo 42a, ad esempio di tipo femmina, per il collegamento all’ingresso/uscita del contenitore tipo siringa 1a. La terza via del rubinetto 40 è collegata ad un tubo 44, alla cui estremità opposta è previsto un dispositivo 45 per l’accumulo di un fluido, ad esempio una sacca comprimibile.
Come detto, i rubinetti o valvole 38 e 40 sono di preferenza ad almeno tre posizioni, ovvero operabili tramite il rispettivo elemento di comando 38a e 40a, il quale può essere configurato in modo da consentire un suo azionamento manuale o automatizzato. In una forma di attuazione, l’elemento di comando di almeno uno dei rubinetti 38 e 40 è configurato per essere azionabile sia manualmente che in modo automatizzato: a tale scopo, l’elemento di comando è conformato in modo da potersi accoppiare con un dispositivo attuatore comandato elettricamente, al fine di essere azionato.
I rubinetti 30 e 40 possono essere sostituiti da diversi mezzi valvolari o di intercettazione atti ad ottenere le funzionalità indicate.
In una forma di attuazione il kit è di concezione modulare, ovvero comprende una pluralità di stadi o moduli tra loro separabili in funzione della fase di utilizzo del kit stesso. Riferendosi all’esempio illustrato, sono previsti:
- un primo stadio, comprendente il dispositivo 30 per il prelievo di sangue da un soggetto ed il dispositivo 31 per il contenimento/prelievo dell’anticoagulante, con i relativi tubi 32-35 ed il raccordo 36a;
- un secondo stadio, comprendente l’organo valvolare o di intercettazione 38, qui costituito da un rubinetto o valvola deviatrice, ed il dispositivo medicale 1, con relativo tubo 39 e raccordi 36b, 41a;
- un terzo stadio, comprendente l’organo valvolare o di intercettazione 40, qui costituito da un rubinetto o valvola deviatrice, il contenitore tipo siringa 1a (che come detto potrebbe essere anch’esso un dispositivo 1 secondo l’invenzione) e la sacca di accumulo 45, con relativi tubi 42, 44 e raccordi 41b, 43.
Si apprezzerà che, grazie alla presenza dei raccordi citati, nel corso dell’impiego del kit i moduli possono essere opportunamente combinati e/o successivamente rimossi in sequenza, a seconda delle esigenze di trattamento e/o quando già utilizzati o non più necessari.
Una possibile metodologia di impiego di un kit del tipo descritto, ai fini della separazione e concentrazione di plasma ricco di piastrine da sangue intero, è qui di seguito descritta. Si supponga, a tale scopo, che il kit venga fornito già assemblato, ovvero venga assemblato nella condizione rappresentata in figura 21 al momento dell’utilizzo.
Il rubinetto 38 è inizialmente nella sua posizione che pone in comunicazione le sue prima e seconda via, il morsetto 37a è operativo (in condizione di chiusura del tubo 32) ed il morsetto 37b è inoperativo (in condizione di apertura del tubo 33). L’operatore fa retrocedere manualmente lo stantuffo del dispositivo 1, come in una comune siringa, per prelevare dal recipiente 31 una certa quantità di anticoagulante, ad esempio rilevabile tramite una scala graduata presente sul cilindro del dispositivo 1. Il morsetto 37b viene poi portato nella sua posizione operativa (in condizione di chiusura del tubo 33). Tramite l’ago 30 viene poi effettuato un prelievo venoso da un soggetto, facendo ulteriormente retrocedere lo stantuffo del dispositivo 1, con il morsetto 37a che è stato nel frattempo portato nella sua posizione inoperativa. Quando nel dispositivo 1 è stata ammessa una certa quantità di sangue (ad esempio rilevabile tramite la suddetta scala graduata), l’operatore arresta l’arretramento dello stantuffo del dispositivo 1, porta il morsetto 37a nella sua posizione operativa e commuta la posizione del rubinetto 38 in una sua posizione che occlude la seconda via o che la mette in comunicazione con la terza via.
L’ordine delle operazioni di prelievo dell’anticoagulante e del sangue può anche essere inverso rispetto a quello esemplificato, ovvero con il prelievo di sangue seguito dal prelievo di anticoagulante.
A questo punto, rilasciando il raccordo 36a, il primo stadio precedentemente citato può essere rimosso, ad esempio ai fini di un relativo smaltimento.
Dal dispositivo 1 viene rimosso lo stelo del relativo stantuffo, con le modalità in precedenza descritte. Il secondo stadio ed il terzo stadio ancora collegati tra loro vengono posti in una centrifuga, onde causare una prima separazione tra parti della miscela sangue intero - anticoagulante contenuta nel dispositivo 1, particolarmente per ottenere una stratificazione o sedimentazione in plasma e piastrine, e globuli rossi e bianchi, per effetto del loro diverso peso specifico. In tal modo, nella camera a volume variabile del dispositivo 1 sarà presente uno strato di globuli rossi e bianchi ed uno strato di plasma e piastrine. Il dispositivo 1 viene posizionato nella suddetta centrifuga in modo tale per cui, a seguito della centrifugazione, lo strato di globuli rossi e bianchi risulti più prossimo alla testa dello stantuffo, mentre lo strato di plasma e piastrine risulti compreso tra lo strato di globuli rossi e l’estremità del dispositivo 1 provvista dell’attacco 7. La centrifugazione eseguita è relativamente blanda, ad esempio dell’ordine dei 120-150 g, per un tempo variabile da 9 a 12 minuti.
Dopo aver estratto il secondo ed il terzo stadio dalla centrifuga, il dispositivo 1 può eventualmente essere dotato nuovamente del relativo stelo di stantuffo, come in precedenza descritto. Con il rubinetto 38 è o viene portato nella posizione che pone in comunicazione le sue seconda e terza via, mentre il rubinetto 40 è nella sua prima posizione, che pone in comunicazione i tubi 39 e 42. Operando lo stantuffo o la testa del dispositivo 1 viene determinato un trasferimento di parte del contenuto dal dispositivo 1 al contenitore tipo siringa 1a. In particolare, lo stantuffo del dispositivo 1 viene fatto avanzare in modo da trasferire il solo plasma contenente piastrine, o una sua porzione, dal dispositivo 1 alla contenitore tipo siringa 1a. Tale avanzamento dello stantuffo può essere effettuato manualmente oppure con l’ausilio di idonea apparecchiatura automatizzata. Tale apparecchiatura può essere configurata per ottenere anche l’arretramento dello stantuffo, se necessario ai fini di particolari trattamenti, ed anche concepita in modo da azionare direttamente la testa dello stantuffo del dispositivo 1, nel qual caso non risulta necessario rimontare a priori il relativo stelo di stantuffo.
Il rubinetto 40 viene poi portato nella posizione in cui la sua seconda via è occlusa o è in comunicazione con la sua terza via ed il secondo stadio, comprensivo del dispositivo 1 e del rubinetto 38 può essere rimosso, ad esempio ai fini di un relativo smaltimento.
Il terzo stadio, ovvero il contenitore tipo siringa 1a, la sacca 45, il rubinetto 40 coi relativi tubi 42, 44 viene posto nella centrifuga. Nel caso in cui il contenitore 1a sia costituito da un dispositivo secondo l’invenzione, può essere utile una rimozione del relativo stelo di stantuffo, analogamente a quanto descritto per il dispositivo 1.
La centrifugazione operata sul contenitore tipo siringa 1a è più energica della precedente, ad esempio dell’ordine dei 1200-1500 g, per un tempo compreso tra 8 e 15 minuti, in modo da ottenere una concentrazione del plasma con piastrine, ovvero ottenere, sempre per sedimentazione, una sua ulteriore separazione, in una frazione ricca di piastrine ed una frazione povera di piastrine. Anche in tal caso, il posizionamento del contenitore tipo siringa 1a in centrifuga è tale per cui la frazione più ricca di piastrine sarà quella più prossima alla testa del relativo stantuffo e quella povera di piastrine si troverà tra lo strato arricchito e l’estremità del contenitore tipo siringa 1a.
Dopo la rimozione del terzo stadio dalla centrifuga il rubinetto 40 è o viene portato nella posizione che pone in comunicazione le sue seconda e terza via. Lo stantuffo della siringa 1a viene poi azionato per espellere dalla siringa stessa tutta o parte della frazione di plasma povera di piastrine, che confluisce nella sacca 45. In tal modo, all’interno della siringa 1a rimane prevalentemente la frazione del plasma ricca di piastrine, per il successivo utilizzo o ulteriore trattamento secondo lo specifico protocollo seguito.
In una possibile variante del procedimento, con il secondo ed il terzo stadio ancora collegati, il rubinetto 40 viene portato in una posizione che pone in comunicazione la prima e la terza via, in modo da far confluire il plasma dal dispositivo 1a del secondo stadio alla sacca 45 del terzo stadio. Dopo la commutazione del rubinetto 40 in una sua posizione che occlude la prima via, il secondo stadio può essere rimosso ed il terzo stadio posto in centrifuga. Il rubinetto 40 viene poi portato nella posizione che pone in comunicazione le sue seconda e terza via ed in seguito, tramite il contenitore tipo siringa 1a, dalla sacca 45 viene aspirato il plasma povero di piastrine, mantenendo invece il plasma arricchito di piastrine nella sacca 45.
Nei precedenti esempi si è ipotizzato un impiego prevalentemente manuale del kit, ma come accennato una o più fasi potrebbero essere eseguite con l’ausilio di un’apparecchiatura automatizzata, ad esempio per controllare l’azionamento in avanzamento dello stantuffo del dispositivo 1 e/o l’azionamento del rubinetto 38, ed eventualmente anche del contenitore tipo siringa 1a e/o del rubinetto 40. Come detto, il contenitore tipo siringa 1a potrebbe essere sostituito da un secondo dispositivo 1 secondo l’invenzione, il che risulta vantaggioso qualora si volessero eseguire tramite la suddetta apparecchiatura anche le fasi finali del metodo descritto.
In una forma di attuazione preferenziale di un dispositivo secondo l’invenzione, quale quella illustrata, lo stelo di stantuffo ha almeno una seconda sede o cavità, che è trasversale rispetto alla sede per l’albero di manovra. Tale seconda sede è definita in una regione di estremità prossimale dello stelo di stantuffo, preferibilmente in modo che almeno una parte della sede stessa si trovi in una porzione dello stelo che è sempre all’esterno del cilindro di siringa, indipendentemente dalla posizione assunta dallo stantuffo nel suo complesso. La seconda sede è di preferenza una sede passante dello stelo di stantuffo che interseca la sede per l’albero di manovra. Una possibile realizzazione della seconda sede è indicata con 29 nelle figure 1, 2, 4, 7, 8 e 14.
La previsione della sede 29 risulta vantaggiosa ad esempio per agevolare un eventuale azionamento automatizzato dello stantuffo 3 del dispositivo 1 su relative apparecchiature. Una tale apparecchiatura è esemplificata in forma schematica in figura 22, dove è indicata con 50 nel suo complesso, sulla quale sono evidenziati il secondo ed terzo stadio del kit precedentemente descritto.
L’apparecchiatura 50 ha una struttura portante o carcassa 51, provvista di un supporto di posizionamento 52 per il dispositivo 1: nell’esempio, tale supporto 52 è conformato in modo da presentare una fessura o sede 52a di ricezione della flangia 9 del cilindro 2 del dispositivo 1. Inferiormente al supporto 52 è previsto un attuatore 53, avente un organo di attuazione 53a che è mobile verticalmente, qui esemplificato lungo una relativa fessura 51a presente sul fronte della struttura 51. L’attuatore 53 può essere ad esempio un motore con albero a vite cui è associato l’organo 53a, mobile verticalmente in modo guidato, la cui posizione è controllabile tramite idonei sensori (ad esempio di tipo encoder) facenti parte del sistema di controllo dell’apparecchiatura, qui non evidenziata. L’organo di attuazione 53a è configurato per impegnare almeno in parte la sede trasversale 29 dello stantuffo 3. Come accennato, in una variante, l’organo 53a può essere configurato in modo da accoppiarsi direttamente con la testa dello stantuffo, onde consentirne una movimentazione automatizzata.
Nell’esempio, l’organo 53a è sostanzialmente di tipo a forcella, di modo che la sua parte superiore si possa insinuare nella sede 29 e la sua parte inferiore risulti al di sotto dell’estremità prossimale 17 dello stantuffo 3: sono evidentemente possibili altre forme per l’organo 53a e la sede 29, onde realizzare l’impegno almeno parziale della prima nella seconda, oppure forme tali da consentire all’organo 53a di spingere direttamente sulla testa di stantuffo.
Di preferenza l’apparecchiatura 50 include anche un supporto 54 per un sistema sensore ottico, qui non visibile, preferibilmente un sensore di trasparenza o di opacità o di colore, includente un emettitore ed un ricevitore di radiazione elettromagnetica, ad esempio radiazione luminosa. Il supporto 54 è conformato in modo da definire una sede o gola - qui non visibile in quanto coperta da un coperchio 54a rimuovibile - nel quale è inseribile un tratto del tubo 39 (o, all’occorrenza del tubo 42, qualora il contenitore tipo siringa 1a sia sostituita da un altro dispositivo 1 e si voglia automatizzare la fase finale del metodo precedentemente descritto). Da parti angolate od opposte rispetto a questa gola sono montati i suddetti emettitore (ad esempio un fotodiodo emettitore o LED) e ricevitore (ad esempio, una fotoresistenza o un fototransistore). In sostanza, secondo un esempio operativo, dopo che è stato avviato l’attuatore 53, nel senso di spingere lo stantuffo 3, il fascio di luce generata dall’emettitore intercetta o illumina il flusso all’interno del tubo 39, in modo da consentire al ricevitore, e quindi al sistema di controllo, di rilevare variazioni ottiche del fluido nel tubo 39, quale una sua differente trasparenza o trasmittanza, indicative della composizione del fluido.
Più in particolare, quando il fluido comincia a salire lungo il tubo 39 per effetto della spinta dell’attuatore lineare 53-53a sullo stantuffo 3, il sensore misura un primo campo di valori ottici predefiniti ed una prima brusca variazione della caratteristica ottica analizzata verso un secondo campo di valori predefiniti, quale una variazione di trasparenza o trasmittanza, corrispondente alla transizione aria-plasma all’interno del tubo.
La variazione della caratteristica ottica considerata del fluido può diminuire man mano che il plasma diventa più ricco in piastrine, ma rimane comunque elevata o entro un campo predefinito, fino ad incontrare una seconda brusca variazione verso un terzo campo di valori predefiniti, corrispondente all’inizio del flusso dei globuli rossi e bianchi nella parte di tubo 39 affacciata al sensore. In base al rilevamento di tale seconda brusca variazione della caratteristica ottica, il sistema di controllo determina quando interrompere il funzionamento dell’attuatore 53-53a, per evitare che venga trasferito un flusso con globuli rossi o bianchi considerati di scarto, di modo che nel contenitore tipo siringa 1a e/o nella sacca 45 risulterà trasferito il solo plasma. Al fine di un completo recupero di tutto il plasma arricchito di piastrine può essere predefinito un opportuno ritardo o ulteriore attuazione, tra il momento della rilevazione ottica ed il momento dell’interruzione del movimento dell’attuatore 53, 53a.
Di preferenza, il supporto 54 integrante il sistema sensore ottico è conformato anche per determinare un supporto o posizionamento del rubinetto 38 (o, in caso, del rubinetto 40), oppure può essere previsto allo scopo un supporto indipendente.
In un’attuazione vantaggiosa è anche previsto un ulteriore sistema di attuazione, controllato dal sistema di controllo dell’apparecchiatura 50, per comandare in modo automatizzato lo spostamento del rubinetto 38 (o del rubinetto 40) tra almeno alcune delle posizioni precedentemente descritte.
A tal fine, come già accennato, l’elemento di comando 38a e/o 40a dei rubinetti 38 e/o 40 può essere conformato per accoppiarsi con una sede o aggancio di un relativo attuatore, preferibilmente provvisto di una sede con forma almeno in parte complementare a quella dell’elemento di comando.
Un tale ulteriore sistema di attuazione è esemplificato in figura 22, dove con 55a è indicato un organo girevole, al quale è accoppiabile l’elemento di comando del rubinetto 38 (o, in caso, del rubinetto 40), che è azionato tramite un relativo attuatore 55, quale un motore ad albero girevole, che presenta di preferenza una sede o impronta atta a ricevere l’elemento di comando del rubinetto. Nell’esempio, tale sede è ribassata ed in parte complementare all’organo di comando del rubinetto, che è provvisto di lobi radiali. Sono evidentemente possibili altre forme utili allo scopo di consentire di ottenere la rotazione dell’elemento di comando 38a, 40a del rubinetto tramite l’organo girevole 55.
Ad esempio, riferendosi a quanto poco sopra descritto, quando il sistema di controllo rileva tramite il sensore ottico la suddetta seconda brusca variazione della caratteristica ottica considerata, indicativa dell’inizio del flusso della parte di scarto del fluido (contenente i globuli rossi e bianchi), viene fermato l’attuatore 53 ed azionato l’attuatore 55, di modo che il suo organo 55a ruoti nel senso portare il rubinetto 38 nella posizione di chiusura della seconda via e/o della terza via, e con ciò impedire una diffusione dei globuli rossi nel terzo stadio del kit.
Il suddetto sistema di controllo, il cui programma o software sovrintende al funzionamento generale dell’apparecchiatura 50, include idonei mezzi di interfaccia utente, qui rappresentati da un visualizzatore 56 di tipo touch screen ̧ per l’ipostazione dei parametri operativi richiesti.
Dalla descrizione effettuata risultano chiare le caratteristiche della presente invenzione, così come chiari risultano i suoi vantaggi, principalmente rappresentati dalla semplicità di realizzazione del dispositivo medicale monouso proposto, dal suo costo contenuto, dalla sua precisione e semplicità di utilizzo. Lo stesso dicasi per il kit proposto e la relativa metodologia di separazione e concentrazione di plasma ricco di piastrine da sangue intero.
Grazie al sistema di sgancio tra testa e stelo dello stantuffo sopra descritto, il dispositivo in accordo all’invenzione è di impiego particolarmente vantaggioso per ottenere una separazione di emocomponenti a seguito di centrifugazione o altra pratica atta a stratificare in base a densità e dimensioni le particelle presenti nel fluido: in tale applicazione, infatti, il suddetto sistema di sgancio tra testa e stelo dello stantuffo descritto non impone rotazioni o movimenti bruschi che potrebbero causare il rimescolamento indesiderato tra i vari strati di fluido e/o spostamenti della testa.
La realizzazione modulare del kit risulta anche vantaggiosa in relazione alla possibilità di combinare tra loro moduli di differenti caratteristiche, a seconda delle esigenze di utilizzo. Ad esempio è possibile prevedere primi stadi differenziati fra loro per tipologia o dimensioni dell’ago per meglio adattarsi alle caratteristiche del paziente (adulto o bambino), o ancora terzi stadi differenziati in base al tipo di fluido da trattare o separare, ad esempio con differenti sacca o contenitore tipo siringa, o con l’eventuale aggiunta di altri dispositivi.
E’ chiaro che numerose varianti sono possibili per la persona esperta del ramo al dispositivo, al kit ed al metodo descritti come esempio, senza per questo uscire dall’ambito dell’invenzione così come definita dalle rivendicazioni allegate.
Ad esempio, apparirà chiaro alla persona esperta del ramo che la disposizione di accoppiamento rilasciabile del dispositivo 1 secondo l’invenzione, e quindi il relativo albero di manovra 14, possono essere concepiti in modo che mezzi di accoppiamento elasticamente flessibili si trovino sulla testa di stantuffo, anziché sullo stelo, onde accoppiarsi con relativi agganci sostanzialmente rigidi sullo stelo 11, fermo restando un azionamento delle parti flessibili tramite l’albero di manovra.
Come spiegato in precedenza il dispositivo medicale monouso in accordo all’invenzione trova applicazione preferita ai fini della separazione e la concentrazione di plasma ricco di piastrine da sangue intero, ma si apprezzerà che il dispositivo è utilizzabile in tutti quegli ambiti medicali in cui risulti utile disporre di dispositivi a siringa aventi uno stantuffo di siringa con stelo rimuovibile, ad esempio a fini di prelievo, elaborazione, analisi, eccetera di fluidi corporei o di miscelazione e dosaggio di più componenti di sostanze medicali liquide.
Lo stelo di stantuffo con la relativa sede e l’albero di manovra non debbono necessariamente essere coassiali e l’albero può essere eventualmente montato sull’esterno dello stelo. La sede potrebbe anche essere leggermente ricurva, con l’albero atto a curvarsi elasticamente nel corso del suo scorrimento. La disposizione di accoppiamento tra testa e stelo dello stantuffo potrebbe essere configurata in modo che la porzione di attuazione dell’albero di manovra interagisca lateralmente con i mezzi di accoppiamento previsti, anziché centralmente come esemplificato nelle figure.

Claims (16)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Un dispositivo medicale per il trattamento di fluidi, preferibilmente di tipo monouso, comprendente: - un corpo contenitore cavo (2) avente forma allungata con una prima estremità ed una seconda estremità, il corpo contenitore (2) avendo una prima luce (7) alla prima estremità, per l’ammissione di fluido al corpo contenitore (2) e/o per l’espulsione di fluido dal corpo contenitore (2), ed una seconda luce (8) alla seconda estremità; - uno stantuffo (3) associato in modo mobile al corpo contenitore (2) e comprendente: - una testa di stantuffo (10), che è impegnata scorrevolmente e a tenuta all’interno del corpo contenitore (2), per definire con esso un camera di raccolta del fluido che è in comunicazione con la prima luce (7), - uno stelo di stantuffo (11), collegato alla testa di stantuffo (10) e spostabile attraverso la seconda luce (8) del corpo contenitore (2) per muovere la testa di stantuffo (10), e con ciò variare il volume della camera di raccolta per ammettervi o espellervi il fluido, rispettivamente, in cui lo stelo di stantuffo (11) è collegato in modo rilasciabile alla testa di stantuffo (10) tramite una disposizione di accoppiamento (14, 21, 28) che comprende primi mezzi di accoppiamento (21), ad una estremità distale dello stelo di stantuffo (11), e secondi mezzi di accoppiamento (28), ad una faccia (23) della testa di stantuffo (10) che è opposta alla prima estremità (6) del corpo contenitore (2), il dispositivo (1) essendo caratterizzato dal fatto che comprende un albero di manovra (14) montato scorrevole sullo stelo di stantuffo (11) ed operabile per causare il disimpegno tra i primi mezzi di accoppiamento (21) ed i secondi mezzi di accoppiamento (28).
  2. 2. Il dispositivo medicale secondo la rivendicazione 1, in cui lo stelo di stantuffo (11) definisce una sede o cavità (18) nell’ambito della quale l’albero di manovra (14) è scorrevole relativamente allo stelo di stantuffo (11), da una posizione inoperativa ad una posizione operativa per consentire il disimpegno tra i primi mezzi di accoppiamento (21) ed i secondi mezzi di accoppiamento (28), l’albero di manovra (14) essendo preferibilmente scorrevole dalla posizione operativa alla posizione inoperativa per consentire l’impegno tra i primi mezzi di accoppiamento (21) ed i secondi mezzi di accoppiamento (28).
  3. 3. Il dispositivo medicale secondo la rivendicazione 1 o la rivendicazione 2, in cui l’albero di manovra (14) ha un’estremità distale (16), conformata per interagire con almeno uno tra i primi mezzi di accoppiamento (21) ed i secondi mezzi di accoppiamento (28), per causare il loro disimpegno o impegno, rispettivamente, ed una estremità prossimale (15) più prossima ad un’estremità prossimale (17) dello stelo di stantuffo (11) per essere operabile.
  4. 4. Il dispositivo medicale secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui i primi mezzi di accoppiamento (21) ed i secondi mezzi di accoppiamento (28) sono reciprocamente impegnabili, rispettivamente disimpegnabili, in modo elastico.
  5. 5. Il dispositivo medicale secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui uno tra i primi mezzi di accoppiamento (21) ed i secondi mezzi di accoppiamento (28) comprende almeno un primo elemento di accoppiamento (21) che è elasticamente deformabile almeno da una condizione di impegno ad una condizione di disimpegno rispetto ad un secondo elemento di accoppiamento (28) dell’altro tra i primi mezzi di accoppiamento (21) ed i secondi mezzi di accoppiamento (28) a seguito dell’applicazione su di esso di una forza generata tramite l’albero di manovra (14).
  6. 6. Il dispositivo medicale secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui almeno una porzione (16) dell’albero di manovra (14) comprende almeno un piano inclinato (16a) configurato per interagire con una relativa superficie (21a) del primo elemento di accoppiamento (21) ai fini del passaggio tra una condizione di impegno ed una condizione di disimpegno.
  7. 7. Il dispositivo medicale secondo almeno una delle rivendicazioni precedenti, comprendente almeno una coppia di primi elementi di accoppiamento (21) generalmente opposti tra loro, almeno una porzione (16) dell’albero di manovra (14) essendo assialmente scorrevole tra detti primi elementi di accoppiamento (21) per causarne una divaricazione, rispettivamente consentirne un avvicinamento, in cui almeno un secondo elemento di accoppiamento (28) è operativamente interposto tra i due primi elementi di accoppiamento (21) almeno in detta condizione di impegno.
  8. 8. Il dispositivo medicale secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui i primi mezzi di accoppiamento (21) comprendono almeno una coppia di sporgenze o denti (21a) generalmente opposti, suscettibili di impegno in corrispondenza di lati opposti di un rispettivo elemento di impegno (28) appartenente ai secondi mezzi di accoppiamento (28), l’elemento di impegno (28) avendo preferibilmente una coppia di piani inclinati contrapposti (28a).
  9. 9. Il dispositivo medicale secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui lo stelo di stantuffo (11) e l’albero di manovra (14) sono sostanzialmente coassiali, tra di essi essendo preferibilmente previsti mezzi per prevenire la rotazione dell’albero di manovra (14) relativamente allo stelo di stantuffo (11).
  10. 10. Il dispositivo medicale secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui lo stelo di stantuffo (11) ha, in una sua regione di estremità prossimale, almeno una seconda sede o cavità (29), preferibilmente una sede passante, suscettibile di essere impegnata da, o accoppiarsi con, un organo di attuazione (53), la seconda cavità essendo preferibilmente trasversale rispetto alla sede o cavità (18) per l’albero di manovra (14).
  11. 11. Un kit medicale per la separazione di frazioni di un fluido, particolarmente per separare plasma ricco di piastrine da sangue intero, comprendente almeno un dispositivo medicale secondo una o più delle rivendicazioni 1-10.
  12. 12. Il kit medicale secondo la rivendicazione 11, comprendente inoltre almeno uno tra: - un contenitore tipo siringa (1a), quale una siringa o un ulteriore dispositivo medicale secondo una o più delle rivendicazioni 1-10, - un dispositivo per il prelievo di un fluido, - un dispositivo di accumulo di un fluido, - raccordi di estremità (36a-36b, 39a, 41a-41b, 42a), - mezzi di intercettazione di flusso (37a, 37b, 38, 40); - condotti di collegamento fluidico (32-35; 39, 42, 44).
  13. 13. Il kit medicale secondo la rivendicazione 11 o la rivendicazione 12, comprendente una pluralità di stadi o moduli, preferibilmente tra loro separabili, includenti - un primo stadio, comprendente almeno uno tra un primo dispositivo (30) per il prelievo di un primo fluido ed un secondo dispositivo (31) per il prelievo di un secondo fluido, - un secondo stadio, comprendente il dispositivo medicale (1), e - un terzo stadio, comprendente almeno uno tra un contenitore tipo siringa (1a) ed un dispositivo di accumulo di fluido (45), dove preferibilmente: - il primo stadio include almeno un condotto (32-35) per collegare in comunicazione di fluido il primo stadio al secondo stadio, e/o - uno tra il secondo stadio ed il terzo stadio include almeno un condotto (38, 39, 40, 42, 44) per collegare in comunicazione di fluido il dispositivo medicale (1) ad un contenitore tipo siringa (1a) e/o ad un dispositivo di accumulo di un fluido (45), e/o - il terzo stadio include almeno un condotto (40, 42, 44) per collegare in comunicazione di fluido un contenitore tipo siringa (1a) ed un dispositivo di accumulo di un fluido (45).
  14. 14. Un metodo per la separazione e la concentrazione di plasma ricco di piastrine da sangue intero, comprendente i passi di: i) provvedere un kit medicale secondo la rivendicazione 12 o la rivendicazione 13; ii) prelevare tramite il dispositivo medicale (1) sangue intero ed un anticoagulante, particolarmente muovendo il relativo stantuffo (3) in una sua direzione di estrazione rispetto al corpo contenitore (2); iii) sottoporre a centrifugazione la miscela sangue intero – anticoagulante contenuta nel dispositivo medicale (1), onde stratificarla in plasma con piastrine e globuli rossi e bianchi, per effetto del loro diverso peso specifico; iv) trasferire il plasma con piastrine dal dispositivo medicale (1) al contenitore tipo siringa (1a) o al dispositivo di accumulo (45), particolarmente azionando lo stantuffo (3) del dispositivo medicale (1) in una sua direzione di inserimento rispetto al corpo contenitore (2); v) sottoporre a centrifugazione il plasma con piastrine contenuto nel contenitore a siringa (1a) o nel dispositivo di accumulo (45), per separarlo in una frazione ricca di piastrine ed una frazione povera o priva di piastrine; vi) rimuovere dal contenitore a siringa (1a) o dal dispositivo di accumulo (45) almeno parte della frazione povera o priva di piastrine.
  15. 15. Il metodo secondo la rivendicazione 14, in cui: - prima del passo iii), lo stelo di stantuffo (11) viene separato dalla rispettiva testa di stantuffo (10) e lo stelo di stantuffo (11) viene rimosso dal relativo dispositivo medicale (1).
  16. 16. Un’apparecchiatura automatizzata per l’impiego in abbinamento al dispositivo medicale secondo una o più delle rivendicazioni 1-10 e/o del kit secondo una o più delle rivendicazioni 11-13, comprendente almeno mezzi per azionare uno fra la testa di stantuffo (10) e lo stelo di stantuffo (11).
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