ITRM990270A1 - Microscopio a scansione a diffrazione di tipo ottico. - Google Patents

Microscopio a scansione a diffrazione di tipo ottico. Download PDF

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ITRM990270A1
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Italy
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optical
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scanning
microscope
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Stefano Selci
Marcofabio Righini
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C N R Consiglio Naz Delle Ri C
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Description

DESCRIZIONE
annessa a domanda di brevetto per INVENZIONE INDUSTRIALE avente per titolo:
"MICROSCOPIO A SCANSIONE A DIFFRAZIONE DI TIPO OTTICO".
Il presente trovato concerne un microscopio a scansione a diffrazione di tipo ottico. I suoi campi di applicazione possono essere quelli biologici e medici, per esempio per la comprensione di molte patologie legate all'attacco di virus alle membrane cellulari come HIV (AIDS) e delle possibili cure associabili, come anche per moltissime diagnostiche mediche. Un altro campo di applicazione può essere quello industriale nel settore dei dispositivi a semiconduttore o circuiti ad alta integrazione, loro fabbricazione e assemblaggio, nonché diagnosi di guasti ("failure analysis" ).
Attualmente, come è noto, l'uso della microscopia è rigidamente diviso in due modalità, ottica ed elettronica.
Nella microscopia ottica gli oggetti, trasparenti o opachi, sono illuminati da una radiazione elettromagnetica compresa tra l'ultravioletto e l'infrarosso vicino. Le immagini prodotte possono essere osservate direttamente, raccolte da uno schermo o registrate per mezzo di un apparato fotografico o televisivo. Esistono numerose classi di microscopi ottici, ognuna congegnata secondo lo scopo a cui deve servire.
Il tipo generale di microscopio ottico è denominato microscopio composto, in cui due distinti sistemi di lenti, contenuti alle estremità di un tubo, contribuiscono a formare l'immagine ingrandita: l'obbiettivo, posto in prossimità dell'oggetto, e l'oculare, al quale viene accostato l'occhio. La distanza tra il fuoco posteriore dell'obiettivo e la posizione in cui si forma l'immagine si chiama lunghezza ottica del tubo. L'obbiettivo forma un'immagine reale dell'oggetto, ingrandita di un fattore dato dal rapporto tra la lunghezza ottica del tubo e la sua lunghezza focale, che, a sua volta, l'oculare presenta ingrandita all'occhio; ne risulta che l'ingrandimento complessivo del microscopio composto è dato dal prodotto degli ingrandimenti dell'obiettivo e dell'oculare. Tuttavia, la possibilità di rilevare la struttura fine degli oggetti osservati dipende non solo dall'ingrandimento, ma anche dall'apertura numerica N dell'obiettivo, definita dalla relazione:
dove n è l'indice di rifrazione del mezzo interposto tra obbiettivo e oggetto e ω è il semiangolo del cono di luce che il diametro dell'obbiettivo riesce a raccogliere. La profondità di fuoco è l’intervallo di distanza tra oggetto e obbiettivo entro cui l'immagine rimane a fuoco; essa è definita dalla relazione:
dove λ0 è la lunghezza d'onda media della luce (500 nm). La capacità di un sistema ottico di riprodurre nell'immagine la struttura fine dell'oggetto si chiama potere risolutivo. Abbe forni una teoria del potere risolutivo basata sulla valutazione della capacità del microscopio di riprodurre oggetti con struttura regolare come i reticoli di diffrazione. Il risultato finale della teoria fornisce una valutazione della possibile risoluzione data in termini dell’apertura numerica N e della lunghezza d'onda della luce impiegata λ0, e cioè Ν/λ0 nel caso di illuminazione incoerente, o 2Ν/λ0 nel caso di illuminazione coerente. Di fatto, particolari inferiori a poche frazioni di λ0 non sono più rappresentabili in immagini nitide, e questo con una profondità di campo che rende l'uso del microscopio ottico difficoltoso ad alti ingrandimenti.
Nel microscopio ottico confocale un fascio di un laser di bassa intensità è focalizzato su un diaframma di piccolo diametro la cui immagine costituisce la regione di illuminazione sul campione. La luce localizzata che ha interagito con il campione è raccolta da un obbiettivo e la sua immagine è formata su un secondo diaframma posto davanti ad un fotorivelatore che misura la luce proveniente da un punto del piano oggetto quando esso è in posizione confocale. In tal modo viene raccolta soltanto la luce che proviene dal piano focale dell'oggetto mentre ogni altra radiazione è eliminata: si ottiene pertanto un incremento di risoluzione per quanto concerne le dimensioni sia trasversali che longitudinali lungo l'asse ottico del sistema rispetto a quella ottenibile con gli usuali microscopi ottici (circa λο/10). Le misure delle intensità luminose relative nei vari punti dell'oggetto osservati successivamente sono memorizzate in un calcolatore elettronico che permette di ricostruire l'immagine ottenuta per scansione lungo i tre assi ortogonali. In tal modo è possibile realizzare immagini tridimensionali di strutture di particolare interesse, per esempio nel campo biologico.
L'analisi microscopica di un campione biologico può avvenire sfruttando direttamente le capacità della cellula o dei suoi componenti di interagire con la luce oppure a seguito di una marcatura specifica. Quest'ultima procedura non è sempre applicabile in quanto può risultare nociva nel caso di osservazioni dal vivo o capace di alterare la struttura del preparato. Il costo dei microscopi ottici varia da pochi milioni (ML) in Lire italiane per gli strumenti più semplici a qualche decina di ML per i microscopi ottici più professionali, per arrivare a circa 200 ML per i microscopi confocali.
Con la microscopia elettronica (o anche ionica) le informazioni ottenibili possono essere di tipo dinamico, elettrico, magnetico, elettronico, termico, ottico, meccanico e acustico.
Tutti i microscopi basati sull’emissione di elettroni usano lenti elettroniche per formare immagini dell'oggetto. Le lenti sono a simmetria circolare, di tipo elettrostatico (costituite da elettrodi di forma opportuna e tenuti a opportuno potenziale elettrico), oppure magnetico (costituite da elettromagneti opportunamente forgiati e disposti, alimentati da correnti di opportuna intensità). Molti sono gli effetti di aberrazione che influenzano le prestazioni in termini di risoluzione spaziale. In particolare sono stati progettati microscopi elettronici ad alta risoluzione (HREM, High Resolution Electron Microscope, oppure ARM, Atomic Resolution Microscope), a contrasto di fase. La stabilità della corrente delle lenti e della tensione di accelerazione deve essere migliore di 10<6>/min. Particolare attenzione è rivolta al problema della riduzione delle vibrazioni meccaniche e dei campi magnetici spuri alternati. La migliore risoluzione ottenuta è di circa 0,11 nm con illuminazione obliqua.
Gli strumenti più utilizzati sono il microscopio elettronico a trasmissione (TEM) e il microscopio elettronico a scansione (SEM). Il TEM consente solo l’osservazione di campioni sottili (lo spessore può andare da circa 5 nm a circa 10 μm) a seconda della risoluzione richiesta, della tensione di accelerazione e del numero atomico, con la condizione aggiuntiva della stabilità sotto vuoto e sotto irraggiamento elettronico. Occorre una particolare preparazione del campione che mira a produrre nel preparato delle regioni trasparenti al fascio e può anche consistere nella creazione di una replica, cioè si crea un calco sottile della superficie del campione, che viene poi ombreggiato con un deposito di atomi pesanti evaporati con grande angolo di incidenza per aumentarne il contrasto e ottenere informazioni tridimensionali. Il SEM fornisce informazioni sull’aspetto, sulla natura e sulla proprietà delle superfici e degli strati sottostanti di campioni solitamente massivi, con risoluzione nel campo di 2-5 nm (riferita al segnale di elettroni secondari). Il principio di formazione delle immagini è il seguente: un fascio di elettroni tramite una sonda viene focalizzato sulla superficie del preparato e fatto scorrere su di esso secondo linee parallele ravvicinate. Il diametro della sonda può scendere a 2 nm. L’interazione del fascio con gli atomi del preparato può produrre elettroni secondari, raggi X, luce, od altri segnali variamente rilevabili. I prodotti dell'interazione vengono raccolti da rivelatori opportuni, e i segnali ottenuti vengono inviati a modulare l'intensità del fascio di un tubo a raggi catodici, producendo un’immagine di tipo televisivo sincrona con il pennello elettronico. La preparazione del campione è meno stringente del caso di TEM, ma grande attenzione deve essere prestata al problema del caricamento elettrostatico nel caso di campioni scarsamente conduttori.
Migliori prestazioni in termini di risoluzione sono ottenibili da microscopi a trasmissione, ma con formazione di immagini in scansione (STEM). In questo caso la corrente viene generata direttamente per effetto campo da apposita punta metallica. L'intero sistema è in ultra-alto-vuoto arrivando a risoluzioni dell'ordine di 0,3-0, 5 nm. I costi al commercio di SEM, TEM, o STEM sono, rispettivamente, dell'ordine di 200 ML, 1000 ML, 2000-3000 ML. Lo strumento più diffuso è di gran lunga il SEM, in parte per problemi di costo iniziale e di gestione, in parte per la versatilità che si estende anche al campo biologico, seppure con parecchie limitazioni. Da notare la grande profondità di campo di un SEM (1000 volte maggiore di un microscopio ottico) che ne rende ulteriormente interessante l'uso.
La classe dei microscopi a scansione senza ottica intermedia è basata su microposizionamenti di sonde (STM, AFM, SNOM ed altre ancora), e non richiede l'uso di ottiche intermedie grazie alla distanza microscopica tra la sonda in scansione ed il campione stesso. Si noti che non sempre si tratta di microscopie elettroniche in senso stretto (in AFM, per esempio, non c'è passaggio di elettroni).
Nel caso della microscopia ad effetto tunnel (STM) si considera la barriera di potenziale tra la punta (metallica) ed il campione (conduttore, cioè metallico o semiconduttore). La barriera di energia è quella che confina gli elettroni in un solido, ma se lo spessore della barriera diviene molto sottile, cioè dello stesso ordine di grandezza della lunghezza di onda associabile ad un elettrone (qualche nm), è possibile un passaggio netto di elettroni da una parte all'altra della barriera anche con una energia molto inferiore all'altezza della barriera stessa (effetto tunnel quantistico). Tale passaggio è estremamente confinato e risulta di fatto dipendente dalle dimensioni della punta di scansione. Se si opera in scansione mantenendo costante la corrente così rivelata (tramite un opportuno circuito di controreazione), si ottiene una immagine tridimensionale della superfìcie del campione. Da notare che il concetto stesso di profondità di campo viene superato: infatti, sino a quando si è in grado di mantenere il controllo della punta, l'immagine è sempre a fuoco. Nel caso della microscopia a forza atomica (AFM), che si va affermando come la tecnica più diffusa fra i microscopi a scansione per la sua relativa insensibilità a problemi di conducibilità superficiale (ma non a problemi di caricamento elettrostatico locale, che possono portare ad artefatti non facilmente riconoscibili ), forze di tipo elettrostatico o tipo molecolare su distanze minori di interazione deflettono una microscopica leva (creata per fotoincisione) il cui spostamento è misurato, per esempio, da leve ottiche con l'ausilio del laser. Anche in questo caso l'immagine è creata punto a punto, producendo una immagine a forza di interazione costante.
Un altro microscopio a scansione è il microscopio ottico a scansione a campo vicino (NSOM o SNOM, Near Field Optical Microscope). Nello SNOM una fibra ottica viene preparata (tramite riscaldamento, fusione e strappo) in modo da avere una superficie di ingresso, ad ima estremità, con diametro minore possibile. In pratica la parte utile interna , "core", si può ridurre a circa 10-20 nm, mentre il diametro esterno è, ovviamente, molto maggiore. Inoltre, viene depositato del metallo sulla parte esterna per aumentarne la riflettività. Andando con tale fibra sempre più vicino ad una superficie sottoposta, per esempio, ad illuminamento da sorgente esterna, la fibra viene fatta contemporaneamente vibrare ad una frequenza prossima alla frequenza di risonanza. In prossimità della superficie, per effetti simili a quelli descritti per la microscopia AFM, tale vibrazione viene perturbata e, tramite opportuno circuito di controllo, viene quindi formata una immagine in scansione che sostanzialmente è di tipo AFM monitorando la vibrazione della fibra. Per quanto riguarda, invece, la raccolta della luce dalla superficie, bisogna esaminare il comportamento ondulatorio della luce. E' ben noto che è possibile descrivere i fenomeni di riflessione e di rifrazione considerando per ogni raggio ottico una sorgente virtuale di nuova emissione posta, ad esempio, sulla superficie del campione (principio di Huygens-Fresnel). Il comportamento complessivo di tali sorgenti virtuali dipende dalla distanza dell’oggetto sotto esame, cioè se ci si pone vicino o molto lontano da esso, avendo come unità di riferimento la lunghezza d’onda della luce utilizzata. A distanza molto grande la sovrapposizione di tutti i fronti d’onda della luce impiegata segue le leggi dell'ottica geometrica. E' questo il principio di funzionamento di tutti i microscopi ottici, con i noti limiti connessi di risoluzione, profondità di messa a fuoco e luminosità. A piccola distanza rispetto alla lunghezza d’onda della luce impiegata, cioè al di sotto della scala di interazione dei singoli fronti d'onda, vengono completamente ridefiniti i limiti di risoluzione spaziale applicabili all'ordinaria microscopia ottica: un diaframma su uno schermo opaco sarà in grado di raccogliere una intensità luminosa idealmente con la risoluzione laterale direttamente correlata al diametro del diaframma stesso, purché la sua distanza dal campione sia molto minore della lunghezza d’onda. In pratica si suole spesso fare il caso di un diaframma di diametro d a distanza pure d dal campione. Con tale tecnica si ha la possibilità di acquisire immagini ottiche (in riflessione, trasmissione, luminescenza) con una risoluzione che può raggiungere, al meglio, 50-100 nm.
La tecnica SNOM ha aperto la strada ad una nuova classe di microscopia ottica, ma con alcuni svantaggi molto evidenti. La preparazione delle fibre ottiche è difficile e non riproducibile e, per l'utente, costosa per la necessità di approvvigionarsene all'esterno. Data la fragilità della struttura terminale della fibra, deve ritenersi frequente l'operazione di ricambio della struttura stessa, L'elemento di distinzione della tecnica SNOM è l'assoluta necessità di operare ad una distanza di "near-field", dove sono presenti cioè quelle componenti del campo elettromagnetico di tipo "evanescente", legate a caratteristiche topografiche ben minori della lunghezza d'onda, con rapido decadimento di tipo esponenziale dalla superficie. Tipicamente, tale distanza deve essere non maggiore di 100 nm. Mentre operare in regime di "near field" non pone limiti alla risoluzione laterale ottenibile, essendo solo un problema di minimo segnale rilevabile, la tecnologia di manipolazione delle fibre ha raggiunto il suo limite. Inoltre la copertura metallica della parte finale della fibra comporta una estinzione del segnale ottico su di un cammino finito: le pareti della fibra comportano una apertura ottica che, anche se il "core" della fibra fosse nullo, sarebbe di almeno 20 nm.
Strutture con un alto fattore di contrasto strutturale (valli profonde e strette nella geometria del campione), vengono poco o nulla viste dalla fibra per via del suo diametro esterno, che permette di osservare solo strutture relativamente piatte. L'intero apparato risulta molto complesso da gestire specie se confrontato alla ordinaria microscopia ottica. I costi al commercio di microscopi STM, AFM, SNOM sono nell'intervallo tra i 150-300 ML a seconda delle opzioni e dell'ambiente di lavoro (aria o vuoto).
Riassumendo, il principale limite dei microscopi ottici riguarda il fatto che non sono visualizzabili particolari relativi ad un oggetto da esaminare di dimensioni inferiori a poche frazioni della lunghezza d’onda media della luce impiegata, rendendo l’uso dei microscopi ottici difficoltoso anche ad alti ingrandimenti a causa della grande profondità di campo richiesta. I microscopi elettronici, pur avendo elevatissimi poteri di risoluzione, hanno vari inconvenienti: richiedono tecnologie molto sofisticate, ad esempio ultraalto-vuoto, stabilizzazioni molto spinte di correnti e di tensioni di accelerazione per correggere aberrazioni relative alla realizzazione di lenti elettroniche, tecniche particolari di preparazione dei campioni da esaminare (che limitano il loro campo di applicazione in settori importanti come quello medico-biologico). Gli strumenti di scansione, d’altra parte, richiedono sonde speciali e di difficile preparazione, quali fibre ottiche trattate in maniera particolare o punte metalliche estremamente acuminate. A tali inconvenienti si aggiungono quelli dovuti alla necessità di operare in campo vicino (dell’ordine dei nm) rispetto al campione da esaminare. In sintesi, tutto questo comporta costi elevatissimi e impiego di personale molto qualificato.
Il presente trovato mira ad eliminare gli inconvenienti sopra elencati relativi ai microscopi ottici ed elettronici, e in particolare quelli dei microscopi a scansione denominati SNOM.
In particolare, uno scopo del presente trovato è di realizzare un microscopio che operi secondo i principi dei microscopi ottici, specialmente conservandone la semplicità d’uso e il vasto campo di applicabilità, anche nel settore medico biologico.
Un altro scopo del presente trovato è di realizzare un microscopio che raggiunga un potere di risoluzione fino aH’ordine di alcuni nanometri, risultando molto meno costoso degli attuali microscopi con pari potere di risoluzione.
Il presente trovato risolve il problema di fornire un microscopio a scansione a diffrazione di tipo ottico, che, da un punto di vista generale, si caratterizza dal fatto di comprendere:
- una sorgente laser dotata di uno strumento ottico di focalizzazione;
uno specchio piano riflettente montato su un dispositivo di supporto capace di eseguire movimenti micrometrici e illuminato da un fascio di luce emesso da detta sorgente laser;
- una tavola porta-campione di tipo piezoelettrico, per movimenti di scansione piana e per variazioni di quota di un campione;
- ima punta di scansione montata su un dispositivo di sostegno, provvisto di sistemi di avvicinamento della punta al campione a formare una fessura di ampiezza opportuna fra detto campione e detta punta;
- un sistema ottico di raccolta di luce posizionato da parte opposta a detta sorgente laser rispetto alla tavola porta-campione e alla punta;
un rivelatore ottico capace di rivelare il fascio di luce emesso da detta sorgente laser e trasformarlo in un segnale elettrico;
un sistema elettronico di rilevazione di detto segnale elettrico, capace di pilotare i movimenti di scansione del campione posto sulla tavola portacampione e di fornire un’immagine relativa al campione stesso; microscopio in cui detto fascio emesso dalla sorgente laser ha in detta fessura un diametro di valore confrontabile all’ampiezza della fessura per ottenere un fascio di luce diffratta sul sistema ottico di raccolta.
Il microscopio ottico a scansione a diffrazione secondo il presente trovato è in grado di spostarsi con una risoluzione subnanometrica, cioè dell'ordine di frazioni di miliardesimo di metro con capacità ereditate dalle sopra citate tecniche di microscopia elettronica a scansione pur utilizzando proprietà ottiche in scala locale, cioè in campo lontano e non in “near-field”, con possibilità di ottenere immagini prodotte attraverso la diffrazione della luce, In particolare, il principio di funzionamento del microscopio secondo il trovato è basato sulla parzialità della raccolta dell’intensità della luce diffratta proveniente dalla sorgente laser quando il fascio emesso dalla stessa sorgente attraversa la fessura tra superficie del campione e punta di scansione. Come è noto dalla teoria elementare della diffrazione, quando un'onda piana incontra una fessura, parte della luce che si propaga viene deviata, ad angoli diversi dalla direzione di propagazione. Minore è l'apertura della fessura, maggiore quantità di luce subisce il fenomeno della diffrazione; gli angoli coinvolti nella diffrazione sono di ampiezza maggiore rispetto a quelli relativi al caso di una fessura più ampia. La raccolta della luce diffratta solo a grandi angoli, per esempio, permette di essere sensibili in ogni punto della scansione al contributo delle sole strutture del campione prossime alla parte più acuminata della punta (risoluzione laterale). Durante la scansione, anche se l'intensità complessiva rimane costante, si misura la variazione della sua distribuzione angolare che è correlata alla variazione delle proprietà locali della superficie stessa (topografia, riflettività...).
Secondo il trovato quindi viene sfruttato quello che è il limite della microscopia ottica, cioè l'impossibilità di raccogliere tutte le componenti di diffrazione in un’immagine ottica classica, da cui deriva la risoluzione massima ottenibile di circa λ0/2, cioè la metà della lunghezza d’onda della luce, supposta monocromatica, che viene utilizzata.
La raccolta dell'immagine diffratta è sempre parziale, corrispondendo ad un’opportuna apertura angolare del sistema di raccolta della luce. Nel momento in cui il campione si trova a una distanza opportuna dalla parte più “acuminata” della punta, l'immagine di diffrazione che ne risulta viene raccolta e viene misurata l'intensità di detta immagine luminosa integrando su una certa regione. La scansione comporta la variazione del'informazione. Parti differenti del campione vengono via via sottoposte in prossimità della punta di scansione. Sincronizzando la raccolta del segnale ottico con la scansione, come è usuale per questo tipo di tecniche, si ottiene una vera e propria immagine ottica completamente "digitale". Una stima della sensibilità di questa tecnica secondo il trovato si può ottenere considerando il caso dell’interferometria, che sfrutta gli stessi principi fisici di base senza poter avere una risoluzione laterale. Come è noto, tramite interferometria è possibile misurare, anche da grande distanza, una variazione della stessa dell’ordine di λ/100 o meglio, corrispondente, ad esempio a circa 7 nm utilizzando un laser 670 nm, come nel presente trovato. Con la stessa lunghezza d’onda, un microscopio ottico classico non può scendere sotto i 330 nm circa.
La microscopia secondo il trovato ha per sonda una punta, preferibilmente metallica, di forma e composizione arbitrarie. Pur potendo essere di materiale diverso, tutavia ima punta di composizione metallica assicurerà un buon assorbimento di radiazione visibile e, analogamente ad altre tecniche di scansione, tanto più aguzza è la parte terminale della punta tanto migliore è la risoluzione otenibile. Poiché si sfruta l'ordinaria diffrazione di onde propagantisi, la distanza di lavoro può essere dell'ordine delle decine di micron, cioè centinaia di volte maggiore che con l’impiego di microscopi SNOM. Il controllo della posizione della punta è estremamente più semplice, potendosi acquisire immagini anche a quota costante. Infatti il dominio di funzionamento di questa tecnica è quello dell'otica comune, e quindi l'interpretazione delle immagini è semplice e simile a quella usata nella microscopia otica ordinaria. Inoltre, visto che la distanza di lavoro tra punta e campione è dell'ordine delle decine di micron, le procedure di avvicinamento sono estremamente più semplici (avvicinamento a "vista") e praticamente è eliminato il rischio di danneggiamenti dovuti a un contato accidentale tra sonda e campione durante la scansione.
Questi ed altri caratteristiche e vantaggi del presente trovato saranno maggiormente evidenti dalla descrizione che segue, data a titolo esemplificativo e non limitativo, di una sua forma di realizzazione, considerata unitamente ai disegni allegati, in cui:
- Figura 1 è una vista a blocchi schematica di un microscopio a scansione a diffrazione di tipo otico secondo il presente trovato;
- Figure 2A, 2B sono immagini di uno stesso campione con il microscopio del trovato e, rispetivamente, con un microscopio SEM.
- Figure 3A, 3B sono immagini ingrandite dello stesso campione con il microscopio del trovato e, rispettivamente, con ulteriore scansione di conferma.
- Figure 4A, 4B sono immagini ulteriormente ingrandite dello stesso campione con il microscopio del trovato e, rispettivamente, con ulteriore scansione di conferma.
- Figura 5 è un diagramma di intensità ottica in funzione della distanza per un particolare della figura 4A.
Facendo riferimento allo schema di figura 1, un microscopio a scansione a diffrazione di tipo ottico secondo il trovato comprende una sorgente laser 1, uno specchio piano 2, una tavola porta campione 3, un dispositivo di fissaggio 4 per una punta di scansione 5, un sistema ottico 6 di raccolta della luce, un rivelatore ottico 7 e un sistema elettronico 8 per la rilevazione del segnale e il pilotaggio delle rampe di scansione, con adeguato software di controllo. La sorgente laser 1 è tipicamente un piccolo laser a stato solido della potenza di pochi mW nella regione del visibile, ad esempio rosso (670 nm). Tale laser è dotato di ottica di focalizzazione, vale a dire un condensatore 10 in grado di creare uno spot di alcune decine di micron alla distanza di circa 10 cm.
Lo specchio piano 2 è di tipo riflettente ed è montato su un dispositivo di supporto 20 capace di eseguire movimenti micrometrici.
La tavola porta campione 3 per un campione 30 è di tipo piezoelettrico, con alimentatore adeguato, per movimenti di scansione su un piano secondo assi X e Y (spostamenti nell’intervallo di 100 pm), e di variazione della quota del campione secondo un asse Z (spostamenti nell’intervallo di 16 pm). I movimenti con piezoelettrico garantiscono risoluzioni e assenza di giochi meccanici della grandezza di nanometri.
Il dispositivo di fissaggio 4 della punta di scansione 5 o porta-punta è montato su un supporto 40 fornito di mezzi per l'avvicinamento al campione. Questi mezzi possono essere almeno di tipo meccanico, quale ad esempio una vite micrometrica. Tuttavia, tali mezzi possono comprendere un ulteriore dispositivo di tipo piezoelettrico necessario per scansione a quota non costante e per aggiustamenti fini secondo l’asse Z. La fessura che si crea fra punta e campione, indicata con 50, è dell’ordine delle decine di micron.
La punta di scansione 5 è sottile e in grado di assorbire la luce. Essa è fatta di materiale metallico o di altro materiale idoneo a seconda della lunghezza d’onda utilizzata.
Il sistema ottico 6 di raccolta della luce dopo l'interazione laser-puntasuperficie del campione è essenzialmente una lente 60 con grande angolo di raccolta a piccola distanza (piccolo 1/E). Essa è mascherable nella parte centrale, ad esempio, una lente di Fresnel, con adeguato supporto meccanico 61.
Il rivelatore ottico 7 è quello utile per il laser scelto. E’ indispensabile un rilevatore di buona qualità per il basso rumore (per esempio, diodo al silicio), possibilmente corredato di un preamplificatore di corrente. Esso è collegato tramite una fibra ottica 70 al sistema ottico 6.
Il sistema elettronico 8 per la rilevazione del segnale e il pilotaggio delle rampe di scansione, con adeguato software di controllo, quantunque sia assolutamente essenziale, non richiede particolari caratteristiche. Tale sistema fornisce valori di tensione su due uscite analogiche che segnali di scansione X e Y a rampa. Per ogni punto, cioè per un determinato valore di X e Y, viene raccolto un valore che determina un pixel dell'immagine da formare. Al termine della scansione, si ottiene una matrice di valori che definisce l’immagine del campione sotto esame.
La procedura da utilizzare per far funzionare il microscopio secondo il trovato è la seguente. Tramite lo specchio di allineamento 2, viene riflesso il fascio 11 emesso dalla sorgente laser 1 attraverso il condensatore 10 sulla fessura 50 tra la punta 5 e la superficie del campione 30. Si porta la distanza puntacampione ad un valore tale che lo spot o fascio generato dal laser renda massimo il segnale rilevato dal sensore 7 (procedura per cui può risultare utile un telescopio di basso ingrandimento), quando si sposta il fascio 11 parallelamente al suo piano di incidenza, e renda invece minimo lo stesso segnale quando si sposta il fascio 11 in direzione ortogonale a detto piano. Tale operazione fa sì che il fascio 11 è sempre centrato sotto la punta 5. Quindi la lente 60 del sistema ottico 6 di raccolta della luce viene allineata in modo da renderla simmetrica e centrata rispetto al fascio 11. La lente di raccolta 60 viene mascherata, per esempio oscurando la parte centrale e lasciando libera la periferia della stessa lente in modo da raccogliere la luce diffratta secondo grandi angoli.
Si agisce sul piezoelettrico 3 del campione 30 per avvicinarlo ad una distanza di lavoro ottimale. L'intensità raccolta ha un andamento oscillante. Partendo, ad esempio, dalla distanza di 50 pm, si avvicina il campione fino alla distanza di circa 20 pm, tramite il piezoelettrico 40 della punta 5 e si regola finemente tale posizione cercando un massimo relativo del segnale modulato, tramite vibrazione piezoelettrica, per ottenere la massima sensibilità, nel rivelatore ottico 7. A questo punto si effettua la scansione del campione 3 sotto esame mediante il software del sistema elettronico 8. La procedura appena descritta si può effettuare anche con un buon "tester" collegato all'uscita del rilevatore.
La procedura sopra descritta è solo esemplificativa e sistemi equivalenti o più raffinati possono essere utilizzati per effettuare le stesse operazioni.
Le immagini vengono raccolte e analizzate. Nel seguito sono riportate , a titolo di esempio, alcune immagini di un campione di calibrazione (reticolo di rame).
Nelle Figure 2A, 2B sono immagini ingrandite del campione di calibrazione avente dimensioni di 50 μm x 50 pm con il microscopio del trovato e, rispettivamente, con un microscopio SEM.
Nelle Figure 3A, 3B le immagini precedenti sono ulteriormente ingrandite, e rappresentano un quadrato di 15 pm dello stesso campione, mentre le figure 4A, 4B mostrano un quadrato di 5 pm dello stesso campione, sempre usando il microscopio del trovato.
Nella figura 5, dove in ordinate è indicata l’intensità ottica e in ascisse la distanza è rappresentato un particolare di un profilo corrispondente al tratto bianco nella figura 4A. Viene raggiunta una risoluzione inferiore a 50 nm con una lunghezza d’onda del laser impiegata di 670 nm (rosso visibile). Come detto in precedenza, il limite classico di diffrazione determinerebbe una risoluzione ottenibile di circa λ/2=330 nm.
Naturalmente al trovato così concepito possono essere apportate numerose modifiche e varianti, tutte rientranti nell'ambito del concetto inventivo che lo caratterizza.

Claims (4)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Microscopio a scansione a diffrazione di tipo ottico caratterizzato dal fatto di comprendere: una sorgente laser (1) dotata di uno strumento ottico di focalizzazione (10); - uno specchio piano riflettente (2) montato su un dispositivo di supporto (20) capace di eseguire movimenti micrometrici e illuminato da un fascio di luce (11) emesso da detta sorgente laser (1); - una tavola porta-campione (3) di tipo piezoelettrico, per movimenti di scansione piana e per variazioni di quota di un campione (30); - una punta di scansione (5) montata su un dispositivo di sostegno (40), provvisto di sistemi di avvicinamento della punta (5) al campione (30) a formare una fessura (50) di ampiezza opportuna fra detto campione (30) e detta punta (5); - un sistema ottico (6) di raccolta di luce posizionato da parte opposta a detta sorgente laser (1) rispetto alla tavola porta-campione (3) e alla punta (5); un rivelatore ottico (7) capace di rivelare il fascio di luce (11) emesso da detta sorgente laser (1) e trasformarlo in un segnale elettrico; - un sistema elettronico (8) di rilevazione di detto segnale elettrico, capace di pilotare i movimenti di scansione del campione (30) posto sulla tavola porta-campione (3) e di fornire un’immagine relativa al campione stesso; microscopio in cui detto fascio (11) emesso dalla sorgente laser (1) ha in detta fessura (50) un diametro di valore confrontabile all’ampiezza della fessura (50) per ottenere un fascio di luce diffratta sul sistema ottico (6) di raccolta.
  2. 2. Microscopio secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che l’ampiezza di detta fessura (50) fra il campione (30) e la punta (5) è non superiore ad alcune decine di micron quando la distanza fra detto specchio piano riflettente (2) e detta fessura (50) è di circa dieci centimetri.
  3. 3. Microscopio secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che detta punta di scansione (5) è sottile.
  4. 4. Microscopio secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che detto sistema ottico (6) di raccolta di luce è costituito da una lente di Fresnel (60) totalmente oscurata nella parte centrale.
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