ITRM990259A1 - Composizioni oftalmiche per il trattamento delle turbe visive caratterizzate da ridotta sensibilita' al contrasto. - Google Patents

Composizioni oftalmiche per il trattamento delle turbe visive caratterizzate da ridotta sensibilita' al contrasto. Download PDF

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ITRM990259A1
ITRM990259A1 IT1999RM000259A ITRM990259A ITRM990259A1 IT RM990259 A1 ITRM990259 A1 IT RM990259A1 IT 1999RM000259 A IT1999RM000259 A IT 1999RM000259A IT RM990259 A ITRM990259 A IT RM990259A IT RM990259 A1 ITRM990259 A1 IT RM990259A1
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Enrico Boldrini
Pietro Bianchini
Dario Ercole Severino
Giorgio Panelli
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Farmigea Spa
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Description

DESCRIZIONE
a corredo di una domanda di brevetto per invenzione avente per titolo: "Composizioni oftalmiche per il trattamento delle turbe visive caratterizzate da ridotta sensibilità al contrasto"
La presente invenzione riguarda composizioni oftalmiche per il trattamento delle turbe visive caratterizzate da ridotta sensibilità al contrasto. Più in particolare, l'invenzione concerne un’associazione di principi attivi in grado di ridurre le alterazioni della funzione visiva (come aloni, abbagliamento e riduzione della visione notturna e crepuscolare) conseguenti ad interventi di cheratectomia sia con laser che con tecniche chirurgiche convenzionali, all'impianto di lenti intraoculari (interventi di cataratta), od anche derivanti da alcune patologie croniche a carico del segmento anteriore dell’occhio, quali le degenerazioni del tessuto corneale.
Come è noto, la chirurgia oftalmica, ed in particolare quella refrattiva, che si propone lo scopo di modificare il potere refrattivo dell'occhio per correggere difetti visivi normalmente di entità non modesta, si avvale di numerose tecniche operative più o meno consolidate o in evoluzione, di cui alcuni esempi sono la cheratotomia radiale, l’epicheratofachia, la cheratomileusi. Oltre a queste, si è notevolmente affermato anche in campo oculistico l’uso del laser, in particolare il laser a stato solido (come quello a neodimio:ittrio-alluminio-granato noto come Nd:YAG) e, sopratutto, il laser ad eccimeri.
I laser ad eccimeri sono laser pulsatili capaci di emetere, per effeto del decadimento di dimeri di gas nobili eccitati (eccimeri, ottenuti a partire da miscele gassose di alogeni e gas nobili), grandi quantità di energia sotto forma di radiazioni nel campo del lontano ultravioleto (UV-C), in serie di impulsi di durata, frequenza e fluenza determinate. Ciascun fotone emesso con l'irraggiamento ha una quantità di energia tale da rompere i tegami intra molecola ri del materiale esposto, in modo tale che le molecole irradiate vengono "spezzate” in piccoli frammenti volatili che sono espulsi a velocità supersoniche, realizzando un processo noto come “fotodecomposizione”.
Nell’applicazione del laser ad eccimeri in interventi di chirurgia corneale si utilizza normalmente un tipo di laser all'argon-fluoro con emissione alla lunghezza d'onda di 193 nm, che è risultato in grado di effetuare operazioni della massima precisione, con un ottimo controllo sulla profondità di penetrazione e un minimo effeto di danneggiamento termico o meccanico sui tessuti adiacenti a quelli esposti. A differenza di altri tipi di laser usati in ambito clinico, il laser ad eccimeri non emete energia concentrata in un punto di fuoco, ma ha un raggio di ampia sezione trasversale, che attraversando opportune aperture viene indirizzato a colpire ampie zone superficiali della cornea, con un accurato controllo della forma e delle dimensioni delle zone esposte. L'energia emessa viene assorbita quasi completamente in uno strato superficiale di pochi micron e determina l'ablazione, per evaporazione, di spessori di cornea di dimensioni poco più che molecolari ad ogni impulso, con una riproducibilità non raggiungibile da nessun altro mezzo.
Il laser ad eccimeri è ampiamente utilizzato per il rimodellamento corneale a scopo refrattivo, nelle tecniche note come fotocheratectomia refrattiva o PRK (photorefractive keratectomy) e LASIK (laser intrastromal keratomileusis), per la correzione di diverse ametropie tra cui, in primo luogo, la miopia. Come è noto, quesfultima è un difetto causato da una 'curvatura della cornea maggiore di quanto richieda la lunghezza del bulbo oculare, ciò che fa sì che i raggi luminosi provenienti dall'esterno vengano rifratti in modo tale da convergere in un pùnto di fuoco prima di arrivare a colpire la retina. L'uso del laser ad eccimeri consente in questo caso l'ablazione di strati di tessuto corneale di spessori via via crescenti verso il centro, con conseguente effetto di riduzione della curvatura della cornea stessa. Quando il sistema è utilizzato per la correzione dell'ipermetropia, in cui, al contrario, la modifica da ottenere è un aumento della curvatura della cornea, la quantità di tessuto asportato alla periferia della zona irradiata è più importante che al centro. Infine, per la correzione del’astigmatismo che, come è noto, è un’ametropia causata da differenza di curvatura nei vari meridiani della superficie oculare, la profondità dell’ablazione può essere asimmetrica, dipendendo dal meridiano che deve essere “appiattito”.
A tale proposito, è da notare che l’epitelio corneale è suscettibile al laser ad eccimeri più del sottostante stroma, ma in modo disomogeneo a seconda che si consideri il nucleo cellulare o il citoplasma, il nucleo essendo più resistente. Pertanto, la tecnica fotorefrattiva nota come PRK comporta l'ablazione meccanica dell’epitelio corneale (disepitelizzazione) prima della vera e propria fotodecomposizione tissutale, così da poter “aggredire” in modo regolare e quantificabile la cornea a livello dello stroma anteriore. La tecnica LASIK, più recentemente introdotta, comporta invece il taglio di una lamella corneale di spessore predeterminato (cheratomileusi) per mezzo di un microcheratomo, il sollevamento del lembo lenticolare ottenuto (nasale o superiore), la fotoablazione con laser ad eccimeri sulla porzione di stroma così esposta ed il riposizionamento finale del lembo corneale esterno sollevato.
Oltre che nelle tecniche fotorefrattive, il laser ad eccimeri è anche utilizzato per la rimozione a scopo terapeutico di tessuto corneale superficiale, per il trattamento di irregolarità od opacità corneali di varia natura: distrofica, degenerativa, cicatriziale oppure infettiva. Tale tipo di intervento, denominato fotocheratectomia terapeutica o PTK (phototherapeutic keratectomy), è stato attuato, ad esempio, per il trattamento di erosioni corneali ricorrenti, di cheratiti postoperatorie, di distrofie corneali come quella di Reis-Bùckler, di opacizzazioni o cicatrici corneali dovute a Herpes simplex, di irregolarità superficiali indotte chirurgicamente, ad esempio in esito ad interventi di cheratoplastica o di chirurgia corneale refrattiva. Diversamente dal caso della fotocheratectomia refrattiva, la PTK si propone di eliminare irregolarità dalla superficie corneale così da livellarne il profilo, e pertanto implica l’ablazione di spessori di tessuto diversi nei vari punti della superficie corneale trattata.
Benché gli interventi di fotocheratectomia sopra descritti si presentino come un'alternativa meno traumatica delle tecniche di chirurgia oftalmica convenzionale, il processo riparativo dopo la fotoablazione non è esente da inconvenienti più o meno transitori e fastidiosi o disabilitanti per il paziente, tra cui, ad esempio, problemi di cicatrizzazione corneale, formazione di opacità sottoepiteliali note con il nome di “haze", che determinano una riduzione dell'efficienza visiva in conseguenza del fenomeno di “light scattering" (diffusione della luce) e, in alcuni casi, regressione dei valori refattivi ottenuti con l’operazione, oltre, ovviamente, al dolore ed ai rischi di inquinamento microbico che si presentano nei primi tempi dopo l’intervento. In effetti, la riparazione dei tessuti interessati dall’irraggiamento avviene mediante un processo che può essere influenzato sia da fattori clinici che da fattori farmacologici, tanto che è praticamente impossibile prevedere con precisione assoluta la correzione ottica finale ottenibile.
In modo specifico, tra le anomalie morfologiche del processo riparativo che si verificano più comunemente è da annoverare, in primo luogo, l’iperplasia epiteliale, che rappresenta una risposta transitoria quasi fisiologica e sostanzialmente utile per la cicatrizzazione, anche se il suo ruolo nelle variazioni refrattive nel periodo successivo all’intervento non è completamente noto. In secondo luogo, e con un effetto più critico, si ha la formazione di opacità sottoepiteliali (haze) la cui gravità dipende normalmente dalla profondità della fotoablazione, che si manifestano per lo più nei primi mesi dopo l’intervento per poi regredire progressivamente. Tali opacità corrispondono probabilmente a microvacuoli o ad inclusioni intralamellari, alla presenza di materiale neoformato (collagene III-IV, laminina, fìbronectina, cheratansolfato, proteoglicani) e ad irregolarità nella giunzione tra epitelio e stroma. Inoltre, studi di pachimetria corneale effettuati entro 1-3 mesi dall’intervento PRK o LASIK hanno messo in evidenza, nel 30-40% dei casi, ispessimenti corneali dovuti ad idratazione stremale (edema), presumibilmente determinati da un’onda d’urto acustica, un fenomeno indotto dall’interazione laser-tessuto che sposta acqua, contenuta nella cellula, allo stroma. Infine, anomalie che possono attenuare la qualità della visione nel corso del processo riparatore sono state anche evidenziate con studi di topografia corneale. Questi hanno consentito di rilevare irregolarità nella struttura degli strati epiteliali, conseguenti alla migrazione e all’iperplasia delle relative cellule.
La terapia farmacologica attuata dopo interventi di fotocheratectomia consiste essenzialmente neH'applicazione topica oculare di antibiotici e di antiinfiammatori. L’uso dei primi (prevalentemente ciòramfenicolo ed aminoglicosidi come gentamicina e tobramicina, o fluorochinoloni come ofloxacina) viene necessariamente protratto fino alla completa reintegrazione dell’epitelio nel caso della PRK, in modo da mantenere in asepsi la superficie oculare disepitelizzata, o fino alla totale cicatrizzazione del lenticolo corneale con il tessuto circostante, nel caso della LASIK. Per quanto riguarda gli antiinfiammatori, è da notare che attualmente sussistono notevoli perplessità sull’impiego di farmaci antiinfiammatori steraidei (come prednisolone, desametasone, fluorometolone, ecc.) dopo fotoablazione, mentre inizialmente tale terapia veniva indicata come l’unica soluzione ai due principali fenomeni conseguenti all'intervento laser, vale a dire l’haze e, in casi di miopia rurgico. L'utilizzo dei farmaci steroidei ha causato in alcuni casi uno degli effetti indesiderati tipici dell’applicazione topica prolungata degli steroidi, ossia l'ipertensione intraoculare iatrogena. Inoltre, ne è stata anche messa in discussione l’efficacia nel normalizzare la struttura stromale nel processo di rimodellamento del tessuto corneale in seguito all’Intervento. In conseguenza di tali osservazioni sono stati introdotti nella terapia post-chirurgica farmaci topici non steroidei ad azione antiflogistica (FANS), come diclofenac, indometacina, ketorolac, ecc., i quali consentono anche di ottenere una riduzione del dolore conseguente alla disepitelizzazione corneale.
Nessuno dei rimedi farmacologici presi in considerazione nel trattamento successivo all'intervento di fotocheratectomia è però specificamente mirato all’eliminazione o all’attenuazione dei “disagi visivi” accertati nel decorso post-operatorio, che si avvertono soprattutto in particolari condizioni di illuminazione (visione notturna, visione con scarsa luce, visione con molta luce). A tale proposito diversi autori hanno riportato, ad esempio, che lo scadimento nella visione notturna (o scotopica) in pazienti operati di PRK è un fenomeno piuttosto comune, che incide negativamente sulle condizioni di vita di tali pazienti nel periodo successivo all'intervento. Ad esempio, alcuni lavori (D.S. Gartry et al., Photorefractive keratectomy with an argon fluoride excimer laser a clinica I study, Refract. Comeal Surg., 7:420-35, (1991); D.S: Gartry et al., The efféct of topical corticostenoids on refractive outcome and comeal haze after photorefractive keratectomy, Arch. Ophthalmol., 110: 944-52, (1992); D.P.S. O’Brart et al., Night Vision after excimer laser photorefractive keratectomy: haze and halos, Eur. J. Ophthalmol., 4: 43-61, (1994)) hanno quantificato i disturbi deila visione notturna dopo sei mesi dall'intervento di PRK in termini di aloni percepiti intorno alle sorgenti luminose, come mostrato nella tabella seguente.
TABELLA 1
Qualità della visione notturna e aloni dopo PRK
<* >in questo studio non è stata effettuata una distinzione tra le due classi
È da notare che i sintomi sopra evidenziati possono essere percepiti in maniera più o meno critica a seconda dello stile di vita del paziente. Così, i soggetti che raramente guidano di notte sono portati a non considerare gli aloni un problema. Anche variazioni stagionali di luminosità diurna possono influenzare la gravità dei sintomi, ed i pazienti nei quali il primo periodo post-operatorio coincide con ì mesi invernali possono avere maggiori problemi.
Come già notato, un altro effetto secondario al trattamento laser che spesso causa perturbazioni transitorie della funzione visiva è l’opacizzazione corneale o haze, che viene avvertita prevalentemente come un effetto di abbagliamento attorno alle sorgenti di luce. L'evento, che è particolarmente evidente a bassi livelli di illuminazione (visione scotopica o visione mesopica, cioè crepuscolare) può essere particolarmente disabilitante in presenza di più fonti chiare di luce, come ad esempio in una strada illuminata di notte.
Per la valutazione delle turbe visive conseguenti a trattamenti di fotocheratectomia refrattiva, come pure in numerosi altri casi risultanti in compromissioni della funzionalità visiva, ha suscitato recentemente un interesse crescente lo studio della cosiddetta “sensibilità al contrasto spaziale”, che fornisce indicazioni sull'insieme delle capacità di discriminazione spaziale del sistema visivo. Benché sia opinione diffusa che riconoscere oggetti molto piccoli a grande distanza rappresenti una prestazione ottimale della vista, si verifica spesso il caso di soggetti che pur conservando una buona acuità visiva, anche superiore a 10 decimi, riferiscono di provare non meglio definiti “disagi visivi”, soprattutto in particolari condizioni di illuminazione, che sono di fatto rapportabili ad una ridotta sensibilità al contrasto.
Nello studio della sensibilità al contrasto, che può essere definita come la capacità di percepire piccole differenze di luminosità tra bande chiare e bande scure separate da contorni sfumati, soltanto la frequenza spaziale dello stimolo visivo viene fatta variare, mentre le altre due grandezze che definiscono tale stimolo, cioè la sua frequenza temporale e la lunghezza d’onda, vengono mantenute costanti. Ai fini dell’indagine, vengono definiti come frequenza spaziale il numero di coppie di bande chiare e scure sottese da un grado (1°) di angolo visivo (tale frequenza essendo espressa in cicli per grado, cicli/°) e contrasto (C) la differenza relativa tra la luminanza massima e quella minima delle barre in esame, in modo da poter valutare per ogni frequenza spaziale il minimo contrasto percepibile. In tale contesto, si intende come soglia di sensibilità al contrasto (S) l’inverso del contrasto minimo che consente la percezione di una determinata frequenza spaziale (S = 1/C). Con i’aiuto di tavole standardizzate con bande di frequenze spaziali ed intensità di contrasto differenti, o mediante l’uso di sistemi di computergrafica, è possibile costruire diagrammi in cui si riporta il valore del minimo contrasto percepito (o della soglia di contrasto) in funzione della frequenza spaziale. Come rilevato sperimentalmente, nell’uomo la massima sensibilità si trova per frequenze spaziali di circa 3 cicli/grado, mentre la più elevata frequenza spaziale percepibile è di 50 cicli/grado.
Un vantaggio dello studio della sensibilità al contrasto spaziale rispetto allo studio dell'acutezza visiva è rappresentato dal fatto che la percezione delle basse e medie frequenze spaziali non è limitata dalle proprietà refrattive dell’occhio, e reticoli anche molto ampi vengono percepiti in modo inalterato in presenza di difetti di refrazione fino a 15 diottrie. Questa tecnica, talora associata allo studio della sensibilità al contrasto mediante potenziali evocati, si è rivelata utile in oftalmologia in un gran numero di patologie, ed in particolare nelle situazioni in cui la misura dell’acuità visiva non consente un bilancio preciso riguardo alle ripercussioni funzionali delle lesioni. Essa riveste un ruolo importante anche nel follow-up di diverse affezioni oculari che riguardano il segmento anteriore dell’occhio. Infatti, è accertato che la patologia glaucomatosa e le anormalità del cristallino e della cornea determinano, soprattutto in condizioni di abbagliamento, una riduzione della sensibilità al contrasto, e si è dimostrato che il decorso post-operatorio di interventi di cataratta e di chirurgia refrattiva, per esempio con laser ad eccimeri, può essere valutato adeguatamente mediante questa metodica.
In uno di tali recenti lavori (S. Dutt et al., One-year results of excimer laser photorefractive kemtectomy fór lw to moderate myopia, Arch. Ophthalmol., 112:1477-1436, (1994)) il decorso post-operatorio in interventi di correzione della miopia mediante PRK è stato appunto valutato mediante lo studio della sensibilità al contrasto, eseguendo (su 47 occhi di 39 pazienti con miopia compresa tra -1,5 e -6 diottrie) rilievi preintervento e poi sei e dodici mesi dopo PRK. I dati, mostrati nella tabella che segue, sono stati ottenuti misurando (strumento: Vector Vision CV-1000, Dayton, Ohio) la sensibilità al contrasto per ciascuna frequenza spaziale in cicli/grado, sia in condizioni di dilatazione pupillare che con pupilla non dilatata.
TABELLA 2
Sensibilità al contrasto prima e dopo PRK *
valori ( ) = /- d.s.
Come si può notare dalla tabella che precede, in fase postoperatoria si registra un decremento significativo dei valori di sensibilità al contrasto rilevati in fase pre-operatoria, e ciò per tutte le frequenze spaziali, sia in situazione di dilatazione che con pupilla non dilatata.
Un altro studio riportato nel seguito (J.D. Carr et al., Prospective comparison of single-zone and Multizone laser in situ keratomileusis for thè correction of low myopia, Ophthalmology, 105: 1504-1511, (1998)) riguarda invece la correzione della miopia mediante LASIK. In questo caso erano stati inclusi soggetti con grado di miopia compresa tra -2,000 D e -7,000 D, a cui era stata praticata la fotoablazione di una zona di una zona singola (SZ) o una fotoablazione multizonale (MZ). La misura della sensibilità al contrasto è stata effettuata nei pazienti tre mesi dopo l'intervento, con i risultati riportati nella seguente tabella.
TABELLA 3
Sensibilità al contrasto tre mesi dopo LASIK*
<* >sono stati omessi i valori di d.s. - i valori medi >1 implicano una migliore sensibilità al contrasto in confronto ad una normale popolazione miopica
^ p < 0,05
Come risulta dalla tabella, a tre mesi dall'intervento con tecnica LASIK si è rilevato un decremento della sensibilità al contrasto a tutte e quattro le frequenze spaziali considerate, sia nel caso di fotoablazione di una singola zona che in quello di fotoablazione multizonale.
Alla luce di quanto precede, la presente invenzione si è posta lo scopo di mettere a punto un trattamento farmacologico che sia efficace nell'eliminare, o quanto meno attenuare sensibilmente, i disagi visivi caratterizzati da riduzione della sensibilità al contrasto che spesso conseguono a trattamenti di chirurgia refrattiva (ed in particolare a trattamenti di fotocheratectomia mediante tecniche PRK e LASIK), e che si manifestano normalmente con la percezione di aloni notturni o con fenomeni di abbagliamento, nonché con una riduzione della visione scotopica e mesopica.
Nel'ambito degli studi che hanno che hanno condotto all'invenzione, si è considerato che in entrambe le procedure laser sopra menzionate le zone modellate sullo stroma superano in proiezione posteriore il diametro pupillare in visione fotopica, ma a partire dal crepuscolo, quando la retina inizia la sua funzione scotopica e la pupilla tende ad assumere diametri più ampi, i raggi incidenti investono la periferia della zona ottica trattata, introducendo fenomeni diffrattivi (frange di diffrazione ai margini della zona trattata). Inoltre, per i soggetti con diametro pupillare superiore alla norma, il decremento quali-quantitativo della visione è presente anche in visione fotopica.
D'altra parte, e indipendentemente dai fenomeni diffrattivi derivanti da anormalità nel tessuto stromale, la trasparenza della cornea può essere anche notevolmente ridotta a causa dell’idratazione corneale conseguente al processo di fotodecomposizione. È infatti da tenere presente che l'edema corneale induce una diminuzione della trasparenza della cornea, determinando un velo diffuso. In caso di danno dell’endotelio corneale, l'edema della cornea si accompagna ad un aumento di spessore del tessuto, e la percentuale d'acqua contenuta nello stroma, normalmente del 78% circa, raggiunge valori dell'85-90%.
I fastidiosi fenomeni diffrattivi sopra menzionati si verificano anche nel decorso post-operatorio degli interventi di cataratta, sino a quando l'occhio non si è adattato all'impianto della lentina intraoculare. Come già notato, fenomeni di diffrazione che determinano aberrazioni ottiche si presentano anche in diverse patologie croniche del segmento, anteriore dell'occhio, come le degenerazioni del tessuto corneale.
Sulla base delle considerazioni che precedono è stato trovato, secondo la presente invenzione, che una particolare associazione di farmaci, applicata alla superficie oculare in forma di collirio, consente di ripristinare efficacemente e rapidamente la qualità della visione deteriorata in seguito ad uno degli eventi sopra riferiti. Tale associazione, che consiste sostanzialmente in un farmaco ad attività miotica combinato con un agente ipertonico (iperosmolare), agisce presumibilmente attraverso l'induzione di una riduzione del diametro pupillare (causata dall'agente miotico) che determina un effetto stenopeico e, contemporaneamente, attraverso il ripristino del normale stato di idratazione della cornea (favorito dall'agente ipertonico) che tende a restituire la trasparenza al diottro. È da notare, tuttavia, che mentre l'associazione proposta è in grado di indurre notevoli miglioramenti nella sensibilità al contrasto misurata con le metodiche sopra richiamate, ciascuno dei due agenti proposti, preso da solo, non sembra determinare un miglioramento apprezzabile dello stesso parametro esaminato come indice della qualità della visione.
Sia gli agenti miotici che quelli ad attività iperosmolare sono ampiamente utilizzati nella terapia di affezioni oftalmiche. In modo specifico, gli agenti miotici, ed in particolare i parasimpaticomimetici o coltnomimetici (o colinergici), come la pilocarpina, l’acetilcolina, l’aceclidina ed il carbacolo, agiscono sui recettori colinergici dell'iride e dei muscoli ciliari determinando la contrazione del muscolo sfintere dell'iride ed il restringimento della pupilla (miosi), l’aumento del tono e la contrazione del muscoli ciliari, con il rilasciamento della zonula di Zinn ed il conseguente aumento della curvatura del cristallino con spasmo dell’accomodazione alla visione vicina. Ad esempio, l’applicazione di gocce oculari di pilocarpina determina miosi entro 30 minuti per un periodo di 4-8 ore, e induce abbassamento della pressione endoculare in 75 minuti per una durata variabile di 4-14 ore, in funzione della concentrazione di farmaco impiegato.
Gli agenti parasimpaticomimetici miotici sono normalmente utilizzati in clinica per ridurre la pressione intraoculare nel trattamento del glaucoma ad angolo aperto, spesso in associazione con altri farmaci antiglaucoma topici, quali beta-bloccanti, agenti adrenergici e inibitori dell'anidrasi carbonica. Altri principi ad attività miotica, usati anch’essi nel trattamento del glaucoma, sono gli inibitori della colinesterasi, il cui rappresentante più noto è la fisostigmina.
Sia gli agenti colinergici che gli inibitori della colinesterasi, nella loro corrente applicazione di farmaci antiglaucoma, vengono somministrati in concentrazioni normalmente comprese tra lo 0,25% ed il 10% in peso, i titoli tra il 2% e il 4% in peso essendo i più usuali per la pilocarpina e per gli altri colinomimetici.
Gli agenti iperosmolari o ipertonici, che sono utilizzati per ridurre l'edema corneale a scopo terapeutico o anche per usi diagnostici, agiscono esercitando un'attrazione osmotica sull'acqua attraverso la membrana semipermeabile del’epitelio corneale. Tra questi, gli agenti più frequentemente utilizzati a tale scopo sono il cloruro sodico in soluzione, ad esempio al 3% o al 5% in peso, il glucosio, normalmente in soluzione al 40% in peso, la glicerina, che tuttavia è usata solo in preparazioni diagnostiche a causa della sua breve durata di azione. Un altro agente ipertonico che è stato proposto in letteratura per la riduzione del’edema corneale è la sulfacetammide sodica in soluzione al 30% in peso (M.N. Luxenberg e K. Green, Am. J. Ophtalmol., 71:847-853, (1971)), un preparato già noto ed utilizzato con funzioni di antibatterico. È stato infatti osservato che una soluzione al 30% di sulfacetammide sodica è marcatamente ipertonica, avendo un’osmolarità equivalente a quella di una soluzione di cloruro sodico al 9% in peso.
Sebbene l'impiego delle sulfonamidi in terapia antibatterica sia stato per lo più sostituito dai nuovi antibiotici, l'uso topico oftalmico della sulfacetamide (come sale sodico al 10-30% in soluzione ed al 10% in pomata) è ancora attuale, e risulta efficace nella profilassi di infezioni corneali in seguito ad abrasioni dell’epitelio o alla presenza di corpi estranei, e nel trattamento di infezioni in atto da germi sensibili. A tale scopo la sulfacetamide viene instillata normalmente tre volte al dì fino alla completa normalizzazione della superficie oculare. L'impiego oftalmico del composto può determinare, in alcuni casi, un lieve bruciore subito dopo l'instillazione. Tuttavia, questa iniziale irritazione è seguita generalmente da un effetto analgesico determinato da un decremento della sensibilità corneale. Questo evento appare senz’altro vantaggioso soprattutto in caso di algesia corneale provocata da alterazioni o abrasioni dell’epitelio. Quando il composto viene instillato, esso penetra facilmente nei tessuti oculari. Entro cinque minuti dall’applicazione della soluzione al 30%, la concentrazione intraoculare di sulfacetamide sodica è già intorno allo 0, 1 %.
Sebbene l’invenzione non sia specificamente limitata a particolari teorie circa il meccanismo d'azione dei principi attivi nell'associazione, si ritiene che gli ingredienti ipertonici proposti agiscano sulla cornea edematosa sia mediante disidratazione dell'epitelio vacuolizzato, sia mediante atenuazione del rigonfiamento dello stroma, determinato da un'eccessiva ritenzione idrica. Il risultato di tali eventi è il ripristino della trasparenza del diottro corneale, con conseguente miglioramento della qualità della visione. Come già notato, tuttavia, l’azione antiedemigena del prodotto iperosmotico e l’effetto stenopeico dell’agente miotico si combinano in maniera tale nell’associazione proposta da dare un effetto sinergico, laddove ciascuno dei singoli ingredienti, utilizzato da solo, non sembra dotato di un’efficacia apprezzabile.
Forma pertanto oggetto specifico della presente invenzione una composizione oftalmica per il trattamento delle turbe visive caratterizzate da ridotta sensibilità al contrasto contenente, in associazione, quantità terapeuticamente efficaci di uno o più agenti miotici e di uno o più agenti ipertonici. Secondo alcune forme di realizzazione specifiche dell’invenzione, l’associazione consiste in un agente miotico scelto tra principi attivi colinomimetici e inibitori della colinesterasi, più un agente ipertonico scelto tra sulfacetamide e suoi derivati, cloruro sodico, glucosio e glicerina.
Preferibilmente, l’agente miotico è scelto tra pilocarpina base e suoi sali di addizione acida farmaceuticamente accettabili, carbacolo, acetilcoiina, aceclidina e fisostigmina, mentre l’agente ipertonico è sulfacetamide o un suo sale farmaceuticamente accettabile. Formulazioni particolarmente preferite contengono, in associazione con sulfacetamide sodica in qualità di agente ipertonico, pilocarpina base o un suo sale di addizione acida in concentrazioni comprese tra lo 0.05.% ed il 5% in peso (espresso come pilocarpina base), le concentrazioni di massima preferenza essendo notevolmente più basse di quelle utilizzate correntemente per l’uso dello stesso principio attivo nel trattamento del glaucoma, e potendo situarsi tra lo 0,05% e lo 0,5% in peso (sempre espresso come pilocarpina base). Convenientemente, le concentrazioni i di sulfacetammide sodica sono invece dello stesso ordine di grandezza di quelle adottate per l’uso di tale agente in preparati antimicrobici in collirio, cioè tra il 25% ed il 30% in peso, potendo comunque variare tra il 5% ed il 30% in peso.
La composizione secondo l’invenzione può essere presentata, in generale, nella forma di una soluzione o sospensione acquosa per collirio o nella forma di un’emulsione, un unguento, un gel o una crema. Preferibilmente, il prodotto è somministrato in forma di soluzione o sospensione acquosa in un veicolo oftalmico farmaceuticamente accettabile. Ovviamente, la composizione può comprendere vari eccipienti e coadiuvanti scelti tra i prodotti convenzionalmente usati nella tecnica farmaceutica per la formulazione di prodotti topici oftalmici, selezionati tenendo conto delle caratteristiche di stabilità dell’associazione risultante e della compatibilità con i due principi attivi. In particolare, possono essere aggiunti adatti conservanti ed agenti antimicrobici, come ad esempio cloruro di benzalconio, sodio mertiolato o timerosale, metil-, etil- e propil-parabene (metil-, etil- e propil-p-idrossibenzoato), clorobutanolo, nonché agenti chelanti o sequestranti come gli edetati o EDTA ed antossidanti come il sodio metabisolfito.
Quando utilizzato in forma di collirio allo 0,05-0,5% in peso di pilocarpina ed a) 25-30% in peso di sulfacetammide sodica, il preparato secondo l’invenzione può essere somministrato, per ottenere un’apprezzabile riduzione dei disturbi visivi conseguenti, ad esempio, al trattamento di fotoablazione con laser ad eccimeri, ad un dosaggio di unadue gocce da due a tre volte al giorno, preferibilmente due gocce tre volte al giorno, iniziando qualche giorno dopo l’intervento e proseguendo preferibilmente per almeno due mesi, o comunque fino alla scomparsa della sintomatologia.
La presente invenzione ha ulteriormente ad oggetto l'uso di un’associazione di uno o più agenti miotici con uno o più agenti ipértonici per la produzione di un preparato topico oftalmico per il trattamento delle turbe visive caratterizzate da ridotta sensibilità al contrasto. Tale preparato oftalmico ha di preferenza le caratteristiche opzionali già riportate, che formano oggetto delle rivendicazioni dipendenti.
Una forma di realizzazione specifica dell’associazione secondo l’invenzione viene descritta a titolo meramente esemplificativo nel seguito, assieme ai risultati delle sperimentazioni cliniche effettuate su di essa ed al confronto con preparati contenenti i singoli principi attivi non in associazione.
ESEMPIO
Collirio a base di pilocarpina cloridrato e sulfacetamide sodica La formulazione secondo l’invenzione le cui prestazioni sono state oggetto della sperimentazione clinica presentata sommariamente nel seguito ha la seguente composizione (dove le percentuali sono espresse in peso):
pilocarpina cloridrato mg 9,50 (corrispondente a - mg 8,1 di pilocarpina)
sulfacetamide sodica 9 2,856
p-idrossibenzoato di metile mg 1,80
p-idrossibenzoato di propile mg 0,60
sodio metabisolfito mg 28
sodio edetato mg 5,60
acqua q.b. a mi 10
La soluzione sopra riportata, denominata nel seguito "assodazione", è stata sottoposta ad una serie di studi e prove di confronto al fine di valutarne le prestazioni nel trattamento delle turbe della visione conseguenti a fotocheratectomia refrattiva con laser ad eccimeri, anche in confronto con formulazioni contenenti uno solo dei due principi attivi. In modo specifico, il preparato di confronto a base di solo cloridrato di pilocarpina, indicato sinteticamente nel seguito some “pilocarpina”, aveva la seguente composizione:
pilocarpina cloridrato mg 9,50 (corrispondente a ~ mg 8,1 di pilocarpina)
p-idrossibenzoato di metile mg 1 ,80
p-idrossibenzoato di propile mg 0,60
acqua q.b. a mi 10
Il preparato al base di sola sulfacetamide sodica, denominato “sulfacetamide”, era a sua volta formulato come segue:
sulfacetamide sodica g 2,856
sodio metabisolfito mg 28
sodio edetato mg 5,60
acqua q.b. a mi 10
Studio clinico
L’indagine è stata condotta complessivamente su 110 soggetti (52,6% di sesso femminile e 47,4% di sesso maschile) sottoposti ad intervento di chirurgia refrattiva secondo le tecniche LASIK o PRK.
L’età media del campione era di 31,3 ± 9,7 anni; il 50% dei pazienti non superava i 29 anni mentre il 90% non eccedeva i 44 anni. Nei pazienti sottoposti ad intervento LASIK, i valori delle diottrie per occhio risultavano tra -4 e -12, mentre in quelli sottoposti a PRK si avevano valori compresi tra -1 e -3,75. Ulteriori criteri di inclusione, quali assenza di malattie oculari o sistemiche in atto, assenza di terapie topiche o sistemiche o di stato di gravidanza, venivano soddisfatti. Inoltre, la pachimetria su entrambe le cornee risultava caratterizzata da valori comunque superiori a 400 nm.
A tuti i soggeti in studio è stato praticato l’intervento di chirurgia refrativa (LASIK o PRK) ad entrambi gli occhi, ed il trattamento farmacologico post-operatorio di base è consistito nella somministrazione di un cortisonico (formocortal) e di un antibiotico (gentamicina), in associazione nel prodotto commerciale Formomicin (Farmigea). Questo veniva somministrato ai pazienti alla dose di una goccia 3 volte al dì per la durata di un mese dall’intervento.
Su tutti i pazienti in studio è stato effettuato bilateralmente l'esame strumentale della sensibilità al contrasto, sia prima dell'atto chirurgico che ad intervalli di tempo predeterminati successivamente all'intervento, mediante un apposito strumento (Kontrastometer BA-4 della BKG Medizin Technick, Germania). Lo strumento consente di valutare in automatico la più piccola differenza di luminosità che si riesce a percepire utilizzando una scala con 500 livelli di grigio (il nero corrisponde a 0 e il bianco a 500), sia in visione scotopica, cioè di adatamento dell'occhio al buio, sia in visione mesopica o crepuscolare, cioè con scarsa illuminazione. Inoltre, può essere testato il contrasto dopo abbagliamento (giare), per esaminare la velocità di riadatamento visivo. Per l’analisi statistica dei risultati è stato impiegato un disegno sperimentale Anova Split-Plot a due vie, mentre per il confronto tra le medie osservate è stato utilizzato il test di Tukey.
Sono stati accettati per la prova clinica solo i soggetti operati che al controllo strumentale condotto al 7° giorno dopo l’intervento mostravano un peggioramento della sensibilità al contrasto rispetto al valore basale.
Prima fase dello studio
In una prima fase deilo studio 78 soggetti sono stati suddivisi in tre gruppi di prova di 26 pazienti, allo scopo di sperimentare l'associazione dell'invenzione in confronto con le formulazioni a base di sola pilocarpina o di sola sulfacetamide sodica. Ciascun gruppo è stato sottoposto a correzione bilaterale, ed in base all’esame della sensibilità ai contrasto effettuato al 7° giorno dopo l’atto chirurgico i pazienti ammessi alla prova sono passati da 78 a 75. Ciascuno dei pazienti selezionati ha ricevuto per via topica oculare, a partire dai 7° giorno, l'associazione di pilocarpina e sulfacetamide secondo l’invenzione, la sola pilocarpina o la sola sulfacetamide, secondo il seguente schema:
A ciascun paziente sono state applicate bilateralmente 2 gocce del collirio assegnato 3 volte ai giorno, fino a 60 giorni dopo l'intervento. I rilevamenti successivi di sensibilità al contrasto sono stati eseguiti dopo 15, 30, 45 e 60 giorni dall’intervento.
Inoltre, è stato preso in considerazione come sintomo soggettivo la fotofobia, valutata utilizzando una scala arbitraria di valori (assente=0 lieve=+; moderata=++; intensa=+++). La determinazione è stata effettuata ai tempi stabiliti per l’esame strumentale della sensibilità al contrasto. Per il confronto statistico tra gruppi è stato impiegato il metodo non parametrico di Krustal - Wallis.
La valutazione complessiva dell’andamento del test di sensibilità al contrasto viene presentata nelle tabelle 4-6 che seguono. Nella tabella 4 vengono riportati i valori medi di soglia ottenuti dalle misurazioni condotte in visione scotopica, rispettivamente per l’occhio destro (OD) e per l’occhio sinistro (OS), nei tre gruppi trattati con ciascuno dei tre preparati in confronto.
TABELLA 4
Soglia di sensibilità al contrasto<* >- Visione scotopica
* minima differenza di luminosità percepibile su una scala con 500 livelli di grìgio (nero = 0; bianco =500)
Come si può notare dai dati che precedono, in tutti i casi la visione dei pazienti è peggiorata al raggiungimento del 7° giorno dopo l’intervento laser, allorché è iniziato il trattamento oftalmico con i farmaci in esame. Successivamente, considerando l'andamento della sensibilità al contrasto nel tempo entro ciascun gruppo di pazienti, si rileva che soltanto nei pazienti trattati con l’associazione si è ottenuto un miglioramento significativo della sensibilità al contrasto in visione notturna, sia per l’occhio destro che per il sinistro.
Infatti, per i valori relativi all'occhio destro la soglia di sensibilità si abbassa significativamente dopo il 15° giorno (riducendosi di una quota pari al 15,5% del valore rilevato al 7° giorno), ed il miglioramento continua dopo 30 giorni (-22,8% sul valore al 7° giorno) e ancora dopo 45 giorni (-28,2% sul valore al 7° giorno). Al termine dello studio, la soglia di sensibilità al contrasto si era abbassata del 33,7% rispetto al valore rilevato al 7° giorno, mentre per il corrispondente occhio dei pazienti trattati con pilocarpina la riduzione finale media era del 9,6% rispetto al valore registrato il 7° giorno e per quelli trattati con sulfacetamide tale riduzione era del 10,7%.
Le stesse considerazioni valgono per lo studio della sensibilità al contrasto dell'occhio sinistro di ciascun gruppo di pazienti trattati: per l'associazione dell’invenzione la soglia di sensibilità al contrasto si è ridotta al 15° giorno del 16% del valore rilevato al 7° giorno, al 30° giorno del 23,4%, al 45° giorno del 29% ed al 60 giorno del 34,4%, laddove le riduzioni finali nei pazienti trattati con pilocarpina erano del 9,8% del valore al 7° giorno e quelle nei pazienti trattati con sulfacetamide del 12% del valore al 7° giorno.
In linea generale si può concludere che il valore del parametro studiato ha presentato miglioramenti limitati per i trattamenti con sulfacetamide e pilocarpina da sole, mentre il trattamento con l'associazione ha condotto a modificazioni significative, evidenziate dal miglioramento progressivo delia risposta clinica nel tempo.
Nella seguente tabella 5 sono a loro volta presentati i valori medi della soglia di sensibilità al contrasto in visione mesopica, anche in questo caso relativi sia all’occhio destro (OD) che al sinistro (OS), rilevati nei tre gruppi trattati con ciascuno dei tre preparati in confronto.
TABELLA 5
Soglia di sensibilità al contrasto* - Visione mesopica
<* >minima differenza di luminosità percepibile su una scala con 500 livelli di grigio (nero = 0; bianco =500)
Owiamente, anche nel caso della visione crepuscolare, la sensibilità al contrasto è notevolmente peggiorata in tutti gruppi di pazienti dopo 7 giorni dal l'intervento, ma in quelli trattati con l’associazione la sensibilità migliora significativamente a partire dal 15° giorno. Tale comportamento è molto meno marcato negli altri due gruppi di pazienti trattati. Infatti, considerando l’occhio destro, le variazioni percentuali della soglia di sensibilità rispetto al valore registrato al 7°giomo sono assai diverse: -56,4% per l’associazione, -21 ,2% per la pilocarpina e -20% per la sulfacetamide. Analogamente, per il confronto tra i valori per l’occhio sinistro, si ha: -56,7% per l’associazione, -20,5% per la pilocarpina e -19% per la sulfacetamide.
Come ulteriore serie di dati in confronto, la tabella 6 riporta i valori medi ottenuti dalle determinazioni della velocità di riadattamento visivo dopo abbagliamento indotto in visione mesopica, rispettivamente per l'occhio destro e per l’occhio sinistro, con ciascuno dei tre trattamenti in confronto.
TABELLA 6
Contrasto dopo abbagliamento indotto in visione mesopica<*>
<* >indicativo delia velocità di riadattamento visivo
Come si osserva dalla tabella che precede, rispetto al peggioramento indotto in tutti i pazienti al 7° giorno dall'intervento di fotocheratectomia, si ha in ogni caso un miglioramento significativo della risposta clinica a partire dal 15° giorno. Tuttavia, le variazioni percentuali riscontrate nei tre gruppi di pazienti sono differenti: per quelli trattati con l’associazione il miglioramento medio è del 64,7% per l’occhio destro e del 64% per il sinistro (rispetto al valore registrato il 7° giorno), per quelli trattati con pilocarpina il miglioramento è del 53,8% per l’occhio destro e del 57,3% per il sinistro e per quelli trattati con sulfacetamide è del 57,6% per l'occhio destro e del 52,8% per il sinistro.
Come già riportato, in tutti i pazienti esaminati è stata rilevata, agli stessi tempi dall’intervento, anche la fotofobia. Dalla valutazione statistica, iniziata a partire dal 15° giorno, il punteggio di tale parametro è risultato apprezzabilmente inferiore nel gruppo di pazienti trattati con l’associazione rispetto a quelli trattati con sola sulfacetamide o con sola pilocarpina. Tale migliore effetto si è mantenuto per tutto il perìodo dello studio, fino all’ultimo rilevamento dopo 60 giorni dall’atto chirurgico. Seconda fase dello studio
La seconda fase dello studio clinico qui riportato ha riguardato 32 soggetti operati bilateralmente con tecnica LASIK o PRK che non sono stati sottoposti a trattamento oculare con i farmaci in esame, così da costituire un gruppo di riferimento. Ovviamente, il trattamento farmacologico con antibiotico e corticosteroide era lo stesso che per i pazienti della prima fase.
Sui 32 pazienti sono stati effettuati gli stessi esami strumentali e clinici stabiliti per i gruppi precedenti, rilevando la sensibilità al contrasto basale e dopo 7, 15, 30 e 45 giorni dall’intervento.
I risultati conseguiti in questo gruppo di pazienti sono presentati nella tabella 7 qui di seguito, limitatamente alle sensibilità al contrasto in visione scotopica e mesopica. Diversamente dal caso delle tabelle 4-6, i valori riportati in tabella rappresentano le medie risultanti dalle determinazioni effettuate sia sull’occhio destro che sull’occhio sinistro dei pazienti esaminati.
TABELLA 7
Soglia di sensibilità al contrasto* - Visione scotopica e mesopica
* minima differenza di luminosità percepibile su una scala con 500 livelli di grigio (nero = 0; bianco =500)
I risultati sopra riportati sono stati confrontati statisticamente con quelli rilevati nella prima fase dello studio (gruppo di controllo vs. gruppi trattati). Come si può osservare, in entrambe le situazioni di visione scotopica e mesopica il valore medio basale è significativamente più basso dei valori osservati nei periodi successivi, la peggiore risposta essendo, anche in questo caso, quella a 7 giorni dal trattamento. A partire dal 15° giorno, la sensibilità al contrasto tende naturalmente ad un lieve miglioramento, quantificabile nei seguenti termini: per la visione scotopica, -4,3% (del valore registrato al 7° giorno) al giorno 15, -7,5% al giorno 30 e -9,9% al giorno 45; per la visione scotopica, -9,7% (del valore registrato al 7° giorno) al giorno 15, -12,9% al giorno 30 e -14,8% al giorno 45.
Dai dati sopra riportati, confrontati con quelli ottenuti nella prima fase dello studio per i gruppi trattati con sola pilocarpina o con sola sulfacetamide, si evidenzia che i miglioramenti progressivi nella qualità della visione che erano stati ottenuti trattando i pazienti con ciascuno dei due principi attivi preso singolarmente non sono statisticamente differenti dalle risposte ottenute in totale assenza di trattamento specifico. Ciò costituisce una conferma dell’effetto sinergico dell’associazione secondo l’invenzione, che è l’unico trattamento, tra quelli esaminati, ad indurre miglioramenti nella sensibilità al contrasto ben più marcati e rapidi di quelli ottenibili dal normale ristabilimento fisiologico delle funzioni visive alterate con l’intervento di fotoablazione corneale.
La presente invenzione è stata descritta con riferimento ad alcune sue forme di realizzazione specifiche, ma è da intendersi che variazioni o modifiche potranno essere ad essa apportate dagli esperti nel ramo senza per questo uscire dal relativo ambito di protezione.

Claims (16)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Composizione oftalmica per il trattamento delle turbe visive caratterizzate da ridotta sensibilità al contrasto contenente, in associazione, quantità terapeuticamente efficaci di uno o più agenti miotici e di uno o più agenti ipertonici.
  2. 2. Composizione oftalmica secondo la rivendicazione 1 , contenente un’associazione di agente miotico scelto tra principi attivi colinomimetici e inibitori della colinesterasi ed agente ipertonia) scelto tra sulfacetamide e suoi derivati, cloruro sodico, glucosio e glicerina.
  3. 3. Composizione oftalmica secondo la rivendicazione 2, in cui detto agente miotico è scelto tra pilocarpina base e suoi sali di addizione acida farmaceuticamente accettabili, carbacolo, acetilcolina, aceclidina e fisostigmina.
  4. 4. Composizione oftalmica secondo le rivendicazioni 2 o 3, in cui detto agente ipertonico è sulfacetamide o un suo sale farmaceuticamente accettabile.
  5. 5. Composizione oftalmica secondo la rivendicazione 4, contenente, in associazione, pilocarpina base o un suo sale di addizione acida e sulfacetamide sodica.
  6. 6. Composizione oftalmica secondo la rivendicazione 5, in cui la pilocarpina o il relativo sale è presente in una concentrazione compresa tra lo 0,05% e il 5% in peso, espresso come pilocarpina base.
  7. 7. Composizione secondo la rivendicazione 6, in cui detta concentrazione è compresa tra lo 0,05% e lo 0,5% in peso, espresso come pilocarpina base.
  8. 8. Composizione oftalmica secondo ognuna delle rivendicazioni 5-7, in cui la sulfacetamide sodica è presente in una concentrazione compresa tra il 5% ed il 30% in peso.
  9. 9. Composizione oftalmica secondo la rivendicazione 8, in cui la concentrazione della sulfacetamide sodica è compresa tra il 25% ed il 30% in peso.
  10. 10. Composizione oftalmica secondo ognuna delle rivendicazioni precedenti, in forma di soluzione o di sospensione acquosa in un veicolo oftalmico farmaceuticamente accettabile.
  11. 11. Composizione oftalmica secondo la rivendicazione 10, contenente pilocarpina cloridrato allo 0,095% in peso (espresso come sale) e sulfacetamide sodica al 28,56% in peso, in soluzione acquosa in un veicolo farmaceuticamente accettabile.
  12. 12. Uso di un'associazione di uno o più agenti miotici con uno o più agenti ipertonici per la produzione di un preparato topico oftalmico per il trattamento delle turbe visive caratterizzate da ridotta sensibilità al contrasto.
  13. 13. Uso secondo la rivendicazione 12, in cui detta associazione consiste in un agente miotico scelto tra principi attivi colinomimetici e inibitori della colinesterasi ed un agente ipertonia) scelto tra sulfacetamide e suoi derivati, cloruro sodico, glucosio e glicerina.
  14. 14. Uso secondo la rivendicazione 13, in cui detta associazione consiste in pilocarpina base o un suo sale di addizione acida e sulfacetamide sodica.
  15. 15. Uso secondo la rivendicazione 14, in cui la concentrazione della pilocarpina è compresa tra lo 0,05% e lo 0,5% in peso, espresso come pilocarpina base, e la concentrazione della sulfacetamide sodica è compresa tra il 25% ed il 30% in peso.
  16. 16. Composizione oftalmica per il trattamento delle turbe visive caratterizzate da ridotta sensibilità al contrasto e relativo uso secondo le rivendicazioni 1-15, sostanzialmente come sopra descritti.
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