ITRM20090250A1 - Meccanismi rotazionali in catena chiusa con attuazione disaccoppiata ed omocinetica. - Google Patents

Meccanismi rotazionali in catena chiusa con attuazione disaccoppiata ed omocinetica. Download PDF

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ITRM20090250A1
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axis
motion
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Marco Carricato
Michele Conconi
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Univ Bologna Alma Mater
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Description

Meccanismi rotazionali in catena chiusa con attuazione disaccoppiata ed omocinetica
La presente invenzione riguarda dei meccanismi rotazionali in catena chiusa con attuazione disaccoppiata ed omocinetica.
Più precisamente, la presente invenzione si basa sullo studio di come il moto rotatorio di un corpo possa essere attuato in maniera disaccoppiata ed omocinetica da motori installati a telaio attraverso trasmissioni basate su giunti omocinetici (CV). Lo studio illustra la fattibilità concettuale e l’interesse pratico nel generare relazioni disaccoppiate e costanti tra le velocità dei motori e le derivate nel tempo delle variabili descriventi l’orientamento del corpo. Il funzionamento dei giunti CV à ̈ analizzato in modo originale, allo scopo di rivelare le condizioni necessarie per garantire il mantenimento della condizione di omocineticità della trasmissione durante il movimento contemporaneo di più motori. L’invenzione riguarda conseguentemente nuove architetture di polsi disaccoppiati ed omocinetici, a due e tre gradi di libertà. Esse sono caratterizzate da relazioni cinetostatiche d’ingresso-uscita costanti e da spazi di lavoro adeguatamente ampi. Si ritiene che i risultati conseguiti siano di valore per la sintesi topologica e dimensionale di polsi omocinetici scevri da singolarità cinematiche dirette.
I meccanismi in catena chiusa, ed in modo particolare i meccanismi paralleli, esibiscono notoriamente particolari vantaggi rispetto a quelli seriali, sopratutto in virtù della possibilità di
i) distribuire il carico agente sul membro di uscita su molteplici catene cinematiche colleganti lo stesso al telaio;
ii) ridurre l’inerzia delle parti in movimento collocando i motori in prossimità del telaio.
I potenziali vantaggi che ne scaturiscono consistono in un elevato carico pagante rispetto al peso proprio del robot, una maggiore rigidezza e migliori prestazioni dinamiche. Svantaggi comuni sono, invece, una minore destrezza, relazioni cinematiche complesse, un minore spazio di lavoro, più gravi conseguenze causate dalle configurazioni singolari. Mentre i meccanismi in catena sia chiusa sia aperta soffrono le singolarità della cinematica inversa, naturalmente associate con una perdita locale di destrezza del membro terminale, soltanto quelli in catena chiusa sono sottoposti alle singolarità della cinematica diretta. Queste sono particolarmente gravi, poiché inficiano la trasmissione cinetostatica delle forze e delle velocità, rendendo il meccanismo localmente incontrollabile (Gosselin e Angeles, 1990).
Al fine di superare tali inconvenienti, la semplificazione del progetto cinematico può svolgere un ruolo importante, attraverso:
- la sintesi di meccanismi in catena chiusa il cui membro terminale generi, in funzione dei compiti richiesti, tipologie di movimento che necessitino meno di sei gradi di libertà (nel seguito i gradi di libertà saranno indicati con l’acronimo “gdl†);
- il parziale o totale disaccoppiamento dell’ attuazione del movimento, ossia la correlazione di ciascun gdl d’uscita ad un numero di variabili d’ingresso il più limitato possibile (preferibilmente uno solo);
- il conseguimento di relazioni cinetostatiche atte a governare la trasmissione di forze e velocità dagli attuatori al membro terminale che siano quanto più uniformi à ̈ possibile nello spazio di lavoro.
Il conseguimento di tali obiettivi può produrre trattazioni matematiche meno complesse, un controllo più semplice e migliori prestazioni in tempo reale, una migliore operatività cinematica e limitati problemi di singolarità, spazi di lavoro più ampi ed una più diretta correlazione tra gli intervalli di movimento degli attuatori e le dimensioni dello spazio di lavoro.
L'approccio sopra descritto à ̈ stato applicato con successo ad alcune classi di macchine parallele. In particolar modo, sono state concepite speciali famiglie di meccanismi per movimenti traslatori (Carricato e Parenti-Castelli, 2002; Kong e Gosselin, 2002) e di Schoenflies (Kong e Gosselin, 2003; Carricato, 2005) (un corpo rigido possiede un moto di Schoenflies se può traslare nello spazio e ruotare intorno ad una direzione costante), le quali esibiscono relazioni cinetostatiche d’ingresso-uscita disaccoppiate e costanti. Di conseguenza, il moto risulta completamente disaccoppiato (ciascun motore, collocato a telaio, attua direttamente un gdl del membro terminale), le matrici Jacobiane sono costanti, l’analisi cinematica à ̈ immediata, non à ̈ richiesta computazione per il controllo in tempo reale. In molti casi, tali meccanismi sono anche scevri da singolarità ed il loro comportamento cinetostatico risulta isotropo in tutto lo spazio di lavoro.
Gli obiettivi su menzionati sono purtroppo di più difficile realizzazione allorché il membro terminale debba possedere più di un gdl di rotazione. In questo caso, sono stati conseguiti solo obiettivi parziali, ristretti a sistemi di puntamento in catena chiusa a due gdl il cui membro terminale si limiti a ruotare intorno a due assi concorrenti. Carricato e Parenti-Castelli (2004α), Gogu (2005), Hervé (2006) e Vertechy e Parenti-Castelli (2006) hanno presentato vari congegni di questo tipo. In tali meccanismi, i gdl sono disaccoppiati, poiché ciascun motore controlla in maniera indipendente uno degli angoli di Eulero descriventi Γ orientamento del membro terminale, ma le relazioni cinetostatiche d’ingresso-uscita non sono costanti, eccezion fatta per la soluzione proposta da Gogu (2005), la quale, tuttavia, non à ̈ scevra da singolarità. Per quanto noto all’Inventore, il problema della trasmissione disaccoppiata ed omocinetica del moto ad un corpo libero di ruotare nello spazio non à ̈ stato, ad oggi, risolto nella sua forma generale.
In tale prospettiva, la presente invenzione si basa su uno studio originale della trasmissione di moto rotatorio, con rapporto di trasmissione costante, tra attuatori collocati su un telaio fisso ed il membro terminale di un polso robotico in catena chiusa. Si dimostra nel seguito, da un lato, l’impossibilità teorica di conseguire relazioni disaccoppiate e costanti tra le velocità dei motori e le componenti della velocità angolare del membro terminale nei polsi olonomi; dall’ altro, s’illustra la fattibilità concettuale e l’interesse pratico nel generare relazioni di questo tipo tra le velocità dei motori e le derivate nel tempo delle coordinate generalizzate descriventi l’orientamento del membro d’uscita. Si descrivono quindi polsi in catena chiusa che implementano relazioni di quest’ultimo tipo.
Il raggiungimento degli obiettivi su menzionati verte sull 'impiego di giunti omocinetici (cosiddetti CV). Questi ultimi sono ampiamente studiati in letteratura ed il loro utilizzo per Γ accoppiamento di alberi à ̈ pratica comune in campo sia automobilistico sia industriale (Dudità, 1974; Zagatti, 1983; Seherr-Thoss, Schmelz e Aucktor, 2006). In robotica, catene cinematiche basate su giunti CV sono state occasionalmente impiegate all’ interno di manipolatori paralleli per moto misto a due o tre gdl (cff., per esempio, Dunlop e Jones, 1997; Tischler, Hunt e Samuel, 1998; Sone, Isobe e Yamada, 2004; Zlatanov e Gosselin, 2004), ma solo raramente si à ̈ tentato di sfruttare le loro intrinseche proprietà cinematiche al fine di conseguire relazioni omocinetiche d’ingresso-uscita in meccanismi articolati a più gdl. Idee basilari in tal senso possono riscontrarsi in taluni polsi industriali, come ad esempio quelli descritti da Rosheim (1989, pp. 115-118) e Milenkovic (1990), ma i problemi associati alla preservazione delle proprietà omocinetiche della trasmissione durante l’azione simultanea di più motori non à ̈ stato mai specificamente affrontato, con la significativa eccezione di Gogu (2006, 2007). Questi si à ̈ concentrato su quest’obiettivo, attuando (in maniera remota) le coppie rotoidali di un polso seriale attraverso trasmissioni basate su giunti CV. Le soluzioni da lui prospettate sono, tuttavia, erronee. Ciò dipende essenzialmente dal fatto che, nonostante le implicazioni derivanti dal loro nome (probabilmente fuorviante), i giunti CV non garantiscono, in generale, eguali velocità tra i membri che essi accoppiano, a meno che alcune condizioni non siano verificate. Tale problema, implicitamente riconosciuto dalla letteratura dedicata alle trasmissioni e sospensioni d’impiego automobilistico (Matschinsky, 2000), à ̈ stato studiato molto raramente nello specifico (un’eccezione può trovarsi in Porat (1980)) e non à ̈ né citato né affrontato dai trattati specialistici relativi all’ argomento (Dudità, 1974; Zagati, 1983; Seherr-Thoss, Schmelz e Aucktor, 2006). Ciò può produrre fraintendimenti circa il funzionamento dei giunti CV e può portare ad applicazioni incorrete in cui essi non funzionano come ci si atenderebbe. Nel contributo, tale tema à ̈ affrontato nel dettaglio e si rivelano le condizioni necessarie e sufficienti per garantire la preservazione dell’omocineticità della trasmissione in condizioni di moto generale.
Un primo approccio all’argomento può trovarsi in Carricato (2007). Tuttavia, le conclusioni raggiunte in questo lavoro sono incomplete. Infatti, lo schema di principio proposto nella figura 9 (qui non riportata) mostra le relazioni geometriche che permettono la realizzazione di un polso la cui attuazione non à ̈ completamente disaccoppiata. Peraltro, non à ̈ fornito alcun meccanismo concreto che implementi la soluzione generale proposta.
Scopo della presente invenzione à ̈ dunque quello di realizzare la trasmissione omocinetica e disaccoppiata di moto rotatorio da due o tre motori con asse fisso al membro terminale di un polso robotico (ovvero di un meccanismo rotazionale), in modo da superare gli inconvenienti e risolvere i problemi della tecnica anteriore.
E’ oggetto della presente invenzione un meccanismo rotazionale in catena chiusa con attuazione disaccoppiata ed omocinetica del moto di un corpo rotante nello spazio con tre gradi di libertà intorno ad un punto fisso O, il meccanismo rotazionale comprendendo un telaio 0 e:
un motore rotativo M\avente l’asse <3⁄4 del proprio rotore fisso al telaio 0;
tale motore aziona una prima coppia rotoidale 7l\e controlla il moto
rotatorio di un membro 1 attorno ad un asse al≡ ax;
un motore rotativo _M2avente l’asse a2del proprio rotore fisso al telaio 0;
tale motore genera il moto rotatorio di un membro 2 attorno all’asse<3⁄4 e, attraverso una catena di connessione interposta tra il membro 2 ed un membro 2, aziona una seconda coppia rotoidale 73⁄4 di asse a2, controllando
in tal modo il moto rotatorio del membro 2 attorno all’asse<3⁄4;
un motore rotativo M3avente l’asse<3⁄4 del proprio rotore fisso al telaio 0;
tale motore genera il moto rotatorio di un membro 3 attorno all’asse <3⁄4 e, attraverso un’opportuna catena di connessione interposta tra il membro 3 ed un membro 3, aziona una coppia rotoidale 73⁄4 di asse a3, controllando in
tal modo il moto rotatorio del membro 3 attorno all’asse <23;
una connessione rigida tra dette coppie rotoidali TZ\e 73⁄4 costituente il
membro 1;
una connessione rigida tra dette coppie rotoidali 73⁄4 ed 73⁄4 costituente il
membro 2;
ed essendo tale che:
gli assi dei motori Mi, Mi e M3 e gli assi delle coppie rotoidali Hi, 73⁄4
ed 73⁄4 concorrono tutti nello stesso punto fisso O;
- sono presenti catene di connessione Q22e Q33, ciascuna avente connettività pari a cinque, per la trasmissione del moto rispettivamente tra i membri 2 e 2 e tra i membri 3 e 3, collocate intorno al punto fisso O in modo da evitare qualsiasi mutua interferenza meccanica, e tali che le coppie cinematiche che implementano i torsori cinematici $<J>m(/<'>= 1,2, 3 ,4, 5) di Qmn, con mn = 22 e 33, sottostanno alla condizione di
bilaterale simmetria rispetto a Σ^, con mn = 22 e 33, dove à ̈ il piano bisettore della catena di Q , ovvero il piano rispetto al quale gli assi am, con m = 2 e 3, e a„, con n = 2 e 3, sono bilateralmente simmetrici;
il meccanismo rotazionale in catena chiusa essendo caratterizzato dal fatto che:
- il motore M3 à ̈ montato coassialmente al motore Mi, ovvero l’asse <3⁄4
coincide con gli assi ai e ai, lo statore del motore M3 essendo collocato
sul membro 1 ;
- l’angolo tra gli assi ai ed «2, l’angolo tra gli assi a 1 ed<3⁄4, e l'angolo tra gli assi a2ed a3hanno tutti uno stesso identico valore.
Preferibilmente secondo l’invenzione, dette catene di connessione Q22e C3⁄43sono catene 7ZS7Z o 7ZS7Z, anche diverse tra loro, dove 71 à ̈ una coppia
rotoidale, S una coppia sferica o un insieme di coppie cinematiche ad essa
equivalente e £ Ã ̈ una coppia piana o un insieme di coppie cinematiche ad essa
equivalente.
Preferibilmente secondo Γ invenzione, viene utilizzata una catena CR,C, che
à ̈ un caso particolare della catena 71871 ed in cui le coppie cilindriche C sono
parallele agli assi ame a„, con (m, ri) = (2, 2) o (3, 3), e la coppia rotoidale 7Z à ̈
perpendicolare ad essi.
Preferibilmente secondo Γ invenzione, viene utilizzata una catena I/PU,
che à ̈ un caso particolare della catena 7ZS7Z ed in cui gli assi più esterni delle
coppie universali U sono bilateralmente simmetrici rispetto a quelli più
interni sono paralleli a ∑m„ e la coppia prismatica intermedia V à ̈ perpendicolare
agli assi interni delle coppie universali.
Preferibilmente secondo Γ invenzione,:
- la catena di connessione 2 -2 à ̈ costituita da un giunto di Clemens, che à ̈ un caso particolare della catena 7ZS1Z\
- la catena di connessione 3 -3 à ̈ costituita da un doppio giunto di Cardano, che à ̈ un caso particolare della catena l/PU.
L’invenzione sarà ora descritta a titolo illustrativo ma non limitativo, con particolare riferimento ai disegni delle figure allegate, in cui:
la figura 1 mostra due architetture generali di polsi in catena chiusa attuati mediante motori installati a telaio;
la figura 2 mostra un giunto omocinetico (CV) per alberi incidenti;
la figura 3 mostra un giunto CV interposto tra alberi la cui posa relativa à ̈ variata mediante una catena cinematica sferica costituita da tre coppie rotoidali.
la figura 4 mostra una generica catena di connessione di un giunto CV per alberi incidenti;
la figura 5 mostra l’attuazione disaccoppiata ed omocinetica di un polso a due gdl mediante Γ impiego di una trasmissione con giunto CV;
la figura 6 mostra lo schema di principio per l’attuazione omocinetica remota della terza coppia rotoidale di un polso a tre gdl;
la figura 7 mostra l’attuazione disaccoppiata e omocinetica di un polso in catena chiusa a tre gdl tramite una trasmissione impiegante giunti CV, secondo l’invenzione;
la figura 8 mostra un polso a due gdl disaccoppiato e omocinetico con giunto di Koenigs auto-portante, secondo l’invenzione;
la figura 9 mostra un polso disaccoppiato e omocinetico a due gdl impiegante una catena di connessione UU ed un sistema di centratura: in
(a) vi à ̈ il modello del polso, secondo l’invenzione; in (à ̈) il sistema di reazioni vincolali imposto dalla catena UU\ in (c) il sistema di centratura,
secondo l’invenzione;
la figura 10 mostra un polso disaccoppiato ed omocinetico a tre gdl impiegante catene di connessione di Clemens e di Hooke, secondo l’invenzione.
Basandosi sui risultati sopra citati, si presentano, dunque, nuove architetture secondo l’invenzione di polsi disaccoppiati ed omocinetici a due e tre gdl, impieganti trasmissioni basate su giunti CV. Poiché questi ultimi sono componenti commerciali di facile reperibilità, le soluzioni descritte, particolarmente quelle concernenti i meccanismi a due gdl, sono particolarmente semplici ed efficaci, garantendo relazioni cinetostatiche d’ingresso-uscita costanti ed ampi spazi di lavoro. In alternativa, i giunti CV commerciali possono sostituirsi con sistemi articolati equivalenti in catena aperta (detti catene dì connessione da Hunt (1973, 1978)), fornendo un’ampia varietà di possibilità sia concettuali sia pratiche. Ciò può essere particolarmente utile nel progetto di meccanismi a tre gdl, al fine di superare i problemi d’interferenza insorgenti allorché occorre allocare le catene di trasmissione addizionali necessarie per attuare il terzo gdl del membro terminale. Come applicazione concreta della formulazione matematica, sono fomiti modelli esemplificativi di polsi a due e tre gdl, con attuazione disaccoppiata ed omocinetica.
Per quanto riguarda la nomenclatura adottata nell'articolo, i simboli 7Î ̄, V,
1Z, C, li, S e S sono impiegati per designare, rispettivamente, le coppie
cinematiche elicoidali, prismatiche, rotoidali, cilindriche, universali, piane e sferiche; la locuzione “giunto di Hooke†à ̈ utilizzata per designare il doppio giunto di Cardano (cfi. Seherr-Thoss, Schmelz e Aucktor 2006, p. 8-9). La sottolineatura denota un membro collegato ad un attuatore, così come le quantità che ad esso fanno riferimento. La locuzione “sistema-^ di torsoli†designa un sottospazio vettoriale di torsori di dimensione j.
Formulazione del problema
Si consideri un meccanismo a n gdl (1 < n ≤ 6), ove A à ̈ il telaio, g à ̈ il membro terminale, t e ω sono rispettivamente il torsore cinematico (i.e. l’atto di moto) e la velocità angolare di g rispetto ad A, w à ̈ il torsore statico (i.e. la forza generalizzata) generato dagli attuatori su g. Se g ha n gdl specifici e predeterminati, 6 —n elementi di t sono costantemente uguali a zero e 6 —n elementi di w non richiedono azioni motrici per essere generati, scaturendo direttamente dalle reazioni vincolari. Tali elementi possono essere trascurati e l’attenzione può essere riposta soltanto sulle componenti rilevanti di t e w (raccolte nei vettori t e w , rispettivamente).
Se q e f sono i vettori contenenti, rispettivamente, le variabili di movimento e le forze/coppie prodotte dai motori, i vincoli cinematici del meccanismo, assunti olonomi (se tutti i vincoli sono olonomi, la postura del membro terminale à ̈ determinata unicamente dagli spostamenti generati dai motori ed un insieme finito di posture di g corrisponde, in genere, ad un valore assegnato di q), possono esprimersi nella forma
(1) 3⁄4<=>>
ove Jdire Jmvsono matrici nxn (dipendenti dalla configurazione) note come matrici jacobiane della cinematica diretta e inversa, rispettivamente.
Se si trascura rattrito e l’inerzia dei membri (nonché il loro peso proprio), il principio dei lavori virtuali garantisce:
(2) f =(<j>;X,)<T>w.
Le eqq. (1) e (2) forniscono le velocità e le forze che i motori devono produrre per generare assegnati torsoli cinematici e statici sul membro terminale. Le stesse equazioni dimostrano che quanto più Jime 3dirsono prossime ad essere singolari, maggiori risultano tali velocità e forze. In particolare, non esiste un valore finito di q che consente di ottenere un torsore cinematico arbitrario in una singolarità inversa (il membro terminale perde almeno uno dei suoi gdl) e non esiste un valore finito di f che permetta di ottenere un torsore statico arbitrario in una singolarità diretta (alcuni gdl diventano incontrollabili) (Gosselin and Angeles, 1990).
Se Jinve J arsono matrici diagonali e costanti, le eqq. (1) e (2) diventano, rispettivamente,
(3) W =*.<">' [*], â– 
W [<f>l =*,[*],·
ove kjà ̈ una costante non nulla (i=l ...«). In questo caso, dunque,
• il moto à ̈ completamente disaccoppiato;
• tutte le forze e velocità prodotte dagli attuatoli sono sempre disponibili sul membro terminale senza effetti distorcenti indotti dalla trasmissione meccanica, la quale risulta omocinetica.
È importante osservare che relazioni analoghe alle eqq. (3)-(4) possono conseguirsi anche qualora le matrici 3inve 3dirrisultino proporzionali e non necessariamente costanti. In questo caso, tuttavia, la trasmissione del moto, sebbene ancora generalmente omocinetica, non risulta globalmente uniforme, poiché gli elementi di Jinve 3dir, pur mantenendo un rapporto costante, possono variare durante il movimento, alterando il modo in cui forze e velocità sono trasmessi. Si può dire in termini statici che, mentre le azioni prodotte dagli attuatori continuano ad essere disponibili inalterate sul membro terminale, le forze che trasmettono tali azioni all’interno della trasmissione cinematica possono subire effetti di scala, raggiungendo valori insostenibili in prossimità delle configurazioni in cui gli elementi di Jinve Jdirpervengono a zero simultaneamente (originando configurazioni di cosiddetta incertezza (Hunt, 1978) o accresciuta mobilità istantanea (Zlatanov, Fenton and Benhabib, 1995)).
Alcuni manipolatori innovativi per moti traslazionali e di Schoenflies esibiscono le relazioni cinetostatiche espresse dalle eqq. (3)-(4) e ne ostentano le conseguenti rimarchevoli proprietà (Carricato e Parenti-Castelli, 2002; Kong e Gosselin, 2002, 2003; Carricato, 2005). Appare quindi naturale ricercare analoghe realizzazioni per meccanismi il cui membro terminale sia animato da moti rotatori più complessi. Tuttavia, à ̈ facile vedere come non sia possibile conseguire relazioni disaccoppiate e costanti tra le velocità dei motori e le componenti &>, (in un sistema di coordinate indifferentemente posto su g o Pi) della velocità angolare di g, qualora quest’ultimo ruoti intorno a più di una direzione e s’impieghino soltanto vincoli olonomi. Infatti, assumendo che almeno due componenti di ω siano non nulle ed indipendenti, e chiamando q<r>il vettore contenente le variabili attuate responsabili delle rotazioni d’uscita, qualora valga
(5) q<r>=K(D
e K sia una matrice diagonale costante, si può immediatamente verificare che il legame cinematico tra A e g non possa essere olonomo. Infatti, se φ à ̈ il vettore contenente tre parametri generici descriventi Γ orientamento di g relativamente a A, esiste sicuramente una matrice Α(φ) tale per cui valga (Wittenburg, 1977)
(6) ω = Α(φ) · φ
e dunque, dopo aver sostituito l’eq. (6) nell’eq. (5), valga anche
(7) dq' = K ■ Α(φ) ■ dq> .
Un ben noto risultato della cinematica del corpo rigido assicura che la forma differenziale nell’eq. (7) sia integrabile soltanto qualora % ruoti intorno ad una direzione costante (Wittenburg, 1977). Come conseguenza diretta, la relazione (5) non può essere realizzata nel caso in cui g abbia almeno due gdl di rotazione rispetto a A ed esistano soltanto vincoli olonomi tra di essi. Naturalmente, tale ragionamento non preclude la possibilità di realizzare un accoppiamento anolonomo tra Λ e 5 tale che l’eq. (5) sia soddisfatta. Il simulatore di moto Atlas, per esempio, adopera una trasmissione basata su ruote omnidirezionali per generare una relazione costante tra q' e ω (Robinson et al., 2005). L’imprescindibile conseguenza indotta dalla presenza di vincoli anolonomi, tuttavia, consiste nella perdita di un legame deterministico tra gli spostamenti dei motori e la posa del membro terminale (la quale può ricostruirsi solo conoscendo l’intera evoluzione temporale del moto).
Visto che, utilizzando vincoli olonomi, à ̈ impossibile conseguire una relazione del tipo espresso nell’eq. (5), un’alternativa praticabile appare essere la ricerca di relazioni disaccoppiate e costanti tra le variabili q. e le derivate nel tempo delle coordinate generalizzate descriventi Γ orientamento di g, vale a dire
(8) q<r>= Κφ .
Un’immediata interpretazione fisica che giustifica l’interesse pratico di una simile scelta consegue allorché si scelgano angoli di Eulero (o di Cardano) come variabili φ. Infatti, angoli siffatti rappresentano rotazioni successive intorno agli assi di tre coppie rotoidali virtuali 3⁄4 (f=l,2,3), disposte in serie e concorrenti
nello stesso punto, del tipo rappresentato in Fig. 1 a dalla catena sferica in linea continua (gli angoli di Eulero rappresentano normalmente rotazioni di corpo rigido sequenziali intorno agli assi di un riferimento ortogonale; tuttavia, la condizione di ortogonalità non à ̈ necessaria e qui non sarà imposta, gli angoli tra gli assi delle coppie 7 Zi essendo lasciati generici). Le derivate nel tempo φιsono
le componenti (non necessariamente ortogonali) di ω lungo tali assi e coincidono, ovviamente, con le velocità relative tra i membri collegati dalle coppie 7Zi, vale a
dire
(9) ω-^η, ^ ^,
ove u, à ̈ un versore lungo l’asse a, di 3⁄4 (3⁄4 à ̈ identicamente nullo allorquando £
ha soltanto due gdl di rotazione).
In questa prospettiva, il problema si reduce alla ricerca di una strategia per attuare, in modo remoto e con relazioni disaccoppiate e costanti, le coppie rotoidali di un polso sferico seriale, rappresentante la catena virtuale corrispondente al moto rotatorio di £ (una catena virtuale à ̈ definita da Kong e Gosselin (2005) come la più semplice catena seriale in grado di realizzare una data tipologia di movimento).
Per semplicità, questo contributo considera solo il caso in cui £ possegga un moto puramente rotatorio intorno ad un punto fisso O (q=q<r>), secondo lo schema rappresentato in Fig. 1 a, nel quale le tre catene di trasmissione %
(indeterminatamente rappresentate mediante linee tratteggiate) sono trascinate dagli attuatori rotativi Mi, installati a telaio, e devono trasmettere il moto, in
maniera omocinetica, alle coppie rotoidali della catena sferica passiva la
quale vincola £ ad A. In effetti, visto che la coppia TZ\può essere attuata dal
motore M\in modo diretto, il vero problema consiste nel progettare le catene di
trasmissione (Fig. 16).
È importante sottolineare una fondamentale differenza tra la soluzione qui proposta e quelle disponibili per meccanismi traslazionali e di Schoenflies. Questi ultimi, infatti, esibiscono relazioni disaccoppiate e costanti tra le velocità dei motori e le componenti del torsore cinematico d’uscita, il che elimina sia le singolarità dirette sia quelle inverse. La soluzione qui proposta, invece, poiché tale obiettivo non à ̈ raggiungibile per meccanismi di orientamento, intende realizzare trasmissioni omocinetiche disaccoppiate tra motori installati a telaio ed i giunti di un polso seriale, cioà ̈ ambisce a convertire la cinematica di un dispositivo d'orientamento in catena chiusa nella cinematica (molto più semplice) di una catena sferica seriale. Di conseguenza, mentre tale soluzione ottiene il risultato di eliminare potenzialmente le singolarità dirette, non sortisce effetto sulle singolarità inverse (invero meno problematiche) inerenti la catena seriale. Naturalmente, tali singolarità coincidono con quelle della matrice Α(φ) che trasforma φ in ω (cff . Eq. (6)) e si verificano (per un polso a tre gdl) quando gli assi dei giunti sono complanari.
In effetti, la maggior parte dei polsi d’impiego industriale sono progettati secondo lo schema illustrato in Fig. 16. Quivi, però, il moto à ̈ trasmesso da motori remoti alle coppie rotoidali di una catena sferica seriale mediante rotismi epicicloidali complessi (Rosheim ,1989; Belfiore, 1993; Tsai, 1999) e la trasmissione à ̈ generalmente accoppiata, sebbene attraverso relazioni lineari in forma triangolare del tipo (Tsai, 1988)
(10) ΦΠ=Φ2{^ΛΠ), 3⁄4 = 3⁄4(3⁄4»?2.ft)·
Nei meccanismi d'orientamento con architettura parallela, l’accoppiamento à ̈ molto più forte (cfr. per esempio Innocenti e Parenti-Castelli, 1993; Gosselin e St-Pierre, 1997; Vischer e Clavel, 2000; Kong e Gosselin, 2004).
Polsi perfettamente disaccoppiati ed omocinetici possono offrire dei benefici. Inoltre, la maggior parte delle trasmissioni basate su giunti omocinetici presentate in questo articolo possono realizzarsi mediante sistemi articolati. Questi possono permetere il miglioramento delle prestazioni del polso in termini di rumore, vibrazioni e gioco rispeto alle controparti basate su treni d’ingranaggi.
Infine, si può osservare che, per realizzare un movimento spaziale a sei gdl, includente le traslazioni, à ̈ possibile montare un dispositivo d’orientamento del tipo in Fig. 1 b sulla piattaforma traslante di un meccanismo parallelo traslazionale (Carricato e Parenti-Castelli 20046). In questo caso, i giunti Λ4, sono
passivi ed il moto à ̈ ad essi trasmesso da motori installati a telaio mediante giunti omocinetici indipendenti per alberi paralleli (Hunt 1973).
La trasmissione omocinetica del moto mediante giunti omocinetici
La teorìa dei giunti omocinetici (CV)
Hunt (1973, 1978) descrive un generico giunto CV come un organo di
trasmissione che permete a due alberi m ed n di essere comunque collocati l’uno rispeto all’altro, garantendo che in ogni posa si abbia |ω„ο|=|ωΜΠ̧|, ω„ο e ω„0essendo le velocità dei due alberi rispeto ad un comune sistema di riferimento. Si dimostra che, per garantire la validità di tale condizione per moti finiti, gli assi dei due alberi devono intersecarsi (Fig. 2). Il giunto ha dunque connettività pari a due o tre a seconda che permetta di variare la sola angolazione tra i due alberi o consenta anche la traslazione del punto di intersezione (giunto a libertà assiale). La trasmissione del moto tra assi sghembi può essere otenuta ricorrendo ad un terzo albero intermedio, connesso ai precedenti mediante due giunti del tipo descrito.
L’argomento fondamentale alla base di ogni teoria relativa alla trasmissione omocinetica del moto tra alberi incidenti consiste nell’osservazione che, dovendo essere |ω„0| = |ω^ο|, la velocità relativa (ùnm= ω„0-ω^ο dev’essere parallela al piano bisetore ∑m„, definito come il piano rispeto al quale gli assi ame a„ dei due alberi sono bilateralmente simmetrici (ossia il piano contenente la loro normale comune e la bisettrice relativa). Per risultare omocinetico, quindi, un giunto deve garantire che il torsore cinematico $„M= $„0— $Mo del moto relativo tra i due alberi giaccia esattamente su ∑„„. Più specificamente, un giunto CV a libertà assiale deve vincolare ad appartenere ad uno speciale sistema-tre del quarto tipo, contenente tutti i torsoli a passo nullo giacenti su ∑m„ e quelli a passo infinito ad esso perpendicolari, mentre un giunto CV a centro fisso deve vincolare ad appartenere ad uno speciale sistema-due costituente un sottoinsieme del precedente, contenente il fascio piano di torsoli a passo nullo passanti per O (punto d’intersezione degli assi degli alberi) e giacente su ∑m(Hunt, 1973, 1978).
Poiché un sistema-tre del quarto tipo a passo nullo à ̈ reciproco a se stesso, le reazioni vincolali generate dal giunto CV devono costituire un campo piano di forze giacente su ∑m. Un sistema di vincoli di questo tipo può essere ottenuto accoppiando gli alberi con un minimo di tre catene di connessione disposte in parallelo, ciascuna avente connettività pari a cinque ed in grado di esercitare una forza vincolare giacente su ∑m. Hunt (1973, 1978) fornisce una lista completa di tutte le catene cinematiche impiegabili a tal fine (cfi\ la Tabella 1 del primo riferimento bibliografico e la corrispondente nota a p. 397 del secondo). Un giunto CV del tipo descritto à ̈ detto auto-portante, poiché non necessita di ulteriori vincoli cinematici per garantire l’incidenza degli assi degli alberi. Quando la centratura à ̈ invece garantita mediante organi ausiliari, tipicamente una coppia sferica centrata in O, à ̈ sufficiente l’impiego di una sola catena di connessione, purché la forza che questa genera non passi per O (la coppia sferica produce già un fascio completo di forze passanti per questo punto). In tal caso, il sistema di torsoli vincolali genera uno speciale sistema-quattro del primo tipo ed il giunto risulta a centro fisso.
La generica catena di connessione Qm„, dalla quale le altre derivano come
casi particolari, Ã ̈ rappresentata in Fig. 4 (Hunt, 1973, 1978). La condizione fondamentale cui i torsoli cinematici di devono sottostare consiste nella
bilaterale simmetria rispetto a ∑m„. In particolare, $<J>me (/<'>= 1,2) devono avere
passi opposti di egual modulo, mentre $^„ deve avere passo nullo e giacere su ∑m, ad una distanza finita o infinita dagli altri torsoli (se la distanza à ̈ infinita, à ̈ equivalente ad un torsore di passo infinito perpendicolare a ∑m„).
Dal punto di vista applicativo, un torsore cinematico di passo h à ̈ realizzabile mediante ima coppia elicoidale dello stesso passo; un torsore cinematico di passo nullo à ̈ realizzabile mediante una coppia rotoidale; un torsore cinematico di passo infinito à ̈ realizzabile mediante una coppia prismatica; una qualunque disposizione piana di coppie prismatiche parallele a un piano e di coppie rotoidali perpendicolari ad esso (avente 3gdl) à ̈ equivalente ad una coppia piana; una qualunque disposizione di coppie rotoidali convergenti in un punto (avente 3gdl) à ̈ equivalente ad una coppia sferica; due coppie rotoidali convergenti in un punto sono equivalenti ad una coppia universale.
Per evidenti ragioni pratiche, le catene di connessione costituite esclusivamente da torsori aventi passo nullo o infinito acquisiscono speciale rilevanza, particolarmente se e $m<5>sono realizzati mediante coppie 7 Z disposte
simmetricamente a ∑m, e se $««, $m<3>e sono scelti in modo tale da essere equivalenti ad una coppia £ la cui normale sia parallela a ∑mno ad una coppia S il
cui centro giaccia su ∑m„. Tali catene di connessione possono riferirsi come TZ£TZ
e 1ZSJZ, rispettivamente. Un caso particolare della catena 7Z£TZ dà origine alla
catena CJZC, in cui le coppie C sono parallele agli assi degli alberi e la coppia TZ Ã ̈
perpendicolare ad essi. Un altro caso particolare della catena TZ£TZ dà origine alla
catena IÀPIÀ, in cui gli assi più esterni delle coppie universali sono bilateralmente
simmetrici rispetto a ∑„„, quelli più interni sono paralleli a ∑m„ e la coppia prismatica intermedia à ̈ perpendicolare agli assi interni delle coppie universali. Qualora, o nella catena 7Z£TZ o nella catena 7ZSJZ, si sopprima e si
dispongano gli assi dei rimanenti torsori in modo tale che essi convergano, su ciascun lato di ∑m, in punti simmetrici degli assi degli alberi, si ottiene una catena particolare di tipo MA, avente connettività pari a quattro anziché cinque (si veda nel seguito Γ ultima sezione prima delle conclusioni, Fig. 9).
La non-omocineticità della trasmissione in condizioni dì moto generico
È stato anticipato nell’Introduzione che i giunti CV non garantiscono, in generale, l’uguaglianza tra le velocità dei membri che essi connettono, a meno che non siano soddisfatte particolari condizioni. La trattazione della sezione precedente, infatti, presume implicitamente che sussista parallelismo tra gli assi degli alberi e la direzione delle rispettive velocità angolari rispetto al telaio (Fig. 2). Ciò equivale ad assumere che gli assi degli alberi non mutino la propria posa relativa durante la trasmissione omocinetica del moto (pur potendo tale posa essere arbitraria). La stessa descrizione proposta all’inizio della sezione “La trasmissione omocinetica del moto mediante giunti omocinetici†suggerisce che un giunto CV debba consentire la variazione della posa relativa dei due alberi, ma che la trasmissione del moto à ̈ da intendersi uniforme solo allorché tale posa rimanga costante. Quando quest’ultima varia (cfr. Porat, 1980): i) à ̈ necessaria una nuova definizione di “trasmissione omocinetica†, poiché gli alberi m ed n possiedono in tal caso una diversa connettività rispetto al telaio e la definizione originale di rapporto di trasmissione risulta ambigua; ii ) qualunque definizione si scelga (verranno fomiti tre esempi), la trasmissione non potrà più in generale essere considerata omocinetica.
Nella Fig. 3, l’orientamento relativo tra gli assi degli alberi (m = 3, n= 3) à ̈ modificato tramite due coppie rotoidali concorrenti attuate, disposte in serie rispetto al mozzo dell’albero n (catena 3⁄4!3⁄43⁄4)â– Al fine di definire un “rapporto
di trasmissione†tra i due alberi, occorre scegliere un’unica grandezza scalare, associata con la velocità angolare di n, da comparare alla velocità del motore M.m.
Tale scelta non à ̈ univoca. Possibili candidati (correlati in qualche modo alla definizione originale di rapporto di trasmissione tra gli alberi m ed ri) sono: /<'>) il modulo della velocità relativa tra l’albero n ed il suo mozzo (ovvero la velocità angolare della coppia 7Z„); ii) la proiezione IcoU di to„o su a„ (gli apici |[ e _L indicano, rispettivamente, le componenti di un vettore nella direzione parallela ed in quella normale ad a„); iii) il modulo |ω„0| di co„o. In Carricato (2007) si utilizza un semplice esempio per dimostrare che, qualora il mozzo dell’albero n si muova in modo arbitrario (vale a dire qualora |ω„_1ι0| muti in modo generico), nessuna di queste quantità à ̈ in generale uguale a |ωΜΠ̧|.
In particolare, per gli scopi di questo studio, à ̈ importante dimostrare che |ω„0|=|ω,Î1⁄2!-1[ se e solo se ω„_1>0giace sul piano bisettore ∑m„ (poiché tutti i membri si muovono di moto sferico attorno ad O, conviene rappresentare i torsoli cinematici semplicemente attraverso le corrispondenti velocità angolari applicate in O). Ciò può realizzarsi considerando che due vettori paralleli ad ame ad a„ (e diretti come $Mo e $n,n-\in Fig. 3) hanno lo stesso modulo se e solo se la loro differenza giace su ∑m„. Dunque, ricordando che à ̈ vincolato a giacere su ∑me che ω„0= ω™+ ω„0= ω ω*-1>0, si ha
(Π) ω mO “= Κ„-ιI « (“Lo - ) e ∑„ <=> (ο>„„ ω„0- ωη η_, ) = ω„_1>0e ∑„
In base a quanto noto all’Inventore, il risultato espresso dall’eq. (11) à ̈ qui presentato per la prima volta [L’equazione (11) fornisce un risultato più generale di quello deducibile dal lavoro di Porat. Infatti, Porat (1980) studia una trasmissione omocinetica che può dimostrarsi essere equivalente ad uno speciale arrangiamento di quella rappresentata in Fig. 3, dove a\e <3⁄4 sono resi rispettivamente coassiale ad<3⁄4 e perpendicolare al piano individuato da<3⁄4 e<3⁄4. Porat esprime ω30in funzione di «3⁄4 , φλe φ1, e da tale espressione il lettore può verificare che 3⁄4 =<3⁄4 se e solo se ^ = 0 , ossia se ω20à ̈ parallelo ad<3⁄4 e quindi à ̈ perpendicolare al piano contente gli assi degli alberi. Per il dato posizionamento di a\e<3⁄4, questa à ̈ la sola configurazione per la quale ω20giace sul piano bisettore. L’equazione (11) dimostra che, in generale, la perpendicolarità di ω20al piano individuato da 3⁄4 e ad a3non à ̈ una condizione necessaria per l’omocineticità delle trasmissione (anche se à ̈ condizione sufficiente)].
Da quanto detto emerge chiaramente che una trasmissione analoga a quella in Fig. 3, ossia equivalente a quella proposta da Gogu (2007), non à ̈ in grado, in generale, di garantire la trasmissione omocinetica del moto nella forma e per gli scopi descritti nella Sezione 0 (la Fig. 3 descrive, nella sostanza, l’attuazione della terza coppia rotoidale del polso seriale Έ,{Î ̄ mediante la catena cinematica
■MmJ<r>m„≡M3J<r>33,). Analoghi ragionamenti possono estendersi alla trasmissione
con doppio giunto CV impiegata da Gogu (2006) per attuare in remoto le coppie rotoidali di un polso seriale montato su una piattaforma traslante. Ulteriori dettagli a riguardo possono trovarsi in Carricato (2007), mentre un calcolo dettagliato delle velocità angolari di tutti i membri di una trasmissione di questo tipo una volta che i motori risultino bloccati può reperirsi in Matschinsky (2000).
Nuove architetture di polsi sferici a due e tre gdl con attuazione disaccoppiata ed omocinetica
La discussione sviluppata nelle sezioni precedenti dimostra come l’attuazione omocinetica delle coppie rotoidali più esterne di un polso seriale sferico non possa essere ottenuta mediante una trasmissione del tipo rappresentato in Fig. 3. Allo stesso tempo, sono state individuate condizioni che possono condurre alla progettazione di soluzioni praticabili. La Fig. 5 mostra lo schema di un polso a due gdl con attuazione remota. Mentre il primo angolo di Eulero (f>\del membro di uscita à ̈ attuato in modo diretto dalla prima coppia rotoidale della catena sferica che connette il membro terminale al telaio (TZ\≡M.\), il secondo
angolo di Eulero à ̧3⁄4 à ̈ controllato mediante la catena di trasmissione MiT-nR?.,
comprendente un giunto CV centrato in O. In accordo con l’Eq. (11), \ψι |<=>|<ω>2Î H3⁄4|<se e s>°l°<se ω>ιο giace sul piano bisettore ∑22. Tale condizione può essere facilmente ottenuta imponendo costruttivamente che a\formi angoli uguali con <3⁄4 e a2. In tal caso (e purché T∑-Lpreservi il rango del proprio sistema di
torsori vincolari per l’intero movimento), si avrà
(12) Φ\<=>Q\Φι<=>Q
L’attuazione à ̈ in tal caso perfettamente disaccoppiata ed omocinetica. E utile sottolineare che la catena M.2-M.\R-2 (cinematicamente equivalente
ad una coppia sferica) costituisce un intrinseco sistema di centratura per i membri 2 e 2, poiché genera tra i due membri un fascio completo di forze vincolari passanti per O. Ne consegue che il giunto T?∑può essere sostituito da una singola
catena di connessione (3⁄4 2, generante una forza giacente sul piano bisettore e non
passante per O. A tale scopo può essere scelta una qualunque catena tra quelle elencate da Hunt (1973), il che fornisce una grande varietà di possibili soluzioni costruttive.
Poiché i giunti CV sono componenti facilmente reperibili in commercio, la soluzione qui descritta può risultare costruttivamente più semplice rispetto a quella proposta da Gogu (2006) o quelle presentate da Carricato e Parenti Castelli (2004α), Hervé (2006) e Vertechy e Parenti-Castelli (2006) (quest’ultimo gruppo di meccanismi utilizza attuatori lineari e la trasmissione del moto, benché disaccoppiata, non risulta omocinetica). Tuttavia, impiegando giunti CV autoportanti, si otterrà una centratura “ridondante†(Seherr-Thoss, Schmelz e Aucktor 2006, p. 159) e l’accoppiamento tra i membri 2 e 2 risulterà iperstatico. A seguito di ciò, i due centraggi, pur precisamente sovrapposti, possono lavorare in maniera antagonistica, causando, sotto carico, notevoli distorsioni interne. Naturalmente, architetture isostatiche possono meglio tollerare i disallineamenti causati dalle tolleranze costruttive, dai giochi e dall’usura. La loro rigidezza, però, risulta inferiore, non potendo usufruire della ripartizione del carico su catene di connessione multiple. In taluni casi, ciò può rendere particolarmente difficoltoso garantire un accettabile comportamento cinetostatico del giunto nell’intero spazio di lavoro, in particolare quando il vincolo esercitato dalla catena di connessione, ovvero la forza deputata alla trasmissione del carico, si avvicina ad O (Hunt, 1973).
Un possibile vantaggio scaturente dall’utilizzo di una catena di connessione singola consiste nel fatto che tale soluzione non occupa interamente il volume intorno ad O, lasciando spazio a disposizione per ulteriori catene di attuazione necessarie per il controllo di meccanismi con più gdl. In effetti, l’attuazione omocinetica della coppia rotoidale più lontana dal telaio di un polso a tre gdl richiede un’architettura più complessa di quella descritta poco sopra.
In virtù dell’Eq. (11), infatti, e facendo riferimento alla Fig. 3, \φ3\ = |<ω>32| = |<73| se e solo se e>2o giace sul piano bisettore Σ33. Tuttavia, tale condizione non può realizzarsi, poiché Σ33 dovrebbe coincidere in ogni istante con il piano contenente a\ed a2, mentre per una data configurazione di quest’ultimo, la posizione di Σ33 varia con continuità seguendo le variazioni di ψ2·
D’altro canto, se un membro aggiuntivo 3 viene connesso al membro 1 tramite una coppia rotoidale 7^ (con asse a. convergente in O), in modo che a\formi angoli uguali con a3e a- e a2formi angoli uguali con a. e a3, allora ω10e
oo21giacciono sempre, rispettivamente, sui piani omocinetici Σ^. e ∑3⁄4(si veda la
Fig. 6, ove, per chiarezza, l’attuazione di 73⁄4 à ̈ stata omessa). Ne consegue che due
giunti CV concentrici e possono essere impiegati per trasmettere il moto
tra 3 e 3 e tra 3 e 3, in modo che si abbia q3= - φ3. Per evitare ovvie
problematiche d’interferenza, e possono poi convenientemente sostituirsi
con singole catene di connessione Q . e ζ}-3.
La complessità della trasmissione tra 3 e 3 à ̈ in ogni caso considerevole, la sua connettività essendo pari a dieci. Una rilevante semplificazione, che à ̈ da considerarsi pregio particolare della presente invenzione, tuttavia, può ottenersi allineando a~ con a\. In questo caso, il membro 3 ruota intorno ad un asse fisso
con velocità pari a qx+ φ^ e può ricevere il moto sia direttamente, tramite un
attuatore montato sul membro 1 coassialmente ad M\(Λ3⁄4 Fig. 7), sia
attraverso un meccanismo combinatore di velocità angolare (ad esempio, un differenziale), potenzialmente più semplice di un giunto CV.
Può essere utile notare che un aspetto importante in molte applicazioni robotiche consiste nell’adeguata destrezza del membro terminale. In tale prospettiva, i giunti CV consentono rotazioni continue degli alberi intorno ai propri assi (ovvero, dei membri m ed n attorno agli assi delle coppie M.me 1Z„),
ma possono esibire apprezzabili limitazioni dell’angolo d’articolazione (ossia, dell’angolo supplementare all’angolo 2a in Fig. 2) e pertanto della rotazione del membro n intorno all’asse an-\. Nei giunti CV a sfere, che sono tra i più impiegati in virtù della propria compattezza e robustezza, gli elementi di trasmissione sono sfere moventi entro piste ricavate su corone solidali agli alberi, e l’angolo d’articolazione à ̈ limitato dalla necessità di mantenere tali sfere entro le corrispondenti scanalature. All’interno di tale famiglia, i giunti di tipo Rzeppa (Rzeppa, 1953) consentono, nelle loro realizzazioni più recenti, angoli d’articolazione sino a ±50°. Maggiori escursioni sono ottenibili ricorrendo a giunti CV articolati, quali ad esempio i giunti di Clemens, Hooke e Koenigs (Clemens, 1869; Hervé, 1986; Seherr-Thoss, Schmelz e Aucktor 2006, pp. 8-9). I primi due tipi consentono angoli d’articolazione fino a ±90°, mentre, in alcuni brevetti relativi all’ultima tipologia, si dichiarano angoli d’articolazione sino a ±135°.
Allo scopo di dimostrare la pratica fattibilità delle architetture proposte, le Fig. 8-10 mostrano alcuni modelli di polsi a due e a tre gdl, con attuazione remota, disaccoppiata e omocinetica. In particolare, la Fig. 8 porge il modello di un polso a due gdl, impiegante un giunto di Koenigs auto-portante. Ogni catena di connessione à ̈ di tipo CRJC. Le coppie C sono parallele agli assi degli alberi e la
coppia 7 Z à ̈ perpendicolare al piano formato dagli assi delle C. L’angolo tra a\e <3⁄4
à ̈ acuto, originando una realizzazione particolarmente compatta, la quale impedisce che gli alberi diventino coassiali (tale configurazione à ̈ da evitare, poiché le coppie C si allineerebbero ed i membri intermedi delle catene di
connessione esibirebbero moti di rotazione e traslazione finiti e non controllati (Hervé, 1986)).
La Fig. 9a mostra, invece, il modello di un polso disaccoppiato e omocinetico a due gdl impiegante una singola catena di connessione di tipo MA.
Le coppie U sono centrate nei punti Ome On, appartenenti a ame a„,
rispettivamente (Fig. 9 b). Tale catena ha una connettività pari a quattro anziché cinque e presenta caratteristiche peculiari. Infatti, il sistema vincolare che essa esercita comprende due forze, una perpendicolare al piano bisettore e passante per Ome 0„, e l’altra giacente su Σ^, e passante per i punti d’intersezione (propri o impropri) degli assi delle coppie rotoidali costituenti le coppie li (Fig. 96).
Quest’ultima forza à ̈ responsabile della trasmissione di coppia. Se s’impiega un minimo di tre catene di connessione (tutte condividenti i centri Ome 0„), si ottiene un sistema vincolare equivalente a quello di un giunto a pura libertà angolare centrato in Ο' , O' essendo la proiezione su ∑mdella linea passante per Ome 0„. In questo caso, però, la posizione di O' rispetto al telaio (così come quella di O) varia in funzione del moto relativo tra amed a„. Il giunto Unitru (Culver, 1969) à ̈ un classico esempio di giunto di questo tipo.
Se si adopera un’unica catena di connessione, à ̈ necessario impiegare uno speciale sistema di centratura, poiché una semplice coppia sferica in O non à ̈ in grado di generare i vincoli necessari. Se i membri m ed n sono sostenuti dalle coppie rotoidali M.mand H„, una possibile soluzione consiste nel connettere i loro
mozzi (collegati ai membri 0 e n- 1, rispettivamente) in modo tale che la propria rotazione relativa possa soltanto avvenire intorno ad un torsore $„-li0giacente su ∑me passante per O' (Fig. 96). Ciò può essere ottenuto, ad esempio, tramite ingranaggi a dentatura esterna o trasmissioni a cinghia incrociata (Zagatti, 1983, p. 75), le cui ruote (siano esse ruote dentate o pulegge) siano collegate ai membri 0 e n- 1, presentino eguali superimi primitive e siano connessi ad un membro intermedio i tramite le cerniere 73⁄40e i cui assi α,ο e ai n \passino attraverso
Omed 0„, rispettivamente (Fig. 9c). Il sistema di vincolo che ne risulta comprende un fascio piano di forze centrato in O' e giacente sul piano individuato da ame a„, ed un fascio piano centrato in O e giacente sul piano bisettore Σ^. L’aggiunta dei vincoli imposti dalla catena di connessione UU completa lo speciale sistema-
quattro necessario per la realizzazione del giunto CV (comprendente il fascio completo di forze per 0\ nonché il campo piano di forze giacenti su Impiegando un’architettura siffatta, sorge il problema di come attuare il movimento relativo al torsore $„_ij0, essendo O' un punto mobile. Ciò può essere realizzato motorizzando la coppia 7 Zto (Fig. 9 c), così che sia ω,0= q„_tuw. In
questo caso, infatti, à ̈ facile verificare che sia ωΛ Î 0= ^„_,9„_1un-1, ove la costante k„-.\à ̈ due volte il coseno dell’angolo tra α*ο ed an-\.
La Fig. 10, infine, mostra il modello di un polso omocinetico e disaccoppiato a tre gdl conforme allo schema mostrato in Fig. 7, con una soluzione qui considerata di particolare pregio. Il secondo angolo di Eulero del membro terminale (<j3⁄4) Ã ̈ attuato da una catena di connessione di Clemens ( TISR, ),
il terzo (φΠ̄) da una catena di Hooke ( Ί/ΡΙΑ ). Gli angoli tra a\ed a2e tra <3⁄4 ed <23
sono retti. Nonostante la presenza di due catene di connessione, gli angoli φ\e ψι hanno escursioni di almeno 90°, mentre à ̧3⁄4 può variare arbitrariamente con continuità.
Conclusioni
Con la presente trattazione si à ̈ affrontato il problema della trasmissione disaccoppiata ed omocinetica del moto tra un telaio fisso ed un membro terminale libero di ruotare intorno ad un punto fisso. Provata l’impossibilità di generare rapporti di trasmissione disaccoppiati e costanti tra le velocità dei motori, collocati sul telaio, e le componenti della velocità angolare del membro terminale, si à ̈ mostrata la possibilità e l’interesse pratico nell’ ottenere relazioni di questo tipo tra le velocità degli attuatori e le derivate temporali degli angoli di Eulero descriventi l’orientamento del corpo. Il problema si à ̈ dunque ricondotto alla trasmissione di moto rotatorio con rapporto di trasmissione costante tra motori montati a telaio e le coppie rotoidali di un polso sferico seriale.
Nuove architetture per meccanismi di orientamento in catena chiusa, con attuazione disaccoppiata ed omocinetica, a due e a tre gdl, sono state dunque proposte in accordo con i concetti su menzionati. Tali soluzioni impiegano catene cinematiche basate su giunti omocinetici. Il funzionamento di tali giunti à ̈ stato investigato al fine di ricavare e implementare condizioni necessarie e sufficienti a garantire Tomocineticità della trasmissione durante la simultanea attuazione dei diversi motori. Poiché i giunti omocinetici sono componenti commerciali, le soluzioni descritte, in particolare quelle riguardanti i meccanismi a due gdl, risultano particolarmente semplici ed efficaci. I giunti commerciali possono essere, inoltre, sostituiti da innumerevoli catene cinematiche articolate equivalenti, garantendo un’ampia varietà di soluzioni realizzative. I meccanismi a tre gdl, anche se più complessi e meno compatti delle controparti a due gdl, sono comunque in grado di generare ragionevoli spazi di lavoro. Per quanto noto all’ Inventore, le architetture qui presentate costituiscono i primi esempi reperibili in letteratura di polsi a due e a tre gdl con attuazione remota perfettamente disaccoppiata e omocinetica. Sono stati infine illustrati alcuni modelli di dispositivi in applicazione dei concetti esposti.
Il meccanismo più interessante tra questi à ̈ quello a tre gradi di libertà, perché à ̈ il più appetibile nelle applicazioni industriali. I principali vantaggi rispetto agli equivalenti in commercio sono:
■ maggiore precisione e rigidità,
• minori consumi,
• maggiore semplicità di controllo,
• maggiore robustezza,
• maggiore durata e minore manutenzione,
• possibilità di costruirlo con semplici elementi reperibili in commercio, • maggiore semplicità realizzativa.
Gli svantaggi invece sono costituiti dai maggiori ingombri e dalla minore mobilità. Di conseguenza, l’utilizzo del meccanismo risulta particolarmente vantaggioso in campi in cui gli ingombri e la mobilità non siano le esigenze primarie, ed in particolare in:
• sistemi di puntamento e orientamento in generale,
• telescopi,
• antenne,
• teste di utensili,
• attrezzature per lavorazioni tecnologiche,
• sistemi di sicurezza.
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Claims (5)

  1. RIVENDICAZIONI 1) Meccanismo rotazionale in catena chiusa con attuazione disaccoppiata ed omocinetica del moto di un corpo rotante nello spazio con tre gradi di libertà intorno ad un punto fisso O, il meccanismo rotazionale comprendendo (cfr. figura 7) un telaio 0 e: un motore rotativo AA\avente l’asse<3⁄4 del proprio rotore fisso al telaio 0; tale motore aziona una prima coppia rotoidale TZ\e controlla il moto rotatorio di un membro 1 attorno ad un asse αλ ≡a, ; un motore rotativo Mi avente l’asse a2del proprio rotore fìsso al telaio 0; tale motore genera il moto rotatorio di un membro 2 attorno all’asse a2e, attraverso una catena di connessione interposta tra il membro 2 ed un membro 2, aziona una seconda coppia rotoidale 7 3⁄4 di asse<3⁄4, controllando in tal modo il moto rotatorio del membro 2 attorno all’asse<3⁄4; un motore rotativo A43avente l’asse<3⁄4 del proprio rotore fisso al telaio 0; tale motore genera il moto rotatorio di un membro 3 attorno all’asse<3⁄4 e, attraverso un’opportuna catena di connessione interposta tra il membro 3 ed un membro 3, aziona una coppia rotoidale 73⁄4 di asse a3, controllando in tal modo il moto rotatorio del membro 3 attorno all’asse a3; una connessione rigida tra dette coppie rotoidali 7Zi e 73⁄4 costituente il membro 1; una connessione rigida tra dette coppie rotoidali 73⁄4 ed 7 3⁄4 costituente il membro 2; ed essendo tale che: gli assi dei motori A41, Λ"Î ̄2e A73e gli assi delle coppie rotoidali 7Z\, 73⁄4 ed 73⁄4 concorrono tutti nello stesso punto fisso O; - sono presenti catene di connessione Q22e Q33, ciascuna avente connettività pari a cinque, per la trasmissione del moto rispettivamente tra i membri 2 e 2 e tra i membri 3 e 3, collocate intorno al punto fisso 0 in modo da evitare qualsiasi mutua interferenza meccanica, e tali che le coppie cinematiche che implementano i torsori cinematici $<J>m(j= 1,2, 3, 4, 5) di Qmn, con mn = 22 e 33, sottostanno alla condizione di bilaterale simmetria rispetto a ∑^n, con mn = 22 e 33, dove à ̈ il piano bisettore della catena di Qmn, ovvero il piano rispetto al quale gli assi amcon m = 2 e 3, e an, con n = 2 e 3, sono bilateralmente simmetrici; il meccanismo rotazionale in catena chiusa essendo caratterizzato dal fatto che: - il motore Λ43à ̈ montato coassialmente al motore Mi, ovvero l’asse<3⁄4 coincide con gli assi a\e a\, lo statore del motore Mj essendo collocato sul membro 1 ; - l’angolo tra gli assi a\ed a2, l’angolo tra gli assi a\ed<3⁄4, e l'angolo tra gli assi a2ed a3hanno tutti uno stesso identico valore.
  2. 2) Meccanismo secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che dette catene di connessione Q12e Q33sono catene 7ZSTZ o TZSTZ, anche diverse tra loro, dove 7 Z Ã ̈ una coppia rotoidale, S una coppia sferica o un insieme di coppie cinematiche ad essa equivalente e 8 Ã ̈ una coppia piana o un insieme di coppie cinematiche ad essa equivalente.
  3. 3) Meccanismo secondo la rivendicazione 2, caratterizzato dal fatto che viene utilizzata una catena CTZC, che à ̈ un caso particolare della catena TZSTZ ed in cui le coppie cilindriche C sono parallele agli assi c1⁄2e a„, con (m, n ) = (2, 2) o (3, 3), e la coppia rotoidale 7 Z à ̈ perpendicolare ad essi.
  4. 4) Meccanismo secondo la rivendicazione 2, caratterizzato dal fatto che viene utilizzata una catena IIPU. che à ̈ un caso particolare della catena 1Z£1Z ed in cui gli assi più esterni delle coppie universali U sono bilateralmente simmetrici rispetto a ∑m, quelli più interni sono paralleli a ∑mne la coppia prismatica intermedia V à ̈ perpendicolare agli assi interni delle coppie universali.
  5. 5) Meccanismo secondo le rivendicazioni 2 e 4, caratterizzato dal fatto che: - la catena di connessione 2 -2 à ̈ costituita da un giunto di Clemens, che à ̈ un caso particolare della catena 7ZSTZ; - la catena di connessione 3 -3 à ̈ costituita da un doppio giunto di Cardano, che à ̈ un caso particolare della catena IIPU.
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