ITRM20070209A1 - Derivati coronenici idrosolubili attivi come inibitori della telomerasi umana mediante induzione di strutture g-quadruplex e loro uso come agenti antitumorali. - Google Patents

Derivati coronenici idrosolubili attivi come inibitori della telomerasi umana mediante induzione di strutture g-quadruplex e loro uso come agenti antitumorali. Download PDF

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ITRM20070209A1
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coronene
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tetracarboxyldiimide
piperidino
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Antonello Alvino
Armandodoriano Bianco
Marco Franceschin
Giancarlo Ortaggi
Maria Savino
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Univ Roma
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    • C07ORGANIC CHEMISTRY
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Description

DESCRIZIONE
a corredo di una domanda di brevetto per invenzione industriale avente per titolo:
Derivati coronenici idrosolubili attivi come inibitori della telomerasi umana mediante induzione di strutture G-quadruplex e loro uso come agenti antitumorali"
La presente invenzione riguarda derivati coronenici idrosolubili attivi come inibitori della telomerasi umana mediante induzione di strutture G-quadruplex, e il loro uso come agenti antitumorali. Più in particolare, l’invenzione concerne una nuova famiglia di composti aromatici policiclici a scheletro coronenico dotati di catene idrofile legate al nucleo aromatico, che sono in grado di indurre la formazione di strutture G-quadruplex nel DNA telomerico e quindi di agire come inibitori dell’enzima telomerasi, inibendo di conseguenza la proliferazione tumorale.
Come è noto, l’enzima telomerasi rappresenta un interessante target per la ricerca in campo farmaceutico, in quanto è stato accertato il suo coinvolgimento nei processi di senescenza cellulare, apoptosi e immortalizzazione, questi ultimi molto spesso legati alla carcinogenesi.
È noto che i telomeri, strutture nucleoproteiche situate alle estremità dei cromosomi lineari degli organismi eucariotici, hanno la funzione di difendere il materiale genetico della cellula, poiché evitano la degradazione dei cromosomi e assicurano la completa replicazione del genoma impedendo la perdita di informazione genetica. Inoltre evitano che le estremità dei cromosomi siano riconosciute come siti di danneggiamento del DNA impedendo così processi di fusione e ricombinazione impropri.
Il DNA telomerico è per la maggior parte presente come DNA duplex, ma presenta all’estremità 3’ un certo numero di basi in eccesso rispetto al filamento complementare, cosicché dà origine ad un tratto a singolo filamento. La sequenza nucleotidica telomerica è costituita da un’unità ripetuta di 5-8 coppie di basi, caratterizzata dalla massiccia presenza di guanine (anche il 50% sul totale delle basi). Essa è altamente conservata a livello evolutivo in tutti gli organismi eucariotici; nell’uomo, e più in generale nei mammiferi, tale sequenza è 5’-TTAGGG-3’ ed appare ripetuta con la sua complementare per 5-15 kbp formando il tratto di duplex, mentre il tratto a singolo filamento risulta formato da 130-210 basi.
Il DNA telomerico e le proteine ad esso legate rivestono l'importantissima funzione di sottrarre le estremità dei cromosomi ad attività cellulari che ne mettano a rischio l'integrità, proteggendoli dalla degradazione e dalla fusione con altri segmenti di DNA.
Un’altra funzione importante svolta dai telomeri è quella di impedire la perdita di materiale genetico durante la replicazione. È infatti noto che la DNA polimerasi è incapace di copiare le ultime basi dell’estremità 3’ di ogni filamento, cosicché si registra un progressivo accorciamento delle estremità cromosomiche ad ogni divisione mitotica, di circa 25-200 bp. Questo accorciamento avviene appunto a livello del DNA telomerico, che, non essendo codificante, viene sacrificato senza subire la perdita di materiale genetico, evitando l’insorgere nelle cellule figlie di condizioni critiche per la sopravvivenza.
È stato sperimentalmente dimostrato che eccezionalmente alcune cellule possono scampare alla morte cellulare ( apoptosi ) e diventare immortali stabilizzando la lunghezza dei loro telomeri. Questo accade quasi sempre mediante l’attivazione della telomerasi.
La telomerasi è un enzima ribonucleoproteico, responsabile dell’aggiunta di ripetizioni telomeriche all’estremità 3’ dei cromosomi. È composta da due subunità: la prima (Telomerase RNA o TR) contiene un filamento di RNA che termina con una sequenza complementare al DNA telomerico a singolo filamento, che le permette di legarsi all’estremità del telomero e di agire da stampo; la seconda (TElomerase Reverse Transcriptase o TERT) è la subunità catalitica, una trascrittasi inversa responsabile dell’aggiunta dei nucleotidi all’estremità telomerica a partire dallo stampo fornito da TR.
La telomerasi è diventata recentemente un importante obiettivo di ricerca proprio per il suo ruolo nei normali processi di senescenza e morte cellulare e nei processi patologici di immortalizzazione cellulare, spesso legati a forme tumorali. È stata infatti evidenziata, mediante saggio TRAP (Telomeric Repeat Amplification Protocol), la presenza di attività telomerasica nel 90% dei tumori maligni, mentre nelle cellule somatiche sane o nei tumori benigni non se ne è riscontrata traccia (Incles, C.M.; Schultes, C.M.; Neidle, S. “Telomerase inhibitors in cancer therapy: current status and future directions” Curr. Opin. Investig. Drugs 2003, 4, 675). Ciò ha portato ad ipotizzare che le cellule tumorali, per poter proliferare oltre i limiti della normale senescenza cellulare, debbano attivare la telomerasi, o altri meccanismi che permettano di mantenere la lunghezza dei telomeri. L’attivazione della telomerasi, compensando l’accorciamento dei telomeri, sarebbe in grado di prolungare all’infinito la vita di una cellula, rendendola in pratica immortale, laddove questo sia richiesto per le funzioni fisiologiche (cellule germinali e staminali), o neN’ambito di processi patologici, come il cancro.
Questo modello ha portato a guardare con interesse alla telomerasi, sia per il suo possibile utilizzo come strumento di diagnosi che come possibile obiettivo farmaceutico per la creazione di nuovi antitumorali, meno dannosi per le cellule sane. E in effetti, molecole in grado di inibire questo enzima risultano avere la capacità di impedire in coltura la crescita tumorale.
Per confermare che un inibitore agisca in maniera specifica su meccanismi correiabili con l’attività telomerasica questo deve rispondere ad una serie precisa di caratteristiche:
1. deve ridurre l’attività della telomerasi, senza inizialmente avere effetti sulla crescita cellulare;
2. la sua somministrazione deve portare a un progressivo accorciamento dei telomeri ad ogni ciclo cellulare;
3. il trattamento prolungato di una coltura cellulare con l’inibitore deve portare le cellule cancerose alla morte o all’arresto della crescita;
4. il tempo necessario ad osservare la diminuzione della proliferazione deve essere proporzionale alla lunghezza iniziale dei telomeri;
5. molecole chimicamente correlate ma che non inibiscono la telomerasi non devono causare una diminuzione della proliferazione cellulare o un accorciamento dei telomeri.
Nella ricerca di inibitori della telomerasi molte sono le strategie che possono essere seguite, poiché diversi sono i bersagli su cui si può lavorare, ossia l’RNA della subunità TR, la subunità catalitica TERT, il sito di ancoraggio del primer, l'assemblaggio dell’oloenzima o i fattori coinvolti nell’associazione tra l’enzima e i telomeri.
Una delle strategie seguite è stata quella che prevede di sequestrare il primer necessario per l’attività di transcrittasi inversa dell’enzima: il DNA telomerico a singolo filamento. Si tratta in effetti di agire sul substrato della telomerasi, il DNA telomerico a singolo filamento, per indurlo ad assumere una conformazione tale da non essere più riconosciuto e legato dall’enzima.
Per raggiungere tale scopo sono state utilizzate molecole in grado di indurre e stabilizzare su questa sequenza di DNA la formazione di strutture G-quadruplex, particolari strutture a quadrupla elica assunte da sequenze di DNA ricche in guanine, quali appunto quelle telomeriche. Tali strutture sono caratterizzate da un’unità di base ciclica (G-tetrad) generata dall’associazione di quattro guanine unite tra loro mediante legami idrogeno di Hoogsteen, ovvero accoppiamenti non convenzionali in cui ciascuna guanina è legata alle sue due vicine tramite due legami idrogeno aventi una geometria leggermente distorta rispetto a quelli di Watson e Crick (Neidle, S.; Parkinson, G.N. “The structure of telomeric DNA” Curr. Opin. Struct. Biol. 2003, 13, 275). Lo schema generale di una tetrade di guanine, in confronto con un classico accoppiamento duplex secondo Watson e Crick, è mostrato nella Figura 1 dei disegni allegati.
Le tetradi di guanine, sotto la spinta termodinamica di forze idrofobiche e di Van der Waals, possono impilarsi luna sull’altra (stacking), dando strutture a quadrupla elica (come mostrato schematicamente nella Figura 2 allegata) note come G-quadruplex. Il fenomeno è agevolato dalla presenza di cationi monovalenti (in particolare Na<+>e K<+>) che, collocandosi tra i due piani di tetradi, vanno a coordinare gli otto ossigeni carbonilici stabilizzando la struttura impilata. Lo “stacking” delle guanine nel G-quadruplex produce quattro solchi che, a seconda della conformazione del tetraplex, possono essere tutti uguali in dimensioni oppure diversi tra loro.
La ricerca si è quindi rivolta a possibili agenti induttori delle strutture G-quadruplex, che fossero cioè in grado di indurre e stabilizzare tali strutture sulla sequenza del DNA telomerico, in modo da privare la trascrittasi inversa del proprio substrato, impedendole di legarsi ad esso e quindi di catalizzare la sintesi di DNA telomerico, inibendo di conseguenza l’attività telomerasica.
Sono stati individuati numerosi composti dotati di una simile attività. Tali molecole possono avere elementi strutturali molto diversi, ma sono stati comunque identificati, attraverso studi di molecular modelling, due elementi essenziali per un’efficace interazione con il G-quadruplex: una struttura aromatica planare che favorisce le interazioni di stacking con le tetradi di guanine e la presenza di cariche positive per una necessaria interazione elettrostatica con le cariche negative dei gruppi fosfato presenti nei solchi. La carica positiva viene generalmente posta su catene laterali che interagiscono con i solchi del DNA. La maggior parte dei composti attivi individuati è pertanto caratterizzata dalla presenza di estese aree aromatiche e da catene laterali, più o meno lunghe, cariche positivamente.
Una classe piuttosto ampia di induttori del G-quadruplex è costituita dalle porfirine (domanda di brevetto internazionale pubbl. No. WO 98/33503 a nome Board of Regents, The University of Texas System; Shi, D.F.; Wheelhouse, R.T.; Sun, D.; Hurley, L.H. “Quadruplexinteractive agents as telomerase inhibitors: syntesis of porphyrins and structure-activity relationship for thè inhibition of telomerase” J. Med. Chem. 2001, 44, 4509-4523), di cui sono state sintetizzate molte varianti, a seconda dei sostituenti aggiunti sul macrociclo.
Una seconda serie di composti che sono risultati attivi è rappresentata da derivati di antrachinoni (1,4- 1,5- 2,6- o 2,7-disostituiti) (Sun, D.; Thompson, B.; Cathers, B.E.; et al. “Inhibition of human telomerase by a G-quadruplex-interactive compound” J. Med. Chem. 1997, 40, 2113-2116; Huang, H.S. et al. “Human telomerase inhibition and cytotoxicity of regioisomeric disubstituted amidoanthraquinones and amino anthraquinones” Bioorganic & Medicinal Chemistry 2005, 13, 14351444), fluorenoni (2,7 disostituiti) (Perry, P.J. et al. “2,7-disubstituites amidofluorenone derivatives as inhibitors of human telomerase” J. Med. Chem. 1999, 42, 2679-2684) ed acridine (3,6 disostituite) (Harrison, R.J.; Gowan, S.M.; Kelland, L.R.; Neidle, S. “Human telomerase inhibition by substituted acridine derivatives” Bioorganic & Medicinal Chemistry Letters 1999, 9, 2463-2468).
Anche i derivati dell’indolochinolina si sono dimostrati attivi come inibitori della telomerasi, inducendo la senescenza e la cessazione della proliferazione cellulare in colture di cellule tumorali umane (Zhou, J-M. Zhu XF, Lu YJ, Deng R, Huang ZS, Mei YP, Wang Y, Huang WL, Liu ZC, Gu LQ, Zeng YX. “Senescence and telomere shortening induced by novel potent G-quadruplex Interactive agents, quindoline derivatives, in human cancer celi lines” Oncogene 2006, 25, 503-11).
Inoltre, diverse sostanze naturali sono state riconosciute come efficaci induttori del G-quadruplex e quindi come validi inibitori della telomerasi, tra cui alcaloidi, come la berberina (Kuo, L.C.; Chou, C.C.; Yung, B.Y.-M. “Berberine complexes with DNA in thè berberine-induced apoptosis in human leukemic HL-60 cells” Cancer Letters 1995, 93, 193-200, Jantovà, S. et al. “Effect of berberine on proliferation, celi cycle and apoptosis in HeLa and L1210 cells”, J. Pharm. Pharmacol.
2003, 55, 1143-1149) ed i suoi derivati sintetici (Franceschin M., Rossetti L, D'Ambrosio A., Schirripa S., Bianco A., Ortaggi G., Savino M., Schultes C., Neidle S. “Naturai and synthetic G-quadruplex Interactive berberine derivatives” Bioorg. Med. Chem. Lett. 2006, 16, 1707-1711), e la telomestatina, una sostanza prodotta da Streptomyces Annulatus, avente una struttura macrociclica composta da sette anelli ossazolici, di cui due metil-sostituiti, e da un anello tiazolinico (Shin-Ya, K. et al. “Telomestatin, a novel telomerase inhibitor from Streptomyces annulatus” J. Am. Chem. Soc. 2001, 123, 1262-1263, Kim, M.Y.; Vankayalapati, H.; Shin-ya, K.; Wierzba, K.; Hurley, L.H. “Telomestatin, a potent telomerase inhibitor that interacts quite specifically with thè human telomeric intramolecular G-quadruplex” J. Am. Chem. Soc. 2001, 124, 2098-2099).
La capacità dei derivati perilenici (in particolare la N,N’-bis[2-(1-piperidino)-etil]-3,4,9,10-perilenetetracarbossil diimmide) di inibire la telomerasi e di legarsi a strutture G-quadruplex è nota dal 1998 (Fedoroff, O.Y.; Salazar, M.; Han, H.; Chemeris, V.V.; Kerwin, S.M.; Hurley, L.H. “NMR-based model of telomerase-inhibiting compound bound to a G-quadruplex DNA” Biochemistry 1998, 37, 13367-12374). Il brevetto europeo EP 1 053 237 a nome Board of Regents, The University of Texas System, dello stesso gruppo di ricerca, descrive infatti una famiglia di derivati perilenici che non solo sono in grado di legarsi alla struttura G-quadruplex, ma anche di indurne la formazione, e ne propone l’uso per la produzione di farmaci ad attività antiproliferativa.
Studi successivi hanno anche riguardato la sintesi di derivati perilenici aventi catene laterali differenti sia per pKa, sia per distanza della carica positiva dal nucleo aromatico (Rossetti L., Franceschin M., Bianco A., Ortaggi G., Savino M. “Perylene diimides with different side chains are selective in inducing different G-quadruplex DNA structures and in inhibiting telomerase” Bioorg. Med. Chem. Lett. 2002, 12, 25272533; Rossetti L, Franceschin M., Schirripa S., Bianco A., Ortaggi G., Savino M. “Selective interactions of perylene derivatives having different side chains with inter- and intramolecular G-quadruplex structures. A correlation with telomerase inhibition” Bioorg. Med. Chem. Lett. 2005, 15, 413-420; Franceschin M., Alvino A., Ortaggi G., Bianco A. “New hydrosoluble perylene and coronene derivatives” Tetrahedron Lett.
2004, 45, 9015-9020). Da questi è emerso che le caratteristiche chimiche e strutturali delle catene laterali influenzano fortemente sia l’affinità per il DNA quadruplex, sia la capacità di indurne la formazione e perfino la specifica struttura formata.
Con riferimento alle linee di ricerca sopra sintetizzate, è da notare che molti degli inibitori della telomerasi efficaci in vitro e ampiamente studiati in letteratura non sono arrivati ad uno studio clinico per inefficacia su colture cellulari, probabilmente legata a problemi di uptake. Sulla base di tale tecnica anteriore, la presente invenzione si propone pertanto lo scopo di fornire nuovi inibitori della telomerasi, che agiscano mediante un meccanismo di induzione di strutture G-quadruplex in modo tale da impedire efficacemente e selettivamente la crescita tumorale, e che siano validamente applicabili per la produzione di farmaci ad attività antineoplastica.
NeN’ambito degli studi che hanno condotto alla presente invenzione sono stati presi in considerazione derivati del coronene, una molecola aromatica policiclica composta da sette anelli benzenici orto-fusi, ed è stata ricercata, con l’aiuto di studi di modellistica molecolare, una struttura in cui le interazioni con il target biologico macromolecolare (il G-quadruplex) fossero ottimizzate.
È stato pertanto trovato che una specifica famiglia di derivati coronenici, in cui l’area aromatica centrale è ulteriormente estesa da due anelli dicarbossiimmidici in posizione simmetrica (portando così il numero degli anelli esaatomici condensati a nove) ed è dotata di catene laterali idrofile legate al nucleo altamente idrofobico del coronene, mostra una notevolissima efficienza nell ’indurre la struttura G-quadruplex e nell ’inibire la telomerasi. L’estesa area aromatica centrale è infatti particolarmente adatta ad interagire mediante stacking con la tetrade terminale del G-quadruplex, mentre le catene laterali, cariche positivamente, si legano ai solchi mediante interazioni elettrostatiche con i fosfati del DNA, carichi negativamente.
Inoltre, rispetto ai ligandi del G-quadruplex finora noti, l’estesa area aromatica del coronene suggerisce una potenziale selettività per le strutture target (G-quadruplex) rispetto al canonico DNA duplex, che presenta un’area di interazione delle basi decisamente meno estesa. Tale elemento è sicuramente significativo per un valido uso farmacologico di questi composti.
La famiglia di derivati proposta comprende derivati idrosolubili del coronene che risultano nuovi per sé, o nuovi in relazione alla loro attività farmacologica come potenziali agenti antitumorali.
Formano pertanto oggetto specifico della presente invenzione derivati coronenici di formula generale (I)
(segue formula)
in cui R1, R2, R2’, R3, R4 e R4’ rappresentano, ciascuno indipendentemente dall’altro, un gruppo di formula generale:
--[L1-X]n-L2-Y
in cui:
n = 0, 1, 2 o 3
X = NH, O, S, NMe o NCOMe
(in cui Me rappresenta un gruppo metile, -CH3)
L1 e L2, indipendentemente l’uno dall’altro, rappresentano un gruppo di collegamento di formula:
in cui:
m = 0, 1, 2, 3 o 4
R5 = H, OH, Me, OMe,
Y è scelto tra H, NH2, OH, OCOMe, NHCOMe, NMe2, N<+>Me3, o ha una delle seguenti strutture:
A) pirrolidinica/piperidinica/morfolinica/piperazinica
in cui:
s = 0, 1 o 2
q = 0, 1 o 2
Z = CH2, O, NH, NMe, NEt, N<+>Me2, NCOMe
R6 = H, Me
B) piridinica/pirrolica
in cui:
o = 0 o 1
p = 1 , 2 o 3
R7 = H, Me o nullo
W = CH, O, S, N, NH
con la condizione che almeno due tra R1, R2, R2’, R3, R4 e R4’ siano diversi da H.
Preferibilmente, nella formula generale (I) R1 e R3 sono diversi da H e uguali tra loro, mentre secondo un’altra variante dell’invenzione uno tra R2 e R2’ e uno tra R4 e R4’ sono diversi da H e uguali tra loro.
Secondo alcune forme di realizzazione preferite dell’invenzione, nella formula generale (I) R1, R3, R2 e R4 sono diversi da idrogeno e uguali a due a due e possono essere scelti, di preferenza, dal gruppo consistente in:
2-(1-piperidino)-etile
2-(4-metil-1 -piperazino)-etile
3-(dimetilammino)-propile
I derivati coronenici studiati come forme di realizzazione specifiche dell’invenzione hanno una delle seguenti formule di struttura:
Formano ulteriore oggetto specifico della presente invenzione, in qualità di nuovi composti, i derivati di formula (II), N,N’-bis[2-(1-piperidino)-etil]-5,1 1 -bis[2-(4-metil-1 -piperazino)-etil]-coronene-2, 3,8,9-tetracarbossildiimmide o CORON2, di formula (III), N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-5,1 1-bis[2-(4-metil-1-piperazino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide o CORON3, e di formula (IV), N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-5,1 1-bis[2-(1 -piperidino)-etil]-coronene-2, 3,8,9-tetracarbossildiimmide o CORON4.
I derivati coronenici oggetto dell'invenzione possono essere preparati a partire dalla dianidride-3, 4,9,1 0-perilen-tetracarbossilica, indicata con (1) negli schemi di reazione che seguono, dove la sintesi è esemplificata relativamente alla preparazione dei composti di formula (II), (III) e (IV) (CORON2, CORON3 e CORON4). Lo schema generale della sintesi è il seguente.
a) Preparazione della 1,7-dibromoperilene-3, 4,9,1 0-tetracarbossildianidride (2) tramite bromurazione catalizzata da l2nelle posizioni 1 e 7 della dianidride-3, 4, 9,10-perilen-tetracarbossilica (1). Questa reazione consente di ottenere due posizioni funzionaliz zate sullo scheletro aromatico del perilene, che verranno poi sfruttate nei passaggi sintetici successivi.
b) Formazione delle diimmidi mediante reazione tra un’ammina primaria recante una catena opportunamente funzionalizzata e l’anidride perilenica bromurata (2). Si preparano così due composti: mediante reazione con la 1-(2-amminoetil)piperidina si ottiene la N,N’-bis[2-(1 -piperidino)-etil]-1 ,7-dibromo-perilene-3,4, 9,10-tetracarbossildiimmide (3), mentre utilizzando la 3-dimetilammino-1-propilammina si ottiene la N,N-bis[3-(dimetilammino)-propil]-1,7-dibromo-perilene-3, 4, 9,10-tetracarbossildiimmide, composto (4).
c) Preparazione di opportuni alchini terminali recanti in posizione ω lai -piperidina o la 1-(4-metil)-piperazina. Il composto di partenza, il 3-butin-1-olo (5), un prodotto commerciale, viene trattato con il cloruro di metansolfonile. Il 3-butinil-metansolfonato (6) così ottenuto viene fatto reagire con la piperidina o con la N-metilpiperazina in una reazione di sostituzione nucleofila, sfruttando le ottime qualità del metansolfonile come gruppo uscente. Si ottengono così nel primo caso la 1 -(3-butin il)-piperidina (7) e nel secondo la 1-(3-butinil)-2-metil-piperazina (8).
d) Addizione del triplo legame sul nucleo aromatico, nelle posizioni bromurate, mediante l’accoppiamento di Sonogashira, catalizzato da Pd(PPh3)4e Cui. Da questo passaggio si ottengono tre prodotti, i composti (9), (10) e (11), ma nello stesso ambiente di reazione si verifica in piccola parte anche la reazione di ciclizzazione descritta nello step successivo,
e) Chiusura a coronene mediante una reazione elettrociclica base catalizzata. È necessario usare una base forte, ma non nucleofila, al fine di evitare la saponificazione della funzione immidica. Si ottengono così i prodotti finali: (12) CORON2 (N,N’-bis[2-(1-piperidino)-etil]-5,1 1 -bis[2-(4-metil-1 -piperazino)-etil]-coronene-2.3.8.9-tetracarbossildiimmide), (13) CORON3 (N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-5,1 1-bis[2-(4-metil-1-piperazino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide) e (14) CORON4 (N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-5,1 1-bis[2-(1-piperidino)-etil]-coronene-2.3.8.9-tetracarbossildiimmide).
(segue schema)
continua
segue
Gli esempi specifici di sintesi dei tre derivati coronenici esemplificati sono riportati nel dettaglio nella parte sperimentale presentata più avanti.
Secondo un suo diverso aspetto, l'invenzione ha anche ad og
getto l’uso di un derivato coronenico di formula generale (I), come sopra definita, per la produzione di un preparato farmaceutico. Più specificamente, il preparato è un farmaco ad attività antitumorale, ovvero un medicamento ad attività inibitrice della telomerasi, utile per la terapia delle malattie proliferative.
In base ad alcune forme di realizzazione specifiche dell’invenzione, l’uso come agente ad attività antitumorale è proposto in modo particolare per quei composti di formula (I) in cui R1 e R3 sono diversi da H e uguali tra loro, e uno tra R2 e R2’ e uno tra R4 e R4’ sono diversi da H e uguali tra loro. Tra questi, i composti specifici già menzionati, che rispondono alle formule (V), (II), (III) e (IV) sono stati estesamente saggiati, e si sono rivelati efficienti inibitori della telomerasi, dimostrando promettenti proprietà di inibizione di crescita su colture cellulari tumorali. In particolare, i composti preferiti secondo l’invenzione corrispondono ad uno dei seguenti nomi:
• (N,N’-bis[2-(1 -piperidino)-etil]-5, 11 -bis [2-(1-piperidino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide) (CORON);
• (N,N’-bis[2-(1 -piperidino)-etil]-5,1 1 -bis[2-(4-metil-1 -piperazino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide) (CORON2);
• (N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-5,1 1-bis[2-(4-metil-1-piperazino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide) (CORON3); • (N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-5,1 1-bis[2-(1-piperidino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide) (CORON4).
Secondo un suo ulteriore aspetto, la presente invenzione ha anche ad oggetto una composizione farmaceutica per la terapia dei tu mori comprendente come principio attivo almeno un derivato coronenico di formula generale (I), assieme ad uno o più coadiuvanti e/o veicoli farmacologicamente accettabili. Preferibilmente, detto derivato coronenico è un composto di formula generale (II), (III) o (IV).
Le caratteristiche specifiche dell’invenzione, così come i vantaggi della stessa sia in termini di sintesi dei derivati proposti che in termini della loro attività biologica e farmacologica, risulteranno più evidenti con riferimento alla descrizione dettagliata presentata a titolo meramente esemplificativo nel seguito, assieme ai risultati delle sperimentazioni effettuate su di essa. Alcuni risultati sperimentali sono anche illustrati nei disegni allegati, in cui:
la Figura 1 mostra lo schema generale di una tetrade di guanine, in confronto con un accoppiamento di DNA duplex secondo Watson e Crick;
la Figura 2 mostra uno schema generale di una tetrade di guanine e del modo in cui più tetradi si impilano a dare una struttura G-quadruplex;
la Figura 3 mostra l’induzione di strutture G-quadruplex mediante elettroforesi su gel di poliacrilammide (PAGE), eseguita sui quattro derivati coronenici denominati CORON, CORON2, CORON3 e CO-RON4 i pannelli A) e B) mostrano le relative radiografie, mentre i pannelli a) e b) mostrano le corrispondenti analisi quantitative; e
la Figura 4 mostra l’inibizione della telomerasi umana in un sistema cell-free, studiata mediante saggio TRAP (Telomerase Repeat Protocol Assay) sugli stessi quattro derivati coronenici della Figura 3, di cui sono riportate le relative radiografie.
Per quanto riguarda la sintesi, come già notato, tutti i derivati coronenici descritti nel seguito sono stati ottenuti a partire dall'intermedio perilenico di formula (1), dianidride-3,4,9,10-perilentetracarbossilica, la quale a sua volta è disponibile in commercio, ad esempio dalla Sigma-Aldrich.
Tutti i reagenti commerciali ed i solventi anidri utilizzati nelle preparazioni sono stati acquistati dalla Sigma-Aldrich. Le tecniche cromatografiche utilizzate sono state la cromatografia su strato sottile (TLC) e la cromatografia su colonna. Per quanto riguarda la prima sono state utilizzate lastrine di silice Silica gel 60 F254della ditta Merck. Le miscele di eluenti utilizzate sono state: 9 CHCI3: 1 CH3OH con l'aggiunta di ammoniaca fino a saturazione, per i prodotti della reazione di Sonogashira e della reazione successiva, e 9 CHCI3: 1 CH3OH per la purificazione della 1-(3-butinil)-2-metil-piperazina. Per la cromatografia su colonna è stata utilizzata polvere di silice Silica gel 60 (0, 063-0,200 mm) della ditta Merck.
Gli spettri NMR sono stati eseguiti con gli strumenti Varian Gemini 200 e Varian Mercury 300. I solventi deuterati utilizzati sono stati molteplici: l’acido solforico è stato scelto per l’anidride dibromurata, insolubile negli altri solventi; il cloroformio, grazie alla sua facilità d’uso e alla capacità di sciogliere la maggior parte dei composti organici con cui si è lavorato, è stato largamente utilizzato a scopo diagnostico, per individuare (mediante<1>H NMR) i prodotti isolati durante le numerose separazioni cromatografiche ed identificare quelli desiderati, e, quando possibile, per caratterizzare le molecole sintetizzate; l’acido trifluoroacetico è stato utilizzato raramente e solo al fine di avere una maggior quantità di dati spettroscopici; l’acqua è stata impiegata per studi sull’aggregazione dei derivati coronenici sintetizzati.
L’analisi elementare è stata eseguita con un analizzatore elementare EA1110 CHNS-0 della CE Instruments: questo strumento fornisce le percentuali in peso di azoto, carbonio, idrogeno e zolfo, ottenute bruciando pochi milligrammi di composto.
Gli spettri di massa sono stati ottenuti con uno spettrometro Micromass Q-TOF MICRO.
ESEMPIO 1
1,7-dibromoperilene-3,4,9,10-tetracarbossildianidride (2)
Si scioglie la dianidride-3,4,9,10-perilentetracarbossilica (1) in H2S0496% e si lascia in agitazione 2 ore a temperatura ambiente. Si aggiunge quindi lo iodio (30-40 mmoli per mole di anidride) e si scalda a 80°C. Quando compaiono i fumi viola dello iodio si aggiunge goccia a goccia il bromo (rapporto molare con l’anidride 2-2, 5:1) e si aumenta la temperatura fino a circa 100°C. Dopo 4-6 ore la reazione viene spenta aggiungendo ghiaccio fino a raffreddamento. Il precipitato formatosi viene quindi filtrato su buchner e lavato prima con una soluzione al 5% di sodio metabisolfito per eliminare il bromo residuo e successivamente più volte con acqua. Lo stesso viene infine seccato prima in stufa e poi su ditale per essiccamento da solido. Si ottiene un solido rosso con un grado di purezza sufficiente per essere usato tal quale nelle preparazioni successive.
Viene qui riportata una delle preparazioni:
5 g dianidride-3,4,9,10- perilentetracarbossilica (1) 1 ,65 cc Br2
113 mg l2
100 cc H2S0496%
Sono stati ottenuti 6g di 1 , 7-dibromoperilene-3, 4,9,10-tetracarbossildianidride (2). Resa 87%.
Nota. Oltre all’isomero 1 ,7 dibromurato, la reazione fornisce anche una piccola percentuale di prodotto 1,6 disostituito, come si evince da un attento esame degli spettri 1H NMR (si veda più avanti la caratterizzazione completa). Non c’è modo di separare i due isomeri, né in questo, né nei successivi passaggi preparativi. Nelle caratterizzazioni dei prodotti ottenuti nei successivi passaggi sintetici si farà riferimento, qualora non indicato altrimenti, esclusivamente all’isomero 1,7.
Formula bruta: C24H6Br206Peso molecolare: 550 Solubilità:in H2S04concentrato
Analisi elementare:
Dati teorici: Dati sperimentali
% C = 52.36 % C = 51.61
% H = 1.09 % H = 1.08
Spettro<1>H NMR 300 MHz: solvente D2S04
Lo spettro è costituito da tre segnali presenti nell’area aromatica: δ 10,71 (d 2H J=8 Hz), 10,04(s 2H), 9,82(d 2H J=8 Hz). Sono spesso presenti anche dei segnali più bassi, con Chemical shift molto vicini a quelli sopra descritti: con ogni probabilità sono da attribuire alla piccola percentuale di isomero1,6 che si forma assieme al prodotto principale.
ESEMPIO 2
N,N’-bis[2-(1-piperidino)-etil]-1 , 7-dibromo-perilene-3, 4,9,10-tetracarbossildiimmide (3)
Si scioglie la 1,7-dibromo-perilene-3, 4,9,10-tetracarbossildianidride (2) in diossano e Ν,Ν-dimetilacetammide anidri. Si aggiunge quindi la 1-(2-amminoetil)piperidina in rapporto molare 2,2:1 con il substrato. Al fine di evitare reazioni collaterali agli atomi di bromo dovute alla presenza dell’ossigeno atmosferico, si satura di argon l’ambiente di reazione. Si scalda sotto agitazione per 6 ore a 120°C.
La reazione si lavora aggiungendo acqua, controllando che il pH non sia acido (in tal caso è necessario aggiungere soda). Il precipitato formatosi si filtra quindi su Buchner e si lava abbondantemente con acqua, infine si secca prima in stufa e poi su ditale. Il solido rosso ottenuto è sufficientemente puro da poter essere utilizzato tal quale nei passaggi sintetici successivi.
La quantità di reagenti e solventi usati in una delle preparazioni è stata la seguente
6 g 1 ,7-dibromo-perilene-3,4,9,10-tetracarbossildianidride (2) 3,6 cc 1-(2-amminoetil)piperidina
60 cc diossano anidro
60 cc DMA anidra
Sono stati ottenuti 6 g di prodotto con una resa del 71%.
Formula bruta: C38H34Br2N404Peso molecolare: 770 Solubilità: solubile in cloroformio ed acido trifluoroacetico Spettro<1>H NMR 300 MHz: Solvente CDCI3.
Nell’area aromatica sono presenti tre segnali: δ 9.44 (2H, d, J=8 Hz), 8.89 (2H, s), 8.67 (2H, d, J=8 Hz). I segnali alifatici sono: metilene in a al gruppo immidico: δ 4.41 (4H, t, J=7 Hz). Metilene in β al gruppo immidico: δ 2.8 (4H, non risolto). Protoni metilenici (diastereotopici) in a all’azoto, sull’anello piperidinico: δ 2.7 (8H, non risolto, parzialmente sovrapposto al segnale precedente). Protoni in β e γ all’azoto, sull’anello piperidinico: δ 1.67 (8H, non risolto), 1.50 (4H, non risolto, parzialmente sovrapposto al segnale precedente).
Spettro<13>C NMR: Solvente CDCI3. Eseguito anche APT.
Due segnali carbonilici non equivalenti a 162.14 e 161.64 ppm. Dieci segnali appartenenti ai carboni aromatici, tra 137.31 e 120.18 ppm, di cui tre terziari (evidenziati all’APT) e sette quaternari; i tre CH cadono a 137.31, 129.29 e 127.78 ppm. Cinque segnali alitatici, così assegnati: δ 55.74 (CH2in a all’azoto amminico, su ponte etilenico), 54.24 (CH2in a al gruppo amminico, su anello piperidinico), 37.41 (CH2in β all’azoto amminico, su ponte etilenico), 25.48 (CH2in β all’azoto amminico, su anello piperidinico), 23.81 (CH2in γ all’azoto amminico, su anello piperidinico).
Spettrometria di massa:
m/z: 769.1005 [(M+H)<+>] (calcolato C38H35N404Br2: 769.1025).
ESEMPIO 3
N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-1,7-dibromoperilene-3,4,9,10-tetracarbossildiimmide (4)
La reazione avviene nelle stesse condizioni della precedente. Si scioglie la 1,7-dibromo-perilene-3,4,9,10-tetracarbossildianidride (2) in diossano e Ν,Ν-dimetilacetammide entrambi anidri. Si aggiunge quindi la 3-dimetilammino-l-propilammina in rapporto molare 2,2:1 con il substrato e dopo aver creato una atmosfera di argon si porta a riflusso per 6 ore.
II prodotto si fa precipitare mediante l'aggiunta di acqua e (se l’ambiente di reazione dovesse risultare acido) di una modica quantità di soda. Il precipitato si filtra quindi su Buchner e si lava abbondantemente con acqua, infine si secca prima in stufa e poi su ditale.
Si riporta una delle preparazioni:
4 g 1 ,7-dibromo-perilene-3,4,9,10-tetracarbossildianidride (2) 2 cc 3-dimetilammino-1-propilammina
40 cc diossano anidro
40 cc DMA anidra
Sono stati ottenuti 4,4 g di prodotto con una resa dell’ 83,6% Formula bruta: C34H30Br2N4O4Peso molecolare: 718 Solubilità: solubile in cloroformio
Analisi elementare:
Dati teorici: Dati sperimentali:
% C = 56,7 % C = 57,4
% H = 4,2 % H = 4,5
% N = 7,8 % N = 8,0
Spettro<1>H NMR 300MHz: solvente CDCI3
Nell’area aromatica sono presenti i consueti 3 segnali caratteristici del perilene disostituito: δ 9,44 (2H, d, J=8 Hz); 8,88 (2H, s); 8,66 (2H, d, J=8 Hz).
Nell’area alifatica compaiono i segnali delle catene laterali immidiche: δ 4,25 (4H, t, J=7 Hz) che corrisponde al metilene in α al gruppo immidico; δ 2,44 (4H, t, J=7 Hz) del metilene in a al gruppo amminico; δ 2,26 (12H, s) attribuibile ai metili legati all’azoto; δ 1,92 (4H, t, J=7 Hz) metilene in β al gruppo immidico.
Spettro<13>C NMR: Solvente CDCI3.
Sono presenti i segnali attesi: δ 162.64 (C=O), 162.14 (C=O), 137.80 (ar.), 132.64 (ar.), 132.51 (ar.), 129.78 (ar.), 128.99 (ar.), 128.29 (ar.), 123.07 (ar.), 122.62 (ar.), 120.67 (ar.), 126.74 (ar.), 57.23, 45.34, 39.17, 26.01.
Spettrometria di massa:
m/z: 717.0752 [(M+H)<+>] (calcolato C34H31Br2N4O4: 717.0712).
ESEMPIO 4
3-butinil-metansolfonato (6)
Si mettono sotto agitazione il 3-butin-1-olo (5) (precedentemente disciolto in diclorometano anidro) e la trietilammina anidra (presente in un eccesso molare del 50% rispetto all’alcool). Il cloruro di metansolfonile (in rapporto molare 1,1 :1 con il 3-butin-1-olo), diluito con diclorometano anidro, viene aggiunto lentamente mediante imbuto sgocciolatore. Durante le aggiunte è opportuno operare in bagno a ghiaccio poiché la reazione di esterificazione è molto esotermica e tende a liberare sostanze volatili ed irritanti (HCI e lo stesso cloruro di mesile). Terminata l'aggiunta, si lascia reagire per 2 ore in agitazione a temperatura ambiente. Durante la reazione si osserva la comparsa di un precipitato biancastro dovuto alla formazione di un sale tra la trietilammina e l’acido cloridrico che si sprigiona in seguito alla reazione del cloruro acido con l’alcol.
Il prodotto viene trasferito in un imbuto separatore e lavato prima con acqua per eliminare i sali, quindi con HCI 0,5M - verificando con cartina al tornasole che le acque di lavaggio siano acide - per eliminare l’eccesso di trietilammina, poi con una soluzione satura di bicarbonato di sodio - sempre controllando il pH - per allontanare HCI e infine con una soluzione satura di NaCI.
Si secca quindi con Na2SO4anidro e si elimina gran parte dei solventi mediante evaporazione a pressione ridotta (rotavapor). Si ottiene un liquido oleoso, che viene successivamente purificato delle ultime tracce di solventi mediante gorgogliamento di azoto nella soluzione.
Viene di seguito riportata una delle preparazioni:
4 cc 3-butin-1-olo (5)
4,3 cc cloruro di metansolfonile
11 cc Et3N anidra
80 cc CH2CI2anidro
Sono stati ottenuti 7,15g di prodotto, con una resa del 94%. Formula bruta: C5H803S Peso molecolare: 148 Spettro<1>H NMR 200MHz: solvente CDCI3
I segnali presenti sono: δ 4,269 (2H, t, J=7 Hz); 3,029 (3H,s); 2,627 (2H, td, J1=3 Hz, J2=7 Hz); 2,069 (1H, t, J=3 Hz).
ESEMPIO 5
1-(3-butinil)piperidina (7)
Si mettono sotto agitazione la piperidina e l’etanolo assoluto e si porta il tutto a riflusso. Si aggiunge lentamente, mediante imbuto sgocciolatore, il 3-butinil-metansolfonato (6), precedentemente disciolto in una piccola quantità di etanolo. La piperidina deve essere in rapporto molare 2:1 con l’alchino. Si lascia reagire per 15-20 ore.
Si trasferisce quindi la miscela di reazione in un imbuto separatore, si aggiunge diclorometano e si lava ripetutamente con acqua per eliminare l’eccesso di piperidina. Controllando il pH delle acque di lavaggio si è notato che non diventano neutre, questo probabilmente perché l’alchino stesso è leggermente solubile anche in acqua.
Si secca quindi con Na2SO4anidro e si elimina gran parte dei solventi mediante evaporazione a pressione ridotta (Rotavapor). Si ottiene un liquido oleoso, che viene successivamente purificato delle ultime tracce di solventi mediante gorgogliamento di azoto nella soluzione.
Si riporta di seguito una delle preparazioni:
4,5g 3-butinil-metansolfonato (6)
6cc piperidina
40cc etanolo assoluto
Sono stati ottenuti 2,4g di prodotto con una resa del 58%.
Formula bruta: CgH15N Peso molecolare: 137
Spettro<1>H NMR 200 MHz: solvente CDCI3
I segnali presenti nello spettro sono i seguenti: δ 2.49 (2H, m), 2.35 (6H, m), 1.90 (1 H. t, J=3 Hz), 1.53 (4H, m), 1.37 (2H, m).
Spettro<13>C NMR: solvente CDCI3.
δ 82.50 (C alchin.), 68.30 (CH alchin .) , 57.29 (CH2su catena, in β all’azoto), 53.65 (CH2su catena, in a aN’azoto), 25.36 (CH2su anello, in a all’azoto), 23.74 (CH2su anello, in β all’azoto), 16.10 (CH2su anello, in γ all’azoto).
ESEMPIO 6
1-(3-butinil)-4-metil-piperazina (8)
Si mettono in agitazione l’etanolo assoluto e la N-metil-piperazina e si portano a riflusso, quindi si aggiunge lentamente, mediante imbuto sgocciolatore, il 3-butinil-metansolfonato (6). L’ammina deve essere in rapporto molare 2:1 con l’alchino. Si lascia reagire per 15-20 ore.
Essendo il prodotto più solubile in acqua rispetto alla 1-(3-butinil)-piperidina non è possibile purificarlo come è stato fatto per quest’ultima, se non con rese molto basse. Di conseguenza il prodotto è stato trasferito in imbuto separatore e dopo l’aggiunta di diclorometano è stato lavato solamente con una soluzione satura di NaCI. Dopo aver aggiunto Na2SO4anidro alla fase organica essa è stata ridotta di volume per evaporazione a pressione ridotta su rotavapor e il prodotto è stato successivamente purificato per cromatografia su colonna utilizzando silice impaccata con solo cloroformio. Come eluente si usa una miscela di cloroformio e metanolo 9:1.
Si riporta di seguito una delle preparazioni:
3 g 3-butinil-metansolfonato (6)
4,5 cc N-metil-piperazina
20 cc etanolo
Sono stati ottenuti 2.8g di prodotto con una resa del 91%
Formula bruta: CgH16N2Peso molecolare: 152
Spettro<1>H NMR 200 MHz: solvente CDCI3
Si può individuare facilmente il picco relativo al protone acetilenico δ 1,97 (1H, t, J=3 Hz) e quello relativo al metile legato all’azoto δ 2,28 (3H, s). I restanti protoni danno origine ad un segnale allargato ed irrisolto tra 2,3 e 2,6 ppm.
Spettro<13>C NMR: solvente CDCI3
Sono facilmente assegnabili i segnali relativi ai carboni acetilenici: δ 82.68 (C), 69.13 (CH). Gli altri cinque segnali presenti cadono a δ: 56.97, 54.99, 52.82, 46.01, 16.77.
ESEMPIO 7
Addizione del triplo legame mediante accoppiamento di Sonogashira
(segue schema)
Si scioglie il substrato (N,N’-bis[2-(1-piperidino)-etil]-1 ,7-dibromo-perilene-3,4,90-tetracarbossildiimmide (3) oppure N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-1,7-dibromo-perilene-3,4,9,10-tetracarbossildiimmide) (4) in un egual volume di THF e trietilammina anidri. Si aggiungono quindi come catalizzatori Cul e Pd(PPh3)4(in rapporto molare del 10% rispetto al substrato). Si satura di argon l’ambiente di reazione e si scalda sotto agitazione fino a riflusso. L’alchino (1 -(3-butin il)-4-metilpiperazina (8) oppure 1 -(3-butinil)-piperidina) (7), in rapporto molare 4:1 con il substrato, viene aggiunto lentamente mediante imbuto sgocciolatore. Si lascia a riflusso ed in agitazione per circa 20 ore. Si lavora quindi la reazione aggiungendo HCI 1:3 e trasferendo in imbuto separa
tore. Si aggiungono cloroformio ed acqua e si basifica quest’ultima con soda per evitare che il prodotto si sciolga in fase acquosa come cloridrato. La separazione delle due fasi può risultare difficoltosa a causa della formazione di emulsioni. La fase organica si lava ripetutamente con acqua, fino a che le acque di lavaggio non abbiano pH neutro. Si secca quindi con Na2SO4anidro e si evapora il solvente a pressione ridotta. Il prodotto grezzo viene quindi purificato mediante cromatografia su colonna effettuata con silice impaccata in cloroformio. L’eluente utilizzato è inizialmente solo cloroformio, poi gradualmente arricchito in metanolo, prima al 5%, poi al 10%, al 20% e infine al 30%. Il prodotto esce in genere con l’eluente al 30%, ma a volte sono state raccolte frazioni che lo contenevano già con l’eluente al 20%. Una prima indicazione sulla presenza del composto in una frazione si può ottenere già dal colore, che assume una tonalità giallo-ambrata molto intensa.
Si riporta di seguito un esempio di preparazione per ognuno dei tre diversi prodotti ottenuti mediante questa reazione.
N,N’-bis[2-(1-piperidino)-etil]-1,7-bis[3-(4-metil-1-piperidino)-butinil]-perilene-3,4,9,10-tetracarbossildiimmide (9):
2,7g N,N’-bis[2-(1-piperidino)-etil]-1 ,7-dibromo-perilene-3,4,9, 10-tetracarbossildiimmide (3)
2 g 1-(3-butinil)-4-metil-piperazina
386 mg Pd(PPh3)4
65 mg Cui
70 cc THF anidro
70 cc Et3N anidra
È stato ottenuto 1 g di prodotto grezzo.
N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-1,7-bis[3-(4-metil-1-piperidino)-butinil]-perilene-3,4,9,10-tetracarbossildiimmide (10):
2,2 g N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-1 ,7-dibromo-perilene-3,4,9, 10-tetracarbossildiimmide (4)
1,9 g 1-(3-butinil)-4-metil-piperazina
353 mg Pd(PPh3)4
58 mg Cul
60 cc THF anidro
60cc Et3N anidra
Sono stati ottenuti 650mg di prodotto grezzo.
N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-1,7-bis[3-(4-metil-1-piperidino)-butinil]-perilene-3,4,9,10-tetracarbossildiimmide (11):
1 ,5 g N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-1 ,7-dibromo-perilene-3,4,9,10-tetracarbossildiimmide (4) 1,14 g 1 -(3-butin il)-piperidina
240 mg Pd(PPh3)4
39 mg Cul
30 cc THF anidro
30 cc Et3N anidra
Sono stati ottenuti140mg di prodotto grezzo.
Non si è provveduto a caratterizzare questi intermedi perché difficili da isolare con il sufficiente grado di purezza. Le frazioni da colonna ritenute buone sono state impiegate tali e quali nella reazione successiva di ciclizzazione. Come criterio di scelta si è adottato l’aspetto dello spettro<1>H NMR, selezionando le frazioni che non presentavano impurezze ed il cui spettro, quantunque complicato, fosse decifrabile. Con ogni probabilità si tratta di miscele in cui il prodotto del cross coupling di Sonogashira si accompagna al derivato già parzialmente o totalmente ciclizzato. Vista la loro struttura, infatti, è un’ipotesi molto verosimile che questi composti tendano spontaneamente a ciclizzare, se riscaldati in presenza di basi.
ESEMPIO 8
Chiusura a coronene: reazione elettrociclica base catalizzata
Si scioglie il substrato (9), (10) o (11) in toluene, si aggiunge 1 ,8-diazabiciclo[5.4.0]undec-7-ene (DBU), 0.6 ml per mmol di reagente,
una base forte ma non nucleofila, la cui funzione è quella di catalizzare la reazione di chiusura di anello senza però saponificare la funzione immidica. Si satura di argon l’ambiente di reazione mediante gorgogliamento e insufflamento da vescica e si scalda a riflusso per 20 ore in vigorosa agitazione. Il prodotto viene quindi trasferito in imbuto separatore. Si aggiunge cloroformio e si lava la fase organica più volte con acqua, fino a che le acque di lavaggio non hanno pH neutro, e successivamente con una soluzione satura di NaCI. La fase organica viene poi seccata su Na2SO4anidro e i solventi vengono allontanati mediante evaporazione a pressione ridotta. Infine il prodotto grezzo viene purificato se necessario mediante cromatografia su colonna, utilizzando silice impaccata in cloroformio e, come eluente, cloroformio, successivamente arricchito in metanolo, prima al 2%, poi al 5%, al 10%, al 20% e al 30%. I prodotti possono essere eluiti già con il solvente al 10%, ma a volte possono non scendere finché non si passa al 30%. Le frazioni di prodotto pulito ottenute dalla colonna vengono portate a secco mediante evaporazione a pressione ridotta.
Per ottenere un composto solubile in acqua il prodotto deve essere trasformato in cloridrato. A tal fine viene sciolto nella minima quantità di HCI 1M. La soluzione ottenuta viene filtrata su carta da filtro per eliminare eventuali impurità insolubili. Dopo l’aggiunta di qualche goccia di HCI concentrato, per assicurare la completa salificazione di tutti i siti basici, il filtrato si riscalda a bagnomaria (50-60°C) e si provvede a precipitare il prodotto come cloridrato aggiungendo poco alla volta acetone, solvente miscibile con l’acqua, ma non in grado di sciogliere il prò dotto stesso. Il volume di acetone necessario per ottenere precipitazione è circa tre volte il volume iniziale di soluzione acquosa acida. Si lascia digerire una notte il precipitato formatosi. Quest’ultimo viene poi centrifugato, eliminando il sopranatante, e lavato più volte con acetone a cui è stata aggiunta la minima quantità d’acqua sufficiente a solubilizzare leggermente il prodotto, colorando la soluzione di giallo pallido. Il prodotto viene infine seccato prima in stufa e successivamente su ditale.
Mediante questa reazione sono state ottenute tre nuove molecole, che si riportano di seguito, insieme alle quantità di reagenti e solventi utilizzati in una loro preparazione.
CORON2 (N,N’-bis[2-(1-piperidino)-etil]-5,11-bis[2-(4-metil-1-piperazino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide) (12)
1 9 substrato (frazioni selezionate nel passaggio sintetico precedente)
0.34 cc DBU
100 cc toluene
Dopo la cromatografia su colonna sono stati ottenuti 230 mg di prodotto, con una resa del 7.2%. La resa è stata calcolata a partire dai reagenti del passaggio sintetico precedente.
Del prodotto ottenuto 170 mg sono stati trasformati in cloridrato, ricavandone 137 mg, con una resa del 65%.
Formula bruta: C56H64N8O4(forma basica)
C56Η64Ν8O4·6ΗCΙ (cloridrato)
Peso molecolare: 913 (forma basica)
1125 (cloridrato)
Solubilità: la forma basica risulta molto solubile in cloroformio ed in genere nei solventi organici, mentre il cloridrato è solubile in acqua, DMSO e nei solventi polari come il metanolo.
Analisi elementare: (effettuata sul cloridrato)
Dati teorici: Dati sperimentali:
% C - 59.7 % C - 54.3
% H - 6.2 % H - 7.3
% N = 9.9 % N = 8.4
Le differenze tra dati teorici e sperimentali sono attribuibili ad umidità nel campione, come dimostra il rapporto costante tra la percentuale di azoto e quella di carbonio.
Spettro<1>H NMR 300MHz: solvente CDCI3
δ 9.38 (s*), 9.33 (s, 2H, aromatic H), 9.13 (s, 2H, aromatic H), 9.08 (s*), 8.36 (s, 2H, aromatic H), 4.46 (t, J = 7Hz, 4H , Nimidic- CH2), 3.73 (t, J=7 Hz, 4H, Car.-CH2), 3.0-2.6 (broad, 32H, N-CH2), 2.41 (s, 6H, N-CH3) 1.72 (br, 8H, CH2piperidine), 1.54 (br, 4H, CH2piperidine) ppm.
* singoletti aromatici dovuti all’isomero minoritario per 1/6 sul totale. Spettro<13>C NMR: solvente CDCI3
δ 163.93, 163.76 (C=0). Dodici segnali aromatici: δ 138.58, 128.98, 128.21 , 127.91 , 127.60, 124.98, 121.57, 121.08. 120.61 , 120.34 (due sovrapposti), 118.90. Dieci segnali alitatici: δ 59.31 , 56.52, 55.18, 54.90, 53.32, 46.05, 38.11 , 30.96, 26.06, 24.41.
Spettrometria di massa:
m/z: 913.5139 [(M+H)<+>] (calcolato C56H65N8O4: 913.5129).
CORON3 (N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-5,11-bis[2-(4-metil-1-piperazino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide (13)
650 mg substrato (frazioni selezionate nel passaggio sintetico precedente)
0.24 cc DBU
50 cc toluene
Dopo la cromatografia su colonna sono stati ottenuti 260mg di prodotto, con una resa del 9.5%. 200mg sono stati trasformati in cloridrato, ottenendone 180mg, con una resa del 72%.
Formula bruta: C52H60N8O4(forma basica)
C52H6ON804.6HCI (cloridrato)
Peso molecolare: 861 (forma basica)
1080 (cloridrato)
Solubilità: la forma basica risulta molto solubile in cloroformio e nei solventi organici, mentre il cloridrato è solubile in acqua, DMSO e nei solventi polari come il metanolo.
Analisi elementare:
Dati teorici: Dati sperimentali:
% C = 57.8 % C = 52.9
% H = 6.1 % H = 6.8
% N = 10.37 % N = 9.4
Le differenze tra valori teorici e sperimentali sono attribuibili ad umidità nel campione.
Spettro<1>H NMR 300MHz: solvente CDCI3
δ 9.01 (s*), 8.89 (s, 2H, aromatic H), 8.73 (s, 2H, aromatic H), 8.59 (s*), 8.02 (s, 2H, aromatic H), 8.00 (s<*>), 4.37 (br, 4H , Nimidic CH2), 3.48 (br, 4H, Car.-CH2), 2.9-2.1 (br) ppm.
* singoletti aromatici dovuti all'isomero minoritario per 1/6 sul totale.
Spettro<13>C NMR: solvente CDCI3
Sono visibili i due carboni carbonilici a δ 163.42 e 163.33, dodici carboni aromatici: δ 138.25, 128.35, 127.61, 127.28, 127.03, 124.28, 120.68, 120.39, 120.07, 119.78, 119.50, 118.04 e nove carboni alifatici: δ 58.93, 57.31, 55.22, 53.37, 46.07, 45.35, 39.34, 30.55, 26.10.
Spettrometria di massa:
m/z: 861.4794 [(M+H)<+>] (calcolato C52H61N8O4: 861.4816).
CORON4 (N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-5,11-bis[2-(1-piperidino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide (14)
140 mg substrato (frazioni selezionate nel passaggio sintetico precedente)
0.06 cc DBU
30 cc toluene
Sono stati ottenuti 170 mg di prodotto grezzo (resa 9.8%). Poiché esso presentava già un notevole grado di purezza, non si è provveduto a purificarlo mediante cromatografia su colonna, ma è stato utilizzato tal quale per trasformarlo in cloridrato. Partendo da 125 mg di forma basica sono stati ottenuti 78 mg di cloridrato, con una resa del 53%.
Formula bruta: C52H58N6O4(forma basica)
C52H58N6O4.4HCI (cloridrato)
Peso molecolare: 831 (forma basica)
977 (cloridrato)
Solubilità: la forma basica risulta molto solubile in cloroformio e nei solventi organici, mentre il cloridrato è solubile in acqua, DMSO e nei solventi polari come il metanolo.
Analisi elementare:
Dati teorici: Dati sperimentali:
% C = 63.9 % C = 58.3
% H = 6.3 % H = 7.0
% N = 9.2 % N = 7.7
Le differenze tra dati teorici e sperimentali sono attribuibili ad umidità nel campione.
Spettro<1>H NMR 200MHz: solvente CDCI3
δ 9.36 (s<*>) 9.30 (s, 2H, aromatic H), 9.08 (s, 2H, aromatic H), 9.00 (s<*>), 8.32 (s, 2H, aromatic H), 8.30 (s<*>), 4.50 (br, 4H, Nimidic— CH2) , 3.72 (br, 4H, Car-CH2), 2.95 (br, 4H, N-CH2), 2.8-2.5 (br, 12H, N-CH2), 2.37 (s, 12H,CH3-N), 1.78 (br, 12H, CH2- CH2-Naminic), 1.58 (br, 4H,
CH2piperidine) ppm.
<*>singoletti aromatici dovuti all’isomero minoritario per 1/6 sul totale.
Spettro<13>C NMR: solvente CDCI3
Sono presenti due picchi relativi ai carboni carbonilici: δ 162.47, 162.38; 12 carboni aromatici: δ 137.59, 127.35 126.73, 126.42, 126.18, 123.48, 119.95, 119.51, 119.11 , 118.87, 118.75, 117.31 ; e 9 carboni alitatici δ 58.94, 56.26, 53.60, 44.28, 38.25, 29.57, 28.45, 25.02, 23.31.
Spettrometria di massa:
m/z: 831.4552 [(M+H)<+>] (calcolato C52H59N6O4: 831.4598).
Studio dell’attività biologica dei derivati coronenici
a) Saggio PAGE (PolyAcrylamide Gel Electrophoresis)
La capacità dei derivati coronenici di indurre la formazione di strutture G-quadruplex inter- e intramolecolari su sequenze di DNA telomerico è stata studiata mediante elettroforesi su gel di poliacrilammide (PAGE).
Gli oligonucleotidi utilizzati sono 2HTR (5’-AATCCGTCGAGCAGAGTTAGGGTTAGGGTTAG-3’) e TSG4 (5’-GGGATTGGGATTGGGATTGGGATT-3’): il primo è formato da una sequenza TS (primer usuale per la telomerasi) seguito da due ripetizioni telomeriche umane e può formare solo strutture G-quadruplex intermolecolari, dimeriche o tetrameriche; il secondo, invece, essendo costituito da quattro ripetizioni telomeriche, forma preferenzialmente strutture intramolecolari.
Vengono preparate soluzioni degli oligonucleotidi a concentrazione 12 μΜ, a cui si aggiunge l’oligonucleotide marcato (“caldo”) in concentrazione circa uguale a 10 nM (quindi trascurabile rispetto alla concentrazione di oligonucleotide non marcato), corrispondente ad una radioattività pari a circa 1-10<4>cpm. Le soluzioni sono tamponate con MES 10 mM a pH 6,5 in presenza di KCI (5 mM nel caso del TSG4 e 50 mM nel caso del 2HTR). I campioni sono riscaldati a 95°C per 10 min e successivamente raffreddati in ghiaccio per altri 10 min, per rompere qualunque tipo di struttura eventualmente preformata. Si aggiungono, quindi, i derivati coronenici (tranne alla soluzione che costituisce il riferimento) in modo da avere, per ciascun derivato, soluzioni a concentrazioni crescenti di droga ed un volume finale di 30 μl. Come ulteriore riferimento è stato preparato anche un campione contenente il PIPER. Le soluzioni sono lasciate per 2 ore a 30°C in agitazione (350 rpm).
Successivamente un opportuno volume di ciascun campione viene sottoposto ad elettroforesi su gel di poliacrilammide al 15%, con tampone di corsa TBE/KCI 0.5X (KCI 20 mM nel caso del 2HTR e 5 mM nel caso del TSG4). L’elettroforesi procede per circa 12 ore a 100 V e a temperatura ambiente. Al termine delle dodici ore il gel, essiccato, è sottoposto ad autoradiografia e l’intensità delle bande quantificata mediante l’uso dell" instant Imager” (Packard), che permette di valutare la radioattività presente nelle differenti bande.
Considerando i dati ottenuti in studi precedenti condotti in condizioni sperimentali simili e la mobilità elettroforetica ottenuta con strutture G-quadruplex dimeriche indotte da ioni potassio, sono state individuate le bande corrispondenti al DNA single stranded (ss) e alle strutture G-quadruplex dimeriche (D) e monomeriche (M), come mostrato nelle Figure 3 A) e 3 B).
Per poter confrontare l’attività dei derivati coronenici con quelli perilenici (che sono stati oggetto di studio nella tecnica anteriore) è stata usata come riferimento una soluzione 20 o 40 μΜ del derivato perilenico denominato PIPER (N,N’-bis[2-(1 -piperidino)-etil]-3,4,9, 10-perilentetracarbossil diimmide).
Al fine di rendere più immediata l’analisi dei risultati è stata riportata in grafico, come mostrato nelle Figure 3 C) e 3 D), la percentuale del DNA a singolo filamento in funzione della concentrazione di droga. Questo tipo di rielaborazione è stata preferita alla valutazione del G-quadruplex formato in quanto le bande, soprattutto per quanto riguarda l’esperimento effettuato con il TSG4, appaiono diffuse, lasciando supporre l’esistenza di differenti tipi di complessi. Data l’elevata tendenza all’aggregazione evidenziata per questi composti anche a concentrazioni molto basse, è ragionevole supporre che essi non interagiscano con gli oligonucleotidi solo come monomeri, ma anche in forme aggregate, modificando il peso e probabilmente anche la struttura dei complessi risultanti. Non essendo stato ancora possibile approfondire questo aspetto e fornire una caratterizzazione di queste strutture ci si è limitati a studiare la scomparsa del DNA libero, essendo questo il dato biologicamente rilevante ai fini dello studio dell’attività dei derivati dell’invenzione come inibitori della telomerasi, che ha appunto come substrato il DNA a singolo filamento.
Per quanto riguarda l’attività dei derivati del coronene questi si sono rivelati induttori del G-quadruplex selettivi nei confronti della struttura intramolecolare. Negli esperimenti effettuati con il 2HTR, infatti, tali molecole hanno rivelato una modesta attività. Risultati decisamente migliori sono stati ottenuti con il TSG4: con questo oligonucleotide infatti i derivati coronenici già a concentrazione 20 μΜ provocano la scomparsa praticamente totale del DNA libero.
b) Saggio TRAP (Telomeric Repeat Amplification Protocol)
Il saggio TRAP, sviluppato inizialmente come saggio diagnostico per individuare cellule tumorali, è utile per caratterizzare la capacità che piccole molecole organiche hanno di inibire la telomerasi.
Per eseguire il saggio, si preparano dei campioni contenenti l’oligonucleotide substrato della telomerasi (TSG4) in concentrazione finale pari a 0,5 μΜ, ed i quattro nucleotidi (dATP, dCTP, dGTP, dTTP) a concentrazione finale uguale a 50 μΜ. La reazione avviene in una soluzione tampone (“TRAP buffer”) formata da Tris-HCI 20 mM a pH 8,3, KCI 68 mM, MgCI21,5 mM, EGTA 1 mM e Tween20® (un tensioattivo) 0,05%. Le soluzioni così preparate sono riscaldate in termoblock a 95 °C per 10 min e successivamente raffreddate in ghiaccio per 10 min. Si aggiungono alle soluzioni 5 μΙ del derivato coronenico (o di DMSO, nel caso dello zero) che si vuole testare, dagli “stock” in concentrazione crescente, e si pongono i campioni in termomixer per due ore. Quindi si aggiunge alle soluzioni l’estratto di cellule HeLa a concentrazione finale 62,5 μΜ in proteine (La concentrazione della soluzione di estratto cellulare che si usa nel saggio TRAP si riferisce al contenuto proteico totale, ed è valutata per mezzo di una retta di taratura, ottenuta leggendo allo spettrofotometro l’assorbanza, ad opportuna lunghezza d’onda, di campioni standard a contenuto proteico noto). Il volume finale dei campioni è di 50 μΙ. I campioni sono riscaldati a 30°C e la reazione enzimatica procede per 30 min a 30 °C in termomixer.
Parallelamente si prepara una soluzione che non contiene l’estratto cellulare. Il riferimento è posto nel termomixer assieme agli altri campioni a 30°C per mezz’ora.
Al termine della reazione, tutte le soluzioni sono purificate per estrazione fenolo-cloroformio e gli acidi nucleici precipitati con etanolo. Si lasciano le soluzioni a -20 °C per almeno 12 ore.
I precipitati vengono recuperati e sciolti in acqua. A queste soluzioni si aggiungono i reagenti necessari per l’amplificazione mediante PCR ( Polimerase Chain Reaction ) in modo da avere un volume finale di 50 μl:
■ Forward primer (TSG4) per l’amplificazione dei multimeri sintetizzati dalla telomerasi: oligonucleotide radioattivo in concentrazione finale 0.001 g/l.
■ Reverse primer (CXext) per l’amplificazione dei multimeri sintetizzati dalla telomerasi: concentrazione finale di 0.006 g/l.
■ Oligonucleotide di riferimento (IS) per la PCR: concentrazione finale uguale a 0.006 g/l
■ Forward primer (UP) per l’amplificazione dell’oligonucleotide IS: oligonucleotide “freddo” a concentrazione finale 0.002 g/l e oligonucleotide radioattivo in concentrazione finale 0.001 g/l.
■ Reverse primer (DOWN) per l’amplificazione dell’oligonucleotide IS:
concentrazione finale uguale a 0.006 g/l
■ Nucleotidi (dATP, dCTP, dGTP, dTTP): concentrazione finale pari a 50 μΜ.
■ Taq DNA polimerasi/HotMaster™: 2 U (HotMaster™ è un inibitore della Taq polimerasi, che ne blocca l’attività al di sotto di 55°C, in maniera reversibile. La presenza di inibitore impedisce la sintesi di oligonucleotidi derivanti da appaiamenti erronei che potrebbero risultare a basse temperature. (“hot start” PCR)).
Le soluzioni sono tamponate (“Hot Master™ Taq DNA polimerasi buffer”) a pH 8 con Tris - HCI 25 mM. Il tampone contiene anche: KCI (35 mM), MgCl2(2.5 mM), EDTA (0.1 mM), di-tiotreitolo (DTT, 1 mM), glicerolo (50%), Tween20® (0.5%), Igepal® CA-620 (0.5%) e stabilizzatori, tutti componenti necessari all’attività della Taq DNA polimerasi durante la PCR.
Sono eseguiti 25 cicli di PCR (denaturazione a 94 °C per 20 s, appaiamento dei primer a 50-70°C per 10 s, estensione dei primer a 60-70 °C per 20 o 30 s).
Al termine della PCR, 8 μΙ dei campioni amplificati sono sottoposti ad elettroforesi su gel di poliacrilammide al 12% in tampone di corsa TBE 1X per circa 12 ore a 130 V. Al termine delle dodici ore il gel è essiccato e sottoposto ad autoradiografia. Se l'enzima ha aggiunto ripetizioni telomeriche all’oligonucleotide di partenza, sull’autoradiografia del gel si osserva una serie di bande, attribuibili a frammenti che differiscono fra loro per una ripetizione telomerica (sei nucleotidi).
Come è mostrato nella Figura 4, In presenza di un inibitore della telomerasi, come ad esempio una molecola in grado di promuovere la formazione di strutture G-quadruplex, la sintesi di ripetizioni telomeriche sull’oligonucleotide risulta ridotta o assente ed il saggio TRAP mostra una diminuzione del numero e/o dell’intensità delle bande elettroforetiche dovute ai diversi frammenti nelle soluzioni in cui è presente la droga, rispetto ad una soluzione in cui è assente. È presente, in ogni corsia elettroforetica, una banda molto intensa con una bassa mobilità elettroforetica, indicata con la sigla “IS” (Internal Standard). Questa rappresenta uno standard interno, costituito da un oligonucleotide a singolo filamento lungo circa 150 basi che è amplificato dalla PCR assieme ai frammenti contenenti le ripetizioni telomeriche, utile per poter riscontrare l’eventuale inibizione della Taq polimerasi da parte di specie chimiche presenti nell’ambiente di reazione.
È interessante notare che la concentrazione di KCI usata nel saggio TRAP è di per sé sufficiente ad indurre la formazione di G-quadruplex nell’oligonucleotide TSG4, utilizzato come substrato dell’enzima, tuttavia queste strutture, in assenza di molecole capaci di stabilizzarle, sono labili e non sono quindi in grado di inibire la telomerasi.
L’efficienza dei derivati coronenici è stata valutata effettuando questo saggio su soluzioni 10 μΜ di droga. Come si può vedere dalla seguente Tabella 1, in cui è riportata la percentuale di inibizione dell’enzima, già a questa concentrazione tutti i derivati coronenici saggiati si sono dimostrati in grado di inibire la telomerasi.
TABELLA 1
Analisi quantitativa dell’inibizione della telomerasi ad opera dei derivati coronenici
Composto Percentuale di inibizione
(10 μΜΜ) della telomerasi CORON 38 ± 5
CORON2 44 ± 2
CORON3 66 ± 2
CORON4 52 ± 2
È interessante notare come dal saggio riportato emerga una differenza di attività tra i vari derivati coronenici. In particolare il CORON si è dimostrato il meno efficiente nel l’inibire la telomerasi. Il CORON2 ed il CORON4, caratterizzati da due catene uguali a quelle del CORON e due scelte invece tra quelle dei derivati perilenici risultati più efficienti, hanno dimostrato un’attività superiore a quella del CORON, a parità di concentrazione, ma simile tra di loro. Il CORON3, in cui sono state inserite su entrambi gli assi le catene che meglio interagivano con i solchi del G-quadruplex nel modello PIPER, ha mostrato la maggior capacità di inibire la telomerasi.
Studio dell’attività antitumorale dei derivati coronenici
Saggi su linee cellulari - inibizione della crescita cellulare e citotossicità
L’effetto del CORON (capostipite della famiglia dei derivati coronenici) su colture cellulari tumorali è stato testato presso il National Cancer Institute (Division of Cancer Treatment and Diagnosis) - National Institutes of Health (Bethesda, Maryland 20892), nell’ambito del programma di screening anti-cancro. L’attività del derivato coronenico è stata saggiata contro l’intero panel di linee cellulari tumorali (Monks, A. et al. Feasibility of a High-Flux Anticancer Drug Screen Using a Diverse Panel of Cultured Human Tumor Cell Lines J. Nati. Cancer Inst., 1991, 83, 757-766), che comprende 60 diverse linee cellulari neoplastiche umane, raggruppate in nove sottogruppi neoplastici: leucemia, tumore polmonare a cellule non piccole, tumore del colon; tumore del SNC, melanoma; carcinoma ovarico, tumore renale, carcinoma prostatico, carcinoma mammario.
Il procedimento utilizzato può essere riassunto come segue. Le cellule delle linee neoplastiche vengono coltivate in mezzo di coltura RPMI 1640 contenente il 5% di siero fetale bovino e L-glutammina 2 mM. Per un tipico esperimento di screening, le cellule sono inoculate in piastre da microtitolazione da 96 pozzetti in 100 μL, a densità che variano da 5.000 a 40.000 cellule/pozzetto in dipendenza dal tempo di raddoppio delle linee cellulari individuali. Dopo l’inoculazione delle cellule, le piastre da microtitolazione vengono incubate a 37°C, 5% C02, 95% aria e 100% di umidità relativa per 24 h prima dell’aggiunta degli agenti in prova.
Dopo 24 h, due piastre di ciascuna linea cellulare vengono fissate in situ con TCA, a rappresentare una misura della popolazione cellulare per ciascuna linea al momento dell’aggiunta dell’agente (Tz). Gli agenti in prova vengono solubilizzati in dimetilsolfossido a 400 volte la concentrazione massima finale desiderata e conservati congelati prima dell’uso. Al momento dell’aggiunta dell’agente, un’aliquota del concentrato congelato viene scongelata e diluita ad una concentrazione doppia della massima concentrazione finale desiderata, con mezzo completo contenente 50 μg/ml di gentamicina. Diluizioni seriali addizionali di quattro volte, 10 volte o 1⁄2 log vengono fatte a dare un totale di cinque concentrazioni seriali di agente più il controllo. Aliquote di 100 μΙ di tali diverse diluizioni di agente vengono aggiunte agli appropriati pozzetti da microtitolazione già contenenti 100 μl di mezzo, dando come risultato le richieste concentrazioni finali di agente.
Dopo l’aggiunta, le piastre vengono incubate per altre 48 h a 37°C, 5% C02, 95% aria e 100% di umidità relativa. Per le cellule aderenti il saggio termina con l’aggiunta di TCA freddo. Le cellule vengono fissate in situ aggiungendo delicatamente 50 μl di TCA freddo al 50% (p/v) (concentrazione finale, 10% TCA) e incubate per 60 minuti a 4°C.
Il supernatante viene scartato e le piastre vengono lavate cinque volte con acqua corrente e asciugate in aria.
Una soluzione di sulforodamina B (SRB) (100 μl) allo 0,4% (p/v) in acido acetico all’1% è aggiunta ad ogni pozzetto, e le piastre sono incubate per 10 minuti a temperatura ambiente. Dopo lo staining, il colorante non legato viene rimosso lavando cinque volte con acido acetico all’1 % e le piastre vengono asciugate in aria. Il colorante legato viene successivamente solubilizzato con trizma base 10 mM, e l’assorbanza letta su un lettore di piastre automatico ad una lunghezza d’onda di 515 nm. Per le cellule in sospensione, la metodologia è la stessa ad eccezione del fatto che il saggio è terminato fissando le cellule depositate al fondo dei pozzetti aggiungendo delicatamente 50 μΙ of di TCA all’80% T(concentrazione finale, 16% TCA). Utilizzando le sette misure di assonanza [tempo zero, (Tz), crescita di controllo, (C), e le crescite di test in presenza del farmaco alle cinque concentrazioni (Ti)], la percentuale di crescita è calcolata a ciascuna delle concentrazioni di agente, come segue:
[(Ti-T z)/(C-T z)] x 100 per concentrazioni per cui Ti>/=Tz
[(Ti-Tz)/Tz] x 100 per concentrazioni per cui Ti<Tz.
Tre parametri di risposta alla dose sono calcolati per ciascun agente in prova:
Gl5O(concentrazione che inibisce il 50% della crescita cellulare netta), calcolata da [(Ti-Tz)/(C-Tz)] x 100 = 50, è la concentrazione che causa una riduzione del 50% nell'incremento proteico netto (misurato da staining con SRB) nelle cellule del controllo durante l’incubazione con l’agente.
TGI (concentrazione che provoca l’Inibizione della crescita totale), è calcolata da Ti = Tz.
LC50(concentrazione che causa il 50% di morte cellulare netta) è la concentrazione di agente che provoca una riduzione del 50% nelle proteine misurate alla fine del trattamento con il farmaco in confronto con il valore iniziale, indicando una perdita netta di cellule in seguito al trattamento. È calcolata da [(Ti-Tz)/Tz] x 100 = -50.
Per ciascuno di questi tre parametri i valori sono calcolati se il livello di attività è raggiunto. Tuttavia, se il livello di attività non è raggiunto o è superato il valore del relativo parametro è espresso come maggiore o minore della massima o della minima concentrazione testata.
I dati ottenuti sono riassunti nella Tabella 2 che segue.
TABELLA 2
Inibizione in vitro dì linee cellulari tumorali ad opera del CORON<a>
Linea cellulare_ pGI5o<b>_ pLC5o<c>pTGI<d>
Leucemia
CCRF-CEM 6.18 4.30 Nd<e>HL-60 (TB) 6.93 5.71 6.19 K-562 7.55 6.07 6.74 MOLT-4 7.44 5.85 6.65 RPMI-8226 5.85 4.30 4.90 SR 6.87 4.30 6.06 Carcinoma polmonare a cellule non piccole
EKVX 7.30 6.09 6.72 HOP-62 7.68 6.19 6.83 HOP-92 7.76 5.95 6.75 NCI-H226 6.67 4.51 5.84 NCI-H23 6.85 5.35 6.02 NCI-H322M 7.73 5.31 6.16 NCI-H460 7.30 6.03 6.68 NCI-H522 6.93 4.30 6.04
Tumore del colon
COLO-205 6.30 Nd<e>5.91 HCC-2998 6.62 5.50 5.98 HCT-116 7.23 Nd<e>6.64 HCT-15 7.14 5.56 6.29 HT29 7.49 5.89 6.72 KM12 7.55 5.36 6.26 SW-620 7.17 5.64 6.27
Tumore del SNC
SF-268 8.30 6.17 7.30 SF-295 6.93 4.30 6.05 SF-539 8.30 6.97 7.70 SNB-19 7.43 5.51 6.45 U251 7.25 5.88 6.51
Melanoma
LOX IMVI 7.19 6.40 6.79 MALME-3M 7.93 5.43 5.98 M14 6.57 5.64 6.02 Linea cellulare pGI50<b>pLC50<c>pTGI<d>
SK-MEL-2 5.94 4.34 5.39 SK-MEL-28 6.97 5.91 6.48 SK-MEL-5 6.19 5.60 5.89 UACC-62 6.25 5.59 5.92
Carcinoma ovarico
IGROV1 7.50 4.30 5.83 OVCAR-3 6.83 4.30 5.25 OVCAR-4 7.28 6.15 6.75 OVCAR-5 6.54 5.34 5.91 SK-OV-3 6.52 5.39 5.89
Tumore renale
786-0 7.04 5.80 6.33 A498 6.69 5.62 6.12 ACHN 7.19 5.69 6.14 CAKI-1 7.09 4.30 6.51 SN12C 7.20 5.66 6.21 TK-10 7.03 5.32 6.18 UO-31 7.16 Nd<e>6.17
Carcinoma prostatico
PC-3 7.65 6.33 6.93 DU-145 7.39 6.52 6.92
Tumore mammario
MCF7 7.01 5.84 6.41 NCI/ADR-RES 7.22 5.57 6.14 MDA-MB-231/ATCC 7.03 5.51 6.13 HS 578T 6.81 4.30 6.02 MDA-MB-435 6.73 Nd<e>5.97 T-47D 6.71 5.32 5.88<a>Dati ottenuti dall’“/n vitro disease-oriented human tumor cells screen” del NCI.
<b>pG l50è il -log della concentrazione molare che inibisce il 50% della crescita cellulare netta.
<c>pLC50è il -log della concentrazione molare che dà il 50% della morte cellulare netta.
<d>pTGI è il -log della concentrazione molare che dà l’Inibizione totale della crescita.
<e>Non determinato.
Come si può rilevare dai dati della tabella che precede, il CORON ha dimostrato una efficace attività citotossica su tutte e 53 le linee cellulari di tumori umani, a partire in alcuni casi da concentrazioni nell’ordine di 0,1 μΜ o inferiori. Se infatti si osserva la prima colonna della tabella, si può vedere che la concentrazione a cui si ottiene l’effetto del 50% di inibizione della crescita cellulare cade nella stragrande maggioranza dei casi in un intervallo (su scala logaritmica inversa) tra 6 e 8, valori che corrispondono a concentrazioni rispettivamente pari a 1 μΜ e 10 nM.
Inoltre si può osservare come l’effetto antiproliferativo sia ben visibile su tutte le linee tumorali testate, per cui si può ipotizzare un’applicazione ad ampio spettro del possibile farmaco. D’altra parte, è importante notare che i risultati migliori si ottengono nel caso di tumori del cervello, in cui tale parametro oscilla tra un valore di 0,1 μΜ e di 5 nM. Questo sembra quindi essere potenzialmente il campo di maggiore interesse della presente invenzione. Sono anche significativi i risultati ottenuti nel caso di alcuni tipi di tumore della prostata (PC-3), di carcinoma polmonare (HOP-62/92 e NCI-H322M) e di melanoma (MALME-3M) con un’efficacia al 50% ad una concentrazione di circa 20 nM. Queste patologie appaiono quindi particolarmente promettenti come campi di applicazione della presente invenzione.
La presente invenzione è stata descritta con riferimento ad alcune sue forme di realizzazione specifiche, ma è da intendersi che variazioni o modifiche potranno essere ad essa apportate dagli esperti nel ramo senza per questo uscire dal relativo ambito di protezione.

Claims (15)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Derivato coronenico di formula generale (I): (I) in cui R1, R2, R2’, R3, R4 e R4’ rappresentano, ciascuno indipendentemente dall’altro, un gruppo di formula generale: --[L1-X]n-L2-Y in cui: n = 0, 1 , 2 o 3 X = NH, O, S, NMe o NCOMe (in cui Me rappresenta un gruppo metile, -CH3) 1e L2, indipendentemente l’uno dall’altro, rappresentano un gruppo di collegamento di formula:
    in cui: m = 0, 1 , 2, 3 o 4 R5 = H, OH, Me, OMe, Y è scelto tra H, NH2, OH, OCOMe, NHCOMe, NMe2, N<+>Me3, o ha una delle seguenti strutture: A) pirrolidinica/piperidinica/morfolinica/piperazinica
    in cui: s = 0, 1 o 2 q = 0, 1 o 2 Z - CH2, O, NH, NMe, NEt, N<+>Me2, NCOMe R6 - H, Me B) piridinica/pirrolica
    in cui: o = 0 o 1 p = 1, 2 o 3 R7 = H, Me o nullo W = CH, O, S, N, NH con la condizione che almeno due tra R1, R2, R2’, R3, R4 e R4’ siano diversi da H.
  2. 2. Derivato coronenico secondo la rivendicazione 1 , in cui R1 e R3 sono diversi da H e uguali tra loro.
  3. 3. Derivato coronenico secondo le rivendicazioni 1 o 2, in cui uno tra R2 e R2’ e uno tra R4 e R4’ sono diversi da H e uguali tra loro.
  4. 4. Derivato coronenico secondo la rivendicazione 3, in cui R1, R3, R2 e R4 sono uguali a due a due.
  5. 5. Derivato coronenico secondo le rivendicazioni 3 o 4, in cui R1, R2, R3 e R4 sono scelti dal gruppo consistente in:
  6. 6. Derivato coronenico secondo la rivendicazione 5, avente una delle seguenti formule:
  7. 7. Uso di un derivato coronenico di formula generale (I), come definita nella rivendicazione 1, per la produzione di un preparato farmaceutico.
  8. 8. Uso secondo la rivendicazione 7 in cui detto preparato farmaceutico è un preparato antitumorale.
  9. 9. Uso secondo le rivendicazioni 7 o 8, in cui R1 e R3 sono diversi da H e uguali tra loro.
  10. 10. Uso secondo le rivendicazioni 7 o 9, in cui uno tra R2 e R2’ e uno tra R4 e R4’ sono diversi da H e uguali tra loro.
  11. 11. Uso secondo la rivendicazione 10, in cui il derivato coronenico di formula generale (I) corrisponde ad uno dei seguenti nomi: • (N,N’-bis[2-(1 -piperidino)-etil]-5, 11 -bis [2-(1 -piperidino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide); • (N,N’-bis[2-(1 -piperidino)-etil]-5, 11 -bis[2-(4-metil-1 -piperazino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide); • (N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-5,11-bis[2-(4-metil-1-piperazino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide); • (N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-5,11-bis[2-(1-piperidino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide).
  12. 12. Uso di un derivato coronenico di formula generale (I), come definita nella rivendicazione 1 , per la produzione di un farmaco ad attività inibitrice della telomerasi, per la terapia delle malattie proliferative.
  13. 13. Uso secondo la rivendicazione 12, in cui il derivato coronenico di formula generale (I) corrisponde ad uno dei seguenti nomi: • (N,N’-bis[2-(1 -piperidino)-etil]-5, 11 -bis [2-(1 -piperidino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide); • (N,N’-bis[2-(1 -piperidino)-etil]-5, 11 -bis[2-(4-metil-1 -piperazino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide); • (N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-5,11-bis[2-(4-metil-1-piperazino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide); • (N,N’-bis[3-(dimetilammino)-propil]-5,11-bis[2-(1-piperidino)-etil]-coronene-2,3,8,9-tetracarbossildiimmide).
  14. 14. Composizione farmaceutica per la terapia dei tumori comprendente come principio attivo almeno un derivato coronenico di formula generale (I), assieme ad uno o più coadiuvanti e/o veicoli farmacologicamente accettabili.
  15. 15. Composizione farmaceutica secondo la rivendicazione 14 comprendente come principio attivo un derivato coronenico di formula generale (II), (Ili) o (IV), come definita nella rivendicazione 6.
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