ITMI20112442A1 - Composizioni per la terapia locale delle patologie ossee, traumatiche e degenerative comprendenti fattori di crescita e citochine - Google Patents

Composizioni per la terapia locale delle patologie ossee, traumatiche e degenerative comprendenti fattori di crescita e citochine Download PDF

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ITMI20112442A1
ITMI20112442A1 IT002442A ITMI20112442A ITMI20112442A1 IT MI20112442 A1 ITMI20112442 A1 IT MI20112442A1 IT 002442 A IT002442 A IT 002442A IT MI20112442 A ITMI20112442 A IT MI20112442A IT MI20112442 A1 ITMI20112442 A1 IT MI20112442A1
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bone
factors
factor
growth
colostrum
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IT002442A
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Alberto Bartorelli
Maria Rosa Gobbi
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Description

“COMPOSIZIONI PER LA TERAPIA LOCALE DELLE PATOLOGIE OSSEE, TRAUMATICHE E DEGENERATIVE COMPRENDENTI FATTORI DI CRESCITA E CITOCHINEâ€
La presente invenzione ha per oggetto composizioni per la terapia locale delle patologie ossee, traumatiche e degenerative comprendenti fattori di crescita e citochine.
Stato della tecnica
Il sistema scheletrico riveste un ruolo fondamentale nell’omeostasi minerale, ospita gli elementi emopoietici, fornisce supporto meccanico per il movimento e la protezione (cranio) e determina la massa e la forma corporea. Da un punto di vista biochimico, l’osso si compone di una matrice organica (35%) ed elementi inorganici (65%). La componente inorganica, idrossiapatite di calcio [Ca10(PO4)6(OH)2], racchiude il 99% del calcio corporeo, l’85% del fosforo, il 65% del sodio e del magnesio. La componente organica comprende le cellule osteoprogenitrici (staminali mesenchimali multipotenti), gli osteoblasti, gli osteociti (entrambi di linea mesenchimale), gli osteoclasti (di origine ematopoietica) e le proteine della matrice, a loro volta classificabili in proteine collagene (principalmente di tipo I, 90% della matrice organica) e non collageniche.
La necessità di apportare tessuto osseo à ̈ una condizione comune nei processi alveolari edentuli, negli esiti di grandi e piccoli traumatismi e dopo exeresi di tumori maligni che abbiano interessato il sistema scheletrico. A tali cogenti esigenze cliniche si à ̈ tradizionalmente risposto mediante innesti d’osso autologo, allogenico e alloplastico. (Davies J.E., 1998, Doll et al, 2001). La sostituzione e rigenerazione dei tessuti ossei interessa principalmente la chirurgia ortopedica, la neurochirurgia e l'odontoiatria. Si consideri, a titolo esemplificativo, che nei soli Stati Uniti, ogni anno, sono effettuati circa un milione e mezzo di innesti ossei di diversa tipologia, per migliorare e possibilmente velocizzare la solidarizzazione delle fratture di ossa lunghe o per la ricostruzione scheletrica specie in ambito maxillofacciale. Attualmente il gold standard dei sostituti ossei à ̈ rappresentato dal tessuto osseo autologo, caratterizzato da proprietà meccaniche, osteoinduttive, osteoconduttive e scevro da rischio immunogenico; quest'ultimo presenta però un elevato riassorbimento, un potenziale rischio infettivo locale, una morbilità sul sito di prelievo e una disponibilità ridotta.
Un valido sostituto osseo dovrebbe tendere a possedere entrambe le caratteristiche tipiche di un sostituto d'osso autologo: l'osteoconduzione, ossia il processo che supporta la crescita di capillari, tessuto perivascolare e cellule osteoprogenitrici all'interno dell'innesto, e l'osteoinduzione, ossia il processo che supporta la proliferazione di cellule mesenchimali indifferenziate e la formazione di cellule osteogenitrici con la capacità di formare esse stesse tessuto osseo. Quest’ultima proprietà à ̈ principalmente quella che distingue l'innesto autologo dai sostituti d'osso sintetici (a base di fosfato di calcio, solfato di calcio, idrossiapatite o composti collagene-fosfato di calcio).
Elemento critico nel determinare le proprietà dei sostituti à ̈ rappresentato dall'architettura interna: la presenza di pori, il loro diametro e la tipologia di porosità sono essenziali per favorire la rigenerazione ossea all'interno del sostituto.
Infatti, il processo di formazione dell'osteoide necessita di pori di dimensioni minime di 100 micron (300-500 micron rappresenta la dimensione ideale) e della presenza di interconnessioni tra i pori che consentono la neoangiogenesi e una corretta perfusione che à ̈ indispensabile per il differenziamento delle cellule progenitrici in osteoblasti. Ad oggi, accanto ai sostituti d'osso sintetici, esistono diverse soluzioni atte a simulare innesti autologhi, quali combinazioni di osso allogenico e midollo osseo autologo, matrice ossea demineralizzata (DBM) o diverse tipologie di fattori per riparazione tissutale.
La necessità di migliorare significativamente le attuali terapie, adeguandole al rapido progresso delle scienze di base, ha orientato più recentemente la ricerca verso lo studio, la selezione e l'uso di sostanze solubili sia di natura proteica, sia non proteica, atte a supportare l’osteogenesi. Fanno parte del primo gruppo varie isoforme delle Proteine Morfogenetiche dell’Osso (Bone Morphogenetic Proteins), l’interleuchina 6 (Taguchi Y et al., 1998; Erices et al., 2002), la leptina (Thomas T et al., 1999), la sortilina (Maeda S et al., 2002) e la menina (Sowa H et al., 2003). Si devono annoverare nel secondo gruppo la prostaglandina E2(PGE2) (Raisz LG et al., 1992), il calcitriolo o 1,25-diidrossivitamina D3 (Kelly KA & Gimble JM, 1998; van Leeuwen JP et al., 200), l’acido L-ascorbico, il b-glicerofosfato, TAK-778 (Notoya K et al., 1999) e alcuni membri delle statine (Sugyiama M et al., 2000; Ohnaka K et al., 2001).
Una descrizione più approfondita meritano le BMP, proteine morfogenetiche dell’osso appartenenti alla famiglia del TGF-b, fattori osteoinduttivi attivi sia in vitro, sia in vivo, in sedi ectopiche (Urist MR, 1965; Hoffman et al., 2001). L’attuale classificazione (Reddi AH, 1998), che contempla 15 diverse molecole, propone quattro sottogruppi:
• BMP 2 e 4,
• BMP 3 (osteogenina),
• BMP 5, 6, 7 (OP1), 8 (OP2), 8B (OP3), BMP 9, 10, 11.
• BMP 12 (Growth Differentiation Factor 7 o Cartilage derived Morfogenetic Protein 3), BMP 13 (GDF 6 o CDMP2), BMP 15 (GDF 5 o CDMP-1) e BMP 15.
Priva delle sette cisteine canoniche, la BMP 1 non fa parte della superfamiglia TGF b. Le BMP agiscono legandosi ad un complesso eterodimerico, costituito da due recettori di tipo I e due recettori di tipo II, che posseggono un’attività serin-treonincinasica. Sono stati descritti (Yamashita H et al., 1996) tre diversi recettori di tipo I nei mammiferi: BMPR-IA (activin receptor-like kinase 3); BMPR-Ib (ALK6) e ALK2 (ActR-I). Oltre al BMPR-II, i recettori dell’activina IIa e IIb rientrano nel secondo tipo e non necessitano, a differenza del tipo I, di attivazione da parte di un ligando per la loro attività cinasica, che risulta costitutiva. Sebbene le BMP possano legarsi separatamente ad un recettore per reclutare poi l’altro, l’interazione ottimale si raggiunge con la contemporanea presenza di entrambi. Così il tipo II fosforila il tipo I che, a sua volta, fosforila le Smad 1, 5, 8 in una cascata (si noti che il TGF-b attiva invece le Smad 2 e 3) che terminando con la Smad 4 - detta coSmad - giunge sino all’attivazione nel nucleo di geni bersaglio quali il Cbfa 1 (Core Binding Factor) (Miller J et al., 2002), agendo da fattore di trascrizione (Itoh S et al., 2000). In particolar modo, BMP2 ha dato i risultati più interessanti (Noshi T et al., 2001). Altri autori hanno esaminato BMP4 e BMP7 osservando anche in questo caso un aumento della percentuale di cellule mesenchimali che si differenziano in osteoblasti.
Descrizione dell’invenzione
Secondo la corrente letteratura scientifica, l’azione terapeutica delle cellule staminali può essere riconducibile a due meccanismi: differenziazione delle cellule staminali in cellule residenti e rilascio di fattori trofici rigenerativi da parte delle cellule staminali. I rispettivi contributi di questi due meccanismi rimangono da chiarire, anche se à ̈ stato ipotizzato che non siano le cellule staminali a trasformarsi in cellule mature del tessuto leso, ma che esse trasmettano dei fattori vitali a questo tessuto, che può così tornare a proliferare e a differenziarsi, rigenerandosi (Fig. 1).
La terapia con cellule staminali presenta molti problemi legati non solo ai costi e a complicazioni tecniche ed applicative, ma anche a scrupoli etici e religiosi.
La terapia con cellule staminali à ̈ attuabile solo per via iniettiva o, in alcuni casi, topica, e non per via orale. Il sovranatante delle cellule staminali in coltura contiene fattori di crescita, citochine, fattori chemiotattici ecc. che si ritiene siano responsabili dell’effetto benefico della terapia staminale sulla crescita e/o riparazione dei tessuti.
L’eventuale utilizzo dei fattori vitali isolabili dal sovranatante delle cellule staminali presenta, tuttavia, non solo gli stessi problemi etici dell’uso delle cellule staminali stesse ma anche costi molto elevati.
Si à ̈ sorprendentemente scoperto che nei liquidi biologici e in alcuni tessuti dei mammiferi sono presenti gli stessi fattori attivi rilasciati dalle cellule staminali e pertanto presenti nel sovranatante delle colture delle cellule staminali stesse. Le migliori sorgenti di questi fattori sono il siero, la placenta e il colostro dei mammiferi.
La Tabella riporta il confronto qualiquantitativo fra i fattori presenti nel sovranatante delle colture di cellule staminali e i fattori isolati da queste nuove
sorgenti da noi denominati POOL OF MATERNAL FACTORS (P.M.F.),
Tabella
P.M.F. Ab Mesenchymal NAME (pg/ml) stem cells (pg/ml) IL-1 ra IL- 1 antagonist 29.05 0,0
IL-1b Interleukin- 1b 0,09 0.0
IL-2 Interleukin-2 32.05 0.0
IL-4 Interleukin-4 0.17 21.12
IL-6 Interleukin-6 1.26 293.01
IL-8 Interleukin-8 0.71 359.56
IL -9 Interleukin - 9 3.66 0.78
IL- 10 Interleukin- 10 2.83 0.99
IL- 12 Interleukin-12 I.73 0.0
IL- 15 Interleukin- 15 4.33 0.5
IL- 17 Interleukin- 17 21.95 0.32 Eotaxin Eotaxin 5.01 0.0
INF -y Gamma - 5.97 11.14 MCP-1 Monocyte chemotactic factor-1 4.12 11,23
PDGF derived growth factor I I.55 3.08
TNF Tumor necrosis factor 40.00 12.30
Vascular growth 41.00 208.04 VEGF factor
HGF Hepatocyte growth factor 52.3 100.74 FGF Fibroblast growth factor 180.15 18.21 TGF- 64.00 51.32 beta1 transforming growth factor
IGF-1 insulin -like growth factor 1.60 0.0
GM- Granulocyte/monocyte -colony 183.85 0.0
CSF stimulating factor
LIF leukeinia inhibitory factor 15.20 27.32
SCF stem cell factor 10.55 4.54
SDF-1 stromal derived factor- 1 41.75 28.8
NGF Nerve growth factor 8.33 0.0
BMP -2 Bone morphogenic 25.01 2.65
RNA 189 ng/ml 48· pg/ml
Presenza di fattori di crescita/ in P.M.F. Ab (1 mg/ml) e nel surnatante di Cellule Staminali Mesenchimali (1 milione di cellule).
E’ evidente (tabella) la maggior concentrazione di quasi tutti i fattori presenti nel P.M.F. rispetto a quella presente nel sovranatante delle cellule staminali.
E’ inoltre evidente la possibilità di utilizzare concentrazioni terapeutiche anche molto alte di P.M.F., ad esempio dosi da 0,5/1 g per via topica o iniettiva e dosi fino a 20/30 g per via orale, rispetto alle massime concentrazioni terapeutiche utilizzate di cellule staminali che corrispondono a 1/2 milioni/Kg e pertanto a un massimo di 140 milioni per terapia e, dunque, a valori di fattori sempre dell’ordine dei picogrammi.
L’oggetto dell’invenzione à ̈ quindi un composto (P.M.F.) contenente in altissima concentrazione tutti i fattori attivi presenti nel sovranatante delle cellule staminali ma isolati, con semplici metodiche estrattive, da fonti naturali molto economiche, di facile reperibilità e senza problemi etici.
Inoltre P.M.F., isolato dai liquidi biologici e dai tessuti di mammiferi, contiene anche fattori antibatterici (transferrina, lisozima, lactoperossidasi, lactoferrina) e anticorpi delle classi IgG e IgA. (P.M.F. Ab).
L’assenza di anticorpi e di antibatterici del sovranatante delle cellule staminali à ̈ un’ulteriore ragione per l’utilizzo di P.M.F. Ab in molti usi terapeutici, topici e per via orale.
Il siero presenta il massimo picco dei fattori negli ultimi giorni prima del parto, il colostro nelle prime ore dopo il parto e non oltre la 6° ora.
Già dopo 12 ore dal parto i fattori diminuiscono notevolmente, a 24 h molti di loro non sono più dosabili.
Questi fattori sono geneticamente molto conservati nelle varie specie e pertanto à ̈ possibile usare sull’uomo fattori isolati da altre specie di mammiferi come i bovini, gli equini, i cammelli, i mammiferi marini ecc. I fattori sono controllati con metodiche ELISA specifiche per la specie, anche se la cross reazione interspecie à ̈ altissima in quanto i fattori sono filogeneticamente molto conservati e, pertanto, solo qualitativamente sono misurabili anche con ELISA utilizzati per specie diverse (es: uomo-bovino e viceversa).
I fattori sono controllati con metodiche ELISA specifiche per la specie, anche se la cross reazione interspecie à ̈ altissima in quanto i fattori sono filogeneticamente molto conservati e, pertanto, solo qualitativamente sono misurabili anche con ELISA utilizzati per specie diverse (es: uomo-bovino e viceversa).
Una prima fonte dei fattori dell’invenzione à ̈ il siero di mammiferi che, negli ultimi giorni (5-15) prima del parto, à ̈ molto ricco dei fattori attivi oggetto dell’invenzione rispetto a mammiferi non gravidi o ai primi mesi di gravidanza. Si descrive di seguito, a titolo di esempio, una metodica di estrazione da siero.
Si preleva 1 litro di sangue in 4 giorni per 4 prelievi complessivi per non danneggiare l’animale, preferibilmente bovino o equino. Il sangue viene sierato a temperatura ambiente per 24 h e quindi centrifugato per spremere il coagulo. Si recupera il siero (circa il 30/40% del volume totale) a cui si aggiungono, come agenti antisettici, fenossietanolo al 2,5% e diazolidinil-urea all’1%. Il siero così trattato viene quindi frazionato con i seguenti passaggi.
Ultrafiltrazione 300'000 Da
Il campione di siero (congelato a -20°C) ottenuto per coagulazione e centrifugazione da sangue di mammifero viene scongelato a temperatura ambiente e diluito con 2 volumi di acqua demineralizzata. La soluzione ottenuta viene ultrafiltrata su membrana piana a flusso tangenziale Millipore Pellicon Biomax in polyethersulfone da 300'000 Da ad una Pi di 0,5÷1 bar, in camera fredda a 4°C.
Il retentato e una frazione corrispondente a circa 1:10 del permeato vengono trasferiti in un tubi da dialisi Spectrum Spectrapor in cellulosa rigenerata da 1'000 Da e dializzati contro acqua demineralizzata.
Ultrafiltrazione 5'000 Da
Il restante permeato viene ultrafiltrato su membrana da 5'000 Da. Il permeato dell’ultrafiltrazione da 300'000 Da viene concentrato su membrana piana a flusso tangenziale Millipore Pellicon Biomax in polyethersulfone da 5000 ad una Pi di 0,5÷1 bar, in camera fredda a 4°C.
Il retentato viene trasferito in un tubo da dialisi Spectrum Spectrapor in cellulosa rigenerata da 1'000 Da e dializzato contro acqua demineralizzata (con questa dialisi si eliminano anche i conservanti). Il composto à ̈ quindi immediatamente liofilizzato.
Una seconda fonte dei fattori dell’invenzione à ̈ la placenta. Si descrive di seguito, a titolo di esempio, una metodica di estrazione.
Vengono utilizzate preferibilmente placente bovine o equine.
Omogeneizzazione
La placenta (congelata a -20°C) viene scongelata a temperatura ambiente, tagliata in piccoli pezzi, lavata con abbondante soluzione fisiologica (NaCl 0,9%) fredda (4°C) e omogeneizzata tramite cutter Siramm in un buffer di lisi così composto: Tris/HCl 50 mM, EDTA 25mM, triton X-100 0,001% a pH 7,4. Alla sospensione ottenuta viene aggiunto NaCl fino ad una concentrazione dello 0,9%, e i conservanti (fenossietanolo al 2,5% e diazolidinil-urea all’1%). La sospensione viene posta sotto agitazione (agitatore magnetico) per 2 ore e mantenuta statica overnight in camera fredda a 4°C.
Centrifugazione
La sospensione viene centrifugata a 13’000 rpm con centrifuga Sorvall RC6 e rotore SLA 15000 per 45 minuti a 4°C. Il surnatante della centrifugazione viene recuperato, prefiltrato sotto vuoto su Dicalite e su filtri in cellulosa rigenerata da 0,45 µm e 0,22 µm.
Ultrafiltrazione 300'000 Da:
Il prodotto filtrato viene ultrafiltrato su membrana piana a flusso tangenziale Millipore Pellicon Biomax in polyethersulfone da 300'000 Da ad una Pi di 0,5÷1 bar, in camera fredda a 4°C.
Ultrafiltrazione 5'000 Da
Il permeato dell’ultrafiltrazione da 300'000 Da viene concentrato su membrana piana a flusso tangenziale Millipore Pellicon Biomax in polyethersulfone da 5'000 ad una Pi di 0,5 ÷1 bar, in camera fredda a 4°C. Il retentato viene trasferito in un tubo da dialisi Spectrum Spectrapor in cellulosa rigenerata da 1'000 Da e dializzato contro acqua demineralizzata (si eliminano pertanto anche i conservanti) e quindi immediatamente liofilizzato.
Una ulteriore fonte dei fattori dell’invenzione à ̈ il colostro. Si usa preferibilmente colostro bovino per la facilità di approvvigionamento e le quantità disponibili. E’ particolarmente preferito il colostro da mucche di razza Holstein (Frisona) e Guernsey.
E’ stato provato che tali mucche producono colostro con la maggior concentrazione di fattori attivi. Le mucche sono preferibilmente al secondo o terzo parto. Il colostro à ̈ preferibilmente raccolto fra la 1° e la 6° ora dal parto in quanto, in questo periodo, si assiste alla maggior concentrazione di attivi. Nel colostro a partire dalla sesta ora dal parto i fattori attivi diminuiscono rapidamente (dopo 24 ore ne sono presenti solo il 15%).
Il colostro raccolto à ̈ sottoposto a test per tubercolosi, citotossicità su culture cellulari, controllo di micoplasmi, prioni e di virus umani e bovini. Il colostro nella cisterna mammaria à ̈ praticamente sterile, ma una volta munto, nonostante ogni precauzione, per l’alta concentrazione di fattori di crescita, la sua carica batterica sale molto rapidamente durante la gelatura e la sgelatura, processi piuttosto lenti data l’alta densità del colostro nelle prime ore.
L’utilizzo di raggi γ permette di ottenere un colostro sterile solo se si utilizzano radiazioni superiori a 10 Kgy che tuttavia distruggono gran parte dei fattori attivi, e d’altronde questo metodo non impedisce la formazione di pirogeni il cui utilizzo à ̈ sconsigliabile per via topica e proibito per via parenterale.
E’ stata pertanto messa a punto una filiera di raccolta innovativa, per ottenere un composto anallergico sterile, senza conservanti e senza pirogeni.
Al colostro raccolto in taniche sterili (sterilizzate a vuoto a 25 Kgy) si aggiungono agenti antisettici in quantità tali da garantire la sterilità e l’assenza di pirogeni. Si impiegano preferibilmente fenossietanolo alla concentrazione del 2,5% e diazolidinil-urea a una concentrazione dell’1%.
Il colostro così trattato può, per brevi periodi (max 30 gg) non essere conservato congelato prima dei processi di estrazione dei fattori attivi, con evidente risparmio dei costi industriali.
I fattori attivi possono essere estratti con i seguenti passaggi:
Centrifugazione
Il colostro bovino viene diluito 1:10 con acqua demineralizzata, si aggiunge NaCl fino ad ottenere una concentrazione dello 0,9%.
La sospensione viene centrifugata in continuo a 8'000 rpm a temperatura di 20-25°C con una centrifuga Alfa Laval scartando il pellet corrispondente alla parte lipidica.
Ultrafiltrazione ceramica da 300'000 Da
Il prodotto ottenuto dalla centrifugazione viene ultrafiltrato su membrana ceramica con cut-off 300'000 Da ad una temperatura di 20-25°C recuperando il permeato.
Ultrafiltrazione su 5000 Da
Il permeato dell’ultrafiltrazione 300'000 Da viene concentrato su membrana a spirale avvolta da 5'000 Da in polyethersulfone ad una temperatura di 20-25°C e dializzato contro acqua demineralizzata fino ad una conducibilità del retentato di circa 600 µs/cm<2>(con questa dialisi si eliminano anche i conservanti).
Liofilizzazione
Il retentato dell’ultrafiltrazione da 5'000 Da viene filtrato sotto vuoto su filtri Millipore in cellulosa rigenerata da 0,2 µm, congelato a -20°C e liofilizzato.
Purificazione di P.M.F. Ab dagli anticorpi
Una soluzione di ammonio solfato satura viene aggiunta ad una soluzione di P.M.F. Ab isolati sia da siero, placenta o colostro sotto agitazione e ad un rapporto finale 1:1 (v/v). La miscela à ̈ mantenuta per due ore a temperatura ambiente o a 4°C per 12 ore, in ambiente sterile e successivamente centrifugata a 18.000 rpm. Il surnatante à ̈ quindi sottoposto a dialisi a 4°C contro acqua, utilizzando membrane con cut-off di 100 kDA. La frazione esterna alle membrane di dialisi, priva della componente immunoglobulinica, viene quindi liofilizzata e conservata a -20°C. La deplezione della componente immunoglobulinica viene verificata mediante analisi SDS-PAGE in condizioni riducenti e non, utilizzando blue coomassie come colorante.
In alternativa o di seguito al precedente, la purificazione prevede l’utilizzo di colonne di affinità funzionalizzate con proteina G. La soluzione dei fattori attivi o la frazione preventivamente precipitata con ammonio solfato viene fatta eluire mediante pompa peristaltica ad un flusso di 1 ml/min attraverso una colonna funzionalizzata con proteina G in ambiente sterile. Dopo 20 minuti di perfusione, la soluzione à ̈ dializzata per ultrafiltrazione ad alta pressione per eliminare totalmente i conservanti e quindi liofilizzata. Si ottiene una polvere sterile, priva di pirogeni, priva di immunoglobuline animali, libera da conservanti, anallergica (caseina e lattoalbumina sono i responsabili di oltre il 95% delle allergie verso queste componenti animali) di altissima solubilità e con la massima concentrazione possibile di fattori attivi.
Qualunque sia la sorgente utilizzata si riscontra la presenza degli stessi fattori attivi misurati con l’ELISA.
Questo composto à ̈ stato chiamato POOL OF MATERNAL FACTORS (P.M.F.) e contiene i seguenti fattori osteogenici:
Platelet-derived growth factor (PDGF)-BB: regola il reclutamento e la proliferazione dei progenitori osteogenici ed il differenziamento in osteoblasti maturi.
Fibroblast growth factor (FGF): regola il reclutamento e la proliferazione dei progenitori osteogenici ed il differenziamento in osteoblasti maturi.
Transforming growth factor (TGF-beta): stimola i progenitori a maturare e produrre matrice ossea.
Leukemia inhibitory factor (LIF): agisce su progenitori già differenziati ed osteoblasti favorendo il rimodellamento osseo.
Stromal derived factor-1 (SDF-1): recluta i progenitori ed insieme alla BMP-2 favorisce il differenziamento delle staminali mesenchimali.
Bone morphogenic protein-2 (BMP-2): proteina fondamentale nel processo di ossificazione, in particolare nel differenziamento di precursori osteogenici.
Vascular endothelial growth factor (VEGF): favorisce la vascolarizzazione dell'osso.
La composizione può essere utilizzata per la preparazione di composizioni adatte per la terapia locale delle patologie ossee, traumatiche e degenerative.
Tali composizioni potranno essere in forma di scaffolds, supporti, cementi, impianti riassorbibili e non, materiali sostituti d’osso, impianti dentari endo-ossei e simili, impregnati con la frazione dell’invenzione.
Le composizioni dell’invenzione potranno essere utilizzate per la terapia delle lesioni ossee metastatiche, dell’atrofia del processo alveolare mandibolare o mascellare e delle fratture non consolidate o non consolidabili. Tali composizioni sono preparabili con metodi e materiali noti. La quantità di frazione di colostro impiegata da somministrare o per impregnare gli scaffolds, supporti, impianti o protesi può variare da 1 a 10 g. L’invenzione à ̈ descritta in maggior dettaglio nella seguente parte sperimentale, data a titolo di esempio.
ESEMPIO 1 - PROVE IN VITRO
Osteogenesi ex novo
L’effetto di P.M.F. sull’osteogenesi à ̈ stato valutato in vitro mediante saggi di proliferazione e differenziamento osteogenetico di cellule staminali mesenchimali, progenitori dell’osso, umane e murine, nonché di migrazione. In vivo, l’attività osteogenica di P.M.F. à ̈ stata valutata in un modello di inoculo sottocute di Matrigel, matrice amorfa, contente P.M.F. ed idrossiapatite.
Proliferazione
Gli effetti di P.M.F. sulla proliferazione cellulare sono stati valutati utilizzando osteoblasti umani (Saos-2 e MG-63) e cellule mesenchimali staminali umane, come modello dei precursori degli osteoblasti (human Adipose tissue-derived Stem Cells, hASC).
Le ASC sono state isolate (Zuk PA et al., 2001) da 6 donatori volontari e mantenute in terreno di controllo (DMEM supplementato con piruvato di sodio, 10% FCS, 100 U/ml penicillina, 100 mg/ml streptomicina e 250 ng/ml amphotericina B). Gli osteoblasti di linea Saos-2 (ATCC number: HTB-85) e MG-63 (ATCC number: CRL-1427) sono stati acquistati da ATCC. Saos-2 ed MG-63 sono state mantenute rispettivamente in McCoy’5A (Gibco, Life Technologies) con 15% FBS, ed in DMEM con 10% FCS.
Le cellule sono state seminate in piastre da 96 pozzetti e sottoposte a MTT test nei giorni 1, 3, 5 e 7 e sono state mantenute in atmosfera umidificata 5% CO2 in aria a 37°C (Figura 2) P.M.F. mostra un potente effetto proliferativo dose dipendente su tutte le linee studiate, massimale alla concentrazione di 5 mg/ml.
Migrazione
La capacità di P.M.F. di richiamare progenitori mesenchimali (ASC) ed osteoblasti umani (MG-63 e SAOS) à ̈ stata valutata mediante saggio Wound Healing, riconosciuto come test fondamentale per lo studio della capacità di indurre la motilità cellulare. P.M.F. (Figura 3) alla concentrazione indicata (5mg/ml), à ̈ in grado di promuovere la motilità cellulare in modo paragonabile alla condizione di controllo positivo (10% FBS) per ASC e MG-63 ed in modo, seppur inferiore, sempre statisticamente significativo per le SAOS.
Presenza di citochine implicate nell’osteogenesi
Una fondamentale proteina osteoinduttrice, Bone Morphogenetic Protein-2 à ̈ stata rilevata (Figura 4) in P.M.F. mediante tecnica Western Blot sia in forma non clivata (45 kDa) sia nella forma attiva (26 kDa). La fosforilazione delle SMAD 1,5,8 (face assay), effettori del legame tra BMP-2 ed i recettori di membrana BMPR-II, BMPR-IA, BMPR-IB, conferma che la BMP-2 contenuta in P.M.F. à ̈ attiva. La presenza di Bone Morphogenetic Protein-2 (BMP2), oltre a basic FGF, PDGF, VEGF, GM-CSF, LIF, SDF-1a, (dimostrate con la metodica multiplex) rende indicato l’uso di P.M.F. laddove si voglia ottenere la rigenerazione ossea.
Differenziamento in vitro
Il differenziamento in senso osteogenico in vitro à ̈ stato valutato mediante dosaggio del marker Fosfatasi alcalina, in cellule staminali mesenchimali trattate con P.M.F. in presenza o assenza di fattori osteogenici (acido ascorbico 50 µM, beta-glicerofosfato 10 mM, desometasone 100 nM). I risultati mostrano che P.M.F. Bone non risulta osteogenico di per sé. Inoltre, in presenza di fattori di differenziamento, l’attività osteoinduttiva di P.M.F. non risulta significativamente superiore al siero, usato come controllo (Figura 5). L’analisi dei depositi di Calcio con colorazione di Von Kossa ha mostrato risultati analoghi.
Funzionalizzazione di superfici in titanio mediante P.M.F Campioni cilindrici in titanio liscio, di comune uso per testare in vitro le superfici degli impianti dentari, sono stati trattati con deposizione di film sottili organici a base poliacrilica per consentire la funzionalizzazione di P.M.F. L'introduzione di gruppi carbossilici sulla superficie consente, infatti, la creazione di legami covalenti con i gruppi aminici presenti nei residui aminoacidici dei fattori di crescita contenuti in P.M.F. Osteoblasti umani Saos-2 sono stati seminati sui campioni, fissati dopo 3 e 6 ore e preparati per l'analisi immunocitochimica. A sole 3 ore à ̈ possibile notare un maggiore spreading delle cellule sulle superfici trattate (Figura 6A) rispetto a quelle non trattate (Figura 6B), mentre a 6 ore dalla semina lo spreading risulta simile nelle due condizioni, ma il numero di cellule appare significativamente maggiore per le superfici funzionalizzate (Figura 6C) rispetto alle non funzionalizzate (Figura 6D), come riassunto nella Figura 6E.
ESEMPIO 2 - MODELLO DI OSTEOGENESI IN VIVO IN MATRIGEL
L’attività osteogenica di P.M.F. à ̈ stata valutata in un test di inoculo sottocute in topi Balb-C di matrice (Matrigel) in presenza o assenza di 100 µg/ml di P.M.F. L’esame della matrice contenente P.M.F. ha mostrato un reclutamento di cellule infiammatorie 10-15 giorni dopo l’inoculo.
Studi successivi sono stati condotti in presenza di idrossiapatite, aggiunta al Matrigel contenente o meno P.M.F. Dieci giorni dopo l’inoculo, in presenza di P.M.F. si assisteva al reclutamento di macrofagi e cellule reattive giganti intorno ai cristalli di idrossiapatite (Figura 7A). L’analisi immunoistochimica ha inoltre mostrato la deposizione di osteocalcina (Figura 7B). A 60 giorni, à ̈ possibile identificare isole di calcificazione, circondate da stroma reattivo (Figura 7C), positive per deposizione di calcio alla colorazione di Von Kossa (Figura 7D).
Dai risultati delle prove degli esempi 1 e 2, appare evidente come P.M.F. svolga un ruolo di potenziamento dell’osteogenesi, allorché si supplementino fattori osteoinduttivi solubili, in terreno di coltura, oppure scaffolds di idrossiapatite, in vivo, e possa convenientemente essere sfruttato nei materiali sostituti d’osso impiegati in ortopedia ed odontoiatria. Inoltre, P.M.F. possiede capacità di chemiotassi positiva sulle cellule testate e può essere usato per la funzionalizzazione di superfici implantari. Gli effetti proliferativi e di migrazione sui progenitori dell’osso e sugli osteoblasti osservati sono dovuti alla presenza in P.M.F. di svariate chemochine e fattori di crescita.
ESEMPIO 3 - utilizzo di P.M.F. sul consolidamento delle fratture nel cane naturalmente traumatizzato
Una complicazione frequente delle fratture ossee nel cane à ̈ rappresentata dai disturbi di consolidamento, che costituiscono un ottimo modello sperimentale per gli analoghi disturbi osservati in medicina umana. Si parla ad esempio di unioni ritardate quando una frattura non ha consolidato nel tempo previsto per quel tipo di lesione, in rapporto alla sede ed all’età del paziente, pur essendo evidente una certa attività ossea. Per pseudoartrosi post-traumatica o non unione si intende comunemente la frattura non consolidata e non consolidabile se non con l’ausilio di adeguati provvedimenti chirurgici, quali curettage del focolaio, impianti ossei, etc. La pseudoartrosi à ̈ l’espressione tipica del vero e proprio fallimento biologico dell’intero processo di callogenesi in cui il processo osteogenetico si blocca nella fase di callo fibroso.
Per cercare di evitare queste gravi complicanze vengono continuamente ricercate nuove sostanze stimolanti (fattori di crescita piastrinici, concentrato midollare, paste ossee) che possano favorire la ricrescita o il consolidamento del tessuto osseo.
P.M.F. ricco di fattori di crescita e di sostanze stimolanti, rappresenta un valido ausilio farmacologico nella terapia chirurgica delle fratture ossee.
Sono stati infatti trattati con il P.M.F. cinque soggetti di Canis familiaris con fratture recenti ad alto rischio di pseudoartrosi o con prolungato ritardo di consolidazione ossea.
La somministrazione a livello intraosseo del prodotto ha consentito di ottenere un incremento della massa ossea rispetto ai controlli non trattati, à ̈ stata osservata infatti la formazione di nuove trabecole ossee grazie all ́azione fisiologica degli osteobasti stimolati dagli specifici fattori di crescita contenuti nel P.M.F. E’ stato possibile dimostrare un più rapido consolidamento delle fratture e una mineralizzazione del callo osseo in un tempo pari alla metà del tempo normalmente richiesto dalla tipologia di fratture prese in considerazione (Figura 7).
Sulla base dei risultati ottenuti si conclude che P.M.F. consente di attivare, in maniera superiore alla norma, la rigenerazione ossea. Quindi, dal punto di vista clinico e fisiologico i risultati emersi sono molto incoraggianti per un utilizzo del prodotto in presenza di fratture ad alto rischio di consolidamento.
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Claims (5)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Composizioni contenenti citochine, fattori di crescita e fattori antibatterici citochine, fattori di crescita e fattori antibatterici isolati da siero, placenta e colostro, per a terapia locale delle patologie ossee, traumatiche e degenerative.
  2. 2. Composizioni secondo la rivendicazione 1 in cui i fattori di crescita, i fattori antibatterici e le citochine sono Platelet-derived growth factor (PDGF)-BB; Fibroblast growth factor (FGF; Transforming growth factor (TGF-beta); Leukemia inhibitory factor (LIF); Stromal derived factor-1 (SDF-1), Bone morphogenic protein-2 (BMP-2); Vascular endothelial growth factor (VEGF).
  3. 3. Composizioni secondo la rivendicazione 1 o 2 ottenute da siero di mammiferi.
  4. 4. Composizioni secondo la rivendicazione 1 o 2 ottenute da placenta.
  5. 5. Composizioni secondo la rivendicazione 1 o 2 ottenute da colostro.
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