ITMI20100358A1 - Sistema per massimizzare l'energia elettrica ottenibile utilizzando biogas prodotto da discariche di rifiuti, o accumuli di materiali - Google Patents

Sistema per massimizzare l'energia elettrica ottenibile utilizzando biogas prodotto da discariche di rifiuti, o accumuli di materiali Download PDF

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ITMI20100358A1
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Gilberto Garuti
Andrea Giordano
Piero Grugni
Francesco Natta
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Acqua & Sole Srl
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Description

Descrizione del brevetto per invenzione industriale avente per titolo:
“SISTEMA PER MASSIMIZZARE L’ENERGIA ELETTRICA OTTENIBILE UTILIZZANDO BIOGAS PRODOTTO DA DISCARICHE DI RIFIUTI, O ACCUMULI DI MATERIALI”
DESCRIZIONE
Campo di applicazione
La presente invenzione riguarda l’utilizzo di accumuli di Rifiuti che possono produrre biogas, come discariche di RSU (Rifiuti Solidi Urbani) o altri accumuli di materiali, per la produzione della massima energia elettrica, a parità di resa degli elettrogeneratori impiegati, con contemporanea minimizzazione delle emissioni liquide o gassose prodotte congiuntamente dagli impianti per la produzione di energia e da detti accumuli durante il corso della loro vita.
Stato della tecnica
Lo smaltimento in Discarica, ossia in siti confinati ed isolati dalle acque sotterranee e superficiali è il più antico mezzo di smaltimento dei Rifiuti. Questi accumuli, nel caso di Rifiuti biodegradabili, producono notevoli quantità di biogas. La percentuale di conversione in Biogas può raggiungere al massimo il 45% della frazione degradabile.
Normalmente, i Rifiuti biodegradabili comprendono una frazione facilmente fermentabile composta da residui organici umidi, una frazione inorganica non combustibile, costituita da vetro, residui provenienti da demolizioni e metalli, ed una frazione combustibile comprendente materiale da imballaggio, materiale di natura plastica, legno, cartone e carta.
I prodotti organici putrescibili e anche la carta e il legno fermentano anaerobicamente dando origine a vari gas e prevalentemente a metano e anidride carbonica tipicamente nel rapporto di circa il 50% in volume.
Uno dei più rilevanti problemi per l’uso energetico del gas da discarica è la presenza di una varietà di componenti in tracce che creano problemi negli elettrogeneratori.
Questi componenti includono composti organici clorurati e fluorurati, acido cloridrico, idrogeno solforato e soprattutto silossani che si formano durante il decadimento in discarica di organici contenenti silicio. In combustione i silossani, anche se presenti in tracce, si trasformano in silice solida che ricopre i cilindri e le valvole delle macchine a combustione interna riducendo l’esercizio e la vita della macchina stessa. Inoltre sono documentati in letteratura casi in cui la silice danneggia irreversibilmente sia i catalizzatori per la rimozione del monossido di carbonio (Lewis et al. 2008) che quelli per il trattamento degli NOx (Yamada et al. 1995).
Nel caso di una discarica di un rifiuto derivato dagli RSU come quella descritta nel brevetto EP1520634 della stessa richiedente, i componenti inquinanti sono notevolmente ridotti dal momento che gli RSU hanno precedentemente subito una fermentazione aerobica forzata e pur tuttavia i silossani sono sempre presenti in quantità tale da creare, anche a basse concentrazioni, problemi nel medio periodo sui motori.
Le tecniche possibili per la rimozione dei silossani sono sostanzialmente quattro: la condensazione criogenica, l’assorbimento mediante solventi organici alto bollenti, l’assorbimento mediante soluzioni fortemente acide o basiche e l’adsorbimento su materiali attivi quali carboni attivi, setacci molecolari, gel di silice ed allumina attivata.
La condensazione criogenica prevede il raffreddamento a -70°C per ottenere una rimozione dei silossani superiore al 99%; Schweigkofler and Niessner (2001) hanno verificato che a 5°C l’88% dei silossani è ancora presente allo stato gassoso, Hagmann et al. (2001), hanno verificato che a -25°C il 74% dei silossani è ancora allo stato gassoso.
Il brevetto US 2004045440 (A1) si basa su questa tecnica e prevede il ricorso a tre scambiatori di calore di cui il primo riduce la temperatura del biogas ad un valore non inferiore a 0°C al fine di condensare una parte dell’acqua, il secondo consente un ulteriore raffreddamento del biogas in uno scambiatore di calore a gas, ad una temperatura di circa -30°C per condensare i silossani e congelare l’acqua. Al fine di evitare l’intasamento della tubazione del biogas dal ghiaccio, è previsto l’utilizzo di uno scambiatore identico a quello descritto in precedenza e disposto in parallelo.
Il brevetto JP 2006045247 prevede che il biogas sia inizialmente raffreddato e successivamente lavato con acqua (il rapporto biogas/acqua è contenuto nell’intervallo tra 1/500 e 1/5), infine il biogas viene riscaldato ed inviato all’utilizzo.
La condensazione criogenica, anche se molto efficace in termini di rimozione dei silossani, presenta un duplice svantaggio sia in termini di costi di investimento che di consumi energetici durante la fase gestionale, infatti gli inquinanti sono condensati insieme ad una notevole quantità d’acqua che deve essere depurata o comunque smaltita.
L’uso di solventi organici altobollenti per la rimozione dei silossani prevede il lavaggio del biogas in colonne impaccate (solitamente con anelli Raschig). Stoddart et al. (1999) utilizzando un olio come solvente hanno ottenuto la rimozione del 60% dei silossani in un impianto alla scala pilota nonostante fosse stato concepito per la rimozione dei composti alogenati. Gli Autori hanno inoltre rilevato problemi nella rigenerazione dell’olio anche operando in flusso di gas purificato e in temperatura, per cui l’olio deve essere sostituito periodicamente. Huppmann et al. (1997) utilizzando tetradecano hanno ottenuto (lavorando su scala di laboratorio) la rimozione del 97% del silossano D4. Il principale svantaggio di tale tecnica di trattamento secondo Schweigkofler and Niessner (2001) consiste nella difficoltà di rimuovere i silossani più volatili in quanto vengono strippati via dal solvente in corrispondenza di elevati flussi di biogas.
La scissione dei legami silicio-ossigeno dei silossani mediante soluzioni fortemente acide o basiche è nota sin dal 1959 (Gilbert and Kantor). A causa dell’elevato contenuto di anidride carbonica presente nel biogas l’utilizzo di soluzioni fortemente alcaline non è praticabile, in quanto i carbonati che si formerebbero causerebbero problemi nell’unità di assorbimento. Schweigkofler and Niessner (2001) hanno ottenuto rimozioni superiori al 95% per i silossani D5 ed L2 utilizzando acido solforico (al 48% in peso) e acido nitrico (al 65% in peso) ad una temperatura di 60°C. A temperatura ambiente (oppure utilizzando soluzioni meno concentrate) la massima efficienza è stata pari al 75%. Utilizzando acido fosforico, la massima efficienza non è mai stata superiore al 60%. Questa tecnica prevede l’uso di colonne per favorire il contatto gas-liquido ed il principale svantaggio consiste in un forte trascinamento di goccioline di acido nel biogas che andrebbero in ogni caso eliminate per evitare danni al sistema di combustione e rientrare nei limiti allo scarico in atmosfera.
L’adsorbimento su solidi attivi sembra invece la tecnica più praticabile come dimostrato da numerosi brevetti e pubblicazioni scientifiche.
In particolare è possibile utilizzare diversi adsorbenti in fase solida: Carboni attivi, setacci molecolari, allumina, gel di silice o polimeri in pellets.
Nel valutare i risultati riportati nel seguito, va tenuto in considerazione che il biogas contiene elevati composti in tracce con concentrazioni che coprono diversi ordini di grandezza e pertanto su applicazioni in scala reale potrebbero osservarsi adsorbimenti di diverse sostanze, in competizione con l’adsorbimento dei silossani.
Schweigkofler and Niessner (2001) per primi hanno effettuato uno studio comparativo (mediante test in scala laboratorio) dei materiali adsorbenti usando due tipi di polimeri (Tenax ed Amberlite XAD II), due tipi di assorbenti inorganici (zeolite 13X e Silica gel) e due tipologie di carboni attivi (di natura vegetale e Carbopack B). In particolare hanno verificato che tutti i materiali testati presentano ottime capacità di adsorbimento dei silossani (utilizzando come silossano di riferimento il D5). Secondo gli Autori il gel di silice rappresenta il sistema più promettente e cost-effective per la rimozione dei silossani (capacità di adsorbimento superiore a 100 mg/g) inoltre è possibile la rigenerazione del gel di silice mediante un trattamento termico (sono necessari 20 minuti a 250°C per desorbire circa il 95% dei silossani intrappolati); affinché l’assorbimento su gel di silice sia efficace, è necessario prevedere a monte un sistema di disidratazione del biogas (infatti un’umidità relativa del 30% dimezza la massima capacità di assorbimento ottenuta con biogas completamente secco). Gli Autori inoltre suggeriscono di utilizzare letti a gel di silice che lavorano ad elevate pressioni in quanto è possibile ottenere sia un’alta disidratazione che una elevata rimozione di silossani.
Recentemente Ricaurte Ortega e Subrenat (2009) hanno ottenuto (mediante impianti in scala laboratorio) dei risultati diversi da quelli ottenuti da Schweigkofler and Niessner (2001). In particolare gli Autori hanno testato 4 tipi di materiali adsorbenti (carbone attivo in tessuto FM 30K, carbone attivo granulare NC 60, zeolite D40 e gel di silice). Gli Autori hanno verificato per tutti i tipi di adsorbenti che il silossano D4 viene adsorbito più facilmente dell’L2, che l’aumento della temperatura riduce la capacità di adsorbimento e che l’umidità del biogas non esercita alcuna influenza sulla capacità di adsorbimento, almeno fino al 70% di umidità relativa. Sulla base dei risultati ottenuti, la massima capacità di adsorbimento è stata osservata per il carbone attivo la cui capacità di adsorbimento è strettamente legata alla struttura porosa. Gli stessi Autori inoltre hanno verificato con successo la possibilità di desorbire termicamente (90°C) i silossani dal carbone attivo in tessuto. Allo stesso risultato, erano giunti anche Hagmann et al. (2001) che hanno verificato, tra l’altro, l’elevata capacità di rigenerazione dei carboni attivi (superiore al 99%).
McBean (2008) propone la combinazione di un raffreddamento a monte dei carboni attivi finalizzato alla disidratazione del biogas: la condensa, se non eliminata, ridurrebbe la capacità di adsorbimento dei carboni. Inoltre viene verificata l’elevata efficienza di rimozione dei composti del silicio con la soluzione proposta su un impianto in piena scala per il trattamento del biogas prodotto da un digestore anaerobico.
In letteratura sono presenti molti brevetti che prevedono per la separazione dal biogas dei silossani (e di altri composti in tracce) il ricorso alla ben nota tecnica del PSA (acronimo anglosassone di Pressure Swing Adsorption). Il principio su cui si basa tale tecnica consiste nel fatto che ad elevate pressioni i gas tendono ad essere adsorbiti sulla superficie di materiali adsorbenti (maggiore è la pressione e maggiore è il gas che viene adsorbito); quando la pressione viene ridotta (swing) il gas viene desorbito. La tecnica del PSA viene usata per separare da una miscela di gas (e quindi biogas) i composti indesiderati poiché gas diversi tendono ad essere adsorbiti in maniera più o meno forte da diversi materiali adsorbenti. Tipicamente si opera a temperatura ambiente e sono utilizzati particolari materiali adsorbenti (ad esempio setacci molecolari come le zeoliti) in grado di trattenere il/i gas target ad elevate pressioni. Utilizzando due assorbitori disposti in parallelo è possibile lavorare in continuo inoltre in questo modo è consentita una equalizzazione della pressione: il gas che lascia l’assorbitore durante la fase di depressurizzazione viene utilizzato parzialmente per portare in pressione l’assorbitore disposto in parallelo, consentendo un risparmio in termini energetici.
Il principale svantaggio di tale tecnica consiste nell’operare in pressione durante l’assorbimento e in depressione durante la rigenerazione, con un elevato spreco di energia.
I brevetti che prevedono il ricorso alla PSA possono essere distinti in due categorie: quelli in cui vengono specificate le caratteristiche del letto adsorbente, ovvero sequenza di letti di adsorbimento (a titolo di esempio si citano US 2001/0009125; US 6,068,682; US 6,315,818) quelli in cui si introducono delle varianti alle operazioni tipiche previste per un processo di PSA (a titolo di esempio si citano WO2007/038226; US 2004/0102782; US 6,245,127 B1, US 2004/0118278, US7025803) al fine di recuperare la maggior parte del metano.
In letteratura sono inoltre riportati una serie di brevetti in cui vengono specificate le caratteristiche del letto nel caso di un processo di adsorbimento tradizionale, a titolo di esempio si citano i seguenti:
il brevetto WO2006104801 impiega un sistema di letti in parallelo contenenti allumina attiva, alcuni in assorbimento e altri in rigenerazione. La rigenerazione viene effettuata scaldando e mettendo sotto vuoto l’allumina e facendo passare un gas di rigenerazione caldo comprendente biogas, aria e azoto. Il brevetto WO 2008024329 (A1) prevede il ricorso ad un letto di adsorbimento che comprende almeno due tipologie differenti di carbone attivo, gel di silice ed un setaccio molecolare; inoltre a monte del sistema di adsorbimento si prevede l’installazione di un filtro a coalescenza per rimuovere olio ed acqua. Il brevetto US 589187 utilizza più semplicemente due letti di carbone attivo di cui il primo in assorbimento e il secondo in rigenerazione. Per la rigenerazione è utilizzato lo stesso gas purificato dopo essere stato riscaldato mediante resistenza elettrica a una temperatura compresa fra 350° e 450°C. Il brevetto US 2006/0000352/A1 prevede l’utilizzo di diversi adsorbenti (sia inorganici che organici e con diverse dimensioni dei pori) disposti in sequenza in maniera che i contaminanti che presentano elevati pesi molecolari siano rimossi dal primo strato in modo tale da ridurre al massimo il fenomeno dell’assorbimento competitivo. Il brevetto EP1561506 propone il lavaggio con acqua del biogas prima del passaggio su una serie di letti di carbone attivo, inoltre è previsto anche il bypass del trattamento di una frazione del biogas in modo da controllare la quantità minima di silossani (pari alla massima tollerabile dal sistema di combustione); in tal modo si minimizza la quantità di carbone realmente saturo in silossani da eliminare, per questo motivo è previsto un sistema in linea di analisi e controllo.
La depurazione del Biogas a monte della combustione è considerata in genere una operazione finalizzata alla salvaguardia della meccanica dei motori endotermici e non come un’operazione integrata e necessaria per la depurazione dei gas di combustione.
Per questo motivo il trattamento dei fumi derivanti dalla combustione del biogas avviene generalmente per post combustione a temperatura elevata, processo che consuma una notevole quantità di energia. Infatti se il biogas alimentato ai motori non è opportunamente trattato, il trattamento dei fumi mediante catalizzatori ossidativi risulta inefficiente in quanto comporta una durata molto breve dei catalizzatori che vengono avvelenati da inquinanti e da shock termici, quando, specie all’avviamento o in condizione di funzionamento transitorio, la quantità di incombusti nei fumi è eccessiva.
I post combustori solitamente utilizzati sono essenzialmente degli scambiatori di calore rigenerativi (intendendo con questo termine uno scambiatore per il quale il flusso attraverso lo scambiatore cambia ciclicamente e periodicamente direzione) ove il fluido in ingresso (ovvero i fumi caldi in uscita dai motori di combustione) viene pre-riscaldato utilizzando l’energia contenuta nel fluido in uscita dal processo (ovvero i fumi depurati). In particolare i fumi in uscita dal motore vengono preriscaldati a circa 570°C utilizzando l’energia termica dei fumi già trattati ed uscenti dalla postcombustione, all’interno del postcombustore si raggiunge una temperatura di circa 800°C (utilizzando come combustibile lo stesso biogas opportunamente bypassato da quello in ingresso ai motori) che consente ai gas esausti di reagire con l’ossigeno in essi contenuto ossidando il monossido di carbonio e gli idrocarburi incombusti per produrre anidride carbonica ed acqua. A titolo di esempio il flusso di biogas che alimenta il postcombustore è pari a circa il 12% di quello che alimenta il motore.
Il sistema di post combustione non ha alcun effetto sul contenuto di NOx il cui valore massimo viene controllato regolando opportunamente la carburazione (si opera mediante carburazione magra).
Anche le emissioni liquide, dovute al percolato che deve essere smaltito, rappresentano un problema rilevante. Una possibile soluzione a questa problematica è rappresentata dalla evaporazione del percolato utilizzando l’energia termica recuperata dai generatori. In particolare tale energia termica è contenuta per 1/3 nei fumi e per i restanti 2/3 nell’acqua di raffreddamento.
In letteratura sono riportate numerose applicazioni di sistemi evaporativi sottovuoto derivanti soprattutto dall’industria chimica: operando sottovuoto infatti si riduce il punto di ebollizione dell’acqua e pertanto è possibile lavorare a temperatura ambiente rendendo possibile anche lo sfruttamento dell’energia termica contenuta nell’acqua di raffreddamento dei motori (a temperatura inferiore a 100°C). Tipicamente, per il percolato di discarica, vengono previsti dei sistemi di evaporazione a multipli effetti (il vapore prodotto nell’iesimo effetto viene utilizzato come fluido riscaldante nell’i+1 esimo effetto) per i quali si utilizza il calore di recupero degli elettrogeneratori alimentati a biogas (sia fumi che acqua calda). Mediante questo tipo di impianto si ha la produzione di due flussi: un residuo concentrato (variabile fino ad un massimo di sostanza secca pari al 35%) che può essere ricollocato in discarica ed un condensato che deve essere ulteriormente depurato. Infatti l’evaporato viene condensato in un condensatore ove circola acqua fredda; il condensato, ricco in composti volatili quali ammoniaca e VOC, viene depurato; in particolare si ricorre ad una torre di strippaggio classica per la rimozione dell’ammoniaca mediante assorbimento con acido solforico, correzione del pH ed eventuale trattamento mediante carboni attivi o membrane.
Questo tipo di soluzione, anche se efficace in termini di riduzione del volume di percolato, presenta come svantaggi un elevato grado di complicazione impiantistica, ed elevati consumi energetici durante la fase gestionale, in quanto è richiesto un complicato impianto di depurazione dell’acqua evaporata e necessariamente condensata per ottenere il vuoto desiderato, Tale depurazione produce inoltre nuovi rifiuti da smaltire.
In letteratura sono inoltre descritti dei brevetti finalizzati alla evaporazione del percolato a pressione atmosferica cosiddetti a combustione sommersa, applicata in generale con successo su fluidi viscosi e corrosivi. In questo evaporatore non ci sono superfici metalliche di trasmissione del calore, poiché i prodotti della combustione gorgogliano entro il liquido da evaporare. Tali sistemi utilizzano come combustibile il biogas prodotto in discarica (a titolo di esempio si citano i US005342482, US2764234 (A), US3215189 (A), US005934207 (A)). Il principale svantaggio derivante dall’applicazione di tale sistema è che il biogas utilizzato per questa operazione non può venire utilizzato per il recupero di energia elettrica e rappresenta pertanto una soluzione non ottimale.
Il brevetto KR 20010065008 (A) prevede un pretrattamento del percolato in un reattore a membrane, l’effluente è inviato ad una osmosi inversa che produce un flusso di permeato che viene scaricato direttamente nel corpo idrico ricettore (oppure riutilizzato) ed un concentrato che invece viene inviato ad un sistema evaporativo, il cui condensato, a differenza dei metodi precedenti, è costituito esclusivamente da acqua che viene scaricata assieme al permeato della osmosi inversa; infine il concentrato della evaporazione viene solidificato. Questa tecnica prevede due fasi di filtrazione (microfiltrazione nel bioreattore ed una successiva osmosi inversa) a cui corrispondono notevoli consumi energetici.
Infine è descritto un brevetto (FR2853308) che prevede di utilizzare l’acqua di raffreddamento dei motori per preriscaldare il percolato (al fine di ridurre i consumi energetici) ed i fumi esausti dei motori (previa opportuno trattamento depurativo) per l’evaporazione del percolato. Tale metodo prevede inoltre che l’evaporato sia condensato in una torre di raffreddamento ed opportunamente trattato ad esempio mediante un sistema di filtrazione ad osmosi inversa.
Presentazione dell’invenzione
Obiettivo generale del presente ritrovato è quello di aumentare l’energia elettrica netta ottenibile mediante combustione del biogas prodotto da discariche di rifiuti o accumuli di materiali che producono biogas, minimizzando le emissioni inquinanti totali che comprendono sia le emissioni dai motori a combustione del biogas che quelle relative al percolato. Pertanto, a parità di emissioni inquinanti emesse tramite i fumi di combustione o lo smaltimento del percolato, la percentuale dell’energia contenuta nel biogas e utilizzata per queste operazioni è minima rispetto ad ogni metodo noto alternativo.
Un ulteriore scopo è quello di ridurre il volume di percolato mediante un processo di trattamento che abbia come unica emissione vapor d’acqua pulito, ovvero che non comporti scarichi liquidi.
Uno scopo ancora ulteriore è quello di poter ricircolare il percolato dopo aver rimosso dallo stesso la quantità di ammoniaca tossica per la fermentazione anaerobica.
Tutti questi scopi sono raggiunti con il metodo secondo l’invenzione che presenta le caratteristiche dell’annessa rivendicazione indipendente 1. Realizzazioni vantaggiose dell’invenzione sono descritte nelle rivendicazioni dipendenti.
Sostanzialmente, il metodo secondo l’invenzione comprende la sequenza delle seguenti operazioni:
1) aspirazione del biogas e separazione di eventuale acqua in fase liquida;
2) eventuale assorbimento di HCl, se presente, mediante passaggio in letto basico;
3) compressione del biogas sino al raggiungimento di una temperatura e pressione sufficiente ad evitare la condensazione di acqua (in particolare con una umidità relativa inferiore al 70%) in letti a carbone attivo;
4) depurazione del biogas mediante assorbimento con carboni attivi; 5) combustione in generatori;
6) condizionamento, mediante aggiunta di aria nella linea dei gas di combustione, al fine di evitare shock termici nei catalizzatori conseguenti a presenza transitoria di componenti combustibili in eccesso nei gas di scarico;
7) trattamento catalitico dei gas di combustione con rimozione di CO, NOx ed inquinanti organici;
8) utilizzo dell’energia termica prodotta dai generatori, ivi compresa quella asportata dal liquido di raffreddamento a temperature inferiori a 100°C, per l’evaporazione del percolato a pressione ambiente;
9) depurazione in biofiltro del vapore prodotto dall’evaporazione del percolato;
10) ossidazione dell’ammoniaca nel biofiltro;
11) ricircolo del percolato, la cui quantità e contenuto di ammonica sono stati diminuiti mediante evaporazione, nella discarica o in accumulo di altri materiali finalizzato alla stimolazione della produzione di biogas.
Ulteriori caratteristiche dell’invenzione appariranno più chiare dalla descrizione dettagliata che segue, riferita ad una sua forma puramente esemplificativa e quindi non limitativa di realizzazione, illustrata nell’annesso di segno, che è uno schema a blocchi dell’impianto per la produzione di energia elettrica da biogas attuante il metodo secondo l’invenzione.
Con riferimento allo schema allegato, il biogas prodotto dal bioreattore 1 viene inviato a recupero energetico mediante un’adeguata rete di captazione 3, mantenuta in depressione dalla soffiante 6. A monte della soffiante è presente uno scarico condense 4 ed un letto basico 5 aventi rispettivamente come obiettivo l’eliminazione delle condense e la rimozione dell’acido cloridrico eventualmente presente nel biogas. La soffiante 6 provvede alla compressione del biogas con conseguente riscaldamento dello stesso sino al raggiungimento di una temperatura e pressione sufficiente ad evitare la condensazione di acqua nel successivo trattamento del biogas su letto di carboni attivi 7. Il biogas opportunamente depurato è inviato a recupero energetico mediante combustione in generatore 8. I fumi derivanti dalla combustione sono inviati a trattamento catalitico 11 con rimozione di monossido di carbonio ed NOx previo condizionamento 9 mediante aggiunta di aria. L’energia termica prodotta dal generatore (sia quella dei fumi di combustione che quella asportata dal liquido di raffreddamento 10) viene utilizzata nell’unità di trattamento 12 per l’evaporazione del percolato prodotto dal bioreattore 1. Il percolato trattato, in uscita dall’evaporatore 12 viene reimmesso nel bioreattore 1, finalizzato alla stimolazione della produzione di biogas. Il vapore prodotto dall’evaporatore 12 viene depurato nel biofiltro 14 ed immesso in atmosfera 15.
A titolo di esempio, la portata di biogas, con una composizione pari al 45% di metano, 37% di CO2 e resto N2, necessaria ad alimentare un gruppo di generazione di 1 MWel risulta essere variabile tra 560 Nm3/h e 640 Nm3/h a seconda del rendimento elettrico del generatore. Secondo la presente invenzione non sono necessari ulteriori consumi di biogas per l’abbattimento delle emissioni dei fumi (CO e NOx) in quanto viene previsto un trattamento catalitico dei gas di combustione; la durata del sistema di trattamento catalitico è garantita tramite aggiunta di aria nella linea dei gas di combustione. La potenza termica prodotta nel corso del processo di combustione del biogas e contenuta nell’acqua di raffreddamento dei cogeneratori e nei gas esausti è sufficiente alla evaporazione di un quantitativo di percolato sottoforma di vapore fino a 1600 m3/h, con una contemporanea riduzione del carico di ammoniaca pari al 75%, ossidata nel biofiltro utilizzato come trattamento depurativo del vapore prodotto dall’evaporazione del percolato.
1. Bioreattore;
2. Ricircolo percolato;
3. Captazione biogas;
4. Separatore condense;
5. Letto basico per rimozione HCl;
6. Soffiante;
7. Trattamento biogas (Carboni attivi);
8. Produzione energia da fonte rinnovabile;
9. Condizionamento;
10. Energia termica H2O calda da motore;
11. Trattamento catalitico fumi;
12. Evaporatore;
13. Immissione aria;
14. Biofiltro;
15. Emissione in atmosfera.
BIBLIOGRAFIA CITATA
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Claims (5)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Metodo per massimizzare la produzione di energia elettrica ottenibile utilizzando biogas prodotto da discariche di rifiuti o accumuli di materiali che producono biogas, con contemporanea minimizzazione delle emissioni totali prodotte dalla discarica o accumuli e dagli impianti per la produzione di energia, in cui è prevista la purificazione del biogas, che comprende assorbimento su letto basico (5) dell’HCl eventualmente presente nel biogas, compressione del biogas sino a raggiungere una temperatura sufficiente ad evitare la condensazione in letti di carbone attivo (7), adsorbimento degli inquinanti su carboni attivi.
  2. 2. Metodo secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che il biogas opportunamente depurato è inviato a recupero energetico mediante motori a combustione interna (8), i fumi uscenti da detti motori a combustione interna (8) venendo condizionati con aria (9) al fine di evitare shock termici dei catalizzatori/convertitori catalitici (11) prima di essere inviati ai letti catalitici.
  3. 3. Metodo secondo la rivendicazione 2, in cui è prevista l’evaporazione a pressione ambiente del percolato derivante da discariche o accumuli di altri materiali, che utilizza l’energia termica del biogas, al netto della energia elettrica ottenuta dallo stesso, e che non produce fluidi destinati allo scarico, ma vapore acqueo pulito.
  4. 4. Metodo secondo la rivendicazione 3, in cui l’evaporazione del percolato a pressione atmosferica avviene utilizzando tutta l’energia termica proveniente dai generatori (8), sia quella contenuta nei gas di combustione che quella contenuta nell’acqua di raffreddamento dei motori, mediante saturazione di aria con colonne evaporative e successiva depurazione su biofiltro della fase gassosa ottenuta.
  5. 5. Metodo secondo una o più delle rivendicazioni precedenti, in cui è prevista l’eliminazione dal percolato, anche in vista di un eventuale ricircolo, dell’eccesso di ammoniaca, tossica per il processo di digestione anaerobica, mediante evaporazione di parte del percolato e degli inquinanti volatili in esso contenuti, ivi compresa l’ammoniaca, e depurazione dei gas derivanti dall’evaporazione in apposito biofiltro (14), con ricircolo della fase liquida residua.
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SCHWEIGKOFLER ET AL.: "Removal of siloxanes in biogases", JOURNAL OF HAZARDOUS MATERIALS, vol. B83, 2001, pages 183 - 196, XP002610153 *

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