ITMI20011465A1 - Gene ad attivita' oncosoppressiva - Google Patents

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ITMI20011465A1
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IT
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cdna
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IT2001MI001465A
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Incalci Maurizio D
Massino Broggini
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Novuspharma Spa
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    • C07ORGANIC CHEMISTRY
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    • C07K14/00Peptides having more than 20 amino acids; Gastrins; Somatostatins; Melanotropins; Derivatives thereof
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Description

Descrizione del brevetto per invenzione industriale avente per titolo:
"GENE AD ATTIVITÀ’ ONCOSOPPRESSIVA"
La presente invenzione riguarda l’isolamento e la caratterizzazione di un nuovo gene e del suo prodotto proteico ad attività oncosoppressiva. Tale gene è coinvolto nei meccanismi di morte programmata (apoptosi) ed è regolato dall’attività del gene p53. Quest’ultimo svolge quasi tutte le sue funzioni come fattore trascrizionale attivando la trascrizione di geni in grado a loro volta di indurre arresto del ciclo cellulare o apoptosi. Diverse funzioni di p53, in particolare la sua capacità di indurre apoptosi, rimangono però ancora poco chiari e la ricerca di geni attivati da p53, più in generale di geni attivati dalla cellula dopo induzione di stress rappresenta un’area di grande interesse scientifico e applicativo.
DESCRIZIONE DELL’INVENZIONE
Mediante analisi di differential display, è stato identificato un frammento di cDNA la cui espressione era aumentata in cellule derivate da carcinoma ovarico umano A2780 dopo trattamento con un composto derivato sinteticamente dalla distamicina A in grado di interagire con il solco minore del DNA.
Lo stesso risultato è stato successivamente confermato in cellule trattate con altri composti citotossici aventi meccanismo d’azione diverso rispetto al precedente, quali cisplatino e taxolo, ottenendo in ciascun caso un chiaro aumento della sintesi di mRNA corrispondente al frammento isolato.
Per verificare se l’incremento osservato fosse mediato da p53, si è studiato l’effetto indotto dai farmaci antitumorali in sistemi isogenici differenti per l’espressione di p53. Si è così visto che in cellule in cui era stato precedentemente inattivato il gene p53 non si aveva induzione del trascritto, suggerendo che il gene responsabile di tale ' induzione è in qualche modo regolato da p53.
Il frammento di cDNA isolato è stato quindi sequenziato e la sequenza è stata confrontata con sequenze depositate in GeneBank (programma BLAST). L’analisi ha evidenziato un’omologia con una sequenza di cDNA ottenuta da un ampio screening di sequenze codificanti dedotte per analisi di cloni di cDNA, pubblicato in DNA Research 3, 321-329 (1996); della sequenza qui descritta non viene però fornita alcuna caratterizzazione.
In seguito, l’intero cDNA derivato dal frammento isolato mediante differential display è stato determinato attraverso lo screening di una libreria di cDNA ed interamente sequenziato. Si è così trovato che il cDNA contiene 5338 paia di basi (bp) (sequenza SEQ ID N. 1) e codifica per una proteina ipotetica di 303 aminoacidi (SEQ ID N. 2). La regione codificante si estende dalla posizione 269 alla 1177 (1180 considerando la sequenza di stop “tga”), mentre le restanti 4158 bp fanno parte della regione 3’ non tradotta. Quest’ultima (SEQ ID N. 3) svolge una funzione di tipo regolatorio nella sintesi del prodotto proteico finale, attraverso il controllo della stabilità del mRNA corrispondente. Secondo un primo aspetto l’invenzione è diretta alla sequenza SEQ ID N. 3, relativa al cDNA complementare al frammento di mRNA non tradotto con funzione di regolazione della sintesi del prodotto proteico codificato dal cDNA isolato. Sono comprese nell’ambito dell’invenzione molecole di acido nucleico, o loro analoghi/mimetici stabili quali molecole di PNA (Peptide Nucleic Acid) o altri derivati non soggetti a degradazione o biotrasformazione in vivo, in grado di ibridarsi alla sequenza SEQ ID N. 3. Tali prodotti potranno ad esempio essere utilizzati per modificare la funzione della sequenza regolatoria presente nel trascritto del gene identificato. Come qui usato, il termine “ibridarsi” può riferirsi a condizioni stringenti o non- stringenti. La regolazione delle condizioni rientra nelle capacità dell’esperto del settore e può essere effettuata secondo protocolli noti (si veda ad esempio Sambrook, “Molecular Cloning, A Laboratory Manual”, Cold Spring Harbor Laboratory, N.Y. (1989), oppure Ausbel, “Current Protocols In Molecular Biology”, Green Publishing Associates and Wiley Interscience, N.Y. (1989)).
Utilizzando l’intero cDNA come templato, si è ottenuto un prodotto proteico che, analizzato su gel di poliacrilammide-SDS, ha mostrato una mobilità elettroforetica corrispondente a un peso molecolare apparente di 30-35 Kda, in accordo con le previsioni derivate dalla struttura e coerente con il numero di aminoacidi (303) deducibili dalla sequenza. La localizzazione intracellulare del prodotto del cDNA isolato è stata studiata utilizzando costrutti in cui lo stesso cDNA è stato inserito a valle di sequenze codificanti proteine o frammenti proteici facilmente evidenziabili in microscopia, come sequenze HA, FLAG o GFP. In questi esperimenti le cellule sono state trasfettate in maniera transiente con i diversi costrutti e analizzate a tempi diversi. In particolare, utilizzando il costrutto contenente GFP e il cDNA dell’invenzione, si sono ottenute evidenze sperimentali che mostrano come il polipeptide codificato dal cDNA tende a localizzarsi all’interno di vescicole e in strutture membranose. Questi effetti sono stati osservati in diverse linee cellulari umane e murine. Inoltre è stato possibile, in esperimenti di trasfezione transiente, valutare alcuni effetti morfologici indotti a tempi relativamente brevi dalla sovraespressione del gene. Le cellule trasfettate in modo transiente con il costrutto contenente GFP, riconoscibili per la fluorescenza intrinseca dell’epitopo utilizzato, mostravano invariabilmente la presenza di numerosi vacuoli a livello citoplasmatico. In alcuni casi la membrana cellulare era distrutta e i vacuoli riversati nello spazio extracellulare. Un fenomeno di questo tipo è stato descritto per stimoli fisici e chimici in grado di indurre apoptosi in linee cellulari diverse da quella classica (dove la frammentazione nucleare è predominante) denominata di tipo II.
Secondo un altro aspetto, l’invenzione è dunque diretta al polipeptide di sequenza SEQ ID N. 2 e alla sequenza nucleotidica che codifica lo stesso, riportata in SEQ ID N. 4. Sono inoltre comprese nell’ambito della presente invenzione le varianti di sequenza del polipeptide SEQ ID N. 2, ottenute per sostituzione, aggiunta o delezione di uno o più amminoacidi, in modo che ne sia conservata la specifica funzionalità. Per quanto riguarda le varianti di delezione, si è visto che polipeptidi ottenuti dalla sequenza 1-303 (SEQ ID N.
2) per successive delezioni al terminale amminico, possiedono attività sovrapponibile a quella del polipeptide originario. In particolare, i polipeptidi di sequenza 12-303, 23-303, 35-303, 49-303, 60-303 e 74-303 mantengono l’attività oncosoppressiva mostrata inizialmente dal peptide SEQ ID N. 2, e pertanto costituiscono un ulteriore aspetto dell’invenzione.
Si è inoltre proceduto alla caratterizzazione della struttura molecolare del gene umano. Il gene consiste di 6 esoni. Il primo ha una lunghezza di 188 basi e rappresenta la regione 5’ non tradotta. Gli esoni 2,3,4 e 5 contengono la parte codificante e sono costituiti rispettivamente da 201, 198, 140, e 427 paia di basi mentre il sesto, più lungo, di 4184 basi contiene le ultime 26 basi codificanti e l’intera regione 3’ non tradotta. Altra caratteristica peculiare del gene è la presenza di due introni molto lunghi (45-50Kb) che separano Tesone 1 dall’esone 2 e Tesone 2 dall’esone 3, rispettivamente. Questi lunghi introni suggeriscono, insieme alla presenza della larga regione non tradotta, una forte regolazione del gene. E’ stata quindi isolata una regione a monte del primo esone di 10735 paia di basi (SEQ ID N. 5). Di queste 10735 paia di basi, 3761 (contenenti parte del primo introne, il primo esone e la zona immediatamente in 5’ rispetto all’esone 1 - SEQ ID N. 6) sono state inserite a monte di un gene reporter (luciferase) per valutarne l’attività promuovente la trascrizione. Il costrutto è stato trasfettato in cellule non esprimenti p53 e ha mostrato una chiara attività di promotore. In esperimenti di co-trasfezione, sono stati trasfettati, nelle stesse cellule, la regione promotore del gene legata al gene reporter luciferase e un vettore di espressione per p53, contenente l’intero gene sotto il controllo di un forte promotore virale che ne permette l’espressione ad alti livelli in cellule eucariote. I risultati ottenuti mostrano come, in presenza di p53, il promotore raddoppi la sua attività, in accordo con i dati ottenuti in sistemi isogenici esprimenti o meno p53. La regolazione dell’attività del frammento del promotore da parte di p53 è paragonabile a quella misurabile con un promotore responsivo a p53 come quello del gene p21.
Le due sequenze (SEQ ID N. 5 e 6) aventi attività di promotore della trascrizione del gene identificato, costituiscono un ulteriore aspetto della presente invenzione. Esse possono essere utilizzate per la preparazione di costrutti genici o vettori utili per lo studio della regolazione dell’espressione del gene oncosoppressore qui descritto. In particolare, tali sequenze, assieme alla sequenza regolatoria non tradotta presente nel trascritto del cDNA isolato (SEQ ID N. 3), possono essere utilizzate per lo screening di composti in grado di modulare l’attività di regolazione dell’espressione dell’oncosoppressore. In un tipico saggio, il composto candidato verrà incubato con cellule trasfettate con un vettore contenente le sequenze regolatorie dell’invenzione ed un opportuno gene reporter, e verrà determinata la capacità del composto in esame di modulare l’espressione del gene reporter e/o di alterare certe funzioni o proprietà delle cellule, per esempio la loro crescita, in risposta a determinati stimoli. In alternativa, si possono produrre animali transgenici nel cui genoma sia stato inserito un costrutto recante almeno una delle sequenze sopra indicate. Inoltre, modelli animali portatori di particolari tumori possono essere utilizzati per studiare l’attività di composti in grado di modulare l’espressione del gene oncosoppressore.
Queste e altre applicazioni, così come le procedure su cui si basano, sono note all’esperto del settore.
Mediante analisi di PCR, utilizzando primers derivati dalla sequenza umana isolata precedentemente è stato clonato l’omologo murino che risultava avere una altissima omologia di sequenza col gene umano, 87% a livello nucleotidico (SEQ ID N 7) e 88% a livello amminoacidico (SEQ ID N 8). Entrambe le sequenze costituiscono un ulteriore aspetto dell’invenzione.
La disponibilità della sequenza molecolare del gene murino permette di ottenere dei costrutti da utilizzare nella preparazione di topi knock-out per il gene.
Una possibile strategia prevede l’isolamento di una porzione del gene contenente introni ed esoni, preferibilmente la regione intorno agli esoni 3-5. Tale regione, che può avere una lunghezza di circa 6-7 Kb, verrà inserita in un vettore appropriato e tramite PCR, digestioni enzimatiche e ligazioni successive, una parte di essa sarà sostituita dal gene per la resistenza ad un antibiotico, preferibilmente neomicina, che oltre a rappresentare un marker di selezione, provoca l'interruzione della trascrizione del gene da inattivare. Dopo trasfezione di cellule ES, la ricombinazione di questo costrutto con il DNA cellulare darà luogo a diversi ricombinanti dei quali solo quelli in grado di crescere in terreno di selezione possibilmente avranno integrato, al posto del gene wild-type, il costrutto con il gene inattivato. Mediante PCR e tecniche di southern blot sarà dunque possibile determinare in quali cloni vi è stata ricombinazione e a partire da questi si effettuerà la microiniezione in blastocisti. In questo modo si potranno generare topi chimerici, inizialmente con inattivazione eterozigote (-/+) e successivamente, tramite successivi incroci, omozigote (-/-).
Gli esempi che seguono illustrano l’invenzione in maggior dettaglio. Breve descrizione delle figure
Figura 1. Esempio di analisi mediante differential display dell’espressione genica in cellule A2780 non trattate o trattate con il derivato della distamicina per un ora. L’RNA è stato estratto dopo 1, 6 o 24 ore dalla fine del trattamento.
Figura 2. Conferma mediante Northern blot dell’aumento di espressione di RNA corrispondente al frammento 1 dopo trattamento di cellule A2780 con il derivato della distamicina.
Figura 3. Analisi mediante RT-PCR dell’espressione del cDNA isolato in cellule controllo (C) o trattate con cisplatino (DDP).
Figura 4. Gel di SDS poliacrilammide mostrante la proteina (indicata con una freccia) prodotta in vitro a partire dal cDNA isolato. La prima corsa rappresenta un campione con frammenti a peso molecolare noto. Il gel è stato colorato con Comassie Blue.
Figura 5. Colorazione delle colonie ottenute dopo trasfezione di cellule A2780 con il vettore vuoto (pCDNA3) o con il vettore contenente il cDNA isolato.
Figura 6. Analisi mediante RT-PCR dell’espressione del cDNA isolato in fìbroblasti embrionali murini ottenuti da topi normali (+/+) o knock-out per il gene p53 (-/-) non trattati o trattati con il derivato della distamicina per un ora. L’RNA è stato estratto dopo 1, 6 o 24 ore dalla fine del trattamento. Figura 7. Analisi mediante RT-PCR dell’espressione del cDNA isolato in cellule HCT116 esprimenti p53 wild-type (+/+) o HCT116 in cui il gene p53 è stato inattivato per ricombinazione omologa (-/-), non trattate o trattati con il derivato della distamicina A per un ora. L’RNA è stato estratto dopo 1, 6 o 24 ore dalla fine del trattamento.
Figura 8. Struttura molecolare del gene dove sono riportate le lunghezze in paia di basi dei diversi esoni.
Figura 9. Attività trascrizionale di un frammento di 3761 basi contenente la zona in 5’ rispetto al primo esone, il primo esone e parte del primo introne. Questa sequenza, subclonata a monte del gene luciferase è stata transfettata in assenza o ih presenza di un vettore di espressione per p53. Come controllo di gene responsivo a p53 è stato usato il promotore del gene p21. PGL2 rappresenta il vettore usato per il subclonaggio.
ESEMPI
Esempio 1 - isolamento e caratterizzazione della sequenza di cDNA umano
Cellule di carcinoma ovarico umano A2780 sono state trattate con un derivato della distamicina A dotato di attività antitumorale per un ora con concentrazioni in grado di inibire la crescita del 50% e l’RNA totale è stato isolato mediante estrazione su colonnine (SVTotal RNA, Promega Italia) al termine del trattamento e dopo 6 e 24 ore dal trattamento. L’RNA è stato retrotrascritto in cDNA utilizzando primers con sequenze di poli T come descritto nel kit utilizzato per differential display (GenHunter). I frammenti generati sono quindi stati separati su gel di poliacrilammide denaturante e visualizzati dopo autoradiografia. Le bande la cui intensità variava nelle cellule trattate rispetto a quelle di controllo sono state isolate e purificate. Una di queste bande (frammento 1) è stata purificata e utilizzata come sonda dopo marcatura con <32>P (utilizzando il rediprime kit, Amersham) per esperimenti di Northern blot, dove RNA delle stesse cellule è stato separato su gel di agarosio, trasferito su membrana di nylon e ibridizzato con il frammento isolato da esperimenti di differential display.
L’intero cDNA derivato dal frammento 1, ottenuto mediante differential display, è stato ottenuto mediante screening di una libreria di cDNA ed interamente sequenziato. Una libreria di cDNA costruita in laboratorio dopo isolamento di RNA da una linea umana di fibroblasti normali e successivo subclonaggio in vettore λgt10 seguendo procedure standard (si veda ad esempio Sambrook, “Molecular Cloning, A Laboratory Manual”, Cold Spring Harbor Laboratory, N.Y. (1989), oppure Ausbel, “Current Protocols In Molecular Biology”, Green Publishing Associates and Wiley Interscience, N.Y. (1989)), è stata ibridizzata con il frammento 1 marcato con <32>P e le colonie positive isolate e sequenziate. Un clone conteneva l’intero cDNA (dedotto dalla sequenza presente in banca dati) ed è stato utilizzato per gli esperimenti successivi dopo clonaggio nel vettore pBluescript (Stratagene).
Il cDNA consiste di 5338 paia di basi e codifica per una proteina ipotetica di 303 aminoacidi, codificata dalle basi da 269 a 1177 (1180 considerando la sequenza di stop tga), mentre le restanti 4158 fanno parte della regione 3’ non tradotta.
Esempio 2 - analisi dell’espressione del cDNA in cellule trattate con diversi agenti citotossici
Sulla base della sequenza del cDNA derivato dal frammento 1 da noi isolato, abbiamo costruito degli oligonucleotidi che ci hanno permesso di evidenziare, mediante la tecnica di PCR, l’aumento di espressione dell’RNA messaggero corrispondente al cDNA isolato in cellule trattate con composti diversi da quello utilizzato in precedenza e, soprattutto, con meccanismo di azione diverso come cisplatino che causa danni al DNA e taxolo che agisce sulla stabilizzazione dei microtubuli.
Gli esperimenti sono stati condotti in cellule A2780 che sono state trattate con taxolo e cisplatino (DDP) con concentrazioni attive dei farmaci e l’RNA è stato estratto prima del trattamento e 24 ore dopo. Utilizzando primers specifici in grado di amplificare la regione codificante del cDNA derivato dal frammento 1 e
, il livello di mRNA del gene è
stato valutato mediante PCR dopo retrotrascrizione partendo da 1 microgrammo di RNA totale, seguendo il protocollo riportato nel kit RNA-PCR kit (Perkin Elmer). I primers utilizzati amplificano un frammento di 923 paia di basi che viene poi separato su gel di agarosio. Dallo stesso RNA retrotrascritto in cDNA viene amplificato un frammento del gene codificante per beta actina che serve come controllo interno della bontà dell’RNA e della PCR. La figura 3 mostra i risultati ottenuti in cellule trattate con cisplatino ed è . possibile apprezzare l’aumento dell’intensità della banda corrispondente al gene isolato a parità di livello di beta actina in cellule trattate (DDP) rispetto a cellule controllo (C). Risultati analoghi sono stati ottenuti dopo trattamento con taxolo e sono attualmente in corso con altri farmaci antitumorali.
Esempio 3 - caratterizzazione della proteina e sua localizzazione intracellulare
Abbiamo utilizzato il kit della ditta Promega TNT express che permette di ottenere il prodotto proteico partendo direttamente dal cDNA da esaminare. Utilizzando l’intero cDNA come templato, abbiamo ottenuto un prodotto proteico che, analizzato su gel di poliacrilammide-SDS, ha mostrato avere una mobilità elettroforetica che corrispondeva ad un peso molecolare apparente di 30-35 Kda (figura 4), in accordo con le previsioni derivate dalla struttura e coerente con un numero di aminoacidi (303) deducibili dalla sequenza (SEQ ID N. 2).
Studi iniziali sulla localizzazione del gene all’ interno della cellula sono stati ottenuti mediante transfezione transiente. A questo scopo abbiamo utilizzato costrutti in cui il cDNA isolato è stato inserito a valle di sequenze codificanti proteine o frammenti proteici facilmente evidenziabili in microscopia come sequenze HA, FLAG (per cui esistono in commercio anticorpi fluorescenti) o GFP che codifica per una proteina intrinsecamente fluorescente. In questi esperimenti le cellule vengono transfettate con i diversi costrutti e analizzate dopo 24 o 48 ore per valutare eventuali effetti transienti. In particolare, utilizzando il costrutto contenente GFP e cDNA da noi isolato, abbiamo ottenuto evidenze sperimentali che mostrano come il polipeptide codificato dal cDNA da noi isolato tende a localizzarsi all’ interno di vescicole e in strutture membranose. Nelle stesse condizioni sperimentali il solo vettore codificante GFP, quindi senza la sequenza del cDNA da noi isolato dava una distribuzione uniforme, come atteso, all’ interno della cellula. Questi effetti sono stati osservati in diverse linee cellulari umane e murine.
E’ stato possibile, in esperimenti di trasfezione transiente, valutare alcuni effetti morfologici indotti a tempi relativamente brevi (24 e 48 ore) dalla sovraespressione del gene. Le cellule trasferiate in modo transiente con il costrutto contenente GFP, riconoscibili per la fluorescenza intrinseca dell’epitopo utilizzato, mostravano invariabilmente la presenza di numerosi vacuoli a livello citoplasmatico. In alcuni casi la membrana cellulare era distrutta e i vacuoli riversati nello spazio extracellulare. La trasfezione con il solo costrutto (contenente la porzione codificante per il solo GFP) che viene sempre effettuata come controllo positivo non dava alcun tipo di alterazione morfologica evidente.
Esempio 4 - effetti della sovraespressione del gene isolato in cellule eucariote
Il cDNA isolato e sequenziato è stato inserito in vettori di espressione contenenti un forte promotore virale che ne permette l' espressione ad alti livelli nelle cellule, allo scopo di valutare gli effetti cellulari di una sua sovraespressione.
Per preparare questi costrutti abbiamo utilizzato sia l’intero cDNA di 5338 basi che le prime 1180 basi contenenti l’intera regione codificante. I due diversi frammenti sono stati excisi dal plasmide originale (pBS, Stratagene) e inseriti mediante ligazione in diversi vettori di espressione: pCDNA3 (Invitrogen) e pCDNA3-HA e pCDNA3-FLAG derivati da pCDNA3 per inserimento rispettivamente di una sequenza codificante per i polipeptidi HA e FLAG, che permettono il riconoscimento del prodotto proteico mediante anticorpi disponibili in commercio. Per questi due ultimi costrutti il cDNA è stato subclonato dopo aver isolato mediante PCR (utilizzando i primers e
la parte codificante del cDNA isolato che
permette Γ inserimento del gene di interesse “in frame” rispetto alle sequenze HA o FLAG in modo da originare una proteina chimerica con un epitopo (HA o FLAG) facilmente riconoscibile. Questo tipo di costrutti è stato creato anche utilizzando come epitopo la sequenza nucleotidica codificante per la GFP (green fluorescent protein) che ha il vantaggio di possedere una fluorescenza intrinseca e quindi di poter essere visualizzata in microscopia a fluorescenza senza dover utilizzare anticorpi. A questo scopo la regione codificante per il nostro cDNA è stata subclonata nel vettore pEGFP-Cl (Clontech) in modo da conservare il frame di lettura delle triplette nucleotidiche e da originare un prodotto chimerico GFP-cDNA. Tutti i costrutti generati sono stati controllati mediante sequenziamento utilizzando il metodo automatico.
Utilizzando il costrutto ottenuto dal vettore di espressione pcDNA3 contenente sia il cDNA totale che la sola parte codificante del gene isolato, sono state trasfettate cellule di A2780. Il plasmide isolato e purificato è stato trasfettato mediante precipitazione con Calcio Fosfato. 5-10 microgrammi di DNA vengono miscelati con Calcio Cloruro e tampone fosfato in modo da formare dei finissimi precipitati di Fosfato di Calcio che inglobano il DNA. La miscela viene quindi trasferita a piastre di coltura contenenti le cellule ad una densità abbastanza elevata (circa 70% di confluenza) e vengono lasciati a contatto per 12-16 ore. Dopo diversi lavaggi con PBS, le cellule vengono lasciate per 48 ore in terreno e quindi contate e seminate ad una densità di circa 5000 cellule per piastra in piastre da 10 cm di diametro in terreno contenente l’antibiotico di selezione (in questo caso neomicina). Dopo circa 15 giorni il terreno viene aspirato e le colonie formate colorate con cristal violet e lavate. Le colonie, così colorate possono quindi essere contate o fotografate. La figura 5 mostra una piastra ottenuta trasfettando le cellule A2780 con il solo vettore (pcDNA3) o con il vettore in cui è stata subclonata la parte codificante del cDNA isolato. In tutti gli esperimenti effettuati, la trasfezione con il nostro cDNA non ha prodotto nessuna colonia in condizioni in cui il vettore da solo era in grado di produrre numerose colonie.
In tutti i tipi cellulari esaminati la sovraespressione del gene, sia della forma intera che di quella troncata (contenente la sola parte codificante) ha portato allo stesso risultato, cioè alla mancata formazione di colonie.
In particolare le cellule in cui l’effetto è stato valutato e osservato sono state: la linea di carcinoma ovarico A2780, le linee di osteosarcoma umano SaoS2 e U2OS, la linea di fibroblasti murini 3T3.
Data la natura soppressiva della crescita, non abbiamo potuto isolare cloni stabili esprimenti alti livelli del gene.
Esempio 5 - ruolo di p53 nell’induzione del gene dopo trattamento L’aumento di espressione del gene dopo trattamento con farmaci antitumorali era stato precedentemente osservato in linee con p53 wild-type. Per valutare se questo aumento fosse mediato da p53, abbiamo valutato l’effetto del trattamento con farmaci antitumorali in sistemi isogenici differenti solo per l’espressione di p53. Utilizzando cellule derivate da fibroblasti embrionali di topi normali o di topi knock-out per p53, abbiamo osservato induzione del gene solo in fibroblasti esprimenti p53 (figura 6). In questi esperimenti, cellule di fibroblasti embrionali ottenuti da topi normali e fibroblasti embrionali ottenuti da topi knock out per p53 sono stati trattati con il derivato della distamicina A per 1 ora. Dopo 1, 6 e 24 ore dal trattamento l’RNA è stato isolato dalle due diverse linee cellulari e con i primers usati precedentemente per isolare la porzione codificante del gene murino
abbiamo amplificato il corrispondente cDNA. Analogamente utilizzando un clone derivato dalla linea HCT116 in cui p53 è stata inattivata per ricombinazione omologa (HCT116 p53-/-), l’inattivazione di p53 portava alla scomparsa dell’induzione del gene da parte del composto in grado di interagire con il DNA, in condizioni in cui nella linea parentale l’effetto era ben evidente (figura 7). Questo esperimento era stato effettuato in maniera analoga e con gli stessi tempi utilizzati per i fibroblasti embrionali di topi normali e knock out per p53. Questi dati indicano chiaramente che l’induzione del gene dopo trattamento con farmaci antitumorali sia p53 dipendente e quindi il gene rappresenta un nuovo gene a valle di p53 che potrebbe mediarne alcuni degli effetti.
Esempio 6 - isolamento del cDNA murino corrispondente
Visto il potenziale effetto soppressivo del gene, mediante analisi di PCR utilizzando primers derivati dalla sequenza umana isolata precedentemente abbiamo clonato l’omologo murino che risultava avere una altissima omologia di sequenza col gene umano, 87% a livello nucleotidico e 88% a livello amminoacidico (SEQ ID N. 7-8). Per isolare questa sequenza abbiamo utilizzato RNA ottenuto da cellule di fibroblasti murini 3T3 e da questo RNA mediante retrotrascrizione con esameri random (RNA PCR kit Perkin Elmer) è stato amplificato, e
di
basi di cui 906 codificanti (gli ultimi tre rappresentano lo stop codon tga) per un polipeptide di 302 aminoacidi (1 meno rispetto al corrispondente gene umano). Non abbiamo isolato l’intero cDNA murino, ma solo la porzione codificante per un polipeptide.
Esempio 7 - caratterizzazione della struttura molecolare del gene umano Il clonaggio molecolare del gene è stato effettuato dopo isolamento di un clone PAC che lo contiene.
A questo scopo sono stati utilizzati filtri contenenti una libreria genomica PAC RPCI1 subclonata in un apposito vettore (pCYPAC2) ottenuti dal UK Human Genome Mapping Project Resource Center, Hinxton, UK. La libreria genomica, ottenuta da sangue di soggetto normale, consiste di circa 120000 cloni che sono stati “sportati” in doppio su 7 filtri della dimensione 22.2 x 22.2 cm. Questi 7 filtri sono stati ibridizzati con una sonda ottenuta da un frammento del cDNA del gene umano isolato. In particolare, per questi esperimenti abbiamo utilizzato una sonda generata da un frammento di 160 paia di basi situato in 5’ e originato mediante PCR da primers
La sonda marcata con <32>P è stata incubata con i filtri per 16 ore e dopo opportuni lavaggi i filtri sono stati esposti per autoradiografia. Da tutti i cloni presenti sui sette diversi filtri 2 sono risultati positivi in maniera univoca (92D20 e 67A24). I due cloni positivi sono stati richiesti al UK HGMP-RC, isolati e il DNA genomico purificato. Dopo sequenziamento parziale di uno dei due cloni, in particolare delle sue due estremità abbiamo continuato l’isolamento e la caratterizzazione di un solo clone che conteneva l' interno gene corrispondente al cDNA isolato. La sequenza parziale del clone presente in banca dati unitamente al sequenziamento da noi effettuato in modo parziale per identificare le regioni regolatorie, ci ha permesso di definire la struttura del gene.
Esempio 8 - caratterizzazione delia dipendenza da p53 della trascrizione del gene.
Dal clone PAC isolato è stata quindi isolata una regione a monte del primo esone di 10735 paia di basi (SEQ ID N. 5). Di queste 10735 paia di basi, 3761 (contenenti parte del primo introne, il primo esone e la zona immediatamente in 5’ rispetto all’ esone 1) sono state subclonate nel vettore pGL2 (Promega) a monte di un gene reporter (luciferase) per valutarne l’attività promuovente la trascrizione. Il costrutto (verificato per sequenza) è stato trasfettato in cellule non esprimenti p53 e ha mostrato una chiara attività promotoriale. Gli esperimenti sono stati effettuati trasfettando 10 microgrammi del costrutto sopra descritto in cellule semiconfluenti e l’attività della luciferase misurata mediante luminometro è stata valutata dopo 48 ore dalla trasfezione. Come controllo sono state utilizzate cellule trasfettate con il solo vettore pGL2 non contenente il frammento del promotore. Inoltre, in esperimenti di co-trasfezione, sono stati trasfettati, alle stesse cellule, sia la regione promotoriale del gene legata al gene reporter luciferase che un vettore di espressione per p53, contenente l’intero gene sotto il controllo di un forte promotore virale che ne permette l’espressione ad alti livelli in cellule eucariote. I risultati ottenuti mostrano come, in presenza di p53, il promotore raddoppi la sua attività, in accordo con i dati ottenuti in sistemi isogenici esprimenti o meno p53 (figura 9).
Esempio 9 - isolamento del cDNA murino corrispondente
Per isolare questa sequenza si è utilizzato RNA ottenuto da cellule di fibroblasti murini 3T3 e da questo RNA mediante retrotrascrizione con esameri random (RNA PCR kit Perkin Elmer) è stato amplificato, utilizzando i primers e
un frammento di 909 paia di
basi di cui 906 codificanti (gli ultimi tre rappresentano lo stop codon tga) per un polipeptide di 302 aminoacidi (1 meno rispetto al corrispondente gene umano). Non è stato isolato l’intero cDNA murino, ma solo la porzione codificante per un polipeptide. Studi iniziali di screening di una libreria genomica hanno permesso, utilizzando una sonda corrispondente alla sequenza murina utilizzata, di selezionare alcuni cloni positivi che però non sono stati ancora completamente caratterizzati e sequenziari.
LISTA DI SEQUENZE
<110> Novuspharma
<120> gene ad attività oncosoppressiva <130> novuspharma
<140>
<141>
<160> 8
<170> Patentln Ver. 2.1
<210> 1
<211> 5338
<212> DNA
<213> umano
<400> 1
<210> 2 <211> 303 <212> PRT <213> umano
<400> 2
<210> 3 <211> 4158 <212> DNA <213> human
<400> 3
<210> 4 <211> 912 <212> DNA <213> umano <400> 4
<210> 5 <211> 10735 <212> DNA <213> umano <400> 5
<210> 6 <211> 3761 <212> DNA <213> umano
<400> 6
<210> 7 <211> 909 <212> DNA <213> topo
<400> 7
909
<210> 8 <211> 302 <212> PRT <213> topo
<400> 8

Claims (6)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Molecola di DNA avente una sequenza scelta dal gruppo comprendente SEQ ID N. 1, 3-7.
  2. 2. Molecola di acido nucleico o di un analogo di acido nucleico in grado di ibridarsi con la molecola di DNA della rivendicazione 1.
  3. 3. Polipeptide di sequenza SEQ ID N. 2 o SEQ ID N. 8.
  4. 4. Costrutto genico contenente una sequenza scelta tra SEQ ID N. 3, 5 e 6 funzionalmente associata a un gene reporter.
  5. 5. Metodo per lo screening di composti in grado di modulare l’attività di una sequenza scelta tra SEQ ID N. 3, 5 e 6, che comprende l’incubazione di cellule trasfettate con un costrutto secondo la rivendicazione 4 in presenza di un composto candidato, e la successiva determinazione dell’espressione del gene reporter.
  6. 6. Uso di una molecola di acido nucleico secondo le rivendicazioni 1-2, o di un polipeptide secondo la rivendicazione 3, per la preparazione di un medicamento antitumorale.
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