ITRM20110066A1 - Metodo in vitro per la coltivazione di virus epatitici per effettuare una valutazione rapida dell'efficacia della terapia antivirale - Google Patents

Metodo in vitro per la coltivazione di virus epatitici per effettuare una valutazione rapida dell'efficacia della terapia antivirale Download PDF

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ITRM20110066A1
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Chiara Agrati
Cecile Bonnafous
Veronica Bordoni
Maria Rosaria Capobianchi
Eleonora Cimini
Stefani Barbara De
Sicard Helene Sicard Helene
Eleonora Lalle
Federico Martini
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Innate Pharma Sa
Istituto Naz Per Le Malattie Infettive Lazz
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Description

Descrizione dell'Invenzione Industriale avente per titolo:
"Metodo in vitro per la coltivazione di virus epatitici per effettuare una valutazione rapida dell'efficacia della terapia antivirale".
Campo dell’Invenzione
La presente invenzione è relativa a un metodo per la coltivazione in vitro di virus epatitici. Tale metodo può essere vantaggiosamente utizzato per effettuare una valutazione rapida dell'efficacia della terapia dell’infezione da parte di detti virus, quah, per esempio, HCV e HBV. In particolare, il metodo prevede la coltura in vitro di tessuto epatico, quale, per esempio, il tessuto proveniente da biopsie. Tale coltura permette la repcazione in vitro di eventuah virus epatitici in esso presenti e la valutazione dell'efficacia di farmaci antivira .
Arte Nota
Il virus dell'epatite C (HCV, Hepatitis C Virus) è un virus dotato di pericapside che contiene un singolo filamento positivo di RNA. Sono noti 6 diversi genotipi di questo virus, da HCV 1 a HCV 6, e più di 50 sottotipi (HCV la, lb, le, ecc) e tali variazioni genetiche fra i differenti genotipi fi rendono suscettibili in modo diverso alle terapie (Hnatyszyn H.J. (2005) Antivir Ther., 10: 1-11)
Si stima che circa 170 milioni di persone al mondo siano infettate da questo virus e che circa l'80% di queste non riesca a superare l’infezione. La conseguente infezione cronica comporta un consistente rischio di sviluppare gravi complicanze quali cirrosi epatica e carcinoma epatocellulare.
La terapia standard dell’infezione da HCV contempla l'utilizzo della combinazione fra interferone-α peghilato (PegIFN-α) e ribavirina per 24-48 settimane. Purtroppo la scomparsa totale e definitiva del virus (SVR, Sustained Virological Response; risposta virale sostenuta) si ottiene in media solo nel 40-50% dei pazienti trattati, mentre nel resto dei pazienti il virus non scompare mai o si ripresenta al termine della somministrazione della terapia (pazienti non-responder ).
Attualmente, quindi, la prima indicazione dell'andamento della terapia si ottiene misurando quantitativamente il livello piasmatico di HCV-RNA dopo un mese dall’inizio della stessa. Infatti, la negativizzazione dell’HCV-RNA dopo 4 settimane correla fortemente con l’esito positivo della terapia in termini di SVR.
Inoltre, le attuali linee guida per il trattamento dell’infezione da virus epatitici, quali, per esempio, HCV e HBV, prevedono la valutazione istologica preventiva del danno istologico nel fegato dei pazienti infetti, allo scopo di valutare la necessità dell inizio della terapia. Di norma, una volta eseguito dal frustolo bioptico il prelievo del materiale necessario per le procedure istologiche, ciò che rimane del frustolo viene gettato via.
HCV è un virus per il quale non è stato possibile ad oggi mettere a punto efficienti sistemi di replicazione in vitro. Questo significa che non è possibile stabilire degli efficienti modelli di infezione e replicazione in vitro, per esempio in colture cellulari, per tutti i ceppi di questo virus esistenti in natura. Ne deriva, quindi, 1 impossibilità di individuare con certezza l’efficacia di una eventuale cura. L'unico modello possibile per i ceppi virali esistenti in natura è lo scimpanzè, in quanto il virus umano non si riproduce che in primati superiori. Inoltre, la peculiare capacità del virus HCV di sviluppare velocemente delle mutazioni che lo rendono resistente ai farmaci, in particolare a quelli che puntano a bloccare l'attività degli enzimi di replicazione virale, rende necessaria una continua ricerca e sperimentazione per trovare sia nuove combinazioni attive di farmaci già esistenti, sia nuovi farmaci antivirali. E’ allora particolarmente importante avere a disposizione almeno un modello in vitro semplice e maneggevole in cui sia possibile permettere la replicazione di virus autoioghi in cellule autologhe, per potere avere un quadro reale e completo delle capacità terapeutiche di un farmaco anti-HCV.
Nella pratica, invece, i modelli in vitro finora noti presentano notevoli inconvenienti, in quanto si basano su metodi complessi di colture cellulari, spesso di cellule tumorali o immortalizzate/trasformate, e sull'utilizzo di particelle virali ingegnerizzate o appartenenti a singoli ceppi virali molto aggressivi, quale, per esempio, il ceppo JFH1 descritto da Wakita et al. ( Nature Med (2005) 11: 791-796), che rispecchiano assai poco la reale situazione fisiologica che si presenta nel corso della infezione "naturale" degli epatociti da parte di HCV.
Per esempio, il modello descritto da Lohmann et al. ( Science , (1999) 285: 110-113) consiste in un sistema in cui dei repliconi di HCV (vale a dire, delle particelle ingegnerizzate capaci di replicarsi nella cellula ospite, ma che, non contenendo i geni strutturali del virus, non possono produrre virioni completi) possono venire transfettati stabilmente in cellule di epatocarcinoma umano Huh7. I sistemi finora sperimentati che utilizzano repliconi contengono geni derivati dai genomi di virus dei soli sottotipi la, lb e 2 a.
In modo analogo, il modello JFH1 descritto da Wakita et al. (sopra) utilizza un reale isolato virale ottenuto da un caso di epatite fulminante, selezionato per una elevata efficienza di replicazione in vitro sulla linea cellulare di epatocarcinoma Huh7.
Tutti i sistemi basati sui modelli di replicazione virale sopra descritti presentano pesanti limitazioni. Per esempio, l’assenza di variabilità genetica virale limita l’analisi ad un piccolo ambito nell’ampia variabilità genetica dei ceppi circolanti in natura, riducendone l’effettiva utilità nello studio di nuove strategie terapeutiche nei confronti di virus epatitici quale, per esempio, HCV. Inoltre, le cellule di epatocarcinoma utilizzate in questi modelli "artificiali" sono molto diverse dagli epatociti umani normali, e, per quanto utili, non possono certamente essere considerate come un modello realistico della situazione fisiologica di un fegato sano o infettato in natura. In particolare, le cellule Huh7 e i relativi cloni capaci di ospitare repliconi o virioni di HCV sono de-differenziate e sono caratterizzate da una replicazione anomala, da una espressione genica deregolata e da numerose disfunzioni e aberrazioni dei mitocondri, della endocitosi e dei sistemi dei segnali cellulari. Quindi, i risultati ottenuti in questi modelli cellulari possono essere utilizzati a fini di ricerca, ma non possono essere considerati come uno specchio delle reali condizioni di replicazione dei vari ceppi virali in condizioni fisiologiche. Non possono, di conseguenza, permettere di verificare con certezza la bontà e l’efficacia di un trattamento terapeutico.
Aly H.H. et al. (2009), BBRC 379: 330-334 hanno descritto un sistema che si basa su epatociti primari immortalizzati coltivati in una matrice tridimensionale termoreversibile di gelatina polimerizzata, in cui le cellule immortalizzate sono capaci di sostenere l'infezione e la repcazione di HCV presente nei campioni di sangue infetto proveniente da pazienti. Anche questo tipo di sistema cellulare, però, non può essere considerato uno specchio affidabile della reale situazione fisiologica, poiché fa uso di cellule immortalizzate (trasformate) poste in un ambiente che non rispecchia la situazione ambientale riscontrabile nel tessuto epatico in vivo.
Purtroppo, anche i sistemi di coltura del virus HCV che si basano su cellule primarie non cancerose descritti di recente presentano notevoli limitazioni. Per esempio, sistemi come quelli descritti da Ploss A. et al. (2010) PNAS 107:3141-3145 e WO 98/51785, (un sistema di coltura in vitro di epatociti primari umani su uno stroma di supporto costituito da fibroblasti murini e collagene di ratto), da Rumar e Banaudha nella domanda di brevetto statunitense U.S. 2006/0183111, (epatociti co-coltivati con una linea di cellule stellate) e da Buck ( PLos One (2008) 3:e2660, WO 2007/101103), non permettono la liberazione nel mezzo di coltura di livelli adeguati di particelle virali, tali da potere permettere una agevole rilevazione degli effetti di un qualsiasi farmaco in vitro sulla presenza e sulla replicazione di HCV.
Un ulteriore importante problema di questo tipo di sistemi risiede nella bassissima capacità da parte delle cellule in coltura di essere infettate da virus HCV "nativi", cioè non ingegnerizzati, derivanti, per esempio dal siero di pazienti affetti da epatite C. Questo impedisce di studiare gli effetti dei farmaci tenendo conto dell’ampia variabilità dei ceppi virali effettivamente esistenti in natura.
Infine, un problema presentato da tutti i sistemi sopra citati risiede nella loro estrema delicatezza e complessità, che richiedono la manipolazione da parte di personale estremamente esperto e in condizioni di biosicurezza non comunemente disponibili nei normali laboratori di analisi.
Quindi, riassumendo quanto sopra esposto in dettaglio, è possibile affermare che:
- nessuno dei sistemi noti permette di saggiare la responsività di ogni singolo paziente (quindi basandosi sulle caratteristiche di risposta di un singolo soggetto e del genotipo virali infettante) alle terapie per l’infezione da virus epatitici;
- nessuno dei modelli in vitro di infezione da parte di HCV dell’arte nota permette di eseguire uno screening farmacologico ad alto potenziale (high-throughput screening) di farmaci anti-HCV in condizioni fisiologiche;
- nessuno dei sistemi dell’arte nota utilizza materiale derivante da tessuti (per esempio, biopsie) e condizioni di coltura semplici, tali da potere essere realizzate anche in laboratori di analisi da personale con semplici nozioni di base nel campo delle colture cellulari.
Considerazioni analoghe possono essere fatte per quanto riguarda altri virus che causano epatite, per esempio HBV.
E’ stato ora trovato che questi virus si possono facilmente replicare in frammenti di tessuto epatico isolato.
Sommario dell’Invenzione
È stato ora messo a punto e costituisce lo scopo della presente invenzione un metodo per la coltura in vitro di frammenti di tessuto epatico in condizioni tali da permettere la replicazione di virus epatitici, in particolare HCV, in essi contenuti e da permettere la rilevazione dei livelli di detto virus in tempi molto brevi, anche nell'ordine di 2-7 giorni.
Nell'ambito di questo metodo, è possibile effettuare la verifica dell'efficacia di un trattamento antivirale, per esempio della terapia standard, per verificare se un paziente risponda o meno a detto trattamento.
Il metodo dell'invenzione fornisce altresì la possibilità di saggiare la sensibilità di uno specifico paziente a dosi personalizzate della terapia standard. Nel caso di HCV, per esempio, il metodo dell’invenzione permette di valutare l’eventuale efficacia della terapia standard (IFN-α ribavirina) anche a dosi inferiori rispetto a quelle definite dal consenso.
Il metodo dell'invenzione può, inoltre, essere assai vantaggiosamente applicato nella valutazione dell’efficacia di nuovi trattamenti contro i virus epatitici in un sistema completamente autologo, utilizzando tessuto epatico proveniente da fegati espiantati nel corso di trapianto su pazienti infetti.
Il metodo dell’invenzione può essere vantaggiosamente condotto utilizzando un kit che comprende:
un mezzo di coltura adeguato e gli eventuali supplementi e/o antibiotici per il mantenimento in coltura dei frammenti di frustolo bioptico;
gli inneschi necessari alla esecuzione delle procedure di retrotrascrizione e/o di amplificazione genica di uno o più genomi virali tramite PCR;
opzionalmente, un mezzo adeguto all’estrazione degli acidi nucleici dal campione di frustolo bioptico;
ulteriore materiale da laboratorio del tipo usa-e-getta;
istruzioni per la conduzione del metodo.
Sono altresì scopo dell'invenzione un sistema di coltura di frammenti isolati di tessuto epatico di mammifero, preferibilmente umano, comprendente frammenti isolati di tessuto epatico contenente virus epatitici e terreno completo, aggiunto in quantità sufficiente a coprire i frammenti e l'uso di detto sistema per la replicazione in vitro dei virus epatitici nativi contenuti nel tessuto epatico con le finalità di individuare farmaci e vaccini e di valutare l'efficacia terapeutica in vitro di una terapia antivirale.
Ulteriori scopi risulteranno evidenti dalla descrizione dettagliata dell'invenzione.
Breve Descrizione delle Figure
La Figura 1 illustra schematicamente il metodo dell'invenzione per la valutazione in vitro dell'efficacia di farmaci antivirali anti-epatite tramite l'utilizzo di materiale residuale delle biopsie epatiche eseguite di prassi prima dell’inizio della terapia antivirale per i controlli istologici di routine.
In Figura 2 è riportato l’effetto dose/risposta dell’IFN-α sulla replicazione del virus HCV misurato sulle colture virali epatiche in vitro della presente invenzione. La chiara risposta (diminuzione) della carica virale all’ aumentare della concentrazione del farmaco è una prova della validità del metodo dell’invenzione nel supportare la replicazione del virus autologo (in questo caso HCV).
In Figura 3 sono riportati gli andamenti della riproduzione dell’RNA genomico di HCV (espresso in copie di RNA genomico virale) in due diversi campioni bioptici durante la coltura secondo il metodo dell’invenzione. Il trattamento standard con ribavirina e IFN-α per 7 giorni causa una drastica diminuzione del numero di copie di RNA virale.
Descrizione Dettagliata dell’Invenzione
Il metodo della presente invenzione fornisce un sistema autologo per la replicazione in vitro di virus epatitici. Esso permette di effettuare la valutazione preventiva e a breve termine, anche dopo 2-3 giorni, tipicamente dopo una o più settimane, della suscettibilità virale alla terapia nel singolo paziente, fornendo al clinico un dato importante per la scelta del tipo e della strategia terapeutica ottimale (tipo di farmaco, dosaggio e durata del trattamento) da adottare. La valutazione specifica dell’efficacia del trattamento contro virus epatitici in vitro, è ottenuta, nell’ambito del presente metodo, mediante la valutazione della sua capacità di inibire la replicazione del(i) virus autologo(i).
Per brevità da qui in poi con il termine "mezzo di coltura completo" si intenderà qualsiasi mezzo noto all’esperto del ramo in grado di mantenere in coltura cellule di mammifero, in particolare cellule umane, quale ad esempio il mezzo RPMI-1640 10% siero bovino fetale, 2 mM L-glutammina, 50 IU/ml penicillina e 50 pg/ml streptomicina.
Inoltre, con il termine "frustolo bioptico" si intende un qualunque campione di tessuto epatico di mammifero, in particolare tessuto epatico umano. Vantaggiosamente il metodo dell’invenzione può essere condotto su campioni residuali derivati da biopsia epatica eseguita secondo le procedure standard note all’esperto nel ramo, quale, per esempio, il metodo di Menghini-Orlandi. Tali procedure sono quelle eseguite di routine allo scopo di fornire una corretta valutazione del danno presente nel fegato di pazienti infettati da virus epatitici prima di effettuare una eventuale terapia.
Il metodo dell'invenzione comprende i seguenti stadi a partire da campioni di tessuto epatico, quali i frustoli bioptici mantenuti in condizioni di sterilità in mezzo di coltura completo, preferibilmente a temperatura ambiente fino al momento dell’utilizzo.
(i) suddividere o frammentare meccanicamente in due o più parti di dimensioni simili fra loro il campione bioptico in condizioni di sterilità. Tipicamente, i frustoli sono ottenuti da porzioni di campioni bioptici che non vengono utilizzate per la routine istologica prevista delle linee guida. Opzionalmente, i campioni vengono lavati con mezzo di coltura prima della frammentazione, per rimuovere eventuale sangue o altro materiale estraneo presente nel campione; (ii) trasferire i frammenti bioptici ottenuti nello stadio (i) in piastra per colture cellulari, tipicamente una piastra da 96, ovvero 48, ovvero 24 pozzetti, ovvero in piastra per coltura primaria da 35 mm. Ai campioni in ciascun pozzetto viene aggiunta una aliquota di terreno completo fino a copertura del frammento. Preferibilmente per frustoli di lunghezza fra 0,3 e 3 mm l'aliquota varia fra 100 e 2000 μΐ e tipicamente può essere pari a 100-200 μΐ in pozzetti di una piastra da 96, 200-400 μΐ in pozzetti di una piastra da 48, 400-800 μΐ in pozzetti di una piastra da 24, 800-2000 μΐ in piastra da 35mm.
(iii) incubare per almeno 2 giorni in condizioni standard (temperatura (37°C), umidità (100%) e CO2 (5%)), opzionalmente aggiungere a ciascun pozzetto un’aliquota del farmaco oggetto di studio, comprendendo sempre almeno un pozzetto non trattato. Le quantità di farmaco aggiunto sono paragonabili a quelle attese in vivo durante la terapia standard.
(iv) al termine dell incubazione, raccogliere separatamente tutto il contenuto cellulare di ciascun pozzetto e omogenare meccanicamente in un mezzo adatto alla estrazione di campioni per la preparazione di acidi nucleici, per esempio Trizol, e utilizzare subito l’omogenato per l’estrazione degli acidi nucleici 0 congelare, tipicamente a -80°C, fino al momento dell’estrazione;
(v) estrarre gli acidi nucleici dagli omogenati dello stadio (iv) secondo una delle varie metodiche standard note all’esperto nel ramo, in funzione del mezzo di omogenizzazione utilizzato;
(vi) quantizzare gli acidi nucleici virali ottenuti nello stadio (v) e contenuti nei pozzetti corrispondenti alle diverse condizioni sperimentali usate tramite adatta metodologia molecolare.
Nel caso di campioni infettati da un virus epatitico a RNA quale HCV, il livello di infezione del frammento bioptico è preferibilmente quantizzato in un singolo passaggio utilizzando la tecnologia TaqMan<®>(TaqMan<®>Probe-Based Gene Expression Analysis, Applied Biosystems, Monza, secondo Heid et al. (1996) Genome Res. 6: 986-994), nelle condizioni adatte alla determinazione dell’HCV-RNA (Daniel H.D. et al. (2008), J Clin Microbiol. 46: 3791-3794) utilizzando i seguenti inneschi: HCV TAQl (GTC TAG CCA TGG CGT TAG TA), HCV TAQ 2 (GTA CTC ACC GGT TCC GC); e la sonda per la metodica TaqMan<®>HCV TAQPR (6-carbossifluoresceina-CCC TCC CGG GAG AGC CAT AGT G-6-carbossitetrametilrodamina (TAMRA)). I risultati vengono espressi in numero di copie di acido nucleico virale per μg di RNA totale.
Nel caso di virus a DNA, quale HBV, il numero di copie di DNA virale può venire determinato mediante tecnologia TaqMan<®>o tramite adatte tecniche standard note all’esperto nel ramo e viene ugualmente espresso in numero di copie di acido nucleico virale per μg di DNA totale.
L’effetto delle differenti singole condizioni usate nel corso del saggio viene valutato comparando il numero di copie di genoma virale presenti in una data condizione di saggio rispetto a quelle presenti in assenza di trattamenti farmacologici (campione di controllo).
Un primo vantaggio del metodo della presente invenzione consiste nel fatto che esso sfrutta la pratica routinaria della biopsia epatica cui vengono sottoposti tutti malati di epatite destinati alla terapia. Il metodo permette di utilizzare il materiale bioptico che rimane dopo la rimozione del materiale destinato agli esami istologici e che altrimenti verrebbe gettato via, allo scopo di determinare il trattamento più adeguato alle caratteristiche del virus che infetta ogni determinato paziente.
Il metodo della presente invenzione presenta, inoltre, il grande vantaggio, rispetto ai metodi della prior art, di permettere la valutazione in breve tempo (anche entro 2-3 giorni di coltura) ed in vitro, della sensibilità reale di un dato paziente alla singola condizione di terapia antivirale. Ciò permette di sottoporre i pazienti al trattamento standard, ed eventualmente con dosi personalizzate, solo nel caso in cui gli specifici ceppi virali che li hanno infettati siano sensibili al trattamento proposto, evitando di fare sopportare inutilmente ai pazienti stessi i pesanti effetti collaterali della terapia antivirale nel caso che dal saggio eseguito essi risultino pazienti non responder.
Un grande vantaggio del metodo dell'invenzione rispetto ai metodi dell'arte nota, consiste nel fatto che, operando su un residuo di frustolo bioptico da pazienti, è possibile eseguire valutazioni di efficacia terapeutica di farmaci già noti, di nuove combinazioni di farmaci già esistenti, come anche di nuovi farmaci, su tessuto epatico in condizioni strutturali fisiologiche. Infatti, nei sistemi dell’arte nota sono disponibili solo alcuni sottotipi virali, limitando molto l'ampiezza della sperimentazione possibile. Inoltre, l’impiego di linee cellulari stabilizzate dell’arte nota fornisce una situazione scarsamente confrontabile con il tessuto epatico reale, il quale possiede una precisa architettura ed è costituito da più tipi cellulari in aggiunta agli epatociti.
Quindi, il metodo dell'invenzione permette di saggiare l’efficacia del trattamento nei confronti di tutte le possibili combinazioni di sottotipi genotipici virali presenti nel tessuto epatico di un paziente bisognoso di terapia.
Ciò è di enorme impatto nell'ambito dello sviluppo di nuovi trattamenti contro virus epatitici, permettendo di analizzare la risposta virale in vitro sugli epatociti primari non trasformati presenti nel frustolo bioptico utilizzato. Infatti, detto metodo rende possibile la valutazione contemporanea dell’efficacia di diverse combinazioni terapeutiche e/o l’analisi cinetica fine (per esempio tramite curve dose-risposta o curve di effetto nel tempo) dell’esito del trattamento antivirale su ceppi di virus presenti in campioni di tessuto epatico provenienti da organi espiantati a pazienti affetti da epatite a scopo di trapianto. Detta valutazione può essere espressa sia in termini di numero di copie di genoma di un virus epatico, sia in termini di riduzione della capacità replicativa dei ceppi di virus presenti nel tessuto epatico in esame.
Alla luce di quanto finora detto, risulta chiara l’utilità di un kit che comprenda tutti gli elementi adeguati alla conduzione del metodo dell’invenzione, in particolare un kit secondo l’invenzione contiene un mezzo di coltura adeguato e gli eventuali supplementi e/o antibiotici per il mantenimento in coltura dei frammenti di frustolo bioptico, gli inneschi necessari alla esecuzione delle procedure di retrotrascrizione e/o di amplificazione genica di uno o più genomi virali tramite PCR, opzionalmente, un mezzo adeguato all’estrazione degli acidi nucleici dal campione di frustolo bioptico, ulteriore materiale da laboratorio del tipo usa-e-getta e istruzioni per la conduzione del metodo. Più in particolare, il kit secondo l’invenzione contiene gb inneschi delle SEQ ID NO: 1-3 per la rilevazione dei hvelli di HCV nel campione bioptico da analizzare.
Gli esempi che seguono servono ad illustrare l'invenzione e non sono hmitativi della portata della medesima.
Esempi
Esempio 1
Curva dose risposta dell’effetto del IFN-α sulla replicazione del virus HCV in frustoli bioptici epatici da pazienti positivi per HCV coltivati secondo il metodo dell’invenzione·
4 frammenti derivanti da un residuo bioptico di circa 12 mm furono messi per una settimana in coltura in terreno completo in 4 pozzetti separati. Uno dei campioni fu lasciato in terreno completo (campione di controllo), e 3 furono trattati con dosi crescenti di IFN-α (IntronA, Schering-Plough LTD): 10, 100 e 1000 unità (U). L’IntronA era preparato secondo le indicazioni del produttore e aggiunto all’inizio della coltura per 7 giorni. L’anasi fu effettuata con la procedura sopra descritta.
Come è possibile osservare in Figura 2, dosi crescenti (fino a 1000 U) di IFN-α determinano un graduale abbattimento del numero di copie del virus HCV.
I risultati ottenuti dimostrano che il metodo di coltura dell’invenzione permette al/ai virus presente/i nel campione bioptico di replicarsi con una efficienza tale da permettere di misurare gli effetti di una terapia sui livelli di virus espresso in vitro.
Esempio 2
Effetto del trattamento farmacologico standard sulla replicazione del virus HCV in colture di frustoli bioptici epatici da pazienti positivi per HCV secondo il metodo dell invenzione.
4 frammenti derivanti da un residuo bioptico di circa 12 mm furono posti in coltura in 4 pozzetti separati per una settimana come sopra descritto. Due frammenti furono lasciati in terreno completo senza aggiunta di farmaci, mentre gli altri due frammenti furono posti in coltura in terreno completo in presenza della combinazione terapeutica standard comprendente IFN-α (IntronA, 1000U) e ribavirina (Copegus, 20 μΜ), preparati secondo le indicazioni del produttore (IntronA: Schering-Plough LTD; Copegus: Roche). Dopo 3 e 7 giorni di coltura si è proceduto alla quantificazione del virus HCV come sopra descritto.
Come si osserva in Figura 3, il metodo dell’invenzione consente di ottenere una efficiente replicazione virale in vitro nei campioni da residui bioptici non trattati con la terapia standard, mentre il trattamento farmacologico provoca un significativo abbattimento della carica virale.
Questi dati dimostrano che i livelli di replicazione virale in vitro che si ottengono con il metodo dell invenzione sono agevolmente misurabili con i correnti metodi PCR, che la replicazione virale non descresce nell’ambito temporale osservato, ma anzi ha un andamento di aumento progressivo ed è di entità tale da permettere la misurazione degli effetti di eventuali agenti inibenti.

Claims (1)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Metodo in vitro per la replicazione, la coltivazione e la quantificazione di virus epatitici, in particolare HCV, in campioni di tessuto epatico che li contengono, detto metodo comprendendo gli stadi di: (i) suddividere o frammentare meccanicamente in due o più parti di dimensioni simili fra loro il campione bioptico in condizioni di sterilità; (fi) trasferire i frammenti bioptici ottenuti nello stadio (i) in piastre per colture cellulari; aggiungere a ciascun campione una aliquota di terreno completo fino a copertura del frammento; (ifi) incubare per almeno 2 giorni in condizioni standard di temperatura, umidità e CO2 , opzionalmente aggiungere a ciascun campione un’aliquota di un farmaco, comprendendo sempre almeno un campione non trattato; (iv) al termine dell’incubazione, raccogbere separatamente tutto il contenuto cellulare di ciascun campione e omogenare meccanicamente in un mezzo adatto alla estrazione di campioni per la preparazione di acidi nucleici; (v) sottoporre l’omogenato di ciascun campione dello stadio (iv) ad estrazione degb acidi nucleici; (vi) quantizzare gli acidi nucleici virali ottenuti nello stadio (v) e contenuti nei pozzetti corrispondenti alle diverse condizioni sperimentali usate tramite adatta metodologia molecolare, per esempio retrotrascrizione e reazione a catena della polimerasi (PCR) secondo tecnologia Taqman (virus a RNA)o sola PCR per i virus a DNA; 2. Il metodo per la verifica dell'efficacia di un trattamento antivirale, per esempio della terapia consenso, comprendente gli stadi (i)-(vi) della rivendicazione 1 ed in cui il risultato viene espresso in numero di copie di acidi nucleici virali per μg di acido nucleico totale del campione e valutato comparando il numero di copie di genoma virale presenti in ciascun campione trattato con farmaco dello stadio (iii) rispetto al campione non trattato. 3. Il metodo secondo le rivendicazioni 1-2, in cui le valutazioni di efficacia terapeutica di farmaci antivirali sono eseguite su tessuto epatico in condizioni strutturali fisiologiche. 4. Il metodo secondo la rivendicazione 3, per la valutazione dell’efficacia terapeutica di tutte le possibili combinazioni di sottotipi genotipici vira presenti nel tessuto epatico di un paziente bisognoso di terapia. 5. Il metodo secondo le rivendicazioni 1-4 per la valutazione dell’efficacia di trattamenti contro i virus epatitici in sistemi completamente autoioghi. 6. Il metodo secondo le rivendicazioni 1-4 per la valutazione dell’efficacia di farmaci già noti, di nuove combinazioni di farmaci già noti, o di nuovi farmaci, nel trattamento delle infezioni da virus epatitici. 7. Il metodo secondo le rivendicazioni 1-4, per la valutazione contemporanea dell’efficacia di diverse combinazioni terapeutiche e/o l’analisi cinetica fine dell’esito del trattamento antivirale su ceppi di virus presenti in campioni di tessuto epatico provenienti da organi espiantati a pazienti affetti da epatite a scopo di trapianto. 8. Kit per la conduzione del metodo secondo le rivendicazioni 1-7, che comprende: un mezzo di coltura e gli eventuali supplementi e/o antibiotici per il mantenimento in coltura dei frammenti di frustolo bioptico; - gb inneschi necessari alla esecuzione delle procedure di retrotrascrizione e/o di amplificazione genica di uno o più genomi virali tramite PCR; opzionalmente, un mezzo adeguto all’estrazione degb acidi nucleici dal campione di frustolo bioptico; ulteriore materiale da laboratorio del tipo usa-e-getta; istruzioni per la conduzione del metodo. 9. Il kit secondo la rivendicazione 8, comprendente gb inneschi debe SEQ. ID. NO:l, SEQ. ID. NO:2 e SEQ. ID. NO:3 necessari aha rilevazione tramite PCR del virus deb’ epatite C. 10. Sistema di coltura di virus epatitici comprendente frammenti isolati di tessuto epatico contenente virus epatitici e terreno completo, aggiunto in quantità sufficiente a coprire i frammenti. 11. Il sistema di coltura di virus epatitici secondo la rivendicazione 10 in cui i frammenti hanno lunghezza compresa fra 0,3 e 3 mm e l'aliquota di terreno varia fra 100 e 2000 μΐ. 12. Uso del sistema di coltura di virus epatitici secondo le rivendicazioni 10-11 per la replicazione in vitro di virus epatitici nativi contenuti nel tessuto epatico. 13. L'uso secondo la rivendicazione 12 per l'individuazione e lo screening in vitro di farmaci e vaccini. 14. L'uso secondo la rivendicazione 12 per la valutazione dell'efficacia terapeutica in vitro di una terapia antivirale. 15. L'uso secondo la rivendicazione 12 per la diagnosi in vitro della presenza di virus epatitici.
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