ITMI981518A1 - Metodo ed apparecchiatura di lavaggio con fluidi in fase densa - Google Patents

Metodo ed apparecchiatura di lavaggio con fluidi in fase densa Download PDF

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ITMI981518A1
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Description

Descrizione dell’invenzione industriale
La presente invenzione riguarda le apparecchiature di lavaggio nelle quali viene impiegato come fluido operativo un fluido in fase densa, come per esempio l’anidride carbonica (C02) liquida e/o supercritica.
Prima di proseguire oltre, è opportuno precisare che nel testo di questa descrizione e nelle successive rivendicazioni, con l’espressione generica “fase densa” si intendono definire le varie fasi nelle quali può presentarsi un fluido, le quali comprendono la fase liquida nonché quelle subcritica e supercritica.
E’ altresì importante premettere che sebbene in questa descrizione si farà riferimento prevalentemente all’anidride carbonica quale fluido operativo di lavaggio, gli argomenti che verranno esposti dovranno intendersi validi anche per altri fluidi quali per esempio l’ammoniaca e taluni idrocarburi, che possono trovare applicazione in apparecchiature di lavaggio realizzate secondo i principi che risulteranno meglio ne! seguito.
Le apparecchiature menzionate sono state sviluppate in tempi abbastanza recenti nell’ambito di alcuni scopi particolari, tra i quali si segnalano il lavaggio a secco di indumenti e fibre tessili in generale, lo sgrassaggio e la pulizia di componenti elettronici o di parti meccaniche in genere. Numerose pubblicazioni scientifiche e brevetti esistono già su questo argomento: per tutti si richiama qui solamente il brevetto americano No. 5,467,492 di cui è titolare la società Hughes Aircraft Company.
Più in generale si può dire che al giorno d’oggi l’uso di fluidi di lavaggio in fase densa ed in particolare dell’anidride carbonica, viene tenuto in sempre maggior considerazione per diverse ragioni tra le quali si possono annoverare le notevoli qualità di questo gas come solvente quando si trova allo stato liquido o supercritico, la sua non-tossicità e l’assenza di conseguenze per l’ambiente quando deve essere smaltita, in quanto è possibile espellerla liberamente nell’atmosfera senza causare inquinamento.
Non bisogna poi trascurare il fatto che la C02 è disponibile in natura senza alcun costo e che in virtù delle sue proprietà fisiche essa può venire utilizzata nei cicli di lavaggio, a temperatura ambiente (tipicamente da 0 a 40 °C).
Grazie a queste caratteristiche l’anidride carbonica è in grado di sostituire tutti quei solventi correntemente utilizzati nel lavaggio a secco dei vestiti o nelle altre applicazioni anzidette, i quali sono a base di percloroetilene (PCE), di derivati del petrolio oppure di clorofluorocarburi (CFC).
Le apparecchiature prima menzionate, anche se destinate a scopi differenti tra loro, comprendono una camera di lavaggio nella quale vengono alloggiati gli oggetti da pulire, siano essi capi di abbigliamento, componenti elettronici, parti meccaniche o quant’altro.
Tali camere sono collegate ad un impianto di alimentazione della C02 liquida o supercritica, dove sono presenti i mezzi necessari alla sua produzione e circolazione, insieme a vari filtri per separarla dalle sostanze (solide, liquide o gassose) che essa rimuove dagli oggetti da lavare; le camere in questione possono poi contenere al loro interno dei tamburi o cestelli, soprattutto nel caso di lavatrici per indumenti, oppure dei supporti di vario genere su cui vengono posati gli oggetti.
Per ottenere delie apparecchiature in cui possa circolare anidride carbonica liquida o allo stato supercritico, con le temperature cui si è fatto prima cenno sono necessarie pressioni di esercizio dell’ordine di alcune decine di bar (solitamente da 30 a 80 bar).
E’ evidente che ciò richiede un’accurata progettazione e realizzazione delle apparecchiature, tanto più se si considera che possono venire utilizzate in condizioni di sicurezza non particolarmente elevate o da persone senza uno specifico addestramento, come ad esempio nel caso di lavatrici per indumenti le quali trovano una vantaggiosa applicazione nelle comuni lavanderie commerciali.
Dato che l’interesse concreto per le apparecchiature di lavaggio ad anidride carbonica si è sviluppato solo in tempi recenti, dal punto di vista applicativo esse non sono state ancora realizzate su scala industriale; in altri termini, le apparecchiature di lavaggio attualmente note sono essenzialmente dei prototipi e non sono quindi specificamente adatte per un uso pratico come quello prima prospettato.
Peraltro questi prototipi non hanno di solito grandi dimensioni e d’altra parte anche i brevetti cui si faceva cenno inizialmente, forniscono solo informazioni generiche sugli aspetti di processo senza entrare troppo nel dettaglio della struttura delle apparecchiature.
Considerando infatti il brevetto US 5,467,492 già richiamalo, in esso viene solo schematicamente mostrata un’apparecchiatura dove una camera di lavaggio è col legata ad un impianto che comprende un serbatoio di C02, un separatore (o distillatore), un condensatore ed una pompa di circolazione.
Questo brevetto si concentra principalmente sugli aspetti relativi all’agitazione dei capi di abbigliamento presenti nella camera di lavaggio al fine di ottenere una loro migliore pulitura, ma non fornisce indicazioni utili sul come si svolga in concreto il funzionamento deH’apparecchiatura.
Ciò non è di secondaria importanza perché come già detto, si deve operare con un fluido a pressioni elevate e questo fatto implica notevoli difficoltà.
Per esempio da questo documento non si riesce a capire come avvenga il transitorio di avviamento iniziale dell’apparecchiatura, dopo che nella sua camera di lavaggio sono stati caricati gli indumenti da lavare; in tale situazione la camera si trova infatti alla pressione atmosferica e se si introduce al suo interno della C02 liquida proveniente dal relativo serbatoio come appare dallo schema riportato, quindi con una pressione compresa tra 35 e 70 bar secondo quanto riferito nel brevetto, l’espansione che ne consegue genera un brusco raffreddamento della camera e dei vestiti presenti, con il rischio di un loro danneggiamento. Il preriscaldatore previsto nell’apparecchiatura potrebbe forse servire ad evitare questo pericolo, ma dalla descrizione non si capisce bene come esso dovrebbe funzionare ed anzi, suscita parecchie perplessità sulla sua reale efficacia nel prevenire il rischio di cui si è detto.
Ulteriormente, in questo brevetto la camera di lavaggio viene mostrata puramente a livello schematico; non bisogna però trascurare che essa rappresenta una parte assai importante di queste apparecchiature.
Infatti essa deve assicurare la necessaria tenuta alle alte pressioni di esercizio, risultando nel contempo facile da manovrare in chiusura ed apertura, con un elevato grado di sicurezza per gli operatori; si pensi a questo proposito alle lavanderie commerciali già richiamate, dove i cicli di funzionamento deirapparecchiatura con l’apertura e chiusura della camera si susseguono numerosi. Ogni volta un operatore deve controllare che la camera sia chiusa correttamente oppure che la pressione sia scesa ad un livello adeguato prima di poterla aprire.
Sebbene sia evidente che le apparecchiature vengano fomite di un adeguato sistema di controllo, non bisogna tuttavia trascurare la possibilità di avarie o malfunzionamenti e pertanto si può dire che gli accorgimenti per una maggior sicurezza non sono mai troppi.
Scopo della presente invenzione è pertanto quello di predispórre un metodo di lavaggio attuato con un’apparecchiatura ad anidride carbonica del tipo sopra considerato, le cui caratteristiche siano tali da soddisfare i requisiti richiesti dalle applicazioni pratiche cui tale lavaggio è detinato.
Tale scopo è conseguito da un metodo le cui fasi di attuazione sono enunciate nelle rivendicazioni annesse a questa descrizione; l’invenzione comprende altresì un’apparecchiatura per l’attuazione di tale metodo, le cui caratteristiche sono anch’esse contenute nelle rivendicazoni già richiamate.
L’invenzione verrà meglio compresa alla luce della descrizione esposta qui di seguito, relativa ad una sua forma preferita e non esclusiva di realizzazione illustrata nei disegni allegati in cui:
- la fig. 1 mostra uno schema di un’apparecchiatura secondo il trovato; - la fig. 2 è una vista assonometrica di una camera di lavaggio incorporata nell’apparecchiatura di fig.l, in condizione aperta;
- la fig. 3 è una vista in sezione longitudinale della camera di lavaggio di
- la fig. 4 è una vista in sezione di un particolare della camera di lavaggio succitata, presa lungo un piano passante per l’asse longitudinale “L" di essa e perpendicolare al piano di fig. 3;
- la fig 5 mostra in dettaglio una guarnizione di tenuta della camera di lavaggio precedente, in condizione non operativa;
- la fig. 6 è una vista assonometrica di una variante della camera di lavaggio mostrata nelle figure precedenti;
- la fig. 7 è una vista dall’alto della camera di lavaggio della fig. 6;
- la fig. 8 mostra una vista in sezione longitudinale di un compressore presente nell’ apparecchiatura di lavaggio secondo l’invenzione;
- la fig. 9 mostra una vista in sezione longitudinale di un distributore di C02 liquida associato al compressore di fig. 8;
- la fig. 10 mostra una vista in sezione lungo la linea X-X di fig. 9.
Similmente a quanto noto, l’apparecchiatura di figura 1 comprende una camera di lavaggio 1, della quale si parlerà più diffusamente dopo, un serbatoio 30 per la C02 liquida, un distillatore 31 per la separazione delle sostanze disciolte nella C02, un gruppo frigorifero 32 per mantenere il fluido circolante alle condizioni richieste, ed una pompa principale 33.
In aggiunta, nell’apparecchiatura di fig. 1 sono presenti un filtro primario 34 ed uno secondario 35, un compressore 36, una pompa per il vuoto 37 e due riscaldatori 38, 39.
Tutti questi componenti sono inoltre collegati da un circuito idraulico di cui fanno parte numerose valvole indicate nello schema di fig. 1 (anche se non numerate), per la circolazione dell’anidride carbonica liquida nell’ apparecchiatura di lavaggio; tale circolazione viene di seguito spiegata in relazione allo svolgimento di un ciclo di lavaggio di indumenti, è tuttavia evidente che i medesimi argomenti valgono anche nel caso di lavaggio di componenti elettronici o quant’altro.
Quando nella camera 1 viene introdotto il carico da lavare essa si trova isolata, per ovvie ragioni, rispetto alle parti del circuito dove è presente la C02 in pressione, a seguito della chiusura delle valvole necessarie.
Una volta riempita, la camera di lavaggio 1 viene chiusa ed al suo interno è fatto il vuoto tramite l’apposita pompa 37; preferibilmente il livello de! vuoto raggiunto deve essere almeno di circa 80 mbar, al fine di poter eliminare l’aria presente nella camera e nelle fibre dei vestiti, facilitando cosi la penetrazione della C02 in questi ultimi e riducendo al minimo (praticamente annullando) la presenza di incondensabili nel fluido di lavaggio.
Successivamente a questa fase viene eseguita la pressurizzazione della camera 1, la quale nel frattempo è stata rimessa in comunicazione con il resto del circuito da cui era stata precedentemente isolata.
Per far salire il livello della pressione senza avere gli inconvenienti più sopra segnalati (brusca evaporazione della C02 e raffreddamento del carico), nell’apparecchiatura dell’invenzione viene inizialmente introdotta C02 in fase gassosa (invece che liquida); vantaggiosamente essa viene dapprima prelevata dal distillatore 31 dove è disponibile con una pressione inferiore a quella del serbatoio 30.
Ciò avviene fino a che la differenza ΔΡ di pressione tra la camera 1 ed il distillatore non diminuisca in modo tale da rendere troppo lento il deflusso dell’anidride carbonica, prolungando eccessivamente questa operazione; per esempio un valore minimo utilizzato in pratica per ΔΡ è di circa 3 bar.
Dopo questa prima pressurizzazione, nella camera 1 viene introdotta altra C02 gassosa proveniente dalla parte superiore del serbatoio 30, dove essa è in equilibrio con la sua fase liquida; nell’apparecchiatura di lavaggio di questo esempio il serbatoio 30 è infatti a pressione maggiore di quella del distillatore 31, soprattutto dopo che da quest’ultimo è già stata prelevata C02 per pressurizzare la camera.
In questo contesto bisogna anche segnalare che secondo una forma preferita del trovato, il serbatoio 30 è collegato al distillatore 31 in modo che la C02 liquida presente sul fondo del primo possa defluire nel secondo, sfruttando la differenza di pressione esistente tra essi; così facendo, infatti, si può eseguire la separazione nel distillatore della C02 dagli oli più pesanti presenti in basso nel serbatoio o da eventuali particelle ivi depositate. Per favorire tale separazione è vantaggioso operare il riscaldamento della C02 in uscita dal serbatoio 30 con il riscaldatore 38, perchè in tal modo si possono minimizzare i picchi di assorbimento di energia che si avrebbero utilizzando invece un riscaldamento diretto della C02nel distillatore 31.
Terminata la pressurizzazione della camera di lavaggio 1, preferibilmente quando il valore della pressione al suo interno è ancora abbastanza inferiore a quello nel serbatoio 30, essa viene riempita con C02 liquida proveniente dal serbatoio medesimo.
In questa fase è attiva la pompa principale 33 ed in accordo con una forma preferita del trovato, il riempimento della camera si articola in due tempi; durante il primo la camera 1 e la C02 non defluisce a valle di essa, si ha cioè circolazione dal serbatoio 30 alla camera 1 attraverso la pompa 33: in questo modo si evita il rischio di applicare una pressione eccessiva ai capi del filtro primario 34.
In un secondo tempo la camera 1 viene messa in comunicazione con tale filtro e nell’apparecchiatura si instaura una circolazione della C02 lungo, in successione, la pompa 33, la camera 1, il filtro secondario 35 e quello principale 34, il gruppo refrigeratore 32, il serbatoio 30 e quindi di nuovo la pompa 33.
Quando la C02 liquida ha raggiunto il livello prestabilito per dare corso al lavaggio vero e proprio, il serbatoio 30 viene escluso dal percorso del fluido che attraversa la camera 1 cosi come fatto in precedenza per il distillatore 31; ciò avviene per un tempo prefissato (nell’apparecchiatura sono infatti presenti mezzi temporizzatori non indicati nello schema di fig.
1) durante il quale la circolazione della C02 avviene solo lungo l’anello costituito da la pompa 33, la camera 1, i filtri 35 e 34, il gruppo refrigeratore 32 e di nuovo la pompa 33.
In questo modo viene infatti assicurata una circolazione della C02 regolare, la quale può essere controllata al meglio tramite la regolazione della pompa cosi da rendere più efficace l’afflusso del fluido di lavaggio nella camera 1 e quindi l’azione da esso prodotta sugli indumenti da lavare.
In questa circostanza è appena il caso di precisare che nella camera 1 sono presenti degli ugelli per l’erogazione della C02 liquida, i quali potranno essere di vario genere a seconda delle modalità con cui avviene il lavaggio; a questo proposito si rinvia al brevetto americano già citato per avere un’idea solo di alcune delle possibili soluzioni tecniche disponibili.
E’ peraltro evidente che tali soluzioni potranno variare anche in funzione del tipo di impiego previsto per l’apparecchiatura; così, ad esempio, è comprensibile che nel caso di lavaggio di indumenti si avranno ugelli diversi da quelli utilizzati per lo sgrassaggio di parti meccaniche o per il trattamento di componenti elettronici.
Una volta terminato il ciclo di lavaggio appena visto, la circolazione della C02 liquida sopra riferita viene interrotta; la camera 1 viene quindi svuotata lasciando in azione la pompa 33 la quale rimanda la C02 liquida nel serbatoio 30 che nel frattempo è stato di nuovo inserito nel percorso del fluido.
Vantaggiosamente, per compensare la diminuzione di pressione aH’intemo della camera 1 in essa viene fatta affluire C02 gassosa proveniente dalla parte superiore del serbatoio 30; tale compensazione potrebbe, in alternativa, anche essere fatta sfruttando la fase gassosa presente nel distillatore 31.
Infine, in accordo con una forma preferita del trovato, il carico presente nella camera di lavaggio 1 viene asciugato prima della sua apertura; occorre infatti rilevare che gli indumenti dopo il lavaggio restano impregnati di C02 liquida la quale, nell’ eventualità di un brusco abbassamento della pressione all’interno della camera potrebbe evaporare, generando un brusco raffreddamento del carico con un suo congelamento, infragilimento e quindi il rischio di danneggiamento per rottura.
L’operazione di asciugatura viene ottenuta con una circolazione di CO, gassosa, prelevata dall’alto nella camera di lavaggio 1 tramite il compressore 36 e riscaldata nel riscaldatore 39; la C02 riscaldata viene quindi reimmessa nella camera 1 attraverso degli ugelli disposti sul fondo di essa.
Quando la temperatura nella camera 1 garantisce che non vi sia più presenza di C02 in fase liquida, e questo avviene quando la temperatura tende ad aumentare perché da ciò si desume che il passaggio di fase di tutta la C02 liquida è terminato, diventa possibile effettuare il recupero di quella gassosa.
NeU’apparecchiatura secondo l’invenzione questa operazione viene svolta dal compressore 36 il quale, in una forma preferita, è azionato a C02 liquida proveniente dal serbatoio 30; tale compressore verrà meglio descritto più oltre.
Il compressore 36 provvede quindi ad inviare la C02 gassosa nel serbatoio 30, fino al raggiungimento di una pressione sufficientemente bassa nella camera 1 che sarà stabilita in funzione del miglior svolgimento de! ciclo operativo, vale a dire sulla base di un raffronto tra la convenienza economica a recuperare la C02 da un lato, ed i tempi di durata, nonché i costi, del ciclo di lavaggio dairaltro.
La C02 residua presente nella camera viene poi evacuata attraverso una normale valvola di scarico ad essa collegata: dopo di che è possibile eseguire l’apertura della camera.
Da quanto sopra riferito è possibile comprendere come l’apparecchiatura di lavaggio secondo l’invenzione permette di raggiungere lo scopo prefissato inizialmente.
Infatti le fasi nelle quali si articola il processo di lavaggio, assicurano un corretto funzionamento dell’apparecchiatura con cui esso viene attuato e tengono conto delle problematiche reali che si incontrano nel trattamento della C02 liquida o supercritica.
Per esempio l’applicazione del vuoto iniziale nella camera di lavaggio I evita che l’aria ambiente presente al suo interno vada in circolo nell’impianto per la C02: se si tiene conto che queste camere possono avere capacità di alcune centinaia di litri, si capisce che la presenza di un simile volume di aria potrebbe causare degli inconvenienti.
Naturalmente un po' d’aria sarà comunque presente all’avvio di ogni ciclo nel circuito di C02, ma essendo in quantità limitata grazie al vuoto iniziale essa potrà venire smaltita agevolmente con semplici valvole di sfogo opportunamente disposte nell’apparecchiatura.
Per quanto riguarda poi la pressurizzazione della camera di lavaggio, la sua attuazione con C02 gassosa disponibile nel distillatore 31 e/o nel serbatoio 30 costituisce una soluzione assolutamente vantaggiosa sia sotto il profilo tecnico-progettuale, sia sotto quello economico.
E’ infatti evidente che in tal modo si sfruttano al meglio due componenti dell’apparecchiatura che già servono comunque al suo funzionamento: di conseguenza non sono necessari mezzi specifici per svolgere tale pressurizzazione o comunque altri sistemi per evitare i rischi connessi all’ingresso nella camera di lavaggio quando si trova a bassa pressione, di C02 allo stalo liquido. Tutto ciò oltre che a semplificare fapparecchiatura, contribuisce anche ad una riduzione dei costi.
Infine è da segnalare come anche il recupero della C02 gassosa operato con il compressore azionato a C02 liquida, rappresenta una notevole innovazione che rende questa operazione conveniente ed efficace; infatti il recupero della C02 gassosa è un’operazione che non avrebbe senso per l’economia del ciclo di lavaggio qualora fosse eseguita con un alto impiego di mezzi e di energia, perchè questo gas è disponibile senza difficoltà in natura ed inoltre può essere scaricato liberamente nell’atmosfera.
Sfruttando la C02 liquida del serbatoio per azionare il compressore, invece, non solo si ha un evidente risparmio nei consumi energetici ma anche si evita di contaminare la C02 recuperata con il lubrificante che viene normalmente usato nei compressori tradizionali.
Naturalmente non sono da escludere varianti dell’apparecchiatura secondo l’invenzione, rispetto all’esempio che di essa è stato fornito qui sopra.
E’ infatti evidente che lo schema di fig. 1 rappresenta solo una versione semplificata dell’apparecchiatura, al fine di agevolarne la comprensione; nella realtà si potranno tuttavia prevedere numerosi altri componenti, anche in funzione dei diversi impieghi possibili per queste apparecchiature.
A questo proposito occorre segnalare che il ciclo di lavaggio secondo l’invenzione può avere luogo anche con l’aggiunta di additivi nel fluido in fase densa; questi potranno essere di varia natura a seconda delle diverse applicazioni del trovato e pertanto le modalità o i tempi con cui saranno introdotti nel ciclo di lavaggio, varieranno da caso a caso.
Ad esempio per la solubilizzazione di contaminanti presenti nel carico da lavare (sia esso composto da indumenti, parti da sgrassare o altro) si potranno aggiungere alla C02 acqua o etanolo, mentre per ottenere il distacco di particelle fisiche o microbiologiche dal carico si potranno utilizzare dei tensioattivi; alla stessa stregua per reliminazione di germi mediante inattivazione chimica dei relativi microrganismi, si potranno adottare degli additivi quali il glutaraldeide o i sali di ammonio quaternario.
Infine, per aumentare l’efficacia degli additivi appena visti oppure anche in alternativa ad essi, il ciclo di lavaggio sopra descritto potrà anche essere integrato con delle operazioni di inattivazione dei microorganismi indesiderati per via chimico-fisica, utilizzando plasma o radicali di agenti degermanti come il perossido di idrogeno (H202), raggi ultravioletti, o altro.
Pertanto in simili circostanze il ciclo di lavaggio con C02 potrà essere seguito da un trattamento di degermazione, effettuato sempre nella stessa apparecchiatura: è evidente che in questo caso si dovranno predisporre i mezzi necessari (alimentazione di H202, lampade radianti, etc.) per realizzare le funzioni di normale lavaggio con C02 liquida e di trattamento degermante, i quali non sono presenti nella versione semplificata dell’apparecchiatura sopra riportata.
Non bisogna poi dimenticare il fatto che nell’apparecchiatura secondo l’invenzione potranno essere aggiunti anche dei sistemi per il distacco di particelle nel carico da lavare, quali ad esempio degli emettitori di ultrasuoni o altri tipi di vibrazioni e pulsazioni in genere.
Ricollegandoci ora a quanto premesso più sopra, con riferimento alle figure 2-7 viene adesso descritta una specifica camera di lavaggio secondo questa invenzione che può venire utilizzata, preferibilmente anche se non esclusivamente, con l’apparecchiatura già considerata.
Questa camera 1 comprende un mantello cilindrico 2 con asse longitudinale L disposto orizzontalmente, provvisto all’estremità posteriore di un fondo 3 bombato e chiuso anteriormente da un coperchio 4, anch’esso bombato.
Più in particolare, per la chiusura della camera 1 il mantello cilindrico 2 è dotato lungo metà della sua imboccatura circolare, di un bordo 5 avente sezione trasversale sostanzialmente a “C” (si veda fig. 3); all’ interno di tale bordo è presente un gradino 6 con il quale si impegna una nervatura 7a che si estende circonferenzialmente lungo il bordo della metà del coperchio 4 destinata ad accoppiarsi con il bordo 5 anzidetto. Come si vedrà meglio in seguito, questo accoppiamento tra il gradino 6 e la nervatura 7a costituisce un importante elemento di sicurezza per il . funzionamento della camera 1.
1 bordi S e 9 delle restanti metà dell’imboccatura del mantello cilindrico 2 e del coperchio 4, hanno rispettive sezioni trasversali di forma sostanzialmente invertita a quella delle altre metà.
Di conseguenza il coperchio 4 ha un bordo 9 configurato a “C” similmente a quello già visto in precedenza, all’ interno del quale si protende il bordo 8 dell’imboccatura del mantello 2 sporgendo radialmente verso l’esterno. E’ bene precisare che per semplicità nell’esempio qui illustrato, i bordi 8 e 9 sono privi di gradini e nervature del tipo riferito più sopra: tuttavia essi potrebbero comunque venire predisposti formandoli in posizione ribaltata rispetto agli altri, cioè sulla faccia inferiore del bordo S e su quella ad essa giustapposta del bordo 9.
La tenuta fra mantello cilindrico 2 e coperchio 4, nella camera 1 è assicurata da una guarnizione 10 disposta lungo l’imboccatura del primo in una apposita cava 11 che si sviluppa circonferenzialmente lungo il bordo del mantello cilindrico, ed è attivata da un fluido alimentato attraverso dei condotti 12 visibili in linea tratteggiata solo nella figura 2. Tale fluido può essere a sé stante e quindi alimentato con un proprio circuito separato, oppure essere una frazione della stessa C02 di lavaggio che viene fatta circolare nella cava 11 per attivare la guarnizione 10.
Più in particolare la guarnizione e la cava sono del tipo a sezione trasversale rastremata verso il coperchio, già noto ed utilizzato per gli autoclavi da sterilizzazione; tuttavia, a differenza di quelle conosciute, la guarnizione 10 è realizzata in un opportuno materiale resistente aH’amdride carbonica allo stato liquido e, soprattutto, supercritico.
Risultati sorprendentemente positivi per quanto riguarda la tenuta sono stati ottenuti con guarnizioni a base di gomme epicloridriniche; tali gomme consistono in polietere alifatico saturo e gruppi laterali di clorometile.
Nel caso di gomme omopolimeriche si ha la seguente formula di struttura
mentre nel caso di gomme copolimeriche (un copolimero di epicloridrina e ossido di etilene) si ha:
Le guarnizioni realizzale con questi materiali hanno infatti dimostrato la richiesta compatibilità con la C02 ed hanno soprattutto rivelato una grande impermeabilità alFanidride carbonica supercritica.
Quest’ultima è un fluido molto particolare, dotato di una densità paragonabile a quella di un liquido e di una viscosità prossima a quella di un gas, ma presenta anche una grande diffusività così che risulta alquanto difficile arrestarne la penetrazione negli organi di tenuta o negli interstizi.
Per l’apertura e la chiusura della camera 1, in questo esempio dell’invenzione è stato predisposto un meccanismo a cremagliera; a tal fine il coperchio 4 è sospeso mediante due staffe 15 e 16, ciascuna delle quali è dotata alla sua estremità superiore di una ruota 17 e 18 impegnata con una rotaia 19.
Inferiormente a tale rotaia si trova una cremagliera 20 fissata alle due staffe 15 e 16, la quale è impegnata da un pignone 2 la di un motore 21 di comando che è montato su un telaio esterno della camera 1, non mostrato nei disegni.
Completano la camera 1 illustrata nei disegni, un cestello a tamburo 22 che si trova all’interno del mantello cilindrico 2 ed un tubo distributore 23 dell’anidride carbonica alimentata da un raccordo 24 passante attraverso la parete del mantello cilindrico 2; il tubo distributore si estende lungo una generatrice del mantello cilindrico e presenta una serie di ugelli 25 da cui fuoriesce l’anidride carbonica per entrare nel cestello.
Per quanto concerne il ciclo di lavaggio vero e proprio dei capi di vestiario eseguito nella camera 1, esso avviene in maniera nota e pertanto se ne darà qui solo qualche breve cenno, rinviando per maggiori dettagli a ciò che è riportato nelle pubblicazioni e brevetti sull’argomento richiamati più sopra.
L’anidride carbonica allo stato liquido o supercritico viene quindi introdotta nel mantello cilindrico 2 attraverso il raccordo 24, -mentre il tubo 23 provvede assieme agli ugelli 25 a distribuirla nel cestello il quale, a tal fine, è realizzato in parete traforata; con un opportuna realizzazione degli ugelli 25 è possibile dirigere i getti di anidride carbonica tangenzialmente al cestello 22, così da mettere in rotazione il carico presente al suo interno (si pensi al caso degli indumenti) sfruttando l’energia del fluido in arrivo. Una simile soluzione è già nota nella tecnica ma è tuttavia evidente che potrebbe essere sostituita o integrata, per esempio, con una rotazione comandata del cestello oppure un’altra forma di agitazione del carico mantenendo fermo il cestello medesimo.
L’anidride carbonica liquida o supercritica fuoriesce poi dalla camera 1 (dotata per questo motivo di uno scarico non mostrato nei disegni) per essere ripulita nell’impianto associato alla camera, delle sostanze più o meno solubili rimosse dai vestiti.
All’inizio ed alla fine del ciclo di lavaggio appena visto, vengono eseguite le operazioni di apertura e chiusura della camera 1 comandando gli spostamenti del coperchio tramite il meccanismo a cremagliera, secondo quanto segue.
Grazie a tale meccanismo, infatti, il coperchio è guidato con precisione nei suoi movimenti così che Γ accoppi amento tra le due metà 5, 8 del bordo del mantello cilindrico 2 con quelle corrispondenti del coperchio 4, abbia luogo senza interferenze e con la massima semplicità; in questo contesto occorre ricordare che per avere una buona tenuta della camera 1, la precisione dell’accoppiamento tra il coperchio ed il mantello cilindrico deve essere elevata e grazie allo scorrimento guidato del primo rispetto al secondo nell’invenzione è possibile soddisfare questa condizione.
Si noti poi che grazie a tale scorrimento guidato, la chiusura della camera di lavaggio si svolge evitando strisciamenti del coperchio sopra l’imboccatura del mantello cilindrico, con tutte le evidenti conseguenze negative che ciò provocherebbe.
Si osservi inoltre come in questa particolare forma realizzativa dell’invenzione, il supporto del coperchio mediante due (o anche più) staffe 15 e 16, lo mantiene rigidamente in posizione durante le sue traslazioni lungo la rotaia 19, impedendo che esso possa oscillare con movimento a pendolo.
Una volta chiusa la camera 1, la guarnizione 10 viene attivata secondo quanto mostrato nella figura 3; essa viene cioè sospinta verso la superficie contrapposta del coperchio dal fluido che è iniettato nella cava 1 1, mentre nel contempo la pressione della camera 1 aumenta a seguito deH’atimentazione dentro di essa dell’anidride carbonica.
In questa fase il coperchio 4 risulta spinto verso l’alto (con riferimento alla figura 3) dalla pressione della C02 che agisce su di esso: ciò favorisce l’impegno della sua nervatura 7a nel gradino 6 del bordo 5 del mantello cilindrico 2.
Occorre qui evidenziare come in tali condizioni la guarnizione 10 realizzata con i materiali anzidetti, ha mostrato l’importante capacità di deformarsi in modo tale da sigillare al meglio lo spazio tra il coperchio 4 e l’imboccatura del mantello cilindrico 2, resistendo nel contempo alla spinta diretta radialmente su di essa dalla pressione d’esercizio deH’anidride carbonica.
Per l’apertura della camera 1 si procede in modo inverso a quanto appena visto.
Pertanto dapprima la pressione al suo interno è progressivamente diminuita fino a riportarla a livello atmosferico, mentre anche la guarnizione 10 viene disattivata; a questo punto è possibile disimpegnare la nervatura 7a dal gradino 6 ed il coperchio può quindi essere rimosso, operandone la traslazione con il meccanismo a cremagliera.
Nella circostanza è possibile apprezzare che se la pressione all’ interno della camera 1 non si abbassa in modo tale da consentire il disimpegno della nervatura 7a dal gradino 6, questi ultimi impediscono al coperchio di scorrere e quindi l’apertura della camera viene impedita automaticamente: questa è dunque una particolare sicurezza intrinseca all’invenzione, vale a dire che non occorre alcun sistema di controllo esterno con appositi sensori di rilevamento della pressione all’interno della camera, per farla funzionare.
E’ diinque evidente che una tale sicurezza serve anche in caso di eventuale avaria o malfunzionamento del sistema generale di controllo anzidetto, impedendo l’apertura inavvertita o anticipata della camera e contribuendo così alla sua maggior sicurezza.
Da quanto sinora riferito è possibile apprezzare gli importanti risultati conseguiti dalla camera di lavaggio secondo l’invenzione.
Infatti grazie alla particolare configurazione dei bordi 5, 7, 8, 9 del mantello cilindrico 2 e del coperchio 4, secondo la quale questi bordi si estendono circonferenzialmente e per metà di tale estensione l’uno ha sezione trasversale sostanzialmente a “C” che definisce una sede nella quale l’altro viene alloggiato e viceversa, il coperchio 4 può essere mantenuto in modo fermo e sicuro sul mantello cilindrico nonostante le notevoli pressioni di esercizio della camera di lavaggio.
L’applicazione del coperchio è poi effettuata in modo preciso, semplice e rapido, grazie al fatto che esso risulta scorrevolmente guidato in un piano trasversale alla camera di lavaggio; tale scorrimento del coperchio si presta peraltro in maniera assai favorevole all’ applicazione di mezzi di comando per l’apertura e la chiusura della camera di lavaggio, dei quali il meccanismo a cremagliera qui riportato rappresenta, ovviamente, solo un possibile esempio.
In questa circostanza occorre segnalare che l’uso di elementi strutturali con profilo a “C” ed accoppiati con bordi coniugati di coperchi per il posizionamento fermo di questi ultimi, è già noto nel settore degli autoclavi per sterilizzazione come dimostra il brevetto italiano per invenzione industriale No. 1237645, di cui è titolare la richiedente della presente domanda.
Tuttavia nel campo della sterilizzazione le pressioni in gioco sono notevolmente inferiori a quelle richieste per le apparecchiature a C02 qui considerate (3-5 bar invece di 30-80 bar), e pertanto ciò rende possibile realizzare autoclavi con corpo parallelepipedo anziché cilindrico come richiesto invece per le camere di lavaggio; alcuni esempi di tali autoclavi sono riportati nel già citato brevetto italiano.
In virtù della forma parallelepipeda di questi autoclavi, i loro elementi<' >con profilo a “C” destinati alla chiusura del coperchio sono rettilinei: in questo modo alcuni di essi servono oltre che da elemento di blocco del coperchio per impedirne il distacco dal coipo dell’autoclave, anche da guida quando esso viene fatto scorrere trasversalmente all’autoclave durante le sue operazioni di chiusura ed apertura.
In altri termini si può dire che nel brevetto anteriore, alcuni degli elementi con profilo a “C” insieme a parte del bordo del coperchio deH’autoclave formano sostanzialmente una coppia prismatica lineare, capace di guidare gli scorrimenti trasversali del coperchio e di assicurare nel contempo la chiusura di quest’ultimo.
Tuttavia nelle camere di lavaggio per apparecchiature ad anidride carbonica un simile stato di cose non è realizzabile, perché siamo in presenza di una geometrìa cilindrica (che come già detto è resa pressoché necessaria da esigenze di strutturali) dove palesemente non è possibile Tonnare una coppia prismatica lineare del tipo prima menzionato tra il bordo del mantello e quello del coperchio.
Di conseguenza, in maniera del tutto originale nella camera 1 dell’invenzione i bordi 5, 7, 8 e 9 anzidetti servono solo ad assicurare il posizionamento fermo del coperchio 4 rispetto al mantello 2 cosi da evitarne il distacco a causa della pressione della C02, mentre la funzione di supporto e guida del coperchio durante le fasi di chiusura ed apertura viene svolta da appositi mezzi (costituiti nell’ esempio precedente dal meccanismo a cremagliera ma che potrebbero essere anche diversi come si vedrà nel seguito) i quali non servono però a vincolare il coperchio al mantello cilindrico.
Ulteriormente, nella forma realizzativa della camera 1 sopra riferita tali mezzi devono consentire ampi spostamenti del coperchio trasversalmente al mantello cilindrico fino a lasciarne pressoché libera tutta l’imboccatura, poiché a causa della geometria cilindrica anzidetta non è possibile tentare di combinare piccoli spostamenti laterali con un successivo ribaltamento “a libro” del coperchio come avviene nel caso degli autoclavi, perché altrimenti i bordi 5, 7, 8 e 9 interferirebbero tra loro impedendo tale ribaltamento.
In aggiunta a questi importanti risultati conseguiti dall’invenzione, bisogna anche sottolineare il contributo fornito dalla particolare guarnizione 10.
Come detto essa ha una sezione trasversale rastremata verso il coperchio secondo un insegnamento già noto nell’arte: ciò infatti consente di far rientrare meglio la guarnizione nella relativa cava di alloggiamento, quando in essa il fluido iniettato in precedenza viene scaricato.
Tuttavia la forma rastremata anzidetta non crea difficoltà per l’applicazione nelle cave di alloggiamento, delle guarnizioni generalmente morbide che vengono utilizzate nei contenitori per fluidi che non hanno le caratteristiche dell’anidride carbonica liquida o supercritica.
Come già spiegato, questo fluido è un solvente molto efficace e soprattutto ha una grande diffusività molecolare così che diventa alquanto difficile contenerlo: infatti i materiali normalmente usati per le guarnizioni (quali il silicone o altri) anche se compatibili chimicamente con la C02, tendono ad essere attraversati da essa.
Altri materiali quali il PTFE o derivati sebbene siano idonei in sé a contenere la C02 supercritica, si sono rivelati insufficientemente elastici cosi che il montaggio delle relative guarnizioni a sezione rastremata nelle cave di alloggiamento, non era praticabile. Dalla fig. 3 si vede infatti che la cava di alloggiamento ha forma anch’essa rastremata e siccome la corrispondente guarnizione deve esservi introdotta dall’alto, è comprensibile come la sua base maggiore non può passare attraverso la parte superiore aperta della cava.
Le gomme epicloridriniche di cui si è detto più sopra, oltre ad essere in grado di contenere la C02 supercritica, presentano anche una certa elasticità che rende possibile deformarle in modo da consentire il montaggio delle guarnizioni da esse fonnate nelle corrispondenti cave di alloggiamento, pure nel caso di sezioni trasversali rastremate.
Naturalmente non sono da escludere varianti dell’invenzione rispetto all’esempio realizzati vo che di essa è stato riferito.
Quest’ultimo infatti si presta favorevolmente per le camere di lavaggio con grandi dimensioni, come potrebbero essere quelle destinate alle lavanderie o ad altri sei-vizi che richiedono il lavaggio di grossi quantitativi di vestiario o di altri oggetti in genere.
La disposizione orizzontale dell’asse longitudinale di questa camera agevola il lavoro da parte di un addetto, per eseguire le operazioni di carico e scarico; tali operazioni sono inoltre avvantaggiate dal fatto che in accordo con l’invenzione, il coperchio 4 chiude l’intera imboccatura della camera di lavaggio la quale viene quindi completamente liberata quando esso viene rimosso.
In altre parole, il coperchio in questione non è un semplice oblò o similari attraverso il quale si ha un limitato e difficile accesso verso l’interno della camera di lavaggio, ma bensì esso costituisce in pratica un vero e proprio fondo rimovibile, opposto a quello fisso 3, applicato sulla imboccatura del mantello cilindrico e la cui apertura permette di operare al suo interno in maniera ottimale. Questo risultato è tanto più importante se si considera che la camera di lavaggio è un contenitore che deve resistere ad elevate pressioni di esercizio.
Non bisogna poi trascurare che con la disposizione orizzontale dell’asse L, una persona si trova ad operare frontalmente davanti all’imboccatura della camera e quindi in maniera più comoda rispetto ad una camera con asse verticale di grandi dimensioni.
Inoltre, nelle camere di lavaggio di una certa dimensione il coperchio è pesante e pertanto il fatto di poterlo sospendere ad una struttura di guida orizzontale come nell’esempio riportato, semplifica la sua movimentazione che può venire effettuata eventualmente anche in modo manuale e non solo meccanico.
Diversa sarebbe invece la situazione per un coperchio di tipo a battente; infatti nel caso di grandi dimensioni della camera di lavaggio, il suo peso e l’inevitabile ingombro richiesto per le operazioni di apertura e chiusura potrebbero causare non poche difficoltà ad un operatore, così come pure l’applicazione di un meccanismo di comando appare piuttosto complessa.
Un ulteriore notevole vantaggio dell’ invenzione risiede nel fatto che in essa i mezzi di supporto e guida del coperchio, cioè la rotaia ed il meccanismo a cremagliera dell’esempio precedente, sono separati dal mantello cilindrico: in questo modo si evita di appesantire la struttura del mantello il quale, altrimenti, dovrebbe avere dimensioni (soprattutto lo spessore) adeguate per reggere i! peso del coperchio che nel caso di camere di una certa dimensione, non è certamente trascurabile. Poiché il mantello cilindrico, il relativo fondo ed il coperchio di chiusura vengono realizzati con materiali speciali (preferibilmente acciai inossidabili) e quindi anche costosi, una simile camera di lavaggio permette di limitare l’uso di questi materiali e quindi i relativi costi che ne derivano.
Una forma alternativa dell’invenzione adatta per camere di lavaggio con dimensioni non elevate, è mostrata nelle figure 5 e 6 dove essa è indicata complessivamente con 101.
Questa forma verrà di seguito brevemente descritta con particolare riferimento alle sue differenze principali rispetto a quella precedente; tuttavia per semplicità, gli elementi strutturalmente o funzionalmente equivalenti a quelli già considerati verranno designati con la stessa numerazione e non saranno maggiormente analizzati nel dettaglio, rinviando a tal fine alle spiegazioni fomite più sopra.
Come si può notare, in questo caso la camera di lavaggio 101 è del tipo ad asse longitudinale L disposto verticalmente ed è chiusa da un coperchio 4 scorrevolmente guidato in senso trasversale a tale asse.
Tuttavia, in questa alternativa il coperchio 4 appoggia su due pattini 102, 103 mobili lungo rispettive guide 104, 105 parallele e situate da parti opposte rispetto ad esso. Più in particolare, il coperchio 4 è connesso al pattino 102 mediante una cerniera 106 ed un braccio radiale 107, in modo da poter ruotare intorno ad un asse verticale V; diametralmente opposto a tale braccio si trova poi un piolo 108 sporgente radialmente dal coperchio, il quale è supportato dal pattino 103.
I bordi 5, 7, 8, 9 del mantello cilindrico 2 e del coperchio 4 si accoppiano reciprocamente grazie alla forma delle loro sezioni trasversali lungo rispettive semicirconferenze, in maniera del tutto analoga a quanto è già stato esposto; in questo secondo esempio del trovato, però, il coperchio 4 oltre a traslare solidalmente ai pattini 102 e 103 in un piano trasversale all’asse longitudinale L, ha anche la possibilità di ruotare in tale piano grazie al suo incemieramento sul pattino 103, come mostrato in fig. 6.
Di conseguenza le operazioni di apertura e chiusura della camera possono avere luogo sia traslando il coperchio 4 (come visibile in fig. 5), sia facendolo ruotare intorno all’asse V (come in flg. 6), sia combinando entrambi questi movimenti.
Da quanto appena riferito si può dunque comprendere come anche questa ulteriore forma realizzativa dell’ invenzione raggiunga gli importanti risultati di quella precedente e conseguentemente, per brevità, sull’argomento si rimanda alle spiegazioni fomite in relazione al primo esempio, tenendo ovviamente in debita considerazione le differenze del caso.
Nella circostanza si segnala solo che in questa alternativa non sono stati previsti mezzi di comando dei movimenti del coperchio dato che per piccole dimensioni delle camere di lavaggio, le operazioni di chiusura ed apertura possono venire facilmente eseguite a mano; è comunque evidente che la presenza di tali mezzi non deve considerarsi preeclusa.
E’ altresi da notare che la possibilità di rotazione del coperchio risulta particolarmente adatta alle camere di lavaggio con asse verticale, perché in esse non sussiste il rischio di avere movimenti a pendolo del coperchio causati dalla forza di gravità, come invece accade nelle camere ad asse orizzontale.
Da ultimo, con riferimento alle figure 8-10 si darà adesso qualche breve cenno sul compressore 36 azionato a C02 liquida, di cui si è parlato più sopra.
Tale compressore prevede un pistone 40 a doppio effetto, configurato a corona circolare, mobile in una carcassa centrale 41 nella quale viene alimentata C02 liquida che nel caso dell’apparecchiatura di fig.l, proviene dal serbatoio 30.
In particolare la C02 liquida entra e/o esce da due luci 42, 43, comunicanti con un distributore 60 mostrato in figura 9, secondo quanto verrà spiegato più tardi.
11 pistone 40 a doppio effetto è montato su un manicotto 45 tubolare il quale è chiuso alle sue estremità da due dischi 46, 47 che si accoppiano a tenuta con le pareti di due camere cilindriche 48, 49 disposte ai lati della carcassa centrale 41; le camere cilindriche 48, 49 sono chiuse da un fondo sul lato opposto ai dischi anzidetti e sono dotate ciascuna di una valvola di ingresso, 50 e 51 rispettivamente, e di una valvola di uscita, 52 e 53.
Tali valvole servono per l’aspirazione e la mandata di C02 gassosa, che nel caso dell 'apparecchiatura di fig. 1 proviene dalla camera di lavaggio 1 e viene mandata o al serbatoio 30 oppure ritornata nella camera 1 stessa, similmente a quanto avviene per le valvole dei normali motori a combustione interna.
Il funzionamento del compressore appena descritto è alquanto semplice.
La C02 liquida ad alta pressione proveniente dal serbatoio 30 viene immessa nella caracassa centrale 41 attraverso una delle due luci 42 o 43; in questa situazione sull’altra luce non grava la pressione del serbatoio ed il pistone 40 può muoversi da destra a sinistra o viceversa, a seconda della differenza di pressione della C02 liquida che agisce sulle sue facce opposte.
Il movimento alternato del pistone 40 si trasmette al manicotto su cui esso è montato ed in conseguenza di ciò, i dischi 46 e 47 che si trovano alle sue estremità si spostano aH’intemo delle camere cilindriche 48, 49 come degli stantuffi, aspirando e comprimendo C02 gassosa che defluisce attraverso le valvole 50, 52 e 51, 53.
La commutazione dell’alimentazione della C02 liquida alle luci 42, 43, e quindi il controllo della corsa del pistone 40, può essere fatta in vari modi per esempio predisponendo dei sensori nel compressore ed operando un controllo elettronico di tale alimentazione con delle servovalvole.
Tuttavia, in accordo con una forma preferita dell’invenzione, tale commutazione viene fatta con il distributore di tipo elettromeccanico del quale viene data ora una breve spiegazione.
Il distributore 60 è costituito in pratica da un involucro 61 cilindrico chiuso alle estremità, nel quale è montato un rotore 62 calettato su un albero 63 di comando che fuoriesce da una delle estremità deirinvolucro 61; su tale albero viene applicato un motore di azionamento non mostrato nei disegni.
In corrispondenza di un piano trasversale mediano dell’involucro cilindrico sono formate due coppie di aperture 65 e 66, disposte diametralmente opposte tra loro e collegate rispettivamente al serbatoio 30 di C02 liquida ad alta pressione, e con uno scarico a pressione inferiore.
Analoghe aperture 67, 68 si trovano lungo altri due piani trasversali disposti ai lati di quello mediano anzidetto, le quali sono in comunicazione rispettivamente con le luci di ingresso 42, 43 del compressore 36.
Il rotore 62 presenta quattro lobi 70 che in funzione della sua rotazione mettono in comunicazione le coppie di aperture 65 e 66, rispettivamente con le due aperture 67, 68 e quindi con le luci 42, 43.
Di conseguenza in funzione della posizione angolare del rotore, attraverso le luci 42, 43 del compressore entra o esce C02 liquida con pressione diversa (cioè quella del serbatoio 30 e quella dello scarico collegato alle aperture 66), così che sulle facce opposte del pistone agisce una pressione differenziale tale da farlo muovere avanti e indietro nella carcassa centrale 41.

Claims (25)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Metodo di lavaggio con fluido in fase densa circolante in un’apparecchiatura che comprende una camera di lavaggio (1), un serbatoio (30) del fluido, un distillatore (31), un gruppo refrigeratore (32), mezzi di pompaggio (33) e mezzi di filtrazione (34, 35) del fluido, caratterizzato dal fatto che durante almeno una parte del ciclo di lavaggio, nella camera circola fluido in fase densa alimentato dai mezzi di pompaggio lungo un percorso da cui sono esclusi il serbatoio (30) ed il distillatore (31).
  2. 2. Metodo di lavaggio secondo la rivendicazione 1, in cui lungo detto percorso del fluido in fase densa sono presenti i mezzi di filtrazione (34, 35) ed il gruppo refrigeratore (32).
  3. 3. Metodo di lavaggio secondo le rivendicazioni 1 c 2, in cui la parte anzidetta del ciclo di lavaggio è temporizzata.
  4. 4. Metodo secondo le rivendicazioni da 1 a 3, in cui la parte anzidetta del ciclo di lavaggio è preceduta da una pressurizzazione della camera di lavaggio (1), eseguita alimentando in essa del fluido di lavaggio in fase gassosa prelevato dal serbatoio (30) e/o dal distillatore (31).
  5. 5. Metodo secondo la rivendicazione 4, in cui all’ intemo della camera di lavaggio (1), prima della sua pressurizzazione viene fatto il vuoto.
  6. 6. Metodo secondo la rivendicazione 5, in cui la pressione nella camera di lavaggio (1) a seguito del vuoto fatto al suo interno, è inferiore o uguale a circa 80 mbar.
  7. 7. Metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui dopo la parte anzidetta del ciclo di lavaggio la camera (1) viene svuotata del fluido di lavaggio in fase densa e la pressione al suo interno viene mantenuta a livelli prefissati alimentando fluido di lavaggio allo stato gassoso, proveniente dal serbatoio (30) e/o dal distillatore (31).
  8. 8. Metodo secondo la rivendicazione 7, in cui la temperatura all’ interno della camera di lavaggio (1) viene controllata prelevando una frazione del fluido di lavaggio in fase gassosa presente in essa, riscaldandola e reimmettendola al suo interno.
  9. 9. Metodo secondo la rivendicazione 8, in cui il prelevamento e la reimmissione della frazione di fluido in fase gassosa vengono eseguiti mediante un compressore (36) azionato con il fluido in fase densa presente nell ’ apparecchiatura.
  10. 10. Apparecchiatura per Tattuazione del metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 1 a 9, caratterizzata dal fatto che nel serbatoio (30) sono presenti almeno una fase densa ed una fase gassosa del fluido di lavaggio e la parte del serbatoio dove si trova tale fase gassosa è collegata alla camera di lavaggio (3) per la sua pressurizzazione.
  11. 11. Apparecchiatura per Tattuazione del metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 1 a 9, caratterizzata dal fatto che nel distillatore (31) sono presenti almeno una fase densa ed una fase gassosa del fluido di lavaggio, e la parie del distillatore dove si trova tale fase gassosa è collegata alla camera di lavaggio (1) per la sua pressurizzazione.
  12. 12. Apparecchiatura secondo le rivendicazioni 10 e 11, in cui la parte del serbatoio (30) dove si trova la fase densa del fluido di lavaggio è cotlegata al distillatore (31) per la circolazione del fluido in fase densa dal primo verso il secondo.
  13. 13. Apparecchiatura secondo le rivendicazione 12, in cui lungo il collegamento tra il serbatoio (30) ed il distillatore (31) sono presenti mezzi (38) per il riscaldamento del fluido di lavaggio in fase densa.
  14. 14. Apparecchiatura secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 10 a 13, in cui la camera di lavaggio (1) è collegata ad un compressore (36) azionato da fluido di lavaggio in fase densa.
  15. 15. Apparecchiatura per l’attuazione del metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 1 a 9, in cui la camera di lavaggio (1) comprende un mantello cilindrico (2) chiuso ad una estremità da un fondo (3) fisso, ed un coperchio (4) rimovibile di chiusura deH’estremità opposta al fondo fisso, caratterizzata dal fatto che: - il coperchio è perifericamente delimitato da un bordo (7, 9) circolare da applicare ad un corrispondente bordo (5, 8) dell’estremità aperta del mantello cilindrico; - l’estremità aperta del mantello cilindrico ed il coperchio presentano rispettive porzioni del loro bordo (5, 9) aventi estensione longitudinale sostanzialmente pari a metà della loro circonferenza e sezione trasversale configurata sostanzialmente a “C”, le quali sono atte ad accogliere, rispettivamente, ima corrispondente porzione del bordo (7, 8) del coperchio e dell’ estremità aperta aventi forma coniugata; - il coperchio è supportato da mezzi (15-19; 102-107) esterni al mantello cilindrico, in modo mobile trasversalmente rispetto ad esso tra una prima posizione nella quale è allontanato dal mantello lasciandone sostanzialmente libera la sua estremità aperta ed una seconda posizione nella quale il coperchio chiude tale estremità, impegnandosi con il bordo di quest’ultima.
  16. 16. Apparecchiatura di lavaggio secondo la rivendicazione 15, in cui il coperchio (4) della camera di lavaggio (1) è supportato scorrevolmente da mezzi di guida (17-20) cosi da risultare mobile tra le suddette prima e seconda posizione in seguito al suo scorrimento guidato da tali mezzi.
  17. 17. Apparecchiatura di lavaggio secondo la rivendicazione 15, in cui il coperchio (4) della camera di lavaggio (1) è supportato mediante incemieramento rispetto ad un asse (V) parallelo a quello (L) del mantello cilindrico (2), ed è scorrevolmente supportato da mezzi di guida (102-105), così da risultare mobile tra le suddette posizioni in seguito alla sua rotazione intorno a tale asse e/o scorrimento guidato da tali mezzi.
  18. 18. Apparecchiatura di lavaggio secondo la rivendicazione 17, in cui l’asse di incemieramento (V) del coperchio (4) e quello (L) del mantello cilindrico (2) sono verticali.
  19. 19. Apparecchiatura di lavaggio secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 15 a 18, in cui la camera di lavaggio (1) comprende almeno una guarnizione (10) di tenuta tra il coperchio (4) ed il mantello cilindrico (2), realizzata in gomma epicloridrinica.
  20. 20. Apparecchiatura di lavaggio secondo la rivendicazione 19, in cui la guarnizione (10) è alloggiata in una cava (11) formata lungo il bordo (5, 8) del mantello cilindrico (2) ed entrambe hanno sezione trasversale rastremata verso il coperchio (4).
  21. 21. Apparecchiatura di lavaggio secondo la rivendicazione 20, in cui la guarnizione è attivata con il fluido di lavaggio presente in essa.
  22. 22. Apparecchiatura di lavaggio secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 15 a 21, in cui lungo almeno una delle porzioni del bordo (7, 8) del coperchio (4) o del mantello cilindrico (2) destinate ad impegnarsi con le corrispondenti porzioni (5, 9) aventi sezione a “C”, è presente una nervatura (7a) atta ad impegnarsi in un gradino (6) dell’altra porzione così da impedire il movimento del coperchio dalla seconda alla prima posizione anzidette, quando la pressione nella camera di lavaggio è superiore ad un livello prefissato.
  23. 23. Apparecchiatura di lavaggio secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 15 a 22, in cui il fondo (3) fisso ed il coperchio (4) della camera di lavaggio (t) sono bombati.
  24. 24. Apparecchiatura di lavaggio secondo una qualsiasi delle rivendicazioni da 15 a 23, in cui i mezzi di guida del coperchio (4) comprendono un meccanismo di comando a cremagliera (17-20), regolabile così da limitare la forza di chiusura a livelli di sicurezza per un utilizzatore.
  25. 25. Compressore per l’attuazione del metodo secondo la rivendicazione 9, caratterizzato dal fatto di comprendere un pistone (40) a doppio effetto mobile a va e vieni in una carcassa (41) sotto l’azione del fluido di lavaggio in fase liquida, collegato ad almeno uno stantuffo (46) impegnato in una camera cilindrica (48, 49) munita di mezzi a valvola (50-53), nella quale è aspirato del fluido di lavaggio in fase gassosa che viene poi inviato ad una mandata del compressore a seguito del movimento alternato dello stantuffo (46) comandato dal pistone a doppio effetto. m V
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