ITMI20112435A1 - Profilassi e terapia delle malattie autoimmuni con citochine e fattori di crescita, antibatterici e anticorpi, isolati dai tessuti e dai liquidi biologici dei mammiferi - Google Patents

Profilassi e terapia delle malattie autoimmuni con citochine e fattori di crescita, antibatterici e anticorpi, isolati dai tessuti e dai liquidi biologici dei mammiferi Download PDF

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ITMI20112435A1
ITMI20112435A1 IT002435A ITMI20112435A ITMI20112435A1 IT MI20112435 A1 ITMI20112435 A1 IT MI20112435A1 IT 002435 A IT002435 A IT 002435A IT MI20112435 A ITMI20112435 A IT MI20112435A IT MI20112435 A1 ITMI20112435 A1 IT MI20112435A1
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IT
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disease
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mice
factor
induced
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Alberto Bartorelli
Maria Rosa Gobbi
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Description

“PROFILASSI E TERAPIA DELLE MALATTIE AUTOIMMUNI CON CITOCHINE E FATTORI DI CRESCITA, ANTIBATTERICI E ANTICORPI, ISOLATI DAI TESSUTI E DAI LIQUIDI BIOLOGICI DEI MAMMIFERIâ€
La presente invenzione ha per oggetto composizioni comprendenti fattori di crescita, citochine, antibatterici e anticorpi, isolati dai tessuti e dai liquidi biologici dei mammiferi in particolare da siero, placenta e colostro per la terapia orale delle malattie autoimmuni.
Stato della tecnica
La malattia autoimmunitaria (o malattia autoimmune) à ̈ un’alterazione del sistema immunitario tale da comportare lo sviluppo di risposte immuni dirette contro componenti dell’organismo (“self†) in grado di determinare un’alterazione funzionale o anatomica del distretto colpito. Il concetto di malattia autoimmune infatti non coincide con quello di reazione autoimmune dato che quest’ultimo fenomeno biologico à ̈ in realtà estremamente frequente nell’ambito delle normali funzioni di difesa assolte dal sistema immunitario; l’elemento distintivo della malattia autoimmune à ̈ piuttosto l’incapacità del sistema immunitario di spegnere i processi diretti contro il self al termine di una fisiologica risposta infiammatoria o di prevenire lo sviluppo al di fuori di essa. Il processo di attacco autoimmune contro antigeni del self può essere confinato a singoli distretti, tessuti, organi o apparati o avere ricadute dirette o indirette sull’intero organismo (malattia sistemica).
Ciascuna malattia autoimmune presenta caratteristiche patogenetiche peculiari (a partire dal tipo di reazione autoimmune prevalente e dalla sede del danno); ciò determina un’ampia variabilità di quadri clinici. Tuttavia, dato il ruolo centrale della flogosi nell’innesco e nello svolgimento delle reazioni immunitarie, à ̈ frequente il riscontro di segni obiettivi (tumor, calor, rubor, dolor, functio lesa) e biochimici (VES, PRC, consumo del complemento, anticorpi specifici) di infiammazione in atto.
1. Specifici organi: prevalentemente tiroide (p.es. tiroidite Hashimoto), stomaco (p. es. anemia perniciosa, gastrite cronica), pancreas (p. es. diabete mellito I), surreni (p.es. Morbo di Addison).
2. Non specifici a organi con reazioni immunitarie contro auto antigeni di diversi tessuti e deposito sistemico di complessi autoimmunitari:
1. articolazioni (p. es. artrite reumatoide)
2. reni (p. es. Lupus eritematoso sistemico)
3. derma (p. es. sclerodermia)
4. muscoli (p. es. dermatomiosite)
3. Forme varie come p. es.:
1. sindrome di Goodpasture
2. miastenia gravis pseudo paralitica
3. pemphigus vulgaris
4. pemphigoide bollosa
5. oftalmia simpatica
6. uveite facogene
7. anemia emolitica autoimmune
8. Morbo di Werlhof
9. cirrosi biliare primitiva
10. epatite cronica aggressiva
11. colite ulcerosa
12. Sindrome di Sjogren
13. ev sclerosi multipla
Oltre al ruolo dei fattori genetici deve essere considerato anche l’impatto di fattori ambientali (come infezioni virali o batteriche) nel provocare il passaggio da una semplice suscettibilità per la patologia in questione alla malattia conclamata.
Considerato che il sistema immunitario svolge un ruolo chiave nella patogenesi delle malattie autoimmuni si à ̈ recentemente focalizzata l’attenzione sull’individuazione di approcci immunoterapeutici che permettano di arrestare/ritardare la malattia negli individui predisposti o in quei pazienti con nuova diagnosi di malattia.
In generale, l’equilibrio tra citochine pro-infiammatorie di tipo 1, antiinfiammatorie di tipo 2 (IL-4, IL-6, IL-10, IL-13) e di tipo 3 (TGF-beta) sembra svolgere un ruolo cruciale nella patogenesi delle malattie autoimmuni. Infatti, nel caso del diabete di tipo I una prevalenza di citochine pro-infiammatorie di tipo 1 come tumor necrosis factor (TNF)-α, interferon (IFN)-γ e interleukin (IL)-1 promuove l’insulite ed il diabete, mentre una prevalenza di citochine anti-infiammatorie di tipo 2 come IL-4 e IL-10 previene la distruzione delle beta cellule pancreatiche. Il transforming growth factor (TGF)-β sopprime anche la produzione di citochine di tipo 1 e l’iperespressione del suo gene a livello delle cellule beta protegge dallo sviluppo del diabete.
È noto, mediante studi effettuati ex vivo su cellule beta isolate da isole pancreatiche, che nel diabete indotto da Streptozotocina (MLD-STZ) in topi maschi, i livelli di citochine IL-4, IL-10 e TGB-β1 risultano essere down-regolati, mentre quelli di IFN-γ e TNF-α up-regolati. Di contro, nelle isole pancreatiche di topi femmina, resistenti all’azione diabetogena di STZ, i livelli delle citochine IL-4, IL-10 e TGF-β non sono influenzate. Inoltre, nella patogenesi del diabete le specie reattive dell’ossigeno (ROS) rappresentano i mediatori ultimi della distruzione beta-cellulare.
Nelle malattie croniche infiammatorie, l’attivazione di entrambi i fattori di trascrizione nuclear factor (NF)-κB and activator protein (AP)-1 sono essenziali per l’attivazione genica delle proteine e la progressione della patogenesi. Un ruolo fondamentale dell’NF-kB nel diabete indotto da STZ à ̈ stato recentemente dimostrato dalla completa resistenza all’azione diabetogena della STZ nei topi knock-out per la subunità p50 dell’NF-kB. In seguito a tali premesse, l’inibizione farmacologica dell’attivazione dell’NF-kB potrebbe essere efficace per prevenire l’insorgenza del diabete.
Nella patogenesi delle malattie autoimmuni sono implicate forme infettive acute e croniche anche a livello gastrointestinale che possono contribuire a scatenare la patologia autoimmune stessa.
Descrizione dell’invenzione
Secondo la corrente letteratura scientifica, l’azione terapeutica delle cellule staminali può essere riconducibile a due meccanismi: differenziazione delle cellule staminali in cellule residenti e rilascio di fattori trofici rigenerativi da parte delle cellule staminali. I rispettivi contributi di questi due meccanismi rimangono da chiarire, anche se à ̈ stato ipotizzato che non siano le cellule staminali a trasformarsi in cellule mature del tessuto leso, ma che esse trasmettano dei fattori vitali a questo tessuto, che può così tornare a proliferare e a differenziarsi, rigenerandosi (Figura A.I. Caplan and J.E. Denni. Mesenchymal Stem Cells as Trophic Mediators. J. Cell Bioch 98:1076-1084; 2006).
La terapia con cellule staminali presenta molti problemi legati non solo ai costi e a complicazioni tecniche ed applicative, ma anche a scrupoli etici e religiosi.
La terapia con cellule staminali à ̈ attuabile solo per via iniettiva o, in alcuni casi, topica, e non per via orale. Il sovranatante delle cellule staminali in coltura contiene fattori di crescita, citochine, fattori chemiotattici ecc. che si ritiene siano responsabili dell’effetto benefico della terapia staminale sulla crescita e/o riparazione dei tessuti.
L’eventuale utilizzo dei fattori vitali isolabili dal sovranatante delle cellule staminali presenta, tuttavia, non solo gli stessi problemi etici dell’uso delle cellule staminali stesse ma anche costi molto elevati.
Si à ̈ sorprendentemente scoperto che nei liquidi biologici e in alcuni tessuti dei mammiferi sono presenti gli stessi fattori attivi rilasciati dalle cellule staminali e pertanto presenti nel sovranatante delle colture delle cellule staminali stesse. Le migliori sorgenti di questi fattori sono il siero, la placenta e il colostro dei mammiferi.
La Tabella 1 riporta il confronto qualiquantitativo fra i fattori presenti nel sovranatante delle colture di cellule staminali e i fattori isolati da queste nuove sorgenti da noi denominati POOL OF MATERNAL FACTORS
(P.M.F.).
Tabella 1
P.M.F. Mesenchymal NAME (pg/ml ) stem cells (pg/ml) IL-1 r a IL-1 receptor antagonisr 29.05 0.0
IL-1b Interleukin- 1b 0.09 0.0
IL-2 Interleukin-2 32.05 0.0
IL-4 Interleukin-4 0.17 21.12
IL-6 Interleukin-6 1.26 293,01 IL-8 Interleukm-8 0.71 359.56
IL-9 Interleukin-9 3.66 0.78
IL- 10 Interleukin- 10 2.83 0.99
IL- 12 Interleukin-12 1.73 0.0
IL- 15 Interleukin- 15 4.33 0.5
IL-1 7 Interleukin- 17 21.95 0.32 Eotaxin Eotaxin 5.01 0.0
INF-γ Gamma -interferon 5.97 11.14 MCP-1 Monocyte factor-1 4.12 11.23
PDGF Platelet derived growth factor 11.55 3.08
Tumor necrosis factor 40.00 12.30 Vascular endothelial growth 41.00 208.04 VEGF factor
HGF Hepatocyte growth factor 52.3 100.74 FGF Fìbroblast growth factor 180.15 18.21
TGF- 64.00 51.32
beta1 transforming growth factor
IGF-1 insulin-like growth factor 1.60 0.0
GM- Granulocyte/monocyte-colony 183.S5 0.0 CSF stimulating factor
LIF leukemia inhibitory factor 15.20 27.32 SCF stem cell factor 10.55 4.54 SDF-1 stromal derived factor-1 41.75 28.8 NGF Nerve growth factor 8.33 0.0 BMP-2 Bone morphogenic protein 25.01 2.65
RNA 189 ng/ml 48 pg/ml
Presenza di fattori di crescita/citochine in P.M.F. (pg/ml) e nel surnatante di Cellule Staminali Mesenchimali ( 1 milione di cellule).
È evidente (tabella 1) la maggior concentrazione di quasi tutti i fattori
presenti nel P.M.F. rispetto a quella presente nel sovranatante delle cellule staminali.
È inoltre evidente la possibilità di utilizzare concentrazioni terapeutiche anche molto alte di P.M.F., ad esempio dosi da 0,5/1 g per via topica o iniettiva e dosi fino a 20/30 g per via orale, rispetto alle massime concentrazioni terapeutiche utilizzate di cellule staminali che corrispondono a 1/2 milioni/Kg e pertanto a un massimo di 140 milioni per terapia e, dunque, a valori di fattori sempre dell’ordine dei picogrammi.
L’oggetto dell’invenzione à ̈ quindi una composizione (P.M.F.) contenente in altissima concentrazione tutti i fattori attivi presenti nel sovranatante delle cellule staminali ma isolati, con semplici metodiche estrattive, da fonti naturali molto economiche, di facile reperibilità e senza problemi etici.
Inoltre P.M.F., isolato dai liquidi biologici e dai tessuti di mammiferi, contiene anche fattori antibatterici (transferrina, lisozima, lactoperossidasi, lactoferrina) e anticorpi delle classi IgG e IgA. (P.M.F. Ab).
L’assenza di anticorpi e di antibatterici del sovranatante delle cellule staminali à ̈ un’ulteriore ragione per l’utilizzo di P.M.F. Ab in molti usi terapeutici, topici e per via orale.
Il siero presenta il massimo picco dei fattori negli ultimi giorni prima del parto, il colostro nelle prime ore dopo il parto e non oltre la 6° ora. Già dopo 12 ore dal parto i fattori diminuiscono notevolmente, a 24 h molti di loro non sono più dosabili.
Questi fattori sono geneticamente molto conservati nelle varie specie e pertanto à ̈ possibile usare sull’uomo fattori isolati da altre specie di mammiferi come bovini, equini, cammelli, mammiferi marini ecc.
I fattori sono controllati con metodiche ELISA specifiche per la specie, anche se la cross reazione interspecie à ̈ altissima in quanto i fattori sono filogeneticamente molto conservati e, pertanto, solo qualitativamente sono misurabili anche con ELISA utilizzati per specie diverse (es: uomo-bovino e viceversa).
Una prima fonte dei fattori dell’invenzione à ̈ il siero di mammiferi che, negli ultimi giorni (5-15) prima del parto, à ̈ molto ricco dei fattori attivi oggetto dell’invenzione rispetto a mammiferi non gravidi o ai primi mesi di gravidanza. Si descrive di seguito, a titolo di esempio, una metodica di estrazione da siero.
Si preleva 1 litro di sangue in 4 giorni per 4 prelievi complessivi per non danneggiare l’animale, preferibilmente bovino o equino. Il sangue viene sierato a temperatura ambiente per 24 h e quindi centrifugato per spremere il coagulo. Si recupera il siero (circa il 30/40% del volume totale) a cui si aggiungono, come agenti antisettici, fenossietanolo al 2,5% e diazolidinil-urea all’1%. Il siero così trattato viene quindi frazionato con i seguenti passaggi.
Ultrafiltrazione 300’000 Da
Il campione di siero (congelato a -20°C) ottenuto per coagulazione e centrifugazione da sangue di mammifero viene scongelato a temperatura ambiente e diluito con 2 volumi di acqua demineralizzata. La soluzione ottenuta viene ultrafiltrata su membrana piana a flusso tangenziale Millipore Pellicon Biomax in polyethersulfone da 300’000 Da ad una Pi di 0,5 ÷1 bar, in camera fredda a 4°C.
Il retentato e una frazione corrispondente a circa 1:10 del permeato vengono trasferiti in un tubi da dialisi Spectrum Spectrapor in cellulosa rigenerata da 1’000 Da e dializzati contro acqua demineralizzata.
Ultrafiltrazione 5’000 Da
Il restante permeato viene ultrafiltrato su membrana da 5000 Da. Il permeato dell’ultrafiltrazione da 300’000 Da viene concentrato su membrana piana a flusso tangenziale Millipore Pellicon Biomax in polyethersulfone da 5000 ad una Pi di 0,5÷1 bar, in camera fredda a 4°C.
Il retentato viene trasferito in un tubo da dialisi Spectrum Spectrapor in cellulosa rigenerata da 1’000 Da e dializzato contro acqua demineralizzata (con questa dialisi si eliminano anche i conservanti). Il composto à ̈ quindi immediatamente liofilizzato.
Una seconda fonte dei fattori dell’invenzione à ̈ la placenta. Si descrive di seguito, a titolo di esempio, una metodica di estrazione.
Vengono utilizzate preferibilmente placente bovine o equine.
Omogeneizzazione
La placenta (congelata a -20°C) viene scongelata a temperatura ambiente, tagliata in piccoli pezzi, lavata con abbondante soluzione fisiologica (NaCl 0,9%) fredda (4°C) e omogeneizzata tramite cutter Siramm in un buffer di lisi così composto: Tris/HCl 50 mM, EDTA 25mM, triton X-100 0,001% a pH 7,4. Alla sospensione ottenuta viene aggiunto NaCl fino ad una concentrazione dello 0,9%, e i conservanti (fenossietanolo al 2,5% e diazolidinil-urea all’1%). La sospensione viene posta sotto agitazione (agitatore magnetico) per 2 ore e mantenuta statica overnight in camera fredda a 4°C.
Centrifugazione
La sospensione viene centrifugata a 13’000 rpm con centrifuga Sorvall RC6 e rotore SLA 15000 per 45 minuti a 4°C. Il surnatante della centrifugazione viene recuperato, prefiltrato sotto vuoto su Dicalite e su filtri in cellulosa rigenerata da 0,45 µm e 0,22 µm.
Ultrafiltrazione 300’000 Da
Il prodotto filtrato viene ultrafiltrato su membrana piana a flusso tangenziale Millipore Pellicon Biomax in polyethersulfone da 300’000 Da ad una Pi di 0,5÷1 bar, in camera fredda a 4°C.
Ultrafiltrazione 5’000 Da
Il permeato dell’ultrafiltrazione da 300’000 Da viene concentrato su membrana piana a flusso tangenziale Millipore Pellicon Biomax in polyethersulfone da 5’000 ad una Pi di 0,5 ÷1 bar, in camera fredda a 4°C.
Il retentato viene trasferito in un tubo da dialisi Spectrum Spectrapor in cellulosa rigenerata da 1’000 Da e dializzato contro acqua demineralizzata (si eliminano pertanto anche i conservanti) e quindi immediatamente liofilizzato.
Una ulteriore fonte dei fattori dell’invenzione à ̈ il colostro. Si usa preferibilmente colostro bovino per la facilità di approvvigionamento e le quantità disponibili. E’ particolarmente preferito il colostro da mucche di razza Holstein (Frisona) e Guernsey.E’ stato provato che tali mucche producono colostro con la maggior concentrazione di fattori attivi. Le mucche sono preferibilmente al secondo o terzo parto. Il colostro à ̈ preferibilmente raccolto fra la 1° e la 6° ora dal parto in quanto, in questo periodo, si assiste alla maggior concentrazione di attivi. Nel colostro a partire dalla sesta ora dal parto i fattori attivi diminuiscono rapidamente (dopo 24 ore ne sono presenti solo il 15%).
Il colostro raccolto à ̈ sottoposto a test per tubercolosi, citotossicità su culture cellulari, controllo di micoplasmi, prioni e di virus umani e bovini.
Il colostro nella cisterna mammaria à ̈ praticamente sterile, ma una volta munto, nonostante ogni precauzione, per l’alta concentrazione di fattori di crescita, la sua carica batterica sale molto rapidamente durante la gelatura e la sgelatura, processi piuttosto lenti data l’alta densità del colostro nelle prime ore.
L’utilizzo di raggi γ permette di ottenere un colostro sterile solo se si utilizzano radiazioni superiori a 10 Kgy che tuttavia distruggono gran parte dei fattori attivi, e d’altronde questo metodo non impedisce la formazione di pirogeni il cui utilizzo à ̈ sconsigliabile per via orale o topica e proibito per via parenterale.
È stata pertanto messa a punto una filiera di raccolta innovativa, per ottenere un composto anallergico sterile, senza conservanti e senza pirogeni.
Al colostro raccolto in taniche sterili (sterilizzate a vuoto a 25 Kgy) si aggiungono agenti antisettici in quantità tali da garantire la sterilità e l’assenza di pirogeni. Si impiegano preferibilmente fenossietanolo alla concentrazione del 2,5% e diazolidinil-urea a una concentrazione dell’1%.
Il colostro così trattato può, per brevi periodi (max 30 gg) non essere conservato congelato prima dei processi di estrazione dei fattori attivi, con evidente risparmio dei costi industriali.
I fattori possono essere estratti con i seguenti passaggi:
Centrifugazione
Il colostro bovino viene diluito 1:10 con acqua demineralizzata, si aggiunge NaCl fino ad ottenere una concentrazione dello 0,9%.
La sospensione viene centrifugata in continuo a 8’000 rpm a temperatura di 20-25°C con una centrifuga Alfa Laval scartando il pellet corrispondente alla parte lipidica.
Ultrafiltrazione ceramica da 300’000 Da
Il prodotto ottenuto dalla centrifugazione viene ultrafiltrato su membrana ceramica con cut-off 300’000 Da ad una temperatura di 20-25°C recuperando il permeato.
Ultrafiltrazione su 5000 Da
Il permeato dell’ultrafiltrazione 300’000 Da viene concentrato su membrana a spirale avvolta da 5’000 Da in polyethersulfone ad una temperatura di 20-25°C e dializzato contro acqua demineralizzata fino ad una conducibilità del retentato di circa 600 µs/cm<2>(con questa dialisi si eliminano anche i conservanti).
Liofilizzazione:
Il retentato dell’ultrafiltrazione da 5’000 Da viene filtrato sotto vuoto su filtri Millipore in cellulosa rigenerata da 0,2 µm, congelato a -20°C e liofilizzato.
I prodotti, denominati P.M.F. Ab, presentano sostanzialmente la stessa composizione in fattori attivi indipendentemente dalla fonte (siero, placenta o colostro).
Per i previsti impieghi terapeutici, P.M.F. Ab potrà essere opportunamente formulata in adatte forme di somministrazione orale, endovenosa o topica. Esempi di formulazioni adatte sono capsule, compresse, polveri, fiale sterili, gel o pomate. Il dosaggio per via orale à ̈ tipicamente compreso fra 20 e 40 g/die, mentre quello endovenoso fra 1 e 20 g/die. Il trattamento può essere prolungato per diversi mesi, fino a tre- cinque mesi o più.
L’invenzione à ̈ descritta in maggior dettaglio nella seguente parte sperimentale, data a titolo di esempio, in cui sono stati valutati gli effetti della somministrazione orale profilattica di P.M.F. Ab su diversi modelli di malattie autoimmunitarie quali l’encefalomielite allergica sperimentale (EAE), il diabete di tipo 1, la colite ulcerosa indotta da TNBS, l’epatite indotta da ConA e l’artrite da adiuvante e artrite indotta da collagene.
Esempio 1 - Encefalomielite Allergica Sperimentale
L’encefalomielite allergica sperimentale (Experimental Allergic Encephalomielitis, EAE) à ̈ una malattia immunoinfiammatoria e demielinizzante del sistema nervoso centrale (SNC) ampiamente usata come modello preclinico di sclerosi multipla (SM). L’EAE nel topo offre un prezioso strumento che può essere utilizzato sia per una migliore comprensione dei meccanismi immunopatogenetici coinvolti nella demielinizzazione sia per lo screening in vivo di nuovi composti immunomodulanti che possano eventualmente essere considerati in ambito clinico per la cura dei pazienti con SM. Attualmente la sclerosi multipla nell’uomo à ̈ trattata con composti immunomodulatori/immunosoppressori come gli steroidi, interferone (IFN)-beta, copolimero, ciclofosfamide (CY), mitoxantrone, natalizumab e più recentemente, fingolimod.
Materiali e Metodi
Animali
Topi SJL femmine di 6-7 settimane di età sono stati mantenuti in condizioni di laboratorio standard (libero da germi e patogeni specifici) con libero accesso a cibo ed acqua e sono stati lasciati ad adattarsi per una settimana all’ambiente prima di iniziare lo studio.
Induzione dell’EAE e valutazione clinica
L’EAE à ̈ stata indotta come descritto da J. St. Louis et al. I topi sono stati immunizzati con 75 µg di proteina proteolipidica PLP (139-151) sintetizzata da Genemed synthesis (San Francisco CA), emulsionata in CFA contenente 0,6 mg/ml di Mycobacterium tuberculosis H37RA (Difco, Detroit, MI, USA) in modo da ottenere una emulsione 1:1. Ciascun topo ha ricevuto 200 µl dell’emulsione per via sottocutanea distribuita nei quattro siti in prossimità dei linfonodi ascellari ed inguinali. La tossina pertossica (Calbiochem, Nottingham, UK) utilizzata come co-adiuvante, à ̈ stata dissolta in acqua alla concentrazione di 2 µg/ml ed à ̈ stata somministrata per via intraperitoneale in un volume di 100 µl a giorno 0 e giorno 2 dopo l’immunizzazione. I topi sono stati osservati giornalmente, pesati e valutati per i segni clinici di EAE fino alla fine del trattamento. La valutazione clinica à ̈ stata effettuata da un osservatore ignaro del trattamento secondo il seguente punteggio: 0 = nessun segno di malattia, 1 = coda flaccida, 2 = paraparesi moderata, 3 = paraparesi severa, 4 = stato moribondo, 5 = morte.
Schema sperimentale
Due gruppi di 6-10 topi ciascuno sono stati trattati per via orale a partire da giorno 0 rispettivamente con P.M.F. Ab alla dose di 0,1 g / topo ed il suo veicolo (acqua).
P.M.F. Ab à ̈ stato dissolto in acqua sotto agitazione alla concentrazione di 0,1 mg/ml ed à ̈ stato somministrato ai topi in un volume finale di 0,25 ml.
Principali readouts
I principali readouts per questo studio sono clinici ed includono valutazione clinica dell’EAE, punteggio medio cumulativo, esordio e durata della malattia e variazione di peso corporeo attraverso il periodo di studio.
Analisi statistica
L’analisi statistica à ̈ stata effettuata mediante il t-student test. Un valore di p<0.05 à ̈ stato considerato statisticamente significativo.
Risultati
Tossicità
La dose utilizzata di 0,1 g/topo à ̈ stata ben tollerata dai topi come giudicato dal comportamento clinico, dal loro stato fisico e dal guadagno di peso corporeo.
Effetti di P.M.F. Ab sullo sviluppo dell’EAE
Dopo 42 giorni di trattamento con P.M.F. Ab, la malattia si à ̈ sviluppata in solo 2 topi su 6 (33,3%) in confronto a 9 topi su 10 nel gruppo di topi trattati con il veicolo (90%) (Tabella 2, Figura 2). Inoltre, i topi trattati con P.M.F. Ab hanno sviluppato un decorso della malattia più lieve con un punteggio cumulativo medio ed una durata della malattia minore rispetto ad i topi trattati con il veicolo (Tabella 2).
Tabella 2
Effetti del trattamento profilattico con P.M.F. Ab sui parametri clinici nella EAE indotta in topi SJL dal PLP.
Esempio 2 - Diabete mellito di tipo 1 (DM tipo 1)
Il diabete mellito di tipo 1 (DM tipo 1) à ̈ un sindrome multifattoriale causata dalla mancata produzione di insulina endogena, a seguito di una reazione immunomediata dei macrofagi e linfociti T autoreattivi contro le cellule beta pancreatiche di Langerhans. Sebbene attualmente la mortalità associata ad eventi acuti come il coma chetoacidosico risulta essere rara, questa patologia comporta delle complicanze tardive che interessano principalmente, ma non esclusivamente, i reni, l’organo della vista, il sistema nervoso periferico e il sistema vascolare. Queste complicanze croniche rendono il Diabete di tipo I una malattia di notevole impatto socio-economico che ci inducono ad approfondirne la patogenesi mediante diversi studi con lo scopo di individuare nuove strategie terapeutiche per la prevenzione e la cura.
Materiali e Metodi
Animali
Topi maschi C57Bl6J tra 7 e 8 settimane di età sono stati mantenuti in condizioni di laboratorio standard, con libero accesso a cibo ed acqua e sono stati lasciati una settimana per adattarsi all’ambiente prima di iniziare lo studio.
Induzione del diabete immunoinfiammatorio
Per indurre il diabete, ai topi sono stati somministrati i.p. 40 mg/kg di streptozotocina per 5 giorni consecutivi. La diagnosi del diabete viene effettuata mediante la valutazione degli esami clinici (iperglicemia) ed istologici (insulite). Il diabete nella maggior parte degli animali si sviluppa entro 2 settimane dal trattamento con streptozotocina.
Schema sperimentale
Due gruppi di 7-8 topi sono stati trattati per via orale dal giorno 0 fino al giorno 21 sei volte la settimana con P.M.F. Ab ad una dose di 0,2 g/mouse o con veicolo. P.M.F. Ab à ̈ stato dissolto in acqua sotto agitazione alla concentrazione di 0,4 mg/ml ed à ̈ stato somministrato ai topi per os in un volume finale di 0,5 ml.
Diagnosi del diabete
A partire dalla prima iniezione di streptozotocina, i topi sono stati monitorati per lo sviluppo di diabete una volta alla settimana dosando i livelli di glucosio nel sangue prelevato dalla vena caudale dopo 2 ore di digiuno. Il diabete viene diagnosticato quando i livelli di glucosio nel sangue sono pari o superiori a 11,8 mmol/L.
Analisi statistica
L’analisi statistica à ̈ stata effettuata mediante t-test per valori parametrici. Un valore di P <0,05 à ̈ stato considerato statisticamente significativo.
Risultati
Come previsto, i topi appartenenti al gruppo di controllo trattati con il veicolo hanno sviluppato iperglicemia 2 settimane dopo l’ultima iniezione con STZ raggiungendo il 100% di incidenza entro 3 settimane (Figura 3-4). Di contro, il trattamento profilattico con P.M.F. Ab ha completamente protetto i topi dalla iperglicemia indotta dalla STZ (Fig. 3-4). Il trattamento con P.M.F. Ab per 21 giorni alla dose di 0,2 g/topo à ̈ stato ben tollerato durante tutto il periodo di studio come giudicato dal comportamento clinico, dal loro stato fisico e dal guadagno di peso corporeo.
Esempio 3 - Colite ulcerosa indotta da TNBS
Per lo studio dei possibili effetti della P.M.F. Ab su questa patologia autoimmune organo-specifica à ̈ stato impiegato il modello sperimentale di malattia infiammatoria intestinale indotta da Trinitrobenzene Solfato (TNBS) in topi Balb/C.
In questo modello una singola somministrazione intracolica di TNBS à ̈ responsabile della comparsa, entro 4 giorni, di una condizione patologica con caratteristiche cliniche e immunoistologiche del tutto simili a quelle presenti nelle malattie infiammatorie intestinali umane, come la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa. Queste includono esteso danno colico con zone iperemiche, edematose e ulcerate oltre che un aumento del peso del colon, che dal punto di vista microscopico sono caratterizzate dalla presenza di necrosi, infiammazione e fibrosi. Come nella controparte umana, sembra che il meccanismo patogenetico principale sia un’attivazione delle cellule T e dei macrofagi accompagnata da una eccessiva produzione di citochine proinfiammatorie di tipo 1 come Tumor Necrosis Factor. La valutazione degli effetti di P.M.F. Ab Autoimmune Disease à ̈ stata attuata testando la molecola e osservando le variazioni dei segni istologici macroscopici del danno colico.
Materiali e metodi
A tale scopo sono stati utilizzati 20 topi Balb/C maschi, di peso compreso tra 20-25 g.
Gli animali, prima dell’inizio dell’esperimento, sono stati sottoposti ad un periodo di adattamento di una settimana alle condizioni di stabulazione; essi sono stati mantenuti in condizioni standard di laboratorio, con libero accesso a cibo ed acqua ed in condizioni di temperatura ed umidità controllate.
La colite à ̈ stata indotta a giorno 0, previa leggera anestesia, attraverso una singola somministrazione per via intracolica (i.c.) di 0,1 mL di etanolo al 50% contenente 4 mg di TNBS (Sigma Aldrich, Milano, Italia) per mezzo di un catetere dal diametro esterno di 0,3 mm posto a circa 7 cm prossimamente all’ano. Dopo la somministrazione di TNBS, sono stati insufflati 0,2 ml di aria e il catetere à ̈ stato rimosso. Gli animali sono stati quindi mantenuti per 30 secondi circa in posizione di Trendelemburg.
Gli animali sono stati distribuiti in due gruppi da 10 animali ciascuno e trattati per os rispettivamente con P.M.F. Ab alla dose di 0,2 g/topo e con il corrispondente veicolo (acqua), giornalmente per quattro giorni consecutivi a partire dal giorno dell’induzione (giorni 0, 1, 2 e 3).
Gli animali sono stati sacrificati al quarto giorno dopo l’induzione (giorno 4) per mezzo di inalazione di CO2ed à ̈ stato prelevato un segmento di colon corrispondente agli ultimi 7 cm distali. Il colon à ̈ stato svuotato del materiale enterico eventualmente presente nel lume, inciso longitudinalmente ed aperto per la valutazione dell’Area di Danno della Mucosa (ADM), corrispondente all’area di necrosi macroscopicamente visibile mediante l’utilizzo di un calibro, e la valutazione dello Score di Danno Macroscopico (SDM) secondo i seguenti criteri: 0 = nessun danno; 1 = iperemia localizzata e/o edema; 2 = ulcera lineare < della metà della larghezza del colon; 3 = ulcera lineare > della metà della larghezza del colon; 4 = ulcera circolare < 1 cm; 5 = ulcera circolare tra 1 e 2 cm; 6 =ulcera circolare > 2 cm.
Inoltre à ̈ stato rilevato il peso corporeo degli animali giornalmente a partire dall’induzione fino al giorno del sacrificio.
Risultati
Durante il periodo di studio, à ̈ stata rilevata il 15% di mortalità.
Come atteso, nel gruppo di controllo à ̈ stata riscontrata una riduzione significativa del peso corporeo tra il giorno 0 ed il giorno del sacrificio (-18%), un aumento del peso del colon (0,47 ± 0,16 g) ed un evidente danno nella mucosa del colon (ADM media 68 ± 57 mm<2>: (Tabella 3, Figure 5-6).
Il trattamento con P.M.F. Ab Autoimmune Disease alla dose di 0,1 g/topo ha mostrato una riduzione significativa dell’area di necrosi ed un trend positivo verso la riduzione del peso del colon (Figure 5-6).
Tabella 3
Effetti del trattamento profilattico con P.M.F. Ab sui parametri clinici nella colite indotta in topi Balb/C da TNBS.
Esempio 4 - Epatite Autoimmune
Per lo studio dei possibili effetti di P.M.F. Ab su questa patologia autoimmune organo-specifica à ̈ stato impiegato il modello sperimentale di epatite indotta da Con A in topi NMRI.
In questo modello la sola iniezione di Con A à ̈ sufficiente per sviluppare lesioni epatiche immuno mediate. Infatti, entro 8-24h dalla somministrazione della Con A il quadro patologico à ̈ caratterizzato da segni sia clinici che istologici di epatite con innalzamento dell’attività transaminasica nel plasma, infiltrazione flogistica intralobulare con accumulo massivo di granulociti, alterazioni necrotiche delle cellule epatiche. L’epatite indotta da Con A à ̈ sia dipendente dalle cellule T CD4+ che dai macrofagi. È stato condotto un esperimento per la valutazione dei possibili effetti benefici di P.M.F. Ab sull’insorgenza e il decorso di questa malattia.
Materiali e metodi
A tale scopo sono stati utilizzati 20 topi albini maschi NMRI, di età compresa tra 6 e 7 settimane.
Gli animali, prima dell’inizio dell’esperimento, sono stati sottoposti ad un periodo di adattamento di una settimana alle condizioni di stabulazione; essi sono stati mantenuti in condizioni standard di laboratorio, con libero accesso a cibo e acqua ed in condizioni di temperatura ed umidità controllate. Il cibo à ̈ stato allontanato 16h prima dell’inizio degli esperimenti.
L’epatite à ̈ stata indotta, previa anestesia, inoculando per via endovenosa attraverso la vena della coda 20 mg/kg di Con A (Sigma Chemical, St. Louis, MO), disciolta in PBS Sterile.
Gli animali sono stati distribuiti in due gruppi da 10 animali ciascuno e trattati per os rispettivamente con P.M.F. Ab alle dosi di 0,2 g/topo e con il corrispondente veicolo (Acqua) 24 h prima e 1h prima dell’inoculazione della Con A.
Gli animali sono stati sacrificati 8h dopo l’iniezione con la Con A (poiché à ̈ stato dimostrato in esperimenti precedenti che à ̈ questo il tempo necessario per evidenziare lesioni epatiche dopo l’inoculo della Con A) per raccogliere campioni di sangue venoso periferico.
L’attività della glutammato-piruvato transaminasi (GPT) nel plasma à ̈ stata determinata da uno standard fotometrico saggiato usando un analizzatore bicromatico.
Risultati
Dopo il sacrificio e in accordo con studi precedenti, si sono riscontrati segni acuti di danni epatici in tutti i topi del gruppo di controllo inoculati con Con A e trattati con acqua. Questi animali presentavano, infatti, aumenti marcati di GPT nel plasma, raggiungendo un valore medio di 1556 ± 869 U/l (Tabella 4).
Tabella 4: Tabella riassuntiva dati esperimento Epatite indotta da Con A in topi NMRI, trattamento con P.M.F. Ab
Il trattamento con P.M.F. Ab alla dose di 0,2 g/topo ha ridotto significativamente i livelli di GPT nel plasma (p<0,01 tramite t test di Student). (Figura 7).
Esempio 5 - Artrite indotta da adiuvante in ratti Lewis (AIA) La malattia può essere indotta sia in ratti inbred (Lewis) che outbred (Sprague Dawley) con una singola inoculazione sottocutanea di micobatteri uccisi sospesi nell’adiuvante incompleto di Freund; l’alterazione macroscopica delle articolazioni tende a diventare clinicamente evidente nell’arco di circa 14 giorni dopo l’induzione. Solitamente la gravità di malattia aumenta nelle prime due settimane per diminuire poi gradualmente nel corso delle 1-3 settimane successive. Rigonfiamento articolare e deformità possono persistere anche per un lungo periodo di tempo, particolarmente alla caviglia.
Questo modello di malattia condivide caratteristiche significative con l’artrite reumatoide umana: infatti l’AIA à ̈ una malattia infiammatoria immunologicamente mediata da cellule T e macrofagi.
Gli effetti di P.M.F. Ab sono stati valutati testando la molecola alla dose di 0,2 g/topo nell’ambito del modello sperimentale in esame; gli animali sono stati osservati a giorni alterni per la valutazione dei parametri clinici significativi di malattia.
Materiali e metodi
A tale scopo sono stati utilizzati 28 ratti Lewis maschi, di età compresa tra 8 e 12 settimane e peso tra 170 g e 215 g. Gli animali, prima dell’inizio dell’esperimento, sono stati sottoposti ad un periodo di adattamento di una settimana alle condizioni di stabulazione; essi sono stati, previa randomizzazione, distribuiti nelle gabbie e mantenuti in condizioni standard di laboratorio, con libero accesso a cibo e acqua ed in condizioni di temperatura ed umidità controllate.
La malattia à ̈ stata indotta con una singola iniezione intradermica alla base della coda di un’emulsione, del volume totale di 200 µl, contenente 1 mg di Mycobacterium tuberculosis ceppo H37Ra (Difco, Detroit, MI) ucciso al calore e l’adiuvante incompleto di Freund (Sigma, Milano, Italia).
Gli animali sono stati distribuiti in 3 gruppi da 8-10 animali ciascuno e trattati rispettivamente per os con P.M.F. Ab alla dose di 0,2 g/topo e con il rispettivo veicolo (acqua) e, per via intraperitoneale, con dexametasone alla dose di 1 mg/Kg per 30 giorni consecutivi a partire dal giorno dell’immunizzazione (regime profilattico).
Gli animali sono stati controllati a giorni alterni da un osservatore ignaro del trattamento, registrandone il peso e valutandone i parametri clinici di malattia secondo i seguenti criteri:
0 = nessun segno clinicamente evidente di artrite
1 = gonfiore e/o rossore di una zampa o di un dito
2 = coinvolgimento di due articolazioni
3 = coinvolgimento di più di due articolazioni
4 = artrite severa dell’intera zampa e delle dita
L’indice clinico di artrite per ogni animale à ̈ stato calcolato sommando i 4 punteggi di ogni zampa.
La gravità clinica à ̈ stata inoltre determinata quantificando settimanalmente la variazione del volume della zampa mediante pletismometria (modello 7140; Ugo Basile).
Risultati
Il gruppo di controllo ha sviluppato segni clinici artrite-associati entro giorno 15 dall’induzione, mostrando un incremento graduale sia nello score artritico, sia nel volume della zampa raggiungendo un valore massimo a giorno 20 post induzione (Figure 8-9) Inoltre non à ̈ stata osservata alcuna mortalità.
Il trattamento con P.M.F. Ab alla dose di 0,2 g/topo ha mostrato la capacità di ridurre in maniera significativa il punteggio clinico di malattia ed il volume della zampa a partire dal giorno 14 post-induzione fino alla fine dell’esperimento. Come atteso il trattamento con Desametasone, assunto come controllo positivo, ha completamente protetto dallo sviluppo della malattia (Figure 10-11). Non à ̈ stata osservata alcuna differenza significativa nella variazione di peso corporeo tra i gruppi trattati ed il gruppo di controllo rispetto al giorno dell’induzione (Dati non mostrati).
Esempio 6 - Artrite indotta da collagene di tipo II in topi DBA/1j (CIA)
La malattia può essere indotta sia in topi che in ratti mediante inoculazione intradermica di collagene di tipo II omologo o eterologo emulsionato in adiuvante completo di Freund.
Un vantaggio di questo modello di artrite rispetto ad altri modelli di artrite come AIA Ã ̈ lo sviluppo di una risposta artritogenica verso un antigene ben definito (Collagene di tipo II) che permette inoltre di studiare i fenomeni immunologici antigene-indotti e le loro selettive modificazioni indotte da interventi farmacologici.
Gli effetti di P.M.F. Ab sono stati valutati testando il composto alla dose di 0,2 g/topo nell’ambito del modello sperimentale in esame. Gli animali sono stati osservati a giorni alterni per la valutazione dei parametri clinici significativi di malattia.
Materiali e metodi
A tal scopo sono stati utilizzati 40 topi DBA/j1 maschi, di età compresa tra 8 e 9 settimane.
Gli animali, prima dell’inizio dell’esperimento, sono stati sottoposti ad un periodo di adattamento di una settimana alle condizioni di stabulazione; essi sono stati, previa randomizzazione, distribuiti nelle gabbie e mantenuti in condizioni standard di laboratorio, con libero accesso a cibo e acqua ed in condizioni di temperatura ed umidità controllate.
La malattia à ̈ stata indotta mediante inoculazione intradermica (i.d.) alla base della coda di un’emulsione del volume di 100 µl contenente 100 µg di Collagene di tipo II bovino (Chondrex, Inc., Redmond, WA) emulsificato in adiuvante completo di Freund (CFA) (Sigma, Milano, Italia). Al giorno 21 post-immunizzazione, gli animali hanno ricevuto un secondo booster mediante iniezione intradermica di 100 µg di Collagene di tipo II in un volume totale di 100 µl in adiuvante incompleto di Freund.
Gli animali sono stati distribuiti in quattro gruppi da 10 animali ciascuno e sono stati trattati rispettivamente per os con P.M.F. Ab alla dose di 0,2 g/topo, con il corrispettivo veicolo (PBS sterile) e con Desametasone alla dose di 0,3 mg/kg, giornalmente a partire dal giorno dell’induzione della malattia fino al giorno 30 post-induzione (regime profilattico), à ̈ stato inoltre aggiunto un gruppo di 10 topi sani (Sham). Gli animali sono stati controllati a giorni alterni da un osservatore ignaro del trattamento, registrandone il peso e valutandone i parametri clinici di malattia secondo i seguenti criteri:
0 = nessun segno clinicamente evidente di artrite
1 = gonfiore e/o rossore di una zampa o di un dito
2 = coinvolgimento di due articolazioni
3 = coinvolgimento di più di due articolazioni
4 = artrite severa dell’intera zampa e delle dita
L’indice clinico di artrite per ogni animale à ̈ stato calcolato sommando i 4 punteggi di ogni zampa. La gravità della malattia à ̈ stata inoltre determinata quantificando a giorni alterni la variazione dello spessore della zampa mediante un calibro digitale.
Risultati
Gli animali appartenenti al gruppo di controllo hanno sviluppato segni clinici artrite-associati entro 29 giorni dall’induzione, mostrando un incremento graduale sia dello score clinico di malattia che dello spessore delle zampe, raggiungendo un valore massimo a giorno 40 (Figure 10-11). Nessuna differenza à ̈ stata evidenziata tra l’incremento di peso corporeo nel gruppo di topi trattato con P.M.F. Ab ed il gruppo di controllo trattato con il veicolo (dati non mostrati). Inoltre non à ̈ stata riscontrata alcuna mortalità.
Il trattamento profilattico con P.M.F. Ab alla dose di 0,2 g/topo ha mostrato la capacità di ridurre in maniera significativa il punteggio clinico di malattia (p<0,05 vs veicolo con t-test) da giorno 30 a giorno 33 post-induzione ed un trend positivo da giorno 34 fino alla fine dello studio. È stata inoltre osservata ed una riduzione significativa dell’edema della zampa nei giorni 30, 40 e 43 post induzione. Il trattamento con Desametasone alla dose di 0,3 mg/kg, assunto come controllo positivo, ha completamente protetto dallo sviluppo della malattia (Figure 10-11).
Nessuna variazione significativa à ̈ stata riscontrata tra i gruppi in esame rispetto al gruppo di controllo dall’analisi delle modificazioni percentuali del peso corporeo rispetto al giorno dell’induzione (Dati non mostrati).
Conclusioni
Questi dati indicano che il trattamento profilattico con P.M.F. Ab esercita effetti benefici sullo sviluppo della malattia indotta in topi SJL da PLP, previene drasticamente lo sviluppo di diabete immunoinfiammatorio indotto da STZ in topi C57Bl6 e riduce in maniera significativa il decorso clinico della colite indotta da TNBS, l’epatite indotta da ConA, l’artrite indotta da adiuvante e l’artrite indotta da collagene. Studi in vivo hanno dimostrato che le citochine pro infiammatorie di tipo 1 quali TNF-alfa, IFN-gamma e IL-1 beta vengono espresse nelle isole pancreatiche durante lo sviluppo di diabete indotto da STZ e che gli inibitori specifici di IL-1 e IFN-gamma prevengono lo sviluppo della malattia. Sembra probabile che un potenziale meccanismo attraverso il quale P.M.F. Ab garantisce la protezione contro il diabete MLD-STZ-indotto si basi sulla sua capacità di sopprimere la produzione di citochine proinfiammatorie di tipo 1 quali IFN-gamma, TNF-alfa e di IL-1. La ridotta produzione di queste citochine potrebbe, a sua volta, ridurre la produzione di radicali liberi e di ossido nitrico che perpetuano ed aggravano il circuito vizioso della distruzione delle cellule beta. Un meccanismo analogo potrebbe essere ipotizzato per gli effetti esercitati da P.M.F. Ab nella sclerosi multipla e nelle altre patologie autoimmuni fin qui considerate in cui il ruolo cruciale che si conferisce alle citochine nell’influenzare il decorso clinico delle suddette malattie, à ̈ evidenziato dai livelli delle stesse durante le varie fasi della malattia.
FIGURA 2
Effetti del trattamento profilattico con P.M.F. Ab sul punteggio medio della malattia nella EAE indotta in topi SJL dal PLP.
FIGURA 3
Effetti del trattamento profilattico con P.M.F. Ab sui livelli di glucosio in topi C57Bl6 con diabete MLD-STZ-indotto.
FIGURA 4
Effetti del trattamento profilattico con P.M.F. Ab sull’incidenza della malattia diabetica MLD-STZ-indotta nei topi C57Bl6.
FIGURA 5
Effetti del trattamento profilattico con P.M.F. Ab sul peso del colon nella colite indotta in topi Balb/C da TNBS
FIGURA 6
Effetti del trattamento profilattico con P.M.F. Ab sul peso del colon nella colite indotta in topi Balb/C da TNBS
FIGURA 7
Valori Sierologici medi esperimento Epatite indotta da Con A in topi NMRI, trattamento con P.M.F. Ab
FIGURA 8
Effetti del trattamento profilattico con P.M.F. Ab sul decorso clinico dell’artrite indotta da adiuvante in ratti Lewis.
FIGURA 9
Effetti del trattamento profilattico con P.M.F. Ab sull’edema della zampa nell’artrite indotta da adiuvante in ratti Lewis.
FIGURA 10
Effetti del trattamento profilattico con P.M.F. Ab sul decorso clinico dell’artrite indotta da collagene in topi DBA1.
FIGURA 11
Effetti del trattamento profilattico con P.M.F. Ab sullo spessore della zampa nell’artrite indotta da collagene in topi DBA1.

Claims (5)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Composizioni comprendenti citochine, fattori di crescita, RNA ed eventualmente anticorpi isolati da siero, placenta e colostro, per la terapia orale delle malattie autoimmuni.
  2. 2. Composizioni secondo la rivendicazione 1 comprendenti Basic FGF (fibroblast growth factor), TGF-beta1 (transforming growth factor): IGF-1 (insulin-like growth factor), NGF (nerve growth factor), PDGF (platelet-derived growth factor), VEGF (vascular endothelial growth factor), GM-CSF (human granulocyte colony-stimulating factor), LIF SCF (stem cell factor), SDF-1 (stromal derived factor-1), IL-2, IL-6, IL-9, IL-12, IL-15, IL-17, INF-gamma (gamma interferon), TNF (tumor necrosis factor), IL1-ra, IL10, Eotaxina, IP-10, MCP-1, RNA, Immunoglobuline.
  3. 3. Composizioni secondo la rivendicazione 1 o 2 ottenute da siero di mammiferi.
  4. 4. Composizioni secondo la rivendicazione 1 o 2 ottenute da placenta.
  5. 5. Composizioni secondo la rivendicazione 1 o 2 ottenute da colostro.
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