ITMI20100627A1 - Biopolimero da scarti dell'industria alimentare - Google Patents

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ITMI20100627A1
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waste
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Angela Montanari
Chiara Zurlini
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Description

DESCRIZIONE
Annessa a domanda di brevetto per INVENZIONE INDUSTRIALE avente per titolo
"BIOPOLIMERO DA SCARTI DELL'INDUSTRIA ALIMENTARE"
La presente invenzione riguarda un biopolimero, in particolare un film derivato da detto biopolimero, ed un metodo per ottenere detto biopolimero, nonché i suoi usi nel settore alimentare, in particolare come pellicola trasparente per l'imballaggio di alimenti.
I polimeri sintetici sono prodotti, di norma, da derivati del petrolio come sottoprodotto della filiera del greggio.
L'uso dei polimeri sintetici à ̈ attualmente di ampia diffusione ed il grande successo applicativo à ̈ stato agevolato dai costi molto bassi della loro produzione.
Tuttavia, l'uso di polimeri sintetici ha avuto ed ha ancora un altissimo costo sociale che oggi à ̈ considerato un importante fattore limitante.
Il limite principale di un polimero sintetico à ̈ rappresentato dal suo forte impatto ambientale. Infatti, gli oggetti realizzati a partire da polimeri tradizionali sono riassorbiti dalla natura dopo lunghi periodi di tempo. Basti pensare che una bottiglia di plastica necessita di 400 anni per decomporsi.
Questo danno ambientale à ̈ aggravato da un ingente costo sociale correlato al trattamento dei rifiuti in plastica. Negli ultimi decenni, i preoccupanti e crescenti disagi legati all'impatto negativo sull'ambiente da parte di un uso elevato dei polimeri sintetici, ha spinto la comunità scientifica a concentrarsi sulla ricerca di materiali biodegradabili, in particolare i materiali ottenuti da fonti rinnovabili (per esempio i biopolimeri), come alternativa ecocompatibile ai polimeri di sintesi classici. Un biopolimero ha il pregio di essere degradabile al 100% e quindi non lascia alcuna traccia nell'ambiente. Si dissolve in un periodo che può variare da pochi giorni a 4-5 anni in base alla composizione chimica.
Un biopolimero, come i polimeri sintetici, può trovare diverse applicazioni di uso quotidiano, per esempio nel confezionamento di prodotti di ogni genere, in particolare per il confezionamento dei prodotti di genere alimentare, oppure può essere utilizzato per produrre i sacchetti della spesa o della spazzatura, o i bicchieri e le posate usa e getta; in generale, può essere utilizzato per la produzione di tutti quegli accessori in plastica che comunemente utilizziamo .
Un polimero biodegradabile à ̈ un prodotto simile al polimero sintetico tradizionale per leggerezza e resistenza, ma à ̈ caratterizzato da una composizione chimica completamente diversa .
In particolare, la composizione chimica di un biopolimero dipende molto dalle fonti da cui esso deriva.
Recentemente sono stati generati diversi biopolimeri interessanti di derivazione agricola. In particolare, essi possono essere a base di proteine e/o di polisaccaridi. Uno dei più comuni polimeri biodegradabili à ̈ l'acido polilattico (PLA), ottenuto dall'amido di mais.
L'acido polilattico rappresenta uno dei biopolimeri più interessanti, in particolare nel settore dell'imballaggio alimentare, per la sua particolare combinazione di buone proprietà meccaniche, di trasparenza e di completa biodegradabilità .
Infatti, l'esigenza dì un'alternativa alla plastica sintetica à ̈ fortemente sentita proprio in questo settóre dove il sistema d'imballaggio primario deve svolgere una protezione certa ed efficiente e, quindi, si à ̈ costretti ad utilizzare quasi esclusivamente i sistemi ad elevato impatto ambientale. Infatti, gli attuali imballaggi primari sono caratterizzati da strutture multistrato atte a garantire alte prestazioni in termini di barriera.
Oggi, quindi, l'uso di plastiche biodegradabili potenzialmente utilizzabili come imballaggio primario à ̈ praticamente raro. Infatti, le pellicole monomateriale a basso impatto ambientale sono utilizzate solo in rari casi quando l'alimento non presenta particolari problemi di deperimento .
Il principale fattore limitante che ha ostacolato l'uso di tale classe di matrici polimeriche nel settore dell'imballaggio à ̈ imputabile alle sue scarse proprietà barriera .
Oltre ai polisaccaridi sono state studiate, quali componenti di materiali da imballaggio e/o come possibili materiali da rivestimento, anche le proteine, sia di origine animale, sia di origine vegetale.
Le proteine sono materiali versatili con caratteristiche di buona lavorabilità, associate a buone proprietà filmanti, nonché a buone proprietà di barriera rispetto ai polisaccaridi .
Le ricerche fino ad ora condotte hanno riguardato sia le proteine di tipo strutturale sia quelle di riserva.
In particolare, sono state studiate sia le proteine di origine vegetale (per esempio quelle di soia e di altre leguminose, di mais e di frumento), sia quelle di origine animale (per esempio collagene, gelatina, caseine, proteine del siero di latte, albumina delle uova e proteine di pesce) .
Le proteine sono comunemente utilizzate per la realizzazione di prodotti quali strati coprenti, capsule nell'industria farmaceutica e alimentare, adesivi, tensioattivi e oggetti in plastica.
Tuttavia, l'elevato costo di produzione delle proteine e dei materiali proteici rispetto ad altri biopolimeri (in particolare amido e materiali cellulosici) ha limitato la ricerca sulle possibili applicazioni tecniche delle proteine .
Il problema tecnico alla base della presente invenzione à ̈ quello di mettere a disposizione un biopolimero la cui produzione sia poco costosa e che allo stesso tempo garantisca buoni risultati in termini di barriera e protezione dell'alimento.
Tale problema à ̈ risolto nella presente invenzione da un biopolimero di origine proteica e da un metodo per ottenerlo come delineato nelle annesse rivendicazioni.
La presente invenzione riguarda un biopolimero di origine proteica, preferibilmente in forma di film, ottenuto a partire dai prodotti di scarto vegetali dell'industria conserviera. In particolare, il biopolimero dell'invenzione à ̈ ottenuto dalla lavorazione delle proteine estratte da tali scarti vegetali.
Tale polimero biodegradabile à ̈ incolore, non tossico, quindi edibile, e mostra ottime proprietà sia meccaniche, sia di barriera. In particolare, il biopolimero secondo la presente invenzione, quando prodotto in forma di film evidenzia una buona resistenza ed elasticità, ottime proprietà di barriera nei confronti dell'ossigeno, oltre ad uno spessore controllato ed uniforme, con una superficie costantemente liscia e priva di difetti macroscopici. Il biopolimero secondo la presente invenzione, in particolare la sua formulazione come film, si presta a sostituire i classici polimeri sintetici e quindi a contribuire alla risoluzione dei problemi ambientali e sociali prima esposti che sono legati all'uso della plastica sintetica. Infatti, il biopolimero della presente invenzione essendo derivato dagli scarti provenienti dall'industria conserviera risulta essere ecocompatibile e quindi a basso impatto ambientale. Inoltre, tale biopolimero può essere una valida alternativa ad altri polimeri biodegradabili già noti.
Infine, il biopolimero della presente invenzione conferisce valore economico agli scarti industriali che di norma costituiscono solo un gravoso problema, soprattutto in termini economici, che ogni azienda operante nel settore si trova ad affrontare all'atto del trattamento degli scarti solidi e/o liquidi.
La presente invenzione à ̈ descritta qui di seguito in maniera dettagliata, anche con riferimento alle annesse figure, in cui:
la Figura 1 mostra un diagramma del metodo di estrazione delle proteine dai materiali vegetali di scarto dell'industria conserviera, secondo la presente invenzione; - la Figura 2 mostra un'immagine al microscopio elettronico a scansione (SEM) della superficie del film biopolimerico dell'invenzione (ingrandimento 196x);
la Figura 3 mostra lo spettro FT-IR del film biopolimerico dell'invenzione;
- la Figura 4 mostra lo spettro FT-IR della glicerina. In figura 1 à ̈ riportato un diagramma schematico del metodo di estrazione delle proteine dagli scarti vegetali dell'industria conserviera. Tale processo porta all'ottenimento di un concentrato proteico che à ̈ utilizzato come materia prima di partenza per la produzione del biopolimero dell'invenzione e del film o pellicola da esso ottenuto .
Il metodo di estrazione delle proteine à ̈ applicato, in particolare, ai materiali di scarto dell'industria conserviera con un contenuto proteico compreso tra 4% e 10%, preferibilmente tra 5% e 8% (le percentuali si riferiscono ai grammi di proteine su 100 grammi di parte edibile) .
Preferibilmente, i materiali di scarto impiegati sono i materiali ottenuti dalla lavorazione di legumi, ad esempio fagioli borlotti, cannellini, piselli e/o lenticchie. I materiali di scarto, vantaggiosamente, comprendono anche materiale vegetale estraneo come parti di foglie, di baccello, di gambi e bucce dei legumi.
Gli scarti utilizzati come materia prima da cui estrarre le proteine presentano, preferibilmente, le seguenti difettosità:
prodotti macchiati, con difetti di colorazione provenienti dalla selezionatrice ottica; e/o
legumi danneggiati, spaccati, di calibro non conforme provenienti da setacciatura.
II materiale di scarto vegetale à ̈ disperso in una soluzione acquosa tamponata a pH neutro-basico, preferibilmente a pH compreso tra 6,5 e 8. La soluzione tampone utilizzata à ̈ preferibilmente cloruro di sodio e potassio fosfato.
La fase di dispersione à ̈ condotta per un tempo compreso tra 1 e 4 ore, preferibilmente sotto agitazione ed a temperatura ambiente.
In una forma di realizzazione preferita, prima della dispersione del materiale di scarto nelle soluzione tampone, esso à ̈ lavato con acqua e/o macinato, preferibilmente con un mulino colloidale, così da ottenere una pasta omogenea con particelle di piccole dimensioni. La dispersione à ̈, quindi, passata in un decanter, per la separazione della frazione solida da quella liquida. Dopo separazione, la parte solida (surnatante), composta principalmente da fibra, viene eliminata, ma può essere destinata all'alimentazione animale.
La frazione liquida, separata dal surnatante, Ã ̈ portata a pH acido, preferibilmente, tra 3 e 6 mediante l'aggiunta di una soluzione acida, preferibilmente una soluzione di acido cloridrico.
Preferibilmente, la soluzione acida così ottenuta viene lasciata decantare per un periodo di tempo compreso tra 10 e 24 ore. La temperatura di decantazione à ̈ vantaggiosamente compresa tra 2 e 10°C, preferibilmente tra 3 e 6°C.
In una forma preferita di realizzazione, prima del trattamento con soluzione acida, la frazione liquida à ̈ diluita con acqua distillata o deionizzata.
Dopo decantazione, il precipitato proteico à ̈ sottoposto a ultrafiltrazione per concentrare le proteine, ottenendo un ultrafiltrato ed un retentato.
L'ultrafiltrazione à ̈ preferibilmente effettuata mediante membrana ceramica. La membrana di filtrazione ha vantaggiosamente un diametro dei pori compreso tra 0,05 e 0,3 Î1⁄4πι, preferibilmente tra 0,08 e 0,2 pm. Il taglio molecolare della membrana à ̈ compreso tra 100 e 400 kD, preferibilmente tra 150 e 250 kD.
II retentato ottenuto dopo ultrafiltrazione à ̈, preferibilmente, essiccato mediante atomizzazione (spraydry) a dare il prodotto finito, cioà ̈ il concentrato proteico .
Forma oggetto dell'invenzione un concentrato proteico ottenibile da materiale di scarto vegetale dell'industria conserviera mediante il metodo sopra descritto.
Il concentrato proteico dell'invenzione comprende una percentuale di proteine da 60 a 90%, preferibilmente da 70 a 85% in peso. La restante parte comprende fibre.
II peso molecolare delle proteine comprese nel concentrato proteico dell'invenzione à ̈ da 10 a 80 kD, preferibilmente da 15 a 60 kD.
L'umidità del concentrato proteico à ̈ compresa tra 1 e 5%, preferibilmente 2-4% in peso, determinata mediante metodo gravimetrico normalizzato secondo standard europeo EN 12145-1996.
La temperatura di denaturazione termica delle proteine à ̈ compresa tra gli 80 e i 90°C, preferibilmente tra 82 e 86°C e determinata mediante analisi termica DSC.
Il concentrato proteico à ̈ impiegato come materia prima per ottenere il biopolimero dell'invenzione, preferibilmente in forma di film o pellicola.
Il concentrato proteico à ̈ miscelato con almeno un plasticizzante scelto nel gruppo costituito da glicerolo o sorbitolo in acgua.
Preferibilmente il rapporto tra concentrato proteico e plasticizzante à ̈ 30-70:70-30, preferibilmente 40-60:60-40. In una forma preferita di realizzazione, alla dispersione acquosa concentrato proteico/plasticizzante si aggiunge un'ulteriore sostanza scelta tra: aromi, antimicrobici, antiossidanti e pigmenti. Gli antimicrobici preferiti sono scelti tra carvacrol e timolo.
Alla miscela così ottenuta si aggiunge una soluzione basica in modo da ottenere un pH compreso tra 6 e 8. La soluzione basica preferibilmente impiegata à ̈ una soluzione dì idrossido di sodio.
Si procede, quindi, alla denaturazione delle proteine scaldando la miscela basica ad una temperatura >50°C, preferibilmente tra 50 e 90°C, per aumentare le forze coesive tra le proteine.
Preferibilmente, la miscela denaturata à ̈ poi raffreddata a temperatura ambiente, per favorire la formazione dei legami tra i polimeri.
Si ottiene, in questo modo, il biopolimero dell'invenzione. Il biopolimero può essere deposto su una superficie piana fino ad ottenere un film (o pellicola) uniforme.
Forma oggetto dell'invenzione un biopolimero comprendente il concentrato proteico sopra descritto ed un plasticizzante in 30-70:70-30, preferibilmente 40-60:60-40. Tale biopolimero à ̈, preferibilmente, ottenibile con il processo sopra descritto.
In una forma preferita di realizzazione, il biopolimero à ̈ ottenuto in forma di film o pellicola. Tale film ha uno spessore compreso tra 40 e 200 pm, preferibilmente tra 50 e i 100 pm.
II film dell'invenzione presenta un carico a rottura compreso tra 0,5 e 3 MPA, preferibilmente tra 0,8 e 2 MPA. L'allungamento a rottura à ̈ compreso tra 30 e 300%, preferibilmente tra 40 e 200%.
Il modulo elastico di Young à ̈ compreso tra 5 e 50 MPA, preferibilmente tra 10 e 30 MPA.
Il carico a rottura, l'allungamento a rottura ed il modulo elastico di Young sono determinati mediante la norma ASTM D882-95-1995 .
Il film dell'invenzione presenta una permeabilità all'ossigeno, misurata con la norma ASTM D3985 e DIN 53380, Teil 3, compresa tra 4-15 cm<3>/m<2>/giorno, preferibilmente tra 5-10 cm<3>/m<2>/giorno.
Il film o pellicola dell'invenzione può comprendere un ulteriore sostanza scelta tra aromi, antimicrobici, antiossidanti e pigmenti, preferibilmente antimicrobici scelti tra carvacrol e timolo.
In guest'ultimo caso, il film svolge la funzione di carrier di diverse sostanze (aromi, antimicrobici, antiossidanti, pigmenti e altri additivi) così da estendere la conservazione dell'alimento e le sue proprietà funzionali.
Per esempio, quando il film contiene un antimicrobico, applicato a contatto con l'alimento, Ã ̈ in grado di inibire o prevenire la crescita batterica nell'alimento stesso. In una forma di realizzazione, il film o pellicola dell'invenzione sono ottenibili mediante il processo sopra descritto .
Visivamente il film appare di colore giallo paglierino, con aspetto sufficientemente incolore e trasparente. Si presenta con spessore controllato e uniforme, con una superficie liscia, priva di difetti macroscopici.
Il film à ̈ sostanzialmente inodore e potenzialmente può essere ingerito diventando parte integrante dell'alimento come film edibile, poiché preparato con materie prime commestibili, che ingerite non arrecano danni alla salute. Per le sue caratteristiche il film può quindi essere considerato sia un sistema di confezionamento, inteso come rivestimento differenziato dall'alimento in grado di protegge l'alimento dall'ambiente esterno e prolungarne la sua conservazione sia, per le sue caratteristiche compositive, come una parte integrante dell'alimento stesso. Il film inoltre risulta completamente biodegradabile e compostabile.
Il film presenta una barriera all'ossigeno paragonabile ai film polimerici sintetici.
Le applicazioni principali del film sono, quindi, nel settore alimentare, come pellicola trasparente per il confezionamento di alimenti.
Altre possibili usi riguardano l'accoppiamento con altri materiali (ad esempio, acido polilattico) per applicazioni alimentari .
Il film può anche essere impiegato come sistema di rilascio controllato di principi attivi, previa incorporazione di tali sostanze durante la fase di produzione del biopolimero .
Il biopolimero può anche usato per la preparazione di capsule o altri involucri per proteggere principi attivi farmaceutici.
ESEMPIO 1
Estrazione delle proteine a pH neutro-basico.
Il metodo di estrazione del concentrato proteico per la produzione di un film prevede come materia prima gli scarti di lavorazione di legumi. E' possibile applicare il metodo di estrazione a tutti gli scarti di legumi che presentano un quantitativo proteico simile (circa 6%), come fagioli borlotti e/o cannellini, piselli e lenticchie.
Gli scarti utilizzati come materia prima da cui estrarre le proteine presentano le seguenti difettosità:
prodotti macchiati, con difetti di colorazione provenienti dalla selezionatrice ottica;
legumi danneggiati, spaccati, di calibro non conforme provenienti da setacciatura;
- materiale vegetale estraneo come parti di foglie, di baccello, di gambi e bucce.
Il metodo di estrazione delle proteine à ̈ stato messo a punto utilizzando impianti che consentono di processare dai 10 Kg ai 100 Kg di scarti.
Gli scarti sono stati in primo luogo lavati e lasciati in una bacinella contenente acqua per 10 minuti. Gli inerti sono stati quindi eliminati per affioramento. I semi sono stati macinati, con un mulino colloidale così da ottenere una pasta omogenea e con particelle di piccole dimensioni. La pasta à ̈ stata dispersa in una soluzione 0,5 M di cloruro di sodio e 0,05 M di potassio fosfato a pH=7,2 in un rapporto peso-volume di 1 a 5. La soluzione à ̈ stata mantenuta in agitazione per tre ore a temperatura ambiente, quindi passata al decanter (Pieralisi), per la separazione della frazione solida da quella liquida. La parte solida, composta principalmente da fibra, à ̈ stata eliminata, ma può essere destinata all'alimentazione animale. La frazione liquida, dopo essere diluita 2 volte (1:2 v/v) con acqua distillata, à ̈ stata portata a pH 4,5 con HC1 2N (punto isoelettrico delle globuline) e lasciata decantare una notte in cella a 4 °C. Il surnatante à ̈ stato quindi passato in ultrafiltrazione per concentrare le proteine dopo precipitazione .
L'impianto di ultrafiltrazione utilizzato, Mod. UFC 1X3, Ã ̈ a membrana ceramica con le seguenti caratteristiche:
Elemento E374-R-1200
numero di canali 37
diametro dei canali, mm 4
lunghezza, mm 1200
superficie elemento, m2 0,55
sezione canali, cm24,65
portata per 1 m/s, m3/h 1,67
Diametro dei pori, 0,1 micron Taglio molecolare, 200kD Le condizioni operative della prova sono illustrate nella tabella 1.
Tabella 1
Pressione in Flusso Pressione Flusso ultra ingresso entrata m<3>/h uscita (bar) filtrato (bar) (L/h)
2,2 2,0 0,2 5,0
Il retentato à ̈ stato essiccato mediante spray-dry (Niro). Il concentrato proteico così ottenuto à ̈ conservato a -18°C in essiccatore con gel di silice.
Tutti i passaggi di estrazione del concentrato proteico dagli scarti di lavorazione sono schematizzati nel seguente diagramma in Fig. 1.
In particolare, il metodo di isolamento delle proteine dagli scarti dell'industria alimentare à ̈ stato messo a punto su diverse tipologie di scarti di legumi, con quantitativo proteico simile, come fagioli, piselli e lenticchie .
Con questo metodo, per ogni 50 kg di scarti freschi sono stati ricavati circa 700 g di liofilizzato proteico, con una resa pari al 1,4%.
Nella tabella 2 sono riportati i valori medi di umidità e proteina del liofilizzato proteico ottenuto con metodo semi-industriale .
Tabella 2
Carpione Umidità (%) % Proteine (Media ± Dev.St.) (Media ± Dev.St.)
LCD 3,03 ± 0,43 80,4 ± 1,0
Per valutare la composizione chimica del liofilizzato proteico, oltre al contenuto di umidità e di proteine, à ̈ stata effettuata un'analisi del contenuto di grassi, mediante estrazione con etere con apparecchio Soxhlet, e del contenuto di amido, con analisi enzimatica. In entrambi le analisi à ̈ stata rilevata una presenza non significativa di grasso e amido, quindi si presume che la restante composizione percentuale dei campioni in esame sia costituita da fibra.
Determinazione del contenuto di umidità
Il contenuto di umidità del liofilizzato proteico à ̈ stato determinato mediante un metodo gravimetrico normalizzato secondo standard europei (Adopted European Standard EN 12145 - 1996).
Una quantità pari a circa 0,5 grammi di polvere di lenticchia à ̈ stata pesata con una bilancia analitica a quattro cifre decimali in una capsula di porcellana a peso costante (mantenuta in essiccatore fino al momento dell'uso) e noto.
Il campione à ̈ stato distribuito su un piccolo strato di sabbia (opportunamente seccato e pesato) deposto sul fondo della capsula in modo da facilitare il rilascio di umidità da parte del campione.
La capsula à ̈ stata posta in stufa da vuoto, SV MEMMERT, termoregolata a 70° C e 128 mb per 4 ore, per far evaporare l'acqua contenuta nel campione, e successivamente lasciata raffreddare in essiccatore per mezz'ora e pesata.
La misurazione à ̈ stata poi ripetuta dopo aver lasciato i campioni in stufa per una notte.
L'umidità del campione à ̈ stata espressa come grammi di acqua su 100 grammi di prodotto:
UMIDITA'%= peso campione - peso secco x 100
peso campione
Determinazione del contenuto di proteine
II contenuto di proteine all'interno del liofilizzato proteico à ̈ stato determinato secondo il metodo Kjeldahl, (AOAC 1990) , il quale prevede la mineralizzazione del campione, con acido solforico e fosfosolforico, in presenza di un catalizzatore, per trasformare l'azoto organico in azoto ammoniacale.
Segue poi la distillazione in corrente .di vapore del campione mineralizzato precedentemente alcalinizzato e la titolazione dell'ammoniaca distillata, raccolta in una soluzione di acido borico, con una soluzione acida.
Per l'analisi à ̈ stato utilizzato un titolatore automatico VAPODEST GERHARDT.
II valore % dell'azoto totale à ̈ dato da:
A= V x 0,14/p
dove :
A = contenuto di azoto totale (quantità di ammoniaca che si produce e si determina nelle condizioni di analisi)
V = volume in mi di HC1 usato per la titolazione
p = peso in g. del campione
Il valore % di proteine à ̈ ottenuto moltiplicando il valore dell'azoto totale per il fattore di conversione da azoto totale a proteine:
P = A x 6,25
dove :
P = proteine espresse in %
A = azoto totale espresso in %
Il risultato finale à ̈ espresso in g/1 o g/kg o in percentuale (%).
In questo caso, il distillatore-titolatore, adeguatamente programmato, ha fornito direttamente il valore di proteine in percentuale.
Elettroforesi SDS-PAGE
Il liofilizzato proteico à ̈ stato sottoposto ad analisi elettrof oretica dalla quale risulta che varie tipologie di proteine, con differenti pesi molecolari, sono migrate con mobilità diverse verso l'anodo ed appaiono sul gel come bande sottili.
La loro mobilità elettroforetica , in base anche alle proprietà di setaccio molecolare del gel, à ̈ stata naturalmente inversamente proporzionale al loro peso molecolare.
Le molecole con dimensioni più piccole dei pori del gel sono migrate più rapidamente e sono state quelle che per prime hanno raggiunto l'anodo; quelle di taglia intermedia più lentamente.
Nelle corsie dei campioni proteici isolati dagli scarti si à ̈ osservata la presenza di sette bande corrispondenti a più tipologie di proteine o frammenti, a basso e ad intermedio peso molecolare riportate nella tabella 3.
Tabella 3
Peso molecolare apparente Intensità relativa della (KDa) banda
54 15%
49 15%
33,7 9%
30,4 9%
27,6 9%
24,4 16%
21,9 16%
17,2 11%
Le famiglie di proteine che risultano più rappresentative del concentrato proteico estratto dagli scarti sono le globuline (classe delle legumine e viciline) e le albumine. L'elettroforesi à ̈ un fenomeno di migrazione differenziale di particelle cariche, quando sono sottoposte all'influenza di un campo elettrico ed à ̈ un metodo di separazione che si basa quindi sulla diversa mobilità degli ioni, posti all'interno di un campo elettrico generato tra due elettrodi .
L'elettroforesi su gel di poliacrilamide in presenza di sodio dodecil-solf ato (SDS) à ̈ una tecnica ad alta risoluzione e rappresenta uno dei metodi più utilizzati per separare le diverse proteine di una miscela e per determinarne il peso molecolare.
Il gel di poliacrilamide à ̈ un mezzo di supporto, chimicamente inerte, ottenuto mediante polimerizzazione di tipo radicalico dell'acrilamide (CH2=CHCONH2) e di Î ,Î '-metilen-bisacrilamide (CH2(NHCOCH=CH2)2), che forma legami crociati e trasforma il gel fluido in solido.
Il sodio dodecil-solfato (CH3-(CH2)10-CH3OSO2<~>Na<+>) à ̈ un detergente anionico che si lega saldamente alle proteine e ne provoca la denaturazione fornendo alla proteina una quantità di carica negativa costante per unità di massa. I campioni da sottoporre ad analisi elettroforetica sono stati solubilizzati ad una concentrazione di 2 mg/ml in soluzione di 0,5 M di cloruro di sodio e di 0,05 M di potassio fosfato a pH=7,2.
II pH delle soluzioni dei campioni à ̈ stato portato a pH=7,2 mediante aggiunta di NaOH 0,1N per favorire la solubilizzazione delle proteine.
Dopo la preparazione, i campioni sono stati deposti su gel di poliacrilamide in presenza di SDS (elettroforesi orizzontale) insieme al "tracciante" blu di bromo fenolo, il quale, per l'elevata velocità di migrazione, ha permesso di seguire l'esperimento e di fermare la corsa elettrof oretica con la sospensione della corrente, appena esso ha raggiunto l'anodo.
La corsa elettroforetica à ̈ stata condotta inizialmente con una differenza di potenziale di 200 V che, dopo l'uscita dei campioni dai pozzetti, à ̈ stata portata a 600 V.
In seguito alla migrazione (dopo circa 30 minuti), le molecole sono state "fissate", per evitarne la diffusione nel gel, precipitandole con acido acetico.
Infine, la presenza delle proteine nella matrice porosa à ̈ stata rivelata mediante una reazione colorimetrica (soluzione di Comassie Brilliant Blue e Nitrato di Ag) e visualizzata sotto forma di una serie di bande in un tracciato elettroforetico .
Analisi termica DSC
L'analisi termica DSC sui campioni di concentrato proteico liofilizzato à ̈ stata effettuata allo scopo di individuare l'intervallo di denaturazione termica delle proteine per valutare l'idoneità della temperatura di lavorazione per ottenere una corretta reticolazione del film.
I risultati ottenuti con questo esperimento dimostrano che il concentrato proteico ha una temperatura di denaturazione termica compresa tra gli 80 e i 90°C (84).
Di seguito à ̈ riportato il protocollo utilizzato per l'analisi termica DSC.
Uno strumento PERKIN ELMER PYRIS 1 DSC Ã ̈ stato utilizzato per controllare la composizione del film proteico.
La calorimetria a scansione differenziale à ̈ una tecnica di analisi termica che consente di studiare i cambiamenti delle proprietà fisico-chimiche di un determinato prodottomateriale .
Essa si basa sulla richiesta di uguaglianza tra la temperatura di un riferimento inerte, cioà ̈ che non subisce alcuna variazione durante il processo, e quella del campione di analisi. Con il DSC vengono infatti registrate le variazioni di entalpia del campione in funzione di un programma tempo /temperatura. Si possono quindi studiare i punti di fusione e di cristallizzazione, le transizioni vetrose, la purezza e la stabilità termica di un campione. Nel caso delle proteine, à ̈ possibile studiare sia la denaturazione, che à ̈ una transizione di fase di I ordine di tipo endotermico, che la transizione vetrosa (Tg), che à ̈ una transizione di fase di II ordine, la quale si verifica con un cambiamento della linea di base del calore specifico di un corpo, non richiede calore latente ma à ̈ associata ad un cambiamento di capacità termica.
La calibrazione dello strumento prevede due passi successivi: una prima calibrazione viene fatta inizialmente con la cella vuota e successivamente con due zaffiri per calibrare la resistenza termica e la capacità del calore specifico del sensore del campione e del riferimento.
La seconda calibrazione viene fatta facendo correre uno standard (metallo di cui si conosce il valore di entalpia del picco di fusione) per poter calibrare la costante di cella e la temperatura relativa all'asse x. Nel nostro caso à ̈ stata fatta con l'indio (158°C).
L'atmosfera circostante al campione viene mantenuta sotto controllo mediante un gas preriscaldato (azoto).
L'analisi ha previsto le seguenti fasi:
· Mantenimento del campione per 1 minuto a 20°C (isoterma) • Riscaldamento da 20°C a 250°C a 10°C/min
• Velocità di acquisizione di 1 punto per secondo
La stessa analisi à ̈ stata effettuata sul film nelle seguenti condizioni operative:
• Mantenimento del campione per 1 minuto a 25°C (isoterma) • Riscaldamento da 25°C a 90°C a 5°C/min
• Raffreddamento da 90°C a 25°C a 5°C/min
â–  Riscaldamento da 25°C a 200°C a 20°C/min
• Velocità di acquisizione di 1 punto per secondo.
L'elaborazione dei dati consiste nel rilevare e studiare i punti di flesso del termogramma, che riporta sull'asse y la variazione del flusso di calore (mW), assorbito dal polimero, nel tempo, in funzione della temperatura (°C), sull'asse x.
I termogrammi ottenuti con il DSC sono influenzati sia da fattori strumentali, quali velocità di riscaldamento, le capacità termiche dei portacampioni e le termocoppie, sia la natura fisica e chimica del campione utilizzato.
Grande attenzione deve quindi essere rivolta alla standardizzazione del metodo e alla determinazione dei fattori che possono modificare il tracciato.
Questa analisi à ̈ stata effettuata sia sul concentrato proteico liofilizzato (LPC) che sul film, previa pesatura su bilancia elettronica, adottando le stesse condizioni operative .
Analisi con spettroscopia FT-IR (ATR)
Lo spettro IR del concentrato proteico à ̈ stato acquisito nella regione compresa tra 4000 e 600 cm<"1>.
Lo spettro à ̈ stato normalizzato e "smoothato" per ridurre il livello di rumore di fondo; inoltre la linea di base à ̈ stata corretta applicando una funzione quadratica.
Nello spettro sono visibili i picchi caratteristici dei composti proteici che sono caratterizzati da legami di tipo ammidico :
3279 e 3071 cm<-1>picchi relativi agli stretching dei legami N-H;
- 1629 cm<-1>picchi relativi agli stretching dei legami C=0 di un'ammide secondaria (I banda);
- 1530 cnf<1>picchi relativi ai "bending" dei legami C=0 di un'ammide secondaria (II banda).
Sono inoltre presenti i picchi che cadono nella regione 2900-2800 citi<'1>e 1450-1350 crrf<1>dovuti rispettivamente agli stretching e ai bending dei legami C-H.
Di seguito à ̈ riportato il protocollo utilizzato per l'analisi sperrofotometrica TFIR.
La strumentazione utilizzata per controllare la composizione dei campioni di LPC liofilizzato, consta di uno spettrofotometro FTIR Perkin Elmer Spectrum One, a doppio raggio, collegato ad un microscopio ottico, che permette di visualizzare la zona di campione da analizzare sullo schermo del computer e quindi di isolare la parte più adatta dove effettuare la scansione.
Per l'analisi dei campioni con spettroscopìa infrarossa à ̈ stata utilizzata la tecnica della riflessione mediante il micro-ATR che, consente di effettuare l'analisi in riflessione attenuata (ATR), consentendo il riconoscimento dello strato più superficiale del campione in esame.
L'accessorio à ̈ costituito da un cristallo di germanio che, posto a contatto con l'oggetto da esaminare (area di contatto = 0 lOOpm) e sottoposto ad una leggera pressione, consente al raggio IR una profondità di penetrazione inferiore ad lpm. Il raggio IR, una volta penetrato, viene riflesso all'interno del cristallo e focalizzato in direzione del rivelatore MCT (tellururo di cadmio e mercurio) .
Gli spettri IR dei campioni di LPC liofilizzati sono stati acquisiti ponendo a contatto direttamente il micro-ATR sulla polvere o sul film deposti su un vetrino.
Gli spettri sono stati acquisiti effettuando un numero di scansioni pari a 16 con risoluzione di 4 cnf<1>in una regione spettrale compresa tra 4000 e 600 cm<"1>.
ESEMPIO 2
Messa a punto del metodo di.preparazione del film proteico Dopo aver caratterizzato il concentrato proteico ottenuto dagli scarti di legumi, si à ̈ prodotto in laboratorio il film proteico.
Prove preliminari sono state eseguite al fine di stabilire le quantità ottimali dei componenti proteici e del plasticizzante (glicerolo).
È stato scelto il glicerolo perché di origine naturale, per ottenere un film completamente biodegradabile.
In particolare, à ̈ stata mantenuta costante la quantità di liofilizzato proteico e variata quella del glicerolo, ottenendo un rapporto matrice proteica: plasticizzante rispettivamente pari a 50:50, 30:70 e 70:30.
In particolare, Ã ̈ stato scelto il rapporto 50:50 nella produzione successiva dei film.
Per la formazione del film il concentrato proteico di lenticchia (LPC), à ̈ stato dissolto, sotto costante agitazione, in acqua distillata (rapporto 5 g polvere/80 mi acqua distillata), cui si à ̈ addizionata la glicerina, come plasticizzante, nel rapporto 50:50 LPC/Gly.
Durante l'agitazione, sono state aggiunte poche gocce di NaOH 1 N, fino a pH=7,2, in modo da favorire la solubilizzazione di tutte le proteine. Con l'aggiunta della soda, si osserva un leggero viraggio del colore delle soluzioni proteiche. A pH=7,2 la soluzione assume un colore giallo più scuro rispetto al giallo paglierino iniziale. L'influenza del pH alcalino sul colore del film à ̈ dovuta ai solventi alcalini che estraggono più pigmenti di ogni altro solvente .
Dopo circa un'ora di agitazione, la soluzione proteica à ̈ stata denaturata a 70°C per 20 minuti a bagnomaria, per aumentare le forze coesive tra le proteine, e poi raffreddata a temperatura ambiente, per favorire la formazione dei legami tra i polimeri.
Prove preliminari di deposizione della soluzione proteica sono state effettuate depositando pochi mi di soluzione su piastre Petri di diverse dimensioni, in modo da determinare la relazione tra quantità di soluzione proteica e spessore finale del film.
Sono stati prodotti diversi campioni con valori di spessori compresi tra 50 e 200Î1⁄4πι.
È stato così possibile arrivare a conoscere le quantità (mi) di soluzione proteica necessarie per ottenere un film con un determinato spessore.
Per la deposizione del film à ̈ stata utilizzata una "bolla", per garantire che la superficie, sulla quale veniva posta ciascuna piastra, fosse piana ("in bolla"), così da assicurare una omogenea strutturazione del film durante la fase di polimerizzazione e uno spessore uniforme lungo tutta la superficie nella piastra.
Prove preliminari sono state svolte su piastre Petri rotonde di diverso diametro (0 6 , 9 e 13,5cm) lasciate asciugare all'aria per una notte in una stanza a temperatura e umidità controllata (T=23°C e UR=50%) e altre sono state poste in stufa ad una temperatura di 60°C per 7 ore.
In particolare il metodo di essiccamento utilizzato à ̈ quello condotto in stufa termostatica.
Utilizzando ogni volta un grammo di liofilizzato proteico, Ã ̈ stato possibile ottenere un film di area 144 cm<2>.
Visivamente il film appare di colore giallo paglierino, con aspetto sufficientemente incolore e trasparente. Si presenta con spessore controllato e uniforme, con una superficie liscia, priva di difetti macroscopici.
Il film à ̈ sostanzialmente inodore e potenzialmente può essere ingerito diventando parte integrante dell'alimento come film edibile, poiché preparato con materie prime commestibili, che ingerite non arrecano danni alla salute. Per le sue caratteristiche il film può quindi essere considerato sia un sistema di confezionamento, inteso come rivestimento differenziato dall'alimento in grado di proteggere l'alimento dall'ambiente esterno e prolungarne la sua conservazione sia, per le sue caratteristiche compositive, come una parte integrante dell'alimento stesso. Il film inoltre risulta completamente biodegradabile e compostabile.
Questo film edibile può funzionare inoltre da carrier di diverse sostanze (aromi, antimicrobici, antiossidanti, pigmenti e altri additivi) così da estenderne la conservazione dell'alimento e le sue proprietà funzionali. Sono state condotte alcune prove preliminari sulla possibilità di inglobare un antimicrobico all'interno del film. E' stato inglobato, senza alterare le caratteristiche chimico-fisiche del film, il carvacrol, presente nell'olio essenziale di timo e in grado di inibire la crescita di alcuni ceppi di batterici come ad esempio 1' Escherichia coli e Bacillus cereus.
In particolare, à ̈ stato scelto questo antimicrobico naturale perché la sua bassa tossicità insieme al suo gradevole sapore e odore ne consente l'uso come additivo all' interno del film edibile, che applicato a contatto con l'alimento, à ̈ in grado dì prevenire la contaminazione batterica dell'alimento stesso.
Di seguito sono riportati in dettaglio tutti i passaggi del metodo per preparare il film.
Per preparare un film dai concentrati proteici liofilizzati, à ̈ stata adottata la procedura base prevista dal metodo di Monsoor e Yusuf, 2002 et Bamdad F., Goli A. H., and Kadivar M., 2005, opportunamente modificata (il pH della soluzione à ̈ stato corretto a 7,2 anziché 11,0 come prevedeva il metodo, come riportato successivamente al punto 2).
Le fasi principali del metodo di preparazione sono state le seguenti :
1. Dissoluzione della polvere di concentrato proteico, sotto agitazione, con acqua distillata, in rapporto concentrato proteico/H20 1:16, e glicerina, in rapporto concentrato proteico/Gly 2:1;
2. Aggiunta di idrossido di sodio (NaOH IN) alla soluzione, fino a pH=7,2;
3. Filtrazione, con setaccio con maglia 355pm;
4. Denaturazione delle proteine a bagnomaria ad una temperatura di 70°C per 20 minuti;
5. Casting o deposizione su piastre Petri di diverse forme (rotonde o quadrate) e dimensioni (0 6 e 9cm o 10 x 10cm) mediante l'uso di una pipetta graduata e di una "bolla" di livello;
6. Essiccazione in stufa termostatica, Mazzali Vuotomatic, a 60°C per 7 ore;
7. Condizionamento in essiccatore con gel di silice (Si02). Caratterizzazione del film proteico
Analisi dello spessore
Gli spessori dei film proteici sono stati determinati mediante utilizzo di un Micrometro QuantuMike (scala 0-25mm e risoluzione 0,001mm) normalmente utilizzato per la misura degli spessori dei film plastici convenzionali, effettuando le letture in cinque punti random del film e mediando i valori ottenuti.
L'analisi degli spessori à ̈ stata inoltre effettuata sulle sezioni dei film ricavate dal campione proteico tagliando, mediante l'utilizzo di un criomicrotomo LEICA CM 1510 S, una piccola "fetta" di materiale congelato a -25°C dopo averlo inglobato in una opportuna resina a base alcolica (mezzo di inclusione per criostato Killik).
Con il criomicrotomo sono possibili sezioni di taglio del materiale congelato da 5 a 60pm. La sottile "fetta" di campione congelato à ̈ stata prelevata dalla lama di taglio dello strumento mediante vetrini elettrostatici appositi e la sezione del film à ̈ stata analizzata con un microscopio ottico LEICA DFC 290, collegato al software di immagine X-Elit, che permette di visualizzare sullo schermo del computer un'immagine del campione ingrandita da 400 fino a 1000 volte.
Gli spessori dei film sono stati misurati sia mediante l'utilizzo del micrometro che mediante il criomicrotomo, ottenendo risultati equivalenti compresi tra 50 e 80pm in tutti i casi.
Misurando per uno stesso film lo spessore in diversi punti random, Ã ̈ stato verificato che il metodo di deposizione della soluzione per casting ha consentito di ottenere film di spessore sufficientemente costante nell'intera superficie di deposizione ottenute in tre sezioni diverse del film.
Sono stati realizzati film con spessori diversi da 50±5 Î1⁄4πι a 200±10pm. Gli spessori sono stati misurati in cinque diversi punti di un film di 144 cm<2>. I risultati sono mostrati in tabella 4.
Tabella 4
FILM Misura Misura Misura Misura Misura MEDIA Dev.
1 2 3 4 5 (pm) Std. (Î1⁄4m) (pm) (pm) (pm) (pm)
45,345 44,870 44,920 45,231 45,133 45,100 0,20
2 Film
proteic 74,513 72,708 73,246 76,550 73,708 74,145 1,49 o 9 da 79,900 79,571 79,393 82,281 79,819 80,193 1,18 scarti 5 legumi
100,32 100,48 101,34 102,35 100,75 101,05 0,82 1 9 3 6 0 2 6
Proprietà meccaniche
Qualsiasi sia l'applicazione del film, à ̈ di estrema importanza studiarne le proprietà meccaniche, che evidenziano l'elasticità e la resistenza dei film stessi. Le proprietà meccaniche studiate sono state: carico a rottura, allungamento a rottura e modulo elastico.
Per quanto riguarda il carico a rottura e l'allungamento a rottura i film sono stati precondizionati al 50% di umidità relativa e 22°C di temperatura e quindi tagliati con bisturi in strisce di 10 cm di lunghezza ed 0,5 cm di larghezza. La parte terminale di ciascuna di queste strisce à ̈ stata montata tra due morsetti, agenti da attenuatori nell'eventuale rottura del film durante il montaggio tra i morsetti metallici dell'Instron. La distanza iniziale tra i due morsetti metallici era di 90 mm, mentre la velocità di spostamento era di 5 mm min<-1>.
Le prove di trazione sono state eseguite utilizzando un Dinamometro Instron 6021 a funzionamento elettromeccanico con cella di rilevamento del carico da 100 N ed adottando l'ASTM standard method D 882-95 (ASTM,1995). L'acquisizione e l'elaborazione dei dati à ̈ stata eseguita utilizzando il software Instron Bluehill.
Nella tabella 3 sono riportati i parametri di sforzo a carico massimo, allungamento percentuale e modulo di Young, ottenuti nelle prove dinamometriche. Il film presenta un buon grado di elasticità ed una relativamente buona resistenza a rottura. I valori cadono nell'intervallo di quelli normalmente ottenuti sui materiali plastici tradizionali per imballaggio per quanto riguarda l'allungamento percentuale, mentre risulta inferiore rispetto alla resistenza alla rottura.
Tabella 3
Film spessore 50 pm Film spessore 90 pm (Media ± Dev.St.) (Media ± Dev.St.) Sforzo a 1,0 ± 0,1 1,8 ± 0,3 massima
rottura (MPA)
Deformazione 50,6 ± 12,9 175,0 ± 43,8 a rottura %
Modulo di 13,2 ± 3,8 26,4 ± 3,6 Young (MPA)
La seguente tabella mostra le proprietà chimico-fisiche del film dell'invenzione paragonate con le proprietà chimicofisiche di materiali noti
Tabella 4
Sforzo au,
Carico a Modulo Campione Spessore carico rot.t.ura _Young massimo
mm Mpa<%>Mpa PLA 0,027 59,3 50,8 3420,6 Dev Std 3,1 25,5 163,8 CV 5,2 50,1 4,8 PLA Laccato 0,027 85,7 94,9 4206,2 Dev Std 4,1 50,6 186,9 CV 4,8 53,3 4,4 PLA con SIOX 0,048 56,7 23,0 2920,5 Dev Std 2,5 11,6 93,7 CV 4, 4 50,6 3,2 PLA Naturflex 0,050 68,9 49,6 3256,0 Dev Std 6,1 4,8 173,0 CV 8, 8 9,6 5,3 SCARTI Piselli gly 0,080 1,8 79,9 35,1 Dev Std 0,3 21,5 6,1 CV 14,5 26,9 17,4 Scarti legumi
0,095 1,3 124,5 20,7 carvacol gly
Dev Std 0,4 9,7 0,8 CV 27,9 7,8 3,9 Scarti legumi gly 0,090 1,8 175,0 26,4 Dev Std 0,3 43,8 3,6 CV 15,0 25,0 13,5 Scarti legumi gly
0,095 1,4 141,8 19,8 enzima
Dev Std 0,3 61,8 2,4 CV 18,9 43,6 12,1 Scarti legumi gly 10
0,045 1,0 50,6 13,2 mi (spessore ridotto)
Dev Std 0,1 12,9 3,8 CV 13,4 25,6 28,7 Legenda :
PLA = acido polilattico;
PLA Laccato = acido polilattico rivestito con un coating ad alta barriera;
PLA con SIOX = acido polilattico rivestito con ossido di silicio;
PLA Naturflex = acido polilattico Naturflex®;
Scarti Piselli gly = film edibile ottenuto da scarti di piselli dell'invenzione;
Scarti legumi carvacol gly = film edibile ottenuto da scarti di legumi con aggiunta di antimicrobico dell 'invenzione;
Scarti legumi gly = film edibile dell'invenzione ottenuto da scarti di legumi senza enzima che catalizza la reazione di polimerizzazione;
Scarti legumi gly enzima film edibile dell'invenzione ottenuto da scarti di legumi con enzima transglutaminasi che catalizza la reazione di polimerizzazione;
CV = coefficiente di variazione
gly= glicerolo.
I valori riportati in tabella cadono nell'intervallo di quelli normalmente ottenuti sul biopolimeri PLA per imballaggio per quanto riguarda l'allungamento percentuale.
Permeabilità all'ossigeno
La prova à ̈ stata effettuata seguendo il metodo ufficiale riportato nella norma ASTM D 3985 con strumento MOCON OX-TRAN 200 H (Permeabilità Tester).
La velocità alla quale l'ossigeno passa attraverso un determinato materiale dipende dalle condizioni in cui viene fatta la prova e dalla geometria del provino.
Il volume di ossigeno che permea attraverso il materiale à ̈ proporzionale al tempo di durata della prova, alla pressione e alla temperatura a cui viene eseguita la prova. Per questo motivo viene utilizzato il metodo di prova descritto nella norma ASTM D 3985 al fine di testare i diversi materiali sempre nelle stesse condizioni: 23°C, 0% RH, 1 atm per 24 ore.
Il campione viene posizionato all'interno di una camera dove vengono ricreate le condizioni di temperatura e di umidità relativa necessarie per il corretto svolgimento della prova.
Un lato del campione viene esposto ad un'atmosfera di azoto, mentre l'altro à ̈ esposto ad un'atmosfera di ossigeno .
Un sensore monitora la quantità di ossigeno presente dal lato dell'azoto, cioà ̈ la quantità di ossigeno che à ̈ riuscita a permeare attraverso il film e ad invadere la zona della camera in cui era presente solo azoto.
Per questa analisi à ̈ stata utilizzata un'area di 8,9 cm<2>. II test à ̈ completo quando la concentrazione di ossigeno nell'azoto à ̈ costante.
Prove di permeabilità all'ossigeno hanno evidenziato che il film presenta una buona barriera all'ossigeno; infatti la permeabilità finale si attesta su valori bassi, circa 0,225 cm<3>/(m<2>giorno).
Tabella 5
Film spessore 90pm (Media ± Dev. St.) Permeabilità all'ossigeno
7,6±0,21
(cm<3>/xn<2>/giorno)
Sono stati fatti una serie di misurazioni della
permeabilità all'ossigeno dei film preparati secondo
l'invenzione e paragonati ai valori di permeabilità
all'ossigeno che si ottengono con altri materiali, quali
l'acido polilattico ed i polimeri di origine sintetica.
I risultati sono riportati nelle seguenti tabelle.
Tabella 6
N° Campione Spessor Tempe Test rH rH N2Risulta
Data e (znm) ratur Gs.s O2Oz(%) ti
Medio a (%) <%) (cm<3>/m<2>/
Dev. (°C) giorno)
Std.
Scarti
0.104
1 piselli 23 100 0 0 4.0 0,18
(LAB)
Scarti
0.081
2 piselli 23 100 0 0 5.6 0,03
(LAB)
Scarti
0.153
3 piselli 23 100 0 0 2.9 0,02
(LAB)
4 Scarti 0.089
23 100 0 0 14.3 legumi 0,02
5 Scarti 0.089
23 100 0 0 23.5 legumi 0,03
6 Scarti 0.089
23 100 7 .6 legumi 0,01
LEGENDA:
Scarti Piselli (LAB) = film edibile ottenuto da scarti di piselli estratti in laboratorio;
Scarti legumi = film edibile ottenuto da scarti di legumi con metodo di estrazione delle proteine;
Tabella 7
N° Campion Spessore Tempera Test rH rH N2Risulta Data e (nm) tura Gas O2 02(%) ti Medio (°C) (%) (%) (cm<3>/m<2>/ Dev. Std. giorno) Scarti
0.104
1 piselli 23 100 0 0 5.6 0,01
(LAB)
Scarti 0.089
2 23 100 0 0 23.5 legumi 0,01
Scarti 0,045
3 23 100 0 0 22.2 legumi 0,01
Scarti Piselli (LAB) = film edibile ottenuto da scarti di piselli estratti in laboratorio;
Scarti legumi = film edibile ottenuto da scarti di legumi con metodo di estrazione delle proteine.
Tabella 8
N° Campione Spessore Temperatura Test rH rH Risultati (mm) (°C) Gas o2N2(cm<3>/m<2>/day)
02(%) (%)
<%)
PLA Natur
1 0,050 23 100 0 0 >2000 flex 22my
PLA
2 0,027 23 100 0 0 >2000 30my
PLA
3 laccato 0,027 23 100 0 0 >2000 30my
PLA SiOx
4 0,048 23 100 0 0 >2000 40my
LEGENDA:
PLA Naturflex = acido polilattico Naturflex®;
PLA = acido polilattico;
PLA Laccato = acido polilattico rivestito con un coating ad alta barriera;
PLA con SIOX = acido polilattico rivestito con ossido di silicio .
Dalla letteratura si ricavano i valori di permeabilità all'ossigeno dei film sintetici, riportati nelle seguenti tabelle.
Tabella 9
TIPO PRODOTTO SPESSORE OSSIGENO VAPOR
(Î1⁄4> (cm<3>/m<2>/giorno) ACQUEO (g/m<2>/24 h) PET 12 140 20 PET METALLIZED 12 <1.0 <1.0 NYLON 12 45 350 NYLON METALLIZED 12 <2.5 <1.0 OPP 20 1500 <1.5 OPP METALLIZED 20 <200 <0.6 LDPE 50 2500 1.0 FILM PROTEICO 50 22.2 n.d. dell<1>invenzione
LEGENDA:
PET = Polietilene tereftalato
PET METALLIZED = Polietilene tereftalato su cui à ̈ stato depositato un sottilissimo strato metallico (alluminio). NYLON = nylon
NYLON METALLIZED = nylon su cui à ̈ stato depositato un sottilissimo strato metallico (alluminio).
OPP = polipropilene orientato
OPP METALLIZED = polipropilene orientato su cui à ̈ stato depositato un sottilissimo strato metallico (alluminio). LDPE = Polietilene a bassa densità
FILM PROTEICO DELL'INVENZIONE = film proteico realizzato a partire da scarti di lavorazione dei legumi.
Tabella 10
Materia plastica del Permeabilità all'ossigeno di un film film di 25 pm di spessore
(cm<3>/m<2>24h)
Polietilene a bassa 7000-8000
densità (LDPE)
Polietilene ad alta 2800-3000
densità (HDPE)
Polipropilene (PP) 2300-3700
Cloruro di polivinile 6000-9000 plastificato (PVC)
Polistirene (PS) 3800-5400
Polietilene 45-90
tereftalato (PET)
Poliammide 6 (PA6) 20-40
Poliammide 11 (PAH ) 500-1500
Cloruro di 12-100 polivinilidene (PVDC)
Copolimero etilene 1-2
vinil alcol (EVOH)
Le prove di permeabilità all'ossigeno hanno indicato che i film proteici preparati da scarti di legumi offrono una barriera all'ossigeno decisamente maggiore di quella fornita dai tradizionali film plastici (PET, PP, PVC e nylon) . I dati ottenuti dai film proteici sono confrontabili con quelli registrati nel caso dei film plastici metallizzati, dove l'aggiunta di un sottile strato metallico conferisce ai film un'eccellente barriera all 'ossigeno.
Esame al microscopio elettronico (SEM)
Il microscopio elettronico a scansione (SEM) à ̈ uno strumento elettro-ottico caratterizzato da una buona risoluzione e da una notevole profondità di fuoco, che consentono di osservare ad alti ingrandimenti (fino a 200000), con elevata tridimensionalità,la topografia superficiale di provini massivi. Il principio di funzionamento del SEM si basa su un fascio di elettroni, emessi da un filamento di tungsteno, che vengono accelerati con tensione variabile da 0,1 a 50 KV e focalizzati da una serie di lenti-condensatori sul campione.
Questi elettroni primari, interagendo con il campione, danno luogo a vari effetti come l'emissione di elettroni secondari, che opportunamente trattati, danno luogo alle immagini impiegate nello studio della topografia superficiale. Il SEM può essere utilizzato per lo studio di campioni di diversa natura (metallici, plastici, biologici, ecc.) . Nel caso di materiali non conduttori, plastici o biologici, à ̈ necessario applicare sulla superficie del campione un rivestimento conduttore, generalmente costituito da un sottile film di oro.
Per l'osservazione della superficie dei film edibili à ̈ stato utilizzato il microscopio Cambridge Stereoscan 200, abbinato al software per l'elaborazione delle immagini INCA Point ID (Oxford Instruments).
I campioni sono stati metallizzati con oro, mediante Agar Sputter Coater e osservati utilizzando una tensione di accelerazione del fascio di 10KV, per non danneggiare la superficie .
Mediante il SEM à ̈ stato messo a confronto l'aspetto della superficie del film. La prima informazione interessante emersa à ̈ che, indipendentemente dai parametri operativi, la superficie esposta all'esterno della capsula Petri presenta sempre bolle (Fig. 2) tondeggianti di diametro variabile, mentre la superficie rivolta all'interno appare liscia e senza bolle.
Le bolle tuttavia sono solo difetti superficiali che interessano una porzione assolutamente marginale dell'intero spessore del film, senza andare a influire sulla permeabilità ai gas del film.
In tale spettro sono evidenti i picchi caratteristici dei composti alcolici:
Analisi con spettroscopia FT-IR (ATR)
Lo spettro IR del film biopolimerico à ̈ stato acquisito nella regione compresa tra 4000 e 600 cm<"1>(figura 3).
Lo spettro à ̈ stato normalizzato e "smoothato" per ridurre il livello di rumore di fondo; inoltre la linea di base à ̈ stata corretta applicando una funzione quadratica.
Nello spettro sono visibili i seguenti picchi caratteristici:
3287 cm<-1>picco intenso ed allargato relativo agli stretching dei legami O-H;
-1330 e 1259 cm<-1>picchi relativi ai "bending" dei legami 0-H di alcoli primari e secondari;
-1109 e 1038 cm<-1>picchi relativi agli stretching dei legami C-O.
Sono inoltre presenti i picchi a 2937 e 2880 cm<'1>che corrispondono agli stretching dei legami
C-H, i picchi 1452 e 1415 cm<-1>relativi ai bending dei legami C-H e i picchi a 1646, 924 e 852 cm<'1>che probabilmente sono dovuti alla forma enolica della molecola di glicerolo derivante dalla perdita di una molecola di acqua .
I picchi che cadono nella zona compresa tra 1109 e 854 cm<'1>appartengono alle vibrazioni della molecola di glicerina addizionata. Si osserva inoltre un aumento di intensità del picco a 3269 cnf<1>(rispetto allo spettro del glicerolo riportato in figura 4) dovuto alla sovrapposizione della banda degli stretching dei legami N-H proteici con quelle relative agli stretching dei legami O-H della glicerina che cadono nella stessa zona.

Claims (16)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Metodo di estrazione di proteine da un materiale vegetale di scarto dell'industria conserviera proveniente dalla lavorazione di legumi e avente un contenuto proteico compreso tra 4% e 10%, comprendente : a)Disperdere detto materiale di scarto in una soluzione acquosa tamponata a pH neutro-basico; b)Separare un surnatante solido dalla frazione liquida; c)Portare detta frazione liquida a pH acido mediante aggiunta di una soluzione acida; . d)Separare un precipitato proteico e sottoporlo ad ultrafiltrazione ottenendo, come ultrafiltrato, un concentrato proteico.
  2. 2. Metodo secondo la rivendicazione 1, in cui detto materiale vegetale di scarto à ̈ ottenuto dalla lavorazione di fagioli borlotti, cannellini, piselli e/o lenticchie.
  3. 3. Metodo secondo la rivendicazione 1 o 2, in cui in detta fase a), il pH Ã ̈ compreso tra 6,5 e 8.
  4. 4. Metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni dalla 1 alla 3, in cui detta fase b) comprende una fase di decantazione di detta dispersione basica per un tempo compreso tra 5 e 20 ore.
  5. 5. Metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni dalla 1 alla 4, in cui in detta fase c) il pH Ã ̈ compreso tra 3 e 6.
  6. 6. Metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni dalla 1 alla 5, in cui detta fase d) di ultrafiltrazione à ̈ condotta con una membrana avente diametro dei pori compreso tra 0,05 e 0,3 pm, preferibilmente tra 0,08 e 0,2 pm.
  7. 7. Concentrato proteico ottenibile mediante un metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni dalla 1 alla 6.
  8. 8 .Concentrato proteico ottenibile da un materiale vegetale di scarto dell'industria conserviera proveniente dalla lavorazione di legumi in scatola e avente un contenuto proteico compreso tra 4% e 10%, comprendente una percentuale di proteine da 60 a 90% e caratterizzato da proteine aventi un peso molecolare compreso tra 10 e 80 kD, un'umidità compresa tra 1 e 5%, determinata mediante metodo gravimetrico normalizzato secondo standard europeo EN 12145-1996, ed una temperatura di denaturazione termica delle proteine compresa tra gli 80 e i 90°C, determinata mediante analisi termica DSC.
  9. 9. Metodo per la preparazione di un biopolimero comprendente : (i).Miscelare un concentrato proteico secondo la rivendicazione 7 o 8 con un plasticizzante scelto nel gruppo costituito da glicerolo e sorbitolo, in rapporto 30-70:70-30, preferibilmente 40-60:60-40; (ii).Portare detta miscela a pH basico mediante l'aggiunta di una soluzione basica; (iii).Denaturare le proteine contenute in detta miscela basica, scaldando la miscela basica ad una temperatura >50°C.
  10. 10. Metodo secondo la rivendicazione 9, in cui in detta fase (ii), il pH Ã ̈ compreso tra 6 e 8.
  11. 11. Metodo secondo la rivendicazione 9 o 10, comprendente, dopo la fase (iii) di denaturazione, una fase di raffreddamento a temperatura ambiente.
  12. 12. Biopolimero ottenibile con il metodo secondo una qualsiasi delle rivendicazioni dalla 9 alla 11.
  13. 13. Metodo per la preparazione di un film biopolimerico, comprendente: (i).Mettere a disposizione un biopolimero secondo la rivendicazione 12; (ii).Posare detto biopolimero su una superficie piana .
  14. 14. Film biopolimerico ottenibile con il metodo secondo la rivendicazione 13.
  15. 15. Film biopolimerico ottenibile da un materiale vegetale di scarto dell'industria conserviera proveniente dalla lavorazione di legumi in scatola e avente un contenuto proteico compreso tra 4% e 10%, detto film essendo caratterizzato da un carico a rottura compreso tra 0,5 e 3 MPA, un allungamento a rottura compreso tra 30 e 300%, un modulo elastico di Young compreso tra 5 e 50 MPA, determinati mediante la norma ASTM D882-95-1995, ed una permeabilità all'ossigeno, misurata con la norma ASTM D3985 e DIN 53380, Teil 3, compresa tra 4-15 cm<3>/m<2>/giorno.
  16. 16. Film secondo la rivendicazione 14 o 15, avente uno spessore compreso tra 40 e 200 Î1⁄4πι, preferibilmente tra 50 e i 100 pm.
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