ITFI20100216A1 - Fotobioreattore tubolare per la produzione di microalghe. - Google Patents

Fotobioreattore tubolare per la produzione di microalghe. Download PDF

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ITFI20100216A1
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photobioreactor
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pipes
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IT000216A
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Patrick Lorenzo Giudici
Mario Tredici
Original Assignee
Fotosintetica & Microbiologica S R L
Sogepi S R L
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    • CCHEMISTRY; METALLURGY
    • C12BIOCHEMISTRY; BEER; SPIRITS; WINE; VINEGAR; MICROBIOLOGY; ENZYMOLOGY; MUTATION OR GENETIC ENGINEERING
    • C12MAPPARATUS FOR ENZYMOLOGY OR MICROBIOLOGY; APPARATUS FOR CULTURING MICROORGANISMS FOR PRODUCING BIOMASS, FOR GROWING CELLS OR FOR OBTAINING FERMENTATION OR METABOLIC PRODUCTS, i.e. BIOREACTORS OR FERMENTERS
    • C12M21/00Bioreactors or fermenters specially adapted for specific uses
    • C12M21/02Photobioreactors
    • CCHEMISTRY; METALLURGY
    • C12BIOCHEMISTRY; BEER; SPIRITS; WINE; VINEGAR; MICROBIOLOGY; ENZYMOLOGY; MUTATION OR GENETIC ENGINEERING
    • C12MAPPARATUS FOR ENZYMOLOGY OR MICROBIOLOGY; APPARATUS FOR CULTURING MICROORGANISMS FOR PRODUCING BIOMASS, FOR GROWING CELLS OR FOR OBTAINING FERMENTATION OR METABOLIC PRODUCTS, i.e. BIOREACTORS OR FERMENTERS
    • C12M43/00Combinations of bioreactors or fermenters with other apparatus
    • C12M43/02Bioreactors or fermenters combined with devices for liquid fuel extraction; Biorefineries

Description

FOTOBIORATTORE TUBOLARE PER LA PRODUZIONE DI MICROALGHE Campo dell’invenzione
L’invenzione si riferisce al campo delle apparecchiature per la produzione di microalghe, in particolare ai fotobiorattori.
Stato della tecnica
Come à ̈ noto, alla base della produzione di microalghe si colloca la reazione di “fotosintesi clorofilliana†(6CO2 6H2O 686 Kcal/mol → C6H12O6 6O2) dove acqua e anidride carbonica in presenza di luce reagiscono per dare sostanze organiche (glucosio) e ossigeno. Tale reazione permette la crescita di massa delle microalghe se in presenza di un “substrato fertile†cioà ̈ un mezzo colturale adatto alla specie algale coltivata.
I sistemi per la produzione di microalghe (fotobioreattori) si dividono in due famiglie principali:
- i sistemi “aperti†dove i microrganismi sono coltivati a contatto con l’aria esterna, vale a dire in vasche dove la coltura algale à ̈ statica o messa in movimento da agitatori (ad esempio pale rotanti) o insufflazione di aria;
- i sistemi chiusi nei quali, invece, la coltura algale à ̈ all’interno di contenitori di svariate forme e mantenuta in movimento tramite sistemi di varia natura, tra i più diffusi quello dell’insufflazione di aria, o in alternativa l’utilizzo di pompe elettriche.
Tra le varie forme geometriche dei contenitori adottati per sistemi chiusi vi à ̈ quello cilindrico che, nel caso di disposizione orizzontale, identifica con l’aggettivo “tubolare†la categoria di fotobioreattori.
Si tratta sommariamente di un fascio di tubi trasparenti (per permettere il passaggio della luce solare e quindi la reazione fotosintetica) disposti orizzontalmente affiancati l’uno all’altro all’interno del quale viene fatta scorrere la coltura algale e dove avviene la fotosintesi clorofilliana.
I tubi trasparenti sono normalmente disposti affiancati sul terreno e raggruppati in due fasci tubieri ciascuno di n tubi cadauno: all’interno di un fascio tubiero la coltura scorre in un senso, all’interno dell’altro, in senso opposto.
La coltura viene mantenuta in movimento per mezzo di una pompa elettrica posizionata a monte del fascio tubiero di andata.
Oltre alla circolazione all’interno dei fasci tubieri ed all’insufflazione di anidride carbonica, per assicurare la crescita della coltura algale, viene operata una serie di controlli di processo: in particolare il controllo della temperatura e l’eliminazione dell’ossigeno prodotto dalla reazione fotosintetica.
La temperatura infatti à ̈ un parametro fondamentale per la vita delle microalghe dal momento che questa à ̈ ottimale solo all’interno di un preciso intervallo proprio di ogni specie algale.
L’ossigeno disciolto prodotto nella reazione di fotosintesi va eliminato, invece, in quanto, se presente in concentrazioni elevate, agisce spostando l’equilibrio della reazione suddetta verso sinistra, ed intossicando la cellula; di fatto, rallentando il processo di reazione e quindi, da ultimo, la crescita.
Raggiunta una determinata concentrazione, la coltura algale viene “raccolta†o “diluita†filtrando il flusso e separando le particelle solide dal liquido che dopo opportuno trattamento ritorna nel circuito.
A valle della raccolta bisogna poi considerare i processi necessari per la commercializzazione del prodotto, vale a dire la disidratazione della pasta algale, l’eventuale liofilizzazione e il confezionamento finale, eventuale estrazione di prodotti
La coltivazione nei sistemi chiusi permette produzione di qualità migliore rispetto ai sistemi aperti, in quanto non essendovi contatto rilevante con l’atmosfera esterna, à ̈ scongiurata (o fortemente limitata) la presenza nel prodotto finale di impurità provenienti da inquinanti esterni compresi quelli portati da precipitazioni.
E’ evidente quindi che la coltura in sistemi chiusi sia preferita, ma come detto questo pone dei problemi per quanto riguarda il controllo dei due parametri fondamentali di cui si à ̈ detto sopra: temperatura e concentrazione di ossigeno nella coltura.
Per ovviare a questi problemi nella domanda di brevetto WO 96/23865, sono descritti un processo ed un dispositivo per la coltivazione di microalghe in cui il raffreddamento à ̈ operato per mezzo di un “raffreddatore evaporativo†dove la coltura à ̈ chiusa all’interno di uno scambiatore sigillato all’esterno del quale viene fatta evaporare dell’acqua per fare aumentare lo scambio termico; il degasaggio viene effettuato, invece, in un’unità separata costituita da un serbatoio sottovuoto. Analogamente nella domanda di brevetto WO 99/61577 à ̈ descritto un fotobioreattore a circuito chiuso in cui le strutture tubolari sono alternate a moduli di degasaggio costituiti da collettori che intervallano il fascio tubiero del reattore collegati in atmosfera per mezzo di “tubi verticali di sfiato†da cui l’ossigeno disciolto dovrebbe fuoriuscire; il degasaggio viene ripetuto in un serbatoio dove la coltura da degasare viene trattata con dell’aria insufflata inferiormente in modo forzato per ottenere l’effetto di liberazione dell’ossigeno disciolto presente in essa; il raffreddamento viene eseguito, a parte, in unità che possono essere un “raffreddatore evaporativo†identico a quello descritto in precedenza, oppure, altri sistemi “chiusi†dove, cioà ̈, la coltura non viene mai fatta evaporare direttamente in atmosfera.
Indipendentemente dalla soluzione adottata à ̈ comunque evidente dallo stato dell’arte come sia ritenuto essenziale che la coltura venga mantenuta in un circuito chiuso durante tutta la fase di accrescimento delle alghe e che questa quindi non venga mai a contatto con l’aria
Nonostante i vantaggi ottenuti operando con i dispositivi descritti i bioreattori noti nell’arte non sono ancora pienamente soddisfacenti ed à ̈ evidente la necessità di proporre soluzioni migliorative in particolare per quanto riguarda i sistemi di controllo della temperatura e della concentrazione di ossigeno nella soluzione di coltura.
Breve descrizione delle figure:
La Figura 1 rappresenta schematicamente un fotobioreattore secondo l’invenzione.
La Figura 2 rappresenta schematicamente l’unità di degasaggio aperto del fotobioreattore secondo l’invenzione.
Sommario dell’invenzione
E’ descritto un fotobioreattore tubolare per la coltivazione di microalghe comprendente una unità di raffreddamento/degassaggio aperta.
Descrizione dettagliata dell’invenzione
E’ stato ora sorprendentemente trovato che contrariamente a quanto ritenuto nell’arte, non à ̈ necessario che la coltura di un sistema chiuso sia mantenuta sempre in un circuito chiuso ma à ̈ possibile svolgere le operazioni di controllo della temperatura e allontanamento dell’ossigeno in eccesso utilizzando un’unica unità aperta di degasaggio e raffreddamento per evaporazione diretta in atmosfera del liquido della coltura stessa in cui quindi il raffreddamento della coltura avviene per semplice evaporazione del liquido con contemporanea eliminazione dell’ossigeno in eccesso prodotto dalla coltura.
L’eliminazione del calore per evaporazione del liquido può avvenire per evaporazione naturale o sotto ventilazione forzata.
La presente invenzione riguarda quindi un fotobioreattore tubolare per la coltura algale in cui il controllo della temperatura e l’eliminazione dell’ossigeno in eccesso prodotto dalla coltura vengono effettuati in una unità di degasaggio aperto per evaporazione del liquido della coltura stessa.
Come si vede dalla figura 1 un fotobioreattore tubolare 10 secondo l’invenzione à ̈ composto essenzialmente da:
• una pompa di spinta di tipo volumetrico 11
• un fotobioreattore di andata 12
• un fotobioreattore di ritorno 13
• un’unità di degasaggio e raffreddamento 14
Sono poi ovviamente presenti sistemi di raccolta biomassa, sistemi di essiccamento della biomassa raccolta, unità di trattamento reflui, unità di stoccaggio di mezzo colturale, unità di addolcimento acqua principale, una unità centrale di processo (CPU) e la strumentazione a corredo dell’impianto: controllo concentrazione ossigeno, controllo temperatura, controllo di pH.
Secondo l’invenzione per coltura algale si intende i microrganismi che sono coltivati nell’impianto; il bioreattore secondo l’invenzione à ̈ risultato idoneo per la coltivazione di svariate specie algali. I tests di validazione sono stati eseguiti con due specie dalle esigenze notevolmente diverse: Nannochloropsis che contiene elevate quantità di vitamina B12 e di acidi grassi altamente insaturi (EPA) e Arthrospira platensis, alga altamente proteica, anch’essa ricca di vitamina B12 considerata un eccellente integratore alimentare naturale.
La pompa di spinta 11 à ̈ l’apparecchio che garantisce la circolazione della coltura algale nel fotobioreattore necessaria ad ottenere una adeguata turbolenza e quindi all’effettuazione della reazione di fotosintesi in condizioni ottimali. Le caratteristiche della pompa devono essere tali da effettuare tale servizio senza danneggiare le cellule della microalga coltivata, evitando cioà ̈ che si verifichino al suo interno, forti velocità e pressioni. Preferite sono le pompe “a lobi†proprio in considerazione delle condizioni di processo citate e per ragioni di tipo energetico, dal momento che questo tipo di macchina nell’ambito della famiglia di appartenenza (pompe volumetriche) offre le migliori prestazioni in termini di efficienza idraulica nel pompaggio, se confrontata con unità peristaltiche o a membrana anch’esse idonee all’utilizzo con microalghe
L’unità di degasaggio e raffreddamento 14 à ̈ un’apparecchiatura di concezione similare a quella di una torre evaporativa ed à ̈ costituita (vedi Fig.2 ) da un involucro realizzato con un telaio metallico 15 (ad esempio) acciaio zincato a caldo e da pannellature esterne in materiale plastico o metallico.
Detta unità presenta al suo interno, partendo dall’alto, degli ugelli 16, collegati al tubo di raccolta 17 che convoglia la coltura rispettivamente da e verso i pannelli tubolari 13 e 12, un pacco di riempimento 18 in materiale plastico costituito da una pila di griglie costituenti una trama del tipo “a nido d’ape†ed un bacino di raccolta 19 costituito da una vasca solidale alla struttura dell’apparecchio.
La coltura calda e ricca di ossigeno disciolto arriva agli ugelli 16 dai quali viene spruzzata verso il basso all’interno del “pacco di riempimento†18 dove essa viene distribuita capillarmente su ampie superfici dove avviene il contatto aria esterna/coltura e parte dell’evaporazione dell’acqua e dell’effetto di raffreddamento.
Si ha quindi un trasferimento di massa dalle gocce di coltura all’aria, tanto più efficace quanto meno à ̈ umida l’aria esterna, fino, potenzialmente, alla sua completa saturazione. La coltura cede energia all’aria in modo isotermico per l’aria, ma con cessione di calore (latente) e quindi raffreddamento della coltura.
Percorso tutto il pacco di scambio la coltura precipita a pioggia, dopo un salto di circa 50 cm, nel bacino di raccolta posto sul fondo dell’unità, dove l’acqua evapora ulteriormente ed avviene il fenomeno di liberazione dell’ossigeno disciolto e la coltura viene accumulata fino ad un dato livello (normalmente circa 30 cm) per essere poi raccolta, infine l’acqua fuoriesce, aspirata dalla pompa PC. Proprio nell’urto tra le particelle di coltura e la superficie del pacco di riempimento e, poi, durante la caduta nel bacino, avviene il fenomeno di liberazione di ossigeno disciolto nella coltura.
Il bacino di raccolta 19 presenta delle aperture (finestre) 20 dalle quali entra l’aria esterna che attraversa il pacco di riempimento verso l’alto in maniera naturale o forzata tramite un ventilatore 21 posto in corrispondenza dell’apertura di sommità 22. Nel bacino avviene il reintegro dell’acqua evaporata tramite afflusso da una valvola automatica di acqua addolcita o coltura trattata.
Opportuni sistemi di filtraggio dell’aria possono essere installati sulle finestre (20) qualora si richiedesse un’ulteriore grado di purezza della coltura.
L’unità di degasaggio secondo l’invenzione permette di ovviare con un unico apparecchio ai due problemi che, come spiegato sopra, sono tipici degli apparecchi della famiglia degli impianti “chiusi†, vale a dire il degasaggio (eliminazione di ossigeno disciolto creatosi nella fotosintesi) e il raffreddamento della coltura. L’evaporazione diretta in atmosfera esterna della coltura, per ottenere congiuntamente sia il raffreddamento che il degasaggio della coltura, rappresenta un’applicazione inedita.
I risultati ottenuti sono positivi e fugano il radicato pregiudizio che il contatto diretto tra l’aria esterna e la coltura possa essere deleterio per la crescita di biomassa. Il raffreddamento avviene grazie al calore latente di evaporazione del mezzo (acquoso) di coltura.
Si noti come la stessa unità di degasaggio si presta, altresì, ottimamente al riscaldamento della coltura nei periodi più freddi con l’installazione nel bacino di raccolta della coltura di uno scambiatore (serpentino) alimentato da una fonte di calore esterna tipo acqua calda o vapore.
Il fotobioreattore à ̈ preferibilmente costituito da due gruppi di fasci tubieri di cui il primo gruppo à ̈ quello “di andata†12, il secondo, quello “di ritorno†13; entrambi possono essere singoli oppure multipli.
Ciascun fascio tubiero à ̈ costituito da un numero n di tubi. Il numero di fasci tubieri ed il numero dei tubi costituenti il singolo fascio tubiero à ̈ variabile in funzione della capacità che si assegna all’impianto. Maggiore à ̈ la superficie coperta dai tubi, maggiore sarà la capacità dell’impianto di produzione.
Preferibilmente secondo l’invenzione il fotobioreattore à ̈ composto da 2 fasci tubieri di andata e 2 fasci tubieri di ritorno ciascuno costituito da 8 tubazioni. Le tubazioni si sviluppano per 40 m su un singolo piano (8 tubi affiancati tra di loro a 9 cm di distanza tra le loro facce) e sono realizzate con materiale trasparente come ad esempio polimetilmetacrilato (PMMA o commercialmente Plexiglass), di diametro esterno pari a 90 mm (interno 80 mm). Ogni singolo tubo costituente la tubazione ha una lunghezza unitaria di 10 m; la connessione tra ogni singola tubazione à ̈ di tipo “flangiato†con flange in cloruro di polivinile (PVC).
Le tubazioni sono appoggiate e fissate su un’apposita struttura in acciaio, all’interno di guide ad “U†che ne permettono lo scorrimento assiale (longitudinale) dovuto alla dilatazione termica lineare del materiale plastico. La dilatazione termica totale di ogni singola tubazione di 40 m viene assorbita da appositi giunti di compensazione realizzati, ad esempio, con tubazioni flessibili disposti a “U†verso l’alto, oppure da appositi giunti lineari del tipo “a molla†.
Preferibilmente all’interno delle tubazioni viene alloggiato un corpo solido di forma spiroidale mantenuto in posizione centrale da appositi supporti, per tutta la lunghezza, cioà ̈ 40 m, oppure solo in alcune sezioni. Tale corpo solido interno in materiale plastico o metallico serve ad imprimere al flusso colturale un moto elicoidale così da ottenere una adeguata frequenza luce-ombra che à ̈ stato dimostrato favorisce la reazione di fotosintesi aumentando, quindi, la produttività dell’impianto.
Si può prevedere, inoltre, l’adozione di un sistema di pulizia delle tubazioni trasparenti che possono durante l’esercizio sporcarsi a causa della deposizione di sostanze organiche sulla parete interna.
Tale sistema prevede l’iniezione di sfere o cilindri in materiale plastico debolmente abrasivo immesse nel fotobioreattore in quantità sufficiente per potere avere un’azione efficace grazie all’urto con la parete interna della tubazione. Il sistema prevede un apparecchio pneumatico per l’iniezione (tipo pistone), ed un sistema di raccolta a cestello. L’apparecchio di iniezione à ̈ costituito da un cilindro in acciaio (generalmente di diametro pari a 80 mm) con alla base una valvola a sfera a passaggio totale saldata sulla tubazione principale a valle della pompa PC, dotato di una testa apribile con un sistema “rapido†a maniglia di capacità sufficiente a contenere delle sfere di materiale plastico debolmente abrasivo (ad esempio di 20 mm di diametro).
All’interno del cilindro scorre un pistone metallico dotato di fasce elastiche di tenuta ed un albero guida fuoriuscente dalla testa apribile tramite un foro. Una volta riempito il cilindro di sfere mescolate a della coltura algale prelevata dall’impianto, viene alloggiato il pistone e serrato il coperchio di chiusura. L’iniezione delle sfere nel circuito avviene con aria compressa iniettata tramite apposito raccordo nella volta interna del cilindro compresa tra il pistone e il coperchio di chiusura. Le sfere distribuitesi nel circuito, dopo avere compiuto l’intero percorso dei tubi dei fasci tubieri 12 e 13, all’altezza dell’unità di degasaggio vengono raccolte tramite l’utilizzo di un cestello installato su una tubazione di by-pass del pacco di riempimento dell’unità di degasaggio stessa. La coltura fuoriesce dalla tubazione di by-pass descritta “a bocca libera†nel bacino di raccolta dell’unità di degasaggio da dove viene normalmente aspirata dalla pompa PC. Le sfere vengono raccolte nel cestello e recuperate per una seconda, terza iniezione. L’iniezione delle sfere dopo la pompa PC e prima del banco ugelli dell’unità di degasaggio à ̈ dettata dalla necessità di evitare che questi oggetti vadano a danneggiare o ad ostruire gli organi menzionati.
Il sistema di “agitazione†della coltura nei tubi di processo con inserimento di corpo solido spiroidale, rappresenta una soluzione volta alla ricerca di massime prestazioni dell’impianto così come il sistema di pulizia a sfere di materiale plastico che consente il mantenimento delle tubazioni in uno stato di perfetta trasparenza e, quindi, alta efficienza di penetrazione dei raggi solari.
Le tubazioni sono intestate alle due estremità a dei collettori (manifolds) realizzati in acciaio inossidabile (tipo AISI 304L) (o materiale plastico che può essere trasparente), dotati di spie ottiche in materiale plastico trasparente per il controllo del contenuto e sistemi di eliminazione di gas, tipo ossigeno o aria (vents) che si possono creare nella condotta durante la messa in marcia o il funzionamento. Le tubazioni di interconnessione tra le diverse apparecchiature che costituiscono l’impianto sono realizzate in acciaio inossidabile (tipo AISI 304L).
La coltura algale di partenza viene inoculata, preferibilmente a concentrazioni intorno a 0,2-0,5 g/l, in un “mezzo di coltura†che à ̈ costituito da acqua addolcita addizionata da diverse sostanze minerali (i nutrienti) in concentrazione tale da costituire un substrato adatto alla crescita.
Le alghe prodotte vengono raccolte quando la loro concentrazione raggiunge valori intorno a 2 g/l (coltura in batch) oppure giornalmente (coltura in semicontinuo).
In genere, non ci sono particolari preclusioni alla coltivazione di specie algali differenti ed anche molto esigenti con l’impianto in oggetto, date le significative capacità di gestione dei parametri di processo tipici con i sistemi di controllo di cui l’impianto à ̈ dotato. Infatti, si possono ricreare (e mantenere) le condizioni ottimali necessarie per la vita di ciascuna specie, in particolare di temperatura e di tensione di ossigeno disciolto, intervenendo sulle modalità operative degli apparati di processo.
Il sistema di raccolta delle alghe à ̈ costituito da un’unità di raccolta che può essere, a seconda della specie algale coltivata, un “vibrovaglio†o una “centrifuga†, preceduti o meno da opportuno sedimentatore al fine di diminuire il volume di coltura da trattare. All’interno di questi apparecchi avviene la separazione tra la frazione solida della coltura (biomassa) e la frazione liquida (mezzo di coltura). Entrambi i prodotti vengono stoccati (separatamente) in appositi contenitori, la biomassa per i trattamenti successivi dipendenti dalla destinazione finale, mentre, il refluo viene trattato in una serie di elementi filtranti con lo scopo di rimuovere le impurità e le sostanze formatisi collateralmente alla crescita algale (per es., batteri, organico solubile, particolato, ecc.). I filtri sono del tipo a cartuccia (fino a 10 micron di maglia), con aggiunta di un trattamento a carbone attivo per l’eliminazione totale delle sostanze organiche disciolte.
La biomassa raccolta viene congelata in attesa di successivi trattamenti che possono essere: essiccamento, liofilizzazione, imbustaggio, ecc.
Secondo particolari realizzazioni dell’invenzione sono previste, a corredo dell’impianto così descritto, una serie di unità ancillari, tra cui un sistema di addolcimento, necessario per abbassare il grado di durezza dell’acqua proveniente dall’acquedotto, un’unità di gestione e controllo utile per svolgere, in collaborazione con la strumentazione installata, le seguenti funzioni di controllo: - controllo di temperatura: la temperatura della coltura viene mantenuta sotto controllo tramite una sonda (PT100) e un controllore che interviene azionando il ventilatore dell’unità di degasaggio nel caso l’evaporazione naturale non sia sufficiente a smaltire il calore generato nel fotobioreattore. Il range ottimale, dipendente dalla specie algale coltivata, si colloca mediamente tra i 28 e i 33 °C. - controllo di pH: il pH viene mantenuto sotto controllo tramite delle sonde di pH ubicate nel fotobioreattore ed un controllore che interviene con l’iniezione di CO2 nella coltura in uno o più punti. Il valore ottimale varia con la specie coltivata. Nel caso di Arthrospira platensis si colloca intorno a 8,5.
- Regolazione di velocità della coltura: la velocità di scorrimento della coltura viene regolata grazie ad un inverter installato sul motore elettrico della pompa di circolazione che à ̈ azionabile con un “trimmer†alloggiato sulla CPU che consente la variazione di giri della pompa, quindi, della portata e da ultimo della velocità di scorrimento della coltura nei tubi. Il range ottimale si colloca in un intervallo tra 20 e 50 cm/s.
- Misura dell’ossigeno disciolto: la strumentazione installata permette il monitoraggio in continuo della concentrazione di ossigeno disciolto nella coltura, utile per controllare l’efficienza di degasaggio dell’unità di degasaggio.
- Nel caso di fuoriuscita dei parametri di controllo dai range ottimali menzionati poc’anzi, la CPU effettua la generazione di un segnale di allarme visivo a monitor e sonoro (cicalino).
Secondo una particolare realizzazione dell’invenzione il sistema di giunzione dei tubi in PMMA trasparente costituenti la parte “attiva†del fotobioreattore à ̈ di tipo flangiato; questo sistema che non risulta essere stato applicato in precedenza, offre l’indubbio vantaggio di fornire ottima affidabilità, se paragonato ai sistemi usati fino ad ora per giuntare tubazioni rigide trasparenti, basato sull’installazione di “manicotti†cioà ̈ spezzoni di tubo di diametro interno di poco superiore a quello esterno dei tubi di processo con l’inserimento di anelli di tenuta alloggiati in apposite sedi cave. Da rilievi eseguiti presso siti esistenti, si à ̈ notato come tale tipo di giunzione sia spesso fonte di problemi dovuti a rotture dei manicotti indeboliti dalle lavorazioni meccaniche necessarie alla creazione delle sedi di alloggiamento delle guarnizioni. Le flange, invece, hanno fornito ottime prestazioni, nonostante i dubbi iniziali circa il sistema di incollaggio tra tubo di processo e “cartella reggi flangia†dal momento che i due elementi sono realizzati in materiali tra loro diversi: PMMA per i tubi e PVC per la cartella reggi flangia. Successivi montaggi e rimontaggi sono avvenuti senza alcun problema.
Le flange e le cartelle sono state sottoposte ad un trattamento di rivestimento per metallizzazione con adesione di Cromo questo per eliminare il fenomeno di “invecchiamento†del PVC sottoposto ai raggi solari (in particolare UV).
Efficienza di degasaggio:
Nelle sperimentazioni effettuate on un apparecchio secondo l’invenzione l’ossigeno disciolto non hai mai superato la soglia ritenuta tossica od in grado di inibire la crescita delle specie coltivate.
Efficienza di raffreddamento
Per gran parte del tempo di funzionamento l’evaporazione per tiraggio naturale à ̈ sufficiente a smaltire il calore generato nel fotobioreattore. Il ventilatore che innesca il tiraggio forzato interviene, nei periodi più caldi, per circa 1-2 ore al giorno. Il risultato à ̈ apprezzabile anche dal punto di vista energetico, in quanto normalmente, negli impianti stato dell’arte attuale, per il raffreddamento della coltura vengono usati frigoriferi elettrici che comportano considerevoli dispendi energetici. Paragonata ad un sistema classico siffatto, l’evaporazione diretta permette di ridurre il consumo di energia fino a 10 volte.
Si noti infine come l’impianto ideato si presta in modo ideale allo “scaling up†. Uno degli obiettivi principali dei progetti di ricerca e sviluppo in corso relativamente a impianti per la produzione di microalghe à ̈ quello di mettere a punto sistemi che siano in grado di essere sviluppati su scala “industriale†, per poterne testare la produzione e valutarne la fattibilità produttiva e la competitività rispetto alla produzione di biomassa da fonti tradizionali da impiegare per scopi energetici. I fotobioreattori “chiusi†costituenti lo stato dell’arte attuale rimangono, infatti su scala “di laboratorio†o poco più. I problemi più difficili da risolvere sono di tipo impiantistico più che di processo, in quanto problematiche poco significative su piccoli impianti, si rivelano dei veri e propri ostacoli che ne impediscono la replicabilità in serie: per esempio il raffreddamento oppure il degasaggio o la movimentazione della coltura stessa che per grandi quantità di liquido risulta realizzabile efficientemente solo con l’utilizzo di pompe.
L’impianto in oggetto ha, invece, il grande pregio di essere del tutto modulare e perfettamente replicabile n volte. Il singolo modulo standard, così come concepito, dotato di tutti gli apparati principali ed ancillari descritti, costituisce un sistema isolato replicabile in serie, in teoria, all’infinito. La modularità, oltre alle doti di scalabilità descritte, presenta l’indubbio vantaggio di permettere un’ampia diversificazione della produzione, cioà ̈, di specie algali diverse, che possono essere prodotte nello stesso sito, nei diversi moduli di cui à ̈ composto l’impianto. Dote che si dimostra sfruttabile in primis nei progetti di ricerca dove diverse specie algali possono venire messe in competizione tra di loro, purché siano coltivate a parità di condizioni ambientali e impiantistiche.
Ulteriore vantaggio, in caso di mono-produzione à ̈ l’affidabilità: un modulo in avaria non comporta l’arresto totale della produzione che viene, invece, mantenuta grazie agli n-1 moduli rimasti operativi.
- Gli accorgimenti impiantistici adottati hanno permesso di ottenere dei valori di consumo energetico dell’impianto significativamente bassi, vale a dire 10-11 KWh per ogni Kg di biomassa secca prodotta.
Il valore significativamente basso à ̈ stato reso possibile in particolare grazie all’utilizzo dell’unità di degasaggio che sostituisce unità frigorifere elettriche.
Inoltre anche la presenza della pompa a lobi idraulicamente efficiente (rispetto a unità peristaltiche o a membrana) e dotata di inverter per la regolazione puntuale della velocità di scorrimento della coltura nel fotobioreattore contribuisce a limitare i consumi energetici.
Le produttività medie sono state di 20 g m2- d -1 per A. platensis e di 18 g m-2 d-1 per Nannochloropsis sp; produzioni buone considerato il periodo in cui le prove sono state condotte (settembre-ottobre 2010).

Claims (1)

  1. RIVENDICAZIONI 1. Fotobioreattore tubolare per la coltura algale in cui il controllo della temperatura e l’eliminazione dell’ossigeno in eccesso prodotto dalla coltura vengono effettuati in un’unica unità aperta di degasaggio e raffreddamento per evaporazione diretta in atmosfera del liquido della coltura stessa 2. Fotobioreattore tubolare secondo la rivendicazione 1 comprendente: una pompa di spinta di tipo volumetrico (11), un fotobioreattore di andata (12), un fotobioreattore di ritorno (13), un’unità di degasaggio e raffreddamento aperta (14). 3. Fotobioreattore secondo la rivendicazione 2 in cui detta pompa di spinta à ̈ una pompa “a lobi†. 4. Fotobioreattore secondo la rivendicazione 2 in cui detta unità di degasaggio e raffreddamento (14) à ̈ costituita da un telaio metallico (15) contenente al suo interno, partendo dall’alto, ugelli (16), collegati al tubo di raccolta (17) che convoglia la coltura rispettivamente da e verso i pannelli tubolari (13) e (12), un pacco di riempimento (18) in materiale plastico ed un bacino di raccolta (19) costituito da una vasca solidale alla struttura dell’apparecchio. 5. Fotobioreattore secondo la rivendicazione 5 in cui detta unità di degasaggio (14) à ̈ dotata di uno scambiatore alimentato da una fonte di calore esterna tipo acqua calda o vapore. 6. Fotobioreattore secondo le rivendicazioni 1 – 5 costituito da due gruppi di fasci tubieri di cui il primo gruppo à ̈ quello “di andata†(12), il secondo, quello “di ritorno†(13) ciascun fascio tubiero essendo costituito da un numero n di tubi ed in cui la connessione tra ogni singola tubazione à ̈ di tipo “flangiato†con flange in cloruro di polivinile. 7. Fotobioreattore secondo la rivendicazione 6 in cui le tubazioni sono appoggiate e fissate su un apposita struttura in acciaio, all’interno di guide ad “U†che ne permettono lo scorrimento assiale longitudinale dovuto alla dilatazione termica lineare del materiale plastico e sono dotate di giunti di compensazione realizzati con tubazioni flessibili disposti a “U†verso l’alto, oppure da appositi giunti lineari del tipo a molla. 8. Fotobioreattore secondo le rivendicazioni 1 – 7 in cui all’interno delle tubazioni à ̈ presente un corpo solido di forma spiroidale mantenuto in posizione centrale da appositi supporti e capace di imprimere al flusso colturale un moto elicoidale. 9. Fotobioreattore secondo la rivendicazione 8 provvisto di un sistema di pulizia delle tubazioni trasparenti.
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