ITCS20130022A1 - Telescopio con ampissimo campo di vista, elevata risoluzione ottica e continuità di campo - Google Patents
Telescopio con ampissimo campo di vista, elevata risoluzione ottica e continuità di campoInfo
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Description
Telescopio con ampissimo campo di vista, elevata risoluzione ottica e continuità di campo
Settore Tecnico dell’Invenzione
L’elevato numero di detriti in orbita attorno alla Terra costituisce un rischio per i satelliti operativi e per la sicurezza dei veicoli spaziali, anche tenuto conto del fatto che tale numero è in rapida crescita. A tal riguardo le principali Agenzie Spaziali così come molte Istituzioni sia pubbliche che private che operano nel campo dello Spazio, stanno dedicando crescenti sforzi a questa problematica che fa parte della più generale tematica chiamata “Space Situational Awareness” SSA a causa delle forti preoccupazioni che tale situazione genera per il futuro accesso e sfruttamento dello Spazio.
Allo stato attuale dell’arte è estremamente importante monitorare I detriti spaziali con diverse metodologie in modo da conoscere le loro orbite e prevenire collisioni. Per raggiungere questo obiettivo è necessario costruire il più presto possibile cataloghi ad ampissima copertura degli oggetti orbitanti nello Spazio Limitrofo alla Terra, in modo da comprendere anche oggetti di dimensioni molto ridotte, in particolare fino a qualche centimetro in diametro per le fasce orbitali più basse.
L’approccio classico consiste nell’utilizzo di osservazioni radar per detriti di bassa altitudine e di osservazioni ottiche per detriti posizionati su orbite più alte. Anche per le orbite LEO, che rappresentano l’applicazione che richiede le prestazioni più stringenti, l’introduzione di stazioni di osservazione ottica a supporto dei sistemi radar può portare importanti vantaggi nel soddisfare le necessità del settore SSA mantenendo contenuti i costi di implementazione e mantenimento di complessi sistemi radar. In particolare diversi studi hanno dimostrato che oltre i 1000-1100km di altitudine le apparecchiature radar diventano estremamente impegnative da utilizzare a causa delle ingenti quantità di energia da rilasciare per ottenere le osservazioni che implicano sia costi esorbitanti di implementazione e mantenimento, sia a una serie enorme di problematiche legate alla sicurezza ed alla tutela ambientale.
Il vantaggio della soluzione ottica deriva da diverse considerazioni. La differenza fisica fondamentale tra osservazioni radar e osservazioni ottiche non è semplicemente limitata alla lunghezza d’onda del segnale raccolto, ma piuttosto è dovuta al modo di illuminare l’oggetto osservato. Nelle tecniche radar l’oggetto viene attivamente illuminato dai sensori radar stessi, mentre per un sensore ottico, al contrario il tipo di illuminazione utilizzata è data dalla luce diffusa passivamente dall’oggetto illuminato dal Sole. Il vantaggio delle osservazioni di tipo ottico sta precisamente nella possibilità di utilizzare l’abbondante flusso di radiazione fornito gratuitamente dal Sole. In particolare il vantaggio nelle prestazioni di un sistema di osservazione ottico è dovuto precisamente al fatto che l’intensità del segnale luminoso in arrivo alla superficie ricevente è inversamente proporzionale al quadrato della distanza presente tra l’oggetto osservato e l’osservatore, mentre nel caso delle tecnologie radar questo segnale è inversamente proporzionale alla quarta potenza di tale distanza. Inoltre un sensore ottico rileva un segnale caratterizzato da una densità di energia per area unitaria immensamente superiore a quanto raggiungibile da qualsiasi apparato radar realmente realizzabile.
D’altro canto osservazioni di tipo ottico soffrono di altre limitazioni, che derivano anche dalla fisica del processo di osservazione. Poiché infatti la sorgente di illuminazione dei detriti/satelliti è il Sole, un requisito essenziale per poter effettuare l’osservazione è che l’oggetto si trovi fuori del cono d’ombra della Terra. Inoltre il sensore ottico a Terra non può operare se non durante le ore notturne e per oggetti con elevazioni superiori ad almeno 15° dall’orizzonte per evitare un fattore eccessivo di massa atmosferica che renderebbe il ‘seeing’ astronomico inaccettabile. Le appena descritte condizioni imposte dall’illuminamento solare sono piuttosto restrittive in quanto gli oggetti orbitanti restano visibili per un intervallo di tempo ristretto subito dopo il tramonto e subito prima dell’alba. Le condizioni migliori per osservare oggetti ad angoli di fase il più ridotti possibile si verificano proprio pochi minuti dopo il tramonto e prima dell’alba. Perciò oggetti molto piccoli di qualche centimetro di diametro sono visibili solo quando passano molto vicino al bordo dell’ombra della Terra, ad angolo di fase minimo e quindi durante la piccola finestra temporale di osservabilità che si ha poco dopo il tramonto e poco prima dell’alba. Risulta pertanto estremamente critico cominciare le operazioni non appena il Cielo è sufficientemente buio da non mandare in saturazione le immagini raccolte, e, nell’altro intervallo di visibiltà, terminare le operazioni il più tardi possibile a ridosso dell’alba.
Un altro requisito stringente, richiesto da attività di monitoraggio e tracciamento dello Spazio Limitrofo alla Terra affinché queste risultino efficaci nella prospettiva di un incremento veloce del numero di operatori che si occupano del settore Spaziale è dettato dalla necessità, di catalogare in breve tempo una percentuale molto elevata delle popolazioni di oggetti di dimensioni tali da rappresentare potenziali generatori di eventi catastrofici in caso di collisione. Nel concreto questo requisito si traduce nella necessità di catalogare più del 99% di tutti i detriti di diametro maggiore di 8-10cm che orbitano nella fascia orbitale con perigeo compreso tra 1000 e 1400km di altitudine. Valori corrispondenti possono essere espressi anche per fasce orbitali più elevate con un conseguente aumento del diametro minimo da osservare. Ciò nonostante questo non rilassa minimamente il requisito perché è compensato dall’aumento di distanza degli oggetti da osservare. Inoltre, l’effetto dell’aumento della brillantezza degli oggetti osservati ad orbite più basse anche in condizioni di angolo di fase ottimale è compensato dalla loro maggiore velocità apparente, che può raggiungere anche 1/3 di grado al secondo per orbite LEO Elevate. Questo provoca una distribuzione dei fotoni in arrivo dall’oggetto osservato su una riga di pixels nel fotorivelatore che ne registra l’immagine, fenomeno denominato ‘trailing’, che riduce il rapporto Segnale su Rumore (S/N) di un fattore 1/T, dove T è il numero di pixels su cui l’oggetto ha prodotto la striscia.
Elaborando le trace degli oggetti, registrate nell’immagine della porzione di Cielo in cui gli oggetti transitavano durante l’acquisizione dell’immagine stessa, è possibile ottenere un insieme di parametri orbitali degli oggetti rilevati. In particolare la combinazione di almeno due insiemi di parametri ricavati da due tracce osservate ed appartenenti allo stesso oggetto, ottenute in tempi diversi e/o da osservatori diversi, consente di ricostruire l’insieme completo dei parametri orbitali che definiscono l’orbita dell’oggetto, permettendone così una catalogazione preliminare.
Al fine di implementare cataloghi di dati significativi, l’orbita degli oggetti osservati deve essere calcolata con una precisione molto elevata, elemento che implica la necessità di ottenere immagini delle tracce ad elevata risoluzione, tipicamente dell’ordine del secondo d’arco. Pertanto una volta scoperto e preliminarmente catalogato un oggetto, una procedura ulteriore di raffinamento dell’orbita deve essere implementata sfruttando ulteriori osservazioni raccolte in tempi successivi oppure inseguendo l’oggetto in Cielo in modo da mantenere la sua immagine fissa in un unico pixel del rivelatore. Quest’ultimo approccio, definito ‘tasking’ o ‘follow-up’, può essere implementato seguendo l’oggetto nel Cielo per tutto il tempo di acquisizione dell’immagine – tempo di esposizione – implementando un movimento adeguato del telescopio. In questo modo l’immagine dell’oggetto è mantenuta fissa in uno o al più pochi pixels, permettendo ai fotoni di accumularsi su questi invece di spargersi su una traccia piu’ lunga. Riepilogando, è necessario creare velocemente e mantenere aggiornati cataloghi di oggetti in grado di coprire elevatissime percentuali delle popolazioni distribuite nelle varie fasce orbitali dello Spazio Limitrofo alla Terra, determinandone l’orbita con grande accuratezza e raffinandone continuamente i parametri orbitali caratteristici.
Questo scenario si traduce nella necessità di implementare telescopi di apertura sufficientemente ampia, dotati di larghissimo campo di vista (maggiore di 10 gradi quadrati) e di capacità di movimentazione rapida, pur permettendo tempi di esposizione brevi (anche più brevi di un secondo), caratteristiche necessarie per scandagliare amplissime porzioni di Cielo in cui le condizioni di osservazione sono ottimali anche per oggetti debolmente luminosi.
Dal punto di vista meccanico è necessario implementare strutture dinamiche e veloci e molto rigide, per ottenere un riposizionamento rapido con cicli di smorzamento delle vibrazioni molto brevi, in modo da fornire elevatissime precisioni di puntamento ed elevata stabilità nelle operazioni di inseguimento.
Stato dell’Arte
Nonostante il gran numero di Telescopi per l’Astronomia e le attività correlate, solo una quantità molto limitata di architetture ottiche offre in linea di principio la possibilità di rispondere ad alcuni dei requisiti ottici stringenti richiesti dagli obiettivi dell’SSA.
Lo sviluppo di telescopi ad alta risoluzione su un ampio campo di vista conobbe un importante avanzamento con l’introduzione del Telescopio Schmidt. Infatti, paragonato con telescopi dotati di correttore di campo sul fuoco primario, il telescopio Schmidt può produrre immagini di buona risoluzione su un campo decisamente più ampio. L’architettura Schmidt è stata perciò utilizzata in modo estensivo per fotografia a largo campo di osservazione del Cielo e rappresenta una soluzione allo stato dell’arte nel campo dei telescopi ad ampio campo di vista.
[J. L. Synge, “The Theory of the Schmidt Telescope”, J. Opt. Soc. Am., 3, 129-136, (1943); D. Lynden-Bell and R. V. Willstrop, “Exact optics – VI. Schmidt cameras and prime correctors”, Mon. Not. R. Astron. Soc.387, 677–688 (2008)].
Uno dei principali vantaggi offerti dall’architettura Schmidt è dato dall’introduzione di uno specchio sferico come elemento riflettente primario. Tale specchio primario sferico raccoglie la luce cha ha attraversato una lente asferica sottile, definita piatto correttore, che compensa la distorsione dell’immagine prodotta dal primario stesso.
Dal punto di vista del progetto, il principale vantaggio dell’architettura di Schmidt risiede nel fatto che per uno specchio sferico le aberrazioni introdotte sono indipendenti dal campo di vista, infatti ogni punto del campo è equivalente perché uno specchio sferico ha infiniti assi equivalenti.Al contrario, per uno specchio parabolico, l’aberrazione sferica è ovunque nulla, ma il coma produce una degradazione delle immagini fuori asse, che si deteriorano linearmente man mano che ci si allontana dal centro del campo. Nello Schmidt, come conseguenza diretta della curvatura sferica del primario, una lamina con funzione di correttore di campo è posta nel centro di curvatura del primario stesso, con la funzione di trasformare il fronte d’onda in modo che dopo la riflessione da parte del primario questo ritorni ad essere sferico, in modo da focalizzare tutti i raggi in un punto singolo.
Al di là dei vantaggi offerti dall’introduzione della superficie primaria sferica, che rappresenta la forma più semplice ed accurata che si può ottenere anche su elementi di diametro elevato, va sottolineato che la produzione di una corrispondente lamina a correttore di dimensioni paragonabili ( uno Schmidt di 0.9m di diametro richiede ad esempio un correttore di circa 0.6 m di diametro) rappresenta un compito estremamente impegnativo sia in termini di costo che di tempo e costituisce uno dei passaggi più critici nella realizzazione del telescopio. In pratica, nella realizzazione di un telescopio di tipo Schmidt, il correttore di campo può essere il vero elemento chiave e risultare in un impegno severo quando diametri di apertura relativamente elevati sono richiesti.
La curvatura del piano focale prodotta dalla configurazione Schmidt pone poi seri problemi per quanto riguarda l’utilizzo di sensori basati sulla tecnologia planare standard dei semiconduttori, quali CCD, CMOS etc.. Inoltre il detector che raccoglie l’immagine è posizionato all’interno del corpo del telescopio producendo un’ostruzione dell’apertura ed in generale producendo condizioni di non agevole accessibilità, in particolare qualora siano necessari sistemi di raffreddamento o criogenici (come avviene ormai nelle comuni condizioni operative) per il fotorivelatore. Un ultimo elemento da sottolineare è il significato del termine ampio campo di vista in una configurazione Schmidt, per la quale questo non può superare i 10 gradi quadrati qualora si voglia mantenere una risoluzione di almeno 3 secondi d’arco su tutto il campo.
Varianti della semplice configurazione Schmidt sono state proposte. Un tipo di architettura Schmidt modificata è la cosiddetta Schmidt-Cassegrain concentrica. Il telescopio Schmidt-Cassegrain è costituito da un sistema di due specchi tipo Cassegrain combinato ad un correttore ad apertura completa di tipo Schmidt. Diverse combinazioni tra coniche degli specchi e separazione del correttore sono possibili con alcune differenze nelle proprietà di campo dell’immagine. Infatti un telescopio Schmidt-Cassegrain con specchi totalmente sferici è corretto solo per l’aberrazione sferica, con moderato astigmatismo ma con una curvatura di campo e coma residui relativamente elevati. Il correttore inoltre introduce un leggero effetto di sferocromatismo. Tale soluzione rappresenta una deviazione dal concetto di campo piatto in quanto la superficie focale che ne risulta è curva in modo non certo trascurabile. In questa configurazione, essendo entrambi gli specchi sferici il coma e l’astigmatismo possono essere corretti se i due raggi di curvatura degli specchi sono differenti. Per cancellare le aberrazioni fuori asse lo stop di apertura (posizionato nel correttore) deve essere al centro di curvatura del primario. Tutte e tre le superfici, (quella dell’immagine, dello specchio primario e di quello secondario), risultano concentriche con i centri di curvatura posti al vertice dello stop di apertura (correttore). Considerando che la curvatura dell’immagine che ne risulta è paragonabile a quella di una camera Schmidt classica, l’unico vantaggio della disposizione concentrica sta in una immagine più facilmente accessibile ed in una ridotta lunghezza del sistema. Inoltre, a causa della curvatura più pronunciata del secondario, questa configurazione richiede che tale elemento possa essere leggermente più piccolo per rendere più accessibile l’immagine.
Un’ulteriore variante del telescopio Schmidt-Cassegrain è rappresentata dalla configurazione Baker-Schmidt, che offre requisiti e prestazioni di un sistema Schmidt-Cassegrain totalmente corretto con lo stop (correttore) spostato significativamente più vicino al primario. Come risultato le aberrazioni fuori asse del primario risultano particolarmente accentuate in particolare per il coma. Correggere queste aberrazioni richiede che entrambi gli specchi siano fortemente asferici ed in particolare dotati entrambi di forma oblata ellissoidale, cosa che rende non semplice la fabbricazione. Un primario fortemente asferico triplica quasi il grado di aberrazione sferica introdotto dalla sfera corrispondente, col risultato che il secondario ne può recuperare solo una piccola porzione Compensare tale livello di aberrazione sferica richiede correttori significativamente più marcati. Inoltre un primario fortemente asferico produce un elevato grado di aberrazione sferica d’ordine superiore, ancora compensata solo in minima parte dal secondario. Paragonata ad una camera Schmidt di focale equivalente una camera Baker-Schmidt presenta maggior sfero-cromatismo, caratteristica che combinata con le maggiori difficoltà di costruzione, rende la camera compatta di tipo Baker-Schmidt meno appetibile come opzione rivolta alle prestazioni, nonostante il vantaggio di dimensioni.
Schroeder propose una versione inclinata della camera Baker-Schmidt, costituita da elementi tutti riflettenti [D.J. Schroeder, “All-reflecting Baker-Schmidt flat-field telescopes”, Appl. Opt., 17(1), 141-144 (1978)].In particolare Schroeder analizzò sia una configurazione Baker-Schmidt inclinata sia la stessa configurazione ma con il correttore costituito da una superficie riflettente, producendo così un’architettura Baker-Schmidt a sole superfici riflettenti. Questa architettura rappresenta in certo qual modo il massimo che una configurazione basata sul concetto della camera Schmidt può ottenere in termini di estensione di campo a parità di risoluzione, consentendo di raggiungere una risoluzione migliore di 3 secondi d’arco su un campo complessivo di 10 gradi quadri. Va sottolineato che la presenza di superfici inclinate pone seri problemi in termini di allineamento e compensazione termica nel caso di larghe aperture d’ingresso in condizioni naturali di operatività (escursioni in temperatura, etc.), per non parlare poi dei grossi problemi legati alla produzione ed al test di forme asferiche di largo diametro.
Un primo tentativo di produrre una correzione più spinta dei contributi di aberrazione fondamentali fu messo in atto attraverso l’introduzione di uno Specchio Terziario. Una prima soluzione fu presentata da Willsrop [R.V. Willsrop, Royal Astronomical Society, Monthly Notices, vol. 210, Oct. 1, 1984, p. 597-609.]. Lo scopo di questo nuovo disegno era di ottenere un campo di vista di 6-8 gradi quadrati con una risoluzione ottica d’immagine migliore del ‘seeing’ astronomico (i.e.0.5 secondi d’arco in buone condizioni di osservazione), una superficie focale con una moderata curvatura su cui anche lastre di vetro potessero essere piegate come in una camera di Schmidt, una focale veloce per consentire esposizioni limitate dal fondo-cielo, unitamente ad un assemblaggio ottico compatto in modo da permettere l’applicazione di un domo di ridotte dimensioni e costi relativamente bassi. Questa serie di innovazioni portò alla cosiddetta camera Paul-Baker. La caratteristica essenziale di questa configurazione sta nel fatto che il secondario è sferico, così che la luce dopo due riflessioni non è totalmente collimata ma è deviata nello stesso modo che genererebbe la lamina correttore della camera Schmidt. A questo punto anche lo specchio terziario deve essere sferico per focalizzare la luce, ottenendo immagini nitide su un campo di vista relativamente ampio. Questo telescopio è stato denominato anche Marsenne-Schmidt. Anche questa configurazione, a causa della curvatura della superficie focale non è adatta all’utilizzo di moderni elementi elettroottici di raccolta dell’immagine (CCD, CMOS, etc.), a meno che non si accetti una degradazione dell’immagine. Inoltre non evita la costruzione di un grande specchio asferico (il primario) nel caso in cui un’apertura d’ingresso di diametro relativamente elevato sia richiesta.
L’introduzione di un’ulteriore superficie asferica fu proposta originariamente da Korsch [ D. Korsch, Appl. Opt.11(12), 2986-2987, (1972); D. Korsch, Appl. Opt.16(8), 2074-2077, (1977);. D. Korsch, Appl. Opt.19(21), 3640-3645, (1980)] e consiste in una configurazione a tre specchi definite come Anastigmatica a Tre Specchi (Three Mirror Anastigmatic, TMA). Diverse configurazioni di telescopi a tre specchi erano state proposte precedentemente al TMA, ma nessuna di queste si era dimostrata una soluzione realizzabile in pratica. Le principali controindicazioni erano da imputare a una scarsa accessibilità del piano immagine, un’ampia ostruzione centrale, focali veloci praticamente invariabili oppure configurazioni fortemente asimmetriche.
La configurazione di Korsch invece presenta alcune caratteristiche chiave che permettono di estrarre la luce dal TMA ed indirizzarle verso un piano focale potenzialmente ampio posto distante rispetto all’asse del telescopio. La configurazione primario-secondario è simile a quella di un Cassegrain, in modo da formare un’immagine appena dietro il primario. Un piccolo specchio piano posto in corrispondenza della pupilla di uscita, tra il primario ed il terziario, ripiega il fascio ottico in modo da allontanarlo dall’asse verso la superficie focale dove l’immagine finale è formata. Con la configurazione di Korsch il grosso del piano focale e tutto l’equipaggiamento accessorio non oscura né la pupilla, né il campo.
A partire dal disegno originale proposto da Korsch, diverse varianti sono state proposte data l’ampia applicazione sperimentata dall’architettura TMA, dimostrando la possibilità di produrre strumenti ad immagine corretti al limite di diffrazione su ampi campi di vista. Ciononostante, a causa della focale Cassegrain molto ridotta da adottare con il conseguente forte ingrandimento associato, le tolleranze ottiche della parte centrale (primario e secondario) e della parte retrostante (terziario e specchio di rilancio) sono stringenti, elemento che può rappresentare un problema in telescopi soggetti a stress ambientali. Inoltre, poiché il piano focale vede direttamente la parte centrale del treno ottico attraverso il foro di estrazione del primario, il trattamento degli schermi per raggi multi-riflessi, (straylight baffles), per l’esterno, per le parti interne e per il secondario possono divenire critici.
Configurazioni TMA a campo anulare sono state inoltre descritte da Korsch : questo sistema ottico utilizza tre specchi potenti più uno specchio piano di estrazione. Il principale vantaggio del TMA a campo anulare consiste nella possibilità di attuare uno schermaggio completo dei raggi multi-riflessi grazie alla facile accessibilità della pupilla di uscita. D’altro canto il maggiore svantaggio di tale configurazione è dovuto alla distanza di lavoro molto ravvicinata tra pupilla in uscita e piano focale, elemento questo che porta ad una immagine fortemente non telecentrica che soffre quindi di notevole distorsione.
Nel periodo recente, grazie all’ampio campo di vista raggiungibile, configurazioni fuori asse del TMA hanno incontrato particolare interesse. Uno dei vantaggi principali offerti da queste architetture risiede nella possibilità di sfruttare tutte le caratteristiche di un TMA in asse, ma con un campo di vista fondamentalmente privo di ostruzione.
Da questo punto di vista, quando si considerano telescopi di apertura ampia, le problematiche relative a grandi superfici asferiche ed alla complessità richiesta per i processi di allineamento e mantenimento, quali presenti nel TMA, devono essere accuratamente ed approfonditamente valutate nel bilancio totale di vantaggi e svantaggi del telescopio, in particolare quando si configurano applicazioni di tipo terrestre. In quest’ultimo caso, in particolare, per il quale il naturale ‘seeing’ astronomico rende inutile un’architettura spinta al limite di diffrazione quale quella fornita da un TMA, pur restando il vasto campo di vista un elemento fortemente attrattivo, si devono prendere in forte considerazione tutte le problematiche legate all’implementazione ed al mantenimento di tale struttura in condizioni ambientali molto variabili.
Un approccio rivoluzionario è stato introdotto negli anni recentissimi da R. Ragazzoni, nell’affrontare la problematica di telescopi a larghissimo diametro, con l’introduzione del cosiddetto concetto ad ‘occhio di mosca’ (Fly-Eye) [R. Ragazzoni et al., ‘A Smart Fast Camera’, Proc. SPIE 5492, 121 (2004); G. Gentile et al., ‘Wide-field imaging on 8- to 100-meter class telescopes’, Proc. SPIE 6269, 62695V (2006)].
Il progetto di una camera veloce (che includa correttori ad ampio campo) deve fornire: un ampio campo di vista (che si traduce fisicamente in ottiche di largo diametro), una focale veloce per il campionamento appropriato adatto alle dimensioni dei pixels attualmente disponibili (che si traduce nella scelta di una stazione in Fuoco Primario oppure ad un Riduttore Focale in una seconda stazione focale), la capacità di compensare aberrazioni dipendenti dal campo relativamente ampio (che porta all’applicazione di un certo numero di elementi ottici per controllare simultaneamente le distorsioni del fronte d’onda, cosa che spesso richiede l’introduzione di complesse superfici asferiche nel progetto ottico) ed un’area di rivelazione dell’immagine fisicamente ampia (che si traduce normalmente nell’adozione di un certo numero di CCD di largo formato e giuntabili tra loro inteso come capacità di essere meccanicamente affiancati uno con l’altro). In pratica, la maggior parte delle conseguenze appena elencate sono derivate dal primo requisito: riducendo infatti il campo di vista tutte le conseguenze appena citate si riducono sostanzialmente se non addirittura vengono eliminate.
In particolare, un riduttore focale adatto per un piccolo campo di vista può essere realizzato con un’ottica semplice, non appena sia disponibile un piano di pupilla. Questo può quindi essere utilizzato per correggere aberrazioni che ci si aspetta varino lentamente in funzione del campo all’interno di un campo di vista limitato. Il principio di base consiste in pratica nel replicare un correttore per un ridotto campo di vista su una matrice bidimensionale, in grado di ricoprire un campo molto più ampio: si può perciò ricoprire l’intero campo di vista con una matrice di correttori e riduttori focali di dimensioni contenute. Nel caso riportato da Ragazzoni è rappresentato un sistema di formazione d’immagine ad ampio campo, con un campo di vista di 3 gradi in diametro (ca.7 gradi quadrati): i riduttori focali differiscono tra loro a seconda del tipo di correttore scelto per correggere l’aberrazione del piano di pupilla, che è funzione della posizione radiale nel piano focale. Tale sistema di lenti a matrice è posizionato nel fuoco Cassegrain del telescopio, così da prevedere una configurazione a mosaico di elementi di raccolta dell’immagine. Questa architettura si fonda ancora su una configurazione di tipo Cassegrain, pertanto dotata di specchi asferici e con un piano focale che presenta aspetti contingenti notevoli, se si considera il numero di singoli elementi di rivelazione di cui deve essere popolato il piano focale. Tale soluzione è naturalmente dettata dall’apertura amplissima del telescopio al quale è indirizzata e non sarebbe conveniente se direttamente traslata a telescopi di aperture più ridotte, per i quali strutture di chip a mosaico introducono tutta una serie di difficoltà dovute alla vicinanza dei singoli chip fotorivelatori del mosaico, per la circuiteria elettrica e per gli assiemi di condizionamento.
Alcuni sistemi ottici progettati per ottenere ampi campi di vista si possono reperire in letteratura anche in settori di applicazione completamente diversi dal campo tecnico di applicazione dell’Invenzione. Ad esempio sistemi a camera multipla in grado di osservare diversi campi di vista tramite specchi separati e non contigui, sono stati proposti [P. S. Smith, ‘Multi-Camera Image–Production and Control’, US Patent 2896503 (1959)], ma ciononostante la non contiguità della configurazione di specchi planari applicati produce forzatamente delle interruzioni nel campo di vista complessivo osservato a causa dello spessore degli specchi stessi. Inoltre ogni camera insiste su un’apertura d’ingresso distinta, cosa che rende questo approccio non praticabile qualora siano richieste ampie aperture d’ingresso poiché ogni camera ne richiederebbe una dedicata, risultando complessivamente in un enorme insieme di parti,di fatto non implementabile in un concetto di telescopio.
Un altro esempio di sistemi ottici concepiti per osservare campi di vista multipli è dato dagli inseguitori di stelle meglio chiamati “Star Tracker”, in particolare in [M. V. Mantravadi et al. ‘Strapdown Stellar Sensor and Holografic Multiple Field of View Telescope Therefor’ US Patent 5206499 (1993)] viene riportata una soluzione in cui un correttore olografico viene posto nell’apertura del sistema in sostituzione della lastra tradizionale di tipo Schmidt. Tale soluzione permette di posizionare diversi piani focali che osservano attraverso il correttore olografico diversi campi di vista, ma anche in questo caso, larghe aperture d’ingresso rendono il sistema imprati -cabile poiché gli elementi necessari a produrre l’immagine nei diversi piani focali devono essere di dimensioni comparabili. Questo produce un apparato di dimensioni enormi, non appena il numero di piani focali richiesti cresce, effetto dovuto al fatto che il sistema è in pratica una composizione multipla di telescopi di Schmidt che condividono lo stesso correttore, ma con una repli -cazione degli specchi primari. Inoltre, data l’estensione degli specchi richiesti per formare i diversi piani focali, il campo totale osservato non può essere continuo, ma piuttosto interrotto da intervalli corrispondenti a metà dell’angolo solido sotteso dalla superficie di ogni specchio col centro del correttore olografico diminuito del campo di vista osservato. Infatti la matrice di piani focali prodotta, di fatto decompone il piano focale curvo del telescopio Schmidt classico in segmenti intervallati da consistenti interruzioni angolari. E’ inoltre chiaro che in tale sistema la risoluzione ottica può essere limitata nel caso di applicazione come inseguitore stellare, una caratteristica totalmente non adatta al campo di applicazione della presente Invenzione.
Sommario dell’Invenzione
L’architettura innovativa del telescopio descritta in questo documento, basata sul concetto del Fly-Eye, permette di superare le limitazioni imposte dalle soluzioni allo stato dell’arte, in particolare consentendo di ricoprire un Campo di Vista maggiore di 10 gradi quadrati e fino a più di 44 gradi quadrati, con una risoluzione ottica migliore di un secondo d’arco sull’intero campo.Grandissimo campo ed elevata risoluzione, due aspetti potenzialmente contrapposti, sono pertanto combinati nell’Invenzione.
L’Invenzione consiste in un:
Telescopio con ampio campo di vista maggiore di 10 gradi quadrati, comprendente uno specchio sferico primario, dotato di un sistema di ripartizione continua del Campo di Vista, posizionato in prossimità del fuoco del primario e costituito da n superfici riflettenti planari e da un numero corrispondente di correttori posizionati dopo tale sistema di ripartizione.
Le caratteristiche principali che emergono da questa architettura innovative sono le seguenti:
1. Rispetto ad una architettura tradizionale Schmidt le porzioni di campo di vista che si ottengono sono piatte, grazie ai correttori posizionati dopo il sistema di ripartizione del Campo di Vista, contrariamente a quanto accade in una configurazione Schmidt che produce Piani Focali curvi, non adatti per I moderni sensori basati sulla tecnologia planare, che non possono essere curvati.
2. La configurazione innovativa consente l’applicazione di correttori distinti ( che possono essere identici o differenti a seconda della funzionalità che è richiesta nella porzione dedicate di Campo di Vista), per ogni porzione di Campo di Vista prodotta dal sistema di ripartizione. Tali correttori sono pertanto di dimensioni ridotte rispetto al correttore centrale della configurazione Schmidt tradizionale, dove tale correttore asferico, posto nel centro di curvatura dello specchio primario, ha dimensioni paragonabili all’apertura d’ingresso del telescopio, caratteristica che genera notevoli difficoltà di implementazione quando sono richieste aperture di diametro rilevante.
3. Paragonato ad uno Schmidt tradizionale gli elementi sensibili che raccolgono l’immagine di ogni singola n-esima porzione del campo di vista sono posizionati all’esterno dell’apertura del telescopio, quindi evitano di creare ostruzione e offrono facile accesso ed operabilità. Questo è di particolare convenienza nel caso in cui un sistema di raffreddamento debba essere abbinato all’elemento sensibile, situazione sempre critica per una configurazione Schmidt tradizionale.
4. In ciascuna delle n porzioni del Campo di Vista generate dal sistema di superfici riflettenti piane, una camera a singolo chip fotorivelatore è applicata, consentendo la registrazione dell’immagine della corrispondente porzione di Campo di Vista con la risoluzione ottica richiesta. Questo elemento offre sia elevata modularità – come nel caso in cui tutte le camere o un sottogruppo di esse siano identiche - , sia la possibilità di applicare camere di diverso tipo, fornite di elementi ottici dedicati, che consentono quindi di avere funzionalità diverse nelle differenti porzioni di Campo di Vista, come ad esempio nel caso di applicazioni spettrometriche.
5. Grazie alla forma simmetria sferica del primario, nel caso in cui le n porzioni in cui è ripartito l’intero Campo di Vista sono isometriche, allora le corrispondenti n camera possono essere tutte identiche, con la conseguente implementazione di un sistema spiccatamente modulare, semplice da implementare e manutenere.
6. Questa configurazione di n superfici planari contigue l'una all'altra consente di osservare un amplissimo Campo di Vista continuo, maggiore di 10 gradi quadri - ma anche fino ad alcune decine di gradi quadri e con una risoluzione ottica spinta fino a valori limitati dal ‘seeing’ astronomico o migliore.
7. Rispetto a configurazioni basate su più specchi, questa nuova architettura implica solamente superfici riflettenti planari o sferiche, quindi evita le forme riflettenti asferiche e tutte le difficoltà a queste correlate in termini di produzione, allineamento ed operazione, in particolare quando larghe aperture d’ingresso sono richieste. Inoltre il primario non è forato e non ha aree cieche che fermano parte della luce che vi incide, ma è piuttosto una superficie continua sferica totalmente sfruttata per la raccolta della luce. (grassetto per versione inglese)
Le caratteristiche sopra elencate producono I seguenti vantaggi:
La suddivisione del Campo di Vista in n porzioni ha come conseguenza che i correttori sono corrispondentemente suddivisi in n porzioni più piccole, con una conseguente notevole diminuzione delle dimensioni fisiche di ogni elemento correttore. La riduzione dei correttori permette una loro implementazione sia sfruttando elementi ottici commerciali (lenti) sia in alternativa di utilizzare lenti che sono di facile standardizzazione. Questo approccio, pur mantenendo elevate le prestazioni, comporta una forte riduzione dei costi e può consentire una produzione seriale.
1.1. L’architettura di concezione innovativa consente di utilizzare un’ottica primaria veloce con conseguente aumentata sensibilità (capacità di collezione della luce), rigida e compatta struttura complessiva del telescopio, adatta in applicazioni dinamiche con movimentazione rapida, per lo scandagliamento di vaste porzioni di Cielo in tempi limitati.
1.2. Grazie alle loro ridotte dimensioni, I correttori possono essere integrati con elementi opto-meccanici capaci di fornire il giusto grado di allineamento all’interno delle accuratezze offerte da lavorazioni meccaniche di precisione convenzionali, senza richiedere sistemi di aggiustamento fine per ogni componente, e quindi di veloce integrazione. Inoltre i sistemi ottici costituenti i correttori possono essere facilmente provvisti di cornici di contenimento auto-compensanti, progettate sfruttando i diversi coefficienti di dilatazione termica dei materiali costituenti, che permettono di compensare automaticamente le escursioni esterne in temperatura, in modo da poter operare anche in un vasto intervallo di condizioni ambientali naturali (estate, inverno, diverse latitudini ed altitudini, etc.)
1.3. Si possono applicare telecamere indipendenti a singolo chip fotorivelatore – sia dedicate sia commerciali – nei sotto piani focali corrispondenti alle n porzioni prodotte nel Campo di Vista, che consentono una lettura veloce delle immagini raccolte, per applicazioni di scansione rapida del Cielo, con una considerevole riduzione del rumore di lettura se paragonata a configurazioni classiche a mosaico.
La presenza di un elemento a singolo chip fotorivelatore per ogni porzione del Campo di Vista complessivo evita tutte le problematiche relate alla configurazione a mosaico, come la vicinanza dei chip, la complanarità reciproca dei vari chip, eventuali sistemi di raffreddamento e di isolamento termico, ecc., dando luogo grazie alla continuità del Campo complessivo ad una configurazione equivalente ad un Mosaico Ideale senza Cornici.
2.1. La possibilità di evitare una configurazione a mosaico di chip foto-rivelatori nel Piano Focale, dal momento che ogni porzione del Piano Focale complessivo è sufficientemente ridotta da poter essere ricoperta da un singolo chip fotosensibile – consente di ottenere una copertura continua del Campo di Vista complessivo osservato, senza dover introdurre interruzioni dovute alle cornici dei chip stessi, alla circuiteria elettrica ed ai sistemi di condizionamento, permettendo in linea di principio il cento per cento di fattore di riempimento correlato.
2.2. Ogni camera modulare può essere fornita di un otturatore veloce, eventualmente provvisto di un sistema di temporizzazione preciso, per ottenere misure spazio-temporali di elevata precisione degli oggetti osservati. Questa caratteristica costituisce un elemento chiave nelle prestazioni strumentali di misura d’alta precisione.
2.3. Ogni camera modulare può essere provvista di elementi ottici dedicati, quali fil -tri, polarizzatori, elementi dispersivi di lunghezza d’onda, ecc., in grado di implementare diverse funzionalità per distinte applicazioni nelle differenti porzioni del Campo di Vista Osservato.
Breve Descrizione delle Figure
Figura 1 mostra una realizzazione dell’Invenzione
Le Figure 2-6 mostrano un esempio dettagliato di una realizzazione in grado di ricoprire un Campo di Vista maggiore di 44 gradi quadrati.
Descrizione dettagliata di una Implementazione dell’Invenzione
Figura 1 mostra uno schema di una possibile implementazione dell’Invenzione. E’ rappresentata una singola n-esima porzione della struttura complessiva: grazie alla simmetria sferica del primario questa può essere replicate n volte per ottenere un Campo di Vista complessivo n volte più grande. (M1), specchio primario sferico, (M1f) fuoco dello specchio primario, (fc) specchio planare romboidale (n-esima sfaccettatura), (Oc) n-esima camera ottica con correttori (c) e correttori-rifocalizzatori (Rc), (fp) n-esimo piano focale.
Lo schema di una possibile implementazione è riportata in Figura 1 dove è rappresentato il disegno ottico di una singola porzione equivalente del Campo di Vista. La luce che incide sullo specchio primario (M1) da diversi angoli è focalizzata su uno specchio piano romboidale (fc) posto in prossimità del fuoco del primario (M1f) e viene riflessa da questo verso un sistema di camera ottica (Oc) composto da correttori (c) e lenti ottiche (Rc), di correzione e rifocalizzazione, necessarie per produrre un’immagine della porzione di Campo di Vista.
La forma romboidale dello specchio piano (fc) posto in prossimità del fuoco (M1f) del primario (M1) permette di inserirne n repliche, ciascuna inclinata dell’angolo necessario, ma in modo contiguo, quindi a formare un riflettore prismatico sfaccettato, con facce planari, che consente conseguentemente di coprire un Campo di Vista continuo n volte più ampio. Inoltre la forma romboidale viene tradotta in un’impronta luminosa quadrangolare nel piano focale perfettamente adatta alla forma del singolo elemento rivelatore (chip)
Nella configurazione riportata ad esempio una singola porzione prodotta da una singola faccia speculare romboidale ricopre un sotto-campo complessivo di 1.675°x1.675°, con una risoluzione ottica migliore di 0.7 secondi d’arco.
La risoluzione ottica è data dal sistema di camera ottica applicata (Oc), mentre il Campo di Vista è definito dalla Lunghezza Focale Effettiva del telescopio (i.e. al Piano Focale) e dall’area dell’impronta luminosa delle facce romboidali (fc), nel corrispondente Piano Focale (fp).
Infatti, seguendo una semplice relazione ottica riportata qui per comodità del lettore, le dimensioni di scala di un’area quadrata di lato d (espresso in metri), posta nel piano focale di un telescopio, corrisponde ad un Campo di Vista s (espresso in secondi d’arco), definito da:
s = 206265 * d l f
.
Dove f è la Lunghezza Focale Effettiva del telescopio, espresso in metri.
Nell’esempio riportato, la Lunghezza Focale Effettiva al Piano Focale è f = 2 m, pertanto un elemento di 15x15 μm<2>di area, quale la dimensione di un pixel di un tipico CCD commerciale, corrisponde a 1.54x1.54 secondi d’arco quadrati di Campo di Vista.
Nello schema riportato ogni singola camera ospita un modulo CCD format da 4kx4k pixels, ciascuno con una scala di 1.54 secondi d’arco, che produce pertanto un sotto Campo di Vista Lo schema riportato in Figura 1 è pertanto un singolo elemento che può essere replicato n volte al fine di generare grazie alla combinazione degli n elementi, un più ampio Campo di Vista. Un esempio dettagliato di implementazione è descritto nelle Figure 2-6, in cui gli schemi di un sistema fornito di un prisma sfaccettato a sedici facce (fc) (ognuna corrispondente ad un sotto Campo di Vista di 2.8 gradi quadrati) è riportato.
La Figura 2a mostra l’architettura di un’implementazione completa con uno specchio primario (M1), un secondario costituito da un prisma sfaccettato (M2) compost da 16 facce (fc1-16) un set di 16 correttori (c1-16) posizionati attorno allo specchio prismatico M2 e 16 elementi correttori rifocalizzatori corrispondenti che forniscono 16 piani focali equivalenti in ciascuno dei quali è formata l’immagine di 1/16 del Campo di Vista complessivo.
L’applicazione di uno specchio sferico come primario (M1) permette di sfruttare la simmetria sferica poiché tutti gli assi che passano per il centro di curvatura C di M1 (Figura 2b), sono assi ottici equivalenti che insistono sulla superficie del primario da angolazioni diverse.
Questo è mostrato in dettaglio in Figura 3 dove un quarto della architettura complessiva viene rappresentato, mostrando come raggi che provengono da direzioni diverse sono proiettati in singoli pixels distinti dei sotto Piani Focali (fp) di pertinenza.
Figura 4 riporta un dettaglio di un quarto della architettura Fly-Eye realizzata nell’implementazione riportata, che mostra come un Campo di Vista di 3.35°x3.35° (1/4 del Campo di Vista complessivo riportato in Figura 2) è ripartito in quattro sotto Campi di Vista ciascuno di 1.675°x1.675° di ampiezza, per mezzo del prisma riflettente M2.
Figura 5 rappresenta lo specchio prismatico sfaccettato M2 necessario per ripartire l’intero Campo di Vista di 6.7°x6.7° dell’implementazione riportata in sedici porzioni equivalenti ciascuna corrispondente ad un sotto Campo di Vista di 1.675°x1.675°. La continuità della superficie di M2 assicura la continuità dell’intero Campo di Vista di 6.7°x6.7° anche se ogni sotto Campo di 1.675°x1.675° forma la propria immagine in un Piano Focale (fp) distinto.
L‘esempio sopra riportato di implementazione permette di coprire un Campo di Vista continuo, maggiore di 10 gradi quadrati e fino a più di 44 gradi quadrati, con una risoluzione migliore di 0.7 secondi d’arco su tutto il campo.
Nelle Figure 6a e 6b è riportata la tracciatura dei raggi provenienti da due sorgenti distinte poste a due angolazioni diverse, ciascuna scelta espressamente per essere proiettata in differenti sotto Piani Focali (fp) del Campo di Vista complessivo, dimostrando come l’immagine di ogni sorgente viene formata in un diverso piano focale, e che tutte le direzioni risultano equivalenti data la simmetria dello specchio sferico M1. Inoltre la Figura 6c mostra chiaramente che tutti i raggi provenienti dalla stessa direzione che incidono sul primario vengono focalizzati in un singolo pixel del corrispondente piano focale (fp).
In questo modo tutti I raggi provenienti da una direzione sono focalizzati in un singola faccia dello specchio prismatico secondario M2, e diretti in un singolo distinto piano focale FP. Inoltre, poiché la scala del pixel è maggiore della risoluzione ottenuta, tutti i raggi che provengono dalla stessa direzione sono focalizzati in un singolo pixel del corrispondente piano focale (Figura 6c)
La continuità del Campo è garantita in questo caso dalla contiguità delle face planari speculari di forma romboidale, mentre l’omogeneità di risoluzione è garantita dal fatto che sono applicate n repliche (16 in questo caso) equivalenti della singola camera, ciascuna in grado di offrire la qualità ottica specificata sulla porzione di Campo di Vista dedicata.
Il riflettore prismatico M2 non viene messo a fuoco nelle immagini dei piani focali fp, pertanto il suo effetto sulle immagini non è un’occultazione di parte del campo di vista ma risulta semplicemente in una riduzione (ostruzione centrale) del flusso totale luminoso che arriva ad ogni piano focale – come accade normalmente in tutti i telescopi basati su specchi multipli – che può essere facilmente compensata con un leggero incremento del diametro dello specchio M1.
Quello riportato e solo un possibile esempio di implementazione poiché diverse configurazioni possono essere definite per il sistema di ripartizione del Campo di Vista, selezionando la giusta lunghezza focale effettiva, la dimensione di pixel appropriata, l’area delle facce piane riflettenti, il loro numero e disposizione, consentendo di coprire con continuità a piacere amplissimi Campi di Vista, sia in maniera isometrica sia non isometrica, e caratterizzati dalle forme geometriche richiesta.
Claims (10)
- Rivendicazioni 1. Telescopio con ampio campo di vista, alta risoluzione ottica e continuità del campo, comprendente uno specchio primario sferico, caratterizzato dal fatto a) che detto telescopio è provvisto di un sistema di ripartizione del Campo di Vista, b) che detto sistema di ripartizione del Campo di Vista è posizionato in prossimità del fuoco ed è costituito da uno specchio secondario composto da n superfici riflettenti piane, c) che dette n superfici riflettenti piane sono contigue l’una all’altra e formano una superficie riflettente continua prismatica, in modo tale da ottenere la continuità di campo su tutto il campo complessivo, d) che dette n superfici riflettenti sono seguite da altrettante n camere ottiche che formano n porzioni di immagine in altrettanti n piani focali distinti, e) che su ogni n piano focale è posizionato un elemento che raccoglie l’immagine.
- 2. Telescopio con ampio campo di vista, alta risoluzione ottica e continuità del campo, secondo la rivendicazione 1 caratterizzato dal fatto che le n superfici riflettenti dello specchio secondario sono n specchi piani di forma romboidale.
- 3. Telescopio con ampio campo di vista, alta risoluzione ottica e continuità del campo, secondo la rivendicazione 2 caratterizzato dal fatto che in ciascun n piano focale l’elemento che raccoglie l’immagine è una telecamera a singolo chip.
- 4. Telescopio con ampio campo di vista, alta risoluzione ottica e continuità del campo, secondo la rivendicazione 3 caratterizzato dal fatto che tutte le telecamere o un sottogruppo di esse sono identiche.
- 5. Telescopio con ampio campo di vista, alta risoluzione ottica e continuità del campo, secondo la rivendicazione 3 caratterizzato dal fatto che tutte le telecamere o un sottogruppo di esse sono diverse.
- 6. Telescopio con ampio campo di vista, alta risoluzione ottica e continuità del campo, secondo la rivendicazione 1 caratterizzato dal fatto che i correttori sono realizzati con elementi auto allineanti.
- 7. Telescopio con ampio campo di vista, alta risoluzione ottica e continuità del campo, secondo la rivendicazione 3 caratterizzato dal fatto che dette n superfici riflettenti, dette n camere ottiche e dette n telecamere a singolo chip sono 16.
- 8. Telescopio con ampio campo di vista, alta risoluzione ottica e continuità del campo, secondo la rivendicazione 7 caratterizzato dal fatto che il campo di vista di ogni singola telecamera è di 2,8 gradi quadri.
- 9. Telescopio con ampio campo di vista, alta risoluzione ottica e continuità del campo, secondo la rivendicazione 8 caratterizzato dal fatto che il campo di vista complessivo è continuo e maggiore di 44 gradi quadri e che la risoluzione è migliore di 0.7 arco secondi nell’intero campo di vista.
- 10. Telescopio con ampio campo di vista, alta risoluzione ottica e continuità del campo, secondo la rivendicazione 3 caratterizzato dal fatto che ogni n camera ottica è fornita di un otturatore rapido, dotato di un sistema preciso di temporizzazione.
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2013
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Patent Citations (1)
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US20090316146A1 (en) * | 2007-10-05 | 2009-12-24 | Burt Jay Beardsley | Three mirror anastigmat spectrograph |
Non-Patent Citations (1)
Title |
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ROBERTO RAGAZZONI ET AL.: "A Smart Fast Camera", PROCEEDINGS OF SPIE, vol. 5492, 30 September 2004 (2004-09-30), SPIE, Bellingham, WA, USA, pages 121 - 127, XP002715171, DOI: 10.1117/12.552035 * |
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