IT202100002774A1 - Apparato e metodo per la produzione di biomassa algale - Google Patents

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Meltem Altunoz Hatipoglu
Onofrio Pirrotta
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Sylvalgae S R L
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Description

Descrizione dell?Invenzione Industriale avente per titolo:
?Apparato e metodo per la produzione di biomassa algale?
DESCRIZIONE
La presente invenzione si riferisce ad un apparato e metodo per la produzione di biomassa algale mediante l?ausilio di rifiuti di origine industriale e/o urbana come mezzo di crescita.
Le alghe sono organismi fotosintetici senza foglie, steli, radici o sistemi vascolari che sono tipici della struttura delle piante superiori. Questo tipo di corpo vegetale viene chiamato tallo ed ? composto da filamenti, cellule o forme unicellulari con strutture pi? complesse frondose o ramificate. Con il termine alghe ci si riferisce a specie microscopiche il cui diametro pu? essere inferiore ad 1 ?m, e specie macroscopiche comunemente chiamate alghe marine il cui corpo vegetale pu? raggiungere dimensioni fino a 60 m in lunghezza come nel caso delle alghe giganti. Le loro strutture differenti rispetto a quelle delle piante superiori procurano diversi vantaggi come garantire la prolificazione anche in habitat estremi, sotto esposizione a diversi tipi di stress o l?elevato tasso di crescita dovuto al tratto riproduttivo. La resa potenziale in biomassa per area unitaria ottenuta da una coltivazione algale ? pi? elevata rispetto a quella di qualsiasi pianta terrestre, carattersica che rende le alghe molto promettenti come sorgente di biomassa per future applicazioni agricole ed ambientali.
Le alghe sono organismi di struttura vegetale; fotoautotrofi, eterotrofi o mixotrofi; unicellulari o pluricellulari che vivono nei mari, fiumi e laghi; che possono proliferare in acqua dolce, marina o salmastra e che producono energia chimica per fotosintesi utilizzando l?energia solare allo scopo di generare ossigeno e di sintetizzare gli zuccheri e l?energia necessaria alla loro sopravvivenza. Esistono svariate tipologie di impianti produttivi inerenti alla loro coltivazione su larga scala il cui utilizzo riguarda molteplici applicazioni, quali ad esempio:
- farmaceutico per le continue scoperte di molecole bioattive per la cura di malattie; - bioenergetico per l?elevato contenuto in oli e la produzione di idrogeno;
- ambientale per le loro propriet? di biorisanamento di terreni acquosi inquinati da composti organici pericolosi, metalli pesanti, idrocarburi, e composti organici arricchiti. La maggior parte della produzione mondiale ? realizzata con sistemi di coltura all'aperto in zone tropicali e sub-tropicali, dove ? possibile ottimizzare l?efficienza produttiva utilizzando al meglio la luce solare come sorgente di energia durante il corso dell'anno; per la produzione di microalghe su larga scala sono impiegate prevalentemente delle vasche aperte, ?open ponds?, a rimescolamento, poco profonde, configurate a circuito (raceways) e dotate di agitatori a pale elettromeccanici che imprimono al mezzo di coltura un movimento rotatorio continuo.
Le microalghe rappresentano quindi una risorsa da sfruttare al massimo in paesi in via di sviluppo nei quali la fonte energetica rappresentata dall?energia solare ? costante e vi ? un notevole bisogno di alimenti dall?alto potere nutrizionale e ricostituente; tali coltivazioni intensive possono svolgersi in maniera sostenibile, non sottraendo risorse all?agricoltura ma consentendo il riciclo dell?acqua e l?abbattimento di gas atmosferici inquinanti.
In molte regioni con climi non tropicali gli impianti di colture algali all?aperto hanno spesso lo svantaggio di trovarsi in condizioni climatiche sfavorevoli, tali da non permettere cicli di produzione continuativi durante il corso dell?anno, nei quali ? necessario quindi massimizzare la produzione e la raccolta dell?alga nei mesi pi? caldi e quindi per periodi limitati. Inoltre, tali sistemi di coltivazione in vasche aperte non protette, non garantiscono produzioni monospecifiche (colture axeniche) e/o di un?elevata qualit? della biomassa prodotta, e sono utilizzati prevalentemente per un limitato numero di specie cosiddette ?estremofile? come Arthrospira platensis (Spirulina platensis) e Dunaliella salina, che crescono in condizioni selettive estreme, rispettivamente di elevato pH (generalmente oltre 9) e di elevata salinit? (oltre il 40 per mille), al fine evitare il pi? possibile problemi di contaminazione da altre specie algali o da altri microorganismi.
In tale contesto la concentrazione iniziale di colture axeniche ? cruciale per prevenire la contaminazione di altre specie microalgali; le ?open ponds? si possono proteggere dalla pioggia e da altri agenti contaminanti, come ad esempio il vento e/o volatili (insetti e uccelli), tramite teli plastici trasparenti (o reti a maglia sottile) o tramite serre. In aggiunta, nel fondo dei bacini in terra ? spesso usato un rivestimento in telo plastico impermeabile al fine di ottimizzare il controllo dei parametri biotici e di ridurre o eliminare possibili percolazioni; l?uso dei teli tuttavia comporta un aumento significativo dei costi di impianto rispetto a soluzioni in argilla o terra battuta.
La produzione di microalghe su scala mediopiccola ? invece effettuata mediante l?ausilio di sistemi chiusi, i fotobioreattori ovvero sistemi colturali ottimali per la crescita di microrganismi fotosintetici come le microalghe (compresi i cianobatteri) e i batteri fotosintetici, che necessitano di tecnologie avanzate soprattutto per il controllo di tutti i parametri di processo quali pH, temperatura, idrodinamica, concentrazione cellulare, rifornimento di nutrienti ecc?, e la cui funzione basilare ? quella di garantire un processo controllato nel quale ? possibile produrre biomasse microbiche e/o metaboliti.
La coltivazione di microalghe pu? iniziare in volumi molto piccoli come piastre di Petri o beute di Erlen-meyer (da 50 ml a 2 L). Come fase successiva a questi processi di coltivazione iniziali, i fotobioreattori (FBR) hanno acquisito importanza e si sono rivelati una soluzione promettente per le tecnologie di coltivazione algale su larga scala. I sistemi di coltivazione industriale su larga scala possono essere realizzati negli ?open ponds? (comunemente con una ruota a pale per la circolazione) o nei sistemi chiusi come i fotobioreattori dove le condizioni di crescita (come l'intensit? della luce, il pH o la temperatura) possono essere controllate agevolmente. Varie tipologie di design sono state sviluppate per ottenere la produzione di biomassa algale di successo, economica ed efficiente.
I fotobioreattori industriali su larga scala devono fornire un'operazione pratica in cui le applicazioni commerciali possono essere convenienti, sostenibili ed eco-compatibili.
- Gli ?open ponds? sono classificati in due tipologie: stagni artificiali e acque naturali come laghi, lagune o stagni, inoltre per le specie di microalghe marine l'acqua di mare pu? essere utilizzata come materia prima. Gli stagni sono solitamente denominati "raceway ponds" e possono essere utilizzati con condizioni di crescita specifiche a seconda delle specie di microalghe come la Arthrospira sp. che necessita di un'elevata concentrazione di bicarbonato di sodio o Dunaliella salina che necessita di acqua estremamente salata. Il vantaggio cruciale degli ?open ponds? dipende dai loro sistemi operativi semplici ed a basso costo e dai bassi costi di produzione. Gli ?raceway ponds? sono la tipologia di coltivazione a sistema aperto pi? comune in cui le alghe, l'acqua e le sostanze nutritive circolano intorno a una pista. Il flusso delle alghe nella soluzione acquosa ? assicurato da ruote a pale che impediscono la sedimentazione delle cellule algali e ne guidano l'omogeneizzazione nel sistema di coltivazione algale. La profondit? dell'acqua ? comunemente bassa a seconda del fabbisogno di luce solare delle cellule algali. La luce solare pu? penetrare in una profondit? limitata attraverso i sistemi di coltivazione di microalghe. Il sistema funziona con una coltivazione continua di microalghe in cui la carica fresca pu? essere ottenuta da diverse fonti di acque reflue che coinvolgono sostanze nutritive e viene aggiunta dove le ruote a pale sono attaccate nel sistema per fornire la distribuzione e la circolazione della materia prima. Questa soluzione per quanto molto economica, ha delle limitazioni nel controllo dei parametri di crescita, nel controllo della giusta illuminazione;
- I fotobioreattori a sistema chiuso possono essere di diversi tipi come tubolare verticale (?airlift bubble column?), a schermo piatto, tubolare orizzontale, tipo elicoidale, a vasca agitata o ibrido. Fotobioreattori a colonna: si tratta di strutture generalmente cilindriche di volume variabile, che vengono riempite con il mezzo di crescita e le microalghe, la cui illuminazione pu? essere sia naturale che artificiale, in particolare alcuni sistemi sono dotati di pannelli solari a concentrazione e fibre ottiche per convogliare la luce solare ed indirizzarla all?interno dei cilindri, con costi di produzione e manutenzione dell?impianto molto elevati. I sistemi ad illuminazione artificiale si avvalgono generalmente di sorgenti luminose a LED, al fine di utilizzare solo le lunghezze d?onda maggiormente assorbite dalle alghe, ottimizzando in tal modo l?efficienza e la produzione, ma presentano dei limiti dovuti sopratutto al controllo ed all?automazione dei processi di crescita.
A quest?ultima categoria appartiene la soluzione del presente trovato con le differenze e le migliorie che verranno spiegate in maniera dettagliata nel seguito di questa relazione.
I sistemi finora descritti generalmente utilizzano mezzi di coltura basati su fertilizzanti chimici e industriali costosi, inquinanti, a differenza del metodo della richiedente che si basa sulla valorizzazione di scarti industriali come fanghi o acque reflue, biomasse animali o vegetali, liquami e acque nere delle reti urbane.
In particolare, il mezzo di crescita ? ottimizzato sulla base del rapporto tra il contenuto degli oligoelementi ed il contenuto di carbonio, azoto o fosforo del rifiuto liquido, mentre il mezzo di crescita industriale rappresenta il riferimento dal quale ricavare il rifiuto.
La quantit? e la tipologia di metalli (come ad esempio rame e zinco) riveste particolare importanza poich? elevate concentrazioni possono dar luogo ad un effetto inibitorio per la crescita algale; le cellule microalgali necessitano di meccanismi bilanciati ed accurati per regolare assorbimento, trasporto, ed immagazzinamento di questi elementi e, in aggiunta, l?apparato di fotosintesi ? sensibile a livelli elevati di metalli pesanti.
L?analisi preventiva del contenuto del rifiuto da ottimizzare come fertilizzante microalgale ? richiesta per massimizzare la crescita microalgale; occorre quindi che per ogni categoria di rifiuto nelle varie forme solida, liquida o gassosa l?analisi sia perfezionata ed effettuata con protocolli diversi allo scopo di ottenere i migliori tassi di crescita e produzione dei metaboliti desiderati dalla biomassa microalgale.
Inoltre, ? possibile alterare le condizioni del mezzo di crescita ottenuto da rifiuti variando il protocollo di ottimizzazione, ovvero i parametri di crescita quali ad esempio temperatura, pH, illuminazione, ossigeno dissolto, torbidit?, ecc., su piccola scala e, in seguito, la miglior combinazione dei parametri ottenuta ? inviata e registrata nel software di gestione e controllo appositamente dedicato.
Il processo di monitoraggio ed il controllo della crescita microalgale ? eseguito in real-time mediante l?ausilio di sensori di controllo che integrano tecnologie innovative come l?intelligenza artificiale e l?internet of things; le tempistiche di raccolta (harvesting) e refresh della coltura sono gestite in maniera automatica dal software e dal sistema di controllo.
Scopo della presente invenzione ? quello di risolvere problemi della tecnica anteriore quali la sintesi del mezzo di crescita, l?ottimizzazione dei parametri di crescita, il controllo e l?automazione del processo di produzione delle alghe, l?ottimizzazione dei protocolli di estrazione ed infine la flessibilit? mediante un apparato e metodo per la produzione di biomassa algale mediante l?ausilio di rifiuti di origine industriale e/o urbana come mezzo di crescita (100).
Altro scopo dell?invenzione ? di integrare il trovato della richiedente in sistemi industriali e/o civili di nuova generazione o gi? esistenti valorizzando in tal modo rifiuti potenzialmente inquinanti dal punto di vista ambientale nel caso in cui essi non siano smaltiti in maniera adeguata e minimizzandone anche i costi di smaltimento.
I suddetti ed altri scopi e vantaggi dell?invenzione, quali risulteranno dal seguito della descrizione, vengono raggiunti con un apparato e metodo per la produzione di biomassa algale mediante l?ausilio di rifiuti di origine industriale e/o urbana come mezzo di crescita come quello descritto nella rivendicazione 1. Forme di realizzazione preferite e varianti non banali della presente invenzione formano l?oggetto delle rivendicazioni dipendenti.
Resta inteso che tutte le rivendicazioni allegate formano parte integrante della presente descrizione.
Risulter? immediatamente ovvio che si potranno apportare a quanto descritto innumerevoli varianti e modifiche (per esempio relative a forma, dimensioni, disposizioni e parti con funzionalit? equivalenti) senza discostarsi dal campo di protezione dell'invenzione come appare dalle rivendicazioni allegate.
La presente invenzione verr? meglio descritta da alcune forme preferite di realizzazione, fornite a titolo esemplificativo e non limitativo, con riferimento al disegno allegato, nel quale:
- la FIG. 1 mostra l?apparato per la produzione di biomassa algale mediante l?ausilio di rifiuti di origine industriale e/o urbana come mezzo di crescita (100), secondo la presente invenzione.
L?apparato per la produzione di biomassa algale mediante l?ausilio di rifiuti di origine industriale e/o urbana come mezzo di crescita (100), ? progettato per la valorizzazione di una vasta gamma di rifiuti quali ad esempio acque reflue, acque casearie, fanghi, liquami, biomasse animali, biomasse vegetali, ecc.., utilizzandoli come mezzo di crescita per la produzione algale al posto dei fertilizzanti chimici e industriali, e comprende una cisterna (1) progettata per contenere i rifiuti da convertire e smaltire, connessa ad una pompa (2), due serbatoi (3) e (4) progettati per derivare due mezzi di coltura ottimizzati per le fasi fotoautotrofia ed eterotrofia della crescita algale, connessi al separatore idraulico (5), due fotobioreattori (6) e (7) progettati per le fasi fotoautotrofia ed eterotrofia della crescita algale, connessi ai serbatoi (3) e (4) e un essiccatore (8) progettato ottenere la biomassa algale secca [DAB], connesso al serbatoio (7) e al concentratore (9).
L?apparato per la produzione di biomassa algale mediante l?ausilio di rifiuti di origine industriale e/o urbana come mezzo di crescita (100) ? in grado di monitorare il controllo della crescita microalgale in real-time attraverso l?utilizzo di sensoristica, elettronica ed un software di controllo dedicato, che integra tecnologie innovative come l?intelligenza artificiale e l?internet of things, in grado di regolare tutti i parametri fisici (temperatura, pH, illuminazione e torbidit?) attraverso l?utilizzo di algoritmi ed attuatori dedicati, mediante la connessione con il web server (16). Il sistema ? dotato di allarmi di sicurezza e notifiche automatiche di sicurezza e periodiche (email e notifiche app). Accessibile da remoto sia da dispositivi fissi che mobili.
Vantaggiosamente, la cisterna (1), ? connessa mediante una pompa (2) ad un separatore idraulico (5) che divide e veicola i rifiuti da convertire e smaltire verso i serbatoi (3) e (4); in particolare, nel serbatoio (3) i rifiuti sono miscelati con acqua e con una soluzione chimica [SL1] specifica per ottenere un mezzo di coltura ottimizzato per la fase fotoautotrofica della crescita algale ed erogata dal contenitore (10), connesso al serbatoio (3). La condizione di crescita fotoautotrofica fornisce la conversione della CO2 e della sorgente luminosa in componenti organiche tramite la fotosintesi ed ? la condizione di crescita pi? comune e di risparmio energetico che pu? essere raggiunta nella coltivazione di microalghe sia a sistema aperto che chiuso. In questo processo, le microalghe utilizzano il carbonio inorganico come fonte di carbonio e la luce come fonte di energia in cui l'iniezione di CO2 migliora l'efficienza della crescita fotoautotrofica. Lo svantaggio della crescita fotoautotrofica ? l'inibizione della penetrazione della luce a seconda del sistema di coltivazione sulla crescente concentrazione di microalghe, e la conseguente densit? ottica. Questa ombreggiatura reciproca delle cellule microalgali causa un'insufficienza della luce che si traduce in una bassa produttivit? della biomassa nel sistema di coltivazione che porta a un processo di raccolta ad alto costo. L'aggiunta di una fase di crescita eterotrofa alla fine della fase di crescita fotoautotrofica ? una soluzione promettente per questo problema e aumenta la produttivit? della biomassa che ? presentata in questa invenzione.
I fotobioreattori forniscono un'efficiente produttivit? della biomassa con un'irradiazione luminosa di successo, una migliore dinamica dei fluidi e una diffusione gas-liquido in condizioni di crescita fotoautotrofe. I vantaggi della crescita fotoautotrofica sono che le microalghe raccolgono l'energia radiante dal sole o dall'illuminazione artificiale in prodotti di valore a scapito di risorse naturali poco costose come CO2 e H2O che contribuiscono alla riduzione globale di CO2, inoltre la fioritura delle microalghe pu? essere fornita con l'esposizione di sale ed eccessiva energia solare. L'inibizione di altri tipi di colture dipendenti da fonti di nutrienti prive ? un vantaggio per la crescita delle microalghe fotoautotrofe.
Inoltre, il mezzo di coltura in uscita dal serbatoio (3) ? inviato in un fotobioreattore (6) nel quale si avvia la fase fotoautotrofica della crescita algale per un periodo temporale compreso tra 10 giorni e 3 settimane, non limitativo, secondo la specie coltivata, e detto mezzo di coltura nel fotobioreattore (6) ? illuminato con cicli di luce e buio variabili, secondo la specie algale, con sorgente di tipo LED (11) con lunghezza d?onda tra 400 nm e 700 nm ivi connessa, necessaria per la crescita della biomassa algale; le luci artificiali con tecnologia LED sono tra i sistemi pi? efficienti dal punto di vista energetico, possono essere ad intensit? fissa ed essere semplicemente accesi o spenti, sono situati all?interno del fotobioreattore in maniera tale da massimizzare l?intensit? luminosa incidente sulle alghe, e sono regolati tramite un sistema di visione basato su intelligenza artificiale che permette di ottimizzare i consumi energetici del sistema durante le fasi di crescita e di regolare automaticamente l?intensit? luminosa in base alla densit? ottica o assorbanza misurata, ovvero l'intensit? di radiazione elettromagnetica che viene assorbita da un corpo. In tal modo, durante le prime fasi di crescita quando la densit? algale ? molto bassa l?illuminazione ? mantenuta ad intensit? basse e, successivamente, quando la densit? delle alghe aumenta, l?intensit? luminosa ? aumentata e regolata proporzionalmente in maniera del tutto automatica; il sistema ? inoltre in grado di controllare singolarmente l?intensit? delle diverse lunghezze d?onda della luce fornita alla coltivazione, in maniera tale da essere versatile e flessibile in base alle specie algali coltivate, con differenti picchi di assorbimento al variare della lunghezza d?onda. In una tipica applicazione di questa invenzione, i picchi di assorbanza della luce spettrofotometrica della microalga Neochloris oleoabundans sono stati indicati come lunghezza d'onda blu 436 nm, lunghezza d'onda rossa 665 nm misurando lo spettro di assorbimento dell'organismo modello con un rapporto di 2: 1. Il sistema ? in grado di generare solo le lunghezze d?onda indicate nel rapporto desiderato, con un conseguente risparmo energetico rispetto a soluzioni fisse o ad ampio spettro fotometrico.In particolare, il fotobioreattore (6) ? ventilato con un flusso d?aria e/o CO2 necessario ad impedire la sedimentazione delle alghe mediante una pompa ad aria compressa (12) che sfoga naturalmente verso l?ambiente l?esterno (16) ivi connessa, detta biomassa algale in uscita da detto fotobioreattore (6) ? trasportata da una pompa (13) verso un concentratore (9) per separarne l?acqua residua e veicolarla per successivi utilizzi verso il serbatoio (3) mediante la pompa (15), detta biomassa algale in uscita dal concentratore (9) ? inviata ad un essiccatore (8) per ottenere la biomassa algale secca [DAB].
Il separatore (5) che divide i rifiuti da convertire e smaltire,veicola una parte di detti rifiuti nel serbatoio (4), detti rifiuti sono miscelati con acqua e con una soluzione chimica [SL2] specifica per ottenere un mezzo di coltura ottimizzato per la fase eterotrofica della crescita algale ed erogata dal contenitore (10), connesso al serbatoio (4); le condizioni di crescita eterotrofe consentono alle microalghe di utilizzare i composti organici sia come fonte di nutrienti vitali che come fonte di carbonio. Il vantaggio cruciale di questa condizione di crescita ? che elimina la fotolimitazione che si verifica nella condizione di crescita fotoautotrofica, di conseguenza le microalghe sono indipendenti dalla luce. Questo tipo di condizione fornisce la crescita in assenza di luce dalle vie respiratorie e fermentative combinate delle microalghe. Le condizioni eterotrofiche forniscono una produzione di biomassa microalgale conveniente e un'elevata produttivit? della biomassa in cui i carboni organici come piruvato, acetato, lattato, etanolo, acidi grassi saturi, glicolato, glicerolo, zuccheri C6 (ad esempio glucosio e fruttosio), monosaccaridi C5 (ad esempio xilosio e arabinosio), disaccaridi (es. lattosio, saccarosio e cellobiosio) e aminoacidi vengono metabolizzati come fonti di carbonio. Queste fonti di carbonio organico possono essere ottenute dalla valorizzazione dei rifiuti, che ? un vantaggio significativo per i sistemi di produzione di microalghe su larga scala. La condizione di crescita eterotrofica aumenta eccessivamente la densit? cellulare e fornisce biomassa microalgale batch che consente sistemi operativi pi? semplici ed economici per il processo di raccolta. Le cellule microalgali cresciute eterotroficamente mostrano un rapido tasso di crescita, un'elevata produttivit? della biomassa algale insieme ad un alto contenuto di lipidi cellulari. Chlorella protothecoides, C. vulgaris o N. oleoabundans hanno mostrato un maggiore accumulo di lipidi durante le condizioni di crescita eterotrofa rispetto alle condizioni di crescita fotoautotrofe. I microrganismi possiedono un 'metabolismo oscuro' che ? essenzialmente lo stesso del metabolismo non fotosintetico di organismi come i lieviti per i quali si presume che le fonti di carbonio utilizzate dalle microalghe in condizioni di oscurit? si trasformino in intermedi del carbonio nelle principali vie metaboliche, sostituendo fotosinteticamente prodotte molecole, pertanto ? stato proposto che percorsi incompleti o l'assenza di una reazione enzimatica nel metabolismo centrale del carbonio siano la causa primaria della crescita fotoautotrofica obbligata. Diverse microalghe fotoautotrofiche obbligate hanno un ciclo incompleto dell'acido tricarbossilico (TCA) a causa della mancanza dell'enzima oxoglutarato deidrogenasi in cui si propone che il ciclo TCA sia utilizzato principalmente per scopi biosintetici incanalando il carbonio nelle vie biosintetiche centrali, senza la capacit? di fornire ATP. La concentrazione della fonte di azoto del mezzo microalgale ? un altro parametro cruciale che dovrebbe essere modificato per ottenere una condizione di crescita eterotrofa. La fonte di azoto ha una forte influenza sulle attivit? metaboliche cellulari e sulla composizione biochimica che ? un nutriente primario per fornire la sintesi proteica e la produzione di nucleotidi ed enzimi. Il tipo di fonte di azoto influenza la composizione biochimica e l'assorbimento di azoto di una specie specifica. Con il termine eterotrofia si intende la condizione nutrizionale di un organismo vivente che non ? in grado di sintetizzare tutte le proprie molecole organiche autonomamente a partire da altre molecole inorganiche, come ad esempio utilizzando l'anidride carbonica, e per la sopravvivenza l?organismo deve far riferimento a composti organici precedentemente sintetizzati da altri organismi, che sono invece detti autotrofi, come ad esempio tutte le piante che posseggono clorofilla.
In particolare, il mezzo di coltura in uscita dal serbatoio (4) ? inviato nel fotobioreattore (7), ivi connesso, nel quale si avvia la fase eterotrofica della crescita algale per un periodo temporale variabile secondo la specie coltivata e in assenza di sorgenti luminose, e detto fotobioreattore (7) ? ventilato con un flusso d?aria e/o CO2 necessario ad impedire la sedimentazione delle alghe mediante una pompa ad aria compressa (14) che sfoga naturalmente verso l?ambiente l?esterno (16), ivi connessa.
Vantaggiosamente, la biomassa algale di efficienza di produzione elevate e di qualit? superiore in uscita dal fotobioreattore (7) ? inviata verso l?essiccatore (8) per ottenere la biomassa algale secca [DAB].
L?apparato e il metodo del presente trovato pu? facilmente essere integrato ad esempio in un centro per il trattamento delle acque reflue urbane, utilizzando un sistema di coltura per microalghe di tipo fotobioreattore alimentato dai fanghi derivanti dal trattamento delle acque urbane, valorizzando in tal modo rifiuti potenzialmente inquinanti dal punto di vista ambientale se non smaltiti in maniera corretta oltre che soggetti a costi di smaltimento molto elevati.
Il mezzo di crescita per le alghe ? vantaggiosamente ottenuto dalla sintesi dei fanghi gi? presenti in loco, che anzich? dover essere smaltiti attraverso costosi processi chimici ed industriali, ? utilizzato per la coltivazione di microalghe; la biomassa algale ottenuta ciclicamente dalla coltivazione pu? essere impiegata per la produzione di biocarburanti, bioplastiche o per molteplici applicazioni industriali, convertendo cos? un rifiuto inquinante e costoso da trattare in una materia prima facilmente rivendibile in diversi settori industriali.
Inoltre, la gestione automatica del sistema di illuminazione mediante il dal software dedicato, garantisce l?alternarsi delle fasi di luce e di buio necessari per la crescita algale con numerosi vantaggi rispetto ai sistemi esistenti, quali la scalabilit? ovvero la possibilit? di coltivare diversi volumi sia su piccola che larga scala, la flessibilit?, ovvero la possibilit? di utilizzare il sistema per coltivare diverse specie algali, l?automazione ovvero la riduzione al minimo delle operazioni manuali necessarie e l?ottimizzazione, ovvero la possibilit? di regolare ed aggiustare i parametri di crescita in maniera dinamica per ottenere efficienza di produzione elevata.

Claims (10)

RIVENDICAZIONI
1. Apparato per la produzione di biomassa algale (100) comprendente:
- una cisterna (1) progettata per contenere i rifiuti da convertire e smaltire, connessa ad una pompa (2);
- due serbatoi (3) e (4) progettati per derivare due mezzi di coltura ottimizzati per la fase fotoautotrofia ed eterotrofia della crescita algale, connessi al separatore idraulico (5);
- due fotobioreattori (6) e (7) progettati per la fase fotoautotrofia ed eterotrofia della crescita algale, connessi ai serbatoi (3) e (4);
- un essiccatore (8) progettato ottenere la biomassa algale secca [DAB], connesso al serbatoio (7) e al concentratore (9).
2. Apparato per la produzione di biomassa algale (100) secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che il separatore (5) connesso alla pompa (2) divide e veicola i rifiuti da convertire e smaltire dalla cisterna (1) verso i serbatoi (3) e (4).
3. Apparato per la produzione di biomassa algale (100) secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che nel serbatoio (3) i rifiuti sono miscelati con acqua e con una soluzione chimica [SL1] specifica per ottenere un mezzo di coltura ottimizzato per la fase fotoautotrofica della crescita algale ed erogata dal contenitore (10), connesso al serbatoio (3).
4. Apparato per la produzione di biomassa algale (100) secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che il mezzo di coltura in uscita dal serbatoio (3) ? inviato nel fotobioreattore (6) nel quale si avvia la fase fotoautotrofica della crescita algale per un periodo temporale compreso tra 10 giorni e 3 settimane secondo la specie coltivata.
5. Apparato per la produzione di biomassa algale (100) secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che il mezzo di coltura nel fotobioreattore (6) ? illuminato con cicli di luce e buio variabili, secondo la specie algale, con sorgente di tipo LED (11) con lunghezza d?onda tra 400 nm e 700 nm ivi connessa all?interno di detto fotobioreattore (6), necessaria per la crescita della biomassa algale, e detto fotobioreattore (6) ? ventilato con un flusso d?aria e/o CO2 necessario ad impedire la sedimentazione delle alghe mediante una pompa ad aria compressa (12) che sfoga naturalmente verso l?ambiente esterno (16), ivi connessa.
6. Apparato per la produzione di biomassa algale (100) secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che la biomassa algale in uscita dal fotobioreattore (6) ? trasportata da una pompa (13) verso un concentratore (9) per separarne l?acqua residua e veicolarla per successivi utilizzi verso il serbatoio (3) mediante la pompa (15), detta biomassa algale in uscita dal concentratore (9) inviata ad un essiccatore (8) per ottenere la biomassa algale secca [DAB].
7. Apparato per la produzione di biomassa algale (100) secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che nel serbatoio (4) i rifiuti sono miscelati con acqua e con una soluzione chimica [SL2] specifica per ottenere un mezzo di coltura ottimizzato per la fase eterotrofica della crescita algale ed erogata dal contenitore (10), connesso al serbatoio (4).
8. Apparato per la produzione di biomassa algale (100) secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che il mezzo di coltura in uscita dal serbatoio (4) ? inviato nel fotobioreattore (7), ivi connesso, nel quale si avvia la fase eterotrofica della crescita algale per un periodo temporale variabile secondo la specie coltivata e in assenza di sorgenti luminose, detto fotobioreattore (7) ? ventilato con un flusso d?aria e/o CO2 necessario ad impedire la sedimentazione delle alghe mediante una pompa ad aria compressa (14) che sfoga naturalmente verso l?ambiente esterno (16), ivi connessa.
9. Apparato per la produzione di biomassa algale (100) secondo la rivendicazione 1, caratterizzato dal fatto che la biomassa algale di efficienza di produzione elevate e di qualit? superiore in uscita dal fotobioreattore (7) ? inviata verso l?essiccatore (8) per ottenere la biomassa algale secca [DAB].
10. Metodo per la produzione di biomassa algale (100) comprendente le fasi di:
- raccolta e contenimento dei rifiuti da convertire e smaltire all?interno di una cisterna (1), connessa ad una pompa (2);
- divisione dei rifiuti mediante un separatore (5) che, mediante la pompa (2), li invia ai serbatoi (3) e (4);
- miscelazione dei rifiuti con acqua e con le soluzioni chimiche [SL1], specifica per ottenere un mezzo di coltura ottimizzato per la fase fotoautotrofica della crescita algale, e [SL2], specifica per ottenere un mezzo di coltura ottimizzato per la fase eterotrofica della crescita algale, rispettivamente nei serbatoi (3) e (4) ed erogate dal contenitore (10);
- avvio della fase fotoautotrofica della crescita di biomassa algale per un periodo temporale tra 10 giorni e 3 settimane secondo la specie coltivata nel fotobioreattore (6), illuminato con cicli di luce e buio variabili secondo la specie algale, con sorgente di tipo LED (11) necessaria per la crescita della biomassa algale, ventilato con un flusso d?aria e/o CO2 necessario ad impedire la sedimentazione delle alghe mediante una pompa ad aria compressa (12) che sfoga naturalmente verso l?ambiente esterno (16), ivi connessa e infine trasportata da una pompa (13) verso un concentratore (9) per separarne l?acqua residua, e quindi inviata ad un essiccatore (8) per ottenere la biomassa algale secca [DAB];
- avvio della fase eterotrofica della crescita di biomassa algale di efficienza elevata e qualit? superiore nel fotobioreattore (7) per un periodo variabile secondo la specie coltivata, in assenza di sorgenti luminose, e ventilato con un flusso d?aria e/o CO2 necessario ad impedire la sedimentazione delle alghe mediante una pompa ad aria compressa (14) che sfoga naturalmente verso l?ambiente esterno (16), ivi connessa e infine inviata ad un essiccatore (8) per ottenere la biomassa algale secca [DAB].
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